Commenti a: HOMO INTERNETICUS. QUANDO INTERNET DIVENTA UNA DROGA http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: Antonella Beccari http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-228279 Antonella Beccari Thu, 06 Oct 2011 07:24:10 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-228279 Al riguardo riporto il breve aggiornamento fatto dagli utenti attivi di wikipedia nella giornata di oggi. Ricordo che, dall'altro ieri sera, gli "utenti attivi", cioè chi scrive, appunto per richiamare l'attenzione sul comma, avevano deciso, dopo una lunga discussione interna e per votazione favorevole oppure no, di oscurare l'intero sistema (principalmente ci si chiedeva se oscurare solo delle voci chiave oppure tutto ma ci si rendeva conto che, oscurare solo una parte, non avrebbe messo in grado l'intera utenza di accorgersi di quanto stava succedendo). (E' di poco tempo fa, anche se il fatto non rientra nel contesto del discorso informatico, il rischio di chiusura dell'Accademia della Crusca (!) che, se non fosse stato cambiato l'iniziale progetto di legge, avrebbe portato all'estinzione di un'istituzione secolare). Dunque il proverbiale e machiavellico “a mali estremi estremi rimedi” pare che anche nel caso di wikipedia abbia dato qualche frutto. Wikipedia fa comodo a tutti perchè, solo per ricavare una semplice data e luogo di nascita di un pittore, o una formula chimica, o una bibliografia, basta digitare ciò che si ricerca. La stessa semplice ricerca, senza wikipedia, si trasforma in un iter lungo e tortuoso per arrivare a mettere insieme le stesse informazioni; perchè nessuno o quasi mette informazioni gratuite a disposizione di chiunque. Oggi l'informazione costa e, se non costa, richia di essere di parte. *** "Aggiornamento: l'oscuramento di Wikipedia ha suscitato una grande attenzione da parte di media, enti, associazioni e cittadini. Alcune personalità politiche hanno manifestato l'intenzione di presentare emendamenti che porrebbero Wikipedia al riparo dagli obblighi e modalità previsti dal comma 29 del decreto proposto. Il DDL in discussione si trova qui (approvato dalla Camera l'11 giugno 2009, modificato dal Senato il 10 giugno 2010). * Le voci rimarranno nascoste almeno fino alla discussione alla Camera dei Deputati, prevista per la mattinata del 6 ottobre 2011. * Il diritto di usare la Rete come fonte e luogo di conoscenza è e resta la nostra priorità." ************************************** ************************************** ************************************** ciao Massimo, grazie a te e buona giornata! le mie congratulazioni per il tuo bel viaggio! Al riguardo riporto il breve aggiornamento fatto dagli utenti attivi di wikipedia nella giornata di oggi.
Ricordo che, dall’altro ieri sera, gli “utenti attivi”, cioè chi scrive, appunto per richiamare l’attenzione sul comma, avevano deciso, dopo una lunga discussione interna e per votazione favorevole oppure no, di oscurare l’intero sistema (principalmente ci si chiedeva se oscurare solo delle voci chiave oppure tutto ma ci si rendeva conto che, oscurare solo una parte, non avrebbe messo in grado l’intera utenza di accorgersi di quanto stava succedendo).
(E’ di poco tempo fa, anche se il fatto non rientra nel contesto del discorso informatico, il rischio di chiusura dell’Accademia della Crusca (!) che, se non fosse stato cambiato l’iniziale progetto di legge, avrebbe portato all’estinzione di un’istituzione secolare).
Dunque il proverbiale e machiavellico “a mali estremi estremi rimedi” pare che anche nel caso di wikipedia abbia dato qualche frutto.
Wikipedia fa comodo a tutti perchè, solo per ricavare una semplice data e luogo di nascita di un pittore, o una formula chimica, o una bibliografia, basta digitare ciò che si ricerca. La stessa semplice ricerca, senza wikipedia, si trasforma in un iter lungo e tortuoso per arrivare a mettere insieme le stesse informazioni; perchè nessuno o quasi mette informazioni gratuite a disposizione di chiunque.
Oggi l’informazione costa e, se non costa, richia di essere di parte.

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“Aggiornamento: l’oscuramento di Wikipedia ha suscitato una grande attenzione da parte di media, enti, associazioni e cittadini. Alcune personalità politiche hanno manifestato l’intenzione di presentare emendamenti che porrebbero Wikipedia al riparo dagli obblighi e modalità previsti dal comma 29 del decreto proposto. Il DDL in discussione si trova qui (approvato dalla Camera l’11 giugno 2009, modificato dal Senato il 10 giugno 2010).
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Le voci rimarranno nascoste almeno fino alla discussione alla Camera dei Deputati, prevista per la mattinata del 6 ottobre 2011.
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Il diritto di usare la Rete come fonte e luogo di conoscenza è e resta la nostra priorità.”
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ciao Massimo, grazie a te e buona giornata!
le mie congratulazioni per il tuo bel viaggio!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-228153 Massimo Maugeri Wed, 05 Oct 2011 20:27:34 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-228153 Grazie mille per l'importantissima segnalazione, cara Antonella! Grazie mille per l’importantissima segnalazione, cara Antonella!

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Di: Antonella Beccari http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-228073 Antonella Beccari Wed, 05 Oct 2011 14:53:01 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-228073 E adesso un commento personale, invece. Se entra in vigore la cosa automaticamnte entra in vigore anche il fatto che io mi ritenga lesa, e gli sfondo la voce. E adesso un commento personale, invece.
Se entra in vigore la cosa automaticamnte entra in vigore anche il fatto che io mi ritenga lesa, e gli sfondo la voce.

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Di: Antonella Beccari http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-228071 Antonella Beccari Wed, 05 Oct 2011 14:42:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-228071 Vorrei sottoporre all'attenzione, quanto scrive wikipedia oggi sul suo portale. Non occorre precisare quanto sia in tema con gli argomenti presentati. E non voglio assolutamente commentare perchè tutto si commenta da sè. *** Cara lettrice, caro lettore, - in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c'è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero. - Il Disegno di legge - Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) del comma 29 recita: - «Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.» Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita. - Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni. - Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l'obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine. - Purtroppo, la valutazione della "lesività" di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all'opinione del soggetto che si presume danneggiato. - Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l'introduzione di una "rettifica", volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti. - In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l'intera pagina è stata rimossa. - L'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi. - Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell'onore e dell'immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione. - Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all'arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi". - Vogliamo poter continuare a mantenere un'enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla? - Gli utenti di Wikipedia ************************************************ Viene anche messo in evidenza il seguente articolo: - Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo Articolo 27 «Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.» Vorrei sottoporre all’attenzione, quanto scrive wikipedia oggi sul suo portale.
Non occorre precisare quanto sia in tema con gli argomenti presentati. E non voglio assolutamente commentare perchè tutto si commenta da sè.
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Cara lettrice, caro lettore,
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in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c’è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.
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Il Disegno di legge – Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) del comma 29 recita:
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«Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»
Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita.
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Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.
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Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l’obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
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Purtroppo, la valutazione della “lesività” di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all’opinione del soggetto che si presume danneggiato.
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Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l’introduzione di una “rettifica”, volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
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In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l’intera pagina è stata rimossa.
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L’obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell’Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l’abbiamo conosciuta fino a oggi.
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Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell’onore e dell’immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall’articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.
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Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all’arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per “non avere problemi”.
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Vogliamo poter continuare a mantenere un’enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla?
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Gli utenti di Wikipedia
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Viene anche messo in evidenza il seguente articolo:
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Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
Articolo 27

«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.

Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.»

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Di: Homo interneticus - rassegna stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-225108 Homo interneticus - rassegna stampa Mon, 26 Sep 2011 09:10:49 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-225108 Su Freccia http://www.pianobedizioni.com/FOTO/rassegna_stampa/freccia%20interneticus%20luglio.JPG Su Freccia
http://www.pianobedizioni.com/FOTO/rassegna_stampa/freccia%20interneticus%20luglio.JPG

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Di: Homo interneticus - rassegna stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-225107 Homo interneticus - rassegna stampa Mon, 26 Sep 2011 09:09:04 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-225107 Recensione su GQ http://www.gqitalia.it/show/lifestyle/2011/7/homo-interneticus-restare-umani-nell-era-dell-ossessione-digitale-si-puo Recensione su GQ
http://www.gqitalia.it/show/lifestyle/2011/7/homo-interneticus-restare-umani-nell-era-dell-ossessione-digitale-si-puo

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Di: Homo interneticus - rassegna stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-225106 Homo interneticus - rassegna stampa Mon, 26 Sep 2011 09:07:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-225106 Recensione su Il Corriere della Sera http://www.pianobedizioni.com/FOTO/rassegna_stampa/Siegel-Corriere-della-sera-31-luglio-2011.jpg Recensione su Il Corriere della Sera
http://www.pianobedizioni.com/FOTO/rassegna_stampa/Siegel-Corriere-della-sera-31-luglio-2011.jpg

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Di: Homo interneticus - rassegna stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-225105 Homo interneticus - rassegna stampa Mon, 26 Sep 2011 09:06:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-225105 Recensione su Tiscali spettacoli http://spettacoli.tiscali.it/rubriche/libri/Franchi/1703/articoli/-Homo-Interneticus-Restare-umani-nel-web-Secondo-Lee-Siegel-Piano-B-2011.html Recensione su Tiscali spettacoli
http://spettacoli.tiscali.it/rubriche/libri/Franchi/1703/articoli/-Homo-Interneticus-Restare-umani-nel-web-Secondo-Lee-Siegel-Piano-B-2011.html

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Di: Homo interneticus - rassegna stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-225104 Homo interneticus - rassegna stampa Mon, 26 Sep 2011 09:04:56 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-225104 Recensione su Class http://www.pianobedizioni.com/FOTO/rassegna_stampa/Siegel-Class-Filosofia-agosto-2011.jpg Recensione su Class
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Di: Homo interneticus - rassegna stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-225102 Homo interneticus - rassegna stampa Mon, 26 Sep 2011 09:02:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-225102 Recensione su "Il Secolo d'Italia" http://www.pianobedizioni.com/FOTO/rassegna_stampa/homo-secolo-italia-17-09-2011.jpg Recensione su “Il Secolo d’Italia”
http://www.pianobedizioni.com/FOTO/rassegna_stampa/homo-secolo-italia-17-09-2011.jpg

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-224748 Massimo Maugeri Sun, 25 Sep 2011 10:15:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-224748 Grazie a te, Rossella cara. Grazie a te, Rossella cara.

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Di: Rossella G. http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-224404 Rossella G. Sat, 24 Sep 2011 10:09:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-224404 (prof. Federico Tonioni) Ho riflettuto a lungo sulle parole del suo messaggio. Purtroppo è vero, nella mia vita ho incontrato uomini che hanno esercitato su di me un controllo continuo e che sono stati la causa di tremendi dolori, anche fisici, dal momento che il corpo esprime nella materia l’anima ed il suo errare nelle forme. E’ stata una "coazione a ripetersi" che la psicologia mi ha aiutato a vedere da vicino, per rafforzare la mia vera personalità. Mi riferisco ad una pseudo-protezione esercitata attraverso il potere del proprio ruolo, con tutti i mezzi a loro consentiti (anche subdoli) da parte di familiari, amici, colleghi , la paradossale finzione di voler visionare la mia vita a fin di bene o ancora meglio quant’altro bisognava scartare per inconsce paure mai riconosciute come tali: la maschera di buonismo indossata non per aiutarmi ad evolvere su un piano personale e dunque sociale (mi riferisco anche a situazioni di mobbing lavorativi subite nel passato), ma per controllare il pericolo di luci troppo accecanti che potrebbero essere puntate sulle verità di personaggi che hanno costruito, spesso artificialmente, la propria immagine di successo. La paura di veder crollare il proprio “professionismo” , le proprie “qualifiche” di relazione umana e reciprocità con uno strumento reale che si chiama la logica, resa evidente dalla coscienza che, da sempre, porta ai risultati evidenti: ecco dottore, non c’è niente di più doloroso che aver compreso il sadico, il malvagio che alberga nei falsi “primi uomini” o prime donne che dir si voglia, lo sterminatore senza pietà di tanti dr. Jackill e mr. Hide, senza andare troppo lontano, ce ne sono a centinaia all’interno delle famiglie, nei luoghi di lavoro, nei salotti di amici perbene, laddove determinismo e competizione hanno solidificato gli ego. La nuova tecnologia li aiuta solo a nascondersi, ma il mondo virtuale spesso forse aiuta a celare anche la debolezza di coloro che non riescono a tirare fuori la propria forza interiore nell’impatto “dal vivo”, quella benedetta forza reagente mix di corpo-ragione- sentimento, la sola che consente di spezzare insane dipendenze! la saluto e la ringrazio ancora, Rossella G. (prof. Federico Tonioni)
Ho riflettuto a lungo sulle parole del suo messaggio. Purtroppo è vero, nella mia vita ho incontrato uomini che hanno esercitato su di me un controllo continuo e che sono stati la causa di tremendi dolori, anche fisici, dal momento che il corpo esprime nella materia l’anima ed il suo errare nelle forme. E’ stata una “coazione a ripetersi” che la psicologia mi ha aiutato a vedere da vicino, per rafforzare la mia vera personalità.
Mi riferisco ad una pseudo-protezione esercitata attraverso il potere del proprio ruolo, con tutti i mezzi a loro consentiti (anche subdoli) da parte di familiari, amici, colleghi , la paradossale finzione di voler visionare la mia vita a fin di bene o ancora meglio quant’altro bisognava scartare per inconsce paure mai riconosciute come tali: la maschera di buonismo indossata non per aiutarmi ad evolvere su un piano personale e dunque sociale (mi riferisco anche a situazioni di mobbing lavorativi subite nel passato), ma per controllare il pericolo di luci troppo accecanti che potrebbero essere puntate sulle verità di personaggi che hanno costruito, spesso artificialmente, la propria immagine di successo. La paura di veder crollare il proprio “professionismo” , le proprie “qualifiche” di relazione umana e reciprocità con uno strumento reale che si chiama la logica, resa evidente dalla coscienza che, da sempre, porta ai risultati evidenti: ecco dottore, non c’è niente di più doloroso che aver compreso il sadico, il malvagio che alberga nei falsi “primi uomini” o prime donne che dir si voglia, lo sterminatore senza pietà di tanti dr. Jackill e mr. Hide, senza andare troppo lontano, ce ne sono a centinaia all’interno delle famiglie, nei luoghi di lavoro, nei salotti di amici perbene, laddove determinismo e competizione hanno solidificato gli ego. La nuova tecnologia li aiuta solo a nascondersi, ma il mondo virtuale spesso forse aiuta a celare anche la debolezza di coloro che non riescono a tirare fuori la propria forza interiore nell’impatto “dal vivo”, quella benedetta forza reagente mix di corpo-ragione- sentimento, la sola che consente di spezzare insane dipendenze! la saluto e la ringrazio ancora, Rossella G.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-224112 Massimo Maugeri Fri, 23 Sep 2011 15:18:38 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-224112 Grazie mille a Rossella e a Alberto Mangiagli. Mi accingo a pubblicare un nuovo post, ma spero che qui la discussione possa continuare. Ancora una volta grazie a tutti per la collaborazione! Grazie mille a Rossella e a Alberto Mangiagli.
Mi accingo a pubblicare un nuovo post, ma spero che qui la discussione possa continuare.
Ancora una volta grazie a tutti per la collaborazione!

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Di: Alberto Mangiagli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-224025 Alberto Mangiagli Fri, 23 Sep 2011 07:41:19 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-224025 Anche io ho apprezzato molto le risposte del prof. Tonioni. Grazie! Anche io ho apprezzato molto le risposte del prof. Tonioni.
Grazie!

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Di: Rossella G. http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-224011 Rossella G. Fri, 23 Sep 2011 06:58:01 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-224011 Grazie prof. Tonioni: E' uno studioso molto preciso ed attento, un "addetto ai lavori" che non improvvisa e non commette violazioni. Si, perchè cristiani o non cristiani, oltre l'uomo, c'è IL FIGLIO DELL'UOMO, bisognoso di Sacro rispetto. Forse per alleggerire la profondità del tema, per trasmettere qualcosa di mio, vorrei accennare alla vita di Vincent Van Gogh, di cui ultimamente ho letto l'intera biografia: non tutti sanno che era un profondo conoscitore della letteratura inglese e francese, un fine osservatore dei fenomeni della natura e della figura umana, ma anche di se stesso, al punto che da solo decideva di entrare ed uscire dagli istituti psichiatrici per timore di arrecare danno al prossimo; spesso parlava anche di questo con il fratello Theo, l'unico, in verità, ad averlo amato veramente. E' stato comunque il suicidio del grande illustratore ad avermi intenerito in maniera indelebile, la sua frase finale che, in questo contesto, non vuole teatralità: "mi sparo un colpo alla testa poichè non sopporto più i colpi al petto". Al di là dei problemi contingenti che ogni società propone nel periodo storico preso in esame, l'essere umano ha un aspetto individuale ed uno collettivo, ma, ancor più importante uno immanente ed uno trascendente, un pò come quando lei Prof. risponde "prendersi cura del paziente nella sua complessità". Grazie prof. Tonioni: E’ uno studioso molto preciso ed attento, un “addetto ai lavori” che non improvvisa e non commette violazioni. Si, perchè cristiani o non cristiani, oltre l’uomo, c’è IL FIGLIO DELL’UOMO, bisognoso di Sacro rispetto.
Forse per alleggerire la profondità del tema, per trasmettere qualcosa di mio, vorrei accennare alla vita di Vincent Van Gogh, di cui ultimamente ho letto l’intera biografia: non tutti sanno che era un profondo conoscitore della letteratura inglese e francese, un fine osservatore dei fenomeni della natura e della figura umana, ma anche di se stesso, al punto che da solo decideva di entrare ed uscire dagli istituti psichiatrici per timore di arrecare danno al prossimo; spesso parlava anche di questo con il fratello Theo, l’unico, in verità, ad averlo amato veramente. E’ stato comunque il suicidio del grande illustratore ad avermi intenerito in maniera indelebile, la sua frase finale che, in questo contesto, non vuole teatralità: “mi sparo un colpo alla testa poichè non sopporto più i colpi al petto”.
Al di là dei problemi contingenti che ogni società propone nel periodo storico preso in esame, l’essere umano ha un aspetto individuale ed uno collettivo, ma, ancor più importante uno immanente ed uno trascendente, un pò come quando lei Prof. risponde “prendersi cura del paziente nella sua complessità”.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223909 Massimo Maugeri Thu, 22 Sep 2011 21:32:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223909 A tutti voi, una serena notte. (E una buona lettura) A tutti voi, una serena notte.
(E una buona lettura)

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Di: HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte quinta) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223907 HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte quinta) Thu, 22 Sep 2011 21:30:51 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223907 <b>INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte quinta)</b> - Questo libro non parla della mia esilarante disavventura nel mondo online. Più guardo nel profondo di Internet (in cui, dopotutto, ho guadagnato come critico d’arte per Slate.com e come critico televisivo settimanale e poi blogger culturale per il «New Republic Online») più mi sembra che sollevi questioni sociali e culturali. Quello che era in gioco non era una semplice questione di “media”, ma ciò che stavamo diventando in questo nuovo contesto tecnologico. Era tanto un’indagine su ciò che influenza il web quanto una riflessione sulle influenze che il web esercita su di noi. Goethe ha detto che la condizione umana non cambia mai, ma che attraverso la storia i diversi aspetti dell’essere umano si ripresentano o recedono. La tecnologia è un catalizzatore che dà vita ad alcune caratteristiche dell’uomo mentre ne sopprime altre. Tutte le tecnologie di massa del mondo moderno hanno provocato appassionate e animate discussioni sul tipo di valori che incoraggiano e inculcano. Fiumi di articoli polemici, saggi e libri, conferenze e dibattiti pubblici hanno avuto l’effetto di migliorare la qualità di radio, televisione e film, così come le pressioni e gli incentivi commerciali ne hanno intensificato i difetti. Internet è penetrato nelle nostre vite più profondamente di ogni altro mezzo di comunicazione; ha superato di gran lunga anche la televisione per la sua intimità e immediatezza. Merita di essere sfidato dalle stesse questioni fondamentali che furono sollevate per gli altri mass-media rivoluzionari: questo libro prova a porre queste domande. Che tipo di interessi nasconde Internet? Quali valori lo determinano? Che tipo di persone lo dominano? Quanto sta influenzando la cultura e la vita sociale? E in che modo la cultura sta influenzando Internet? Come stiamo imparando a relazionarci agli altri online? Ma soprattutto, qual è il costo psicologico, emotivo e sociale della nostra solitudine high-tech? Viene davvero dato potere alle nuove voci, o in realtà si coprono le voci dissenzienti nel nome della libertà di espressione? La democrazia viene rispettata? O i suoi valori sono stati falsati dall’abuso di princìpi democratici? Internet è oggi un elemento costitutivo della nostra civiltà. Possiamo restare passivi e permettergli di ostacolare le nostre vite, o possiamo guidarlo verso la realizzazione della sua umana promessa. La scelta è nostra. Le cose non devono essere come sono. INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte quinta)
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Questo libro non parla della mia esilarante disavventura nel mondo online. Più guardo nel profondo di Internet (in cui, dopotutto, ho guadagnato come critico d’arte per Slate.com e come critico televisivo settimanale e poi blogger culturale per il «New Republic Online») più mi sembra che sollevi questioni
sociali e culturali. Quello che era in gioco non era una semplice questione di “media”, ma ciò che stavamo diventando in questo nuovo contesto tecnologico. Era tanto un’indagine su ciò che influenza il web quanto una riflessione sulle influenze che il web esercita su di noi. Goethe ha detto che la condizione umana non cambia mai, ma che attraverso la storia i diversi aspetti dell’essere umano si ripresentano o recedono. La tecnologia è un catalizzatore che dà vita ad alcune caratteristiche dell’uomo
mentre ne sopprime altre.
Tutte le tecnologie di massa del mondo moderno hanno provocato appassionate e animate discussioni sul tipo di valori che incoraggiano e inculcano. Fiumi di articoli polemici, saggi e libri, conferenze e dibattiti pubblici hanno avuto l’effetto di migliorare la qualità di radio, televisione e film, così come le
pressioni e gli incentivi commerciali ne hanno intensificato i difetti. Internet è penetrato nelle nostre vite più profondamente di ogni altro mezzo di comunicazione; ha superato di gran lunga anche la televisione per la sua intimità e immediatezza.
Merita di essere sfidato dalle stesse questioni fondamentali che furono sollevate per gli altri mass-media rivoluzionari: questo libro prova a porre queste domande.
Che tipo di interessi nasconde Internet? Quali valori lo determinano? Che tipo di persone lo dominano? Quanto sta influenzando la cultura e la vita sociale? E in che modo la cultura sta influenzando Internet? Come stiamo imparando a relazionarci agli altri online? Ma soprattutto, qual è il costo psicologico,
emotivo e sociale della nostra solitudine high-tech? Viene davvero dato potere alle nuove voci, o in realtà si coprono le voci dissenzienti nel nome della libertà di espressione? La democrazia viene rispettata? O i suoi valori sono stati falsati dall’abuso di princìpi democratici?
Internet è oggi un elemento costitutivo della nostra civiltà.
Possiamo restare passivi e permettergli di ostacolare le nostre vite, o possiamo guidarlo verso la realizzazione della sua umana promessa. La scelta è nostra.
Le cose non devono essere come sono.

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Di: HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte quarta) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223906 HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte quarta) Thu, 22 Sep 2011 21:30:32 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223906 <b>INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte quarta)</b> - La cosa più strana, sebbene lo scetticismo sia un ingrediente essenziale del giornalismo, è che gli editori di giornali e riviste sono più esitanti di chiunque altro nel muovere critiche rilevanti al web. Questo, malgrado il fatto che il giornalismo mainstream sia il bersaglio preferito dei tecnoentusiasti: la pressione finanziaria sugli editori di quotidiani e riviste, e il loro timore di essere sostituiti dai nuovi mezzi, ha paralizzato il loro istinto critico. Questa paralisi ha sicuramente contribuito all’affaire che mi è capitato un anno e mezzo fa. Lavoravo per la rivista «The New Republic» quando lessi alcuni commenti anonimi nella sezione Talkback del blog culturale in cui ero stato invitato a scrivere: «Mr. Siegal [sic] entrava nelle chiese di molte persone [sic], pisciava nelle urne, scoreggiava e poi metteva il cazzo sopra l’altare »; «Siegel è un mongoloide ritardato»; «Siegel voleva scoparsi un bambino». Non capivo perché un’importante rivista potesse permettere commenti del genere, per di più in forma anonima. Comprensibilmente intimidita dall’insistenza dei «nuovi» me dia di assicurare un «dibattito aperto a tutti», «New Republic» aveva deciso di non inasprire le regole di utilizzo della sezione Talkback, che in ogni caso proibivano «post diffamatori, calunniosi, inutilmente ostili... post osceni, offensivi, molesti, minatori, fuori tema, incomprensibili, o inappropriati». Erano regole buone e giuste, che incoraggiavano e regolamentavano le discussioni. Fatto sta che mia madre stava leggendo quella roba! E la cosa peggiore è che quello che appare sul web resta sul web. Per sempre. Così, dopo aver protestato inutilmente con gli editori per questa situazione ridicola (e dopo aver polemizzato sul mio blog contro ciò che definii «anonimato teppista» e gli atteggiamenti diffamatori su Internet – cosa che ovviamente non servì a niente), decisi che siccome ero caduto attraverso lo specchio dentro a un bel paesaggio surreale, mi sarei anche potuto divertire un po’ e scendere nel fango, per dare agli anonimi teppisti un vero assaggio di anonimato da teppisti. Mi chiamai Sprezzatura (termine coniato durante il Rinascimento italiano che definisce una scaltra disinvoltura), presi le difese dello spregevole signor Siegel, e attaccai i suoi aggressori incontinenti nel loro stesso stile. Pensai ingenuamente di fargliela pagare. Scoperto il mio scherzetto, fui temporaneamente sospeso da un’inorridita «New Republic», condannato dalla blogosfera come un esempio della capacità di Internet di diffondere falsità dietro un anonimato teppista (!) denunciato dai media mainstream, e poi, alla vecchia maniera americana, ricompensato con un’intervista al «New York Times Magazine» e con l’opportunità – che sognavo da tempo – di scrivere un libro sulla cultura del web. Sulla scia dello scandalo iniziarono ad apparire articoli sulla questione dell’anonimato in Internet su varie riviste: «Guardian», «Salon», «New York Times» e anche sulla stessa «New Republic». Fino a quel momento, la consuetudine degli attacchi anonimi nella blogosfera era stata sfidata raramente. Poi, gradualmente, gli articoli hanno smesso di comparire e la Rete ha ripreso a essere indiscussa e incontrollata. INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte quarta)
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La cosa più strana, sebbene lo scetticismo sia un ingrediente essenziale del giornalismo, è che gli editori di giornali e riviste sono più esitanti di chiunque altro nel muovere critiche rilevanti al web. Questo, malgrado il fatto che il giornalismo mainstream sia il bersaglio preferito dei tecnoentusiasti: la pressione
finanziaria sugli editori di quotidiani e riviste, e il loro timore di essere sostituiti dai nuovi mezzi, ha paralizzato il loro istinto critico.
Questa paralisi ha sicuramente contribuito all’affaire che mi è capitato un anno e mezzo fa. Lavoravo per la rivista «The New Republic» quando lessi alcuni commenti anonimi nella sezione Talkback del blog culturale in cui ero stato invitato a scrivere: «Mr. Siegal [sic] entrava nelle chiese di molte persone [sic], pisciava nelle urne, scoreggiava e poi metteva il cazzo sopra l’altare »; «Siegel è un mongoloide ritardato»; «Siegel voleva scoparsi un bambino». Non capivo perché un’importante rivista potesse
permettere commenti del genere, per di più in forma anonima.
Comprensibilmente intimidita dall’insistenza dei «nuovi» me dia di assicurare un «dibattito aperto a tutti», «New Republic» aveva deciso di non inasprire le regole di utilizzo della sezione Talkback, che in ogni caso proibivano «post diffamatori, calunniosi, inutilmente ostili… post osceni, offensivi, molesti,
minatori, fuori tema, incomprensibili, o inappropriati». Erano regole buone e giuste, che incoraggiavano e regolamentavano le discussioni. Fatto sta che mia madre stava leggendo quella roba! E la cosa peggiore è che quello che appare sul web resta sul web. Per sempre.
Così, dopo aver protestato inutilmente con gli editori per questa situazione ridicola (e dopo aver polemizzato sul mio blog contro ciò che definii «anonimato teppista» e gli atteggiamenti diffamatori su Internet – cosa che ovviamente non servì a niente), decisi che siccome ero caduto attraverso lo specchio dentro a un bel paesaggio surreale, mi sarei anche potuto divertire un po’ e scendere nel fango, per dare agli anonimi teppisti un vero assaggio di anonimato da teppisti. Mi chiamai Sprezzatura (termine coniato durante il Rinascimento italiano che definisce una scaltra disinvoltura), presi le difese dello spregevole signor Siegel, e attaccai i suoi aggressori incontinenti nel loro stesso stile. Pensai ingenuamente di fargliela pagare.
Scoperto il mio scherzetto, fui temporaneamente sospeso da un’inorridita «New Republic», condannato dalla blogosfera come un esempio della capacità di Internet di diffondere falsità dietro un anonimato teppista (!) denunciato dai media mainstream, e poi, alla vecchia maniera americana, ricompensato
con un’intervista al «New York Times Magazine» e con l’opportunità – che sognavo da tempo – di scrivere un libro sulla cultura del web. Sulla scia dello scandalo iniziarono ad apparire articoli sulla questione dell’anonimato in Internet su varie riviste: «Guardian», «Salon», «New York Times» e anche sulla stessa «New Republic». Fino a quel momento, la consuetudine degli attacchi anonimi nella blogosfera era stata sfidata raramente.
Poi, gradualmente, gli articoli hanno smesso di comparire e la Rete ha ripreso a essere indiscussa e incontrollata.

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Di: HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte terza) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223904 HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte terza) Thu, 22 Sep 2011 21:30:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223904 <b>INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte terza)</b> - Le talvolta isteriche dichiarazioni degli ultimi anni secondo le quali Internet rappresenterebbe un’epocale rivoluzione nei rapporti sociali e personali seguono la stessa rotta. Continuano a descrivere tale “rivoluzione” nei termini commerciali di rafforzamento e sviluppo del consumatore. Nel nome della convenienza e della comodità. Ma una rivoluzione in questi termini (per quanto la comodità sia oggi preziosa) come può definirsi rivoluzione? Certo, Internet ha davvero provocato una rivoluzione, solo che i suoi profeti non vogliono mai dire di che tipo si tratti. Internet, come innovazione tecnica, è la risposta al nostro stile di vita dominato da attività frenetiche, disconnesse e frammentate. Un secolo di innovazioni tecnologiche ha riempito le nostre giornate caotiche con esperienze disparate e quasi simultanee; essere online, oggi, ci permette di organizzare queste esperienze, quasi di fonderle. (E cos’è la “compartimentalizzazione” se non un modo per tenere più “finestre” aperte contemporaneamente?) Allo stesso modo, la natura sociale e psicologica della Rete è la risposta a un secolo di cambiamenti sociali e psicologici in cui l’individuo si è gradualmente elevato sopra la società. Realizzare i nostri desideri è diventato più importante che valutare le nostre relazioni con le altre persone. Siamo nell’era di Freud, dell’io esistenziale, terapeutico, confessionale e ammaestrato, nell’età della memoria, dalla «generazione io» e della cultura del narcisismo: la vita è diventata sempre più “mentalizzata”, più interiore, più indirizzata alla soddisfazione del desiderio personale. Il crollo della famiglia e l’aumento di persone che vivono da sole sono soltanto alcuni aspetti di questa tendenza; tragicamente lo sono anche l’aumentare degli atti di violenza – anche degli omicidi di massa – che avvengono nei luoghi pubblici. Viviamo più nelle nostre menti di quanto una qualsiasi società abbia mai fatto prima, e per alcuni l’unica realtà esistente è ormai quella che sta dentro le loro teste. Questa non è una condanna al modo in cui viviamo; la comunità permeata da ideologie perniciose e tribalismi distruttivi ha portato sicuramente più sofferenza di quanto abbia mai fatto l’individualismo radicale. Ma resta molto da dire sulla relazione che c’è tra le nostre vite isolate e separate e il loro maggior “accesso” a un’ampia gamma di piaceri e protezioni; e comunque, a prescindere dagli sviluppi che prenderà la nostra vita, è certo che la Rete offra la prima struttura di coesione sociale e psicologica per questa condizione relativamente nuova: Internet è il primo “ambiente sociale” della storia a soddisfare le esigenze di individui isolati, separati e asociali. La Rete è un’innovazione tecnologica inevitabile, poiché risponde a una serie di condizioni che sono andate creandosi nel corso di questi ultimi decenni; ma la sua natura, una volta creata, non era e non è inesorabile. La tecnologia è neutrale, priva di valori, per sua natura né buona né cattiva. Sono i valori a rendere la tecnologia un aiuto o un ostacolo alla vita umana. Online compriamo, giochiamo, lavoriamo, amiamo, cerchiamo informazioni, comunichiamo con altre persone e con il mondo intero. Passiamo sempre più tempo da soli, eppure le persone non parlano degli effetti di questa nuova e sorprendente condizione. Di tanto in tanto scattano allarmi in rete per furti di identità, stati di dipendenza o pedofilia. Pericoli reali, ma che rappresentano solo i rischi più estremi ed evidenti del mondo di Internet. Pericoli che alla fine saranno repressi dalla legge, dai tribunali e dalle commissioni. E di solito tali preoccupazioni sono considerate come manifestazioni isteriche, proprio come isterico sembrava il timore riguardo l’alto tasso di mortalità per gli incidenti stradali. Si dice che se un gran numero di persone cade preda di Internet è perché sempre più persone stanno assaporando la libertà, la scelta e l’accessibilità forniti dalle nuove macchine che ci lanciano nell’infinito cyberspazio; si dice che questa sia l’inevitabile natura di Internet. La Rete esalta questi modelli di comportamento patologico, ma non li crea. Quello che però non può essere risolto dalle leggi, dai tribunali e dalle commissioni sono i modelli di comportamento da essa generati, i problemi creati dalla routine quotidiana della Rete. Le domande fondamentali sulle nuove consuetudini di Internet sono state raramente poste. Al contrario, il grande pubblico – insieme agli investitori – si schiera con i tecnoentusiasti e fa a gara a tesserne le lodi. Chi non si unisce al coro viene definito antiquato e reazionario: critica Internet e sarai accusato di criticare la democrazia. La trionfale e narcisistica retorica che circonda la Rete l’ha resa impenetrabile a ogni contestazione. INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte terza)
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Le talvolta isteriche dichiarazioni degli ultimi anni secondo le quali Internet rappresenterebbe un’epocale rivoluzione nei rapporti sociali e personali seguono la stessa rotta. Continuano a descrivere tale “rivoluzione” nei termini commerciali di rafforzamento e sviluppo del consumatore. Nel nome della convenienza e della comodità. Ma una rivoluzione in questi termini (per quanto la comodità sia oggi preziosa) come può definirsi rivoluzione? Certo, Internet ha davvero provocato una rivoluzione, solo che i suoi profeti non vogliono mai dire di che tipo si tratti.
Internet, come innovazione tecnica, è la risposta al nostro stile di vita dominato da attività frenetiche, disconnesse e frammentate.
Un secolo di innovazioni tecnologiche ha riempito le nostre giornate caotiche con esperienze disparate e quasi simultanee; essere online, oggi, ci permette di organizzare queste esperienze, quasi di fonderle. (E cos’è la “compartimentalizzazione” se non un modo per tenere più “finestre” aperte contemporaneamente?) Allo stesso modo, la natura sociale e psicologica della Rete è la risposta a un secolo di cambiamenti sociali e psicologici in cui l’individuo si è gradualmente elevato sopra la società. Realizzare i nostri desideri è diventato più importante che valutare le nostre relazioni con le altre persone.
Siamo nell’era di Freud, dell’io esistenziale, terapeutico, confessionale e ammaestrato, nell’età della memoria, dalla «generazione io» e della cultura del narcisismo: la vita è diventata sempre più “mentalizzata”, più interiore, più indirizzata alla soddisfazione del desiderio personale. Il crollo della famiglia e l’aumento di persone che vivono da sole sono soltanto alcuni aspetti di questa tendenza; tragicamente lo sono anche l’aumentare degli atti di violenza – anche degli omicidi di massa – che avvengono nei luoghi pubblici. Viviamo più nelle nostre menti di quanto una qualsiasi società abbia mai fatto prima, e per alcuni l’unica realtà esistente è ormai quella che sta dentro le loro teste.
Questa non è una condanna al modo in cui viviamo; la comunità permeata da ideologie perniciose e tribalismi distruttivi ha portato sicuramente più sofferenza di quanto abbia mai fatto l’individualismo radicale. Ma resta molto da dire sulla relazione che c’è tra le nostre vite isolate e separate e il loro maggior “accesso” a un’ampia gamma di piaceri e protezioni; e comunque, a prescindere dagli sviluppi che prenderà la nostra vita, è certo che la Rete offra la prima struttura di coesione sociale e psicologica per questa condizione relativamente nuova: Internet è il primo “ambiente sociale” della storia a soddisfare le esigenze di individui isolati, separati e asociali.
La Rete è un’innovazione tecnologica inevitabile, poiché risponde a una serie di condizioni che sono andate creandosi nel corso di questi ultimi decenni; ma la sua natura, una volta creata, non era e non è inesorabile. La tecnologia è neutrale, priva di valori, per sua natura né buona né cattiva. Sono i valori
a rendere la tecnologia un aiuto o un ostacolo alla vita umana.
Online compriamo, giochiamo, lavoriamo, amiamo, cerchiamo informazioni, comunichiamo con altre persone e con il mondo intero. Passiamo sempre più tempo da soli, eppure le persone non parlano degli effetti di questa nuova e sorprendente condizione.
Di tanto in tanto scattano allarmi in rete per furti di identità, stati di dipendenza o pedofilia. Pericoli reali, ma che rappresentano solo i rischi più estremi ed evidenti del mondo di Internet. Pericoli che alla fine saranno repressi dalla legge, dai tribunali e dalle commissioni. E di solito tali preoccupazioni sono considerate come manifestazioni isteriche, proprio come isterico sembrava il timore riguardo l’alto tasso di mortalità per gli incidenti stradali. Si dice che se un gran numero di persone cade preda di Internet è perché sempre più persone stanno assaporando la libertà, la scelta e l’accessibilità forniti dalle nuove macchine che ci lanciano nell’infinito cyberspazio; si dice che questa sia l’inevitabile natura di Internet.
La Rete esalta questi modelli di comportamento patologico, ma non li crea. Quello che però non può essere risolto dalle leggi, dai tribunali e dalle commissioni sono i modelli di comportamento da essa generati, i problemi creati dalla routine quotidiana della Rete. Le domande fondamentali sulle nuove
consuetudini di Internet sono state raramente poste. Al contrario, il grande pubblico – insieme agli investitori – si schiera con i tecnoentusiasti e fa a gara a tesserne le lodi. Chi non si unisce al coro viene definito antiquato e reazionario: critica Internet e sarai accusato di criticare la democrazia. La trionfale
e narcisistica retorica che circonda la Rete l’ha resa impenetrabile a ogni contestazione.

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Di: HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte seconda) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223903 HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte seconda) Thu, 22 Sep 2011 21:29:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223903 <b>INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte seconda)</b> - Ovviamente non sto paragonando Internet a una sfrecciante trappola mortale. Ma anche Internet, come l’automobile, ha il suo lato distruttivo; entrambe le tecnologie sono venute al mondo dietro le quinte del trionfalismo e ritraendosi di fronte a qualsiasi visione critica. Come l’auto, la Rete è stata propagandata come un miracolo della trasformazione sociale e individuale, quando, in fondo, è una meraviglia della comodità – una meraviglia che ha provocato uno sconvolgimento sociale e individuale. Come per l’auto, anche il modo estremamente arbitrario in cui Internet si è evoluto è stato definito come inevitabile e inesorabile. Allo stesso modo le critiche sulle anomalie della Rete, sui suoi rischi e pericoli, sono state messe a tacere, ignorate o stigmatizzate come i due grandi tabù americani: negatività e paura del cambiamento. Ancora, come per l’auto, la retorica della libertà, della democrazia, della scelta e dell’accessibilità ha nascosto l’avidità e l’egoismo dietro ciò che gran parte del web è oggi diventato. Certo bisognerebbe essere stupidi per discutere sull’utilità di Internet. Google, Amazon e Nexis mi hanno fatto risparmiare mesi di ricerca per scrivere questo libro. Internet ha da poco permesso a me e alla mia famiglia di trovare un appartamento in un quarto del tempo che avremmo impiegato una volta. Senza qualche sito attendibile di medicina io e mia moglie avremmo passato chissà quante altre notti preoccupandoci della salute di nostro figlio nelle sue prime settimane di vita. E senza email avrei impiegato molto più tempo a incontrare mia moglie e a diventare uno scrittore: a volte sono timido ed esitante nel parlare. La posta elettronica mi ha permesso di dedicarmi ai miei affetti e al mio lavoro nel modo in cui, da scrittore, mi sento più a mio agio. Nessuno può negare la capacità della Rete di rendere la vita più semplice, rilassante e gradevole. Ma siamo onesti: avrei messo radici in biblioteca e fatto il giro dei negozi di libri usati, ma alla fine avrei scritto questo libro anche senza Internet. Io e mia moglie avremmo trovato lo stesso un appartamento. Qualche visita in più dal dottore ci avrebbe risparmiato l’ansia per nostro figlio. L’amore e il lavoro non mi sarebbero sfuggiti neanche se avessi dovuto contare sul parlato piuttosto che sullo scritto. Senza Internet tutte queste cose sarebbero comunque successe o si sarebbero risolte da sole. La Rete fa però una grande differenza: risolve tutto più velocemente ed efficacemente. Più comodamente. La comodità è una parte essenziale di ciò che ci promettono le moderne proposte commerciali; ma non si è mai letto un epitaffio con su scritto: «Qui giace il sig. Tal dei tali, che ha condotto una vita comoda, e che ha reso comoda la vita degli altri». Sempre nel nome della praticità, Internet è stato definito rivoluzionario come l’invenzione della stampa. Ma la Rete è qualcosa di completamente diverso. La diffusione della conoscenza attraverso i libri non ha niente a che fare con la possibilità di acquistare libri online; la trasmissione della conoscenza non ha niente a che vedere con la rapida diffusione di informazioni sempre disponibili online. E il “dare voce a ognuno”, come la Rete si vanta di aver fatto, non è poi così diverso dal permettere alle voci più creative, più intelligenti e originali di farsi sentire. Ma può anche essere un modo per impedire che le voci più creative, intelligenti e originali vengano ascoltate. INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte seconda)
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Ovviamente non sto paragonando Internet a una sfrecciante trappola mortale. Ma anche Internet, come l’automobile, ha il suo lato distruttivo; entrambe le tecnologie sono venute al mondo dietro le quinte del trionfalismo e ritraendosi di fronte a qualsiasi visione critica. Come l’auto, la Rete è stata propagandata come un miracolo della trasformazione sociale e individuale, quando, in fondo, è una meraviglia della comodità – una meraviglia che ha provocato uno sconvolgimento sociale e individuale. Come per l’auto, anche il modo estremamente arbitrario in cui Internet si è evoluto è stato definito come inevitabile e inesorabile. Allo stesso modo le critiche sulle anomalie della Rete, sui suoi rischi e pericoli, sono state messe a tacere, ignorate o stigmatizzate come i due grandi tabù americani: negatività e paura del cambiamento. Ancora, come per l’auto, la retorica della libertà, della democrazia, della scelta e dell’accessibilità ha nascosto l’avidità e l’egoismo dietro ciò che gran parte del web è oggi diventato.
Certo bisognerebbe essere stupidi per discutere sull’utilità di Internet. Google, Amazon e Nexis mi hanno fatto risparmiare mesi di ricerca per scrivere questo libro. Internet ha da poco permesso a me e alla mia famiglia di trovare un appartamento in un quarto del tempo che avremmo impiegato una volta. Senza qualche sito attendibile di medicina io e mia moglie avremmo passato chissà quante altre notti preoccupandoci della salute di nostro figlio nelle sue prime settimane di vita. E senza email avrei impiegato molto più tempo a incontrare mia moglie e a diventare uno scrittore: a volte sono timido ed esitante nel parlare. La posta elettronica mi ha permesso di dedicarmi ai miei affetti e al mio lavoro nel modo in cui, da scrittore, mi sento più a mio agio.
Nessuno può negare la capacità della Rete di rendere la vita più semplice, rilassante e gradevole. Ma siamo onesti: avrei messo radici in biblioteca e fatto il giro dei negozi di libri usati, ma alla fine avrei scritto questo libro anche senza Internet.
Io e mia moglie avremmo trovato lo stesso un appartamento.
Qualche visita in più dal dottore ci avrebbe risparmiato l’ansia per nostro figlio. L’amore e il lavoro non mi sarebbero sfuggiti neanche se avessi dovuto contare sul parlato piuttosto che sullo scritto. Senza Internet tutte queste cose sarebbero comunque successe o si sarebbero risolte da sole. La Rete fa però una grande differenza: risolve tutto più velocemente ed efficacemente.
Più comodamente.
La comodità è una parte essenziale di ciò che ci promettono le moderne proposte commerciali; ma non si è mai letto un epitaffio con su scritto: «Qui giace il sig. Tal dei tali, che ha condotto una vita comoda, e che ha reso comoda la vita degli altri». Sempre nel nome della praticità, Internet è stato definito rivoluzionario come l’invenzione della stampa. Ma la Rete è qualcosa di completamente diverso. La diffusione della conoscenza attraverso i libri non ha niente a che fare con la possibilità di acquistare libri online; la trasmissione della conoscenza non ha niente a che vedere con la rapida diffusione di informazioni sempre disponibili online. E il “dare voce a ognuno”, come la Rete si vanta di aver fatto, non è poi così diverso dal permettere alle voci più creative, più intelligenti e originali di farsi sentire. Ma può anche essere un modo per impedire che le voci più creative, intelligenti e originali vengano ascoltate.

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Di: HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte prima) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223902 HOMO INTERNETICUS - Introduzione di Lee Siegel (parte prima) Thu, 22 Sep 2011 21:29:29 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223902 <b>INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte prima)</b> - Questo libro parla di come Internet sta ridefinendo le nostre opinioni su noi stessi, sugli altri e sul mondo che ci circonda. Parla del modo in cui Internet stesso è cresciuto grazie ai cambiamenti della società e della cultura. È un libro che volevo scrivere da anni; le sue origini – ancor prima dell’esistenza della Rete – si basano sulla convinzione che ha sempre guidato la mia vita di scrittore, e in particolare quella di critico culturale: le cose non devono essere come sono. Pensate all’automobile, che proprio come Internet è una delle invenzioni più meravigliose del genere umano. Fino ai primi anni Ottanta, cinquantamila persone morivano ogni anno in incidenti stradali: il cambio era difficile da usare, i materiali impiegati all’interno delle auto ostacolavano la visuale e in caso d’incidente non c’erano misure di sicurezza che impedissero l’impatto del passeggero contro il parabrezza. Ma le persone ancora non protestavano. La retorica che circondava l’automobile la rendeva impenetrabile a ogni scetticismo. Le macchine non solo erano meravigliosamente “comode”, come veniva detto alle persone, ma erano un miracolo della trasformazione sociale e individuale. La pubblicità identificava il potere dell’auto e la mobilità con la promessa dello stile di vita americano; la velocità faceva sembrare ogni critica antiquata e reazionaria; ogni nuovo modello di auto era la rappresentazione visiva di un particolare anno della nostra vita e stabiliva l’importanza sociale del suo possessore. Le macchine si muovevano così velocemente e gli stili cambiavano altrettanto rapidamente da creare l’illusione di un movimento eterno, come il susseguirsi delle stagioni. Questa illusione dette ai costruttori di automobili un pretesto per la loro negligenza. Consapevoli dei costi, si opposero a rendere le auto più sicure nascondendosi dietro la scusa che non si poteva far niente al riguardo: la compensazione in vite umane era inevitabile, inesorabile. Era il prezzo del progresso. Poi le macchine potenziarono l’individuo a un livello senza precedenti. I costi sempre più accessibili sembrarono essere la prova definitiva e la realizzazione della democrazia: se un gran numero di persone moriva negli incidenti era perché un gran numero di persone assaporava la libertà, la scelta e l’accessibilità forniti dalle nuove auto che ruggivano sulle strade. Criticare l’auto significava criticare la democrazia. Le cose stavano così. Fino al 1965. Anno in cui Ralph Nader pubblicò “Unsafe at Any Speed”, il suo saggio-rivelazione sulla negligenza criminale dei produttori di automobili. Il pubblico rimase inorridito: a quanto pareva i dirigenti delle industrie automobilistiche erano sempre stati a conoscenza dei problemi esistenti. Nonostante fossero stati esortati a fare modifiche che avrebbero potuto salvare decine di migliaia di vite, i manager privilegiarono il taglio dei costi, la protezione degli azionisti e del proprio lavoro. L’opinione pubblica non solo rimase inorridita, ma ne fu scioccata. Ciò che era stato accettato come una condizione inevitabile si dimostrò essere totalmente arbitraria; le cose avrebbero dovuto essere molto diverse. Gradualmente, grazie all’opinione pubblica, l’idea diffusa per cui l’auto doveva essere inevitabilmente pericolosa cedette il passo a una nuova condizione in cui l’industria automobilistica prese coscienza del problema della sicurezza. Il numero di morti negli indicenti stradali si dimezzò. Le cose cambiarono. INTRODUZIONE DI LEE SIEGEL (parte prima)
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Questo libro parla di come Internet sta ridefinendo le nostre opinioni su noi stessi, sugli altri e sul mondo che ci circonda. Parla del modo in cui Internet stesso è cresciuto grazie ai cambiamenti della società e della cultura. È un libro che volevo scrivere da anni; le sue origini – ancor prima dell’esistenza della Rete – si basano sulla convinzione che ha sempre guidato la mia vita di scrittore, e in particolare quella di critico culturale: le cose non devono essere come sono.
Pensate all’automobile, che proprio come Internet è una delle invenzioni più meravigliose del genere umano. Fino ai primi anni Ottanta, cinquantamila persone morivano ogni anno in incidenti stradali: il cambio era difficile da usare, i materiali impiegati all’interno delle auto ostacolavano la visuale e in caso
d’incidente non c’erano misure di sicurezza che impedissero l’impatto del passeggero contro il parabrezza. Ma le persone ancora non protestavano. La retorica che circondava l’automobile la rendeva impenetrabile a ogni scetticismo. Le macchine non solo erano meravigliosamente “comode”, come veniva detto alle persone, ma erano un miracolo della trasformazione sociale e individuale.
La pubblicità identificava il potere dell’auto e la mobilità con la promessa dello stile di vita americano; la velocità faceva sembrare ogni critica antiquata e reazionaria; ogni nuovo modello di auto era la rappresentazione visiva di un particolare anno della nostra vita e stabiliva l’importanza sociale del suo possessore.
Le macchine si muovevano così velocemente e gli stili cambiavano altrettanto rapidamente da creare l’illusione di un movimento eterno, come il susseguirsi delle stagioni.
Questa illusione dette ai costruttori di automobili un pretesto per la loro negligenza. Consapevoli dei costi, si opposero a rendere le auto più sicure nascondendosi dietro la scusa che non si poteva far niente al riguardo: la compensazione in vite umane era inevitabile, inesorabile. Era il prezzo del progresso.
Poi le macchine potenziarono l’individuo a un livello senza precedenti. I costi sempre più accessibili sembrarono essere la prova definitiva e la realizzazione della democrazia: se un gran numero di persone moriva negli incidenti era perché un gran numero di persone assaporava la libertà, la scelta e l’accessibilità forniti dalle nuove auto che ruggivano sulle strade. Criticare l’auto significava criticare la democrazia.
Le cose stavano così.
Fino al 1965. Anno in cui Ralph Nader pubblicò “Unsafe at Any Speed”, il suo saggio-rivelazione sulla negligenza criminale dei produttori di automobili. Il pubblico rimase inorridito: a quanto pareva i dirigenti delle industrie automobilistiche erano sempre stati a conoscenza dei problemi esistenti. Nonostante fossero stati esortati a fare modifiche che avrebbero potuto salvare decine di migliaia di vite, i manager privilegiarono il taglio dei costi, la protezione degli azionisti e del proprio lavoro.
L’opinione pubblica non solo rimase inorridita, ma ne fu scioccata. Ciò che era stato accettato come una condizione inevitabile si dimostrò essere totalmente arbitraria; le cose avrebbero dovuto essere molto diverse. Gradualmente, grazie all’opinione pubblica, l’idea diffusa per cui l’auto doveva essere inevitabilmente pericolosa cedette il passo a una nuova condizione in cui l’industria automobilistica prese coscienza del problema della sicurezza. Il numero di morti negli indicenti stradali si dimezzò.
Le cose cambiarono.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223908 Massimo Maugeri Thu, 22 Sep 2011 21:26:35 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223908 Come anticipato nei precedenti commenti, mi accingo a inserire <b>l'introduzione di di Lee Siegel</b> al suo libro (nei commenti a seguire)... Come anticipato nei precedenti commenti, mi accingo a inserire l’introduzione di di Lee Siegel al suo libro (nei commenti a seguire)…

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223900 Massimo Maugeri Thu, 22 Sep 2011 21:25:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223900 E ancora grazie al sempre splendido prof. Emilio, a Leo, ad Alberto Mangiagli. E grazie ad Antonella Beccari per il suo nuovo intervento. E ancora grazie al sempre splendido prof. Emilio, a Leo, ad Alberto Mangiagli.
E grazie ad Antonella Beccari per il suo nuovo intervento.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223899 Massimo Maugeri Thu, 22 Sep 2011 21:24:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223899 Cara Francesca, grazie mille per il link da Wuz... :-)) Cara Francesca, grazie mille per il link da Wuz… :-) )

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223898 Massimo Maugeri Thu, 22 Sep 2011 21:23:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223898 Grazie mille anche alla nostra simpaticissima psicologa Zauberei.;-) Grazie mille anche alla nostra simpaticissima psicologa Zauberei.;-)

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223897 Massimo Maugeri Thu, 22 Sep 2011 21:22:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223897 Ne approfitto per salutare e ringraziare Renato, Giacomo Tessani, Antonio Falloni... Ne approfitto per salutare e ringraziare Renato, Giacomo Tessani, Antonio Falloni…

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223896 Massimo Maugeri Thu, 22 Sep 2011 21:22:05 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223896 Ringrazio ancora una volta <b>Federico Tonioni</b> per la sua preziosa partecipazione! E grazie naturalmente a tutti voi che state rendendo "viva" questa discussione con i vostri contributi. Ringrazio ancora una volta Federico Tonioni per la sua preziosa partecipazione!
E grazie naturalmente a tutti voi che state rendendo “viva” questa discussione con i vostri contributi.

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Di: Antonella Beccari http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223862 Antonella Beccari Thu, 22 Sep 2011 17:16:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223862 @ Federico Tonioni Grazie professore... mah, il contesto, lei mi insegna, è quello informatico. Io sto davanti a una tastiera e mi immagino lei e chi dibatte, lei sta davanti a una tastiera e si immagina un pubblico che dibatte, probabilmente. Non che “si dibatte” (mi scusi, ma non so mai resistere ai giochi di parole; chi ha già letto come scrivo sa che sono un po' “eccentrica”; sa, ho le mie patologie come tutti. Qui ci metterei uno smile che sorride ma mi trattengo). Dicevo: non c'è uno scambio in tempo reale. Lei, io, tutti, adesso, in realtà non abbiamo un riscontro paraverbale che ci aiuti nel visualizzare mentalmente chi ci sta di fronte. Riscontro paraverbale che, un'altra volta lei mi insegna, è importantissimo nella valutazione e nell'interazione con il prossimo. Addirittura, per esempio, sembrerebbe che la valutazione di un'insegnante e/o un insegnante sulla prova orale di un alunno che le/gli sta di fronte, sia data su di un numero largamente superiore al 50 percentuale in base all'atteggiamento paraverbale del ragazzo, e non sulla sua reale competenza. Questo significa che se il ragazzo in prova mostra segni di nervosismo o timidezza o piccoli blocchi motivi, avrà un voto largamente inferiore a quello che ha studiato meno o non ha studiato, ma che però mostra un atteggiamento più rilassato e meno “festinazione”. * Quanto ad Antonioni le prime cose che mi vengono in mente sono la radice greca del verbo “anteo” da cui proviene il mio nome e per il quale preferisco invece l'etimologia incerta che parla di “piccolo fiore”; mi viene anche in mente l'Antonioni regista di Zabriskie Point (forse perchè se ne è parlato ultimamente in altro luogo virtuale qui in questa sede), e..... lei, dopo la sua ultima frase “Speriamo bene…, sono fiducioso” ha sorriso, o ha avuto un moto di perplessità? Oppure di “paura”? Forse fare il regista la mette in ansia? Cioè, qual'era il suo atteggiamento paraverbale, in quel momento? Vede che è difficile comunicare attraverso una tastiera? Ho avuto bisogno di chiederle qual'era. Credo che uno degli imperativi dell'homo informaticus e della mulier informatica (notare come non esista l'opposto di homo ma solo quello di vir; infatti si dice “homo nata fuerat”, era nata creatura mortale) sia evitare di presupporre e magari non prendere nulla in modo personale. Fatto che invece accade nella quasi totalità dei casi attraverso la comunicazione in internet, soprattutto nei social networks, dove la gente, gli individui, si raccontano e spesso si malintendono. In una sede come questa è meno facile che accada perchè c'è un argomento ben preciso che delimita, si cerca di scrivere in un modo che sia “oggettivo”, ci si scambiano informazioni, si cercano e si danno idee, c'è un coinvolgimento al di là della sfera emotiva, dove certamente anche la sfera emotiva gioca il suo ruolo ma in un modo meno o non determinato alla costruzione di amicizie o di relazioni che abbiano un proseguimento nella “vita reale”. La diversità delle competenze in gioco ricicla il cervello e lo mette in grado di pulsare verso territori, inesplorati o poco esplorati, aprendo nuovi ventagli di possibilità ai quali, nella solitudine intellettuale, non si era pensato o dei quali non se ne ventilava l'esistenza. Diventa un processo creativo. Addirittura, spesso proprio la mancanza di un eventuale proseguimento nella vita reale induce a scavare al meglio delle proprie possibilità perchè non si deve superare l'impatto fisico, cioè non occorre spendere energia per piacere, nascondere, evitare, posticipare, disertare, insomma tutte quelle piccole sindromi e anomalie che in una discussione o in un appuntamento non virtuale risultano essere difficoltose e controproducenti al fine di esprimere il meglio di sè. Questo per rispondere alle domande 6, 7, 8. Naturalmente ci sono anche altri fattori positivi: e cioè, una discussione virtuale permette di comunicare a grande distanza e svelare le realtà più diverse, senza intraprendere un viaggio. Quindi la solitudine high-tech è un tipo di solitudine diversa da come eravamo soliti chiamarla fino a pochi anni fa. In questo momento, per il fatto che sono davanti a una tastiera da sola, non posso dire di sentirmi sola nel senso che, se manderò questo mio post alla sede che mi sono proposta, cioè qui, avrò un riscontro collettivo. (Speriamo... ) Certo, è posticipato. Ma c'è. Sto comunicando. E sto, soprattutto, comunicando con una collettività che, se non ci fosse internet, non avrei mai conosciuto, perchè io abito in Lombardia, Maugeri in Sicilia, e via di seguito. (Grazie Massimo!) E' vero che, d'altro canto, ogni cosa nasconde in sè l'altra faccia della luna, la parte oscura. Ma allora siamo sempre lì; o interiorizziamo entrambe e le facciamo collaborare, parte chiara e parte oscura. O diventiamo dissociati. Questo, però, è esattamente quello che succede anche nella vita reale. Quindi non capisco dove sia il problema. Il problema, alla fine, è sempre vivere e morire. Perchè i problemi fanno la vita, e soprattutto fanno la vita superarli. Escogitare, creare, pensare, capire. Fare e non/fare. Le potenzialità di internet sono immense quanto è immensa la potenzialità umana e può diventare uno strumento divino o diabolico. Per questo avevo detto che internet è lo specchio dell'umanità. * Sulle domande 1, 2 e 3: Professor Tonioni, sono d'accordo quando dice che bisogna agganciare il paziente in sede (stava rispondendo a Zauberei); anzi, le dirò che se fossi lei, ma io non sono lei, per quanto riguarda il ragazzino dipendente e compulsivo con internet, per esempio, la prenderei proprio in parola, e lo aggancerei direttamente sul portale o nei luoghi dove sta vivendo la sua realtà virtuale. Calarsi nei suoi posti e cominciare da lì per andare a ricostruire tutto il dramma che ci sta dietro, o a monte. Se con pseudonimo o no, sta a lei: io però la infilerei proprio come una proposta diretta al giovane paziente, che si sentirebbe più libero di raccontarsi, più dentro e protetto dal sistema comunicativo/non comunicativo che lo ha cresciuto. Inoltre in un territorio in cui sa che può muoversi con sicurezza e in libertà, familiare. Che a lei, appartenente a un'altra generazione, invece non è familiare; ma che potrebbe essere luogo d'interazione (il virtuale), oltre che sfida personale e il feedback della sua teoria di avvicinamento in sede. In questo caso, unico presupposto: la ragazzina anoressica, il giovane tossico, la mammina innamorata di un avatar, devono essere compulsivi verso internet. E anche il dirigente d'azienda che vive attaccato a un blackberry scambiando scherzose frasi d'amore con l'amante mentre è a cena con altrettanti colleghi, sempre boriosi sempre noiosi. I quali stanno facendo altrettanto per cui la cena d'affari diventa un inno alla compulsività informatico-sessuale. E viene da lei con l'intenzione o il dubbio se interrompere il suo matrimonio. (Tanto per dire). D'altronde, con internet, anche le competenze psicoterapeutiche potrebbero spostarsi in rete direttamente e letteralmente, in alcuni casi. E per un certo tempo. Sì, le avevo detto che sono fantasiosa... * In ogni caso, l'atto compulsivo significa non essere presenti a quello che si sta facendo e si sta pensando. Se reimparassimo a camminare coscienti dell'atto di camminare, non ci sarebbe l'atto compulsivo. Sui sistemi per tornare a “imparare a camminare” ognuno dovrebbe avere i suoi. Chi non è in grado di crearseli può essere aiutato a ri-trovarli ma, alla fine, deve volere usarli. Se non vuole usarli, significa che il suo percorso appartiene a un altro mondo. Che forse è un mondo che il senso comune non può percepire. * Tanti saluti di ben-ritrovati a tutti! @ Federico Tonioni
Grazie professore… mah, il contesto, lei mi insegna, è quello informatico. Io sto davanti a una tastiera e mi immagino lei e chi dibatte, lei sta davanti a una tastiera e si immagina un pubblico che dibatte, probabilmente.
Non che “si dibatte” (mi scusi, ma non so mai resistere ai giochi di parole; chi ha già letto come scrivo sa che sono un po’ “eccentrica”; sa, ho le mie patologie come tutti. Qui ci metterei uno smile che sorride ma mi trattengo).
Dicevo: non c’è uno scambio in tempo reale. Lei, io, tutti, adesso, in realtà non abbiamo un riscontro paraverbale che ci aiuti nel visualizzare mentalmente chi ci sta di fronte. Riscontro paraverbale che, un’altra volta lei mi insegna, è importantissimo nella valutazione e nell’interazione con il prossimo.
Addirittura, per esempio, sembrerebbe che la valutazione di un’insegnante e/o un insegnante sulla prova orale di un alunno che le/gli sta di fronte, sia data su di un numero largamente superiore al 50 percentuale in base all’atteggiamento paraverbale del ragazzo, e non sulla sua reale competenza. Questo significa che se il ragazzo in prova mostra segni di nervosismo o timidezza o piccoli blocchi motivi, avrà un voto largamente inferiore a quello che ha studiato meno o non ha studiato, ma che però mostra un atteggiamento più rilassato e meno “festinazione”.
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Quanto ad Antonioni le prime cose che mi vengono in mente sono la radice greca del verbo “anteo” da cui proviene il mio nome e per il quale preferisco invece l’etimologia incerta che parla di “piccolo fiore”; mi viene anche in mente l’Antonioni regista di Zabriskie Point (forse perchè se ne è parlato ultimamente in altro luogo virtuale qui in questa sede), e…..
lei, dopo la sua ultima frase “Speriamo bene…, sono fiducioso” ha sorriso, o ha avuto un moto di perplessità? Oppure di “paura”? Forse fare il regista la mette in ansia?
Cioè, qual’era il suo atteggiamento paraverbale, in quel momento?
Vede che è difficile comunicare attraverso una tastiera? Ho avuto bisogno di chiederle qual’era.
Credo che uno degli imperativi dell’homo informaticus e della mulier informatica (notare come non esista l’opposto di homo ma solo quello di vir; infatti si dice “homo nata fuerat”, era nata creatura mortale) sia evitare di presupporre e magari non prendere nulla in modo personale.
Fatto che invece accade nella quasi totalità dei casi attraverso la comunicazione in internet, soprattutto nei social networks, dove la gente, gli individui, si raccontano e spesso si malintendono. In una sede come questa è meno facile che accada perchè c’è un argomento ben preciso che delimita, si cerca di scrivere in un modo che sia “oggettivo”, ci si scambiano informazioni, si cercano e si danno idee, c’è un coinvolgimento al di là della sfera emotiva, dove certamente anche la sfera emotiva gioca il suo ruolo ma in un modo meno o non determinato alla costruzione di amicizie o di relazioni che abbiano un proseguimento nella “vita reale”.
La diversità delle competenze in gioco ricicla il cervello e lo mette in grado di pulsare verso territori, inesplorati o poco esplorati, aprendo nuovi ventagli di possibilità ai quali, nella solitudine intellettuale, non si era pensato o dei quali non se ne ventilava l’esistenza. Diventa un processo creativo.
Addirittura, spesso proprio la mancanza di un eventuale proseguimento nella vita reale induce a scavare al meglio delle proprie possibilità perchè non si deve superare l’impatto fisico, cioè non occorre spendere energia per piacere, nascondere, evitare, posticipare, disertare, insomma tutte quelle piccole sindromi e anomalie che in una discussione o in un appuntamento non virtuale risultano essere difficoltose e controproducenti al fine di esprimere il meglio di sè.
Questo per rispondere alle domande 6, 7, 8.
Naturalmente ci sono anche altri fattori positivi: e cioè, una discussione virtuale permette di comunicare a grande distanza e svelare le realtà più diverse, senza intraprendere un viaggio. Quindi la solitudine high-tech è un tipo di solitudine diversa da come eravamo soliti chiamarla fino a pochi anni fa. In questo momento, per il fatto che sono davanti a una tastiera da sola, non posso dire di sentirmi sola nel senso che, se manderò questo mio post alla sede che mi sono proposta, cioè qui, avrò un riscontro collettivo. (Speriamo… ) Certo, è posticipato. Ma c’è. Sto comunicando. E sto, soprattutto, comunicando con una collettività che, se non ci fosse internet, non avrei mai conosciuto, perchè io abito in Lombardia, Maugeri in Sicilia, e via di seguito.
(Grazie Massimo!)
E’ vero che, d’altro canto, ogni cosa nasconde in sè l’altra faccia della luna, la parte oscura. Ma allora siamo sempre lì; o interiorizziamo entrambe e le facciamo collaborare, parte chiara e parte oscura. O diventiamo dissociati.
Questo, però, è esattamente quello che succede anche nella vita reale. Quindi non capisco dove sia il problema.
Il problema, alla fine, è sempre vivere e morire. Perchè i problemi fanno la vita, e soprattutto fanno la vita superarli. Escogitare, creare, pensare, capire. Fare e non/fare.
Le potenzialità di internet sono immense quanto è immensa la potenzialità umana e può diventare uno strumento divino o diabolico. Per questo avevo detto che internet è lo specchio dell’umanità.
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Sulle domande 1, 2 e 3:
Professor Tonioni, sono d’accordo quando dice che bisogna agganciare il paziente in sede (stava rispondendo a Zauberei); anzi, le dirò che se fossi lei, ma io non sono lei, per quanto riguarda il ragazzino dipendente e compulsivo con internet, per esempio, la prenderei proprio in parola, e lo aggancerei direttamente sul portale o nei luoghi dove sta vivendo la sua realtà virtuale. Calarsi nei suoi posti e cominciare da lì per andare a ricostruire tutto il dramma che ci sta dietro, o a monte. Se con pseudonimo o no, sta a lei: io però la infilerei proprio come una proposta diretta al giovane paziente, che si sentirebbe più libero di raccontarsi, più dentro e protetto dal sistema comunicativo/non comunicativo che lo ha cresciuto. Inoltre in un territorio in cui sa che può muoversi con sicurezza e in libertà, familiare.
Che a lei, appartenente a un’altra generazione, invece non è familiare; ma che potrebbe essere luogo d’interazione (il virtuale), oltre che sfida personale e il feedback della sua teoria di avvicinamento in sede.
In questo caso, unico presupposto: la ragazzina anoressica, il giovane tossico, la mammina innamorata di un avatar, devono essere compulsivi verso internet. E anche il dirigente d’azienda che vive attaccato a un blackberry scambiando scherzose frasi d’amore con l’amante mentre è a cena con altrettanti colleghi, sempre boriosi sempre noiosi. I quali stanno facendo altrettanto per cui la cena d’affari diventa un inno alla compulsività informatico-sessuale. E viene da lei con l’intenzione o il dubbio se interrompere il suo matrimonio. (Tanto per dire).
D’altronde, con internet, anche le competenze psicoterapeutiche potrebbero spostarsi in rete direttamente e letteralmente, in alcuni casi. E per un certo tempo.
Sì, le avevo detto che sono fantasiosa…
*
In ogni caso, l’atto compulsivo significa non essere presenti a quello che si sta facendo e si sta pensando. Se reimparassimo a camminare coscienti dell’atto di camminare, non ci sarebbe l’atto compulsivo.
Sui sistemi per tornare a “imparare a camminare” ognuno dovrebbe avere i suoi. Chi non è in grado di crearseli può essere aiutato a ri-trovarli ma, alla fine, deve volere usarli. Se non vuole usarli, significa che il suo percorso appartiene a un altro mondo. Che forse è un mondo che il senso comune non può percepire.
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Tanti saluti di ben-ritrovati a tutti!

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Di: Francesca Giulia Marone http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223857 Francesca Giulia Marone Thu, 22 Sep 2011 16:44:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223857 Non credo di essere fuori tema se vi indico questo link http://www.wuz.it/articolo-libri/5092/mappa-dei-blog-letterari.html Felice di essere una letteratitudiniana! Non credo di essere fuori tema se vi indico questo link
http://www.wuz.it/articolo-libri/5092/mappa-dei-blog-letterari.html
Felice di essere una letteratitudiniana!

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Di: Federico Tonioni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223829 Federico Tonioni Thu, 22 Sep 2011 13:14:56 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223829 (per Antonella Beccari) Il lapsus, come l'atto mancato o il contenuto di un sogno possono essere interpretati solo in un setting terapeutico attraverso l'interpretazione di cose che il paziente fa e dice durante la seduta. In questo senso non ho idea di chi sia o rappresenti per te "Antonioni" e di che cosa ti abbia spinto a chiamarmi così. Speriamo bene..., sono fiducioso. (per Antonella Beccari)
Il lapsus, come l’atto mancato o il contenuto di un sogno possono essere interpretati solo in un setting terapeutico attraverso l’interpretazione di cose che il paziente fa e dice durante la seduta. In questo senso non ho idea di chi sia o rappresenti per te “Antonioni” e di che cosa ti abbia spinto a chiamarmi così. Speriamo bene…, sono fiducioso.

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Di: Federico Tonioni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223826 Federico Tonioni Thu, 22 Sep 2011 13:12:14 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223826 (per Zauberei) Sono assolutamente d'accordo con te nel considerare il sintomo di dipendenza patologica un epifenomeno di un disturbo strutturale più profondo. Per quanto mi riguarda aver fondato un ambulatorio su una tematica specifica, all'interno di un Day Hospital che storicamente si occupa di dipendenze patologiche, fa parte del mio lavoro istituzionale e rappresenta solo la scusa o il pretesto per poter prendermi cura della persona nella sua complessità. Le relazioni con i nostri pazienti sono tutte a tempo indeterminato. Curare il sintomo è sempre e solo l'inizio, esattamente come fare una diagnosi. Penso comunque che i pazienti debbono essere inizialmente curati là dove vogliono essere "incontrati". Mi spiego meglio. Se viene da me un ragazzo che usa eroina condividerò con lui un'esperienza affettiva prima attraverso la disintossicazione del corpo e poi con estrema cautela attraverso la presa in carico della sua affettività, nel rispetto dei suoi tempi e del suo diritto a ricadere. Come sai, accogliere le difese di un paziente è diverso che attaccare le sue resistenze. (per Zauberei)
Sono assolutamente d’accordo con te nel considerare il sintomo di dipendenza patologica un epifenomeno di un disturbo strutturale più profondo. Per quanto mi riguarda aver fondato un ambulatorio su una tematica specifica, all’interno di un Day Hospital che storicamente si occupa di dipendenze patologiche, fa parte del mio lavoro istituzionale e rappresenta solo la scusa o il pretesto per poter prendermi cura della persona nella sua complessità. Le relazioni con i nostri pazienti sono tutte a tempo indeterminato. Curare il sintomo è sempre e solo l’inizio, esattamente come fare una diagnosi. Penso comunque che i pazienti debbono essere inizialmente curati là dove vogliono essere “incontrati”. Mi spiego meglio. Se viene da me un ragazzo che usa eroina condividerò con lui un’esperienza affettiva prima attraverso la disintossicazione del corpo e poi con estrema cautela attraverso la presa in carico della sua affettività, nel rispetto dei suoi tempi e del suo diritto a ricadere. Come sai, accogliere le difese di un paziente è diverso che attaccare le sue resistenze.

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Di: Federico Tonioni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223825 Federico Tonioni Thu, 22 Sep 2011 13:10:07 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223825 (per Rossella G.) Per certi aspetti è così, ma solo se ci riferiamo alla dipendenza come concetto assoluto. Se invece consideriamo la natura del legame che ci fa reciprocamente dipendere da qualcuno o da qualcosa, scopriremmo che esistono legami e relazioni che fanno crescere ed altri che provocano dolore mentale (a volte anche fisico) e arrestano crescita ed evoluzione, fino a strutturare una realtà conchiusa dove non c'è spazio vero per gli altri e per i cambiamenti in generale. il mondo dei dipendenti patologici si ripete incessantemente sempre uguale e questo lo rende più simile ad una sopravvivenza che ad una vita autenticamente vissuta. Le relazioni con gli altri più sono basate sulla reciprocità e più sono creative. Al contrario più sono basate sul controllo dell'altro (consapevole o inconsapevole che sia) e più hanno i connotati di una dipendenza patologica. (per Rossella G.)
Per certi aspetti è così, ma solo se ci riferiamo alla dipendenza come concetto assoluto. Se invece consideriamo la natura del legame che ci fa reciprocamente dipendere da qualcuno o da qualcosa, scopriremmo che esistono legami e relazioni che fanno crescere ed altri che provocano dolore mentale (a volte anche fisico) e arrestano crescita ed evoluzione, fino a strutturare una realtà conchiusa dove non c’è spazio vero per gli altri e per i cambiamenti in generale. il mondo dei dipendenti patologici si ripete incessantemente sempre uguale e questo lo rende più simile ad una sopravvivenza che ad una vita autenticamente vissuta. Le relazioni con gli altri più sono basate sulla reciprocità e più sono creative. Al contrario più sono basate sul controllo dell’altro (consapevole o inconsapevole che sia) e più hanno i connotati di una dipendenza patologica.

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Di: Alberto Mangiagli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223785 Alberto Mangiagli Thu, 22 Sep 2011 09:03:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223785 Sto leggendo Homo interneticus e trovo che le preoccupazioni e le lagnanze di Lee Siegel riguardo il web siano tutt'altro che peregrine. Sto leggendo Homo interneticus e trovo che le preoccupazioni e le lagnanze di Lee Siegel riguardo il web siano tutt’altro che peregrine.

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Di: Rossella G. http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223765 Rossella G. Thu, 22 Sep 2011 06:56:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223765 Egr. Cavalier Emilio .; la invito a ballare insieme a me questo valzer, indosserò il coturno ed un abito lungo, non se ne curi, lo fanno in tanti - uomini e donne - per avere maggiore imponenza sulla scena all'esterno, pur essendo già cresciuti dentro. Nel frattempo il Grande Totò che fu "principe" non per discendenza di famiglia, ma per aver acquistato il titolo da un aristocratico napoletano che nell'immediato dopoguerra cadde in miseria e che il nobilissimo cuore di Antonio De Curtis salvò. La omaggio con la mitica lettera di Totò e Peppino alla malafemmina la gusti su you tube, I miss you Egr. Cavalier Emilio .; la invito a ballare insieme a me questo valzer, indosserò il coturno ed un abito lungo, non se ne curi, lo fanno in tanti – uomini e donne – per avere maggiore imponenza sulla scena all’esterno, pur essendo già cresciuti dentro. Nel frattempo il Grande Totò che fu “principe” non per discendenza di famiglia, ma per aver acquistato il titolo da un aristocratico napoletano che nell’immediato dopoguerra cadde in miseria e che il nobilissimo cuore di Antonio De Curtis salvò.
La omaggio con la mitica lettera di Totò e Peppino alla malafemmina la gusti su you tube, I miss you

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Di: Leo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223762 Leo Thu, 22 Sep 2011 06:42:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223762 I commenti del prof. Emilio sono come sempre da leggere e conservare. Grazie :) I commenti del prof. Emilio sono come sempre da leggere e conservare. Grazie :)

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Di: Emilio http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223664 Emilio Wed, 21 Sep 2011 19:14:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223664 Spettabile e cara sig. ra Rossella lei mi ha tirato in ballo e - per di più - mi denominò "cavaliere"! Come resistere a siffatto richiamo? Invero non resisterò! Devo dirle che l'argomento mi è ostico, non praticando affatto i meandri cibernetici fatta eccezione per il salotto raffinatissimo del caro dottor Maugeri, per il quale più e più volte dovetti ricorrere all'aiuto di mio figlio onde inviare messaggi. Ma poi imparai, e adesso li invio quasi come un naufrago che imbottiglia un foglio polveroso e lo lancia in mare. Perchè questo, fin dall'inizio, mi parve lo sconfinato oceano di internet. Non nego che una qualche seduzione l'avvertii pur alla mia età, ormai adusa a qualsivoglia stupore. Più d'ogni altra mi catturava la possibilità di conoscenza, cosi' farraginosa ai tempi miei, e una certa emozione ansiosa nel rinvenire ciò che assai accanitamente cercavo da anni. Mi dissi. ma questo è un archivio, una babele, una biblioteca eterna e sovrapposta! Eppure notai anche un eccesso nel mio divorare notizie. E una stratificazione che non resisteva al tempo. Ingabbiavo ma non ritenevo memorie, scivolavo anzi verso una strana e ombrosa palude. Un offuscamento, mi parve. Ma oggi lo definirei indigestione. Troppo avevo preteso dalla mia mente, troppa fiducia nei mie ricordi. A fronte invece dell'infinito rimando dei cavi, del loro potente e feroce armarsi di ogni ben di Dio, mi trovavo solo, uomo, e vecchio. Mi dissi che era troppo per me. Così oggi declino qualsivoglia seduzione di questa sirena che evoca miraggi. Me ne sto qui, nel salotto buono di casa, e mi affaccio di tanto in tanto in questo, ancor migliore del mio. Qui trovo ancora una dimensione che mi sa di casa e cose, di poltrone e sofà, di visite tra parenti, e buone maniere. Non so dunque in che modo porre argine alle dipendenze... Io ho una ricetta tutta mia che pratico con successo: equilibrio, una buona passeggiata, mondo virtuale e mondo vero a piccole dosi, chè entrambi, all'età mia, sono spavaldi e rapaci. Per il resto, Miss. Rossella, i mie omaggi. E al dottor Maugeri, il mio solito e affettuoso saluto. Vostro, cavalier Emilio Spettabile e cara sig. ra Rossella
lei mi ha tirato in ballo e – per di più – mi denominò “cavaliere”!
Come resistere a siffatto richiamo?
Invero non resisterò!
Devo dirle che l’argomento mi è ostico, non praticando affatto i meandri cibernetici fatta eccezione per il salotto raffinatissimo del caro dottor Maugeri, per il quale più e più volte dovetti ricorrere all’aiuto di mio figlio onde inviare messaggi. Ma poi imparai, e adesso li invio quasi come un naufrago che imbottiglia un foglio polveroso e lo lancia in mare.
Perchè questo, fin dall’inizio, mi parve lo sconfinato oceano di internet.
Non nego che una qualche seduzione l’avvertii pur alla mia età, ormai adusa a qualsivoglia stupore.
Più d’ogni altra mi catturava la possibilità di conoscenza, cosi’ farraginosa ai tempi miei, e una certa emozione ansiosa nel rinvenire ciò che assai accanitamente cercavo da anni.
Mi dissi. ma questo è un archivio, una babele, una biblioteca eterna e sovrapposta!
Eppure notai anche un eccesso nel mio divorare notizie. E una stratificazione che non resisteva al tempo. Ingabbiavo ma non ritenevo memorie, scivolavo anzi verso una strana e ombrosa palude. Un offuscamento, mi parve. Ma oggi lo definirei indigestione.
Troppo avevo preteso dalla mia mente, troppa fiducia nei mie ricordi. A fronte invece dell’infinito rimando dei cavi, del loro potente e feroce armarsi di ogni ben di Dio, mi trovavo solo, uomo, e vecchio.
Mi dissi che era troppo per me.
Così oggi declino qualsivoglia seduzione di questa sirena che evoca miraggi.
Me ne sto qui, nel salotto buono di casa, e mi affaccio di tanto in tanto in questo, ancor migliore del mio. Qui trovo ancora una dimensione che mi sa di casa e cose, di poltrone e sofà, di visite tra parenti, e buone maniere.
Non so dunque in che modo porre argine alle dipendenze…
Io ho una ricetta tutta mia che pratico con successo: equilibrio, una buona passeggiata, mondo virtuale e mondo vero a piccole dosi, chè entrambi, all’età mia, sono spavaldi e rapaci.
Per il resto, Miss. Rossella, i mie omaggi.
E al dottor Maugeri, il mio solito e affettuoso saluto.
Vostro, cavalier Emilio

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223635 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:19:32 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223635 8. Qual è il costo psicologico, emotivo e sociale della nostra affollata solitudine high-tech? Per chi eccede il costo può essere alto. Troppo Internet può causare un effetto straniamento. Ma anche troppa cioccolata può far venire il mal di pancia e l'allergia. 8. Qual è il costo psicologico, emotivo e sociale della nostra affollata solitudine high-tech?
Per chi eccede il costo può essere alto. Troppo Internet può causare un effetto straniamento.
Ma anche troppa cioccolata può far venire il mal di pancia e l’allergia.

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223634 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:18:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223634 7. Come stiamo imparando a relazionarci agli altri on line? Con la pratica, prendendo sempre più dimestichezza con il mezzo, imparando nuovi linguaggi e nuovi approcci. 7. Come stiamo imparando a relazionarci agli altri on line?
Con la pratica, prendendo sempre più dimestichezza con il mezzo, imparando nuovi linguaggi e nuovi approcci.

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223631 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:17:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223631 6. Come e quanto sta influenzando la cultura e la vita sociale? Molto. Ed il processo è solo all'inizio. E' un bene o un male? Secondo me è più un bene, anche se non si può generalizzare. 6. Come e quanto sta influenzando la cultura e la vita sociale?
Molto. Ed il processo è solo all’inizio. E’ un bene o un male? Secondo me è più un bene, anche se non si può generalizzare.

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-3/#comment-223629 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:16:31 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223629 5. Che tipo di interessi nasconde la Rete? I Grandi Poteri si sono accorti dell'importanza del mezzo, dunque ci si stanno buttando dentro a testa bassa. Ma non sono in grado di dipingere scenari futuri. 5. Che tipo di interessi nasconde la Rete?
I Grandi Poteri si sono accorti dell’importanza del mezzo, dunque ci si stanno buttando dentro a testa bassa. Ma non sono in grado di dipingere scenari futuri.

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223628 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:15:19 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223628 4. Come comportarsi con i figli che passano troppe ore davanti al computer? È necessario fissare limiti di tempo? Bisogna staccare la spina del pc? È opportuno controllare i siti visitati? E, in definitiva, è meglio lasciare la disponibilità del computer o toglierlo con la forza? Forse un po' di disciplina, senza essere eccessivi, non farebbe male. Ma questo vale non solo per Internet. Vale anche per il giocare a pallone o vedere la TV. 4. Come comportarsi con i figli che passano troppe ore davanti al computer? È necessario fissare limiti di tempo? Bisogna staccare la spina del pc? È opportuno controllare i siti visitati? E, in definitiva, è meglio lasciare la disponibilità del computer o toglierlo con la forza?
Forse un po’ di disciplina, senza essere eccessivi, non farebbe male. Ma questo vale non solo per Internet. Vale anche per il giocare a pallone o vedere la TV.

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223627 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:14:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223627 3. A vostro avviso internet può, in un modo o nell’altro, danneggiare il cervello? Dannneggiare no. Forse, nel tempo, può modificare le nostre abitudini intellettuali, ma modificare il cervello no. Secondo me... 3. A vostro avviso internet può, in un modo o nell’altro, danneggiare il cervello?
Dannneggiare no. Forse, nel tempo, può modificare le nostre abitudini intellettuali, ma modificare il cervello no. Secondo me…

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223626 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:13:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223626 2. Conoscete qualcuno che risente di una vera e propria dipendenza dalla rete? Non so. Non è che se ne parli granché, ma credo sia un disturbo molto diffuso 2. Conoscete qualcuno che risente di una vera e propria dipendenza dalla rete?
Non so. Non è che se ne parli granché, ma credo sia un disturbo molto diffuso

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223625 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:12:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223625 1. Vi è mai venuto il dubbio di essere affetti da una sorta di dipendenza da Internet? Mi è successo nei giorni successivi alla mia iscrizione su Facebook, non riuscivo a non stare on line. Mi sembrava di avere tutto il mondo a portata di mano. Ero mosso da una specie di delirio di onnipotenza, non so spiegarlo meglio. E' capitato anche a qualcuno di voi? Poi però mi sono ridimensionato. 1. Vi è mai venuto il dubbio di essere affetti da una sorta di dipendenza da Internet?
Mi è successo nei giorni successivi alla mia iscrizione su Facebook, non riuscivo a non stare on line. Mi sembrava di avere tutto il mondo a portata di mano. Ero mosso da una specie di delirio di onnipotenza, non so spiegarlo meglio. E’ capitato anche a qualcuno di voi?
Poi però mi sono ridimensionato.

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Di: Francesco Cimiglia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223624 Francesco Cimiglia Wed, 21 Sep 2011 16:10:28 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223624 Buona serata. Intervengo per la prima volta su questo bel blog attratto dal tema. Un tema che credo ci coinvolga tutti, dato che ormai internet è entrato in tutte le case. Del resto con riferimento a coloro che non sanno usare internet ed il computer si parla di nuovo analfabetismo. Tento di rispondere le domande in post separati seguendo il metodo usato dagli altri partecipanti. Buona serata. Intervengo per la prima volta su questo bel blog attratto dal tema. Un tema che credo ci coinvolga tutti, dato che ormai internet è entrato in tutte le case. Del resto con riferimento a coloro che non sanno usare internet ed il computer si parla di nuovo analfabetismo.
Tento di rispondere le domande in post separati seguendo il metodo usato dagli altri partecipanti.

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Di: Antonella Beccari http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223557 Antonella Beccari Wed, 21 Sep 2011 08:57:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223557 Mi scuso con Federico Tonioni, probabilmente il documento di testo mi ha corretto automaticamente il cognome e così ho riportato Antonioni. O forse ho fatto tutto io. Professore, che cosa ne pensa di questo lapsus calami? Mi scuso con Federico Tonioni, probabilmente il documento di testo mi ha corretto automaticamente il cognome e così ho riportato Antonioni. O forse ho fatto tutto io.
Professore, che cosa ne pensa di questo lapsus calami?

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Di: zauberei http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223552 zauberei Wed, 21 Sep 2011 08:30:14 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223552 E' importante che ci siano lavori di clinici che contrastino un po' l'agiografia internettesca che circola in Italia, io credo proprio a causa dell'ancora non capillare diffusione, per cui internet è ancora un bene superidealizzato. Io personalmente ho difficoltà (sono psicologa) - anche se ne riconosco l'efficacia da un punto di vista di mercato, e forse di dialogo tra specialisti - a considerare la dipendenza patologica un sintomo a se che meriti un'etichetta a se, e non l'epifenomeno di cose più articolate collegate alla storia della personalità di chi ne è affetto. Temo sempre conseguenze gravi per certi pazienti quando in centri specializzati su questo sintomo i clinici si focalizzino troppo su questo aspetto, trascurandone altri altrettanto importanti, provocando così un inesorabile peggioramento dei pazienti. In certi assetti prepsicotici per esempio, ho constatato nella mia esperienza clinica, che internet può assumere la funzione di una difesa da un mondo interno percepito come pericoloso - e in certo senso lo è per davvero, e non nella misura delle situazioni mediamente problematiche, ma nella misura delle situazioni molto gravi. Però ci si può sbagliare e partire con un processo di riabilitazione e svariate tecniche di tipo cognitivo comportamentista che lasciano il paziente da solo con questa situazione e finisce con il peggiorare - non so se mi spiego, no probabilmente mi spiego male perchè sono di corsa. Comunque leggerò il libro, che mi interessa molto. Intanto posto qui un mio vecchio intervento che è stato ripubblicato da diverse parti, dove si parla anche del vostro servizio, metto la versione editata da Ibridamenti che quella sul mio blog ci ha l'esordio troppo tarallucci e vino e un po' me vergogno:) http://www.ibridamenti.com/ur-sex-ibridal-gender/2010/12/modem-e-tabu/ (ciao massimo ciao a tutti:) E’ importante che ci siano lavori di clinici che contrastino un po’ l’agiografia internettesca che circola in Italia, io credo proprio a causa dell’ancora non capillare diffusione, per cui internet è ancora un bene superidealizzato. Io personalmente ho difficoltà (sono psicologa) – anche se ne riconosco l’efficacia da un punto di vista di mercato, e forse di dialogo tra specialisti – a considerare la dipendenza patologica un sintomo a se che meriti un’etichetta a se, e non l’epifenomeno di cose più articolate collegate alla storia della personalità di chi ne è affetto. Temo sempre conseguenze gravi per certi pazienti quando in centri specializzati su questo sintomo i clinici si focalizzino troppo su questo aspetto, trascurandone altri altrettanto importanti, provocando così un inesorabile peggioramento dei pazienti. In certi assetti prepsicotici per esempio, ho constatato nella mia esperienza clinica, che internet può assumere la funzione di una difesa da un mondo interno percepito come pericoloso – e in certo senso lo è per davvero, e non nella misura delle situazioni mediamente problematiche, ma nella misura delle situazioni molto gravi. Però ci si può sbagliare e partire con un processo di riabilitazione e svariate tecniche di tipo cognitivo comportamentista che lasciano il paziente da solo con questa situazione e finisce con il peggiorare – non so se mi spiego, no probabilmente mi spiego male perchè sono di corsa.
Comunque leggerò il libro, che mi interessa molto. Intanto posto qui un mio vecchio intervento che è stato ripubblicato da diverse parti, dove si parla anche del vostro servizio, metto la versione editata da Ibridamenti che quella sul mio blog ci ha l’esordio troppo tarallucci e vino e un po’ me vergogno:)
http://www.ibridamenti.com/ur-sex-ibridal-gender/2010/12/modem-e-tabu/

(ciao massimo ciao a tutti:)

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Di: Antonella Beccari http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223548 Antonella Beccari Wed, 21 Sep 2011 08:22:07 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223548 Domanda 2 e 4: dipendenza rete / come comportarsi con i figli (a poco a poco arrivo a tutto). Letto: tutta l'introduzione di Massimo e quella di Federico Antonioni, non letta ancora la prefazione di Luca De Biase. * Sul rapporto eventualmente conflittuale tra figli-genitori - e nell'ambito informatico - personalmente ho risolto la cosa partendo dallo stesso sacro presupposto che avevo utilizzato in altri settori dell'educazione; e cioè che i figli, in primis, sono individui in potenzialità, e come tali vanno trattati. Ne consegue che il tipo di educazione utilizzato e che continuo a utilizzare non sia volontà di disciplina, ma proporre strumenti per autodisciplina. Per esempio, quando andava alle scuole inferiori gli insegnanti si lamentavano che non avesse un metodo di studio (gli insegnanti si lamentano sempre della mancanza di metodo di studio), e però mi accorgevo che, nei fatti, a questa lamentela non seguiva la minima capacità del corpo insegnante di proporre un metodo di studio allo studente, nella maggioranza dei casi. Cioè, l'insegnante si limitava a denunciare il fatto invitando lo studente a cambiare ma senza essere minimamente in grado di proporre un'alternativa che cambiasse le cose. Perchè, in realtà, nemmeno l'insegnante aveva un metodo di studio valido da proporre. Ripeteva quello che le avevano detto fin dalla più tenera età, ma non sapeva sostituire a questo “assunto” una gestione empirica che lo invalidasse. Per ovviare a questo fatto che creava molte perplessità al piccolo il quale, da essere intelligente, capiva l'assunto dell'insegnante ma, allo stesso tempo, mi chiedeva come cambiare perchè a scuola non glielo dicevano, ho cominciato in prima persona a imparare sistemi di apprendimento avanzati prima che si instaurasse un complesso, una “tara”, che non aveva motivo di esistere. Ma era invece una bolla creata da un processo inveterato di ignoranza. Una volta appresi gli strumenti glieli ho passati, con semplicità. Non gli ho detto “To', prendi questi libri e studiateli. Così imparerai un metodo!”. Prima gli strumenti li ho provati su di me. E funzionavano. Anche perchè, nel frattempo, il processo a circuito chiuso sulla mancanza di metodo di studio, gli stava creando arretrati di competenze. Che dovevano essere colmate in fretta, prima che si iniziassero a creare dannose forme di disistima e potenzialità bruciate sul nascere. Partendo dal presupposto – non mi sto allontando dal tema – che un figlio prima di tutto è un essere umano e dopo un figlio, non mi sono mai sognata di dire a mio figlio che detenevo le chiavi di ogni sapienza e quando non ho saputo rispondere ho detto “Non lo so”, invitandolo a trovare insieme la soluzione. Premesso che non gli ho mai proibito di utilizzare consolle di gioco e premesso che non gli ho mai fornito orari di gioco (gli “orari di fabbrica o di ufficio” vanno bene (?) solamente se si adotta il sistema della disciplina) non mi sono mai trovata a dovergli proibire di utilizzarle. Anche perchè già in età precoce era successo un fatto che racconto brevemente e che spiegherà in quale contesto informatico viviamo. In seguito a una marachella (era molto piccolo), quel giorno avevo deciso per la prima volta di dargli un castigo, e cioè l'avevo confinato nella sua stanza per tutto il pomeriggio con l'obbligo di non scendere per alcun motivo al piano di sotto dove stavo io. Finito il castigo e avuto il permesso di scendere, mi disse sorridendo “Mamma, questo castigo mi è piaciuto molto. Quando me ne dai un altro?” Gli ho risposto che non gli avrei mai più dato un castigo “Il tuo castigo sarà che non avrai più castigo!” E così fu. E' cresciuto senza “castighi”. Quando si è trovato a dover mangiarsi le mani per un'omissione o uno sbaglio, gli ho sempre chiesto come pensava di risolvere la cosa. Questo non significa che lo si debba abbandonare a se stesso. Anzi, l'autodisciplina comporta un maggior lavoro per il genitore perchè il genitore deve continuamente informarsi, sperimentare lui stesso, dialogare e coinvolgere, rimettersi a imparare. Collaborare. A sua volta questo comporta che anche il figlio debba fare tutto questo. E comporta anche che, ogni tanto, il figlio debba fare il genitore e il genitore il figlio. E qui finalmente sono arrivata al dunque. Il giorno in cui mi sono trovata a dover utilizzare un computer – computer che lui aveva già utilizzato in altre sedi, e con il naturale esito che avviene in questa generazione dove i bottoni e le tastiere sono un normale strumento di interazione anche di gruppo (vedi doppie triple consolle per giochi di ruolo, che tra l'altro sono quelli che preferisco :-) - non ho avuto problemi a scendere dal piedestallo del genitore per imparare. E lui mi ha aiutato. In seguito le competenze informatiche di entrambi si sono diversificate per diversità di interessi e ora, quando occorre, lui chiede a me e io chiedo a lui, a seconda delle necessità. Il problema del ragazzo attaccato in modo compulsivo alla tastiera presuppone un vuoto a monte. Di amore, di educazione, di ignoranza dell'adulto che in forza del suo essere adulto ignora che si possa imparare dal piccolo. Proibire o avere un qualsiasi giudizio di sorta sul tema tastiera nei confronti di un ragazzetto che è perfettamente consapevole dell'ignoranza generazionale dell'adulto (40/50 anni mi sembra abbia detto Federico Antonioni), gli provoca un sorriso di malizioso compatimento. E poi, ai noiosi nessuno dà retta, come a scuola. Pro-vocare interesse, invece, attira la loro attenzione. E' lo sconcerto che gli fa allungare l'occhio e l'orecchio, è lo spiazzarli sulle loro basi assolutistiche da adolescenti che gli fa dire “Trà, parliamo”. La potenza e l'energia delle loro semplici verità entrano in commistione con l'esperienza del genitore e non c'è più bisogno di orari a tempo per l'uso della tastiera. Va da sè che si autogestiscano in modo appropriato e rinuncino, per esempio, a un gioco interattivo in rete che – lo hanno visto da soli – porta alcuni loro compagni di classe a inebetirsi e a non dormire tutta la notte perchè di là, c'è un giapponese che anche lui non sta dormendo da 12 ore (dodici ore sulla tastiera!), per finire una sessione importante. Va da sè che abbiano bisogno di “vita reale” e non sentano come una rinuncia le dodici ore sulla tastiera in simbiosi con un altro continente in tempo reale. Cioè, si autolimitano, secondo quello che conviene ai loro impegni e a esigenze non fittizie, ma reali. Sul ragazzo già compulsivo, cambia tutto il discorso. Lì c'è da correggere e rieducare (autorieducare), non il ragazzo, ma la famiglia. Perchè se i genitori si autorieducano, ne consegue che anche il ragazzo si adegui. La scintilla della curiosità fa miracoli. Ma sul discorso della famiglia occorrerebbe altro che un post. E questo è già troppo lungo. Domanda 2 e 4: dipendenza rete / come comportarsi con i figli (a poco a poco arrivo a tutto). Letto: tutta l’introduzione di Massimo e quella di Federico Antonioni, non letta ancora la prefazione di Luca De Biase.
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Sul rapporto eventualmente conflittuale tra figli-genitori – e nell’ambito informatico – personalmente ho risolto la cosa partendo dallo stesso sacro presupposto che avevo utilizzato in altri settori dell’educazione; e cioè che i figli, in primis, sono individui in potenzialità, e come tali vanno trattati. Ne consegue che il tipo di educazione utilizzato e che continuo a utilizzare non sia volontà di disciplina, ma proporre strumenti per autodisciplina.
Per esempio, quando andava alle scuole inferiori gli insegnanti si lamentavano che non avesse un metodo di studio (gli insegnanti si lamentano sempre della mancanza di metodo di studio), e però mi accorgevo che, nei fatti, a questa lamentela non seguiva la minima capacità del corpo insegnante di proporre un metodo di studio allo studente, nella maggioranza dei casi. Cioè, l’insegnante si limitava a denunciare il fatto invitando lo studente a cambiare ma senza essere minimamente in grado di proporre un’alternativa che cambiasse le cose. Perchè, in realtà, nemmeno l’insegnante aveva un metodo di studio valido da proporre. Ripeteva quello che le avevano detto fin dalla più tenera età, ma non sapeva sostituire a questo “assunto” una gestione empirica che lo invalidasse.
Per ovviare a questo fatto che creava molte perplessità al piccolo il quale, da essere intelligente, capiva l’assunto dell’insegnante ma, allo stesso tempo, mi chiedeva come cambiare perchè a scuola non glielo dicevano, ho cominciato in prima persona a imparare sistemi di apprendimento avanzati prima che si instaurasse un complesso, una “tara”, che non aveva motivo di esistere. Ma era invece una bolla creata da un processo inveterato di ignoranza.
Una volta appresi gli strumenti glieli ho passati, con semplicità. Non gli ho detto “To’, prendi questi libri e studiateli. Così imparerai un metodo!”. Prima gli strumenti li ho provati su di me. E funzionavano. Anche perchè, nel frattempo, il processo a circuito chiuso sulla mancanza di metodo di studio, gli stava creando arretrati di competenze. Che dovevano essere colmate in fretta, prima che si iniziassero a creare dannose forme di disistima e potenzialità bruciate sul nascere.
Partendo dal presupposto – non mi sto allontando dal tema – che un figlio prima di tutto è un essere umano e dopo un figlio, non mi sono mai sognata di dire a mio figlio che detenevo le chiavi di ogni sapienza e quando non ho saputo rispondere ho detto “Non lo so”, invitandolo a trovare insieme la soluzione.
Premesso che non gli ho mai proibito di utilizzare consolle di gioco e premesso che non gli ho mai fornito orari di gioco (gli “orari di fabbrica o di ufficio” vanno bene (?) solamente se si adotta il sistema della disciplina) non mi sono mai trovata a dovergli proibire di utilizzarle. Anche perchè già in età precoce era successo un fatto che racconto brevemente e che spiegherà in quale contesto informatico viviamo.
In seguito a una marachella (era molto piccolo), quel giorno avevo deciso per la prima volta di dargli un castigo, e cioè l’avevo confinato nella sua stanza per tutto il pomeriggio con l’obbligo di non scendere per alcun motivo al piano di sotto dove stavo io. Finito il castigo e avuto il permesso di scendere, mi disse sorridendo “Mamma, questo castigo mi è piaciuto molto. Quando me ne dai un altro?”
Gli ho risposto che non gli avrei mai più dato un castigo “Il tuo castigo sarà che non avrai più castigo!” E così fu. E’ cresciuto senza “castighi”.
Quando si è trovato a dover mangiarsi le mani per un’omissione o uno sbaglio, gli ho sempre chiesto come pensava di risolvere la cosa. Questo non significa che lo si debba abbandonare a se stesso. Anzi, l’autodisciplina comporta un maggior lavoro per il genitore perchè il genitore deve continuamente informarsi, sperimentare lui stesso, dialogare e coinvolgere, rimettersi a imparare. Collaborare.
A sua volta questo comporta che anche il figlio debba fare tutto questo. E comporta anche che, ogni tanto, il figlio debba fare il genitore e il genitore il figlio. E qui finalmente sono arrivata al dunque.
Il giorno in cui mi sono trovata a dover utilizzare un computer – computer che lui aveva già utilizzato in altre sedi, e con il naturale esito che avviene in questa generazione dove i bottoni e le tastiere sono un normale strumento di interazione anche di gruppo (vedi doppie triple consolle per giochi di ruolo, che tra l’altro sono quelli che preferisco :-) – non ho avuto problemi a scendere dal piedestallo del genitore per imparare. E lui mi ha aiutato.
In seguito le competenze informatiche di entrambi si sono diversificate per diversità di interessi e ora, quando occorre, lui chiede a me e io chiedo a lui, a seconda delle necessità.
Il problema del ragazzo attaccato in modo compulsivo alla tastiera presuppone un vuoto a monte. Di amore, di educazione, di ignoranza dell’adulto che in forza del suo essere adulto ignora che si possa imparare dal piccolo. Proibire o avere un qualsiasi giudizio di sorta sul tema tastiera nei confronti di un ragazzetto che è perfettamente consapevole dell’ignoranza generazionale dell’adulto (40/50 anni mi sembra abbia detto Federico Antonioni), gli provoca un sorriso di malizioso compatimento. E poi, ai noiosi nessuno dà retta, come a scuola.
Pro-vocare interesse, invece, attira la loro attenzione. E’ lo sconcerto che gli fa allungare l’occhio e l’orecchio, è lo spiazzarli sulle loro basi assolutistiche da adolescenti che gli fa dire “Trà, parliamo”. La potenza e l’energia delle loro semplici verità entrano in commistione con l’esperienza del genitore e non c’è più bisogno di orari a tempo per l’uso della tastiera. Va da sè che si autogestiscano in modo appropriato e rinuncino, per esempio, a un gioco interattivo in rete che – lo hanno visto da soli – porta alcuni loro compagni di classe a inebetirsi e a non dormire tutta la notte perchè di là, c’è un giapponese che anche lui non sta dormendo da 12 ore (dodici ore sulla tastiera!), per finire una sessione importante. Va da sè che abbiano bisogno di “vita reale” e non sentano come una rinuncia le dodici ore sulla tastiera in simbiosi con un altro continente in tempo reale.
Cioè, si autolimitano, secondo quello che conviene ai loro impegni e a esigenze non fittizie, ma reali.
Sul ragazzo già compulsivo, cambia tutto il discorso. Lì c’è da correggere e rieducare (autorieducare), non il ragazzo, ma la famiglia. Perchè se i genitori si autorieducano, ne consegue che anche il ragazzo si adegui. La scintilla della curiosità fa miracoli.
Ma sul discorso della famiglia occorrerebbe altro che un post. E questo è già troppo lungo.

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Di: Antonio Falloni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223547 Antonio Falloni Wed, 21 Sep 2011 08:12:20 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223547 Molto bella la prefazione di De Biasi. Sono d'accordo con quanto lui sostiene Molto bella la prefazione di De Biasi. Sono d’accordo con quanto lui sostiene

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Di: Rossella G. http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/09/19/homo-interneticus-quando-internet-diventa-una-droga/comment-page-2/#comment-223532 Rossella G. Wed, 21 Sep 2011 06:23:32 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3524#comment-223532 Grazie dr. Tonioni per le sue risposte, soprattutto la distinzione fra dipendenze sane e patologiche. A tal proposito mi sono venute in mente le parole di una psicologa, la dipendenza non è mai univoca, esiste sempre un interdipendenza fra gli elementi, come a dire che l'uno non può fare a meno dell'altro sia in termini individuali che collettivi . . . insomma la sinapsi della rete rientra forse in quel mega sistema che controlla l'uomo-massa e che crea desideri ancor prima di prodotti reali? Grazie dr. Tonioni per le sue risposte, soprattutto la distinzione fra dipendenze sane e patologiche. A tal proposito mi sono venute in mente le parole di una psicologa, la dipendenza non è mai univoca, esiste sempre un interdipendenza fra gli elementi, come a dire che l’uno non può fare a meno dell’altro sia in termini individuali che collettivi . . . insomma la sinapsi della rete rientra forse in quel mega sistema che controlla l’uomo-massa e che crea desideri ancor prima di prodotti reali?

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