Commenti a: INTERVISTA A DANIELA MARCHESCHI http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: Marco Gatto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-32644 Marco Gatto Sat, 14 Jun 2008 10:46:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-32644 Se vi interessa, è uscito proprio ieri per Rubbettino la mia monografia dedicata a Jameson (titolo: "Fredric Jameson. Neomarxismo, dialettica e teoria della letteratura"). Pardon per la becera autopromozione! Saluti, Marco Se vi interessa, è uscito proprio ieri per Rubbettino la mia monografia dedicata a Jameson (titolo: “Fredric Jameson. Neomarxismo, dialettica e teoria della letteratura”).
Pardon per la becera autopromozione!
Saluti,
Marco

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Di: Marco Gatto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-23073 Marco Gatto Fri, 15 Feb 2008 20:01:34 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-23073 Grazie mille, sei stato molto chiaro e condivisibile. Grazie mille, sei stato molto chiaro e condivisibile.

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Di: Guido http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-22856 Guido Wed, 13 Feb 2008 20:52:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-22856 Gentile Marco, evidentemente tocchi un punto nevralgico, almeno dal punto di vista, diciamo così, estetico. e' poi il punto che ha già chiarito e sviscerato molto bene Sanguineti quando, facendo suo, il motto di Cezanne, dice da quarant'anni che il fine (di una certa pratica testuale) è fare dell'avanguardia un'arte da museo. La sua mossa, astutamente provocatoria, racchiude per l'appunto il nocciolo della questione. Condivido assolutamente la tua affermazione che "se non esiste un capitalismo del simuilcarco, esiste però un mercato ddel simulacro artistico". Io, se permetti, puntualizzerei che esiste, certo, un capitalismo del simulacro (la mia precisazione, limitata al solo aspetto capitalistico, voleva significare semplicemente, che il capitalismo del simulacro è solo l'aspetto più superficiale della dinamica capitalistica) e che dunque esiste un mercato del simulacro artistico: direi che il secondo è il precipitato del primo. Ora, è evidente che il capitalismo (ovvero il mercato) tende a svuotare il potenziale sovversivo di un'opera d'arte, ma questa è la natura del mercato: un van gogh in edicola significa proprio questo, lo svuotamento del potenziale sovversivo della pittura di v gogh. Non credo però a un definitivo svuotamento del potenziale sovversivo, non credo neanche che sia definitivo quello perpetrato sulle opere del passato, figurati se credo che quelle del presente non possano in qualche modo sovvertire. Naturalmente ho coscienza che oggi il mercato librario sia strutturato in un modo tale per cui sia più difficcile che negli anni sessanta fare circolare testi "sovversivi". Ma non credo che il mercato possa veramente fagocitare tutto, e la questione la proporrei più nei termini (cari a Lotman) di sistema e antisistema: alla periferia è sempre possibile proporre mondi alternativi: ti dirò di più, il mercato, il sistema ha bisogno di quei mondi per la propria sopravvivenza: non credo che il nostro sistema sia totalitario, insomma. L'obiezione, ne sono cosciente, potrebbe essere la seguente: se il sistema, proprio per sopravvivere, ha bisogno dell'antisistema (del potenziale sovversivo), allora anche il gesto sovversivo è funzionale ad esso: questa obiezione, però, la trovo poco allettante dal punto di vista sociologico (sotto questo punto di vista il potenziale sovversivo lo ritengo sempre efficace) e molto più allettante da quello filosofico: si offre infatti a derive o speculazioni nichilistiche che intellettualmente possono anche essere stimolanti. Sarebbe però utile che questa conversazione si allargasse ad altre opinioni, oltre la tua stimatissima e stimolantissima. Passo, e spero che tu possa trovare, alle tue obiezioni, interlocutori più attrezzati di quanto nn lo sia io medesimo sottoscritto guido Gentile Marco,
evidentemente tocchi un punto nevralgico, almeno dal punto di vista, diciamo così, estetico. e’ poi il punto che ha già chiarito e sviscerato molto bene Sanguineti quando, facendo suo, il motto di Cezanne, dice da quarant’anni che il fine (di una certa pratica testuale) è fare dell’avanguardia un’arte da museo. La sua mossa, astutamente provocatoria, racchiude per l’appunto il nocciolo della questione. Condivido assolutamente la tua affermazione che “se non esiste un capitalismo del simuilcarco, esiste però un mercato ddel simulacro artistico”. Io, se permetti, puntualizzerei che esiste, certo, un capitalismo del simulacro (la mia precisazione, limitata al solo aspetto capitalistico, voleva significare semplicemente, che il capitalismo del simulacro è solo l’aspetto più superficiale della dinamica capitalistica) e che dunque esiste un mercato del simulacro artistico: direi che il secondo è il precipitato del primo. Ora, è evidente che il capitalismo (ovvero il mercato) tende a svuotare il potenziale sovversivo di un’opera d’arte, ma questa è la natura del mercato: un van gogh in edicola significa proprio questo, lo svuotamento del potenziale sovversivo della pittura di v gogh. Non credo però a un definitivo svuotamento del potenziale sovversivo, non credo neanche che sia definitivo quello perpetrato sulle opere del passato, figurati se credo che quelle del presente non possano in qualche modo sovvertire. Naturalmente ho coscienza che oggi il mercato librario sia strutturato in un modo tale per cui sia più difficcile che negli anni sessanta fare circolare testi “sovversivi”. Ma non credo che il mercato possa veramente fagocitare tutto, e la questione la proporrei più nei termini (cari a Lotman) di sistema e antisistema: alla periferia è sempre possibile proporre mondi alternativi: ti dirò di più, il mercato, il sistema ha bisogno di quei mondi per la propria sopravvivenza: non credo che il nostro sistema sia totalitario, insomma. L’obiezione, ne sono cosciente, potrebbe essere la seguente: se il sistema, proprio per sopravvivere, ha bisogno dell’antisistema (del potenziale sovversivo), allora anche il gesto sovversivo è funzionale ad esso: questa obiezione, però, la trovo poco allettante dal punto di vista sociologico (sotto questo punto di vista il potenziale sovversivo lo ritengo sempre efficace) e molto più allettante da quello filosofico: si offre infatti a derive o speculazioni nichilistiche che intellettualmente possono anche essere stimolanti. Sarebbe però utile che questa conversazione si allargasse ad altre opinioni, oltre la tua stimatissima e stimolantissima. Passo, e spero che tu possa trovare, alle tue obiezioni, interlocutori più attrezzati di quanto nn lo sia io medesimo sottoscritto guido

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Di: Marco Gatto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-22807 Marco Gatto Wed, 13 Feb 2008 15:53:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-22807 Caro Guido, grazie per il tuo intervento, che tocca alcune questioni molto interessanti. Quando affermi: "La questione è che, con i nuovi prodotti tecnologici si è pensato che tutto il capitalismo fosse entrato in una nuova fase di produzione, in un nuovo ciclo produttivo del tutto inedito (il capitalismo del simulacro!) Questo però non è vero. si è invece ancora più radicalizzata la contraddizione marxiana tra la forma assunta dallo sviluppo delle forze produttive (che porterebbero con sè una diffusione gratuita del prodotto: la socializzazione dei beni di consumo, piuttosto che dei mezzi di produzione) e i rapporti di produzione attraverso cui i capitalisti cerca di riprodurre lo statuto di merce. Vi è, insomma, un contrasto fortissimo tra le potenzialità delle nuove tecnologie e la logica capitalistica, assolutamente classica!", metti in evidenza una contraddizione che mi interessa anche dal punto di vista estetico. Se tuttavia siamo entrati in una fase di contrasto fra la logica classica del capitalismo e la produzione massificata di nuovi beni di consumo, ebbene a me interessa capire che tipo di riflesso ci sia nell'arte. Perché uno dei problemi oggi più scottanti - di cui ovviamente in Italia non si parla - è l'approssimazione del testo letterario o di una qualunque forma artistica a un oggetto estetico che salvaguardi il tipo di capitalismo vigente. La mia idea è che i beni artistici stiano diventando pressoché identici a beni di consumo, più di quanto abbia già fatto l'industria culturale (riproduzione, massificazione) descritta da Adorno, per una sola ragione, che è economica e logicamente capitalistica: il definitivo svuotamento del loro potenziale sovversivo, della loro capacità di demistificare il reale. Insomma, ancora una volta il capitalismo riesce a servirsi dell'arte per celare quelle che sono le contraddizioni attuali del suo sistema. Se non esiste un capitalismo del simulacro, esiste però un mercato del simulacro artistico. A presto, e grazie mille per le tue delucidazioni, molto utili. Marco Caro Guido,
grazie per il tuo intervento, che tocca alcune questioni molto interessanti. Quando affermi: “La questione è che, con i nuovi prodotti tecnologici si è pensato che tutto il capitalismo fosse entrato in una nuova fase di produzione, in un nuovo ciclo produttivo del tutto inedito (il capitalismo del simulacro!) Questo però non è vero. si è invece ancora più radicalizzata la contraddizione marxiana tra la forma assunta dallo sviluppo delle forze produttive (che porterebbero con sè una diffusione gratuita del prodotto: la socializzazione dei beni di consumo, piuttosto che dei mezzi di produzione) e i rapporti di produzione attraverso cui i capitalisti cerca di riprodurre lo statuto di merce. Vi è, insomma, un contrasto fortissimo tra le potenzialità delle nuove tecnologie e la logica capitalistica, assolutamente classica!”, metti in evidenza una contraddizione che mi interessa anche dal punto di vista estetico. Se tuttavia siamo entrati in una fase di contrasto fra la logica classica del capitalismo e la produzione massificata di nuovi beni di consumo, ebbene a me interessa capire che tipo di riflesso ci sia nell’arte. Perché uno dei problemi oggi più scottanti – di cui ovviamente in Italia non si parla – è l’approssimazione del testo letterario o di una qualunque forma artistica a un oggetto estetico che salvaguardi il tipo di capitalismo vigente. La mia idea è che i beni artistici stiano diventando pressoché identici a beni di consumo, più di quanto abbia già fatto l’industria culturale (riproduzione, massificazione) descritta da Adorno, per una sola ragione, che è economica e logicamente capitalistica: il definitivo svuotamento del loro potenziale sovversivo, della loro capacità di demistificare il reale. Insomma, ancora una volta il capitalismo riesce a servirsi dell’arte per celare quelle che sono le contraddizioni attuali del suo sistema. Se non esiste un capitalismo del simulacro, esiste però un mercato del simulacro artistico.
A presto, e grazie mille per le tue delucidazioni, molto utili.
Marco

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Di: Guido http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21957 Guido Fri, 08 Feb 2008 16:33:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21957 in merito alla questione sollevata da Marco Gatto: credo che ci troviamo a uno stadio del capitale più "sofisticato". Alludo, in questo caso, alla sofisticazione degli strumenti finanziari. Ma, prima di proseguire, vorrei premettere che non credo per nulla di poter illuminare, giacché le mie conoscenze in materia sono scarsucce. In ogni modo, quando parlo di replicarsi delle vecchie dinamiche del capitalismo, alludo a quella contraddizione del capitalismo che aveva descritto efficacemente Marx, laddove scriveva che il capitalismo "da una parte risveglia tutte le forze della scienza e della natura così come quelle della cooperazione e della circolazione sociale, al fine di rendere la creazione di ricchezza relativamente indipendente dal tempo di lavoro utilizzata per essa. Da un'altra parte, esso pretende di misurare le gigantesche forze sociali così generate secondo la misura del tempo di lavoro, e rinserrarle nei limiti stretti, necessari alla conservazione, in quanto valore, del valore già prodotto." Detto in soldoni, Marx sperava che il capitalismo, nel suo stadio maturo, si sarebbe potuto liberare dei capitalisti: il motto difendere il capitalismo dai capitalisti significa, sostanzialmente, liberare il capitalismo dalla proprietà privata, che nel caso di Marx significava socializzazione (e non statalizzazione) dei mezzi di produzione. Oggi potemmo pensare, per lo meno, alla socializzazione dei beni di consumo. Credo, purtroppo, che sia un'utopia costretta nei limiti di una contraddizione in termini, giacché il capitalismo prospera proprio in virtù della proprietà privata. Oggi, in un contesto di capitalismo molto più sofisticato e ipertecnologico (ma la fetta più cospicua è ancora nel manifatturiero, non scordiamocelo) il problema del capitalismo (la sua contraddizione rilevata da Marx) è ancora quella vecchia: assistiamo, infatti, con la tecnologia, a una massiccia diffusione di nuovi prodotti potenzialmente gratuiti. Un telefonino, ma anche un libro (con la diffusione di internet chiunque potrebbe scaricare gratuitamente un libro) potrebbero potenzialmente costare pressoché zeto. Copiare un nuovo software (un telefonino o qualsiasi aggeggio tecnologico nuovo) è peraltro facilissimo per i tecnici. Il problema, per chi immette nel mercato un nuovo software, è ovviamente tutelarsi dai plagi. L'inventore (l'azienda che lancia sul mercato un nuovo prodotto) deve infatti ripianare e ammortizzare le spese di investimento. Tale azienda avrà speso infatti un tot di capitale, investito per mettere a punto o ideare un nuovo prodotto: fisserà un costo di produzione a un euro (per fare un esempio) e fisserà invece un prezzo di vendita a tre euro. Nei tre euro del prezzo di vendita l'azienda si ripagherà quindi del costo di produzione ma ammortizzerà anche il capitale che avrà investito in fase di ricerca. Il problema è che un concorrente potrà copiare facilmente il suo prodotto: tale concorrente, che non avrà dovuto sopportare il costo della ricerca e dell'investimento, potrà ovviamente vendere il prodotto a un prezzo molto minore, tipo due euro. Questo significherebbe per la prima azienda una perdita insostenibile. Per ovviare a tutto ciò il capitalismo fa ciò che ha sempre fatto: impone dei brevetti o dei limiti d'accesso (vedi il caso Microsoft, per esempio, o i costi che vengono imposti per downlodare dei file musicali audio ecc in Internet): Regolamentare l'accesso significa, per il capitalismo, difendere non solo la propria proprietà, ma anche il bilancio della propria azienda. La questione è che, con i nuovi prodotti tecnologici si è pensato che tutto il capitalismo fosse entrato in una nuova fase di produzione, in un nuovo ciclo produttivo del tutto inedito (il capitalismo del simulacro!) Questo però non è vero. si è invece ancora più radicalizzata la contraddizione marxiana tra la forma assunta dallo sviluppo delle forze produttive (che porterebbero con sè una diffusione gratuita del prodotto: la socializzazione dei beni di consumo, piuttosto che dei mezzi di produzione) e i rapporti di produzione attraverso cui i capitalisti cerca di riprodurre lo statuto di merce. Vi è, insomma, un contrasto fortissimo tra le potenzialità delle nuove tecnologie e la logica capitalistica, assolutamente classica! Credo che bisogna tenere ben chiaro questo aspetto, altrimenti si combattono battaglie ideali, nobili, ma alquanto errate. Mi permetto di fare un esempio, a me molto caro: con la diffusione dei farmaci generici, si crede di fare un danno alle multinazionali (bayer) che, imponendo dei brevetti, tengono alti i costi dei medicinali, e questo è un male, inutile dirlo. Come sappiamo, scaduto un brevetto, un'altra casa può impossessarsene e mettere sul mercato dei medicinali, un farmaco alternativo (il generico). E' il caso, per esempio, dell'aspirina. si è salutato con grande favore questa cosa, tesa a fare cortocircuitare (come stava scritto nella finanziaria) il rapporto medici-multinazionali. Per questioni ideologiche, tale iniziativa è stata accolta con una bella riga di applausi e di consensi. Il problema, però, credo sia un altro. Intanto è necessario sapere che il farmaco generico non è assolutamente la stessa cosa del farmaco a cui fa riferimento. Ritorno all'esempio dell'aspirina: l'acido acetilsalicilico è presente nella stessa dose nel farmaco bayer e in quello generico. Ma questo non basta a garantirne l'efficiacia. Come sanno bene i biologi e i farmacologi, cambiando gli eccipienti, cambia anche la biodisponibilità del principio attivo: infatti l'aspirinia generica, presso molti individui, non solo non ha la stessa efficacia dell'aspirina bayer, ma pupò anche causare forti dolori gastrici. Trovo molto disdicevole che, per questioni ideologiche, tutto questo non venga detto e che venga invece propagandata l'identica efficacia dei farmaci. E' un falso colossale. La questione, conoscendo le dinamiche del capitalismo, andrebbe allora incentrata intorno al brevetto. Si tratta, in sostanza, di capire come far sì che una multinazionale continui a riversare sul mercato i suoi prodotti efficaci e assolutamente controllati (i prodotti delle multinazionali sono in realtà più controllati che quelli di piccole aziende, anche a patina ecologica: spiace dirlo, ma è così, e il caso di alcuni prodotti bayer sotto inchiesta, è un'eccezione) ma a un prezzo più contenuto. Chiedo scusa per il tono didascalico e la prolissità dell'intervento in merito alla questione sollevata da Marco Gatto: credo che ci troviamo a uno stadio del capitale più “sofisticato”. Alludo, in questo caso, alla sofisticazione degli strumenti finanziari. Ma, prima di proseguire, vorrei premettere che non credo per nulla di poter illuminare, giacché le mie conoscenze in materia sono scarsucce. In ogni modo, quando parlo di replicarsi delle vecchie dinamiche del capitalismo, alludo a quella contraddizione del capitalismo che aveva descritto efficacemente Marx, laddove scriveva che il capitalismo “da una parte risveglia tutte le forze della scienza e della natura così come quelle della cooperazione e della circolazione sociale, al fine di rendere la creazione di ricchezza relativamente indipendente dal tempo di lavoro utilizzata per essa. Da un’altra parte, esso pretende di misurare le gigantesche forze sociali così generate secondo la misura del tempo di lavoro, e rinserrarle nei limiti stretti, necessari alla conservazione, in quanto valore, del valore già prodotto.” Detto in soldoni, Marx sperava che il capitalismo, nel suo stadio maturo, si sarebbe potuto liberare dei capitalisti: il motto difendere il capitalismo dai capitalisti significa, sostanzialmente, liberare il capitalismo dalla proprietà privata, che nel caso di Marx significava socializzazione (e non statalizzazione) dei mezzi di produzione. Oggi potemmo pensare, per lo meno, alla socializzazione dei beni di consumo. Credo, purtroppo, che sia un’utopia costretta nei limiti di una contraddizione in termini, giacché il capitalismo prospera proprio in virtù della proprietà privata. Oggi, in un contesto di capitalismo molto più sofisticato e ipertecnologico (ma la fetta più cospicua è ancora nel manifatturiero, non scordiamocelo) il problema del capitalismo (la sua contraddizione rilevata da Marx) è ancora quella vecchia: assistiamo, infatti, con la tecnologia, a una massiccia diffusione di nuovi prodotti potenzialmente gratuiti. Un telefonino, ma anche un libro (con la diffusione di internet chiunque potrebbe scaricare gratuitamente un libro) potrebbero potenzialmente costare pressoché zeto. Copiare un nuovo software (un telefonino o qualsiasi aggeggio tecnologico nuovo) è peraltro facilissimo per i tecnici. Il problema, per chi immette nel mercato un nuovo software, è ovviamente tutelarsi dai plagi. L’inventore (l’azienda che lancia sul mercato un nuovo prodotto) deve infatti ripianare e ammortizzare le spese di investimento. Tale azienda avrà speso infatti un tot di capitale, investito per mettere a punto o ideare un nuovo prodotto: fisserà un costo di produzione a un euro (per fare un esempio) e fisserà invece un prezzo di vendita a tre euro. Nei tre euro del prezzo di vendita l’azienda si ripagherà quindi del costo di produzione ma ammortizzerà anche il capitale che avrà investito in fase di ricerca. Il problema è che un concorrente potrà copiare facilmente il suo prodotto: tale concorrente, che non avrà dovuto sopportare il costo della ricerca e dell’investimento, potrà ovviamente vendere il prodotto a un prezzo molto minore, tipo due euro. Questo significherebbe per la prima azienda una perdita insostenibile. Per ovviare a tutto ciò il capitalismo fa ciò che ha sempre fatto: impone dei brevetti o dei limiti d’accesso (vedi il caso Microsoft, per esempio, o i costi che vengono imposti per downlodare dei file musicali audio ecc in Internet): Regolamentare l’accesso significa, per il capitalismo, difendere non solo la propria proprietà, ma anche il bilancio della propria azienda.
La questione è che, con i nuovi prodotti tecnologici si è pensato che tutto il capitalismo fosse entrato in una nuova fase di produzione, in un nuovo ciclo produttivo del tutto inedito (il capitalismo del simulacro!) Questo però non è vero. si è invece ancora più radicalizzata la contraddizione marxiana tra la forma assunta dallo sviluppo delle forze produttive (che porterebbero con sè una diffusione gratuita del prodotto: la socializzazione dei beni di consumo, piuttosto che dei mezzi di produzione) e i rapporti di produzione attraverso cui i capitalisti cerca di riprodurre lo statuto di merce. Vi è, insomma, un contrasto fortissimo tra le potenzialità delle nuove tecnologie e la logica capitalistica, assolutamente classica!
Credo che bisogna tenere ben chiaro questo aspetto, altrimenti si combattono battaglie ideali, nobili, ma alquanto errate. Mi permetto di fare un esempio, a me molto caro: con la diffusione dei farmaci generici, si crede di fare un danno alle multinazionali (bayer) che, imponendo dei brevetti, tengono alti i costi dei medicinali, e questo è un male, inutile dirlo. Come sappiamo, scaduto un brevetto, un’altra casa può impossessarsene e mettere sul mercato dei medicinali, un farmaco alternativo (il generico). E’ il caso, per esempio, dell’aspirina. si è salutato con grande favore questa cosa, tesa a fare cortocircuitare (come stava scritto nella finanziaria) il rapporto medici-multinazionali. Per questioni ideologiche, tale iniziativa è stata accolta con una bella riga di applausi e di consensi. Il problema, però, credo sia un altro. Intanto è necessario sapere che il farmaco generico non è assolutamente la stessa cosa del farmaco a cui fa riferimento. Ritorno all’esempio dell’aspirina: l’acido acetilsalicilico è presente nella stessa dose nel farmaco bayer e in quello generico. Ma questo non basta a garantirne l’efficiacia. Come sanno bene i biologi e i farmacologi, cambiando gli eccipienti, cambia anche la biodisponibilità del principio attivo: infatti l’aspirinia generica, presso molti individui, non solo non ha la stessa efficacia dell’aspirina bayer, ma pupò anche causare forti dolori gastrici. Trovo molto disdicevole che, per questioni ideologiche, tutto questo non venga detto e che venga invece propagandata l’identica efficacia dei farmaci. E’ un falso colossale. La questione, conoscendo le dinamiche del capitalismo, andrebbe allora incentrata intorno al brevetto. Si tratta, in sostanza, di capire come far sì che una multinazionale continui a riversare sul mercato i suoi prodotti efficaci e assolutamente controllati (i prodotti delle multinazionali sono in realtà più controllati che quelli di piccole aziende, anche a patina ecologica: spiace dirlo, ma è così, e il caso di alcuni prodotti bayer sotto inchiesta, è un’eccezione) ma a un prezzo più contenuto.
Chiedo scusa per il tono didascalico e la prolissità dell’intervento

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Di: daniela marcheschi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21785 daniela marcheschi Thu, 07 Feb 2008 14:41:28 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21785 Gentile Pino Granata, mi scuso per il ritardo, ma solo ora posso risponderLe in merito alla Sua domanda su «Baci da non ripetere» di Paolo Di Stefano: un libro che mi è piaciuto molto e che ho trovato intenso, attento al dolore e a cosa mette profondamente in gioco quando tocca una vita. Del resto penso che Di Stefano sia l'unico scrittore italiano che si è mostrato oggi capace di parlare dell'infanzia e di tutto ciò che essa irradia - o riceve - in positivo e in negativo dal mondo adulto che le sta intorno. Di Stefano lo fa senza cedimenti di maniera e con la capacità di cogliere la psicologia a volte magmatica dei ragazzi fino all'adolescenza. Per tutti gli altri amici che dialogano in questo sito: mi viene voglia di sedermi con voi intorno a un tavolo per prendere un caffè e parlare dei problemi che state affrontando! E' vero, poiché alcune estetiche (l'arte per l'arte, misticismo simbolista ecc.) sono state confuse con l'arte o la letteratura tout court, c'è un'ignoranza spaventosa dei nostri letterati o intellettuali di tutto quello che non riguarda il proprio campo specialistico. Ma lo specialista, diceva Shaw, è quell'esperto che, a furia di restringere il campo delle proprie ricerche, finisce con il sapere tutto di nulla. Opera un pregiudizio scientistico; infine c'è il clientelismo che da noi ha fatto il resto. Un cordiale saluto, Daniela Marcheschi Gentile Pino Granata,
mi scuso per il ritardo, ma solo ora posso risponderLe in merito alla Sua domanda su «Baci da non ripetere» di Paolo Di Stefano: un libro che mi è piaciuto molto e che ho trovato intenso, attento al dolore e a cosa mette profondamente in gioco quando tocca una vita. Del resto penso che Di Stefano sia l’unico scrittore italiano che si è mostrato oggi capace di parlare dell’infanzia e di tutto ciò che essa irradia – o riceve – in positivo e in negativo dal mondo adulto che le sta intorno. Di Stefano lo fa senza cedimenti di maniera e con la capacità di cogliere la psicologia a volte magmatica dei ragazzi fino all’adolescenza.
Per tutti gli altri amici che dialogano in questo sito: mi viene voglia di sedermi con voi intorno a un tavolo per prendere un caffè e parlare dei problemi che state affrontando! E’ vero, poiché alcune estetiche (l’arte per l’arte, misticismo simbolista ecc.) sono state confuse con l’arte o la letteratura tout court, c’è un’ignoranza spaventosa dei nostri letterati o intellettuali di tutto quello che non riguarda il proprio campo specialistico. Ma lo specialista, diceva Shaw, è quell’esperto che, a furia di restringere il campo delle proprie ricerche, finisce con il sapere tutto di nulla. Opera un pregiudizio scientistico; infine c’è il clientelismo che da noi ha fatto il resto. Un cordiale saluto, Daniela Marcheschi

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Di: Marco Gatto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21700 Marco Gatto Wed, 06 Feb 2008 18:30:28 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21700 Mi avvalgo della tua consulenza per una domanda: secondo te è vero che ci troviamo a uno stadio del capitale più "puro" e, in un certo senso, più vicino all'oggetto di conoscenza di Marx in quel determinato contesto economico? Mi interessa il tuo discorso sul replicarsi delle dinamiche passate. Grazie se vorrai rispondermi e illuminarmi. Marco Mi avvalgo della tua consulenza per una domanda: secondo te è vero che ci troviamo a uno stadio del capitale più “puro” e, in un certo senso, più vicino all’oggetto di conoscenza di Marx in quel determinato contesto economico? Mi interessa il tuo discorso sul replicarsi delle dinamiche passate.
Grazie se vorrai rispondermi e illuminarmi.
Marco

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Di: Guido http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21695 Guido Wed, 06 Feb 2008 17:23:44 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21695 Sì, il riferimento è Edoardo Sanguineti, il poeta. Mi permetto di precisare che non ho molta nostalgia dei grandi intellettuali (di una volta) capaci di parlate di tutto, senza essere banali. Il problema è che una certa supponenza, nel parlare di economia, la si è sempre riscontrata. Anche perché, difficilmente un letterato (o un filosofo) conosce così bene, "dall'interno" le dinamiche e i meccanismi dell'economia. Se ne parla a grandi linee, ma spesso prendendo fischi per fiaschi, o sulla base di certi pregiudizi (peraltro condivisibili, almeno da parte mia) Ideologici. Probabilmente uno degli ultimi intellettuali capace di parlare di economia a ragion veduta è stato Volponi. Oggi, ad esempio, mi pare che si dia troppa importanza al capitalismo finanziario e non ci si renda bene conto che in realtà il capitalismo sta in realtà replicando le stesse dinamiche dei decenni precedenti. Se si vuole, il problema del capitalismo, oggi, è quello di replicare lo statuto di merce per quei prodotti che avrebbero un potenziale di distribuzione pressoché gratuita (alludo soprattutto ai prodotti tecnologici). Ma questo, d'altronde, è da sempre il problema del capitalismo, oggi, caso mai, un poco più amplilficato che in passato Sì, il riferimento è Edoardo Sanguineti, il poeta. Mi permetto di precisare che non ho molta nostalgia dei grandi intellettuali (di una volta) capaci di parlate di tutto, senza essere banali. Il problema è che una certa supponenza, nel parlare di economia, la si è sempre riscontrata. Anche perché, difficilmente un letterato (o un filosofo) conosce così bene, “dall’interno” le dinamiche e i meccanismi dell’economia. Se ne parla a grandi linee, ma spesso prendendo fischi per fiaschi, o sulla base di certi pregiudizi (peraltro condivisibili, almeno da parte mia) Ideologici. Probabilmente uno degli ultimi intellettuali capace di parlare di economia a ragion veduta è stato Volponi. Oggi, ad esempio, mi pare che si dia troppa importanza al capitalismo finanziario e non ci si renda bene conto che in realtà il capitalismo sta in realtà replicando le stesse dinamiche dei decenni precedenti. Se si vuole, il problema del capitalismo, oggi, è quello di replicare lo statuto di merce per quei prodotti che avrebbero un potenziale di distribuzione pressoché gratuita (alludo soprattutto ai prodotti tecnologici). Ma questo, d’altronde, è da sempre il problema del capitalismo, oggi, caso mai, un poco più amplilficato che in passato

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Di: Marco Gatto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21586 Marco Gatto Wed, 06 Feb 2008 00:50:08 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21586 Concordo con Caserza sull'ignoranza degli intellettuali italiani in materia di economia. Ma è anche comprensibile: una volta che si è smesso di connettere la letteratura, l'arte, ai referenti materiali e sociali, va da sé che ogni disciplina si chiuda nella sua specializzazione. E' vero, non esistono più i grandi intellettuali di una volta, capaci di parlare di tutto, senza essere banali. Quanto a Jameson, pur essendo in gran parte d'accordo con i loro ragionamenti, ritengo che Bonomi e Sanguineti facciano alcuni errori di valutazione sulla sua opera. Il fatto è che in Italia - a causa proprio degli epigoni di cui parla Caserza - si connette Jameson troppo facilmente al postmoderno. Che si sappia: il meglio lo ha dato proprio negli altri libri, che si occupavano di tutt'altro! Basta leggere "Marxismo e forma" o "L'inconscio politico". Cari saluti, Marco Gatto Concordo con Caserza sull’ignoranza degli intellettuali italiani in materia di economia. Ma è anche comprensibile: una volta che si è smesso di connettere la letteratura, l’arte, ai referenti materiali e sociali, va da sé che ogni disciplina si chiuda nella sua specializzazione. E’ vero, non esistono più i grandi intellettuali di una volta, capaci di parlare di tutto, senza essere banali.
Quanto a Jameson, pur essendo in gran parte d’accordo con i loro ragionamenti, ritengo che Bonomi e Sanguineti facciano alcuni errori di valutazione sulla sua opera. Il fatto è che in Italia – a causa proprio degli epigoni di cui parla Caserza – si connette Jameson troppo facilmente al postmoderno. Che si sappia: il meglio lo ha dato proprio negli altri libri, che si occupavano di tutt’altro! Basta leggere “Marxismo e forma” o “L’inconscio politico”.
Cari saluti,
Marco Gatto

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21552 Massimo Maugeri Tue, 05 Feb 2008 21:28:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21552 @ Guido Caserza Caro Guido, ciao. E grazie a te per l'articolo... davvero bello. L'ho postato con molto piacere. Seguo spesso la pagina culturale del quotidiano "Il Mattino". Anche perché ogni tanto ci scrivo anch'io. ;) @ Guido Caserza
Caro Guido, ciao. E grazie a te per l’articolo… davvero bello. L’ho postato con molto piacere. Seguo spesso la pagina culturale del quotidiano “Il Mattino”. Anche perché ogni tanto ci scrivo anch’io.
;)

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21551 Massimo Maugeri Tue, 05 Feb 2008 21:26:58 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21551 @ Marco Gatto Be', sì, mi piacerebbe. Come sai apprezzo molto DeLillo. Spero intanto di avere il tempo di leggerlo. @ Marco Gatto
Be’, sì, mi piacerebbe. Come sai apprezzo molto DeLillo. Spero intanto di avere il tempo di leggerlo.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21418 Sergio Sozi Mon, 04 Feb 2008 22:44:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21418 Parla di Sanguineti il poeta, sig. Guido? Parla di Sanguineti il poeta, sig. Guido?

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Di: Guido http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21412 Guido Mon, 04 Feb 2008 22:26:03 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21412 Ringrazio per aver postato la mia intervista a Bonomi e Sanguineti su Jameson, pubblicata sul "Mattino" di Napoli. Ringrazio, ovviamente, non per la miserevole autogratificazione che me ne possa derivare, ma perché ritengo che Bonomi e Sanguineti abbiano detto cose molto intelligenti. Resta, infatti, da riflettere molto, sul significato del postmoderno e, soprattutto, sulle derive che al concetto hanno fatto compiere gli epigoni di Jameson. A postilla, vorrei soltanto sottolineare la mancanza, vorrei dire l'ignoranza, di competenza in materia economica, degli intellettuali italiani. Si parla troppo spesso di capitale finanziario, senza capire bene come veramente funzoni, oggi, l'economia planetaria Ringrazio per aver postato la mia intervista a Bonomi e Sanguineti su Jameson, pubblicata sul “Mattino” di Napoli. Ringrazio, ovviamente, non per la miserevole autogratificazione che me ne possa derivare, ma perché ritengo che Bonomi e Sanguineti abbiano detto cose molto intelligenti. Resta, infatti, da riflettere molto, sul significato del postmoderno e, soprattutto, sulle derive che al concetto hanno fatto compiere gli epigoni di Jameson.
A postilla, vorrei soltanto sottolineare la mancanza, vorrei dire l’ignoranza, di competenza in materia economica, degli intellettuali italiani. Si parla troppo spesso di capitale finanziario, senza capire bene come veramente funzoni, oggi, l’economia planetaria

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21404 Sergio Sozi Mon, 04 Feb 2008 21:34:38 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21404 Mi accorgo di aver dimenticato di fare una cosa importante: ringraziare la prof.ssa Marcheschi per le sue risposte. Grazie, signora, mi scusi se non l'ho fatto prima. Sergio Sozi Mi accorgo di aver dimenticato di fare una cosa importante: ringraziare la prof.ssa Marcheschi per le sue risposte. Grazie, signora, mi scusi se non l’ho fatto prima.
Sergio Sozi

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Di: Marco Gatto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-21388 Marco Gatto Mon, 04 Feb 2008 20:27:46 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-21388 Sono un po' assente in questo periodo per vari impegni, seguo appena posso! A presto! ps: farai un post sul nuovo di DeLillo? Sono un po’ assente in questo periodo per vari impegni, seguo appena posso!
A presto!

ps: farai un post sul nuovo di DeLillo?

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-20228 Massimo Maugeri Sun, 27 Jan 2008 21:43:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-20228 Un caro saluto a te, Marco. Partecipa anche alle altre discussioni, se puoi. Un caro saluto a te, Marco.
Partecipa anche alle altre discussioni, se puoi.

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Di: Marco Gatto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-20213 Marco Gatto Sun, 27 Jan 2008 19:58:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-20213 Cara professoressa, leggo con piacere il suo intervento, molto condivisibile su tutti i fronti e che, certamente, riassume questo lungo carteggio che tutti insieme abbiamo contribuito a scrivere. Leggerò con piacere il suo intervento sull'idea di tradizione: può dirmi dove posso trovarlo già pubblicato o può inviarmelo al mio indirizzo di posta elettronica: marco.gatto@alice.it Grazie, e un caro saluto a tutti, Marco Cara professoressa,
leggo con piacere il suo intervento, molto condivisibile su tutti i fronti e che, certamente, riassume questo lungo carteggio che tutti insieme abbiamo contribuito a scrivere. Leggerò con piacere il suo intervento sull’idea di tradizione: può dirmi dove posso trovarlo già pubblicato o può inviarmelo al mio indirizzo di posta elettronica: marco.gatto@alice.it
Grazie, e un caro saluto a tutti,
Marco

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-19544 Massimo Maugeri Mon, 21 Jan 2008 23:00:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-19544 Cara Daniela, sono io che ringrazio lei (ancora una volta) per la cortesia e la disponibilità mostrate. Cara Daniela,
sono io che ringrazio lei (ancora una volta) per la cortesia e la disponibilità mostrate.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-19540 Maria Lucia Riccioli Mon, 21 Jan 2008 22:49:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-19540 Io di Pontiggia ho letto solo "Nati due volte": riflessione, sentimenti veri, vita vissuta, scrittura piana ma a tratti poetica, mai banale. Buon lavoro in letizia, professoressa, a lei e a noi tutti!!! Io di Pontiggia ho letto solo “Nati due volte”: riflessione, sentimenti veri, vita vissuta, scrittura piana ma a tratti poetica, mai banale.
Buon lavoro in letizia, professoressa, a lei e a noi tutti!!!

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Di: Pino Granata http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-19538 Pino Granata Mon, 21 Jan 2008 22:44:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-19538 Daniela è molto gentile ed apprezzo molto questa sua gentilezza. Ho in programma di procurarmi una copia de I contemporanei del futuro(titolo intrigante) ma devo anche dire che di Pontiggia ho cercato di leggere L'Arte della Fuga , libro che ho comprato d'intuito perchè mi ricordava il capolavoro bachiano, è l'ho trovato molto deludente. Mi spiace dire questo che so potrà dispiacere a Daniela. Comunque Daniela sarà soddisfatta del fatto che il primo libro che comprerò, se lo troverò, è quello da lei suggerito di Pontiggia. Vorrei poi permettermi di chiedere a Daniela se ha mai letto Baci da non ripetere di Paolo Di Stefano e se sì , vorrei un suo parere. Daniela è molto gentile ed apprezzo molto questa sua gentilezza. Ho in programma di procurarmi una copia de I contemporanei del futuro(titolo intrigante) ma devo anche dire che di Pontiggia ho cercato di leggere L’Arte della Fuga , libro che ho comprato d’intuito perchè mi ricordava il capolavoro bachiano, è l’ho trovato molto deludente. Mi spiace dire questo che so potrà dispiacere a Daniela. Comunque Daniela sarà soddisfatta del fatto che il primo libro che comprerò, se lo troverò, è quello da lei suggerito di Pontiggia. Vorrei poi permettermi di chiedere a Daniela se ha mai letto Baci da non ripetere di Paolo Di Stefano e se sì , vorrei un suo parere.

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Di: daniela marcheschi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-19497 daniela marcheschi Mon, 21 Jan 2008 15:12:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-19497 Grazie mille a Massimo Maugeri per la sua grande cortesia, di cui subito approfitto; ma anche a Maria Lucia e a Pino. In merito alla risposta di Pino, vorrei dire che il vero lettore professionale è quello che sa mantenere la passione senza lasciarsene offuscare. La mia non è supponenza, per nulla; ma un critico deve fare il suo mestiere - appunto quello che indica l'etimologia della parola "critica": scegliere, giudicare, accusare, valutare. Sto solo facendo il mio mestiere, che è quello di cercare di costruire una letteratura per il futuro in un dialogo civile con tutti coloro che la amano e la ritengono capace di dire qualcosa di insostituibile; dunque è un mestiere che non è "contro" il lettore o un lettore come Pino, che si lascia guidare dall'intuito ed è sempre alle prese con la tirannia del tempo, come molti del resto. La bellezza della letteratura è che dovrebbe lasciare spazio a tutti, anche a noi critici, perché tutti la possano godere in vario modo. Mi auguro che Pino, che sa godere di Calvino, possa presto leggere un capolavoro come «I contemporanei del futuro». Pontiggia d'altra parte non è un autore qualunque, di quelli sfornati per occupare il mercato, ma uno dei nostri maggiori scrittori. Un cordiale saluto a tutti, con l'augurio di lavorare in letizia (come diceva il filogo Guido Martellotti, uno dei miei professori alla Scuola Normale), Daniela Marcheschi Grazie mille a Massimo Maugeri per la sua grande cortesia, di cui subito approfitto; ma anche a Maria Lucia e a Pino.
In merito alla risposta di Pino, vorrei dire che il vero lettore professionale è quello che sa mantenere la passione senza lasciarsene offuscare. La mia non è supponenza, per nulla; ma un critico deve fare il suo mestiere – appunto quello che indica l’etimologia della parola “critica”: scegliere, giudicare, accusare, valutare.
Sto solo facendo il mio mestiere, che è quello di cercare di costruire una letteratura per il futuro in un dialogo civile con tutti coloro che la amano e la ritengono capace di dire qualcosa di insostituibile; dunque è un mestiere che non è “contro” il lettore o un lettore come Pino, che si lascia guidare dall’intuito ed è sempre alle prese con la tirannia del tempo, come molti del resto.
La bellezza della letteratura è che dovrebbe lasciare spazio a tutti, anche a noi critici, perché tutti la possano godere in vario modo. Mi auguro che Pino, che sa godere di Calvino, possa presto leggere un capolavoro come «I contemporanei del futuro». Pontiggia d’altra parte non è un autore qualunque, di quelli sfornati per occupare il mercato, ma uno dei nostri maggiori scrittori. Un cordiale saluto a tutti, con l’augurio di lavorare in letizia (come diceva il filogo Guido Martellotti, uno dei miei professori alla Scuola Normale), Daniela Marcheschi

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Di: Pino Granata http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-19076 Pino Granata Fri, 18 Jan 2008 10:36:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-19076 Non sono affatto d'accordo con la Marcheschi che definisce Calvino accattivante e leggerino. Forse così potrà sembrare a lei che è una addetta ai lavori , ma per i lettori come me Calvino è stimolante, serio, analitico e profondo conoscitore e della letteratura e dell'animo umano. Purtroppo conosco poco Pontiggia ed a questo proposito devo confessare la mia impotenza in quanto non riesco a leggere tutto quello che vorrei. Credo che quest'impotenza sia comune a quasi tutti. Oggi l'editoria sforna una quantita di libri impressionante e , anche volendo, leggere tutto, il tempo è quello che è. D'altronde non cambierei mai il mio ruolo di lettore appassionato con quello di lettore professionale.Mi piace leggere senza metodo, senza costrizione e lasciarmi trascinare dall'intuito. In quanto a postmodernismo, strutturalismo, naturalismo etc, io sono d'accordo con Victor Hugo quando dice non esistono stili in letteratura ma solo buoni e cattivi romanzi. Non sono affatto d’accordo con la Marcheschi che definisce Calvino accattivante e leggerino. Forse così potrà sembrare a lei che è una addetta ai lavori , ma per i lettori come me Calvino è stimolante, serio, analitico e profondo conoscitore e della letteratura e dell’animo umano. Purtroppo conosco poco Pontiggia ed a questo proposito devo confessare la mia impotenza in quanto non riesco a leggere tutto quello che vorrei. Credo che quest’impotenza sia comune a quasi tutti. Oggi l’editoria sforna una quantita di libri impressionante e , anche volendo, leggere tutto, il tempo è quello che è. D’altronde non cambierei mai il mio ruolo di lettore appassionato con quello di lettore professionale.Mi piace leggere senza metodo, senza costrizione e lasciarmi trascinare dall’intuito. In quanto a postmodernismo, strutturalismo, naturalismo etc, io sono d’accordo con Victor Hugo quando dice non esistono stili in letteratura ma solo buoni e cattivi romanzi.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-19046 Maria Lucia Riccioli Thu, 17 Jan 2008 23:20:47 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-19046 Bravissima, professoressa! Non posso che concordare con quello che dice sul respiro che dovrebbe avere la critica contro i filologismi sterili, sulla sua funzione civile, educativa, sulla necessità che abbia una visione storica e non storicistica, sulle prospettive europee della nostra letteratura... Amo le lettere e i libri sono compagni imprescindibili della mia vita. Apprezzo il lavoro di curatori, prefatori, filologi, critici come lei che sostiene, contro le clientele, contro l'asservimento vile al mercato, la necessità, l'umiltà e la gioia dello studio. Bravissima, professoressa! Non posso che concordare con quello che dice sul respiro che dovrebbe avere la critica contro i filologismi sterili, sulla sua funzione civile, educativa, sulla necessità che abbia una visione storica e non storicistica, sulle prospettive europee della nostra letteratura…
Amo le lettere e i libri sono compagni imprescindibili della mia vita. Apprezzo il lavoro di curatori, prefatori, filologi, critici come lei che sostiene, contro le clientele, contro l’asservimento vile al mercato, la necessità, l’umiltà e la gioia dello studio.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-19044 Massimo Maugeri Thu, 17 Jan 2008 23:04:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-19044 Carissima professoressa Marcheschi, La ringrazio moltissimo per questo suo lungo e ottimo intervento. E la ringrazio per averci chiamato "amici". Detto da lei è un vero onore. Da rappresentante di questi "amici" la prego di considerare questo spazio come casa sua. A presto. E ancora grazie. Massimo Maugeri Carissima professoressa Marcheschi,
La ringrazio moltissimo per questo suo lungo e ottimo intervento. E la ringrazio per averci chiamato “amici”. Detto da lei è un vero onore.
Da rappresentante di questi “amici” la prego di considerare questo spazio come casa sua.
A presto. E ancora grazie.
Massimo Maugeri

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Di: daniela marcheschi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18799 daniela marcheschi Wed, 16 Jan 2008 19:45:46 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18799 Gentile Massimo Maugeri, al mio rientro in Italia, desidero subito ringraziare - e non per vuota forma di buona educazione - Lei e tutti coloro che sono intervenuti qui, in seguito alla pubblicazione dell'intervista fattami da Andrea di Consoli, uno scrittore che stimo molto. Anche se non ci conosciamo tutti personalmente (a M. Teresa Scibona un saluto per le parole affettuose dopo tanti anni dal nostro incontro), ritengo che la parola "amici" abbia, grazie a voi, ritrovato un senso. Questa è la dimostrazione che in un franco e motivato argomentare, nonostante le difficoltà, è sempre possibile costruire una comunità o civiltà letteraria entro la quale dovrebbe svolgersi il dibattito critico. Non sempre questo è possibile. La critica è un genere letterario e, come tale, ha sottogeneri : recensione giornalistica, nota, saggio ecc. Magari i nostri giornali o intellettuali identificano la critica con uno solo dei suoi sottogeneri (quelli più innocui) e per questo la critica letteraria o artistica è diventata così difficile e rara: bisogna andare a scovarla, come l'orco "storico" di Bloch.... Fare critica significa invece mettere in atto tutta una serie di ipotesi interpretative, di costruzioni ecc. - un lavoro di riflessione che esprime libertà, e quello in cui siamo è invece un mondo così autoritario! In Italia, poi, le clientele e il servilismo fanno il resto: questo è il «tradimento dei chierici» che le classi dirigenti hanno commesso ai danni del nostro paese.... Sono appena rientrata, quindi capirete che sono un po' sbrigativa. Vorrei però dire che Donatella F. ha visto bene: ponevo una questione di maggiore autenticità, quella che porta davvero a dialogare insieme perché riteniamo la letteratura un valore che ci riguarda, crediamo nella sua dimensione civile nel senso alto del termine, come dice giustamente Sergio Sozi. Il populismo - da non intendere come demagogia, bensì come idea, visione della società che le classi dirigenti pensano insieme con/ per le classi popolari, per tutto quanto un paese - è da riscoprire senza esitare ancora: la crisi della politica italiana nasce anche da questa carenza di visione ideale e materiale. Quanto ad alcune domande postemi da Marco Gatto e ancora Sergio Sozi, direi subito (rimandando ad un successivo, eventuale, mio intervento) che non intendevo tirar fuori la solita pappardella snob del tipo "meglio l'Europa, male noi" - rovescio del "male l'Europa, meglio noi" ecc. - cioè luoghi comuni del provincialismo italiano. Intendevo solo ribadire la necessità di vedere la nostra letteratura in un'ottica comparata, per prismi e poliedri, perché gli autori si leggono fra loro - e chi sa le lingue ne legge di più e ha maggiori possibilità di analisi e paragone. Solo il quadro ampio delle tradizioni può aiutare a comprendere meglio la nostra cultura, le sue direzioni, tensioni vitali ecc. Io ne sono una patita! Leopardi non si è mosso dall'Italia, eppure è il primo critico della modernità e ha insegnato a tutti; Gioberti, Noventa, Penna sono stati profondamente immersi nella cultura e nella vita italiana, eppure ne hano capito delle questioni fondamentali, grazie alla loro intelligenza e al ventaglio internazionale delle loro letture (tanto per fare uno spot pro domo mea, rimando al saggio introduttivo al volume «Alloro di Svezia», edito pochi mesi fa a Parma da MUP, Monte Università Parma, che raccoglie le motivazioni dei Premi Nobel conferiti ai nostri scrittori - da Carducci a Fo: forse lì sono riuscita a spiegare cosa intendevo dire con "scrittori europei di lingua italiana" nel riferimento ad un'ottica più ampia). A guardare dall'Italia, il giallo sembra oggi l'unico genere praticato dagli scrittori europei: uscendovi, ci rendiamo conto che la ricchezza dei generi pubblicati all'estero è molto maggiore di quanto potremmo in realtà pensare. Qui, invece, la selezione editoriale privilegia la moda del giallo in tutte le sue declinazioni. Senza far polemica vuota nei confronti dei giudizi di alcuni di voi su Giuseppe Pontiggia, che era un vero maestro, mi permetto di invitarvi a leggere il suo «viaggio» nei e coi classici «I contemporanei del futuro» e a compararlo con quello di Calvino: quanto l'uno è profondo, illuminante, tanto l'altro è aereo, accattivante, ma anche piuttosto leggerino... A Marco Gatto (di cui spero di leggere presto il libro sul grande Jameson, che conosco anche di persona e con cui ho amici in comune) vorrei dire che posso mandargli una parte di una mia prolusione in cui provo a dire che cosa è una tradizione -se lo desidera, ovviamente; e poi che concordo con lui: il cretino medio intelligente è un prodotto internazionale attuale e la crisi culturale non è solo italiana, anche se ritengo che il nostro paese abbia abbandonato la cultura con uno strappo senza precedenti - che stiamo pagando. Le università funzionano molto spesso meglio all'estero, perché lì non c'è il clientelismo che ha ammorbato l'aria e abbassato il livello della nostra produzione. Convengo con chi ricordava, se non erro Sozi, che la forza della cultura italiana è il rigore e il respiro della visione storica da non confondere con certo odierno filologismo stanco e chiuso in se stesso. Il problema è che bisogna avere una visione nuova della letteratura - e che questa si acquisisce studiando, leggendo, studiando, leggendo, studiando e poi ancora studiando e leggendo..... Un grato saluto a tutti, Daniela Marcheschi Gentile Massimo Maugeri,
al mio rientro in Italia, desidero subito ringraziare – e non per vuota forma di buona educazione – Lei e tutti coloro che sono intervenuti qui, in seguito alla pubblicazione dell’intervista fattami da Andrea di Consoli, uno scrittore che stimo molto. Anche se non ci conosciamo tutti personalmente (a M. Teresa Scibona un saluto per le parole affettuose dopo tanti anni dal nostro incontro), ritengo che la parola “amici” abbia, grazie a voi, ritrovato un senso. Questa è la dimostrazione che in un franco e motivato argomentare, nonostante le difficoltà, è sempre possibile costruire una comunità o civiltà letteraria entro la quale dovrebbe svolgersi il dibattito critico. Non sempre questo è possibile. La critica è un genere letterario e, come tale, ha sottogeneri : recensione giornalistica, nota, saggio ecc. Magari i nostri giornali o intellettuali identificano la critica con uno solo dei suoi sottogeneri (quelli più innocui) e per questo la critica letteraria o artistica è diventata così difficile e rara: bisogna andare a scovarla, come l’orco “storico” di Bloch…. Fare critica significa invece mettere in atto tutta una serie di ipotesi interpretative, di costruzioni ecc. – un lavoro di riflessione che esprime libertà, e quello in cui siamo è invece un mondo così autoritario! In Italia, poi, le clientele e il servilismo fanno il resto: questo è il «tradimento dei chierici» che le classi dirigenti hanno commesso ai danni del nostro paese….
Sono appena rientrata, quindi capirete che sono un po’ sbrigativa. Vorrei però dire che Donatella F. ha visto bene: ponevo una questione di maggiore autenticità, quella che porta davvero a dialogare insieme perché riteniamo la letteratura un valore che ci riguarda, crediamo nella sua dimensione civile nel senso alto del termine, come dice giustamente Sergio Sozi. Il populismo – da non intendere come demagogia, bensì come idea, visione della società che le classi dirigenti pensano insieme con/ per le classi popolari, per tutto quanto un paese – è da riscoprire senza esitare ancora: la crisi della politica italiana nasce anche da questa carenza di visione ideale e materiale. Quanto ad alcune domande postemi da Marco Gatto e ancora Sergio Sozi, direi subito (rimandando ad un successivo, eventuale, mio intervento) che non intendevo tirar fuori la solita pappardella snob del tipo “meglio l’Europa, male noi” – rovescio del “male l’Europa, meglio noi” ecc. – cioè luoghi comuni del provincialismo italiano. Intendevo solo ribadire la necessità di vedere la nostra letteratura in un’ottica comparata, per prismi e poliedri, perché gli autori si leggono fra loro – e chi sa le lingue ne legge di più e ha maggiori possibilità di analisi e paragone. Solo il quadro ampio delle tradizioni può aiutare a comprendere meglio la nostra cultura, le sue direzioni, tensioni vitali ecc. Io ne sono una patita! Leopardi non si è mosso dall’Italia, eppure è il primo critico della modernità e ha insegnato a tutti; Gioberti, Noventa, Penna sono stati profondamente immersi nella cultura e nella vita italiana, eppure ne hano capito delle questioni fondamentali, grazie alla loro intelligenza e al ventaglio internazionale delle loro letture (tanto per fare uno spot pro domo mea, rimando al saggio introduttivo al volume «Alloro di Svezia», edito pochi mesi fa a Parma da MUP, Monte Università Parma, che raccoglie le motivazioni dei Premi Nobel conferiti ai nostri scrittori – da Carducci a Fo: forse lì sono riuscita a spiegare cosa intendevo dire con “scrittori europei di lingua italiana” nel riferimento ad un’ottica più ampia). A guardare dall’Italia, il giallo sembra oggi l’unico genere praticato dagli scrittori europei: uscendovi, ci rendiamo conto che la ricchezza dei generi pubblicati all’estero è molto maggiore di quanto potremmo in realtà pensare. Qui, invece, la selezione editoriale privilegia la moda del giallo in tutte le sue declinazioni.
Senza far polemica vuota nei confronti dei giudizi di alcuni di voi su Giuseppe Pontiggia, che era un vero maestro, mi permetto di invitarvi a leggere il suo «viaggio» nei e coi classici «I contemporanei del futuro» e a compararlo con quello di Calvino: quanto l’uno è profondo, illuminante, tanto l’altro è aereo, accattivante, ma anche piuttosto leggerino…
A Marco Gatto (di cui spero di leggere presto il libro sul grande Jameson, che conosco anche di persona e con cui ho amici in comune) vorrei dire che posso mandargli una parte di una mia prolusione in cui provo a dire che cosa è una tradizione -se lo desidera, ovviamente; e poi che concordo con lui: il cretino medio intelligente è un prodotto internazionale attuale e la crisi culturale non è solo italiana, anche se ritengo che il nostro paese abbia abbandonato la cultura con uno strappo senza precedenti – che stiamo pagando. Le università funzionano molto spesso meglio all’estero, perché lì non c’è il clientelismo che ha ammorbato l’aria e abbassato il livello della nostra produzione. Convengo con chi ricordava, se non erro Sozi, che la forza della cultura italiana è il rigore e il respiro della visione storica da non confondere con certo odierno filologismo stanco e chiuso in se stesso. Il problema è che bisogna avere una visione nuova della letteratura – e che questa si acquisisce studiando, leggendo, studiando, leggendo, studiando e poi ancora studiando e leggendo….. Un grato saluto a tutti, Daniela Marcheschi

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Di: zauberei http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18450 zauberei Mon, 14 Jan 2008 11:50:07 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18450 Massimo grazie:) Mah. secondo me sia l'uno che l'altro se rivorteno nella tomba. sicchè basta mangià un po' de cacio colle pere pe esse postmoderni... Massimo grazie:)

Mah. secondo me sia l’uno che l’altro se rivorteno nella tomba. sicchè basta mangià un po’ de cacio colle pere pe esse postmoderni…

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Di: Paolo S http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18447 Paolo S Mon, 14 Jan 2008 11:41:32 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18447 Rieccomi dopo un lungo weekend offline per tediarvi ancora con Dante, Valli, la mistica e la letteratura. Grazie al cugino di Ohana e quasi omonimo Carlo S. per avermi indicato Auerbach su Valli e avermi richiamato in causa. Telegraficamente: sono finito a citare, come esempio, Dante letto da Rossetti e Pascoli e Valli per rilevare come grossi nomi della critica bistrattano un tema "esperienziale" importantissimo (se non centrale) in letteratura. Effettivamente a me interessano poco le piste politiche o teologiche battute da quei critici, e trovo deprimente la tasca esoterica dove fatti antropologicamente molto rilevanti vengono infilati insieme a paccottiglia varia, ma trovo significativa per il panorama culturale questa omissione. Insomma, sostengo che molta critica letteraria si intenda ampiamente di letterature e autori, ma abbia le idee sull'(essenza dell')uomo piuttosto confuse. E così pure molti scrittori. Credo sia Zolla ad aver individuato la questione più o meno in questi termini: la psicoanalisi ci ha spalancato l'inferno, il materialismo ci ha chiuso il paradiso. Una letteratura che si muove in questo spazio ha connotati magari interessanti, può essere istruttiva, ma a che universo fa segno? E di che sensi si fa portatrice? E' ora che mi legga l'altro post, quello su Roth... Una critica che istruisce dimenticando che il paradiso chiuso non è il paradiso (del tutto metaforico, laico, agnostico e non di parte, beninteso!) inesistente né impossibile, quali strade non ci mostra? Il mio appunto è che mi pare strano parlare di "tradizione" anche solo letteraria o critica tralasciando questo argomento. E aggiungo che di tradizione comunque velata, sovversiva e trasgressiva, che si oppone alla piatta opacità di tante letture mainstream o ortodosse di ogni tempo e luogo. Non è un caso che il buon Dante, appunto, fosse in polemica con la chiesa del suo tempo in nome di una verità coperta da menzogne. Senza troppo scomodare catari e sette segrete, è ben nota la prudenza ecclesiastica verso i mistici, che propongono una via diretta all'incontro con Dio priva del bisogno della chiesa come intermediaria. Con questo non nego l'importanza della storia materiale e vicini, ma vorrei che un altro set di problemi venisse avvicinato a questi, e auspicherei che un approccio integrato venisse adottato nelle scienze filologiche, umane e anche nella didattica fin dalle scuole. Mi rendo conto che l'argomento si presta a manipolazioni e degenerazioni, ma ignorarlo porta ad altre degenerazioni e manipolazioni. Fine! Grazie a tutti per la pazienza. Rieccomi dopo un lungo weekend offline per tediarvi ancora con Dante, Valli, la mistica e la letteratura. Grazie al cugino di Ohana e quasi omonimo Carlo S. per avermi indicato Auerbach su Valli e avermi richiamato in causa. Telegraficamente: sono finito a citare, come esempio, Dante letto da Rossetti e Pascoli e Valli per rilevare come grossi nomi della critica bistrattano un tema “esperienziale” importantissimo (se non centrale) in letteratura.
Effettivamente a me interessano poco le piste politiche o teologiche battute da quei critici, e trovo deprimente la tasca esoterica dove fatti antropologicamente molto rilevanti vengono infilati insieme a paccottiglia varia, ma trovo significativa per il panorama culturale questa omissione.
Insomma, sostengo che molta critica letteraria si intenda ampiamente di letterature e autori, ma abbia le idee sull’(essenza dell’)uomo piuttosto confuse. E così pure molti scrittori. Credo sia Zolla ad aver individuato la questione più o meno in questi termini: la psicoanalisi ci ha spalancato l’inferno, il materialismo ci ha chiuso il paradiso.
Una letteratura che si muove in questo spazio ha connotati magari interessanti, può essere istruttiva, ma a che universo fa segno? E di che sensi si fa portatrice? E’ ora che mi legga l’altro post, quello su Roth…
Una critica che istruisce dimenticando che il paradiso chiuso non è il paradiso (del tutto metaforico, laico, agnostico e non di parte, beninteso!) inesistente né impossibile, quali strade non ci mostra?
Il mio appunto è che mi pare strano parlare di “tradizione” anche solo letteraria o critica tralasciando questo argomento. E aggiungo che di tradizione comunque velata, sovversiva e trasgressiva, che si oppone alla piatta opacità di tante letture mainstream o ortodosse di ogni tempo e luogo. Non è un caso che il buon Dante, appunto, fosse in polemica con la chiesa del suo tempo in nome di una verità coperta da menzogne. Senza troppo scomodare catari e sette segrete, è ben nota la prudenza ecclesiastica verso i mistici, che propongono una via diretta all’incontro con Dio priva del bisogno della chiesa come intermediaria. Con questo non nego l’importanza della storia materiale e vicini, ma vorrei che un altro set di problemi venisse avvicinato a questi, e auspicherei che un approccio integrato venisse adottato nelle scienze filologiche, umane e anche nella didattica fin dalle scuole.
Mi rendo conto che l’argomento si presta a manipolazioni e degenerazioni, ma ignorarlo porta ad altre degenerazioni e manipolazioni. Fine! Grazie a tutti per la pazienza.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18364 Massimo Maugeri Sun, 13 Jan 2008 23:17:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18364 @ Andrea Di Consoli e Daniela Marcheschi Partendo dalla bella intervista abbiamo un po' divagato soffermandoci (forse un po' troppo) sul postmoderno (e derivati). Credo, tuttavia, sia stato comunque un post interessante. Grazie a entrambi. - P.s.: Alla prof.ssa Marcheschi Se ha tempo e voglia la prego comunque di intervenire. Sarà la benvenuta! @ Andrea Di Consoli e Daniela Marcheschi
Partendo dalla bella intervista abbiamo un po’ divagato soffermandoci (forse un po’ troppo) sul postmoderno (e derivati). Credo, tuttavia, sia stato comunque un post interessante.
Grazie a entrambi.
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P.s.: Alla prof.ssa Marcheschi
Se ha tempo e voglia la prego comunque di intervenire.
Sarà la benvenuta!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18360 Massimo Maugeri Sun, 13 Jan 2008 23:14:03 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18360 @ Zauberei. In risposta al commento dove hai scritto: "grazie delle precisazioni. Ora siccome ho letto un sacco degli autori citati e categorizzati come postmoderni, posso fare una domanda al popolo critico et preparato? Perchè che de lilllo è post moderno ce lo capivo. Ma che lo fossero Borges e Calvino mi ha gettato nello sconforto. Pecchè?" - Premetto che, spesso, sono stati i critici (angloamericani) a considerare certi autori postmoderni... senza aver chiesto permesso all'autore. Credo sia stato il caso di Borges. Alcune opere di Borges sono state considerate postmoderne, tra cui la raccolta di racconti, particolarmente significativa, <em>Finzioni </em>(Ficciones, 1944), apparsa negli anni quaranta, che contiene novelle di argomento disparato: dal poliziesco, allo storico, alla meditazione filosofica. - Su Calvino... Calvino è stato considerato postmoderno soprattutto per via di <em>Se una notte d’inverno un viaggiatore</em>, libro che conoscete tutti. Il titolo richiama un noto stereotipo narrativo, una sorta di avventura del lettore; infatti il protagonista, per una serie di disguidi, non riuscirà a portare a termine la lettura del romanzo che aveva cominciato, ma, nonostante le sue ricerche che a un certo punto assumono la cadenza di una storia di spionaggio, otterrà solo di leggere gli inizi di altri romanzi. Si tratta quindi di una narrazione costruita su altre narrazioni, come è tipico della cultura postmoderna. <em>Se una notte d’inverno un viaggiatore</em> è uno dei miei libri preferiti. Sostengo che - oltre a essere un grandissimo libro - abbia sia la valenza di un manuale di scrittura, sia quella di un manuale di lettura. Lo consiglio "caldamente" a chi non l'avesse ancora letto. @ Zauberei.
In risposta al commento dove hai scritto: “grazie delle precisazioni. Ora siccome ho letto un sacco degli autori citati e categorizzati come postmoderni, posso fare una domanda al popolo critico et preparato? Perchè che de lilllo è post moderno ce lo capivo. Ma che lo fossero Borges e Calvino mi ha gettato nello sconforto.
Pecchè?”
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Premetto che, spesso, sono stati i critici (angloamericani) a considerare certi autori postmoderni… senza aver chiesto permesso all’autore.
Credo sia stato il caso di Borges.
Alcune opere di Borges sono state considerate postmoderne, tra cui la raccolta di racconti, particolarmente significativa, Finzioni (Ficciones, 1944), apparsa negli anni quaranta, che contiene novelle di argomento disparato: dal poliziesco, allo storico, alla meditazione filosofica.
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Su Calvino…
Calvino è stato considerato postmoderno soprattutto per via di Se una notte d’inverno un viaggiatore, libro che conoscete tutti.
Il titolo richiama un noto stereotipo narrativo, una sorta di avventura del lettore; infatti il protagonista, per una serie di disguidi, non riuscirà a portare a termine la lettura del romanzo che aveva cominciato, ma, nonostante le sue ricerche che a un certo punto assumono la cadenza di una storia di spionaggio, otterrà solo di leggere gli inizi di altri romanzi. Si tratta quindi di una narrazione costruita su altre narrazioni, come è tipico della cultura postmoderna.
Se una notte d’inverno un viaggiatore è uno dei miei libri preferiti.
Sostengo che – oltre a essere un grandissimo libro – abbia sia la valenza di un manuale di scrittura, sia quella di un manuale di lettura.
Lo consiglio “caldamente” a chi non l’avesse ancora letto.

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Di: Enrico Gregori http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18323 Enrico Gregori Sun, 13 Jan 2008 16:22:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18323 http://enricogregori.splinder.com/ non avendo precedentemente parlato con Massimo non posso permettermi "incursioni" a carattere privato. Sebbene, in realtà, invito a cliccare sul mio sito per leggere qualcosa su un'altra persona che compare in questo blog. Grazie http://enricogregori.splinder.com/

non avendo precedentemente parlato con Massimo non posso permettermi “incursioni” a carattere privato. Sebbene, in realtà, invito a cliccare sul mio sito per leggere qualcosa su un’altra persona che compare in questo blog. Grazie

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18266 Sergio Sozi Sun, 13 Jan 2008 01:01:45 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18266 (Enri', io le faccette gialle le odio e pertanto ti scrivo sperando di non parlar mai fuori dalle righe. Ma non ti offenderai mica? Io, co' tutte le rotture di cosiddetti che m'hai dato finora, ho tenuto un aplomb che manco Craxi quando gli tiravano le cento lire in testa. Ogni tanto devi sopportare anche me. Senno' t'arrangi, dopotutto. Eh eh eh.). Sergio (Enri’, io le faccette gialle le odio e pertanto ti scrivo sperando di non parlar mai fuori dalle righe. Ma non ti offenderai mica? Io, co’ tutte le rotture di cosiddetti che m’hai dato finora, ho tenuto un aplomb che manco Craxi quando gli tiravano le cento lire in testa. Ogni tanto devi sopportare anche me. Senno’ t’arrangi, dopotutto. Eh eh eh.).
Sergio

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Di: eventounico http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18265 eventounico Sun, 13 Jan 2008 00:18:24 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18265 Enrico mi sono prostituito anche a Milton pur sostenere la scelta del T.W.. Che sinallagma de li tua devo fare di più ? Con altrettanto affetto non meno ovvio :-) Enrico mi sono prostituito anche a Milton pur sostenere la scelta del T.W.. Che sinallagma de li tua devo fare di più ?
Con altrettanto affetto non meno ovvio
:-)

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18264 Sergio Sozi Sun, 13 Jan 2008 00:13:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18264 Ciao, pleiboi, che, hai esaurito le femminazze, che sei qui a redarguire? Ti auguro di immalinconirti tuttanotte con qualche grammatica storica. Sono delle compagne tiepide ma lunghe a capirsi. Interessanti. Ciao, pleiboi, che, hai esaurito le femminazze, che sei qui a redarguire?
Ti auguro di immalinconirti tuttanotte con qualche grammatica storica. Sono delle compagne tiepide ma lunghe a capirsi. Interessanti.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18262 Sergio Sozi Sun, 13 Jan 2008 00:10:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18262 Comunque in effetti questo e' un ''post'' dedicato ad altro. Sono andato fuori argomento e ne chiedo venia pubblicamente. Fermandomi. Comunque in effetti questo e’ un ”post” dedicato ad altro. Sono andato fuori argomento e ne chiedo venia pubblicamente. Fermandomi.

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Di: Enrico Gregori http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18261 Enrico Gregori Sun, 13 Jan 2008 00:04:39 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18261 @ evento e sergio? avete già finito? tutto qui, come diceva Totò, asciutto asciutto? no perché io volevo capire quanto il post-modernismo, semmai influenzando uno scrittore che non viene pagato, potrebbe fondersi con la slovenistica e magari assurgere a una forma comunicativa che....sì prezzolata... comunque conservi quel connotato atto alla postfazione. Ma che questa, in nome di Dio, non debba essere in visione antitetica alla prefazione. Perché nondimeno un'utenza pseudowharoliana potrebbe poi condurre alla perfetta sintesi sinallagmatica dell'anima de li mortacci vostri. con affetto oviamente :-) @ evento e sergio?
avete già finito? tutto qui, come diceva Totò, asciutto asciutto?
no perché io volevo capire quanto il post-modernismo, semmai influenzando uno scrittore che non viene pagato, potrebbe fondersi con la slovenistica e magari assurgere a una forma comunicativa che….sì prezzolata… comunque conservi quel connotato atto alla postfazione. Ma che questa, in nome di Dio, non debba essere in visione antitetica alla prefazione. Perché nondimeno un’utenza pseudowharoliana potrebbe poi condurre alla perfetta sintesi sinallagmatica dell’anima de li mortacci vostri.
con affetto oviamente
:-)

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18260 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 23:49:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18260 Altrettanto. Altrettanto.

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Di: eventounico http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18259 eventounico Sat, 12 Jan 2008 23:46:20 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18259 Sergio, ho capito. Ti auguro di farcela. Sergio, ho capito. Ti auguro di farcela.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18257 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 23:40:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18257 Voglio dire: uno sloveno colto in Slovenia campa con la propria cultura - magari insegna pure, si', ma magari un giorno potra' cesare d'insegnare e darsi all'attivita' pubblicistico-editoriale. In Italia, o sei Vassalli o sei un condannato a vita. Voglio dire: uno sloveno colto in Slovenia campa con la propria cultura – magari insegna pure, si’, ma magari un giorno potra’ cesare d’insegnare e darsi all’attivita’ pubblicistico-editoriale.
In Italia, o sei Vassalli o sei un condannato a vita.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18256 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 23:37:55 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18256 Evento, guarda, ti faccio il mio esempio: io qui mi sto lentamente introducendo nel mondo della cultura sloveno, ma faccio altro, mica pretendo di far tradurre il mio ''Maniaco''. Scrivo postfazioni e curo antologie di autori italiani. rivedo per campare traduzioni scorrette in italiano, ogni tanto pubblico un pezzo su un giornale. Tutto pagato puntualmente, naturalmente. Ma pochi soldi. Chi e' di qui prende piu' soldi, se e' preparato in slovenistica e anche traduce da altre lingue. Ma io qui ci sto dal Duemila. E devo ancora imparare lo sloveno. Se lo sapessi, la mia vita sarebbe migliore. Invece un italiano colto in Italia fa la fame. Vedi le differenze? Evento, guarda, ti faccio il mio esempio: io qui mi sto lentamente introducendo nel mondo della cultura sloveno, ma faccio altro, mica pretendo di far tradurre il mio ”Maniaco”. Scrivo postfazioni e curo antologie di autori italiani. rivedo per campare traduzioni scorrette in italiano, ogni tanto pubblico un pezzo su un giornale. Tutto pagato puntualmente, naturalmente. Ma pochi soldi. Chi e’ di qui prende piu’ soldi, se e’ preparato in slovenistica e anche traduce da altre lingue. Ma io qui ci sto dal Duemila. E devo ancora imparare lo sloveno. Se lo sapessi, la mia vita sarebbe migliore. Invece un italiano colto in Italia fa la fame. Vedi le differenze?

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18254 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 23:27:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18254 Enrico, scusa, ma... censura. Enrico, scusa, ma… censura.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18253 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 23:25:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18253 - Risposta alla seconda domanda: Parlavo, Evento, della crescita cuturale di un cittadino che voglia fare di mestiere lo scrittore. Impara a scuola a capire se sa scrivere, o, se nessuno gli insegna quel che gli serve, se lo prende da solo - se e' intelligente, se no ciccia, vuol dire che non glie ne frega troppo. A scuola si insegna l'italiano. Correzioni dei compiti, dibattiti sui libri, interventi a voce, interrogazioni orali, eccetera. Da questo si impara. Poi si cerca di frequentare la gente in gamba che ti e' anche utile in senso professionale, ovvio. Come in ogni professione: vuoi fare il medico? conosci dei medici e escici a cena, confrontati con loro. - Se un italiano si traduce da solo qualche opera - dei cui diritti sia unico detentore - puo' provare a contattare gli editori esteri della lingua in questione, magari pure spedendogliela. Ma e' difficile, se l'opera non e' stata premiata in Italia. Meglio agire direttamente con l'opera italiana, allora. O piuttosto cercare di fare altri lavori nel campo che portino prima o poi ad una serie di conoscenze fruttuose. Tutto il mondo e' paese e, ripeto, gli stranieri mica si fanno prendere per il culo: vogliono roba buona e scritta bene, in genere, o almeno molto nota in Italia. - Risposta alla seconda domanda:
Parlavo, Evento, della crescita cuturale di un cittadino che voglia fare di mestiere lo scrittore. Impara a scuola a capire se sa scrivere, o, se nessuno gli insegna quel che gli serve, se lo prende da solo – se e’ intelligente, se no ciccia, vuol dire che non glie ne frega troppo. A scuola si insegna l’italiano. Correzioni dei compiti, dibattiti sui libri, interventi a voce, interrogazioni orali, eccetera. Da questo si impara. Poi si cerca di frequentare la gente in gamba che ti e’ anche utile in senso professionale, ovvio. Come in ogni professione: vuoi fare il medico? conosci dei medici e escici a cena, confrontati con loro.
- Se un italiano si traduce da solo qualche opera – dei cui diritti sia unico detentore – puo’ provare a contattare gli editori esteri della lingua in questione, magari pure spedendogliela. Ma e’ difficile, se l’opera non e’ stata premiata in Italia. Meglio agire direttamente con l’opera italiana, allora. O piuttosto cercare di fare altri lavori nel campo che portino prima o poi ad una serie di conoscenze fruttuose. Tutto il mondo e’ paese e, ripeto, gli stranieri mica si fanno prendere per il culo: vogliono roba buona e scritta bene, in genere, o almeno molto nota in Italia.

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Di: Enrico Gregori http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-6/#comment-18252 Enrico Gregori Sat, 12 Jan 2008 23:24:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18252 @ evento e sergio: mi consentireste di inoltrare a ognuno di voi due il numero telefonico dell'altro e vi levate dai cogl...ops, volevo dire, vi intrattenete in maniera più confortevole e duratura in questa dotta dissertazione? @ evento e sergio:
mi consentireste di inoltrare a ognuno di voi due il numero telefonico dell’altro e vi levate dai cogl…ops, volevo dire, vi intrattenete in maniera più confortevole e duratura in questa dotta dissertazione?

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-5/#comment-18251 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 23:14:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18251 Conclusione personale e semiseria: e se il cosiddetto postmodernismo fosse solo il risultato attuale e pratico di una marea di individui sottoacculturati che pretendono di esser delle cime? Conclusione personale e semiseria: e se il cosiddetto postmodernismo fosse solo il risultato attuale e pratico di una marea di individui sottoacculturati che pretendono di esser delle cime?

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Di: eventounico http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-5/#comment-18250 eventounico Sat, 12 Jan 2008 23:11:14 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18250 Sergio, proprio perchè conosci la nostra lingua, capisci pienamente il significato di quel "dai". Io ho letto con tutta l'attenzione della quale sono capace e lungi da ma farti perdere del tempo. Quello che chiedevo, ma evidentemente non sei tenuto a rispondere, è: - un italiano, se si traduce da solo (o con una traduzione a pagamento) l'opera, può proporla ad un editore estero direttamente senza passare da un editore italiano ? - a scuola c'è un servizio che valuti opere ? O intendevi che uno studente lo capisca dalle correzioni che riceve se vale o meno ? Sergio, proprio perchè conosci la nostra lingua, capisci pienamente il significato di quel “dai”. Io ho letto con tutta l’attenzione della quale sono capace e lungi da ma farti perdere del tempo.
Quello che chiedevo, ma evidentemente non sei tenuto a rispondere, è:
- un italiano, se si traduce da solo (o con una traduzione a pagamento) l’opera, può proporla ad un editore estero direttamente senza passare da un editore italiano ?
- a scuola c’è un servizio che valuti opere ? O intendevi che uno studente lo capisca dalle correzioni che riceve se vale o meno ?

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-5/#comment-18248 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 23:00:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18248 Leggi con attenzione, per favore, dai: ho gia' detto che i diritti di traduzione sono spiccioli che non fanno mercato. Leggi con attenzione, per favore, dai: ho gia’ detto che i diritti di traduzione sono spiccioli che non fanno mercato.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-5/#comment-18246 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 22:59:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18246 Io questo servizio l'ho visto fare quando ero allievo per decenni. E l'ho fatto a mia volta per anni. Unicuique suum, Evento. Io ringrazio la mia maestra e i miei professori perche' mi correggevano le virgole e mi dicevano come fosse corretto scrivere. Io questo servizio l’ho visto fare quando ero allievo per decenni. E l’ho fatto a mia volta per anni. Unicuique suum, Evento. Io ringrazio la mia maestra e i miei professori perche’ mi correggevano le virgole e mi dicevano come fosse corretto scrivere.

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-5/#comment-18245 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 22:57:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18245 Dunque, riassumendo: - per quanto concerne l'editoria, il mercato interno (di Paesi di grandezza ed importanza media come il nostro che non hanno molti lettori di lingua italiana all'estero), e' autonomo rispetto agli altri sistemi nazionali, nonche' dipendente (come gli altri) anche dai finanziamenti pubblici o da parte di aziende illuminate. Gli anglofoni e i francofoni, gli ispanofoni in misura minore, fanno eccezione perche' vendono i libri materialmente e direttamente da Londra, Nuova York o Madrid. - La grammatica della lingua italiana non viene granche' frequentata dagli scrittori italiani presunti tali. Il vangelo di ogni autore, direi, assieme al dizionario. Ne conseguono opere aggiustate da altri e pertanto artificiali, ''prodotti'' ma di fabbrica, dico stavolta. All'estero invece conoscono bene le regole, gli scrittori: quelli veri non sbagliano una virgola e chiedono scusa qualora lo facciano. - In Italia si comprano pochi libri, ma soprattutto si legge meno. Si leggono poco i libri acquistati, intendo. C'e' un livello culturale linguistico medio molto mediocre, soprattutto per la lingua scritta. La scuola italiana non funziona perche' non e' severa come altrove sul rispetto dei canoni grammaticali codificati. Le conseguenze sono queste. Analfabetismo di ritorno, o meglio semialfabetizzazione che produce solo cacate letterarie. Pardon. Dunque, riassumendo:
- per quanto concerne l’editoria, il mercato interno (di Paesi di grandezza ed importanza media come il nostro che non hanno molti lettori di lingua italiana all’estero), e’ autonomo rispetto agli altri sistemi nazionali, nonche’ dipendente (come gli altri) anche dai finanziamenti pubblici o da parte di aziende illuminate. Gli anglofoni e i francofoni, gli ispanofoni in misura minore, fanno eccezione perche’ vendono i libri materialmente e direttamente da Londra, Nuova York o Madrid.
- La grammatica della lingua italiana non viene granche’ frequentata dagli scrittori italiani presunti tali. Il vangelo di ogni autore, direi, assieme al dizionario. Ne conseguono opere aggiustate da altri e pertanto artificiali, ”prodotti” ma di fabbrica, dico stavolta. All’estero invece conoscono bene le regole, gli scrittori: quelli veri non sbagliano una virgola e chiedono scusa qualora lo facciano.
- In Italia si comprano pochi libri, ma soprattutto si legge meno. Si leggono poco i libri acquistati, intendo. C’e’ un livello culturale linguistico medio molto mediocre, soprattutto per la lingua scritta. La scuola italiana non funziona perche’ non e’ severa come altrove sul rispetto dei canoni grammaticali codificati. Le conseguenze sono queste. Analfabetismo di ritorno, o meglio semialfabetizzazione che produce solo cacate letterarie. Pardon.

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Di: eventounico http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-5/#comment-18244 eventounico Sat, 12 Jan 2008 22:48:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18244 Chiede opinioni a scuola ? Non conosco scuole italiane che svolgano questo servizio. Chiede opinioni a scuola ? Non conosco scuole italiane che svolgano questo servizio.

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Di: eventounico http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-5/#comment-18243 eventounico Sat, 12 Jan 2008 22:45:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18243 Sergio io parlavo di pubblicazione all'estero di un'opera evidentemente tradotta. In quel caso l'editore sarebbe straniero. O no ? Sergio io parlavo di pubblicazione all’estero di un’opera evidentemente tradotta. In quel caso l’editore sarebbe straniero. O no ?

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Di: Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/comment-page-5/#comment-18241 Sergio Sozi Sat, 12 Jan 2008 22:43:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/07/intervista-a-daniela-marcheschi/#comment-18241 Come fa? Se e' stupida non chiede a chi ne sappia di piu', dunque resta nella sua convinzione di essere Dante; se e' intelligente chiede opinioni a chi ne sa di piu': a scuola, altrove, non importa. Come fa? Se e’ stupida non chiede a chi ne sappia di piu’, dunque resta nella sua convinzione di essere Dante; se e’ intelligente chiede opinioni a chi ne sa di piu’: a scuola, altrove, non importa.

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