Commenti a: DIBATTITO SUL ROMANZO STORICO (seconda parte) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: patrizia debicke http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-180936 patrizia debicke Tue, 15 Mar 2011 11:57:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-180936 X Lucia Riccioli grazie delle parole lusinghiere e aspetto il racconto. Per la presentazione del mio L'uomo dagli occhi glauchi di domenica 15 maggio alla Fiera del libro di Torino DEVO DARE UN CAMBIAMENTO DI ORARIO: Invece che allle 16, sarà dalle 10,30 alle 12,30 nella Sala LINGUA MADRE offerta dalla Regione al Ministero degli Affari Esteri/Attività Commerciali del Lussemburgo, (io sono lussemburghese.) Introdurrà Luca Crovi. Con me presenterà un suo libro appena tradotto dal francese in italiano Jean Portante, lussemburghese, scrittore e giornalista che vive a Parigi. X Lucia Riccioli grazie delle parole lusinghiere e aspetto il racconto.

Per la presentazione del mio L’uomo dagli occhi glauchi di domenica 15 maggio alla Fiera del libro di Torino DEVO DARE UN CAMBIAMENTO DI ORARIO: Invece che allle 16,
sarà dalle 10,30 alle 12,30 nella Sala LINGUA MADRE offerta dalla Regione
al Ministero degli Affari Esteri/Attività Commerciali del Lussemburgo,
(io sono lussemburghese.)
Introdurrà Luca Crovi.
Con me presenterà un suo libro appena tradotto dal francese in italiano Jean Portante, lussemburghese, scrittore e giornalista che vive a Parigi.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-180521 Massimo Maugeri Sun, 13 Mar 2011 16:38:58 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-180521 Ne approfitto per segnalare questo bel servizio su Valter Binaghi e il suo romanzo realizzato dalla "Compagnia del libro": http://www.lacompagniadellibro.tv2000.it/la_compagnia_del_libro/sezioni/00002772_Binaghi__il_segno_del_talismano.html Servizio che include recensione e videointervista. Ne approfitto per segnalare questo bel servizio su Valter Binaghi e il suo romanzo realizzato dalla “Compagnia del libro”:
http://www.lacompagniadellibro.tv2000.it/la_compagnia_del_libro/sezioni/00002772_Binaghi__il_segno_del_talismano.html
Servizio che include recensione e videointervista.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-180520 Massimo Maugeri Sun, 13 Mar 2011 16:37:52 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-180520 Cara Simo, sono felice che la presentazione del libro di Annalisa sia andata bene. Ancora tanti auguri al futuro editoriale di "Melino Nerella" (bello l'aneddoto sul nome). Cara Simo, sono felice che la presentazione del libro di Annalisa sia andata bene.
Ancora tanti auguri al futuro editoriale di “Melino Nerella” (bello l’aneddoto sul nome).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-180519 Massimo Maugeri Sun, 13 Mar 2011 16:36:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-180519 Un saluto ad Amelia e a Maria Lucia. Un saluto ad Amelia e a Maria Lucia.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-180518 Massimo Maugeri Sun, 13 Mar 2011 16:36:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-180518 Ancora grazie a Patrizia Debicke. Ancora grazie a Patrizia Debicke.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-180495 Maria Lucia Riccioli Sun, 13 Mar 2011 13:51:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-180495 Signora Debicke, divorerò ogni sua parola... Sono da sempre innamorata dell'Uomo dagli occhi glauchi e a suo tempo gli dedicai un racconto. Se magari vorrà leggerlo, sarò lieta di inviarglielo. Signora Debicke, divorerò ogni sua parola… Sono da sempre innamorata dell’Uomo dagli occhi glauchi e a suo tempo gli dedicai un racconto. Se magari vorrà leggerlo, sarò lieta di inviarglielo.

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-180462 simona lo iacono Sun, 13 Mar 2011 10:21:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-180462 Carissimi, ringrazio di vero cuore tutti i componenti della casa editrice Melino Nerella per la serata di ieri alla Feltrinelli di Siracusa, dove note di jazz hanno intervallato la rievocazione del planetario di Archimede, le mirabolose inversioni tra cielo e terra, l'alba che nasce sugli astri e sui cuori di chi ama raccontare. Stringo tutti a me con molto affetto, per la condivisione, per la bellissima cena, per le chiacchiere appassionate su libri e sogni che mi hanno accompagnata fino a sera tarda. Infine, un bacio speciale alla piccola Sofia (due anni), attentissima interprete di ogni parola, e ai suoi gatti: Melino e Nerella, capostipiti di una lunga discendenza....(ecco svelato il perchè del nome di questa gattosa casa editrice!) Un forte abbraccio a tutti! Carissimi,
ringrazio di vero cuore tutti i componenti della casa editrice Melino Nerella per la serata di ieri alla Feltrinelli di Siracusa, dove note di jazz hanno intervallato la rievocazione del planetario di Archimede, le mirabolose inversioni tra cielo e terra, l’alba che nasce sugli astri e sui cuori di chi ama raccontare.
Stringo tutti a me con molto affetto, per la condivisione, per la bellissima cena, per le chiacchiere appassionate su libri e sogni che mi hanno accompagnata fino a sera tarda.
Infine, un bacio speciale alla piccola Sofia (due anni), attentissima interprete di ogni parola, e ai suoi gatti: Melino e Nerella, capostipiti di una lunga discendenza….(ecco svelato il perchè del nome di questa gattosa casa editrice!)
Un forte abbraccio a tutti!

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Di: Amelia Corsi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-179339 Amelia Corsi Fri, 11 Mar 2011 12:49:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-179339 L'interesse cresce dopo la lettura del brano. Grazie. L’interesse cresce dopo la lettura del brano. Grazie.

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Di: patrizia debicke http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-179125 patrizia debicke Fri, 11 Mar 2011 09:00:30 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-179125 Crepi il lupo... ad Amalia Corsi. Eccomi di nuovo! Il mio romanzo, L'uomo dagli occhi glauchi, che per correttezza devo dirvi è del 2010, ha stranamente lo stesso un andamento da libro nuovo, perchè continuo a portarlo in giro. Andrà al Booktrainer di Gian Paolo Serino e Camilla Baresani il 22 marzo e domenica 15 maggio sarà presentato alla Fiera del libro di Torino alle 16 in una sala offerta dalla Regione al Ministero degli Affari Esteri/Attività Commerciali del Lussemburgo, (io sono lussemburghese.) Introdurrà Luca Crovi. Con me presenterà un suo libro appena tradotto dal francese in italiano Jean Portante, che è forse lo scrittore lussemburghese più famoso. Crepi il lupo… ad Amalia Corsi.

Eccomi di nuovo!
Il mio romanzo, L’uomo dagli occhi glauchi, che per correttezza devo dirvi è del 2010, ha stranamente lo stesso un andamento da libro nuovo, perchè continuo a portarlo in giro.
Andrà al Booktrainer di Gian Paolo Serino e Camilla Baresani il 22 marzo e domenica 15 maggio sarà presentato alla Fiera del libro di Torino alle 16 in una sala offerta dalla Regione al Ministero degli Affari Esteri/Attività Commerciali del Lussemburgo, (io sono lussemburghese.)
Introdurrà Luca Crovi.
Con me presenterà un suo libro appena tradotto dal francese in italiano Jean Portante, che è forse lo scrittore lussemburghese più famoso.

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Di: patrizia debicke http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-179115 patrizia debicke Fri, 11 Mar 2011 08:52:47 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-179115 Ecco il brano è un breve capitolo che s'intitola La Mascherina La Mascherina Uscirono a piedi, per il portoncino che si apriva sulla calle, accompagnati da una scorta appropriata al rango del principe della Chiesa, e tallonati dai giganti del lord inglese. Appena fuori dal palazzo, la città cominciò a svelare i primi segreti della sua magia carnevalesca. Suonatori di trombe, di pifferi, figuranti vestiti da saracini, numi dell’Olimpo in abiti dorati, ninfe, fauni… Alessandro Farnese vestiva abiti civili, come Francis Templeton. Protetti e spalleggiati dai loro uomini si addentrarono, avanzando a fatica, tra la folla disordinata che li pressava. La maggior parte delle persone che incrociavano, aveva il volto coperto. “La Repubblica cerca di combattere l’uso smodato della maschera che si fa a Venezia. Promulga editti, limitazioni. Invano, è una tradizione irrinunciabile, pare. E a carnevale tutti la portano, persino il Doge credo” spiegò il cardinale all’ospite. “Perdonate l’ardire, eminenza, ma è un’usanza che può diventare pericolosa” intervenne con acume il capitano Vasco Doni, grande e grosso quasi come gli inglesi, a capo della guardia del porporato. “Ben detto Doni, molto” confermò il suo signore. “Se non lo ravvisi, non ti puoi guardare da un nemico.” Lord Templeton taceva, fissando sbalordito la processione di gondole che sfilavano sul canale. A bordo solo uomini e donne mascherati, irriconoscibili. La folla si accalcava. Maschere sconosciute correvano vociando, facendo lazzi e scherzi malandrini. Le loro guardie si strinsero ancor più attorno a loro, offrendo scudo. Seguendo la corrente, sboccarono nella calle dei Frati… Una figurina di donna veniva verso di loro a volto coperto, fendendo la ressa danzando, preceduta da due servitori intabarrati. La donna era ingioiellata e vestita lussuosamente. Gli anellini d’oro alle orecchie sostenevano grosse perle scaramazze che sembravano danzare con lei. Una cappa di broccato verde e oro le celava il corpo. Esile? Giovane? Giovanissima? Una dama? Una cortigiana di lusso? Scivolò tra i sorveglianti, sfidandoli, una carezza veloce al Farnese, a Templeton, poi si alzò aggraziata sulle punte, sfiorandolo con un bacio. Lui rise, fermando la mano dei suoi uomini e disse: “Grazie bella signora” tentando di afferrarla. Impossibile. In un attimo era fuggita, dileguandosi flessuosa e rapida come una gazzella. Ecco il brano è un breve capitolo che s’intitola La Mascherina
La Mascherina

Uscirono a piedi, per il portoncino che si apriva sulla calle, accompagnati da una scorta appropriata al rango del principe della Chiesa, e tallonati dai giganti del lord inglese.
Appena fuori dal palazzo, la città cominciò a svelare i primi segreti della sua magia carnevalesca. Suonatori di trombe, di pifferi, figuranti vestiti da saracini, numi dell’Olimpo in abiti dorati, ninfe, fauni…
Alessandro Farnese vestiva abiti civili, come Francis Templeton. Protetti e spalleggiati dai loro uomini si addentrarono, avanzando a fatica, tra la folla disordinata che li pressava.
La maggior parte delle persone che incrociavano, aveva il volto coperto.
“La Repubblica cerca di combattere l’uso smodato della maschera che si fa a Venezia. Promulga editti, limitazioni. Invano, è una tradizione irrinunciabile, pare. E a carnevale tutti la portano, persino il Doge credo” spiegò il cardinale all’ospite.
“Perdonate l’ardire, eminenza, ma è un’usanza che può diventare pericolosa” intervenne con acume il capitano Vasco Doni, grande e grosso quasi come gli inglesi, a capo della guardia del porporato.
“Ben detto Doni, molto” confermò il suo signore. “Se non lo ravvisi, non ti puoi guardare da un nemico.”
Lord Templeton taceva, fissando sbalordito la processione di gondole che sfilavano sul canale. A bordo solo uomini e donne mascherati, irriconoscibili.
La folla si accalcava. Maschere sconosciute correvano vociando, facendo lazzi e scherzi malandrini. Le loro guardie si strinsero ancor più attorno a loro, offrendo scudo.
Seguendo la corrente, sboccarono nella calle dei Frati…
Una figurina di donna veniva verso di loro a volto coperto, fendendo la ressa danzando, preceduta da due servitori intabarrati. La donna era ingioiellata e vestita lussuosamente. Gli anellini d’oro alle orecchie sostenevano grosse perle scaramazze che sembravano danzare con lei. Una cappa di broccato verde e oro le celava il corpo. Esile? Giovane? Giovanissima? Una dama? Una cortigiana di lusso? Scivolò tra i sorveglianti, sfidandoli, una carezza veloce al Farnese, a Templeton, poi si alzò aggraziata sulle punte, sfiorandolo con un bacio. Lui rise, fermando la mano dei suoi uomini e disse: “Grazie bella signora” tentando di afferrarla. Impossibile. In un attimo era fuggita, dileguandosi flessuosa e rapida come una gazzella.

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Di: Amelia Corsi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-179098 Amelia Corsi Fri, 11 Mar 2011 08:38:30 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-179098 Molto interessante anche il romanzo di Patrizia VDebicke. In bocca al lupo anche a lei. Molto interessante anche il romanzo di Patrizia VDebicke. In bocca al lupo anche a lei.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-178436 Massimo Maugeri Thu, 10 Mar 2011 20:13:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-178436 Grazie a te, cara Patrizia. Chiedo anche a te (se puoi) di farci leggere un brano tratto da questo tuo nuovo libro... Grazie a te, cara Patrizia.
Chiedo anche a te (se puoi) di farci leggere un brano tratto da questo tuo nuovo libro…

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Di: patrizia vdebicke http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-178068 patrizia vdebicke Thu, 10 Mar 2011 12:39:31 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-178068 Sul discorso gabbia un pò sì forse. Si pensa di te come a uno scrittore storico e... Ho scritto un pò di tutto anche romanzi quasi rosa... ma i miei libri che hanno avuto maggior successo sonbo stati storici. Oro dei Medici, Gemma del cardinale e, l'ultimo per ora, l'Uomo dagli occhi glauchi. E poi finora ho parlato solo del 1500. Ma prevedo un'incursione del XIX e un'altra nel XV. Mah? Già mi chiedo cosa accadrà quando cambierò secolo? Ma a parte gli scherzi. Viviamo in un mondo in cui l'etichettatura ti serve e ti nuoce. Vediamo di guardare i lati positivi, se ti fa leggere e non soffrire troppo quando la tua agente di dice da te ci si aspetta... e provo lo stesso a scrivere qualcosa di buono. Poi mi consento delle piccolo diversioni nei racconti: fantascienza, thriller ecc, ecc. Il rischio dei personaggi realmente esistiti è che imprigionano la fantasia in binari più stretti. Ma la storia è fatta da uomini che la vedono filtrata attraverso i pripri occhi e il proprio sentire. Quello che conta è che i personaggi veri agiscano in modo plausibile secondo quanto si conosce di loro. Non bisogna farne dei mostri o delle macchiette. il difficile se non l'impossibile per portare avanti la trama, l'affido a comprimari o a spalle ad hoc. Pregiudizi sul romanzo storico? Forse sì, forse non s'immagina quanto un romanzo storico possa raccontare la vita (dare insegnamenti non credo. Gli errori altrui non hanno mai insegnato nulla) e porre davanti all'attualità. Tutto in una modo o nell'altro è gia accaduto. L'uomo dagli occhi glauchi nasce da un bellissimo ritratto di Tiziano della Galleria Platina a Firenze che si chiama Ritratto di giovane inglese o l'Uomo dagli occhi glauchi. Ma in tanti secoli la sua identità è sempre rimasta sconosciuta. Avevo due indizi. L'abito nero, nel XVI secolo il nero era un colore difficile da realizzare e quindi appannaggio di classi superiori e la lunga catena d'oro che poteva essere solo un dono di un regnante. Ho trovato una spiccata somiglianza tra il giovane di Tiziano in una grande personalità inglese dell'epoca che andava da Enrico VIII a Elisabetta. La storia della sua vita era adattabile a un intrigo romanzesco. Ho approfittato di un vuoto temporale per inventargli un viaggio in Italia, anche per farsi fare il ritratto... l'ho messo testimone e interprete di due carnevali: il veneziano e il romano, l'ho trasformato in una specie di 007 ante litteram e gli ho regalato dovere, amore, odio, amicizia, onore. E... grazie a tutti per avermi accolto a tavola! Sul discorso gabbia un pò sì forse. Si pensa di te come a uno scrittore storico e…
Ho scritto un pò di tutto anche romanzi quasi rosa… ma i miei libri che hanno avuto maggior successo sonbo stati storici. Oro dei Medici, Gemma del cardinale e, l’ultimo per ora, l’Uomo dagli occhi glauchi.
E poi finora ho parlato solo del 1500. Ma prevedo un’incursione del XIX e un’altra nel XV. Mah?
Già mi chiedo cosa accadrà quando cambierò secolo? Ma a parte gli scherzi. Viviamo in un mondo in cui l’etichettatura ti serve e ti nuoce. Vediamo di guardare i lati positivi, se ti fa leggere e non soffrire troppo quando la tua agente di dice da te ci si aspetta… e provo lo stesso a scrivere qualcosa di buono.
Poi mi consento delle piccolo diversioni nei racconti: fantascienza, thriller ecc, ecc.

Il rischio dei personaggi realmente esistiti è che imprigionano la fantasia in binari più stretti. Ma la storia è fatta da uomini che la vedono filtrata attraverso i pripri occhi e il proprio sentire. Quello che conta è che i personaggi veri agiscano in modo plausibile secondo quanto si conosce di loro. Non bisogna farne dei mostri o delle macchiette. il difficile se non l’impossibile per portare avanti la trama, l’affido a comprimari o a spalle ad hoc.

Pregiudizi sul romanzo storico? Forse sì, forse non s’immagina quanto un romanzo storico possa raccontare la vita (dare insegnamenti non credo. Gli errori altrui non hanno mai insegnato nulla) e porre davanti all’attualità. Tutto in una modo o nell’altro è gia accaduto.

L’uomo dagli occhi glauchi nasce da un bellissimo ritratto di Tiziano della Galleria Platina a Firenze che si chiama Ritratto di giovane inglese o l’Uomo dagli occhi glauchi. Ma in tanti secoli la sua identità è sempre rimasta sconosciuta.
Avevo due indizi. L’abito nero, nel XVI secolo il nero era un colore difficile da realizzare e quindi appannaggio di classi superiori e la lunga catena d’oro che poteva essere solo un dono di un regnante. Ho trovato una spiccata somiglianza tra il giovane di Tiziano in una grande personalità inglese dell’epoca che andava da Enrico VIII a Elisabetta.
La storia della sua vita era adattabile a un intrigo romanzesco. Ho approfittato di un vuoto temporale per inventargli un viaggio in Italia, anche per farsi fare il ritratto… l’ho messo testimone e interprete di due carnevali: il veneziano e il romano, l’ho trasformato in una specie di 007 ante litteram e gli ho regalato dovere, amore, odio, amicizia, onore.

E… grazie a tutti per avermi accolto a tavola!

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Di: laura http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177763 laura Wed, 09 Mar 2011 21:51:51 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177763 mi piace lo spirito alla "aggiungi un posto a tavola". e mi piacciono pure il pezzo e la commedia. una commedia che ha fatto storia. mi piace lo spirito alla “aggiungi un posto a tavola”. e mi piacciono pure il pezzo e la commedia.
una commedia che ha fatto storia.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177569 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:41:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177569 @ Patrizia Debicke <b>Come nasce “L’uomo dagli occhi glauchi"?</b> (Raccontaci qualcosa della sua genesi) @ Patrizia Debicke
Come nasce “L’uomo dagli occhi glauchi”?
(Raccontaci qualcosa della sua genesi)

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177568 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:39:55 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177568 @ Patrizia Debicke Pongo anche a te le domande del post (in parte hai risposto nel tuo precedente intervento) - <b>1. Scrivere romanzi storici, può trasformarsi in una sorta di “gabbia” per lo scrittore (a seguito di possibili etichettature e/o per via delle aspettative dei lettori)? - 2. Inserire all’interno di un romanzo storico personaggi realmente esistiti, comporta rischi? Se sì, quali? - 3. Esistono pregiudizi sul romanzo storico?</b> @ Patrizia Debicke
Pongo anche a te le domande del post (in parte hai risposto nel tuo precedente intervento)
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1. Scrivere romanzi storici, può trasformarsi in una sorta di “gabbia” per lo scrittore (a seguito di possibili etichettature e/o per via delle aspettative dei lettori)?
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2. Inserire all’interno di un romanzo storico personaggi realmente esistiti, comporta rischi? Se sì, quali?
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3. Esistono pregiudizi sul romanzo storico?

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177567 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:38:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177567 Questo è il booktrailer de “L’uomo dagli occhi glauchi”... http://www.youtube.com/watch?v=vxkrMw3BG0I&feature=player_embedded Questo è il booktrailer de “L’uomo dagli occhi glauchi”…
http://www.youtube.com/watch?v=vxkrMw3BG0I&feature=player_embedded

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177566 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:37:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177566 <b>Patrizia Debicke van der Noot</b> è nata a Firenze. Praticamente bilingue, ha terminato i suoi studi in Francia. Ha sempre viaggiato molto e vive tra l’Italia e il Lussemburgo col secondo marito Rodolfo Debicke van der Noot. Ha una figlia, Alessandra Ruspoli, nata dal primo matrimonio. Prima di approdare alla scrittura ha avuto esperienze lavorative in ambiti diversi. Appassionata di storia, ha al suo attivo romanzi storici e thriller: “Una foto dal passato”, “Ritratti di matrimonio”, “Il dipinto incompiuto”, “La tigre di Giada”, “Una seconda volta”, “Il gioco dei Menù”. Patrizia Debicke van der Noot è nata a Firenze. Praticamente bilingue, ha terminato i suoi studi in Francia. Ha sempre viaggiato molto e vive tra l’Italia e il Lussemburgo col secondo marito Rodolfo Debicke van der Noot. Ha una figlia, Alessandra Ruspoli, nata dal primo matrimonio. Prima di approdare alla scrittura ha avuto esperienze lavorative in ambiti diversi. Appassionata di storia, ha al suo attivo romanzi storici e thriller: “Una foto dal passato”, “Ritratti di matrimonio”, “Il dipinto incompiuto”, “La tigre di Giada”, “Una seconda volta”, “Il gioco dei Menù”.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177565 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:36:49 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177565 Il nuovo libro di Patrizia Debicke si intitola "L’uomo dagli occhi glauchi" ed è appena stato pubblicato da <em>Corbaccio</em> - Ecco una sintesi del libro... - Epilogo: Dicembre 1576. Il messaggero inviato dal Gran cardinale veniva da lontano e aveva viaggiato per mare. Il suo cammino era stato rallentato dalla stagione inclemente, dall’inverno che bussava alle porte… Ancora un thriller storico per Patrizia Debicke, abituale frequentatrice del rinascimento con una calibrata ricostruzione ambientale a fare da scenario Ma stavolta abbandona i Medici e fa scendere il suo protagonista da una splendida tela di Tiziano per attribuirgli un nome e una storia. Dicembre 1545. In un’Europa lacerata dai conflitti religiosi tra cattolici e protestanti si apre il Concilio di Trento. Il cardinale legato del papa, è un rivale pericoloso agli occhi di Enrico VIII. Invidie, timori, giochi di potere, coinvolgono i potenti, pronti ad armare mani assassine… L’ombra della follia e della crudeltà senile del monarca inglese, che libera i veleni e gli intrighi della sua corte, accompagnerà il viaggio in Italia di Lord Templeton, figlioccio e inviato del potente duca di Norfolk. La prima tappa sarà Venezia. Lord Templeton vuole farsi ritrarre da Tiziano. Ma il suo ritratto nasconde un pretesto. Nella fastosa cornice del primo ricevimento di Carnevale al Palazzo dei Dogi, Lord Templeton sventerà un complotto che vede coinvolta Angela Gradi, una bellissima cortigiana e salverà la vita al nipote del papa, il cardinale Alessandro Farnese. Poi seguirà il Farnese a Roma, riuscirà a conquistarne la stima e l’amicizia ma cedendo alle lusinghe di una bella duchessa romana, presterà il fianco. Qual è il suo segreto e il vero scopo del suo viaggio? Messo alle strette, con un paggetto per guida nella tragica cornice dell’alluvione del Tevere che dilaga per le strade della città eterna, scoprirà finalmente le sue carte e cercherà di portare a termine la sua missione, Ma il tempo vola e un piano infernale sta per scattare… Romanzo coinvolgente, veloce in un susseguirsi di passioni, avventure, misteri e sorprese che vi stupiranno fino all’ultima pagina. Spesso Templeton, il protagonista, cede il passo al suo coprotagonista, il Farnese. I personaggi principali e secondari sono veri, efficaci. Fa premio il senso del dovere e dell’amicizia. Il conflitto di religione e di idee annuncia il devastante avvicinarsi della controriforma. Il nuovo libro di Patrizia Debicke si intitola “L’uomo dagli occhi glauchi” ed è appena stato pubblicato da Corbaccio
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Ecco una sintesi del libro…
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Epilogo: Dicembre 1576. Il messaggero inviato dal Gran cardinale veniva da lontano e aveva viaggiato per mare. Il suo cammino era stato rallentato dalla stagione inclemente, dall’inverno che bussava alle porte…

Ancora un thriller storico per Patrizia Debicke, abituale frequentatrice del rinascimento con una calibrata ricostruzione ambientale a fare da scenario
Ma stavolta abbandona i Medici e fa scendere il suo protagonista da una splendida tela di Tiziano per attribuirgli un nome e una storia.
Dicembre 1545. In un’Europa lacerata dai conflitti religiosi tra cattolici e protestanti si apre il Concilio di Trento.
Il cardinale legato del papa, è un rivale pericoloso agli occhi di Enrico VIII.
Invidie, timori, giochi di potere, coinvolgono i potenti, pronti ad armare mani assassine…
L’ombra della follia e della crudeltà senile del monarca inglese, che libera i veleni e gli intrighi della sua corte, accompagnerà il viaggio in Italia di Lord Templeton, figlioccio e inviato del potente duca di Norfolk. La prima tappa sarà Venezia.
Lord Templeton vuole farsi ritrarre da Tiziano. Ma il suo ritratto nasconde un pretesto.
Nella fastosa cornice del primo ricevimento di Carnevale al Palazzo dei Dogi, Lord Templeton sventerà un complotto che vede coinvolta Angela Gradi, una bellissima cortigiana e salverà la vita al nipote del papa, il cardinale Alessandro Farnese.
Poi seguirà il Farnese a Roma, riuscirà a conquistarne la stima e l’amicizia ma cedendo alle lusinghe di una bella duchessa romana, presterà il fianco.
Qual è il suo segreto e il vero scopo del suo viaggio?
Messo alle strette, con un paggetto per guida nella tragica cornice dell’alluvione del Tevere che dilaga per le strade della città eterna, scoprirà finalmente le sue carte e cercherà di portare a termine la sua missione,
Ma il tempo vola e un piano infernale sta per scattare…
Romanzo coinvolgente, veloce in un susseguirsi di passioni, avventure, misteri e sorprese che vi stupiranno fino all’ultima pagina.
Spesso Templeton, il protagonista, cede il passo al suo coprotagonista, il Farnese. I personaggi principali e secondari sono veri, efficaci. Fa premio il senso del dovere e dell’amicizia. Il conflitto di religione e di idee annuncia il devastante avvicinarsi della controriforma.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177558 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:30:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177558 Ho aggiornato il post (andate a vedere su), inserendo tra i libri protagonisti del dibattito il nuovo romanzo della già citata <b>Patrizia Debicke</b>. Su Letteratitudine aleggia lo spirito di <em>aggiungi un posto a tavola</em>... ;-) http://www.youtube.com/watch?v=DuK23O38REE&feature=related Ho aggiornato il post (andate a vedere su), inserendo tra i libri protagonisti del dibattito il nuovo romanzo della già citata Patrizia Debicke.
Su Letteratitudine aleggia lo spirito di aggiungi un posto a tavola;-)
http://www.youtube.com/watch?v=DuK23O38REE&feature=related

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177553 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:26:58 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177553 E grazie anche a Simona, a Salvo e a Antonio (per i loro interventi). E grazie anche a Simona, a Salvo e a Antonio (per i loro interventi).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177552 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:26:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177552 @ Annalisa Stancanelli Grazie per il tuo nuovo intervento e per i tuoi approfondimenti. @ Annalisa Stancanelli
Grazie per il tuo nuovo intervento e per i tuoi approfondimenti.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177551 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:25:43 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177551 @ Silvio Aparo Grazie per essere intervenuto! Faccio tanti in bocca al lupo per il futuro delle edizioni "Melino Nerella"... nonché per la presentazione di sabato alla Feltrinelli di Siracusa. @ Silvio Aparo
Grazie per essere intervenuto!
Faccio tanti in bocca al lupo per il futuro delle edizioni “Melino Nerella”… nonché per la presentazione di sabato alla Feltrinelli di Siracusa.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177548 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:24:03 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177548 @ Marco Salvador Mi pare una bella idea, quella di Youradio. ;) @ Marco Salvador
Mi pare una bella idea, quella di Youradio. ;)

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177547 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:23:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177547 Intanto dò il benvenuto a <b>Patrizia Debicke van der Noot</b>, anche lei autrice di romanzi storici. Grazie per essere intervenuta, Patrizia. Intanto dò il benvenuto a Patrizia Debicke van der Noot, anche lei autrice di romanzi storici.
Grazie per essere intervenuta, Patrizia.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177539 Massimo Maugeri Wed, 09 Mar 2011 18:15:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177539 Cari amici, vi ringrazio per i nuovi interventi e mi scuso per l'assenza... ma ho avuto qualche problema di connessione. Cari amici, vi ringrazio per i nuovi interventi e mi scuso per l’assenza… ma ho avuto qualche problema di connessione.

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177500 simona lo iacono Wed, 09 Mar 2011 17:38:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177500 Carissima Annalisa, bellissimo il tuo interrogativo! Credo che si basi sull'eterno alternarsi di verità e finzione. Gli storici, scriveva Aristotele, parlano di quello che è stato (del vero), i poeti di quello che avrebbe potuto essere (del possibile). Ma il vero è il punto d' arrivo, non un punto di partenza. Gli storici (e, in modo diverso, i poeti) fanno per mestiere qualcosa che è parte della vita di tutti: districare l' intreccio di vero, finto e falso che è la trama del nostro stare al mondo. Realtà, immaginazione, falsificazione si contrappongono, s' intrecciano, si alimentano a vicenda. Frammenti del nostro mondo gettano luce su frammenti di mondi lontani. Quindi...credo che anche nell'invenzione letteraria si lancino ipotesi, possibilità, agganci per una lettura del tempo. Molti libri di Verne hanno anticipato il futuro. Perchè dunque i romanzi storici non potrebbero svelare il passato, attraverso un'invenzione letteraria? Ti bacio, mia cara, e aspetto di abbracciarti sabato, alla Feltrinelli, dove avrò il piacere di presentare il tuo libro. Un affettuosissimo saluto anche al carissimo Silvio Aparo, che ringrazio per le parole di stima (che ricambio di cuore) e che con immensa gioia rivedrò tra qualche giorno. A tutti una serata bella! Simo Carissima Annalisa,
bellissimo il tuo interrogativo! Credo che si basi sull’eterno alternarsi di verità e finzione.

Gli storici, scriveva Aristotele, parlano di quello che è stato (del vero), i poeti di quello che avrebbe potuto essere (del possibile). Ma il vero è il punto d’ arrivo, non un punto di partenza. Gli storici (e, in modo diverso, i poeti) fanno per mestiere qualcosa che è parte della vita di tutti: districare l’ intreccio di vero, finto e falso che è la trama del nostro stare al mondo. Realtà, immaginazione, falsificazione si contrappongono, s’ intrecciano, si alimentano a vicenda. Frammenti del nostro mondo gettano luce su frammenti di mondi lontani. Quindi…credo che anche nell’invenzione letteraria si lancino ipotesi, possibilità, agganci per una lettura del tempo. Molti libri di Verne hanno anticipato il futuro. Perchè dunque i romanzi storici non potrebbero svelare il passato, attraverso un’invenzione letteraria?
Ti bacio, mia cara, e aspetto di abbracciarti sabato, alla Feltrinelli, dove avrò il piacere di presentare il tuo libro.
Un affettuosissimo saluto anche al carissimo Silvio Aparo, che ringrazio per le parole di stima (che ricambio di cuore) e che con immensa gioia rivedrò tra qualche giorno.
A tutti una serata bella!
Simo

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Di: annalisastancanelli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-177305 annalisastancanelli Wed, 09 Mar 2011 14:23:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-177305 @salvo Dante ti adorerebbe per quell'avventura @salvo
Dante ti adorerebbe per quell’avventura

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Di: Salvo Zappulla http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-176398 Salvo Zappulla Tue, 08 Mar 2011 21:54:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-176398 @Annalisa dolcissima. Non so se la domanda valga anche per me. Rispondo lo stesso: Io ho riscritto l'inferno di Dante, perché così com'era mi sembrava un po' antiquato. (C'entra poco con la storia ma ho voluto dirlo lo stesso per farmi pubblicità) @Annalisa dolcissima. Non so se la domanda valga anche per me. Rispondo lo stesso: Io ho riscritto l’inferno di Dante, perché così com’era mi sembrava un po’ antiquato. (C’entra poco con la storia ma ho voluto dirlo lo stesso per farmi pubblicità)

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Di: annalisastancanelli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-175938 annalisastancanelli Tue, 08 Mar 2011 13:59:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-175938 NARRAZIONE, SCIENZA E FANTASIA SPECCHI USTORI, MITO O REALTA' Quando ho scritto il mio romanzo ho dovuto decidere se inserire gli specchi ustori che per gli storici sono leggenda, io, invece, ho pensato; se Archimede era in grado di progettare e costruire un organo ad acqua, una nave corazzata come la Syrakosia con due piscine, una per gli uomini, e una di abbellimento, se aveva le cognizioni per costruire la Manus Ferrea, baliste e catapulte giganti, e da anni studiava la luce perchè non era in grado di "pensare" ad un'arma che usava il calore? ecco la storia Nell'immaginario collettivo gli specchi ustori sono indissolubilmente legati all'assedio di Siracusa, durante il quale Archimede li avrebbe usati per bruciare le navi romane. L'episodio non è ricordato da Polibio (che è la fonte più attendibile sui congegni bellici ideati da Archimede durante l'assedio), né da Livio né da Plutarco, ma è riferito da varie fonti tarde. Ne parla per primo Galeno e poi Cassio Dione e vari altri autori, tra i quali i bizantini Giovanni Zonara e Giovanni Tzetzes, ma anche il barone von Riedesel che tentò un esperimento. Essi aggiungono particolari ai racconti più antichi, descrivendo gli specchi ustori come composti da una serie di specchi piani opportunamente orientati. I raggi del Sole concentrati dagli specchi in un unico punto sarebbero stati in grado di bruciare il legno delle navi romane. La struttura è costituita da almeno 24 grandi specchi piani, disposti in una figura esagonale su un graticcio ruotante su un palo fissato al terreno: lo specchio centrale serviva a dirigere il raggio solare riflesso sull'obiettivo, mentre gli specchi laterali venivano fatti convergere con un sistema di cinghie. La struttura descritta da Zonara e Tzetzes viene rappresentata in una scena del film storico Cabiria, e attraverso questo film ha contribuito alla credenza nell'immaginario collettivo. Altre fonti, non accreditate, riportano la descrizione di specchi in bronzo da toilette in uso all'epoca: un migliaio di donne sugli spalti del porto ciascuna manovrando un singolo specchio con la mano, potevano dirigere il riflesso del sole sulle vele delle navi nemiche di passaggio nello stretto a sud di Siracusa, concentrando in un punto il riflesso di mille specchi dei raggi del sole. L'antico uso bellico degli specchi ustori è poco credibile per vari motivi. In primo luogo il fatto che ne parlino solo autori tardi rende l'episodio molto sospetto. Alcuni hanno poi ritenuto impossibile ottenere con specchi temperature sufficientemente elevate (il legno ha una temperatura di autoignizione superiore ai 300 °C). Altri hanno sottolineato la difficoltà di costruire uno specchio parabolico con un fuoco così distante come dovevano essere le navi dalle mura di Siracusa. Poiché Archimede riuscì realmente a bruciare navi romane perfezionando armi da getto in grado di lanciare sostanze incendiarie, si è sostenuto che alla base della leggenda vi sia un'errata traduzione di una voce greca, che si sarebbe riferita a "sostanze incendiarie" e sarebbe stata interpretata erroneamente come "specchi ustori". L'esistenza, tuttavia, di antichi trattati sugli specchi ustori e le testimonianze riportate sopra su Dositeo e Archimede suggeriscono la possibilità che la leggenda sia nata sovrapponendo il ricordo delle navi romane incendiate alla reale progettazione di specchi ustori destinati ad usi più pacifici Non specchi ustori, dunque, secondo alcuni storici ma proiettili incendiari: o addirittura qualcosa di diverso a cui pensò il secondo Archimede, secono me, italiano LEONARDO Recentemente in America hanno associato gli specchi ustori di Archimede ai cannoni a vapore di LEONARDO DA VINCI. CHIEDO pertanto agli amici scrittori, vi è capitato nelle vostre storie di andare "contro" agli storici? NARRAZIONE, SCIENZA E FANTASIA
SPECCHI USTORI, MITO O REALTA’
Quando ho scritto il mio romanzo ho dovuto decidere se inserire gli specchi ustori che per gli storici sono leggenda, io, invece, ho pensato; se Archimede era in grado di progettare e costruire un organo ad acqua, una nave corazzata come la Syrakosia con due piscine, una per gli uomini, e una di abbellimento, se aveva le cognizioni per costruire la Manus Ferrea, baliste e catapulte giganti, e da anni studiava la luce perchè non era in grado di “pensare” ad un’arma che usava il calore?
ecco la storia

Nell’immaginario collettivo gli specchi ustori sono indissolubilmente legati all’assedio di Siracusa, durante il quale Archimede li avrebbe usati per bruciare le navi romane. L’episodio non è ricordato da Polibio (che è la fonte più attendibile sui congegni bellici ideati da Archimede durante l’assedio), né da Livio né da Plutarco, ma è riferito da varie fonti tarde. Ne parla per primo Galeno e poi Cassio Dione e vari altri autori, tra i quali i bizantini Giovanni Zonara e Giovanni Tzetzes, ma anche il barone von Riedesel che tentò un esperimento. Essi aggiungono particolari ai racconti più antichi, descrivendo gli specchi ustori come composti da una serie di specchi piani opportunamente orientati. I raggi del Sole concentrati dagli specchi in un unico punto sarebbero stati in grado di bruciare il legno delle navi romane. La struttura è costituita da almeno 24 grandi specchi piani, disposti in una figura esagonale su un graticcio ruotante su un palo fissato al terreno: lo specchio centrale serviva a dirigere il raggio solare riflesso sull’obiettivo, mentre gli specchi laterali venivano fatti convergere con un sistema di cinghie.

La struttura descritta da Zonara e Tzetzes viene rappresentata in una scena del film storico Cabiria, e attraverso questo film ha contribuito alla credenza nell’immaginario collettivo. Altre fonti, non accreditate, riportano la descrizione di specchi in bronzo da toilette in uso all’epoca: un migliaio di donne sugli spalti del porto ciascuna manovrando un singolo specchio con la mano, potevano dirigere il riflesso del sole sulle vele delle navi nemiche di passaggio nello stretto a sud di Siracusa, concentrando in un punto il riflesso di mille specchi dei raggi del sole.

L’antico uso bellico degli specchi ustori è poco credibile per vari motivi. In primo luogo il fatto che ne parlino solo autori tardi rende l’episodio molto sospetto. Alcuni hanno poi ritenuto impossibile ottenere con specchi temperature sufficientemente elevate (il legno ha una temperatura di autoignizione superiore ai 300 °C). Altri hanno sottolineato la difficoltà di costruire uno specchio parabolico con un fuoco così distante come dovevano essere le navi dalle mura di Siracusa. Poiché Archimede riuscì realmente a bruciare navi romane perfezionando armi da getto in grado di lanciare sostanze incendiarie, si è sostenuto che alla base della leggenda vi sia un’errata traduzione di una voce greca, che si sarebbe riferita a “sostanze incendiarie” e sarebbe stata interpretata erroneamente come “specchi ustori”. L’esistenza, tuttavia, di antichi trattati sugli specchi ustori e le testimonianze riportate sopra su Dositeo e Archimede suggeriscono la possibilità che la leggenda sia nata sovrapponendo il ricordo delle navi romane incendiate alla reale progettazione di specchi ustori destinati ad usi più pacifici

Non specchi ustori, dunque, secondo alcuni storici ma proiettili incendiari:
o addirittura qualcosa di diverso a cui pensò il secondo Archimede, secono me, italiano
LEONARDO
Recentemente in America hanno associato gli specchi ustori di Archimede ai cannoni a vapore di LEONARDO DA VINCI.

CHIEDO pertanto agli amici scrittori, vi è capitato nelle vostre storie di andare “contro” agli storici?

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Di: Silvio Aparo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-174986 Silvio Aparo Mon, 07 Mar 2011 15:49:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174986 Gentilissimo Massimo, lettori, scrittori ed opinionisti tutti, grazie per la sensibilità e la possibilità di ospitarci tra le parole dei vostri competenti post. La Melino Nerella Edizioni è il marchio letterario della più scintifica MEDICALINK PUBLISHERS SRL che nasce nel 2004. La Melino Nerella Edizioni da quando nel 2009 ha visto la luce ha cercato da subito di scrollarsi l'etichetta di editrice loco-regionale, in tal senso ha preso parte alla fiera del libro di Torino nel maggio del 2009 anche con due soli titoli in catalogo, Fiera di Chiari 2009 (sei titoli), Torino ancora nel 2010 (otto titoli) e Francoforte sempre nel 2010 (attuali 12 titoli). Da gennaio del 2011 le cose sono notevolmente cambiate, si spera in meglio. Abbiamo chiuso la programmazione editoriale per l'intero anno con nuovi otto titoli, a partire dallo straordinario "ARCHIMEDE E IL MISTERO DEL PLANETARIO" che ben avete scandagliato della talentuosa Annalisa e, soprattutto, abbiamo stipulato un contratto con una agenzia stampa e di comunicazione Bolognese che ci accompagnerà nella produzione di una nuova e professionale Corporate identity che possa darci visibilità sulla stampa e sui media nazionali. Un bell'impegno economico ti assicuro, ma con delle idee molto chiare in merito! Da gennaio è arrivata anche la distribuzione nazionale sia in libreria che con un progetto da edicola con start-up da giugno. La nostra linea editoriale privilegia i generi Fiction, Giallo, Noir, Thriller Storico e Psicologico. Tra le proposte del 2011 anche la formazione del catalogo estero con tre lanci; un'Agenda Lunare (che va dall'equinozio di primavera 2011 a quello del 2012) di sciamanesimo al femminile a cura dell'associazione nazionale DONNECONLEGONNE impegnata "per la consapevolezza corporea femminile e della sorellanza alla MadreTerra" (già stampata ma non ancora in commercio) tradotta dallo spagnolo della Psicanalista e sciamana ecuadoregna ANDREA HERRERA; poi un romanzo della rivelazioone catalana Joan Llluis Lluis, vincitore di diversi e prestigiosi premi tra la Spagna e lo stato di Andorra: e per finire una chicca per gli appassionati di letteratura russa. Per la fine dell'anno, infatti, è prevista la ri-apparizione (è proprio il caso di dire) nei cataloghi italiani, dopo un'inspiegabile assenza durata oltre 30 anni, di uno degli scrittori russi di fantascinza meno commerciali ma più amati dalla critica: Ivan Antonovic Efremov. Pensa che fu pubblicato per la prima volta da Feltrinelli, credo nel 1963, e alcuni anni più tardi da Editori Riuniti. Poi... l'oblio... almeno fino ad oggi... quando siamo riusciti a ripescarlo con l'unica opera che non vide mai la luce della pubblicazione poichè a distanza di qualche mese dalla sua ultimazione, avvennuta nel 1972, l'autore scomparve improvvisamente. Tra i romanzi italiani da sottolineare il ritorno del New-Burlesque in letteratura con "L'eredità del suonatore di campane" dello psicoterapeuta Giuseppe Lissandrello; il noir "Malanima mia" della due volte finalista tra la rosa degli autori italiani selezionati al Nobel, la "pasionaria" sarda Giovanna Mulas... e per finire un bellissimo thriller psicologico di un autore che tutti noi conosciamo bene, amico, vicinissimo, di cui non posso al momento svelare ancora il nome, ma che susciterà la solita simpatia e vicinanza che sempre riscuote tra diversi di voi. Carissimo Massimo, ti ringrazio ancora per l'invito e sperando di non essere stato tedioso ma di aver fatto cosa gradita ai lettori, mi auguro di poterti incontrare presto per esprimere personalmente tutta la mia stima e simpatia. Infine, e non certo per ordine di importanza, saluto la carissima e brillante Simona Lo Iacono, ringraziandola per quanto sta facendo per noi, contribuendo "con parole ed opere" al successo di ARCHIMEDE. ULTIMO, invito tutti alla presentazione del medesimo testo che si terrà Sabato prossimo, 12 marzo, alle ore18.30, presso lo spazio antistante la Feltrinelli dell'AUCHAN di Melilli dove presenzierà, oltre l'Autrice, proprio la dr.ssa Lo Iacono; il tutto condito con sprazzi di lettura pubblica e buon jazz dal vivo. A presto Silvio Aparo (Editore) ...semper ad majora Gentilissimo Massimo, lettori, scrittori ed opinionisti tutti, grazie per la sensibilità e la possibilità di ospitarci tra le parole dei vostri competenti post.
La Melino Nerella Edizioni è il marchio letterario della più scintifica MEDICALINK PUBLISHERS SRL che nasce nel 2004.
La Melino Nerella Edizioni da quando nel 2009 ha visto la luce ha cercato da subito di scrollarsi l’etichetta di editrice loco-regionale, in tal senso ha preso parte alla fiera del libro di Torino nel maggio del 2009 anche con due soli titoli in catalogo, Fiera di Chiari 2009 (sei titoli), Torino ancora nel 2010 (otto titoli) e Francoforte sempre nel 2010 (attuali 12 titoli).
Da gennaio del 2011 le cose sono notevolmente cambiate, si spera in meglio. Abbiamo chiuso la programmazione editoriale per l’intero anno con nuovi otto titoli, a partire dallo straordinario “ARCHIMEDE E IL MISTERO DEL PLANETARIO” che ben avete scandagliato della talentuosa Annalisa e, soprattutto, abbiamo stipulato un contratto con una agenzia stampa e di comunicazione Bolognese che ci accompagnerà nella produzione di una nuova e professionale Corporate identity che possa darci visibilità sulla stampa e sui media nazionali. Un bell’impegno economico ti assicuro, ma con delle idee molto chiare in merito!
Da gennaio è arrivata anche la distribuzione nazionale sia in libreria che con un progetto da edicola con start-up da giugno.
La nostra linea editoriale privilegia i generi Fiction, Giallo, Noir, Thriller Storico e Psicologico.
Tra le proposte del 2011 anche la formazione del catalogo estero con tre lanci; un’Agenda Lunare (che va dall’equinozio di primavera 2011 a quello del 2012) di sciamanesimo al femminile a cura dell’associazione nazionale DONNECONLEGONNE impegnata “per la consapevolezza corporea femminile e della sorellanza alla MadreTerra” (già stampata ma non ancora in commercio) tradotta dallo spagnolo della Psicanalista e sciamana ecuadoregna ANDREA HERRERA; poi un romanzo della rivelazioone catalana Joan Llluis Lluis, vincitore di diversi e prestigiosi premi tra la Spagna e lo stato di Andorra: e per finire una chicca per gli appassionati di letteratura russa. Per la fine dell’anno, infatti, è prevista la ri-apparizione (è proprio il caso di dire) nei cataloghi italiani, dopo un’inspiegabile assenza durata oltre 30 anni, di uno degli scrittori russi di fantascinza meno commerciali ma più amati dalla critica: Ivan Antonovic Efremov.
Pensa che fu pubblicato per la prima volta da Feltrinelli, credo nel 1963, e alcuni anni più tardi da Editori Riuniti. Poi… l’oblio… almeno fino ad oggi… quando siamo riusciti a ripescarlo con l’unica opera che non vide mai la luce della pubblicazione poichè a distanza di qualche mese dalla sua ultimazione, avvennuta nel 1972, l’autore scomparve improvvisamente.
Tra i romanzi italiani da sottolineare il ritorno del New-Burlesque in letteratura con “L’eredità del suonatore di campane” dello psicoterapeuta Giuseppe Lissandrello; il noir “Malanima mia” della due volte finalista tra la rosa degli autori italiani selezionati al Nobel, la “pasionaria” sarda Giovanna Mulas… e per finire un bellissimo thriller psicologico di un autore che tutti noi conosciamo bene, amico, vicinissimo, di cui non posso al momento svelare ancora il nome, ma che susciterà la solita simpatia e vicinanza che sempre riscuote tra diversi di voi.
Carissimo Massimo, ti ringrazio ancora per l’invito e sperando di non essere stato tedioso ma di aver fatto cosa gradita ai lettori, mi auguro di poterti incontrare presto per esprimere personalmente tutta la mia stima e simpatia.
Infine, e non certo per ordine di importanza, saluto la carissima e brillante Simona Lo Iacono, ringraziandola per quanto sta facendo per noi, contribuendo “con parole ed opere” al successo di ARCHIMEDE.
ULTIMO, invito tutti alla presentazione del medesimo testo che si terrà Sabato prossimo, 12 marzo, alle ore18.30, presso lo spazio antistante la Feltrinelli dell’AUCHAN di Melilli dove presenzierà, oltre l’Autrice, proprio la dr.ssa Lo Iacono; il tutto condito con sprazzi di lettura pubblica e buon jazz dal vivo. A presto
Silvio Aparo (Editore)
…semper ad majora

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Di: antonio valastro http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-174982 antonio valastro Mon, 07 Mar 2011 15:45:10 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174982 @ marco salvador la mia era solo una battuta, giusto per sorridere. ma credo che, al di là dello scherzo, la sua posizione sia più che legittima. oggettivamente viviamo in un contesto che tende a "mediatizzare" tutto. ben vengano scrittori come lei. @ marco salvador
la mia era solo una battuta, giusto per sorridere. ma credo che, al di là dello scherzo, la sua posizione sia più che legittima.
oggettivamente viviamo in un contesto che tende a “mediatizzare” tutto. ben vengano scrittori come lei.

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Di: marco salvador http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-7/#comment-174958 marco salvador Mon, 07 Mar 2011 14:55:58 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174958 @antonio valastro. calma, amico. nulla di male. come ho scritto, è solo una mia fisima. @antonio valastro.
calma, amico. nulla di male.
come ho scritto, è solo una mia fisima.

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Di: antonio valastro http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174842 antonio valastro Mon, 07 Mar 2011 11:45:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174842 sono d'accordo sul fatto che lo scrittore debba farsi conoscere con la parola. ma cosa c'è di male se la parola, nel presentare un libro, viene accompagnata dall'immagine? se ci fosse qualcosa di male bisognerebbe pure evitare che gli scrittori vadano in giro a presentare i libri. oppure dovrebbero farlo da dentro un burqua? :) sono d’accordo sul fatto che lo scrittore debba farsi conoscere con la parola. ma cosa c’è di male se la parola, nel presentare un libro, viene accompagnata dall’immagine?
se ci fosse qualcosa di male bisognerebbe pure evitare che gli scrittori vadano in giro a presentare i libri. oppure dovrebbero farlo da dentro un burqua? :)

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Di: marco salvador http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174827 marco salvador Mon, 07 Mar 2011 11:29:34 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174827 @massimo. no, mi ostino a credere che uno scrittore debba farsi conoscere con la parola e non creandosi un personaggio ad uso dei media. per questo, ci fosse un youradio, mi ci troveresti in abbondanza. ma queste son fisime mie e ognuno ha il ditto di agire come crede. omnia munda mundis. @massimo.
no, mi ostino a credere che uno scrittore debba farsi conoscere con la parola e non creandosi un personaggio ad uso dei media. per questo, ci fosse un youradio, mi ci troveresti in abbondanza. ma queste son fisime mie e ognuno ha il ditto di agire come crede. omnia munda mundis.

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Di: patrizia vdebicke http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174585 patrizia vdebicke Mon, 07 Mar 2011 07:38:52 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174585 Beh intanto scusate arrivò con una ritardo quasi fuori limite Dicono che anch'io faccia parte di quelli che scrivono romanzi storici. E nel mio ultimo, L'uomo dagli occhi glauchi Corbaccio, il carnevale sia di Venezia che di Roma nel 1500 fanno da cornice e da comprimari Abitualmente scrivo romanzi storici nei quali mischio personaggi reali e quelli di fantasia. I reali a mio vedere devono sempre seguire un percorso plausibile secondo la loro storia, quelli di fantasia spesso utile escamotage per portare avanti un intrigo, il romanzo vero e proprio. Beh intanto scusate arrivò con una ritardo quasi fuori limite
Dicono che anch’io faccia parte di quelli che scrivono romanzi storici.
E nel mio ultimo, L’uomo dagli occhi glauchi Corbaccio, il carnevale sia di Venezia che di Roma nel 1500 fanno da cornice e da comprimari
Abitualmente scrivo romanzi storici nei quali mischio personaggi reali e quelli di fantasia.
I reali a mio vedere devono sempre seguire un percorso plausibile secondo la loro storia, quelli di fantasia spesso utile escamotage per portare avanti un intrigo, il romanzo vero e proprio.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174032 Massimo Maugeri Sun, 06 Mar 2011 22:28:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174032 @ Carlo S. Carlo carissimo, il tuo commento del 5 marzo 2011 h. 7:47 pm suona come una sintesi perfetta. Bravo! E grazie per il contributo! @ Carlo S.
Carlo carissimo, il tuo commento del 5 marzo 2011 h. 7:47 pm suona come una sintesi perfetta.
Bravo! E grazie per il contributo!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174030 Massimo Maugeri Sun, 06 Mar 2011 22:27:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174030 (Ancora per Marco Salvador) Scrivi: " su youtube non mi trovi perché io non mi ci metto e se qualcun altro lo fa chiedo di rimuovere il video". - Confermato: sei un timido! ;) (Ancora per Marco Salvador)
Scrivi: ” su youtube non mi trovi perché io non mi ci metto e se qualcun altro lo fa chiedo di rimuovere il video”.
-
Confermato: sei un timido!
;)

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174027 Massimo Maugeri Sun, 06 Mar 2011 22:26:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174027 @ Marco Salvador Caro Marco, come hai visto ho recuperato i brani che avevi inserito. Grazie per averceli offerti! @ Marco Salvador
Caro Marco, come hai visto ho recuperato i brani che avevi inserito.
Grazie per averceli offerti!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174026 Massimo Maugeri Sun, 06 Mar 2011 22:25:49 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174026 Ancora Grazie ad Annalisa e a Rossella... Ancora Grazie ad Annalisa e a Rossella…

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174025 Massimo Maugeri Sun, 06 Mar 2011 22:24:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174025 Quando si parla di "giudizio", la parola passa di diritto alla nostra splendida Simona (che non per nulla è titolare della rubrica di questo blog: "letteratura è diritto, letteratura è vita"). Grazie per il bel commento, Simo! Quando si parla di “giudizio”, la parola passa di diritto alla nostra splendida Simona (che non per nulla è titolare della rubrica di questo blog: “letteratura è diritto, letteratura è vita”).
Grazie per il bel commento, Simo!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174022 Massimo Maugeri Sun, 06 Mar 2011 22:22:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174022 Grazie mille a Rita Charbonnier, Vanessa, Riccardo Vanelli... Grazie mille a Rita Charbonnier, Vanessa, Riccardo Vanelli…

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-174021 Massimo Maugeri Sun, 06 Mar 2011 22:22:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-174021 Cari amici, ancora grazie per i nuovi contributi. Cari amici, ancora grazie per i nuovi contributi.

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Di: marco salvador http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-173655 marco salvador Sun, 06 Mar 2011 16:08:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-173655 nel mio testo ci sono dei refusi. chiedo scusa, ma ho usato senza rileggere la versione pre-bozze. nel mio testo ci sono dei refusi. chiedo scusa, ma ho usato senza rileggere la versione pre-bozze.

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Di: Carlo S. http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-172377 Carlo S. Sat, 05 Mar 2011 18:47:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-172377 In linea di massima concordo con il Prof. Emilio (del quale sono un grande "fan"), e quindi con Colitto: il romanzo deve fornire al lettore domande più che non risposte (compito, per quanto possibile, della storiografia), e deve (ma anche qui in linea di massima, e per quanto possibile) astenersi dal giudizio del personaggio storico (anch'esso compito della storiografia). Sottolineo quel "per quanto possibile", perchè (ancora una volta) se è compito della storiografia il renderci un personaggio storico all'interno della scena storico-politica, spiegarcene i suoi comportamenti, e quindi in qualche modo tentare di stabilire "il giudizio della storia", mi pare compito del romanziere quello di rendercelo "uomo in carne ed ossa", con i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue pulsioni, le sue passioni. Si può fare questo senza giudicarlo in qualche modo ? Credo ci si possa (anzi, si debba) provare, ma non sempre ci si riesca. In questo Vanessa ha probabilmente ragione. Nel "riesumarlo" l'autore credo debba decidere se accettare di farne qualcuno/qualcosa "che cresce dentro di sè" (come descrive benissimo annalisa stancanelli) o tenerlo "lontano da sè". E questo probabilmente influenzerà i lettori a trovarlo positivo o negativo, simpatico o antipatico, a schierarsi prontamente dalla sua parte o meno. Ma credo anche che quella "compassione" (come interpreta credo anch'io correttamente Rossella) di cui parla Simona rifacendosi a Salvatore Satta, possa essere effettivamente quella capacità del vero scrittore a renderci "umano" e quindi "vero personaggio di un vero romanzo" qualsiasi figura storica, anche negativa. Mentre il "tenerla lontana" ce la renderà sempre stereotipata, legnosa, monolitica, priva di quelle sfaccettature che un buon lettore dovrebbe sempre cercare in un buon libro. Solo l'umano è in grado di compenetrare l'umano. E a farlo suo. E così a resuscitarlo nella magica finzione del romanzo. In linea di massima concordo con il Prof. Emilio (del quale sono un grande “fan”), e quindi con Colitto: il romanzo deve fornire al lettore domande più che non risposte (compito, per quanto possibile, della storiografia), e deve (ma anche qui in linea di massima, e per quanto possibile) astenersi dal giudizio del personaggio storico (anch’esso compito della storiografia).
Sottolineo quel “per quanto possibile”, perchè (ancora una volta) se è compito della storiografia il renderci un personaggio storico all’interno della scena storico-politica, spiegarcene i suoi comportamenti, e quindi in qualche modo tentare di stabilire “il giudizio della storia”, mi pare compito del romanziere quello di rendercelo “uomo in carne ed ossa”, con i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue pulsioni, le sue passioni.
Si può fare questo senza giudicarlo in qualche modo ?
Credo ci si possa (anzi, si debba) provare, ma non sempre ci si riesca.
In questo Vanessa ha probabilmente ragione. Nel “riesumarlo” l’autore credo debba decidere se accettare di farne qualcuno/qualcosa “che cresce dentro di sè” (come descrive benissimo annalisa stancanelli) o tenerlo “lontano da sè”.
E questo probabilmente influenzerà i lettori a trovarlo positivo o negativo, simpatico o antipatico, a schierarsi prontamente dalla sua parte o meno.
Ma credo anche che quella “compassione” (come interpreta credo anch’io correttamente Rossella) di cui parla Simona rifacendosi a Salvatore Satta, possa essere effettivamente quella capacità del vero scrittore a renderci “umano” e quindi “vero personaggio di un vero romanzo” qualsiasi figura storica, anche negativa. Mentre il “tenerla lontana” ce la renderà sempre stereotipata, legnosa, monolitica, priva di quelle sfaccettature che un buon lettore dovrebbe sempre cercare in un buon libro.
Solo l’umano è in grado di compenetrare l’umano. E a farlo suo. E così a resuscitarlo nella magica finzione del romanzo.

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Di: marco salvador http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-172284 marco salvador Sat, 05 Mar 2011 18:44:19 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-172284 come tutti i mie romanzi, anche 'l'erede degli dei' è il riflesso di una realta in quello specchio lontano che è la storia. sempre indagando da un lato il potere e i suoi meccanaismi e dall'altro l'essere umano nella sua ricerca della felicità. (INCIPIT) L’appuntamento era nei pressi delle sorgenti del fiume Tartaro, dove la strada lascia i pascoli assolati per ridursi a sentiero e la vegetazione infittisce fino a diventare un bosco paludoso e oscuro. Dove un antico olmo, tempio d’un dio dimenticato, affonda le radici nell’acqua sorgiva e incombe su un’edicola dedicata a San Cristoforo. Il baio di fra Tebaldo brucava libero lungo il ciglio di un ruscello, la bianca croce dei Cavalieri Ospitalieri dipinta sulla groppiera scarlatta. Legai il mio palafreno a un acero e cercai con lo sguardo il precettore di Valeggio. Vidi i suoi piedi sporgere dall’edicola e mi avvicinai cauto, pronto a mettere mano alla spada temendo fosse stato vittima di un qualche tradimento. Invece stava pregando, in ginocchio, e dovetti attendere il tempo di una Salve Regina prima che si alzasse. Uscì ripulendosi le brache dalla polvere e subito chiese: “Come sta Cangrande, messer Corrado?”. Sono abituato ai modi bruschi di fra Tebaldo e alla sua apparente rozzezza, e anch’io omisi i convenevoli: “La salute è ottima, monsignore. Però, fra le tante preoccupazioni, ora ha pure il motivo di questa vostra urgente e segreta convocazione.” Era circa il mezzodì. Una lama di sole s’incuneava tra le fronde più alte dell’olmo colpendo fra Tebaldo in viso e obbligandolo a strizzare gli occhi. M’indicò un tronco abbandonato all’ombra di un alto sambuco: “Andiamo là e capirete sia l’urgenza sia la segretezza”. Una volta seduti l’uno accanto all’altro sulla corteccia umida e muscosa, aggiunse: “Quali sono le ultime informazioni giuntevi da Mantova?”. (…) Si stavano dirigendo verso palazzo Bonacolsi come se avessero intenzione di allertare Passerino. Finalmente alcune finestre del palazzo si aprirono, i servi cominciarono a sporgersi per guardare giù parlando e gesticolando animatamente fra loro. Si aprì anche l’ingresso principale e uscirono degli armigeri. Si guardarono attorno e rientrarono rapidi. Mio Dio, pensai, la città non risponde. Nello stesso momento la campana del comune iniziò a suonare a martello e da tutte le vie sbucò gente. “Viva Mantova! Abbasso Passerino e le sue gabelle! Viva i Gonzaga!” urlavano. Non erano moltissimi, ma facevano un tal baccano da innervosire perfino i nostri cavalli. Intanto Luigi e i suoi arretravano ponendosi davanti al palazzo del Capitano, e suoi sostenitori aumentavano di attimo in attimo. Fecero la loro comparsa anche i primi fedeli di Passerino e iniziarono ad aggredire e spintonare. In breve la zuffa s’infiammò, si udirono i primi cozzare di lame, le prime grida di dolore. Poi le porte di palazzo Bonacolsi si spalancarono e Passerino uscì in groppa a un palafreno roano. Era da solo e in quel momento ne ebbi la certezza: lui, una rivolta, non l’aveva neppure immaginata. Dovevano averlo appena svegliato. Era vestito sommariamente con brache e camicia, senza spada al fianco. Cominciai ad avanzare lentamente. Ero troppo lontano per cogliere la sua espressione, ma udii la sua voce, tanto forte da sovrastare il chiasso: “Cosa diavolo sta accadendo? Dov’è il pericolo?” Era arrivato nel mezzo della piazza e continuava a guardarsi in giro come se non sapesse da quale parte dirigersi. La gente vicina a lui, anche la più scalmanata, zittiva e si immobilizzava, gli faceva largo impaurita. Dalla parte del palazzo comunale arrivò di corsa un plotone di fanti, le lance puntate ad altezza di cuore. Passerino vide Luigi e i suoi, scorse me e finalmente iniziò a capire ciò che stava accadendo. Lanciò un ruggito portandosi la destra al fianco, si accorse di essere disarmato e volse il cavallo in direzione del duomo. Avanzò solo di pochi passi. Da quella parte si erano posizionati gli uomini delle corporazioni, armati di picche. Allora drizzò il busto e puntò dritto su Luigi. La piazza zittì del tutto e lui, senza timore e ignorando chi sfiorava, sul volto la durezza e l’impenetrabilità di chi si accinge a giustiziare un criminale, giunto a neppure tre passi dai Gonzaga scandì: “Come osate sollevare il popolo contro di me?” “Voi non siete più il signore che abbiamo amato, siete diventato un tiranno” rispose Luigi con voce non proprio ferma. “E voi un traditore, un cane rabbioso che cerca di mordere la mano che l’ha nutrito.” “Vi prego, evitate spargimenti di sangue e arrendetevi” implorò Luigi con voce ancora più malferma. “Nessuno vi toccherà e sarete trattato con il dovuto rispetto. Ve lo giuro sul mio onore.” “Quale onore? Voi non siete un uomo d’onore. Voi siete un uomo morto!” E dicendo questo Passerino girò il cavallo fino a metterlo di fianco a quello dell’avversario. Avanzai ancora insieme ai miei uomini, le spade sguainate, e ci fermammo a non più di dieci passi da Passerino. Lui alzò lentamente la mano destra, afferrò al collo Luigi e iniziò a stringere. Ero ammirato dal coraggio del vecchio condottiero e nello stesso tempo allarmato dal comportamento di chi pretendeva di diventare il nuovo signore di Mantova. Passerino stringeva e Luigi, paonazzo e paralizzato dalla paura, continuava a non mettere mano alla spada. Marzio si piego verso me, preoccupato: “Dobbiamo intervenire?”. Scossi la testa, senza staccare gli occhi dai due nemici. Era una scena assurda. Ancora qualche attimo e Passerino avrebbe strozzato Luigi con una mano sola, senza che neppure i figli intervenissero. Se questo fosse avvenuto, chi avrebbe avuto più l’ardire di ribellarsi? Nelle ore successive ho udito molti chiedersi quale fosse stato il motivo di un tale comportamento, e i più lo attribuivano a vigliaccheria. Non è così. I Gonzaga avevano sinceramente amato Passerino per un’intera vita, l’avevano ammirato, rispettato e temuto. Non è facile spogliare qualcuno della sacralità della quale noi stessi lo abbiamo rivestito. Certo, Passerino era pur sempre solo un uomo; ma anche il crocefisso è solo un pezzo di legno, eppure chi oserebbe piantare il suo pugnale fra le costole scolpite? A provocare la svolta negli eventi fu Alberto da Saviola. Udendo Luigi emettere un gemito roco, smontò da cavallo con la spada in pugno, si avvicinò di corsa a Passerino e lo colpii al fianco destro. Non emise un gemito, ebbe solo una smorfia e per un attimo si piegò in avanti serrando gli occhi. Quindi guardò prima Alberto e poi la camicia che andava inzuppandosi di sangue. La mano lasciò il collo di Luigi, scivolando lenta sul petto del Gonzaga come accarezzandolo, e ricadde aperta e priva di forze. Afferrò le briglie con la sinistra e terreo in volto girò il cavallo. Lo spronò al galoppo verso il suo palazzo, travolgendo chiunque non riusciva a scostarsi in tempo. Nessun ebbe l’ardire di alzare la mano su di lui per tirarlo giù né tantomeno per colpirlo. Ma traballava sempre di più e a un certo punto sembrò cadere. Riuscì a reggersi mollando le briglie e afferrandosi con entrambe le mani all’arcione. Giunto quasi all’ingresso del palazzo, iniziò a vacillare di nuovo. Il cavallo proseguiva la sua corsa e, proprio nel momento in cui stava per varcare la soglia, Passerino sbandò e picchiò violentemente la testa contro lo stipite di pietra. Venne sbalzato all’indietro e un attimo dopo ruzzolò a terra. I militi e i servi di guardia all’ingresso fuggirono, senza neppure tentare di trascinarlo dentro l’androne. Luigi e Feltrino non si mossero. Furono Guido e Filippino a balzare da cavallo e correre verso Passerino tallonati da Alberto. Feci un cenno a Marzio e, ancor prima che si formasse ressa attorno al ferito, ci disponemmo in modo da poter bloccare l’ingresso a palazzo Bonacolsi. Poi smontai anch’io e mi inginocchiai accanto a Passerino, spintonando via Alberto di Saviola. Giaceva prono, il viso di profilo, la fronte spaccata. Dalla bocca gli usciva una schiuma rossastra, gli occhi erano vitrei, la pelle giallognola e la pozzanghera di sangue sotto di lui si stava rapidamente allargando. Misi due dita sulla giugulare: Passerino era morto. Morto stupidamente e disarmato per mano di chi neppure considerava degno di essere salutato per primo quando lo incrociava. Uno degli dei, uno degli uomini più potenti d’Italia, giaceva fra il lerciume della strada. (….) Come doveva essere il mondo prima che l’uomo lo lordasse, così si può definire l’Istria. Un compendio della terra che dalle scogliere d’occidente a quelle d’oriente, fra colli, monti e dirupi, nel fitto dei boschi e nelle oscurità delle grotte, racchiude molti segreti. Conoscerla è come spiare nell’officina di Dio, uno sfiorare i misteri della vita e della morte, un tremare davanti a sublimi bellezze e indicibili orrori. Anche se ci arrivai d’inverno, anche se ero solo un ragazzo, l’amai subito. Forse per questo, giunto in vista di Pisino, temetti di essermi imbattuto in un’ingiuria del maligno. Mi accompagnavano due soldati e un messaggero con lettere e ordinanze, e mi stupii nel vederli rasserenarsi guardando le lunghe mura merlate che racchiudono in un’elisse il castello e i borghi, con cinque torri, allineate al poderoso mastio, piantato sul ciglio di un precipizio. Il tutto nudo, privo di qualsiasi linea che non fosse orizzontale e verticale ad ammorbidirlo, non una bandiera o una finestra dai vetri colorati a rompere l’uniformità grigia della pietra. La mia mente andò subito ai racconti di Mainardo su Giovanni, il capitano del castello, e mi venne la pelle d’oca. Come se stessi per entrare nell’inferno e incontrare Satana. (…) Anche se l’ordine proveniva da tali potenti, farlo eseguire non fu facile. Il pievano e i suoi cappellani asserivano di aver bisogno del permesso almeno del vicario vescovile e di dover prima indagare se la tomba avesse proprietari ancora in vita. Allora Galeazzo mandò uno dei sacrestani a chiamare il podestà nel vicino palazzo del Comune. Nel frattempo lasciammo la casa presbiterale e andammo nella chiesa di Santa Maria, molto grande, e antica e con tre navate. Era deserta, appena rischiarata dal lume davanti al ciborio e dalle tre lucerne appese all’arco trionfale. Il piccolo corteo, aperto da Galeazzo e chiuso da un diacono piccolo e segaligno, pareva una processione. Nere figure avvolte in pesanti mantelli, facevano risuonare sulle pietre del pavimento il passo pesante del potere mentre altre scivolavano quasi volessero mostrare un silenzioso disappunto. Mi guardai in giro e nonostante l’oscurità, senza chiedere nulla ai preti, individuai la tomba a pochi passi dalla nicchia dove si apriva una porta dai grossi catenacci. Mi fermai a un passo dalla lastra marmorea e la indicai: “Se non ricordo male, se mio nonno non si è confuso, dovrebbe essere questa”. Rimanemmo silenziosi in attesa del podestà, in una penombra tanto cupa da non poter distinguere i lineamenti del vicino. Giunse trafelato, seguito da un cancelliere e due consiglieri. Il sacrestano doveva avergli anticipato il motivo della chiamata perché, dopo aver ripetuto ‘se si può vi si verrà incontro’, chiese una fiaccola per controllare l’iscrizione sulla pietra tombale. Era certo, diceva, che si trattava di una tomba inutilizzata da almeno cinquant’anni avendone lui sessanta e non ricordando sepolture. Il cancelliere e i consiglieri annuivano e confermavano. Gli portarono una fiaccola ed egli illuminò l’iscrizione: sospirando, soffiando, facendo pause e borbottando, passò l’indice sulle lettere consumate da migliaia di passi e quindi si rivolse al cancelliere: “Controllate anche voi, ser Battista. Credo ci siano scritte le parole odoricus cremensis. Mai sentito nominare. Il secondo numero della data mi pare un due”. Il cancelliere ci mise più tempo e attenzione, quindi sentenziò: “Odoricus Cremonensis et, con la data 1231. Il resto non si legge”. “Reverendissimo, per me si può aprire” decise il podestà. Il pievano capitolò: “Non sarò io a oppormi se a voi va bene e se è per rendere onore a un amico del signore di Milano. Domani chiamerò…” “Non domani. Deve essere fatto subito” lo interruppe Galeazzo. Ci fu un’ulteriore discussione, ma alla fine un cappellano andò a chiamare i becchini e un altro i vicari imperiali. Arrivarono quasi contemporaneamente, e mentre i primi toglievano con lo scalpello la sporcizia accumulata fra la lastra e il pavimento e negli anelli in cui passare le corde, i secondi si disposero attorno alla tomba. Pregavo con la mente, agitato per il macabro spettacolo che avrei avuto presto davanti e per paura di apparire bugiardo. Mi stava nascendo dentro una frenesia, il desiderio di poter anche solo toccare un osso di chi, fino a quel momento, era stato nella mia casa e nella mia vita una presenza costante seppur invisibile. Il poter essere il primo, dopo mio nonno, a toccare Ezzelino stava diventando un’impellenza. Finalmente i quattro becchini passarono le corde negli anelli, le legarono a due grosse pertiche e cominciarono a issare, due per parte. La lastra resistette, poi si mosse stridendo. Si alzò da un lato e dall’altro dondolando. I becchini piegarono le ginocchia, si misero le pertiche in spalla e sollevarono la lastra di due palmi. All’ordine di uno, fecero un passo in avanti e i preti si scostarono. Due passi, tre, e con un colpo sordo, quasi un boato, poggiarono la lapide sul pavimento. Per alcuni attimi si udì solo l’ansimare dei becchini. Gli sguardi di tutti erano piantati nel rettangolo nero del sepolcro aperto. Avanzai e guardai dentro. Non si vedeva nulla. Matteo Visconti strappò la fiaccola di mano al podestà, si inginocchiò sul bordo della tomba, allungò il braccio dentro e guardò. “Mio Dio onnipotente e misericordioso!” esclamò. Non mi mossi. Gli altri mi passarono davanti e ci furono esclamazioni di sorpresa, di timore. Il pievano si fece il segno della croce e si ritirò con un balzo. Uno dei cappellani si mise entrambe le mani aperte davanti alla bocca. Passerino disse: “Non può essere. Quest’uomo non può essere stato sepolto sessant’anni fa”. Cominciavo ad aver paura, ero frastornato e non avevo il coraggio di farmi avanti. Sentii una mano afferrarmi per un braccio e tirarmi. Era Matteo Visconti, e mentre lo faceva sussurrò: “Figliolo, guarda”. I bagliori della fiaccola facevano sembrare il sepolcro un forno fiammeggiante. In fondo, su un letto di ossa scomposte, giaceva un uomo come se dormisse. Il volto, circondato da una fitta barba rossastra, era legnoso, color del cuoio vecchio, con i lineamenti ben scolpiti. E così le mani incrociate sull’elsa della spada. Di una gamba, dove la tunica era marcita, si vedeva la rotula; l’altra pareva non esserci. Sul petto luccicava un collare con il medaglione d’oro e sul capo calvo c’era un cerchio anch’esso d’oro. Mi parve di avere davanti la mummia di mio zio Rosso, la stessa forma del volto, lo stesso naso. Dentro di me gioia, commozione e timore; tutti assieme mi davano dolore. Non riuscii a trattenere un singhiozzo e caddi in ginocchio. E s’inginocchiarono pure Cangrande e Passerino. Matteo quasi gridava: “Ecco, ecco la prova delle menzogne! Il suo corpo incorrotto ne è la prova. Non un tiranno, ma un santo. Sì, Ezzelino era un santo. Altrimenti l’Onnipotente non avrebbe preservato il suo corpo dalla dissoluzione e dai vermi!”. A udire il nome di Ezzelino, i preti si ritirassero in gruppo nella navata centrale, e quando ebbi ripreso il controllo di me vidi Matteo raggiungerli e parlare animatamente con loro. A un tratto ci girammo tutti, perché lo sentimmo urlare: “Come osate chiamarlo tiranno e scomunicato?”. Lo raggiunsi rapido, senza che nessuno me lo chiedesse, e guardando negli occhi il pievano dissi: “Reverendo padre, mio nonno era qui e ripeto le sue parole. Sulla mia anima. Prima di morire Ezzelino si è confessato ed è stato assolto. Da un frate di Padova, da un custode della tomba del santo Antonio”. Il pievano agito le mani davanti al viso, come a scacciare una bestemmia. “Non basta la vostra parola, signore. Non basta!” ripeté. Intanto anche Cangrande si era avvicinato e, dopo aver ascoltato, mise una mano sotto il mantello, ne estrasse una borsa piena di monete, l’agitò per far udire il tintinnare dell’oro e la tese al pievano dicendo con voce melliflua: “Per i poveri, pievano”. Arrivò pure Passerino e anche lui tese una borsa: “Per tutti i lumi, i ceri e le candele che riuscirete a portare qui. Subito”. Il pievano si fece altero, si rizzò sulle spalle e disse: “Però a porte chiuse. Credo a questo giovane cavaliere, ma a un parte del popolo di Soncino potrebbe sembrare un sacrilegio”. “Il sacrilegio lo fate voi… e se non ubbidite potrei farlo io” gli gridò Matteo Visconti mettendo il suo viso a un palmo da quello del povero pievano, il quale impallidì a tal punto che temetti di vederlo stramazzare a terra. In breve attorno alla tomba ci fu ogni tipo di luminaria e la chiesa risplendeva tutta. Il pievano e i suoi cappellani, indossati i paramenti sacri, recitarono preghiere sul corpo di mio bisnonno, seguite da una messa solenne. Si era fatta notte alta e prima di richiudere il sepolcro ci misero una scaletta e uno alla volta scendemmo per recitare una preghiera toccandolo una preghiera. Scesi per ultimo e rimasi a lungo. Volli imprimermi nella mente il volto di Ezzelino che ancora oggi è scolpito in me come nella pietra. Appena risalito, Matteo mi sussurrò: “Volete la spada del vostro avo? Vi spetterebbe di diritto”. Il desiderio di averla era forte. Ma ciò che è dei morti deve restare ai morti, così mi avevano insegnato, e con grande delusione del signore di Milano, pronto a prendersi anche lui una reliquia, dissi di no. Da quel momento tutti i presenti al placito mi trattarono da amicopari. Non importava se loro erano signori di città e castelli e io un giovane cavaliere nato in uno sperduto luogo del Friuli; ero carne e sangue di Ezzelino, l’erede di uno dei loro dei. La giovane età e l’incoscienza che sempre l’accompagna resero facile adeguarmi e non provai disagio per tanto onore. (…) Sottoscritti i patti, subito Cangrande inviò messi ad annunciare a tutte le città a lui soggette e a quelle alleate la presa della Marca, e gli amici iniziarono a chiamarlo sire e i nemici a tremare. Come aveva profetizzato alla sua nascita l’astrologo Scotto, era l’erede di Ezzelino. Per questo mi volle al suo fianco quando entrò trionfalmente a Treviso: io legavo in lui il passato al presente, ero la testimonianza visibile che quanto era stato proditoriamente frantumato finalmente e giustamente si era riunito. Ma il Signore altissimo umilia i potenti e innalza gli umili, e scelse Cangrande per mostrare all’intero mondo questa verità. Era una giornata afosa e quando giungemmo alla porta dei Santi Quaranta, per fare l’ingresso trionfale rivestiti delle armature lucenti, le spade nei foderi e gli elmi poggiati sull’arcione, Cangrande compì un’azione innocente. Mi tese l’elmo, balzò giù da cavallo e affondo il viso in una fresca fontana detta di Sant’Agata. Bevve a lungo, assetato, schioccando soddisfatto le labbra. Quindi rimontò a cavallo, riprese l’elmo e si godette l’omaggio della città e dei suoi rappresentanti. Avevano preparato per lui, i suoi capitani e me delle belle stanze nel palazzo vescovile. Là ci spogliammo delle armi, e i valletti ci preparano un bagno e le vesti per il banchetto organizzato dal vescovo Ubaldo. Quando fu l’ora, tutti scendemmo nel salone dove attendevano anche il prelato, il podestà Pietro dal Verme e i rappresentanti dei consigli della città. Eravamo allegri, affamati e scherzavamo sul ritardo di Cangrande. Poi venne il suo valletto e mi disse di seguirlo. Ricordo che Marsilio mi gridò dietro: “Digli di scendere anche in brache e camicia, purché si mangi!”. Sedeva semivestito sul letto e con lui c’era Canzio, il medico. Era un po’ pallido, ma per nulla sofferente. Anzi, solo rabbioso. Il motivo lo compresi subito perché, neppure il tempo di chiedere cosa avesse, dovette correre alla comoda per scaricare il ventre. E dal puzzo della stanza non si trattava certo della prima volta. Mi scappò di sorridere e lui mi guardò torvo, mentre Canzio diceva: “Accaldato com’era non era proprio il caso di bere tutta quell’acqua fredda”. Insomma, Cangrande non poté festeggiare a causa della dissenteria. Non riusciva proprio a lasciare la camera. A tutti parve solo una beffa e il banchetto si fece egualmente, con solo la delusione di alcune dame desiderose di conoscere il grande conquistatore. Né ci si preoccupò, vista la forza dell’uomo e la sua giovane età. Infatti, l’indomani mi occupai unicamente di far sì che Ugo e agli altri goriziani potessero partire con i loro averi senza nessuno a porgli intralci, e solo al calar della sera tornai da Cangrande. Era febbricitante, ma pure lui scherzò con me dicendo di voler far scrivere un poema sulla merda, più forte ed eroica di qualsiasi esercito da lui affrontato. Dormii placidamente fino a due ore prima del sorgere del sole, quando Canzio venne a svegliarmi con sul viso una grande preoccupazione. Non voglio farla lunga perché ancora duole. Il malefico flusso del ventre, iniziato il diciotto di agosto, nonostante le pozioni di digitale somministrate da Canzio, il ventiduesimo giorno di agosto del 1329 gli fermò il cuore ed egli giacque morto. Così seccò anche il mio ultimo perindeo, e da quel giorno non ebbi più ombra dove trovare protezione. come tutti i mie romanzi, anche ‘l’erede degli dei’ è il riflesso di una realta in quello specchio lontano che è la storia. sempre indagando da un lato il potere e i suoi meccanaismi e dall’altro l’essere umano nella sua ricerca della felicità.

(INCIPIT)
L’appuntamento era nei pressi delle sorgenti del fiume Tartaro, dove la strada lascia i pascoli assolati per ridursi a sentiero e la vegetazione infittisce fino a diventare un bosco paludoso e oscuro. Dove un antico olmo, tempio d’un dio dimenticato, affonda le radici nell’acqua sorgiva e incombe su un’edicola dedicata a San Cristoforo.
Il baio di fra Tebaldo brucava libero lungo il ciglio di un ruscello, la bianca croce dei Cavalieri Ospitalieri dipinta sulla groppiera scarlatta. Legai il mio palafreno a un acero e cercai con lo sguardo il precettore di Valeggio. Vidi i suoi piedi sporgere dall’edicola e mi avvicinai cauto, pronto a mettere mano alla spada temendo fosse stato vittima di un qualche tradimento. Invece stava pregando, in ginocchio, e dovetti attendere il tempo di una Salve Regina prima che si alzasse. Uscì ripulendosi le brache dalla polvere e subito chiese: “Come sta Cangrande, messer Corrado?”.
Sono abituato ai modi bruschi di fra Tebaldo e alla sua apparente rozzezza, e anch’io omisi i convenevoli: “La salute è ottima, monsignore. Però, fra le tante preoccupazioni, ora ha pure il motivo di questa vostra urgente e segreta convocazione.”
Era circa il mezzodì. Una lama di sole s’incuneava tra le fronde più alte dell’olmo colpendo fra Tebaldo in viso e obbligandolo a strizzare gli occhi. M’indicò un tronco abbandonato all’ombra di un alto sambuco: “Andiamo là e capirete sia l’urgenza sia la segretezza”. Una volta seduti l’uno accanto all’altro sulla corteccia umida e muscosa, aggiunse: “Quali sono le ultime informazioni giuntevi da Mantova?”.
(…)
Si stavano dirigendo verso palazzo Bonacolsi come se avessero intenzione di allertare Passerino. Finalmente alcune finestre del palazzo si aprirono, i servi cominciarono a sporgersi per guardare giù parlando e gesticolando animatamente fra loro. Si aprì anche l’ingresso principale e uscirono degli armigeri. Si guardarono attorno e rientrarono rapidi. Mio Dio, pensai, la città non risponde. Nello stesso momento la campana del comune iniziò a suonare a martello e da tutte le vie sbucò gente.
“Viva Mantova! Abbasso Passerino e le sue gabelle! Viva i Gonzaga!” urlavano.
Non erano moltissimi, ma facevano un tal baccano da innervosire perfino i nostri cavalli. Intanto Luigi e i suoi arretravano ponendosi davanti al palazzo del Capitano, e suoi sostenitori aumentavano di attimo in attimo. Fecero la loro comparsa anche i primi fedeli di Passerino e iniziarono ad aggredire e spintonare. In breve la zuffa s’infiammò, si udirono i primi cozzare di lame, le prime grida di dolore. Poi le porte di palazzo Bonacolsi si spalancarono e Passerino uscì in groppa a un palafreno roano. Era da solo e in quel momento ne ebbi la certezza: lui, una rivolta, non l’aveva neppure immaginata.
Dovevano averlo appena svegliato. Era vestito sommariamente con brache e camicia, senza spada al fianco. Cominciai ad avanzare lentamente. Ero troppo lontano per cogliere la sua espressione, ma udii la sua voce, tanto forte da sovrastare il chiasso:
“Cosa diavolo sta accadendo? Dov’è il pericolo?”
Era arrivato nel mezzo della piazza e continuava a guardarsi in giro come se non sapesse da quale parte dirigersi. La gente vicina a lui, anche la più scalmanata, zittiva e si immobilizzava, gli faceva largo impaurita. Dalla parte del palazzo comunale arrivò di corsa un plotone di fanti, le lance puntate ad altezza di cuore. Passerino vide Luigi e i suoi, scorse me e finalmente iniziò a capire ciò che stava accadendo. Lanciò un ruggito portandosi la destra al fianco, si accorse di essere disarmato e volse il cavallo in direzione del duomo. Avanzò solo di pochi passi. Da quella parte si erano posizionati gli uomini delle corporazioni, armati di picche. Allora drizzò il busto e puntò dritto su Luigi. La piazza zittì del tutto e lui, senza timore e ignorando chi sfiorava, sul volto la durezza e l’impenetrabilità di chi si accinge a giustiziare un criminale, giunto a neppure tre passi dai Gonzaga scandì:
“Come osate sollevare il popolo contro di me?”
“Voi non siete più il signore che abbiamo amato, siete diventato un tiranno” rispose Luigi con voce non proprio ferma.
“E voi un traditore, un cane rabbioso che cerca di mordere la mano che l’ha nutrito.”
“Vi prego, evitate spargimenti di sangue e arrendetevi” implorò Luigi con voce ancora più malferma. “Nessuno vi toccherà e sarete trattato con il dovuto rispetto. Ve lo giuro sul mio onore.”
“Quale onore? Voi non siete un uomo d’onore. Voi siete un uomo morto!”
E dicendo questo Passerino girò il cavallo fino a metterlo di fianco a quello dell’avversario. Avanzai ancora insieme ai miei uomini, le spade sguainate, e ci fermammo a non più di dieci passi da Passerino. Lui alzò lentamente la mano destra, afferrò al collo Luigi e iniziò a stringere. Ero ammirato dal coraggio del vecchio condottiero e nello stesso tempo allarmato dal comportamento di chi pretendeva di diventare il nuovo signore di Mantova. Passerino stringeva e Luigi, paonazzo e paralizzato dalla paura, continuava a non mettere mano alla spada.
Marzio si piego verso me, preoccupato: “Dobbiamo intervenire?”.
Scossi la testa, senza staccare gli occhi dai due nemici. Era una scena assurda. Ancora qualche attimo e Passerino avrebbe strozzato Luigi con una mano sola, senza che neppure i figli intervenissero. Se questo fosse avvenuto, chi avrebbe avuto più l’ardire di ribellarsi?
Nelle ore successive ho udito molti chiedersi quale fosse stato il motivo di un tale comportamento, e i più lo attribuivano a vigliaccheria. Non è così. I Gonzaga avevano sinceramente amato Passerino per un’intera vita, l’avevano ammirato, rispettato e temuto. Non è facile spogliare qualcuno della sacralità della quale noi stessi lo abbiamo rivestito. Certo, Passerino era pur sempre solo un uomo; ma anche il crocefisso è solo un pezzo di legno, eppure chi oserebbe piantare il suo pugnale fra le costole scolpite?
A provocare la svolta negli eventi fu Alberto da Saviola. Udendo Luigi emettere un gemito roco, smontò da cavallo con la spada in pugno, si avvicinò di corsa a Passerino e lo colpii al fianco destro. Non emise un gemito, ebbe solo una smorfia e per un attimo si piegò in avanti serrando gli occhi. Quindi guardò prima Alberto e poi la camicia che andava inzuppandosi di sangue. La mano lasciò il collo di Luigi, scivolando lenta sul petto del Gonzaga come accarezzandolo, e ricadde aperta e priva di forze. Afferrò le briglie con la sinistra e terreo in volto girò il cavallo. Lo spronò al galoppo verso il suo palazzo, travolgendo chiunque non riusciva a scostarsi in tempo. Nessun ebbe l’ardire di alzare la mano su di lui per tirarlo giù né tantomeno per colpirlo. Ma traballava sempre di più e a un certo punto sembrò cadere. Riuscì a reggersi mollando le briglie e afferrandosi con entrambe le mani all’arcione. Giunto quasi all’ingresso del palazzo, iniziò a vacillare di nuovo. Il cavallo proseguiva la sua corsa e, proprio nel momento in cui stava per varcare la soglia, Passerino sbandò e picchiò violentemente la testa contro lo stipite di pietra. Venne sbalzato all’indietro e un attimo dopo ruzzolò a terra. I militi e i servi di guardia all’ingresso fuggirono, senza neppure tentare di trascinarlo dentro l’androne.
Luigi e Feltrino non si mossero. Furono Guido e Filippino a balzare da cavallo e correre verso Passerino tallonati da Alberto. Feci un cenno a Marzio e, ancor prima che si formasse ressa attorno al ferito, ci disponemmo in modo da poter bloccare l’ingresso a palazzo Bonacolsi. Poi smontai anch’io e mi inginocchiai accanto a Passerino, spintonando via Alberto di Saviola. Giaceva prono, il viso di profilo, la fronte spaccata. Dalla bocca gli usciva una schiuma rossastra, gli occhi erano vitrei, la pelle giallognola e la pozzanghera di sangue sotto di lui si stava rapidamente allargando. Misi due dita sulla giugulare: Passerino era morto. Morto stupidamente e disarmato per mano di chi neppure considerava degno di essere salutato per primo quando lo incrociava. Uno degli dei, uno degli uomini più potenti d’Italia, giaceva fra il lerciume della strada.
(….)
Come doveva essere il mondo prima che l’uomo lo lordasse, così si può definire l’Istria. Un compendio della terra che dalle scogliere d’occidente a quelle d’oriente, fra colli, monti e dirupi, nel fitto dei boschi e nelle oscurità delle grotte, racchiude molti segreti. Conoscerla è come spiare nell’officina di Dio, uno sfiorare i misteri della vita e della morte, un tremare davanti a sublimi bellezze e indicibili orrori. Anche se ci arrivai d’inverno, anche se ero solo un ragazzo, l’amai subito. Forse per questo, giunto in vista di Pisino, temetti di essermi imbattuto in un’ingiuria del maligno.
Mi accompagnavano due soldati e un messaggero con lettere e ordinanze, e mi stupii nel vederli rasserenarsi guardando le lunghe mura merlate che racchiudono in un’elisse il castello e i borghi, con cinque torri, allineate al poderoso mastio, piantato sul ciglio di un precipizio. Il tutto nudo, privo di qualsiasi linea che non fosse orizzontale e verticale ad ammorbidirlo, non una bandiera o una finestra dai vetri colorati a rompere l’uniformità grigia della pietra. La mia mente andò subito ai racconti di Mainardo su Giovanni, il capitano del castello, e mi venne la pelle d’oca. Come se stessi per entrare nell’inferno e incontrare Satana.
(…)
Anche se l’ordine proveniva da tali potenti, farlo eseguire non fu facile. Il pievano e i suoi cappellani asserivano di aver bisogno del permesso almeno del vicario vescovile e di dover prima indagare se la tomba avesse proprietari ancora in vita. Allora Galeazzo mandò uno dei sacrestani a chiamare il podestà nel vicino palazzo del Comune. Nel frattempo lasciammo la casa presbiterale e andammo nella chiesa di Santa Maria, molto grande, e antica e con tre navate. Era deserta, appena rischiarata dal lume davanti al ciborio e dalle tre lucerne appese all’arco trionfale. Il piccolo corteo, aperto da Galeazzo e chiuso da un diacono piccolo e segaligno, pareva una processione. Nere figure avvolte in pesanti mantelli, facevano risuonare sulle pietre del pavimento il passo pesante del potere mentre altre scivolavano quasi volessero mostrare un silenzioso disappunto. Mi guardai in giro e nonostante l’oscurità, senza chiedere nulla ai preti, individuai la tomba a pochi passi dalla nicchia dove si apriva una porta dai grossi catenacci. Mi fermai a un passo dalla lastra marmorea e la indicai:
“Se non ricordo male, se mio nonno non si è confuso, dovrebbe essere questa”.
Rimanemmo silenziosi in attesa del podestà, in una penombra tanto cupa da non poter distinguere i lineamenti del vicino. Giunse trafelato, seguito da un cancelliere e due consiglieri. Il sacrestano doveva avergli anticipato il motivo della chiamata perché, dopo aver ripetuto ‘se si può vi si verrà incontro’, chiese una fiaccola per controllare l’iscrizione sulla pietra tombale. Era certo, diceva, che si trattava di una tomba inutilizzata da almeno cinquant’anni avendone lui sessanta e non ricordando sepolture. Il cancelliere e i consiglieri annuivano e confermavano. Gli portarono una fiaccola ed egli illuminò l’iscrizione: sospirando, soffiando, facendo pause e borbottando, passò l’indice sulle lettere consumate da migliaia di passi e quindi si rivolse al cancelliere:
“Controllate anche voi, ser Battista. Credo ci siano scritte le parole odoricus cremensis. Mai sentito nominare. Il secondo numero della data mi pare un due”.
Il cancelliere ci mise più tempo e attenzione, quindi sentenziò:
“Odoricus Cremonensis et, con la data 1231. Il resto non si legge”.
“Reverendissimo, per me si può aprire” decise il podestà.
Il pievano capitolò:
“Non sarò io a oppormi se a voi va bene e se è per rendere onore a un amico del signore di Milano. Domani chiamerò…”
“Non domani. Deve essere fatto subito” lo interruppe Galeazzo.
Ci fu un’ulteriore discussione, ma alla fine un cappellano andò a chiamare i becchini e un altro i vicari imperiali. Arrivarono quasi contemporaneamente, e mentre i primi toglievano con lo scalpello la sporcizia accumulata fra la lastra e il pavimento e negli anelli in cui passare le corde, i secondi si disposero attorno alla tomba. Pregavo con la mente, agitato per il macabro spettacolo che avrei avuto presto davanti e per paura di apparire bugiardo. Mi stava nascendo dentro una frenesia, il desiderio di poter anche solo toccare un osso di chi, fino a quel momento, era stato nella mia casa e nella mia vita una presenza costante seppur invisibile. Il poter essere il primo, dopo mio nonno, a toccare Ezzelino stava diventando un’impellenza.
Finalmente i quattro becchini passarono le corde negli anelli, le legarono a due grosse pertiche e cominciarono a issare, due per parte. La lastra resistette, poi si mosse stridendo. Si alzò da un lato e dall’altro dondolando. I becchini piegarono le ginocchia, si misero le pertiche in spalla e sollevarono la lastra di due palmi. All’ordine di uno, fecero un passo in avanti e i preti si scostarono. Due passi, tre, e con un colpo sordo, quasi un boato, poggiarono la lapide sul pavimento. Per alcuni attimi si udì solo l’ansimare dei becchini. Gli sguardi di tutti erano piantati nel rettangolo nero del sepolcro aperto. Avanzai e guardai dentro. Non si vedeva nulla. Matteo Visconti strappò la fiaccola di mano al podestà, si inginocchiò sul bordo della tomba, allungò il braccio dentro e guardò.
“Mio Dio onnipotente e misericordioso!” esclamò.
Non mi mossi. Gli altri mi passarono davanti e ci furono esclamazioni di sorpresa, di timore. Il pievano si fece il segno della croce e si ritirò con un balzo. Uno dei cappellani si mise entrambe le mani aperte davanti alla bocca. Passerino disse:
“Non può essere. Quest’uomo non può essere stato sepolto sessant’anni fa”.
Cominciavo ad aver paura, ero frastornato e non avevo il coraggio di farmi avanti. Sentii una mano afferrarmi per un braccio e tirarmi. Era Matteo Visconti, e mentre lo faceva sussurrò:
“Figliolo, guarda”.
I bagliori della fiaccola facevano sembrare il sepolcro un forno fiammeggiante. In fondo, su un letto di ossa scomposte, giaceva un uomo come se dormisse. Il volto, circondato da una fitta barba rossastra, era legnoso, color del cuoio vecchio, con i lineamenti ben scolpiti. E così le mani incrociate sull’elsa della spada. Di una gamba, dove la tunica era marcita, si vedeva la rotula; l’altra pareva non esserci. Sul petto luccicava un collare con il medaglione d’oro e sul capo calvo c’era un cerchio anch’esso d’oro. Mi parve di avere davanti la mummia di mio zio Rosso, la stessa forma del volto, lo stesso naso. Dentro di me gioia, commozione e timore; tutti assieme mi davano dolore. Non riuscii a trattenere un singhiozzo e caddi in ginocchio. E s’inginocchiarono pure Cangrande e Passerino. Matteo quasi gridava:
“Ecco, ecco la prova delle menzogne! Il suo corpo incorrotto ne è la prova. Non un tiranno, ma un santo. Sì, Ezzelino era un santo. Altrimenti l’Onnipotente non avrebbe preservato il suo corpo dalla dissoluzione e dai vermi!”.
A udire il nome di Ezzelino, i preti si ritirassero in gruppo nella navata centrale, e quando ebbi ripreso il controllo di me vidi Matteo raggiungerli e parlare animatamente con loro. A un tratto ci girammo tutti, perché lo sentimmo urlare:
“Come osate chiamarlo tiranno e scomunicato?”.
Lo raggiunsi rapido, senza che nessuno me lo chiedesse, e guardando negli occhi il pievano dissi:
“Reverendo padre, mio nonno era qui e ripeto le sue parole. Sulla mia anima. Prima di morire Ezzelino si è confessato ed è stato assolto. Da un frate di Padova, da un custode della tomba del santo Antonio”.
Il pievano agito le mani davanti al viso, come a scacciare una bestemmia.
“Non basta la vostra parola, signore. Non basta!” ripeté.
Intanto anche Cangrande si era avvicinato e, dopo aver ascoltato, mise una mano sotto il mantello, ne estrasse una borsa piena di monete, l’agitò per far udire il tintinnare dell’oro e la tese al pievano dicendo con voce melliflua:
“Per i poveri, pievano”.
Arrivò pure Passerino e anche lui tese una borsa:
“Per tutti i lumi, i ceri e le candele che riuscirete a portare qui. Subito”.
Il pievano si fece altero, si rizzò sulle spalle e disse:
“Però a porte chiuse. Credo a questo giovane cavaliere, ma a un parte del popolo di Soncino potrebbe sembrare un sacrilegio”.
“Il sacrilegio lo fate voi… e se non ubbidite potrei farlo io” gli gridò Matteo Visconti mettendo il suo viso a un palmo da quello del povero pievano, il quale impallidì a tal punto che temetti di vederlo stramazzare a terra.
In breve attorno alla tomba ci fu ogni tipo di luminaria e la chiesa risplendeva tutta. Il pievano e i suoi cappellani, indossati i paramenti sacri, recitarono preghiere sul corpo di mio bisnonno, seguite da una messa solenne. Si era fatta notte alta e prima di richiudere il sepolcro ci misero una scaletta e uno alla volta scendemmo per recitare una preghiera toccandolo una preghiera. Scesi per ultimo e rimasi a lungo. Volli imprimermi nella mente il volto di Ezzelino che ancora oggi è scolpito in me come nella pietra. Appena risalito, Matteo mi sussurrò:
“Volete la spada del vostro avo? Vi spetterebbe di diritto”.
Il desiderio di averla era forte. Ma ciò che è dei morti deve restare ai morti, così mi avevano insegnato, e con grande delusione del signore di Milano, pronto a prendersi anche lui una reliquia, dissi di no. Da quel momento tutti i presenti al placito mi trattarono da amicopari. Non importava se loro erano signori di città e castelli e io un giovane cavaliere nato in uno sperduto luogo del Friuli; ero carne e sangue di Ezzelino, l’erede di uno dei loro dei. La giovane età e l’incoscienza che sempre l’accompagna resero facile adeguarmi e non provai disagio per tanto onore.
(…)
Sottoscritti i patti, subito Cangrande inviò messi ad annunciare a tutte le città a lui soggette e a quelle alleate la presa della Marca, e gli amici iniziarono a chiamarlo sire e i nemici a tremare. Come aveva profetizzato alla sua nascita l’astrologo Scotto, era l’erede di Ezzelino. Per questo mi volle al suo fianco quando entrò trionfalmente a Treviso: io legavo in lui il passato al presente, ero la testimonianza visibile che quanto era stato proditoriamente frantumato finalmente e giustamente si era riunito. Ma il Signore altissimo umilia i potenti e innalza gli umili, e scelse Cangrande per mostrare all’intero mondo questa verità.
Era una giornata afosa e quando giungemmo alla porta dei Santi Quaranta, per fare l’ingresso trionfale rivestiti delle armature lucenti, le spade nei foderi e gli elmi poggiati sull’arcione, Cangrande compì un’azione innocente. Mi tese l’elmo, balzò giù da cavallo e affondo il viso in una fresca fontana detta di Sant’Agata. Bevve a lungo, assetato, schioccando soddisfatto le labbra. Quindi rimontò a cavallo, riprese l’elmo e si godette l’omaggio della città e dei suoi rappresentanti.
Avevano preparato per lui, i suoi capitani e me delle belle stanze nel palazzo vescovile. Là ci spogliammo delle armi, e i valletti ci preparano un bagno e le vesti per il banchetto organizzato dal vescovo Ubaldo. Quando fu l’ora, tutti scendemmo nel salone dove attendevano anche il prelato, il podestà Pietro dal Verme e i rappresentanti dei consigli della città. Eravamo allegri, affamati e scherzavamo sul ritardo di Cangrande. Poi venne il suo valletto e mi disse di seguirlo. Ricordo che Marsilio mi gridò dietro: “Digli di scendere anche in brache e camicia, purché si mangi!”.
Sedeva semivestito sul letto e con lui c’era Canzio, il medico. Era un po’ pallido, ma per nulla sofferente. Anzi, solo rabbioso. Il motivo lo compresi subito perché, neppure il tempo di chiedere cosa avesse, dovette correre alla comoda per scaricare il ventre. E dal puzzo della stanza non si trattava certo della prima volta. Mi scappò di sorridere e lui mi guardò torvo, mentre Canzio diceva: “Accaldato com’era non era proprio il caso di bere tutta quell’acqua fredda”.
Insomma, Cangrande non poté festeggiare a causa della dissenteria. Non riusciva proprio a lasciare la camera. A tutti parve solo una beffa e il banchetto si fece egualmente, con solo la delusione di alcune dame desiderose di conoscere il grande conquistatore. Né ci si preoccupò, vista la forza dell’uomo e la sua giovane età. Infatti, l’indomani mi occupai unicamente di far sì che Ugo e agli altri goriziani potessero partire con i loro averi senza nessuno a porgli intralci, e solo al calar della sera tornai da Cangrande. Era febbricitante, ma pure lui scherzò con me dicendo di voler far scrivere un poema sulla merda, più forte ed eroica di qualsiasi esercito da lui affrontato. Dormii placidamente fino a due ore prima del sorgere del sole, quando Canzio venne a svegliarmi con sul viso una grande preoccupazione. Non voglio farla lunga perché ancora duole. Il malefico flusso del ventre, iniziato il diciotto di agosto, nonostante le pozioni di digitale somministrate da Canzio, il ventiduesimo giorno di agosto del 1329 gli fermò il cuore ed egli giacque morto. Così seccò anche il mio ultimo perindeo, e da quel giorno non ebbi più ombra dove trovare protezione.

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Di: marco salvador http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-172374 marco salvador Sat, 05 Mar 2011 18:43:43 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-172374 Mentre alcuni passi del mio ultimo romanzo aspettano il placet di Massimo, due riflessioni sulla finalità dello scrivere e, soprattutto, sull’ambientare le storie in un passato più o meno lontano. Io sono amico di Cecilia Scerbanendo, la figlia di Giorgio padre spirituale dei moderni giallisti italiani. Da lei, in riferimento al padre, ho scoperto che si può scrivere quotidianamente pure con l’unico scopo di intrattenere. Soprattutto quando si ha una famiglia sulle spalle. Ma analizzando le novelle cosiddette “commerciali” di Giorgio, in esse si coglie una nascosta “poetica” comune ai suoi testi di maggior impegno. Perciò io dubito che, nonostante l’impegno in negativo, uno possa totalmente celare quanto di profondo lo spinge alla scrittura. Se essa è necessità dell’animo, a prescindere dallo scopo cui è indirizzata, inevitabilmente lo stesso emerge. Io, ad esempio, ho due “scimmie” sulla schiena e, non importa cosa scriva, esse mi obbligano sempre a indagare l’una su perché il potere quasi sempre corrompa e l’altra su quale sia il limite raggiungibile della felicità umana nonché la sua palingenesi. Per evitare dunque fumose e noiose (almeno per il lettore) elucubrazioni sul mio minuscolo potere e sulla mia più consistente felicità, e per raggiungere una maggiore oggettivazione, preferisco analizzare l’uno e l’altra nei morti che la storia o i documenti (fossero questi anche semplici lastre sepolcrali) mantengono in “vita”. In sintesi, “volgi all’indietro, dove la morte non camminerà mai più perché regna l’immutabilità del già accaduto”. Poi, in quale lealtà e con quale pietas uno tratti le vite degli altri, seppur concluse, dipende di quali e quante sovrastrutture ideologiche è schiavo. Insomma ci può essere la faziosità dantesca della Commedia o la poetica innocenza di Edgard Lee Masters con il grande affresco storico de ‘L’antologia di Spoon River’. Mentre alcuni passi del mio ultimo romanzo aspettano il placet di Massimo, due riflessioni sulla finalità dello scrivere e, soprattutto, sull’ambientare le storie in un passato più o meno lontano. Io sono amico di Cecilia Scerbanendo, la figlia di Giorgio padre spirituale dei moderni giallisti italiani. Da lei, in riferimento al padre, ho scoperto che si può scrivere quotidianamente pure con l’unico scopo di intrattenere. Soprattutto quando si ha una famiglia sulle spalle. Ma analizzando le novelle cosiddette “commerciali” di Giorgio, in esse si coglie una nascosta “poetica” comune ai suoi testi di maggior impegno. Perciò io dubito che, nonostante l’impegno in negativo, uno possa totalmente celare quanto di profondo lo spinge alla scrittura. Se essa è necessità dell’animo, a prescindere dallo scopo cui è indirizzata, inevitabilmente lo stesso emerge. Io, ad esempio, ho due “scimmie” sulla schiena e, non importa cosa scriva, esse mi obbligano sempre a indagare l’una su perché il potere quasi sempre corrompa e l’altra su quale sia il limite raggiungibile della felicità umana nonché la sua palingenesi. Per evitare dunque fumose e noiose (almeno per il lettore) elucubrazioni sul mio minuscolo potere e sulla mia più consistente felicità, e per raggiungere una maggiore oggettivazione, preferisco analizzare l’uno e l’altra nei morti che la storia o i documenti (fossero questi anche semplici lastre sepolcrali) mantengono in “vita”. In sintesi, “volgi all’indietro, dove la morte non camminerà mai più perché regna l’immutabilità del già accaduto”. Poi, in quale lealtà e con quale pietas uno tratti le vite degli altri, seppur concluse, dipende di quali e quante sovrastrutture ideologiche è schiavo. Insomma ci può essere la faziosità dantesca della Commedia o la poetica innocenza di Edgard Lee Masters con il grande affresco storico de ‘L’antologia di Spoon River’.

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Di: marco salvador http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-172334 marco salvador Sat, 05 Mar 2011 17:58:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-172334 @simona. complimenri per l'ultimo post. @simona.
complimenri per l’ultimo post.

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Di: Rossella http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-172292 Rossella Sat, 05 Mar 2011 17:17:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-172292 @ Simona Lo Iacono Ho dovuto leggerti e rileggerti per ben due volte, soffermarmi sulle tue frasi e su Salvatore Satta: però alla fine ho capito l'occhio con il quale inviti a giudicare l'umanità, forse, giustamente, un pò "truccato" , ma tuttavia schietto e diretto alla compassione. Alla fine chi conosce e non si arrende all'oblìo, soffre terribilmente per costruire la propria immortalità. Saluti Rossella Grazie Massimo @ Simona Lo Iacono
Ho dovuto leggerti e rileggerti per ben due volte, soffermarmi sulle tue frasi e su Salvatore Satta: però alla fine ho capito l’occhio con il quale inviti a giudicare l’umanità, forse, giustamente, un pò “truccato” , ma tuttavia schietto e diretto alla compassione. Alla fine chi conosce e non si arrende all’oblìo, soffre terribilmente per costruire la propria immortalità.
Saluti
Rossella

Grazie Massimo

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Di: marco salvador http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/02/25/dibattito-sul-romanzo-storico-2/comment-page-6/#comment-172153 marco salvador Sat, 05 Mar 2011 15:13:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3051#comment-172153 @massimo. scusa la latitanza ma ero in giro a parlare di medioevo. presto metto qui quanto mi hai chiesto. su youtube non mi trovi perché io non mi ci metto e se qualcun altro lo fa chiedo di rimuovere il video. @massimo.
scusa la latitanza ma ero in giro a parlare di medioevo. presto metto qui quanto mi hai chiesto. su youtube non mi trovi perché io non mi ci metto e se qualcun altro lo fa chiedo di rimuovere il video.

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