Commenti a: DIBATTITO SUL ROMANZO STORICO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » DIBATTITO SUL ROMANZO STORICO (seconda parte) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-162791 Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » DIBATTITO SUL ROMANZO STORICO (seconda parte) Sat, 26 Feb 2011 22:57:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-162791 [...] post nasce come “costola” del Dibattito sul romanzo storico avviato tempo fa  con il coinvolgimento di vari [...] [...] post nasce come “costola” del Dibattito sul romanzo storico avviato tempo fa  con il coinvolgimento di vari [...]

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Di: Federico della Valle http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-130814 Federico della Valle Tue, 09 Nov 2010 09:31:39 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-130814 Sono d'accordo con alcuni degli ultimi interventi. Da qualche anno a questa parte i romanzi storici peccano troppo spesso di facile storicità. Sono corpulenti per quanto riguarda le date e gli eventi ma carenti di adeguati studi che ne rendano l'atmosfera credibile. Ci sono troppe zuppe di patate e pomodori nel medioevo, ed eccessiva leggerezza piuttosto che cura nei particolari. Per citare un caso esemplificativo, il tanto osannato Falcones nella sua "Cattedrale del mare" cita, seppur da narratore in terza persona, un po' troppo frequentemente i chilogrammi nonostante questi siano un'unità di peso introdotta solo nel XVIII secolo. Adottando il chilo nella narrazione piuttosto che nei dialoghi non ha certamente commesso un'incongruenza storica ma sono in questi piccoli particolari che il romanzo storico costruisce la sua atmosfera. Per citare un grande romanzo storico, ne "Il nome della rosa" tali leggerezze non avrebbero trovato spazio. E in attesa di un nuovo capolavoro del genere ho accolto con lietezza un romanzo storico in cui sono incappato quasi per caso, grazie al passaparola, di un autore sconosciuto e credo alla sua prima opera ("De Beau. Il servo e il cavaliere" di Costantino Pietrosanto, non ricordo l'editore) e attraverso il quale ho potuto percepire quella cura maniacale, e la ricostruzione di quell'atmosfera, di cui ho denunciato il difetto nelle righe sopra. Sono d’accordo con alcuni degli ultimi interventi. Da qualche anno a questa parte i romanzi storici peccano troppo spesso di facile storicità. Sono corpulenti per quanto riguarda le date e gli eventi ma carenti di adeguati studi che ne rendano l’atmosfera credibile. Ci sono troppe zuppe di patate e pomodori nel medioevo, ed eccessiva leggerezza piuttosto che cura nei particolari. Per citare un caso esemplificativo, il tanto osannato Falcones nella sua “Cattedrale del mare” cita, seppur da narratore in terza persona, un po’ troppo frequentemente i chilogrammi nonostante questi siano un’unità di peso introdotta solo nel XVIII secolo. Adottando il chilo nella narrazione piuttosto che nei dialoghi non ha certamente commesso un’incongruenza storica ma sono in questi piccoli particolari che il romanzo storico costruisce la sua atmosfera. Per citare un grande romanzo storico, ne “Il nome della rosa” tali leggerezze non avrebbero trovato spazio.
E in attesa di un nuovo capolavoro del genere ho accolto con lietezza un romanzo storico in cui sono incappato quasi per caso, grazie al passaparola, di un autore sconosciuto e credo alla sua prima opera (“De Beau. Il servo e il cavaliere” di Costantino Pietrosanto, non ricordo l’editore) e attraverso il quale ho potuto percepire quella cura maniacale, e la ricostruzione di quell’atmosfera, di cui ho denunciato il difetto nelle righe sopra.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-110239 Gianfranco Manfredi Sat, 08 May 2010 11:44:02 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-110239 Sulla carenza attuale di grandi personaggi letterari, vi rimando all'intervento che ho postato qui nel dibattito su Letteratura e Fumetto e che spiega meglio il concetto. Qui posso aggiungere che un conto è rappresentare un'epoca attraverso Jan Valjan o il Conte di Montecristo, un altro conto è rappresentarla attraverso un personaggio già famoso la cui biografia spesso non illustra affatto lo Spirito dell'Epoca , né riesce ad esprimerne il "vissuto comune", e neppure riesce a diventare disegno di Carattere Esemplare. Una storia non è una storia se non è la storia di qualcuno. Questo "qualcuno" è compito dello scrittore crearlo. Se si rinuncia a priori alla creazione del personaggio e ci si limita alla corrispondenza plot-eventi storici, si fa opera nei casi migliori di traduzione della Storia in narrativa, ma in questo non si considera affatto la Narrativa come protagonista, bensì come tributaria della Storia. Se poi il nostro protagonista lo creiamo in modo puramente funzionale agli eventi storici di cui vogliamo parlare, è evidente il rischio di renderlo un mero burattino che ci conduce attraverso una cronologia di eventi, non un vero soggetto storico e narrativo. Ma non voglio dare la colpa ai cultori del romanzo storico contemporaneo. Tutti i generi letterari da più di vent'anni a questa parte si sono rivelati incapaci di produrre personaggi tali da imprimersi nell'immaginario collettivo. Questo ruolo pare essere rimasto ai fumetti ed è certo connaturato al cinema (debole anch'esso d'altra parte, perché ormai preferisce vampirizzare i personaggi dei fumetti, e solo di rado ne produce di originali. Non è d'altro canto un caso se il pirata interpretato da Johnny Depp anche se non nasce da un fumetto ha un'evidente impronta fumettistica ed è stato prodotto dalla Disney). Cosa poi significhi questa aridità letteraria nei confronti della creazione di personaggi-protagonisti, non lo so, bisognerebbe chiederlo a un critico. So però che i due clamorosi casi letterari Harry Potter e Twilight, ciascuno a suo modo, si sono verificati attorno alla creazione dei personaggi ben più che attorno al plot o allo stile. Il che dovrebbe far meditare. Sulla carenza attuale di grandi personaggi letterari, vi rimando all’intervento che ho postato qui nel dibattito su Letteratura e Fumetto e che spiega meglio il concetto. Qui posso aggiungere che un conto è rappresentare un’epoca attraverso Jan Valjan o il Conte di Montecristo, un altro conto è rappresentarla attraverso un personaggio già famoso la cui biografia spesso non illustra affatto lo Spirito dell’Epoca , né riesce ad esprimerne il “vissuto comune”, e neppure riesce a diventare disegno di Carattere Esemplare. Una storia non è una storia se non è la storia di qualcuno. Questo “qualcuno” è compito dello scrittore crearlo. Se si rinuncia a priori alla creazione del personaggio e ci si limita alla corrispondenza plot-eventi storici, si fa opera nei casi migliori di traduzione della Storia in narrativa, ma in questo non si considera affatto la Narrativa come protagonista, bensì come tributaria della Storia. Se poi il nostro protagonista lo creiamo in modo puramente funzionale agli eventi storici di cui vogliamo parlare, è evidente il rischio di renderlo un mero burattino che ci conduce attraverso una cronologia di eventi, non un vero soggetto storico e narrativo. Ma non voglio dare la colpa ai cultori del romanzo storico contemporaneo. Tutti i generi letterari da più di vent’anni a questa parte si sono rivelati incapaci di produrre personaggi tali da imprimersi nell’immaginario collettivo. Questo ruolo pare essere rimasto ai fumetti ed è certo connaturato al cinema (debole anch’esso d’altra parte, perché ormai preferisce vampirizzare i personaggi dei fumetti, e solo di rado ne produce di originali. Non è d’altro canto un caso se il pirata interpretato da Johnny Depp anche se non nasce da un fumetto ha un’evidente impronta fumettistica ed è stato prodotto dalla Disney). Cosa poi significhi questa aridità letteraria nei confronti della creazione di personaggi-protagonisti, non lo so, bisognerebbe chiederlo a un critico. So però che i due clamorosi casi letterari Harry Potter e Twilight, ciascuno a suo modo, si sono verificati attorno alla creazione dei personaggi ben più che attorno al plot o allo stile. Il che dovrebbe far meditare.

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Di: Luca Filippi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-106857 Luca Filippi Thu, 08 Apr 2010 13:45:55 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-106857 Concordo perfettamente con Alfredo Colitto sull'idea che "mettere in scena" i grandi personaggi storici non equivalga, necessariamente, a non saper creare "il personaggio". Non solo, ma credo che se un romanzo d'ambientazione storica è ben costruito e riesce a evitare grossolani errori, possa aver il merito e la funzione di avvicinare il lettore a personaggi storici più o meno conosciuti. La lettura di un libro in cui si trovi la sorella di Mozart, o Gabriele D'Annunzio impegnato nell'impresa di fiume, o ancora Pico della Mirandola, può risvegliare i ricordi scolastici e spingere a nuove letture, a riprendere contatto con una parte della Storia. Nel mio caso, la lettura del libro della Lepore "L'abitudine al sangue" è stato il "primum movens" per documentarmi sul monachesimo orientale di cui, confesso, non sapevo molto. Un caro saluto a tutti Concordo perfettamente con Alfredo Colitto sull’idea che “mettere in scena” i grandi personaggi storici non equivalga, necessariamente, a non saper creare “il personaggio”. Non solo, ma credo che se un romanzo d’ambientazione storica è ben costruito e riesce a evitare grossolani errori, possa aver il merito e la funzione di avvicinare il lettore a personaggi storici più o meno conosciuti. La lettura di un libro in cui si trovi la sorella di Mozart, o Gabriele D’Annunzio impegnato nell’impresa di fiume, o ancora Pico della Mirandola, può risvegliare i ricordi scolastici e spingere a nuove letture, a riprendere contatto con una parte della Storia. Nel mio caso, la lettura del libro della Lepore “L’abitudine al sangue” è stato il “primum movens” per documentarmi sul monachesimo orientale di cui, confesso, non sapevo molto.
Un caro saluto a tutti

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-106706 Massimo Maugeri Wed, 07 Apr 2010 21:01:43 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-106706 @ Alfredo Colitto Ma di che ti scusi? :) Per me tu e Leda potete continuare a dialogare a iosa ;-)) - Presto - nell'ambito di questo forum - discuteremo su un nuovo romanzo storico incentrato su una figura... di rilievo. @ Alfredo Colitto
Ma di che ti scusi? :)
Per me tu e Leda potete continuare a dialogare a iosa ;-) )
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Presto – nell’ambito di questo forum – discuteremo su un nuovo romanzo storico incentrato su una figura… di rilievo.

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Di: Alfredo Colitto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-106640 Alfredo Colitto Wed, 07 Apr 2010 13:43:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-106640 Grazie Leda! chiedo scusa ai lettori del blog per questo breve excursus fuori tema. Sul romanzo storico vorrei aggiungere che trovo molto calzante il paragone di Gianfranco Manfredi tra il faraone che si chiede "Cosa ha voluto dirmi il mio inconscio" e l'orologio al polso di un antico egizio. Sembra impossibile, ma a ben guardare incongruenze di questo tipo mentre nel cinema ormai sono solo un ricordo, nei romanzi storici sono parecchio diffuse. ci sono romanzi ambientati nel Duecento dove la gente non fa altro che mettersi e togliersi gli occhiali, o aprire i vetri delle finestre, come se fossero una cosa comune! Invece non sono d'accordo sull'idea di Manfredi che gli scrittori mettano in scena protagonisti realmente esistiti perché nessuno è più in grado di inventare grandi personaggi. Il paragone con il passato è inutile. Questo non è più il mondo in cui le cose duravano, in tutti i campi. Dove sono i Beatles del nuovo millennio? O il Vittorio Gassman del nuovo teatro? O i Winston Churchill della politica? (Mi accontenterei anche dei Berlinguer e dei Fanfani di una volta...) Eccetera. Ma questo non vuol dire che non esistano belle canzoni, bei film o bei romanzi, vuol dire solo che si produce molto più di prima, si consuma tutto a grande velocità e non c'è più lo spazio necessario perché si creino dei miti. Ormai viviamo quello che aveva profetizzato Andy Warhol: “nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti”. E' un male? E' un bene? Non mi interessa. E' il mondo in cui vivo e me lo godo così com'è, da lettore e da scrittore. Anche se per ogni bel libro che leggo mi tocca prendere diverse fregature... Grazie Leda! chiedo scusa ai lettori del blog per questo breve excursus fuori tema.
Sul romanzo storico vorrei aggiungere che trovo molto calzante il paragone di Gianfranco Manfredi tra il faraone che si chiede “Cosa ha voluto dirmi il mio inconscio” e l’orologio al polso di un antico egizio.
Sembra impossibile, ma a ben guardare incongruenze di questo tipo mentre nel cinema ormai sono solo un ricordo, nei romanzi storici sono parecchio diffuse. ci sono romanzi ambientati nel Duecento dove la gente non fa altro che mettersi e togliersi gli occhiali, o aprire i vetri delle finestre, come se fossero una cosa comune!
Invece non sono d’accordo sull’idea di Manfredi che gli scrittori mettano in scena protagonisti realmente esistiti perché nessuno è più in grado di inventare grandi personaggi. Il paragone con il passato è inutile. Questo non è più il mondo in cui le cose duravano, in tutti i campi. Dove sono i Beatles del nuovo millennio? O il Vittorio Gassman del nuovo teatro? O i Winston Churchill della politica? (Mi accontenterei anche dei Berlinguer e dei Fanfani di una volta…) Eccetera.
Ma questo non vuol dire che non esistano belle canzoni, bei film o bei romanzi, vuol dire solo che si produce molto più di prima, si consuma tutto a grande velocità e non c’è più lo spazio necessario perché si creino dei miti. Ormai viviamo quello che aveva profetizzato Andy Warhol: “nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti”. E’ un male? E’ un bene? Non mi interessa. E’ il mondo in cui vivo e me lo godo così com’è, da lettore e da scrittore. Anche se per ogni bel libro che leggo mi tocca prendere diverse fregature…

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Di: leda http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-106629 leda Wed, 07 Apr 2010 13:09:08 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-106629 Ciao Alfredo! Sono contenta di ritrovarti! Ti ringrazio e ti faccio i miei complimenti per il tuo romanzo: interessante, si legge tutto di un fiato, tecnica perfetta. Presto leggerò l'altro che hai pubblicato da poco . Io per il secondo romanzo invece trovò attendere la fine dell'anno o l'inizio del 2011 ( ancora non lo so). Un saluto affettuoso Leda Ciao Alfredo! Sono contenta di ritrovarti! Ti ringrazio e ti faccio i miei complimenti per il tuo romanzo: interessante, si legge tutto di un fiato, tecnica perfetta. Presto leggerò l’altro che hai pubblicato da poco . Io per il secondo romanzo invece trovò attendere la fine dell’anno o l’inizio del 2011 ( ancora non lo so). Un saluto affettuoso Leda

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Di: Alfredo Colitto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-106604 Alfredo Colitto Wed, 07 Apr 2010 10:27:34 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-106604 Ho conosciuto Leda Melluso al Salone di Torino l'anno scorso e sono molto contento di ritrovarla qui. Ho apprezzato molto "La ragazza dal volto d'ambra". PS Leda, apprendo ora che abbiamo uno scrittore preferito in comune. pensa che il protagonista del mio primo romanzo, "Cafè Nopal" si chiama Enrico Beyle... Ho conosciuto Leda Melluso al Salone di Torino l’anno scorso e sono molto contento di ritrovarla qui. Ho apprezzato molto “La ragazza dal volto d’ambra”.
PS Leda, apprendo ora che abbiamo uno scrittore preferito in comune. pensa che il protagonista del mio primo romanzo, “Cafè Nopal” si chiama Enrico Beyle…

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-105101 Massimo Maugeri Sun, 28 Mar 2010 20:02:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-105101 Ringrazio Leda Melluso per le risposte e... benvenuta a Letteratitudine! Ringrazio Leda Melluso per le risposte e… benvenuta a Letteratitudine!

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Di: Leda Melluso http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-105019 Leda Melluso Sun, 28 Mar 2010 08:23:52 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-105019 6. Domanda-sondaggio: qual è il più grande romanzo storico di tutti tempi (quello che potrebbe essere eletto come “rappresentativo” del genere)? - “La Certosa di Parma” di Stendhal, , in cui il romanzo storico tende a diventare romanzo sociale, specchio delle contraddizioni della società, romanzo psicologico, volto all’analisi di caratteri individuali, romanzo di formazione e di memorie. Oggi il romanzo storico, invece, si tinge di giallo, nero, rosa per soddisfare il gusto dei lettori. E’ un genere di intrattenimento, più accessibile al grande pubblico. 6. Domanda-sondaggio: qual è il più grande romanzo storico di tutti tempi (quello che potrebbe essere eletto come “rappresentativo” del genere)?
- “La Certosa di Parma” di Stendhal, , in cui il romanzo storico tende a diventare romanzo sociale, specchio delle contraddizioni della società, romanzo psicologico, volto all’analisi di caratteri individuali, romanzo di formazione e di memorie. Oggi il romanzo storico, invece, si tinge di giallo, nero, rosa per soddisfare il gusto dei lettori. E’ un genere di intrattenimento, più accessibile al grande pubblico.

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Di: Leda Melluso http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-105018 Leda Melluso Sun, 28 Mar 2010 08:23:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-105018 5. E nel resto del mondo? - Il romanzo storico sta avendo successo un po’ dovunque: ormai, in letteratura e non solo , non esistono più frontiere. 5. E nel resto del mondo?
- Il romanzo storico sta avendo successo un po’ dovunque: ormai, in letteratura e non solo , non esistono più frontiere.

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Di: Leda Melluso http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-105016 Leda Melluso Sun, 28 Mar 2010 08:21:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-105016 4. Qual è, a vostro giudizio, lo stato di salute del romanzo storico, oggi, in Italia? - Ottimo! Anche le scrittrici sempre più scelgono questo genere. Forse si stanno prendendo una rivincita: in passato non hanno potuto fare la storia, oggi la riscrivono a modo loro mettendo talvolta in evidenza l’arroganza del potere. 4. Qual è, a vostro giudizio, lo stato di salute del romanzo storico, oggi, in Italia?
- Ottimo! Anche le scrittrici sempre più scelgono questo genere. Forse si stanno prendendo una rivincita: in passato non hanno potuto fare la storia, oggi la riscrivono a modo loro mettendo talvolta in evidenza l’arroganza del potere.

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Di: Leda Melluso http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-105015 Leda Melluso Sun, 28 Mar 2010 08:21:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-105015 3. Che cosa - viceversa - dovrebbe evitare? - L’erudizione! Dati, digressioni, descrizioni troppo minuziose che talvolta lo scrittore inserisce nell’intento di ricostruire il periodo in modo puntuale. A proposito dei Promessi sposi, Goethe affermava che lo storico ha giocato un brutto tiro al poeta nelle descrizioni della guerra, della carestia, della peste che ”nel minuzioso particolareggiare di un’arida rappresentazione di cronista, diventano insopportabili.“ In sintesi, “come storico, Manzoni ebbe troppo rispetto per la realtà.” 3. Che cosa – viceversa – dovrebbe evitare?
- L’erudizione! Dati, digressioni, descrizioni troppo minuziose che talvolta lo scrittore inserisce nell’intento di ricostruire il periodo in modo puntuale. A proposito dei Promessi sposi, Goethe affermava che lo storico ha giocato un brutto tiro al poeta nelle descrizioni della guerra, della carestia, della peste che ”nel minuzioso particolareggiare di un’arida rappresentazione di cronista, diventano insopportabili.“ In sintesi, “come storico, Manzoni ebbe troppo rispetto per la realtà.”

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Di: Leda Melluso http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-105014 Leda Melluso Sun, 28 Mar 2010 08:19:58 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-105014 2. Quale dovrebbe essere la sua funzione? - Catturare il lettore con una vicenda avvincente, coinvolgerlo e interessarlo in modo che si accosti alla storia con rinnovato entusiasmo. Il passato è uno strumento importante per dare spunti di riflessione sulla condizione umana 2. Quale dovrebbe essere la sua funzione?
- Catturare il lettore con una vicenda avvincente, coinvolgerlo e interessarlo in modo che si accosti alla storia con rinnovato entusiasmo. Il passato è uno strumento importante per dare spunti di riflessione sulla condizione umana

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Di: Leda Melluso http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-105012 Leda Melluso Sun, 28 Mar 2010 08:18:29 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-105012 1. Quali caratteristiche dovrebbe necessariamente possedere il romanzo storico? - Mescolare abilmente realtà e finzione presentando aspetti della realtà e sentimenti dell’animo umano che lo storico non può ricostruire. Quello che Manzoni chiamava il verosimile: ciò che non è accaduto ma che sarebbe potuto accadere. Fondamentale è inoltre la presenza di grandi avvenimenti del passato che facciano da sfondo alle vicende personali dei protagonisti. 1. Quali caratteristiche dovrebbe necessariamente possedere il romanzo storico?
- Mescolare abilmente realtà e finzione presentando aspetti della realtà e sentimenti dell’animo umano che lo storico non può ricostruire. Quello che Manzoni chiamava il verosimile: ciò che non è accaduto ma che sarebbe potuto accadere. Fondamentale è inoltre la presenza di grandi avvenimenti del passato che facciano da sfondo alle vicende personali dei protagonisti.

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Di: Leda Melluso http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-105009 Leda Melluso Sun, 28 Mar 2010 08:15:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-105009 Caro Massimo, grazie di tutto. Ecco le mie risposte alle domande. Caro Massimo, grazie di tutto. Ecco le mie risposte alle domande.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-104779 Massimo Maugeri Fri, 26 Mar 2010 21:17:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-104779 Ho aggiornato il post inserendo notizie sul romanzo storico di Leda Melluso: “La ragazza dal volto d’ambra” Piemme, 2009 - pagg. 364 - euro - Nei prossimi giorni, Leda (ne approfitto per salutarla) risponderà alle domande del post. Ho aggiornato il post inserendo notizie sul romanzo storico di Leda Melluso: “La ragazza dal volto d’ambra”
Piemme, 2009 – pagg. 364 – euro
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Nei prossimi giorni, Leda (ne approfitto per salutarla) risponderà alle domande del post.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-102410 Massimo Maugeri Sat, 13 Mar 2010 16:37:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-102410 @ Gianfranco Manfredi Caro Gianfranco, grazie mille per essere intervenuto pure qui. @ Gianfranco Manfredi
Caro Gianfranco, grazie mille per essere intervenuto pure qui.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-102251 Gianfranco Manfredi Fri, 12 Mar 2010 17:36:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-102251 C'è una tendenza prevalente oggi nel cosiddetto "romanzo storico" che i francesi definiscono histoire en travesti. Si potrebbe intendere come "film in costume". Insomma: si scrive per il lettore contemporaneo e si mette in scena la vita contemporanea in costume d'epoca, dando vita a una serie piuttosto spiazzante, per uno storico, di anacronismi. Se un Faraone che riflette su un suo sogno si chiede: "cosa ha voluto dirmi il mio inconscio?", è la stessa cosa che se gli mettessimo un orologio al polso. Spesso questa voga copre un buco letterario: dove sono finiti i grandi personaggi? Gli scrittori sono ancora in grado di inventarne? Non meri eroi ma personaggi che simbolicamente identificano un carattere indelebile: Rosa Montero ha osservato come Jekill/Hyde abbia dato un nome alla schizofrenia dell'individuo moderno rendendola in qualche modo riconoscibile e famigliare, il Conte di Montecristo è rappresentazione in persona dei codici e delle trappole della Vendetta, e così via. Ora: gli scrittori contemporanei sono incredibilmente stitici sul piano della creazione di personaggi simbolo come Bovary (da cui nasce il bovarismo) tanto per citare un altro personaggio. Per cui si ripiega sul personaggio già noto, già reso esemplare nella Storia: non c'è bisogno di inventare Napoleone, o Alessandro o Cleopatra, perché ci sono già. Basta infilarli come burattini nella nostra storia. Poi però non bisogna lamentarsi se persino Marlon Brando nel ruolo di Napoleone risulta ridicolo. Come risultano ridicoli gli antichi romani dei peplum, con le loro pettinature imbrillantinate anni 60. E fosse solo il costume. I pagani vengono regolarmente infilati in storie di gelosia coniugale come se allora esistesse la famiglia monogamica (tanto per dirne una). La storia ridotta a pantomima in costume della modernità , testimonia solo della presunzione dei contemporanei che si proiettano nel passato come volessero vantare origini nobili ed eterne delle loro attuali presunte grandezze e inconfessate miserie. Noi certo leggiamo la Storia dal nostro punto di vista, e alla luce dei nostri problemi, ma la Storia è anche molto spesso, e questo non vogliamo vederlo, "Altro" da noi, e dimostra che lo slogan "Un altro mondo è possibile" (che a molti sembra così utopico) è invece riduttivo. Bisognerebbe dire: un altro mondo, molti altri mondi sono esistiti e ancora esistono perché i tempi storici del contemporaneo anche in questa società globalizzata non sono ovunque lo stesso tempo. Basta viaggiare per accorgersene. Si capita in posti dove pare di ripiombare (nonostante la presenza di computer, cellulari, e di spaesati alberghi identici in tutto il mondo) negli anni 50 o addirittura in epoche remote. La Storia non esiste senza diversità. Se questa diversità non sappiamo coglierla se non nella foggia del costume, allora siamo davvero messi male. Toccata e fuga. Sono impegnato in altro forum sui vampiri. Preciso a uso di chi segue questo, che non sono parente né di Nino, né di Valerio Massimo. Quando scrivo un romanzo storico, la mia prima ricerca documentaria è sui personaggi: come si alimentano, che lavori fanno, cosa vedono, cosa leggono, come ragionano ? E poi attenzione al dialogo. I peggiori anacronismi si nascondono lì ed è colpevole per uno scrittore ignorare l'origine e la storia delle parole. Galeno non può discutere di batteri! C’è una tendenza prevalente oggi nel cosiddetto “romanzo storico” che i francesi definiscono histoire en travesti. Si potrebbe intendere come “film in costume”. Insomma: si scrive per il lettore contemporaneo e si mette in scena la vita contemporanea in costume d’epoca, dando vita a una serie piuttosto spiazzante, per uno storico, di anacronismi. Se un Faraone che riflette su un suo sogno si chiede: “cosa ha voluto dirmi il mio inconscio?”, è la stessa cosa che se gli mettessimo un orologio al polso. Spesso questa voga copre un buco letterario: dove sono finiti i grandi personaggi? Gli scrittori sono ancora in grado di inventarne? Non meri eroi ma personaggi che simbolicamente identificano un carattere indelebile: Rosa Montero ha osservato come Jekill/Hyde abbia dato un nome alla schizofrenia dell’individuo moderno rendendola in qualche modo riconoscibile e famigliare, il Conte di Montecristo è rappresentazione in persona dei codici e delle trappole della Vendetta, e così via. Ora: gli scrittori contemporanei sono incredibilmente stitici sul piano della creazione di personaggi simbolo come Bovary (da cui nasce il bovarismo) tanto per citare un altro personaggio. Per cui si ripiega sul personaggio già noto, già reso esemplare nella Storia: non c’è bisogno di inventare Napoleone, o Alessandro o Cleopatra, perché ci sono già. Basta infilarli come burattini nella nostra storia. Poi però non bisogna lamentarsi se persino Marlon Brando nel ruolo di Napoleone risulta ridicolo. Come risultano ridicoli gli antichi romani dei peplum, con le loro pettinature imbrillantinate anni 60. E fosse solo il costume. I pagani vengono regolarmente infilati in storie di gelosia coniugale come se allora esistesse la famiglia monogamica (tanto per dirne una). La storia ridotta a pantomima in costume della modernità , testimonia solo della presunzione dei contemporanei che si proiettano nel passato come volessero vantare origini nobili ed eterne delle loro attuali presunte grandezze e inconfessate miserie. Noi certo leggiamo la Storia dal nostro punto di vista, e alla luce dei nostri problemi, ma la Storia è anche molto spesso, e questo non vogliamo vederlo, “Altro” da noi, e dimostra che lo slogan “Un altro mondo è possibile” (che a molti sembra così utopico) è invece riduttivo. Bisognerebbe dire: un altro mondo, molti altri mondi sono esistiti e ancora esistono perché i tempi storici del contemporaneo anche in questa società globalizzata non sono ovunque lo stesso tempo. Basta viaggiare per accorgersene. Si capita in posti dove pare di ripiombare (nonostante la presenza di computer, cellulari, e di spaesati alberghi identici in tutto il mondo) negli anni 50 o addirittura in epoche remote. La Storia non esiste senza diversità. Se questa diversità non sappiamo coglierla se non nella foggia del costume, allora siamo davvero messi male. Toccata e fuga. Sono impegnato in altro forum sui vampiri. Preciso a uso di chi segue questo, che non sono parente né di Nino, né di Valerio Massimo. Quando scrivo un romanzo storico, la mia prima ricerca documentaria è sui personaggi: come si alimentano, che lavori fanno, cosa vedono, cosa leggono, come ragionano ? E poi attenzione al dialogo. I peggiori anacronismi si nascondono lì ed è colpevole per uno scrittore ignorare l’origine e la storia delle parole. Galeno non può discutere di batteri!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-99364 Massimo Maugeri Mon, 01 Mar 2010 15:08:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-99364 Hai fatto benissimo, caro Giulio ;) Hai fatto benissimo, caro Giulio ;)

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Di: Giulio Leoni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-99329 Giulio Leoni Mon, 01 Mar 2010 10:55:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-99329 Ciao Simona, certo, quello è l'obiettivo cercato: quanto poi a raggiungerlo sempre è un'altra storia, ma insomma si tenta :-) Volevo poi ringraziare Bianca per la sua gentilezza, e soprattutto per quell'osservazione: "In modo da poter elaborare una serie di riflessioni sul destino dell’umanità, sulla difficoltà di accettare di essere un insieme di atomi aggregati dal caso [...]": che chi ti legge riesca a scendere sotto la prima superficie di una narrazione è il sogno di ogni scrittore, ma qui bisogna dire che Bianca è aiutata dell'essere una ottima scrittrice di suo, per cui non vale! Approfitto poi della disponibilità di Massimo per un po' di Kulturalspam: se qualcuno fosse interessato a qualche altra chiacchiera in libertà, può perdere un po' di tempo qui: http://www.giulioleoni.it/interviste/bookshop.pdf Ciao Simona, certo, quello è l’obiettivo cercato: quanto poi a raggiungerlo sempre è un’altra storia, ma insomma si tenta :-)
Volevo poi ringraziare Bianca per la sua gentilezza, e soprattutto per quell’osservazione: “In modo da poter elaborare una serie di riflessioni sul destino dell’umanità, sulla difficoltà di accettare di essere un insieme di atomi aggregati dal caso [...]“: che chi ti legge riesca a scendere sotto la prima superficie di una narrazione è il sogno di ogni scrittore, ma qui bisogna dire che Bianca è aiutata dell’essere una ottima scrittrice di suo, per cui non vale!
Approfitto poi della disponibilità di Massimo per un po’ di Kulturalspam: se qualcuno fosse interessato a qualche altra chiacchiera in libertà, può perdere un po’ di tempo qui:

http://www.giulioleoni.it/interviste/bookshop.pdf

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-99213 Massimo Maugeri Sun, 28 Feb 2010 23:34:19 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-99213 Grazie per il tuo intervento, cara Delia. Grazie per il tuo intervento, cara Delia.

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Di: delia morea http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98935 delia morea Sat, 27 Feb 2010 22:17:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98935 Premesso che sono estimatrice e lettrice del genere romanzo storico, concordo decisamente con la definizione di Marco Salvador soprattutto circa la credibilità della storia e dei personaggi inseriti nell'epoca scelta, ad esempio la loro aderenza al modus vivendi. Concordo con la sua citazione sulle regole, mai fuori tempo, dettate da Alessandro Manzoni. Concordo per il ricordo (sempre di Salvador) de "L'Opera al nero" della Yourcenar e non dimenticherei della stessa autrice "Memorie di Adriano". Il romanzo storico, se proprio voglio dare etichette, definire campi di azione, deve a mio avviso recuperare un'epoca, darle congruità, attualità storica e metterla al servizio di una storia che anche se si rivolge al passato può e deve parlare al mondo presente. Per quanto riguarda il giallo storico a mio avviso può valere lo stesso discorso con una fondamentale differenza, per il mio modo d'intendere il romanzo giallo: io preferisco in questo caso l'attualità, cioè una ambientazione che tenga conto dei giorni nostri, di atmosfere non molto lontane da noi, perchè più che l'intrigo e il meccanismo "noir" mi interessa la psicologia dei personaggi calati in una realtà vicina al nostro sentire. Per dirla tutta prediligo Chandler e Simenon. Delia Morea Premesso che sono estimatrice e lettrice del genere romanzo storico, concordo decisamente con la definizione di Marco Salvador soprattutto circa la credibilità della storia e dei personaggi inseriti nell’epoca scelta, ad esempio la loro aderenza al modus vivendi. Concordo con la sua citazione sulle regole, mai fuori tempo, dettate da Alessandro Manzoni. Concordo per il ricordo (sempre di Salvador) de “L’Opera al nero” della Yourcenar e non dimenticherei della stessa autrice “Memorie di Adriano”. Il romanzo storico, se proprio voglio dare etichette, definire campi di azione, deve a mio avviso recuperare un’epoca, darle congruità, attualità storica e metterla al servizio di una storia che anche se si rivolge al passato può e deve parlare al mondo presente. Per quanto riguarda il giallo storico a mio avviso può valere lo stesso discorso con una fondamentale differenza, per il mio modo d’intendere il romanzo giallo: io preferisco in questo caso l’attualità, cioè una ambientazione che tenga conto dei giorni nostri, di atmosfere non molto lontane da noi, perchè più che l’intrigo e il meccanismo “noir” mi interessa la psicologia dei personaggi calati in una realtà vicina al nostro sentire. Per dirla tutta prediligo Chandler e Simenon. Delia Morea

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98841 Massimo Maugeri Sat, 27 Feb 2010 15:45:29 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98841 @ Bianca Garavelli Cara Bianca, grazie mille per il tuo prezioso intervento e complimenti per il tuo bel servizio sul numero di "Stilos" attualmente in edicola che ho avuto modo di leggere e gustare. @ Bianca Garavelli
Cara Bianca, grazie mille per il tuo prezioso intervento e complimenti per il tuo bel servizio sul numero di “Stilos” attualmente in edicola che ho avuto modo di leggere e gustare.

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Di: Bianca http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98833 Bianca Sat, 27 Feb 2010 15:30:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98833 Intervengo sull'idea del "giallo storico" come genere a sé, facendo riferimento proprio a "La regola delle ombre" di Giulio Leoni. Cito dalla mia recensione uscita su "Stilos" a. XII, n. 1, febbraio 2010, p. 82: «La ricostruzione della Roma di fine Quattrocento è incredibilmente viva [...]. Tuttavia questo vasto e complesso romanzo di Giulio Leoni non è tutto qua. Sfiora [...] una dimensione esoterica e soprannaturale. In modo da poter elaborare una serie di riflessioni sul destino dell'umanità, sulla difficoltà di accettare di essere un insieme di atomi aggregati dal caso [...]. E in questo Giulio Leoni conferma una tendenza propria dei romanzi di tale particolare genere, in cui la storia, quanto più è realisticamente ricostruita, tanto più permette la libertà di sfiorare i limiti del reale». Questa è la mia ipotesi, confermata, mi pare, anche da altri recenti gialli storici: una sorta di filone soprannaturale dentro il genere giallo, a cui la storia offre una possibilità di azione che può rivelarsi sorprendente ed efficace. Intervengo sull’idea del “giallo storico” come genere a sé, facendo riferimento proprio a “La regola delle ombre” di Giulio Leoni. Cito dalla mia recensione uscita su “Stilos” a. XII, n. 1, febbraio 2010, p. 82: «La ricostruzione della Roma di fine Quattrocento è incredibilmente viva [...]. Tuttavia questo vasto e complesso romanzo di Giulio Leoni non è tutto qua. Sfiora [...] una dimensione esoterica e soprannaturale. In modo da poter elaborare una serie di riflessioni sul destino dell’umanità, sulla difficoltà di accettare di essere un insieme di atomi aggregati dal caso [...]. E in questo Giulio Leoni conferma una tendenza propria dei romanzi di tale particolare genere, in cui la storia, quanto più è realisticamente ricostruita, tanto più permette la libertà di sfiorare i limiti del reale».
Questa è la mia ipotesi, confermata, mi pare, anche da altri recenti gialli storici: una sorta di filone soprannaturale dentro il genere giallo, a cui la storia offre una possibilità di azione che può rivelarsi sorprendente ed efficace.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98791 Massimo Maugeri Sat, 27 Feb 2010 12:14:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98791 E grazie, naturalmente, a Giulio Leoni e Alfredo Colitto per le loro risposte. - @ Giulio Leoni La Giorgia del commento qui sopra è Giorgia Lepore: scrittrice e... archeologa. ;) Trovi la sua scheda e i riferimenti al suo romanzo qui sopra, sul post... - Ciao, Giorgia :-)) E grazie, naturalmente, a Giulio Leoni e Alfredo Colitto per le loro risposte.
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@ Giulio Leoni
La Giorgia del commento qui sopra è Giorgia Lepore: scrittrice e… archeologa.
;)
Trovi la sua scheda e i riferimenti al suo romanzo qui sopra, sul post…
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Ciao, Giorgia :-) )

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98790 Massimo Maugeri Sat, 27 Feb 2010 12:11:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98790 Luca, hai fatto molto bene a introdurre la "questione sette e derivati" con riferimento a Van Dine e alle regole del giallo. Grazie. Luca, hai fatto molto bene a introdurre la “questione sette e derivati” con riferimento a Van Dine e alle regole del giallo. Grazie.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98789 Massimo Maugeri Sat, 27 Feb 2010 12:10:22 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98789 Ringrazio tutti per i commenti pervenuti. Un caro saluto a Luca, Riccardo, Giorgia, Simona, Mimmo Seminerio... Ringrazio tutti per i commenti pervenuti.
Un caro saluto a Luca, Riccardo, Giorgia, Simona, Mimmo Seminerio…

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Di: domenico seminerio http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98745 domenico seminerio Sat, 27 Feb 2010 10:08:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98745 la classificazione per generi, che fa comodo agli editori, alla perenne ricerca di "filoni" commercialmente sfruttabili, e in piccola parte ai lettori, i quali badano soprattutto alla qualità della scrittura e alla "piacevolezza" della storia narrata, comporta il rischio che si creino delle "regole", degli "schemi" fissi che finiscono con l'ingabbiare la libera creatività dello scrittore. la classificazione per generi, che fa comodo agli editori, alla perenne ricerca di “filoni” commercialmente sfruttabili, e in piccola parte ai lettori, i quali badano soprattutto alla qualità della scrittura e alla “piacevolezza” della storia narrata, comporta il rischio che si creino delle “regole”, degli “schemi” fissi che finiscono con l’ingabbiare la libera creatività dello scrittore.

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98442 simona lo iacono Fri, 26 Feb 2010 18:19:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98442 Mi piace moltissimo Giulio Leoni quando parla della necessità di interpretare la storia, di leggerla in chiave congetturale, sommando frammenti, tracce, ipotesi. Credo che questa operazione sia rivelatrice - sempre - della più profonda vocazione della letteratura: la ricerca della verità. Non una verità assoluta, cristallina, nè seducente, ma la verità che l'uomo può fare sua, cui può approdare come un superstite, su cui può far tramontare un ultimo sguardo innamorato. La narrazione è sempre un percorso di congetture, anche su noi stessi, e tanto più è efficace quanto più è onesta, legata alla pura necessità di esistere e contribuire a farci esistere. Storia, letteratura, giallo, hanno questo in comune. Chiedere una risposta. Cercarla. Volerla. E nel trovarla, o nel non trovarla, formulare tesi, scandagliare l'ignoto. Che altro non è che il semplice atto di vivere. --- Complimenti di cuore a Giulio Leone e ad Alfredo Colitto che leggo con altrettanto piacere! Una buona serata a tutti Mi piace moltissimo Giulio Leoni quando parla della necessità di interpretare la storia, di leggerla in chiave congetturale, sommando frammenti, tracce, ipotesi.
Credo che questa operazione sia rivelatrice – sempre – della più profonda vocazione della letteratura: la ricerca della verità.
Non una verità assoluta, cristallina, nè seducente, ma la verità che l’uomo può fare sua, cui può approdare come un superstite, su cui può far tramontare un ultimo sguardo innamorato.
La narrazione è sempre un percorso di congetture, anche su noi stessi, e tanto più è efficace quanto più è onesta, legata alla pura necessità di esistere e contribuire a farci esistere.
Storia, letteratura, giallo, hanno questo in comune. Chiedere una risposta. Cercarla. Volerla.
E nel trovarla, o nel non trovarla, formulare tesi, scandagliare l’ignoto.
Che altro non è che il semplice atto di vivere.

Complimenti di cuore a Giulio Leone e ad Alfredo Colitto che leggo con altrettanto piacere!
Una buona serata a tutti

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Di: Alfredo Colitto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98425 Alfredo Colitto Fri, 26 Feb 2010 17:04:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98425 @Riccardo: Giulio Leoni ha già risposto in modo molto completo alla tua domanda sulle differenze tra giallo e thriller, e direi che non ho nulla da aggiungere. @Luca e Giorgia: interessante la discussione sulle sette e il giallo! Per me cade come il proverbiale cacio sui maccheroni. infatti "I discepoli del fuoco" è incentrato proprio su una setta mitraica, sopravvissuta alla fine dell'impero romano, il cui capo è detentore di un terribile segreto. Secondo me, al di là dell'applicazione o meno di determinate regole precostituite, un intreccio del genere può dare luogo a un bel romanzo come a un brutto romanzo. tutto sta nel rendere plausibile nel libro l'intervento di una setta e il segreto esoterico a cui si riferisce. Io ho cercato di farlo, sia trovando una spiegazione adatta all'epoca in cui è ambientato il romanzo (sono andato a scomodare Aristotele, Eudosso di Cnido e Tito Livio, tra gli altri) , sia cercando di essere il più possibile rigoroso nell'ambientazione storica e nella ricostruzione della Bologna dell'epoca. Ci sono riuscito? Spero di sì, ma saranno i lettori a decidere. @Riccardo: Giulio Leoni ha già risposto in modo molto completo alla tua domanda sulle differenze tra giallo e thriller, e direi che non ho nulla da aggiungere.
@Luca e Giorgia: interessante la discussione sulle sette e il giallo! Per me cade come il proverbiale cacio sui maccheroni. infatti “I discepoli del fuoco” è incentrato proprio su una setta mitraica, sopravvissuta alla fine dell’impero romano, il cui capo è detentore di un terribile segreto.

Secondo me, al di là dell’applicazione o meno di determinate regole precostituite, un intreccio del genere può dare luogo a un bel romanzo come a un brutto romanzo. tutto sta nel rendere plausibile nel libro l’intervento di una setta e il segreto esoterico a cui si riferisce. Io ho cercato di farlo, sia trovando una spiegazione adatta all’epoca in cui è ambientato il romanzo (sono andato a scomodare Aristotele, Eudosso di Cnido e Tito Livio, tra gli altri) , sia cercando di essere il più possibile rigoroso nell’ambientazione storica e nella ricostruzione della Bologna dell’epoca. Ci sono riuscito? Spero di sì, ma saranno i lettori a decidere.

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Di: Alfredo Colitto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98420 Alfredo Colitto Fri, 26 Feb 2010 16:49:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98420 Ancora per te, Alfredo. Se possibile… inseriresti qui tra i commenti un brano estratto dal tuo nuovo romanzo? Certamente! Inserisco il prologo, che è anche abbastanza breve da poter essere letto sul web. <strong>Bologna, 10 dicembre 1311</strong> Capì lentamente di essere sveglia, ma non aprì gli occhi. Era stesa su qualcosa di duro e freddo. Come mai? Non ricordava cos’era successo. Aveva memoria di un suono nella notte, ma quello era stato prima. Ora doveva essere giorno. Avvertiva dietro le palpebre la luce leggera dell’alba, Mosse una mano e riconobbe la superficie. Assi di legno, consunte dall’uso. Un pavimento che conosceva bene, perché le toccava pulirlo ogni giorno. Quel pensiero ne portò subito un altro, e seppe chi era e dove si trovava. Doveva aver avuto un mancamento. Ma ancora non ricordava il perché. Mosse i piedi, le gambe, si portò le mani al volto, riprendendo possesso del corpo che le era stato tolto per un tempo impreciso. Ancora non apriva gli occhi. Voleva farlo ma qualcosa in lei si ribellava. Finché teneva le palpebre abbassate, si sentiva protetta. Si voltò su un fianco, e lentamente si tirò su, fino a trovarsi seduta sul pavimento. Ormai era del tutto sveglia. Si sentì stupida, con gli occhi chiusi, neanche fosse una bambina. E finalmente li aprì. Davanti a lei, come un’anima tornata dall’inferno, c’era l’orrore che aveva visto appena entrata nella stanza. Ma stavolta non perse conoscenza. Non distolse lo sguardo. Voleva farlo, ma non poteva. Ciò che vedeva non era solo orribile oltre ogni immaginazione. Era una cosa contro natura, troppo grande perché una come lei potesse comprenderne il senso. La sua mente vacillava e forse sarebbe svenuta di nuovo, se, fissando il faldistorio di legno e cuoio sulla quale era seduto quel corpo irriconoscibile, non avesse capito all’improvviso di chi si trattava. Spalancò gli occhi e la bocca, raccolse aria nei polmoni, e liberò tutta la sua paura in un grido acuto, che scosse persino i muri, e che sembrò durare all’infinito, fino a quando qualcuno si avvicinò alle sue spalle e la sorresse. Udì una voce senza capirne le parole, altri passi, poi fu qualcun altro a urlare. Finalmente si sentì precipitare di nuovo nel buio. Ne fu grata al Signore. Ancora per te, Alfredo.
Se possibile… inseriresti qui tra i commenti un brano estratto dal tuo nuovo romanzo?

Certamente! Inserisco il prologo, che è anche abbastanza breve da poter essere letto sul web.
Bologna, 10 dicembre 1311

Capì lentamente di essere sveglia, ma non aprì gli occhi. Era stesa su qualcosa di duro e freddo. Come mai? Non ricordava cos’era successo. Aveva memoria di un suono nella notte, ma quello era stato prima. Ora doveva essere giorno. Avvertiva dietro le palpebre la luce leggera dell’alba,
Mosse una mano e riconobbe la superficie. Assi di legno, consunte dall’uso. Un pavimento che conosceva bene, perché le toccava pulirlo ogni giorno. Quel pensiero ne portò subito un altro, e seppe chi era e dove si trovava. Doveva aver avuto un mancamento. Ma ancora non ricordava il perché.
Mosse i piedi, le gambe, si portò le mani al volto, riprendendo possesso del corpo che le era stato tolto per un tempo impreciso. Ancora non apriva gli occhi. Voleva farlo ma qualcosa in lei si ribellava. Finché teneva le palpebre abbassate, si sentiva protetta.
Si voltò su un fianco, e lentamente si tirò su, fino a trovarsi seduta sul pavimento. Ormai era del tutto sveglia. Si sentì stupida, con gli occhi chiusi, neanche fosse una bambina. E finalmente li aprì.
Davanti a lei, come un’anima tornata dall’inferno, c’era l’orrore che aveva visto appena entrata nella stanza. Ma stavolta non perse conoscenza. Non distolse lo sguardo. Voleva farlo, ma non poteva.
Ciò che vedeva non era solo orribile oltre ogni immaginazione. Era una cosa contro natura, troppo grande perché una come lei potesse comprenderne il senso. La sua mente vacillava e forse sarebbe svenuta di nuovo, se, fissando il faldistorio di legno e cuoio sulla quale era seduto quel corpo irriconoscibile, non avesse capito all’improvviso di chi si trattava.
Spalancò gli occhi e la bocca, raccolse aria nei polmoni, e liberò tutta la sua paura in un grido acuto, che scosse persino i muri, e che sembrò durare all’infinito, fino a quando qualcuno si avvicinò alle sue spalle e la sorresse. Udì una voce senza capirne le parole, altri passi, poi fu qualcun altro a urlare.
Finalmente si sentì precipitare di nuovo nel buio. Ne fu grata al Signore.

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Di: Alfredo Colitto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98418 Alfredo Colitto Fri, 26 Feb 2010 16:46:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98418 Caro Massimo, rispondo volentieri alle tue domande: <strong>Come nasce questo tuo romanzo “I discepoli del fuoco”? Da quale idea? Da quale esigenza?</strong> I discepoli del fuoco nasce come secondo volume di una trilogia dedicata a Mondino de’ Liuzzi, un medico del XIV secolo realmente esistito, e considerato tra i padri dell’anatomia moderna. L’idea alla base del romanzo presuppone un enigma diciamo cosi “esoterico”: un morto carbonizzato nel suo studio, senza che nulla intorno a lui abbia preso fuoco, neppure la sedia su cui si trovava. Mondino è costretto dal podestà in carica a dare un parere medico su come ciò sia stato possibile, e presto si trova talmente invischiato nella vicenda da non potersene più tirare fuori senza gravissimi rischi. L’esigenza che mi ha portato ad affrontare il thriller storico è stata la voglia di narrare storie misteriose che in un’ottica moderna sarebbero inconcepibili. solo in un secondo momento ho scoperto che la ricerca storica necessaria per affrontare il romanzo è un campo appassionante in sé. <strong>Ci racconteresti qualche aneddoto su come hai svolto le attività di ricerca?</strong> Mi sono servito principalmente dei testi, antichi e moderni, conservati alla biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, dove tra l’altro c’è anche una statua del mio protagonista. Quale luogo migliore per documentarsi? Inoltre, poiché credo nel detto “a ognuno il suo lavoro” e io di mestiere faccio lo scrittore, non lo storico, ho chiesto aiuto al Professor Rolando Dondarini, medievista dell’Università di Bologna, e a Piero Giorgi, autorità riconosciuta per tutto ciò che riguarda Mondino de’ Liuzzi. <strong> Sulla copertina del libro leggiamo “thriller storico”. È stata una scelta tua o dell’editore? Ritieni che il “thriller storico” sia un sottogenere del “romanzo storico”?</strong> È stata una scelta dell’editore, che io ho condiviso, perché anche se non amo troppo le etichette e distinguo i romanzi soprattutto in belli e brutti, probabilmente possono servire ai lettori per orientarsi meglio tra la quantità di libri che si vedono sugli scaffali delle librerie. Se quindi vogliamo dividere i libri in generi e sottogeneri, ritengo che sia legittimo dire che il “thriller storico” sia un sottogenere del “romanzo storico”. - <strong> Scrivi preferibilmente in un determinato momento della giornata (la mattina, la sera) o ti è indifferente?</strong> Il mio momento preferito è prima dell’alba, tra le quatto e le sei di mattina. Lo faccio spesso, soprattutto durante la prima stesura della storia, quella più difficile. sono in grado di scrivere anche di mattina o di sera, ma curiosamente quasi mai di pomeriggio… Caro Massimo, rispondo volentieri alle tue domande:

Come nasce questo tuo romanzo “I discepoli del fuoco”? Da quale idea? Da quale esigenza?

I discepoli del fuoco nasce come secondo volume di una trilogia dedicata a Mondino de’ Liuzzi, un medico del XIV secolo realmente esistito, e considerato tra i padri dell’anatomia moderna.
L’idea alla base del romanzo presuppone un enigma diciamo cosi “esoterico”: un morto carbonizzato nel suo studio, senza che nulla intorno a lui abbia preso fuoco, neppure la sedia su cui si trovava. Mondino è costretto dal podestà in carica a dare un parere medico su come ciò sia stato possibile, e presto si trova talmente invischiato nella vicenda da non potersene più tirare fuori senza gravissimi rischi.
L’esigenza che mi ha portato ad affrontare il thriller storico è stata la voglia di narrare storie misteriose che in un’ottica moderna sarebbero inconcepibili. solo in un secondo momento ho scoperto che la ricerca storica necessaria per affrontare il romanzo è un campo appassionante in sé.

Ci racconteresti qualche aneddoto su come hai svolto le attività di ricerca?

Mi sono servito principalmente dei testi, antichi e moderni, conservati alla biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, dove tra l’altro c’è anche una statua del mio protagonista. Quale luogo migliore per documentarsi?
Inoltre, poiché credo nel detto “a ognuno il suo lavoro” e io di mestiere faccio lo scrittore, non lo storico, ho chiesto aiuto al Professor Rolando Dondarini, medievista dell’Università di Bologna, e a Piero Giorgi, autorità riconosciuta per tutto ciò che riguarda Mondino de’ Liuzzi.

Sulla copertina del libro leggiamo “thriller storico”. È stata una scelta tua o dell’editore? Ritieni che il “thriller storico” sia un sottogenere del “romanzo storico”?

È stata una scelta dell’editore, che io ho condiviso, perché anche se non amo troppo le etichette e distinguo i romanzi soprattutto in belli e brutti, probabilmente possono servire ai lettori per orientarsi meglio tra la quantità di libri che si vedono sugli scaffali delle librerie.
Se quindi vogliamo dividere i libri in generi e sottogeneri, ritengo che sia legittimo dire che il “thriller storico” sia un sottogenere del “romanzo storico”.
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Scrivi preferibilmente in un determinato momento della giornata (la mattina, la sera) o ti è indifferente?

Il mio momento preferito è prima dell’alba, tra le quatto e le sei di mattina. Lo faccio spesso, soprattutto durante la prima stesura della storia, quella più difficile. sono in grado di scrivere anche di mattina o di sera, ma curiosamente quasi mai di pomeriggio…

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Di: riccardo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-15/#comment-98369 riccardo Fri, 26 Feb 2010 12:58:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98369 il mio commento precedente era il n. 700 del post. ho vinto qualche cosa? :) il mio commento precedente era il n. 700 del post. ho vinto qualche cosa? :)

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Di: riccardo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98368 riccardo Fri, 26 Feb 2010 12:54:38 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98368 grazie per la risposta, che conferma in effetti le mie perplessità. nel senso che pensavo che tali differenze siano più dettate da esigenze di marketing che da altro. grazie per la risposta, che conferma in effetti le mie perplessità. nel senso che pensavo che tali differenze siano più dettate da esigenze di marketing che da altro.

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Di: Giulio Leoni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98342 Giulio Leoni Fri, 26 Feb 2010 10:33:19 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98342 @Riccardo: la differenza esatta tra thriller e giallo e giallo/noir non mi è chiarissima. Così a naso mi viene da dire che, pur essendo entrambe forme narrative caratterizzate da elementi di tensione, nel thriller può anche non esserci un delitto e la relativa investigazione. Anche se è difficile imaginare un thrller in cui non muoia qualcuno! Semplificando, si potrebbe dire che nel thriller il focus è sulle azioni dell'assassino, nel giallo su quelle dell'investigatore: per cui Psyco e Il silenzio degli innocenti sono thriller, mentre L.A Confidential e Il falcone maltese sono gialli. Però è una distinzione molto grossolana: alla fine penso che si tratti di una distinzione editoriale, di marketing. A me è capitato di trovare scritto in copertina thriller per I delitti del Mosaico e quelli della Luce, e non trovarlo su La crociata delle Tenebre o La regola delle Ombre: che, detto fra noi, sono quattro qualchecosa della stessa categoria. Per cui... @Giorgia: ameno no, direi disperato, per i motivi che ho cercato di spiegare :-) @Riccardo: la differenza esatta tra thriller e giallo e giallo/noir non mi è chiarissima. Così a naso mi viene da dire che, pur essendo entrambe forme narrative caratterizzate da elementi di tensione, nel thriller può anche non esserci un delitto e la relativa investigazione. Anche se è difficile imaginare un thrller in cui non muoia qualcuno!
Semplificando, si potrebbe dire che nel thriller il focus è sulle azioni dell’assassino, nel giallo su quelle dell’investigatore: per cui Psyco e Il silenzio degli innocenti sono thriller, mentre L.A Confidential e Il falcone maltese sono gialli.
Però è una distinzione molto grossolana: alla fine penso che si tratti di una distinzione editoriale, di marketing. A me è capitato di trovare scritto in copertina thriller per I delitti del Mosaico e quelli della Luce, e non trovarlo su La crociata delle Tenebre o La regola delle Ombre: che, detto fra noi, sono quattro qualchecosa della stessa categoria. Per cui…
@Giorgia: ameno no, direi disperato, per i motivi che ho cercato di spiegare :-)

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Di: Luca http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98329 Luca Fri, 26 Feb 2010 09:49:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98329 @Giulio Leoni: sono perfettamente d'accordo. Le regole auree del giallo sono complessivamente valide ma abbastanza datate. Concordo che introdurre sette o associazioni segrete sia non solo divertente per lo scrittore e il lettore, ma anche suggestivo e contribuisca a creare quell'"atmosfera" tanto importante nel giallo storico. L'importante, secondo me, è che venga mantenuta la responsabilità individuale di chi commette un crimine e che, nell'ambito del plot, il colpevole abbia un ruolo importante. Se l'assassino fosse una comparsa, uno che distrattamente viene presentato, credo il lettore ne rimarrebbe deluso. A presto @Giulio Leoni: sono perfettamente d’accordo. Le regole auree del giallo sono complessivamente valide ma abbastanza datate. Concordo che introdurre sette o associazioni segrete sia non solo divertente per lo scrittore e il lettore, ma anche suggestivo e contribuisca a creare quell’”atmosfera” tanto importante nel giallo storico. L’importante, secondo me, è che venga mantenuta la responsabilità individuale di chi commette un crimine e che, nell’ambito del plot, il colpevole abbia un ruolo importante. Se l’assassino fosse una comparsa, uno che distrattamente viene presentato, credo il lettore ne rimarrebbe deluso.
A presto

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Di: riccardo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98202 riccardo Thu, 25 Feb 2010 22:32:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98202 e per le otto, no? :) e per le otto, no? :)

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Di: giorgia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98191 giorgia Thu, 25 Feb 2010 21:54:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98191 ok, luca. vada per le sette... ;-) ok, luca. vada per le sette… ;-)

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Di: Luca http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98184 Luca Thu, 25 Feb 2010 21:26:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98184 @giorgia: infatti il punto è proprio questo: secondo le regole "auree" del giallo, la responsabilità del crimine NON deve essere attribuita a sette o associazioni o a interventi "paranormali". Ora, escludendo il paranormale (che sconfinerebbe nel fantasy), non ritengo debba necessariamente essere escluso l'intervento di sette o di associazioni, che erano presenti nel passato come lo sono nel presente. L'importante è che la logica del racconto non venga compromessa e che la risoluzione del caso avvenga attraverso l'abilità investigativa del protagonista. @giorgia: infatti il punto è proprio questo: secondo le regole “auree” del giallo, la responsabilità del crimine NON deve essere attribuita a sette o associazioni o a interventi “paranormali”. Ora, escludendo il paranormale (che sconfinerebbe nel fantasy), non ritengo debba necessariamente essere escluso l’intervento di sette o di associazioni, che erano presenti nel passato come lo sono nel presente. L’importante è che la logica del racconto non venga compromessa e che la risoluzione del caso avvenga attraverso l’abilità investigativa del protagonista.

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Di: giorgia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98177 giorgia Thu, 25 Feb 2010 21:08:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98177 @giulio leoni è molto consolante sapere che il lavoro di storici, filologi e archeologi non è che un modo ameno di passare il tempo. meglio un buon romanzo, almeno è più divertente. @giulio leoni
è molto consolante sapere che il lavoro di storici, filologi e archeologi non è che un modo ameno di passare il tempo. meglio un buon romanzo, almeno è più divertente.

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Di: giorgia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98175 giorgia Thu, 25 Feb 2010 21:02:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98175 @luca condivido più o meno tutto. però mi lascia scettica la setta segreta, o il ricorrere al "soprannaturale". In quel caso, non sconfiniamo nel fantasy? altrimenti anche Il Codice da Vinci è un giallo storico. Insomma, credo che un giallo nel senso rigoroso del termine debba avere una verosimiglianza razionale. Così come un romanzo storico dovrebbe muoversi all'interno di una griglia storicamente attendibile. @luca
condivido più o meno tutto. però mi lascia scettica la setta segreta, o il ricorrere al “soprannaturale”. In quel caso, non sconfiniamo nel fantasy?
altrimenti anche Il Codice da Vinci è un giallo storico.
Insomma, credo che un giallo nel senso rigoroso del termine debba avere una verosimiglianza razionale. Così come un romanzo storico dovrebbe muoversi all’interno di una griglia storicamente attendibile.

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Di: marianna rondo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98156 marianna rondo Thu, 25 Feb 2010 19:06:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98156 complimenti a Giluio Leoni per l'articolo sul giallo storico. Lo condivido in pieno. Marianna complimenti a Giluio Leoni per l’articolo sul giallo storico. Lo condivido in pieno.
Marianna

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Di: Giulio Leoni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98154 Giulio Leoni Thu, 25 Feb 2010 18:06:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98154 Grazie per le osservazioni e i commenti. @Luca: accidenti, se mi togli una bella setta segreta, mi togli la metà del divertimento! E poi Van Dine odiava le sette perchè perché lui, wasp vivente in un'epoca pre new-age, pre-terrorismo e pre-teorie del complotto, l'idea di setta si restringeva necessariamente o a qualche straccione di anarchico o peggio ancora alla Mano nera dei cafoni italiani. E ti pare che Philo Vance ci si sarebbe andato a confondere? A parte gli scherzi, credo che la regola vada interpretata, nel senso che il narratore non può ovviamente cavarsela con formule tipo "la vittima è stata uccisa dalla Massoneria internazionale". Ci vuole sempre un bel nome e cognome, e comunque un movente individuale, anche se all'interno di un sistema di idee che può essere di natura collettiva. Grazie per le osservazioni e i commenti. @Luca: accidenti, se mi togli una bella setta segreta, mi togli la metà del divertimento! E poi Van Dine odiava le sette perchè perché lui, wasp vivente in un’epoca pre new-age, pre-terrorismo e pre-teorie del complotto, l’idea di setta si restringeva necessariamente o a qualche straccione di anarchico o peggio ancora alla Mano nera dei cafoni italiani. E ti pare che Philo Vance ci si sarebbe andato a confondere?
A parte gli scherzi, credo che la regola vada interpretata, nel senso che il narratore non può ovviamente cavarsela con formule tipo “la vittima è stata uccisa dalla Massoneria internazionale”. Ci vuole sempre un bel nome e cognome, e comunque un movente individuale, anche se all’interno di un sistema di idee che può essere di natura collettiva.

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Di: riccardo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98121 riccardo Thu, 25 Feb 2010 16:06:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98121 @ Giulio Leoni e Alfredo Colitto Che differenza c'è tra thriller storico e giallo storico? @ Giulio Leoni e Alfredo Colitto
Che differenza c’è tra thriller storico e giallo storico?

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Di: Luca http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98079 Luca Thu, 25 Feb 2010 11:52:55 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98079 Mi permetto di rispondere alle domande poste da Massimo. - Il “giallo storico” è considerabile come un genere narrativo a sé stante? Io credo che il giallo storico possa considerarsi un sottogenere del romanzo di ambientazione storica. Come anche il romanzo rosa di ambientazione storica, il romanzo d'avventura, e via dicendo. - Quand’è che un giallo potrebbe definirsi “storico”? In questo caso direi quando l'intera ambientazione (e non il delitto in sé) è impiantata in un passato più o meno remoto. Per riferirsi alla produzione di Giulio Leoni, sono storici sia "E trentuno con la morte" (in cui la storia si svolge all'epoca dell'impresa di Fiume) sia "La regola delle ombre", in cui tutto avviene nel XV secolo. - E che storia “ci deve essere” in un buon giallo storico? In questo io direi che bisogna rispettare una delle venti regole del giallo di van Dine: nel giallo storico, come nel giallo in genere, ci DEVE essere almeno un morto, e più morto è e meglio è. Crimini di portata inferiore raramente avvincono il lettore. Vorrei invece chiedere ai nostri autori (Colitto e Leoni): tra le regole classiche del giallo vige che la norma che la colpa del delitto NON debba essere attribuita ad assocazioni o sette segrete. Voi che ne pensate? Io personalmente non mi trovo d'accordo con questa regola di van Dine. Un caro saluto Mi permetto di rispondere alle domande poste da Massimo.
- Il “giallo storico” è considerabile come un genere narrativo a sé stante?
Io credo che il giallo storico possa considerarsi un sottogenere del romanzo di ambientazione storica. Come anche il romanzo rosa di ambientazione storica, il romanzo d’avventura, e via dicendo.

- Quand’è che un giallo potrebbe definirsi “storico”?
In questo caso direi quando l’intera ambientazione (e non il delitto in sé) è impiantata in un passato più o meno remoto. Per riferirsi alla produzione di Giulio Leoni, sono storici sia “E trentuno con la morte” (in cui la storia si svolge all’epoca dell’impresa di Fiume) sia “La regola delle ombre”, in cui tutto avviene nel XV secolo.
- E che storia “ci deve essere” in un buon giallo storico?
In questo io direi che bisogna rispettare una delle venti regole del giallo di van Dine: nel giallo storico, come nel giallo in genere, ci DEVE essere almeno un morto, e più morto è e meglio è. Crimini di portata inferiore raramente avvincono il lettore.

Vorrei invece chiedere ai nostri autori (Colitto e Leoni): tra le regole classiche del giallo vige che la norma che la colpa del delitto NON debba essere attribuita ad assocazioni o sette segrete. Voi che ne pensate? Io personalmente non mi trovo d’accordo con questa regola di van Dine.

Un caro saluto

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Di: Filippo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-98060 Filippo Thu, 25 Feb 2010 10:31:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-98060 Davvero interessante l'articolo di Giulio Leoni. Grazie. Davvero interessante l’articolo di Giulio Leoni. Grazie.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-97941 Massimo Maugeri Wed, 24 Feb 2010 23:25:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-97941 Ringrazio ancora Giulio Leoni. Parleremo anche di "giallo storico" - se vi va - nei prossimi giorni. Ringrazio ancora Giulio Leoni.
Parleremo anche di “giallo storico” – se vi va – nei prossimi giorni.

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Di: “I mille volti del giallo storico” di Giulio Leoni (III parte) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-97940 “I mille volti del giallo storico” di Giulio Leoni (III parte) Wed, 24 Feb 2010 23:24:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-97940 <strong>“I mille volti del giallo storico” di Giulio Leoni (III parte)</strong>- Ma c’è un ulteriore motivo, ancor più profondo, che spinge ad interpretare la storia in modo congetturale, oltre il piacere della narrazione. È che non si può fare altro! Già gli antichi se ne erano accorti, tanto da definire appunto la storia opus oratorium maxime, bello e sonante modo di dire che la storia è prima di tutto un molto organizzato sistema di chiacchiere, ben dette e formulate. Perché davvero la storia, per strano che possa sembrare è dopo la statistica la più umbratile delle scienze. Analizzare un episodio storico è come guardare lo schermo di un televisore: alla giusta distanza scorgiamo la più bella delle figure, ma se ci avviciniamo scopriamo che tutto si sgrana in un caos di pixel multicolori, che solo la nostra mente tiene insieme in un’immagine. I pixel sono i fatti, i documenti. L’immagine, ossia la narrazione storica che ne consegue, è soltanto interpretazione. Ma come, una disciplina ancorata ai “fatti” e che proprio nei fatti trova la sua ragion d’essere è invece il regno dell’incerto? Ahimè sì, e per ottimi motivi. Tutto nasce da quello che noi conosciamo del passato. Che in realtà è tanto e pochissimo. Se escludiamo l’interpretazione e pretendiamo di ancorarci ai documenti, si scopre che non sappiamo in realtà nulla di ciò che risale a prima del quarto-quinto secolo a.C. A parte qualche elenco di regnanti e il ricordo di qualche battaglia famosa, tutto il resto non è fatto ma interpretazione. Ma poi arrivano i “documenti”, dirà qualcuno! Giusto, ma proprio i documenti sono spesso la più fallace delle fonti. Noi ci aggrappiamo a essi con la disperazione di un mitile allo scoglio solo perché, dall’epoca degli scribi egiziani, siamo condizionati da un mito suggestivo, alimentato ad arte proprio da quegli scribi per primi: ossia che ciò che è scritto sia vero. E che anzi nella parola scritta gli dèi abbiano insufflato una sorta di spirito magico, che dal “Libro dei Morti” giù fino alle costituzioni degli stati moderni valida ogni testo scritto con una sorta di sigillo supremo di intangibilità e di verità. Ma non è così: i documenti su cui facciamo tanto affidamento soffrono invece di una duplice potenziale fallacia. Anzitutto possono essere bellamente falsi: dal catalogo dei re egizi di Manetone alla donazione di Costantino, al passo dell’oscuro chierico che inventa di sana pianta tutta la legenda di re Artù spacciandola per autentica, l’elenco delle invenzioni e falsificazioni storiche sarebbe lunghissimo. Ma soprattutto i documenti sono sempre drammaticamente parziali: immaginate che tra migliaia d’anni, scomparsa ormai la vita dalla terra, una spedizione di Marziani cerchi di ricostruire la nostra storia. E che casualmente i loro archeologi si imbattano in un pacco di lettere alle famiglie dei custodi dei campi di sterminio, qualche annata del Völkischer Beobachter e una pizza dei filmini propagandistici girati per darla a bere a quei curiosoni della Croce rossa internazionale. Sicuramente nei testi di storia marziana troveremmo scritto che verso la metà del secolo XX si sviluppò sulla Terra un’associazione benefica, chiamata SS, dedita all’assistenza dei membri della società afflitti da un’indefinita tara ereditaria, cui si occupava di fornire alloggio e cibo gratuiti, vestiario, lavoro, in appositi campi eretti in località amene nell’attesa che lo stato fosse in grado di fornire una soluzione finale al loro disagio. Campi dotati di docce e impianti sportivi, e in cui veniva prestata un’efficiente assistenza medica agli occupanti, tanto più rimarchevole in quanto dedica anche a ricerche scientifiche avanzate in materia di genetica. Così attraenti da dover organizzare un’intera rete di trasporti gratuiti per potervi condurre le folle che da tutta Europa si affollavano per accorrervi. E questo sulla base di documenti inoppugnabili. Esagerato? Mica tanto, se si pensa che è più o meno quello che facciamo noi quando ricostruiamo la congiura di Catilina sulla base delle testimonianze di Cicerone o di Sallustio, o crediamo davvero che Caligola fosse il pazzoide descritto da quella linguaccia di Svetonio. Il problema è che gli uomini non mentono mediamente ogni tre minuti, come affermano molte ricerche psicologiche e il bel telefilm Lie to me con Tim Roth: gli uomini mentono sempre, anche quando non sanno di farlo. Nel senso che lavorano continuamente per chiudere quelle fonti di angoscia che sono gli spazi vuoti nella conoscenza delle cose, che vanno comunque riempiti in qualche modo. Ora quello che è fonte di angoscia per lo storico, queste lacerazioni nella trama dei fatti, diventa invece felice terreno di pascolo per il romanziere, che vi si scatena senza pudori. Lo scrittore di romanzi e gialli storici diventa così una sorta di solerte rammendatrice della trama lacerata dei fatti. Chiude i buchi con materiale che crea lui stesso, come il ragno che fila la sua tela, cercando di raggiungere un risultato il più possibile simile al tessuto intorno. Ovvio che uno strappo resta uno strappo, anche sotto le mani più abili, e il concetto di rammendo invisibile è alla fine solo pubblicità. Ma per quanto simile a quello di un umile artigiano, pure la sua opera ha una certa grandezza. Ci scampa dal terribile peso dell’ineluttabilità del passato, come quella ci salva il paio di pantaloni. Va a smuovere le nostre conoscenze cristallizzate, ci suggerisce all’orecchio che no, non è vero che “ciò che è stato è stato” e non c’è nulla da fare. Conforta le nostre inquietudini con l’idea che un altro mondo e un’altra storia sono sempre possibili. È questo il lavoro di ogni buon giallo storico: intessere nella catena degli avvenimenti una miriade di fili colorati raccattati in giro, in modo da colmare gli spazi vuoti tra gli anelli di ferro dei fatti. E alla fine, quando l’opera è compiuta, lo scrittore come il più abile dei tessitori rovescia sul tavolo il suo lavoro, e mostra un’immagine inattesa. E come in ogni arazzo, l’ordito aspro e rozzo è scomparso e trionfano i colori del sogno. “I mille volti del giallo storico” di Giulio Leoni (III parte)-
Ma c’è un ulteriore motivo, ancor più profondo, che spinge ad interpretare la storia in modo congetturale, oltre il piacere della narrazione. È che non si può fare altro! Già gli antichi se ne erano accorti, tanto da definire appunto la storia opus oratorium maxime, bello e sonante modo di dire che la storia è prima di tutto un molto organizzato sistema di chiacchiere, ben dette e formulate.
Perché davvero la storia, per strano che possa sembrare è dopo la statistica la più umbratile delle scienze. Analizzare un episodio storico è come guardare lo schermo di un televisore: alla giusta distanza scorgiamo la più bella delle figure, ma se ci avviciniamo scopriamo che tutto si sgrana in un caos di pixel multicolori, che solo la nostra mente tiene insieme in un’immagine. I pixel sono i fatti, i documenti. L’immagine, ossia la narrazione storica che ne consegue, è soltanto interpretazione.
Ma come, una disciplina ancorata ai “fatti” e che proprio nei fatti trova la sua ragion d’essere è invece il regno dell’incerto? Ahimè sì, e per ottimi motivi.
Tutto nasce da quello che noi conosciamo del passato. Che in realtà è tanto e pochissimo. Se escludiamo l’interpretazione e pretendiamo di ancorarci ai documenti, si scopre che non sappiamo in realtà nulla di ciò che risale a prima del quarto-quinto secolo a.C. A parte qualche elenco di regnanti e il ricordo di qualche battaglia famosa, tutto il resto non è fatto ma interpretazione.
Ma poi arrivano i “documenti”, dirà qualcuno! Giusto, ma proprio i documenti sono spesso la più fallace delle fonti. Noi ci aggrappiamo a essi con la disperazione di un mitile allo scoglio solo perché, dall’epoca degli scribi egiziani, siamo condizionati da un mito suggestivo, alimentato ad arte proprio da quegli scribi per primi: ossia che ciò che è scritto sia vero.
E che anzi nella parola scritta gli dèi abbiano insufflato una sorta di spirito magico, che dal “Libro dei Morti” giù fino alle costituzioni degli stati moderni valida ogni testo scritto con una sorta di sigillo supremo di intangibilità e di verità. Ma non è così: i documenti su cui facciamo tanto affidamento soffrono invece di una duplice potenziale fallacia.
Anzitutto possono essere bellamente falsi: dal catalogo dei re egizi di Manetone alla donazione di Costantino, al passo dell’oscuro chierico che inventa di sana pianta tutta la legenda di re Artù spacciandola per autentica, l’elenco delle invenzioni e falsificazioni storiche sarebbe lunghissimo. Ma soprattutto i documenti sono sempre drammaticamente parziali: immaginate che tra migliaia d’anni, scomparsa ormai la vita dalla terra, una spedizione di Marziani cerchi di ricostruire la nostra storia. E che casualmente i loro archeologi si imbattano in un pacco di lettere alle famiglie dei custodi dei campi di sterminio, qualche annata del Völkischer Beobachter e una pizza dei filmini propagandistici girati per darla a bere a quei curiosoni della Croce rossa internazionale.
Sicuramente nei testi di storia marziana troveremmo scritto che verso la metà del secolo XX si sviluppò sulla Terra un’associazione benefica, chiamata SS, dedita all’assistenza dei membri della società afflitti da un’indefinita tara ereditaria, cui si occupava di fornire alloggio e cibo gratuiti, vestiario, lavoro, in appositi campi eretti in località amene nell’attesa che lo stato fosse in grado di fornire una soluzione finale al loro disagio.
Campi dotati di docce e impianti sportivi, e in cui veniva prestata un’efficiente assistenza medica agli occupanti, tanto più rimarchevole in quanto dedica anche a ricerche scientifiche avanzate in materia di genetica. Così attraenti da dover organizzare un’intera rete di trasporti gratuiti per potervi condurre le folle che da tutta Europa si affollavano per accorrervi. E questo sulla base di documenti inoppugnabili.
Esagerato? Mica tanto, se si pensa che è più o meno quello che facciamo noi quando ricostruiamo la congiura di Catilina sulla base delle testimonianze di Cicerone o di Sallustio, o crediamo davvero che Caligola fosse il pazzoide descritto da quella linguaccia di Svetonio. Il problema è che gli uomini non mentono mediamente ogni tre minuti, come affermano molte ricerche psicologiche e il bel telefilm Lie to me con Tim Roth: gli uomini mentono sempre, anche quando non sanno di farlo. Nel senso che lavorano continuamente per chiudere quelle fonti di angoscia che sono gli spazi vuoti nella conoscenza delle cose, che vanno comunque riempiti in qualche modo. Ora quello che è fonte di angoscia per lo storico, queste lacerazioni nella trama dei fatti, diventa invece felice terreno di pascolo per il romanziere, che vi si scatena senza pudori.
Lo scrittore di romanzi e gialli storici diventa così una sorta di solerte rammendatrice della trama lacerata dei fatti. Chiude i buchi con materiale che crea lui stesso, come il ragno che fila la sua tela, cercando di raggiungere un risultato il più possibile simile al tessuto intorno. Ovvio che uno strappo resta uno strappo, anche sotto le mani più abili, e il concetto di rammendo invisibile è alla fine solo pubblicità.
Ma per quanto simile a quello di un umile artigiano, pure la sua opera ha una certa grandezza. Ci scampa dal terribile peso dell’ineluttabilità del passato, come quella ci salva il paio di pantaloni. Va a smuovere le nostre conoscenze cristallizzate, ci suggerisce all’orecchio che no, non è vero che “ciò che è stato è stato” e non c’è nulla da fare. Conforta le nostre inquietudini con l’idea che un altro mondo e un’altra storia sono sempre possibili.
È questo il lavoro di ogni buon giallo storico: intessere nella catena degli avvenimenti una miriade di fili colorati raccattati in giro, in modo da colmare gli spazi vuoti tra gli anelli di ferro dei fatti. E alla fine, quando l’opera è compiuta, lo scrittore come il più abile dei tessitori rovescia sul tavolo il suo lavoro, e mostra un’immagine inattesa. E come in ogni arazzo, l’ordito aspro e rozzo è scomparso e trionfano i colori del sogno.

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Di: “I mille volti del giallo storico” di Giulio Leoni (II parte) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/comment-page-14/#comment-97938 “I mille volti del giallo storico” di Giulio Leoni (II parte) Wed, 24 Feb 2010 23:24:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985#comment-97938 <b>“I mille volti del giallo storico” di Giulio Leoni (II parte)</b> - Potremmo allora cavarcela adottando una formula estremamente ampia: sono gialli storici quelli in cui a qualsiasi titolo troviamo dei riferimenti a elementi storici. Ma così diventa un giallo storico anche “Il codice Da Vinci”. E poco importa che qui la storia sia un po’ alla buona, al punto che Dan Brown, il suo fortunato autore, sembra credere che Da Vinci sia il cognome di Leonardo: ci sono i Templari, c’è Leonardo, addirittura Gesù Cristo e quindi ci siamo, più storico di così! Così anche questa risposta alla fine sembra insufficiente: non resta che abbracciare un’istanza ancor più radicale. Un giallo storico è quello in cui il vero protagonista è appunto l’elemento storico stesso. Pensiamo ancora una volta al “Nome della rosa”: chi è il protagonista del romanzo? Il monaco indagatore Guglielmo? Jorge da Burgos? Quel fetente di Bernardo Gui l’inquisitore? No, il vero protagonista è lo scontro ideologico che si accese in Europa a cavallo dei secoli XIII e XIV, e il modo in cui esso penetra e scuote le coscienze individuali fino a generare, nel caso del romanzo, una catena di delitti. La prova è proprio nel ragionamento a contrariis: possiamo introdurre nell’intreccio qualsiasi variazione, giocare a invertire i ruoli, introdurre o togliere personaggi, modificare perfino lo sviluppo della trama e avremo ancora una narrazione coerente e consistente: ma se eliminiamo il tema di fondo, lo scontro tra due modelli culturali l’uno rivolto all’indietro verso gli albori della cristianità e l’altro proteso in avanti verso il nascente umanesimo, tutto si sfalda e diventa incoerente. La stessa trama criminale non avrebbe più alcun senso. D’accordo, allora? Ma adesso complichiamoci la vita introducendo un altro e ancor più dirimente problema: che storia ci deve essere in un buon giallo storico? E la domanda è di spessore, tanto da accendere tra i fans e gli specialisti un’accesa discussione. Bisogna scrupolosamente attenersi ai fatti accertati, oppure il narratore ha il diritto di colorare la storia secondo il suo estro e gli scopi che si prefigge? Manzoni, che fa morire Adelchi in battaglia invece di lasciarlo tranquillamente scappare, come pare che fece nei fatti, è un falsificatore? E se nei “Promessi Sposi” Lucia venisse assassinata, il romanzo avrebbe titolo per essere definito un giallo storico? Perché in definitiva il giallo storico non è altro che una sottoclasse del romanzo storico, di antiche e nobili tradizioni. Ma appunto, che storia deve essere quella dei gialli storici? Immaginate di trovare un romanzo così: luogo, la Roma del I secolo a.C. Sono le idi di marzo del 44 e Cesare è appena arrivato nel teatro di Pompeo. Di botto viene circondato dalla turba dei congiurati e ucciso con le famose ventitre pugnalate. Poiché la cosa ha fatto scalpore, praticamente ognuno dei ciarlieri cittadini romani ha sentito il bisogno di dire la sua e quindi sappiamo esattamente come è andata. Ci sono infatti un sacco di testimonianze. Marco Antonio accorre, e si china disperato sul cadavere dell’amico-protettore, mentre i congiurati si scatenano per la città inneggiando alla morte del tiranno. È o non è storia? Più storia di questa! Buona per Shakespeare e per noi all’esame di maturità. Ma ammettiamo adesso che Antonio, sempre chino sul cadavere, si accorga da qualche particolare a lui solo noto che quello non è il corpo di Cesare, bensì di un sosia, mandato al posto suo per timore dell’infausta profezia dell’augure Spurinna. È perplesso (del resto Marco Antonio è notoriamente un culturista, non certo una mente), non sa bene che fare. Cesare è scomparso, si nasconde, avrà allora un suo piano, magari vuole approfittare del fatto che tutti lo credano morto per qualche regolamento di conti con il Senato o chissà che altro avrà in testa. Decide allora di tacere, per vedere come piega. Intanto però tra il lusco e il brusco i cesariani stanno eleggendo proprio lui, Antonio, a capo del partito, con grosse prospettive nel prosieguo. Il nostro Antonio, che è sì un culturista ma mica proprio scemo, si fa vincere dall’ambizione. Immaginando che il sor Giulio sia nascosto nel suo buen retiro di Nemi, con la scusa di prepararlo per le esequie fa sparire il corpo del morto, raggiunge Cesare e non visto gli rifila le canoniche ventitre pugnalate. Poi sempre col favor delle tenebre riporta il Cesare vero a Roma. Di qui la storia prosegue come sappiamo, l’orazione strappalacrime e tutto il resto, mentre il romanzo è finito. E che nessuno provi a scriverlo perché l’ho già fatto io! Improbabile? Non scherziamo, e la fuga di Edmond Dantes dal castello d’If, allora? Nessuno ci ha mai trovato niente di strano. La domanda piuttosto è un’altra: quello che ho scritto è un giallo “storico”? Dipende. Per lo storico certamente no, mi diffiderebbe dall’uso dell’aggettivo. Per me che lo scrivo sì, e per questo vorrei sgombrare il campo una volta per tutte da un pericoloso equivoco: che il giallo storico debba muoversi rigorosamente all’interno del recinto dei fatti accertati. So bene che questa è un’istanza portata avanti in stretta alleanza tra cattedratici della materia e lettori di provincia: i primi perché sospettosi di ogni intrusione non professionale nel loro campo, i secondi perché affezionati all’idea di arricchire la propria cultura in maniera dilettevole e con poca spesa. Invece no, il giallo storico esplora proprio gli angoli non accertati del passato, ed è per questo che rivendico il diritto all’uso dell’aggettivo. Infatti il racconto in questione non è una pura ucronia: non vi si afferma che Cesare non sia morto nel 44 a.C., né che Napoleone abbia vinto a Waterloo. La trama della storia accertata non viene lacerata in nessun punto, le cose proseguono come sono, non aprono la porta su un universo parallelo. Soltanto, la storia viene interpretata in modo congetturale, come direbbe Borges. E posso chiamare a sostegno della mia tesi diversi illustri padri del genere, che certo hanno tenuto conto dei fatti, ma senza mai restarne prigionieri: da Walter Scott a Victor Hugo, da Dumas a John Ford la caccia agli svarioni e ai blooper riempirebbe il carniere anche di uno studentello di liceo. “I mille volti del giallo storico” di Giulio Leoni (II parte)
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Potremmo allora cavarcela adottando una formula estremamente ampia: sono gialli storici quelli in cui a qualsiasi titolo troviamo dei riferimenti a elementi storici. Ma così diventa un giallo storico anche “Il codice Da Vinci”. E poco importa che qui la storia sia un po’ alla buona, al punto che Dan Brown, il suo fortunato autore, sembra credere che Da Vinci sia il cognome di Leonardo: ci sono i Templari, c’è Leonardo, addirittura Gesù Cristo e quindi ci siamo, più storico di così!
Così anche questa risposta alla fine sembra insufficiente: non resta che abbracciare un’istanza ancor più radicale. Un giallo storico è quello in cui il vero protagonista è appunto l’elemento storico stesso. Pensiamo ancora una volta al “Nome della rosa”: chi è il protagonista del romanzo? Il monaco indagatore Guglielmo? Jorge da Burgos? Quel fetente di Bernardo Gui l’inquisitore? No, il vero protagonista è lo scontro ideologico che si accese in Europa a cavallo dei secoli XIII e XIV, e il modo in cui esso penetra e scuote le coscienze individuali fino a generare, nel caso del romanzo, una catena di delitti.
La prova è proprio nel ragionamento a contrariis: possiamo introdurre nell’intreccio qualsiasi variazione, giocare a invertire i ruoli, introdurre o togliere personaggi, modificare perfino lo sviluppo della trama e avremo ancora una narrazione coerente e consistente: ma se eliminiamo il tema di fondo, lo scontro tra due modelli culturali l’uno rivolto all’indietro verso gli albori della cristianità e l’altro proteso in avanti verso il nascente umanesimo, tutto si sfalda e diventa incoerente. La stessa trama criminale non avrebbe più alcun senso.
D’accordo, allora? Ma adesso complichiamoci la vita introducendo un altro e ancor più dirimente problema: che storia ci deve essere in un buon giallo storico? E la domanda è di spessore, tanto da accendere tra i fans e gli specialisti un’accesa discussione.
Bisogna scrupolosamente attenersi ai fatti accertati, oppure il narratore ha il diritto di colorare la storia secondo il suo estro e gli scopi che si prefigge? Manzoni, che fa morire Adelchi in battaglia invece di lasciarlo tranquillamente scappare, come pare che fece nei fatti, è un falsificatore? E se nei “Promessi Sposi” Lucia venisse assassinata, il romanzo avrebbe titolo per essere definito un giallo storico? Perché in definitiva il giallo storico non è altro che una sottoclasse del romanzo storico, di antiche e nobili tradizioni.
Ma appunto, che storia deve essere quella dei gialli storici? Immaginate di trovare un romanzo così: luogo, la Roma del I secolo a.C. Sono le idi di marzo del 44 e Cesare è appena arrivato nel teatro di Pompeo. Di botto viene circondato dalla turba dei congiurati e ucciso con le famose ventitre pugnalate. Poiché la cosa ha fatto scalpore, praticamente ognuno dei ciarlieri cittadini romani ha sentito il bisogno di dire la sua e quindi sappiamo esattamente come è andata. Ci sono infatti un sacco di testimonianze. Marco Antonio accorre, e si china disperato sul cadavere dell’amico-protettore, mentre i congiurati si scatenano per la città inneggiando alla morte del tiranno.
È o non è storia? Più storia di questa! Buona per Shakespeare e per noi all’esame di maturità. Ma ammettiamo adesso che Antonio, sempre chino sul cadavere, si accorga da qualche particolare a lui solo noto che quello non è il corpo di Cesare, bensì di un sosia, mandato al posto suo per timore dell’infausta profezia dell’augure Spurinna. È perplesso (del resto Marco Antonio è notoriamente un culturista, non certo una mente), non sa bene che fare. Cesare è scomparso, si nasconde, avrà allora un suo piano, magari vuole approfittare del fatto che tutti lo credano morto per qualche regolamento di conti con il Senato o chissà che altro avrà in testa.
Decide allora di tacere, per vedere come piega. Intanto però tra il lusco e il brusco i cesariani stanno eleggendo proprio lui, Antonio, a capo del partito, con grosse prospettive nel prosieguo. Il nostro Antonio, che è sì un culturista ma mica proprio scemo, si fa vincere dall’ambizione. Immaginando che il sor Giulio sia nascosto nel suo buen retiro di Nemi, con la scusa di prepararlo per le esequie fa sparire il corpo del morto, raggiunge Cesare e non visto gli rifila le canoniche ventitre pugnalate. Poi sempre col favor delle tenebre riporta il Cesare vero a Roma. Di qui la storia prosegue come sappiamo, l’orazione strappalacrime e tutto il resto, mentre il romanzo è finito. E che nessuno provi a scriverlo perché l’ho già fatto io!
Improbabile? Non scherziamo, e la fuga di Edmond Dantes dal castello d’If, allora? Nessuno ci ha mai trovato niente di strano. La domanda piuttosto è un’altra: quello che ho scritto è un giallo “storico”? Dipende. Per lo storico certamente no, mi diffiderebbe dall’uso dell’aggettivo. Per me che lo scrivo sì, e per questo vorrei sgombrare il campo una volta per tutte da un pericoloso equivoco: che il giallo storico debba muoversi rigorosamente all’interno del recinto dei fatti accertati.
So bene che questa è un’istanza portata avanti in stretta alleanza tra cattedratici della materia e lettori di provincia: i primi perché sospettosi di ogni intrusione non professionale nel loro campo, i secondi perché affezionati all’idea di arricchire la propria cultura in maniera dilettevole e con poca spesa.
Invece no, il giallo storico esplora proprio gli angoli non accertati del passato, ed è per questo che rivendico il diritto all’uso dell’aggettivo. Infatti il racconto in questione non è una pura ucronia: non vi si afferma che Cesare non sia morto nel 44 a.C., né che Napoleone abbia vinto a Waterloo. La trama della storia accertata non viene lacerata in nessun punto, le cose proseguono come sono, non aprono la porta su un universo parallelo. Soltanto, la storia viene interpretata in modo congetturale, come direbbe Borges.
E posso chiamare a sostegno della mia tesi diversi illustri padri del genere, che certo hanno tenuto conto dei fatti, ma senza mai restarne prigionieri: da Walter Scott a Victor Hugo, da Dumas a John Ford la caccia agli svarioni e ai blooper riempirebbe il carniere anche di uno studentello di liceo.

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