Alejandro Torreguitart Ruiz è un giovane scrittore cubano che ha già pubblicato in Italia un romanzo con Stampa Alternativa (Machi di carta, 2003), la sua ultima opera è Vita da jinetera (Il Foglio, 2005). Nel corso del 2007 pubblicherà il romanzo erotico Casa particular – Sesso all’Avana per Stampa Alternativa. Ho tradotto questo suo recente racconto che è molto indicativo della attuale situazione cubana.
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Gordiano Lupi
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A TEMPO DI ROCK
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El Barrio è al gran completo per le prove che si tengono alla Casa della Cultura di Guanabacoa. Paco dice che vuole preparare un concerto, ma una cosa diversa dal solito, una cosa importante…
“Questa volta facciamo musica rock”.
“Guarda che suoniamo alla Casa della Cultura” ribatto.
“Mi sono rotto le palle di salsa e merengue….”
Paco canta come pochi ed è lui che scrive testi e musica per il gruppo. Sceglie canzoni, raccoglie vecchi ritmi, seleziona il materiale. El Barrio non esisterebbe senza Paco. Però da un po’ di tempo a questa parte gli è presa una fissa rockettara che non mi piace per niente, ché può creare qualche problema. Il rock è musica deviazionista, pure se adesso fanno i finti tolleranti e hanno messo una statua di John Lennon in Centro Avana, quella che gli hanno rubato gli occhiali, che poi cosa se ne faranno di un pezzo di bronzo mica lo so.
“Paco, lo sai come funziona alla Casa della cultura. Son, merengue, salsa, tanto tanto bachata e regettón, allargati a qualche bolero, ma la musica dev’essere nazionale. Se no s’incazzano…”
“Che s’incazzino. Io ce n’ho le palle piene di questa salsa”.
“Sì, ma non te lo far sentir dire…”
Alla fine arrivano pure Manuel e Armando che dicono la loro.
“Paco, non ci stai con la testa. Che t’è preso?”
“Proprio ora ti fai venire la fissa del rock? Ma ti pare il momento?”
Pablo suona la chitarra in un angolo e scuote la testa. Sorride. Imita la voce di un commentatore televisivo, uno con due baffoni neri spioventi che pare un pistolero messicano: “La Rivoluzione è sempre più solida e forte. Cinque controrivoluzionari arrestati mentre suonano Cat Stevens alla Casa della Cultura di Guanabacoa. Le condizioni di salute del Comandante sono in via di miglioramento. Presto tornerà a guidare il suo popolo contro gli imperialisti”.
Paco si convince. Forse comprende che non è il caso.
“Un pezzo però te lo facciamo fare. Nascosto in mezzo a parecchio son tradizionale alla Benny Moré. Magari Lou Reed che mica parla di politica, canta in inglese… tu cerca di darlo poco a vedere…” dico.
“Grazie. Tu mi capisci. Non posso fare il musicista se mi dicono sempre cosa devo suonare. Devo sentirmi libero…” risponde.
Eh sì, Paco. Magari fosse solo questo il problema. Magari ti dicessero solo che musica devi suonare. Qui ti criminalizzano la vita e come prendi un’iniziativa fai qualcosa di illegale. Se vivi secondo la legge muori di fame. Hanno ridotto le pagine alla tessera del razionamento alimentare, tanto mica servivano tutti quei fogli bianchi per un po’ di riso e due sacchetti di fagioli. Se non c’è chi ti manda denaro dall’estero non sopravvivi. Altro che musica, Paco.
Queste cose le penso soltanto, però. Mica le posso dire a voce alta. Siamo dentro la Casa della Cultura di Guanabacoa e anche le mura hanno orecchie. I chivattones sono a ogni angolo. Spie del regime che ti vendono per un piatto di riso e fagioli e dopo son cazzi da cacare. Finisci dentro e chi ti rivede. Soprattutto adesso che Lui non c’è più e il suo posto l’ha preso uno Speedy Gonzales un po’ frocio, uno che i coglioni li ha tirati fuori solo per mandare i ragazzi a far la guerra in Angola. In che mani siamo finiti…
“Sentirsi libero. E questa cosa da quando t’è venuta?”.
“Non so. Credo che sia importante poter fare delle scelte”.
È importante sì, caro Paco. Solo che qui non le abbiamo mai fatte. C’è chi decide per noi. Forse è meglio suonare, guarda, pure se ci chiedono la solita musica di sempre, ché tanto di Arturo Sandoval ce n’è stato uno, El Barrio non cambierà la storia della musica cubana. Forse è meglio suonare, guarda. Basta che non venga fuori il solito italiano stronzo a chiedere Hasta siempre, ché un giorno o l’altro la batteria gliela suono sulla testa a questi comunisti che sanno un cazzo cos’è il comunismo.
“Paco, noi facciamo le nostre scelte. Sarà un gran concerto, credi a me. Salsa a tempo di rock. Musica vera” dico.
“Non mi prendere per il culo, Alejandro”.
Sorrido. Provo la batteria e pesto con forza sui piatti di ottone per sfogare la rabbia che tengo dentro. No che non ti prendo per il culo, Paco. Sapessi quanta gente c’è in giro che ci prende per il culo. Juliana se n’è andata e adesso dice che vive da signora, le manca la sua terra ma può fare quello che vuole, muore di nostalgia ma non deve andare alle parate organizzate dal partito in Piazza della Rivoluzione, ha una casa e una famiglia e non deve fare la puttana per campare. Non sono io che ti prendo per il culo, caro Paco.
I nostri sguardi valgono più di tante parole.
“Attacca Alejandro” mi fa.
“Attacco Paco” rispondo.
E si parte.
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Alejandro Torreguitart Ruiz
17 gennaio 2007
Alejandro Torreguitart Ruiz (L’Avana, 1979) scrive poesie e racconti per la rivista El Barrio, è poeta repentista e cantautore. Suona in un gruppo rock chiamato El Barrio. Ha esordito in Italia con Machi di carta – confessioni di un omosessuale (Stampa Alternativa, 2003) che ha avuto un buon successo di critica e di pubblico. A gennaio 2004 ha pubblicato il romanzo breve La Marina del mio passato (Edizioni Nonsoloparole – Napoli) e a maggio 2005 il romanzo di ampio respiro Vita da jinetera (Il Foglio – Piombino) sul mondo della prostituzione. Nel corso del 2007 uscirà per Stampa Altrnativa il romanzo erotico Casa particular – Sesso all’Avana, storia di vita quotidiana nella Cuba del periodo speciale tra jineterismo e arte di arrangiarsi. Sono in attesa di pubblicazione i Bozzetti avaneri, una raccolta di racconti che non sono racconti e il romanzo fantastico Mister Hyde all’Avana. Alcuni suoi racconti di impronta politico-esistenziale sono stati pubblicati da quotidiani e riviste. Tra questi: Il Tirreno, Il Messaggero, La Comune, Container, Progetto Babele, Il Filo, L’Ostile, Happy Boys. Gordiano Lupi è il traduttore e il titolare per lo sfruttamento dei diritti sulle sue opere in Italia e per l’Europa.
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Gordiano Lupi (Piombino, 1960). Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz: Machi di carta (Stampa Alternativa, 2003), La Marina del mio passato (Nonsoloparole, 2003) e Vita da jinetera (Il Foglio, 2005). I suoi lavori più recenti sono: Nero Tropicale (Terzo Millennio, 2003), Cuba Magica – conversazioni con un santéro (Mursia, 2003), Cannibal – il cinema selvaggio di Ruggero Deodato (Profondo Rosso, 2003), Un’isola a passo di son – viaggio nel mondo della musica cubana (Bastogi, 2004), Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura (Stampa Alternativa, 2004 – due edizioni in un anno), Orrore, erotismo e pornografia secondo Joe D’Amato (Profondo Rosso, 2004), Tomas Milian, il trucido e lo sbirro (Profondo Rosso, 2004), Serial Killer italiani (Editoriale Olimpia, 2005), Nemici miei (Stampa Alternativa, 2005), Le dive nude – vol. 1 – il cinema di Gloria Guida e di Edwige Fenech (Profondo Rosso, 2006) e – in collaborazione con Fabio Zanello – Il cittadino si ribella: il cinema di Enzo G. Castellari (Profondo Rosso, 2006). Il suo ultimo libro è il saggio Almeno il pane Fidel – Cuba quotidiana (Stampa Alternativa, 2006). Pagine web: www.infol.it/lupi. E-mail per contatti: lupi@infol.it *
I racconti di scrittori dell’America Latina ( non quelli come Coelho, ben inteso), anche quando tradotti, hanno sempre un grande fascino su di me: c’è sempre un po’ di agrodolce, di disilluso, pure se non drammatico nella loro maniera di scrivere. Questo racconto è splendido, confidenziale, bisbigliato nella penombra. Posso solo dire che mi piange il cuore, per queste e per tutte le dimostrazioni di come sia stata gettata al vento una grande occasione, un fine giusto arrivato alla fine sbagliata. Si stava male con Batista, questo è sicuro, ma poi si è stati davvero “bene”? E dall’altra parte ci siamo noi, che facciamo sì che i rumeni che immigrano rimpiangano Ceausescu, vediamo se riusciremo a non far rimpiangere Fidel.
Complimenti per il bel racconto. Grazie a Gordiano Lupi per averlo messo a disposizione.
Un racconto naturale da sembrare vero!!!
Che struggente sensazione di Libertà, ma di quella Libertà che non dovrebbe chiamarsi così…non ce ne dovrebbe essere neanche il benchè minimo bisogno di sentirsi non liberi di suonare un pezzo musicale che ti piace. Mi sembra un’assurdità ritenere che il racconto, molto bello, non sembra solo vero, ma è vero…
Noi, spesso ci lamentiamo di tutto, ma neanche immaginiamo cosa possa essere vivere in un luogo che a conti fatti non è un luogo ma una prigione.
Anche se io sono ghiotta di fagioli, che ci sia qualcuno che me ne somministri una razione per sopravvivere ma fa schifo.
Questo mondo mi sta proprio stretto…Alessandro, parla di questo, ma da noi ogni giorno le notizie ci riportano fatti molto più gravi…vedasi la notizia di oggi sul racket sventato delle ragazze spinte alla prostituzione….Ma insomma, siamo tornati alla carboneria nel mondo, ai cristiani nascosti nelle grotte.Come vedete un racconto che fa intravvedere cosa possa pensare un ragazzo normale se non ha libertà, un ragazzo come potremmo esserlo noi, fa venire i brividi, scuote come un uragano…adesso capisco perchè ce ne sono sempre di più di uragani…è la terra, l’acqua, il vento, gli umori che si ribellano!!!Ma come faranno mai alcuni “uomini” a pensare di vivere da fetenti me lo chiedo all’infinito…e in un mondo pieno di ombre, sfido me stessa, perchè mi viene da pensare che mentre scrivo, potrei solo cercare di inventarmi un racconto..ed ecco qua, che dovrei allora sentirmi come i tanti sfruttatori da cui siamo circondati…e fra me e quella fonte di obra non ci sono differenze…
A me il rock piace tantissimo, non ho mai pensato alla natura di questo ballo, so soltanto che unisce, perchè lo possono ballare tutti senza tanta scuola e senza le solite specializzazioni che sempre pretendono dovunque. Si balla e basta, non ti viene neanche l’aritmia e questo significa che è una danza quasi naturale, a meno che non si tratti di quello acrobatico, ma allora non fa per me…già la vita di ognuno di noi somiglia ad una acrobazia!!!!
raccontino niente male, devo dire. credo la dica lunga sulla situazione cubana. sinceri complimenti.
Se volete saperne di più su Cuba leggete Pedro Juan Gutiérrez – Il nido dle serpente – Edizioni E/O – uscito in questi giorni. Non mi pagano. Lo dico sincero. Ho letto tutto Gutiérrez e questo è il suo miglior libro.
Gordiano Lupi