Commenti a: 25 APRILE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: 25 APRILE 2020: il messaggio del Presidente Mattarella http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1570744 25 APRILE 2020: il messaggio del Presidente Mattarella Sat, 25 Apr 2020 15:07:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1570744 <b>25 APRILE 2020: il messaggio del Presidente Mattarella</b> https://letteratitudinenews.wordpress.com/2020/04/25/messaggio-del-presidente-mattarella-in-occasione-del-75-anniversario-della-liberazione/ 25 APRILE 2020: il messaggio del Presidente Mattarella

https://letteratitudinenews.wordpress.com/2020/04/25/messaggio-del-presidente-mattarella-in-occasione-del-75-anniversario-della-liberazione/

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Di: 25 APRILE 2020 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1570743 25 APRILE 2020 Sat, 25 Apr 2020 15:07:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1570743 <b>25 APRILE 2020</b> 25 APRILE 2020

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Di: Intervento del Presidente Sergio Mattarella alla cerimonia commemorativa del 74° Anniversario della Liberazione http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1473123 Intervento del Presidente Sergio Mattarella alla cerimonia commemorativa del 74° Anniversario della Liberazione Thu, 25 Apr 2019 21:13:30 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1473123 Vittorio Veneto - Teatro Da Ponte, 25/04/2019 Un saluto intensamente cordiale a tutti, al Presidente della Regione, al Sindaco e, attraverso di lui, a tutti i vittoriesi, ai rappresentanti del Parlamento, a tutte le autorità, ai Sindaci presenti salutandoli con molta cordialità. Ringrazio per gli interventi già svolti. Abbiamo ascoltato delle cose di grande interesse e significato, in cui mi riconosco pienamente. Sono davvero lieto di essere a Vittorio Veneto, per celebrare qui la Festa della Liberazione, in questo luogo simbolo caro all’Italia, che vide i nostri soldati segnare la conclusione vittoriosa della Prima guerra mondiale, sancendo così il compimento dell’unità territoriale italiana. Unità territoriale che corrispondeva all’unità morale e spirituale dell’Italia, all’aspirazione a una Patria libera e indipendente. Quella stessa aspirazione – dopo poco più di un ventennio - animò i volontari della Libertà, in queste terre generose e martoriate del Veneto, negli aspri combattimenti contro l’oppressione nazifascista, con tutto il suo carico di sangue, lutti e devastazioni. E con pagine straordinarie di sacrificio, eroismo e idealità, che non possono essere rimosse e che vanno ricordate. Festeggiare il 25 aprile – giorno anche di San Marco - significa celebrare il ritorno dell’Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent’anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni. Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico. Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazza italiane è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà a tutti gli altri. La libertà nostra e delle future generazioni. A chiamarci a questa celebrazione sono i martiri delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema e di tanti altri luoghi del nostro Paese; di Cefalonia, dei partigiani e dei militari caduti in montagna o nelle città, dei deportati nei campi di sterminio, dei soldati di Paesi stranieri lontani che hanno fornito un grande generoso contributo e sono morti in Italia per la libertà. Questo doveroso ricordo ci spinge a stringerci intorno ai nostri amati simboli: il tricolore e l’inno nazionale (così ben cantato dal coro di ragazzi e adulti, complimenti al maestro Sabrina Carraro). È il dovere, morale e civile, della memoria. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l’identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro. Il 25 aprile del 1945 nasceva, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti il 2 giugno del 1946, con la scelta della Repubblica e il primo gennaio 1948 con la nostra Costituzione. Il 25 aprile vede la luce l’Italia che ripudia la guerra e s’impegna attivamente per la pace. L’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere. L’Italia che pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell’eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni. Non era così nel ventennio fascista. Non libertà di opinione, di espressione, di pensiero. Abolite le elezioni, banditi i giornali e i partiti di opposizione. Gli oppositori bastonati, incarcerati, costretti all’esilio o uccisi. Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere. Credere, in modo acritico e assoluto, alle parole d’ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i Paesi stranieri. L’ossessione del nemico, sempre e dovunque, la stolta convinzione che tutto si potesse risolvere con la forza della violenza. E, soprattutto, si doveva combattere. Non per difendersi, ma per aggredire. Combattere, e uccidere, per conquistare e per soggiogare. Intere generazioni di giovani italiani furono mandate a morire, male armati e male equipaggiati, in Grecia, in Albania, in Russia, in Africa per soddisfare un delirio di dominio e di potenza, nell’alleanza con uno dei regimi più feroci che la storia abbia conosciuto: quello nazista. Non erano questi gli ideali per i quali erano morti i nostri giovani nel Risorgimento e nella Prima Guerra Mondiale La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva. L’8 settembre 1943 e gli eventi che ne susseguirono rappresentarono, per molti italiani, la fine drammatica di una illusione. Con la dissoluzione dello Stato, i morti, i feriti, le gravissime sconfitte militari. L’Italia era precipitata in una lenta e terribile agonia. Il Re era fuggito a Brindisi abbandonando Roma al suo destino, le truppe germaniche avevano invaso il territorio nazionale, seminando ovunque terrore e morte, a Salò si era insediato un governo fantoccio, totalmente nelle mani naziste. Fu in questo contesto che molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo. Nacque così, anche in Italia, il movimento della Resistenza. Resistenza alla barbarie, alla disumanizzazione, alla violenza: un fenomeno di portata internazionale che accomunava, in forme e modi diversi, uomini e donne di tutta Europa. Alla barbarie si poteva resistere in tanti modi: con le armi, con la propaganda, con la diffusione di giornali clandestini, con la non collaborazione, con l’aiuto fornito ai partigiani, agli alleati, agli ebrei in fuga. Ma ci voleva forza d’animo e grande coraggio, perché ognuna di queste azioni poteva comportare la cattura, la tortura e la morte. Accadde, in forme e gradi diversi, in tutto il territorio nazionale soggetto all’occupazione nazista. Contadini, operai, intellettuali, studenti, militari, religiosi, costituirono il movimento della Resistenza: tra loro vi erano azionisti, socialisti, liberali, comunisti, cattolici, monarchici e anche molti ex fascisti delusi. Non fu un esercito compatto, non poteva esserlo, ma piuttosto una rete ideale, che operava, in montagna o nelle città, in ordine sparso e in condizioni di grande difficoltà e pericolo. Vi erano i partigiani, capaci di coraggio, di spirito di sacrificio e di imprese audaci; i soldati italiani che combatterono fianco a fianco con l’esercito alleato, coprendosi di valore. Accanto a essi, come componente decisiva della Resistenza italiana, desidero ricordare i tanti militari che, catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre, rifiutarono l’onta di servire sotto la bandiera di Salò e dell’esercito occupante e preferirono l’internamento nei campi di prigionia nazisti. Seicentomila: un numero imponente che fa riflettere sulla decisa prevalenza del senso di onor di Patria rispetto al fascismo fra gli appartenenti alle Forze Armate. Quasi cinquantamila di questi morirono nei lager in Germania, di stenti o per le violenze. Né va dimenticato il contributo fondamentale delle centinaia di migliaia di persone che offrirono aiuti, cibo, informazioni, vie di fuga ai partigiani e a militari alleati; e dei tanti giusti delle Nazioni che si prodigarono per salvare la vita degli ebrei, rischiando la propria. Nel tessuto sociale del Veneto, permeato dalle cooperative di braccianti e dalle leghe contadine, la Resistenza germogliò dal basso in modo pressocché spontaneo: gruppi di cittadini, spesso guidati dal clero locale, che cercavano di mettere in salvo prigionieri alleati, perseguitati politici, ebrei e chi voleva sfuggire all’arruolamento nell’esercito di Salò o alla deportazione in Germania. Spicca, nel territorio del Vittoriese, la personalità di don Giuseppe Faè, parroco di Montaner, vero cappellano dei partigiani. Arrestato insieme a collaboratori e familiari e condannato a morte, scampò alla fucilazione per intervento del Vescovo. Ma la sorella Giovanna, deportata in un lager nazista, non fece più ritorno. Attorno a don Faè muovono i primi passi coloro che diventeranno i capi partigiani di questa zona: Ermenegildo Pedron, detto “Libero”, Attilio Tonon detto “Bianco” e dal giovane sottotenente degli alpini Giobatta Bitto, detto “Pagnoca”, che agirono soprattutto nella zona del Cansiglio. In tutto il Veneto la guerra partigiana fu particolarmente difficile e dura. I tedeschi volevano preservarsi il Veneto come via di possibile fuga verso la Germania. Le formazioni partigiane, infersero all’occupante diverse e cocenti sconfitte, pur se i continui rastrellamenti operati dai nazisti e dai fascisti nell’inverno 1944-45, specialmente sul Grappa e sul Cansiglio, ne ridussero la capacità operativa. In quel drammatico periodo ci furono molte esecuzioni di partigiani e rappresaglie contro la popolazione civile. Come la terribile impiccagione di 31 giovani agli alberi del corso centrale di Bassano del Grappa il 26 settembre 1944, di cui ha parlato la professoressa Giulia Albanese, che ringrazio per il suo intervento appassionato e puntuale. Alcuni di questi giovani impiccati avevano meno di 17 anni. Il bilancio dei rastrellamenti pesò molto sulla Resistenza veneta: in pochi giorni vennero impiccati 171 combattenti per la libertà, 603 vennero fucilati, 804 deportati, oltre tremila fatti prigionieri e centinaia di case vennero bruciate. Ma nella primavera del 1945, rafforzate da nuovi giovani venuti a irrobustire le loro file e dagli aiuti alleati, le formazioni partigiane venete riusciranno a infliggere nuovi, decisivi colpi alle forze tedesche, fino alla Liberazione. In alcuni casi, come in quello di Vittorio Veneto, l’esercito tedesco negoziò direttamente la resa con i capi partigiani. Ringrazio la signora Meneghin per il suo appassionato intervento. E la ringrazio ancor di più per il coraggio dimostrato in quegli anni terribili della guerra partigiana. Concordo con lei: per la Resistenza fu decisivo l’apporto delle donne, volitive e coraggiose. In Veneto furono staffette, ma anche combattenti. Su di loro, se catturate, la violenza fascista si scatenava con ulteriore terrificante brutalità, come le sopravvissute raccontarono del trattamento della banda Carità, un gruppo di torturatori di inaudita ferocia che aveva sede presso Villa Giusti a Padova. Ne abbiamo già ricordate alcune e tante altre giovani venete di allora andrebbero citate per quanto hanno fatto, per il loro impegno. Per tutte ricordo Tina Anselmi, con cui ho avuto l’opportunità e l’onore di lavorare a stretto contatto in Parlamento. Fondamentale per animare il movimento resistenziale fu, in Veneto, il contributo del mondo della cultura e dell’università. Come è stato appena ricordato, l’Università di Padova, unico caso tra gli atenei italiani, fu insignito della medaglia d’oro al valore della Resistenza. Ricordo l’appello, di grande suggestione e di altissimo valore morale, che il grande latinista Concetto Marchesi, rettore dell’università padovana, rivolse ai suoi studenti in piena occupazione nazista, invitandoli alla rivolta: «Una generazione di uomini – scrisse Marchesi – ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall'ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell'Italia e costituire il popolo italiano». Non furono queste solo parole. Perché Marchesi, comunista, insieme al suo allievo Ezio Franceschini, cattolico, diedero insieme vita a una organizzazione segreta, operativa (FraMa, dalle iniziali dei loro cognomi) capace di fornire assistenza logistica agli alleati, ai resistenti e agli ebrei. La FraMa ebbe i suoi martiri: il padre francescano Placido Cortese, torturato a morte nella Risiera di San Sabba, e la suora laica Maria Borgato, scomparsa nei lager tedeschi. Anche in Veneto, come in altre zone d’Italia, ci furono, dopo il 25 aprile, vendette e brutalità inaccettabili contro i nemici di un tempo, peraltro prontamente condannate dai vertici del Cln. Nessuna violenza pregressa, per quanto feroce, può giustificare, dopo la resa del nemico, il ricorso alla giustizia sommaria. Mai questa può essere commessa in nome della libertà e della democrazia. La Resistenza, con la sua complessità, nella sua grande attività e opera, è un fecondo serbatoio di valori morali e civili. Ci insegna che, oggi come allora, c’è bisogno di donne e uomini liberi e fieri che non chinino la testa di fronte a chi, con la violenza, con il terrorismo, con il fanatismo religioso, vorrebbe farci tornare a epoche oscure, imponendoci un destino di asservimento, di terrore e di odio. A queste minacce possiamo rispondere con le parole di Teresio Olivelli, partigiano, ucciso a bastonate nel lager di Hersbruck: «Lottiamo giorno per giorno perché sappiamo che la libertà non può essere elargita dagli altri. Non vi sono liberatori. Solo uomini che si liberano». Buon 25 Aprile!! Vittorio Veneto – Teatro Da Ponte, 25/04/2019

Un saluto intensamente cordiale a tutti, al Presidente della Regione, al Sindaco e, attraverso di lui, a tutti i vittoriesi, ai rappresentanti del Parlamento, a tutte le autorità, ai Sindaci presenti salutandoli con molta cordialità.

Ringrazio per gli interventi già svolti. Abbiamo ascoltato delle cose di grande interesse e significato, in cui mi riconosco pienamente.

Sono davvero lieto di essere a Vittorio Veneto, per celebrare qui la Festa della Liberazione, in questo luogo simbolo caro all’Italia, che vide i nostri soldati segnare la conclusione vittoriosa della Prima guerra mondiale, sancendo così il compimento dell’unità territoriale italiana. Unità territoriale che corrispondeva all’unità morale e spirituale dell’Italia, all’aspirazione a una Patria libera e indipendente.

Quella stessa aspirazione – dopo poco più di un ventennio – animò i volontari della Libertà, in queste terre generose e martoriate del Veneto, negli aspri combattimenti contro l’oppressione nazifascista, con tutto il suo carico di sangue, lutti e devastazioni. E con pagine straordinarie di sacrificio, eroismo e idealità, che non possono essere rimosse e che vanno ricordate.

Festeggiare il 25 aprile – giorno anche di San Marco – significa celebrare il ritorno dell’Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent’anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni. Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico.

Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazza italiane è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà a tutti gli altri. La libertà nostra e delle future generazioni.

A chiamarci a questa celebrazione sono i martiri delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema e di tanti altri luoghi del nostro Paese; di Cefalonia, dei partigiani e dei militari caduti in montagna o nelle città, dei deportati nei campi di sterminio, dei soldati di Paesi stranieri lontani che hanno fornito un grande generoso contributo e sono morti in Italia per la libertà. Questo doveroso ricordo ci spinge a stringerci intorno ai nostri amati simboli: il tricolore e l’inno nazionale (così ben cantato dal coro di ragazzi e adulti, complimenti al maestro Sabrina Carraro).

È il dovere, morale e civile, della memoria. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l’identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro.

Il 25 aprile del 1945 nasceva, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti il 2 giugno del 1946, con la scelta della Repubblica e il primo gennaio 1948 con la nostra Costituzione.

Il 25 aprile vede la luce l’Italia che ripudia la guerra e s’impegna attivamente per la pace. L’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere. L’Italia che pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell’eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni.

Non era così nel ventennio fascista. Non libertà di opinione, di espressione, di pensiero. Abolite le elezioni, banditi i giornali e i partiti di opposizione. Gli oppositori bastonati, incarcerati, costretti all’esilio o uccisi. Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere. Credere, in modo acritico e assoluto, alle parole d’ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i Paesi stranieri. L’ossessione del nemico, sempre e dovunque, la stolta convinzione che tutto si potesse risolvere con la forza della violenza.

E, soprattutto, si doveva combattere. Non per difendersi, ma per aggredire.

Combattere, e uccidere, per conquistare e per soggiogare. Intere generazioni di giovani italiani furono mandate a morire, male armati e male equipaggiati, in Grecia, in Albania, in Russia, in Africa per soddisfare un delirio di dominio e di potenza, nell’alleanza con uno dei regimi più feroci che la storia abbia conosciuto: quello nazista.

Non erano questi gli ideali per i quali erano morti i nostri giovani nel Risorgimento e nella Prima Guerra Mondiale

La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva.

L’8 settembre 1943 e gli eventi che ne susseguirono rappresentarono, per molti italiani, la fine drammatica di una illusione. Con la dissoluzione dello Stato, i morti, i feriti, le gravissime sconfitte militari.

L’Italia era precipitata in una lenta e terribile agonia. Il Re era fuggito a Brindisi abbandonando Roma al suo destino, le truppe germaniche avevano invaso il territorio nazionale, seminando ovunque terrore e morte, a Salò si era insediato un governo fantoccio, totalmente nelle mani naziste.

Fu in questo contesto che molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo. Nacque così, anche in Italia, il movimento della Resistenza. Resistenza alla barbarie, alla disumanizzazione, alla violenza: un fenomeno di portata internazionale che accomunava, in forme e modi diversi, uomini e donne di tutta Europa.

Alla barbarie si poteva resistere in tanti modi: con le armi, con la propaganda, con la diffusione di giornali clandestini, con la non collaborazione, con l’aiuto fornito ai partigiani, agli alleati, agli ebrei in fuga. Ma ci voleva forza d’animo e grande coraggio, perché ognuna di queste azioni poteva comportare la cattura, la tortura e la morte. Accadde, in forme e gradi diversi, in tutto il territorio nazionale soggetto all’occupazione nazista.

Contadini, operai, intellettuali, studenti, militari, religiosi, costituirono il movimento della Resistenza: tra loro vi erano azionisti, socialisti, liberali, comunisti, cattolici, monarchici e anche molti ex fascisti delusi. Non fu un esercito compatto, non poteva esserlo, ma piuttosto una rete ideale, che operava, in montagna o nelle città, in ordine sparso e in condizioni di grande difficoltà e pericolo.

Vi erano i partigiani, capaci di coraggio, di spirito di sacrificio e di imprese audaci; i soldati italiani che combatterono fianco a fianco con l’esercito alleato, coprendosi di valore. Accanto a essi, come componente decisiva della Resistenza italiana, desidero ricordare i tanti militari che, catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre, rifiutarono l’onta di servire sotto la bandiera di Salò e dell’esercito occupante e preferirono l’internamento nei campi di prigionia nazisti. Seicentomila: un numero imponente che fa riflettere sulla decisa prevalenza del senso di onor di Patria rispetto al fascismo fra gli appartenenti alle Forze Armate. Quasi cinquantamila di questi morirono nei lager in Germania, di stenti o per le violenze.

Né va dimenticato il contributo fondamentale delle centinaia di migliaia di persone che offrirono aiuti, cibo, informazioni, vie di fuga ai partigiani e a militari alleati; e dei tanti giusti delle Nazioni che si prodigarono per salvare la vita degli ebrei, rischiando la propria.

Nel tessuto sociale del Veneto, permeato dalle cooperative di braccianti e dalle leghe contadine, la Resistenza germogliò dal basso in modo pressocché spontaneo: gruppi di cittadini, spesso guidati dal clero locale, che cercavano di mettere in salvo prigionieri alleati, perseguitati politici, ebrei e chi voleva sfuggire all’arruolamento nell’esercito di Salò o alla deportazione in Germania.

Spicca, nel territorio del Vittoriese, la personalità di don Giuseppe Faè, parroco di Montaner, vero cappellano dei partigiani. Arrestato insieme a collaboratori e familiari e condannato a morte, scampò alla fucilazione per intervento del Vescovo. Ma la sorella Giovanna, deportata in un lager nazista, non fece più ritorno.

Attorno a don Faè muovono i primi passi coloro che diventeranno i capi partigiani di questa zona: Ermenegildo Pedron, detto “Libero”, Attilio Tonon detto “Bianco” e dal giovane sottotenente degli alpini Giobatta Bitto, detto “Pagnoca”, che agirono soprattutto nella zona del Cansiglio.

In tutto il Veneto la guerra partigiana fu particolarmente difficile e dura. I tedeschi volevano preservarsi il Veneto come via di possibile fuga verso la Germania. Le formazioni partigiane, infersero all’occupante diverse e cocenti sconfitte, pur se i continui rastrellamenti operati dai nazisti e dai fascisti nell’inverno 1944-45, specialmente sul Grappa e sul Cansiglio, ne ridussero la capacità operativa.

In quel drammatico periodo ci furono molte esecuzioni di partigiani e rappresaglie contro la popolazione civile. Come la terribile impiccagione di 31 giovani agli alberi del corso centrale di Bassano del Grappa il 26 settembre 1944, di cui ha parlato la professoressa Giulia Albanese, che ringrazio per il suo intervento appassionato e puntuale. Alcuni di questi giovani impiccati avevano meno di 17 anni.

Il bilancio dei rastrellamenti pesò molto sulla Resistenza veneta: in pochi giorni vennero impiccati 171 combattenti per la libertà, 603 vennero fucilati, 804 deportati, oltre tremila fatti prigionieri e centinaia di case vennero bruciate.

Ma nella primavera del 1945, rafforzate da nuovi giovani venuti a irrobustire le loro file e dagli aiuti alleati, le formazioni partigiane venete riusciranno a infliggere nuovi, decisivi colpi alle forze tedesche, fino alla Liberazione. In alcuni casi, come in quello di Vittorio Veneto, l’esercito tedesco negoziò direttamente la resa con i capi partigiani.

Ringrazio la signora Meneghin per il suo appassionato intervento. E la ringrazio ancor di più per il coraggio dimostrato in quegli anni terribili della guerra partigiana. Concordo con lei: per la Resistenza fu decisivo l’apporto delle donne, volitive e coraggiose. In Veneto furono staffette, ma anche combattenti. Su di loro, se catturate, la violenza fascista si scatenava con ulteriore terrificante brutalità, come le sopravvissute raccontarono del trattamento della banda Carità, un gruppo di torturatori di inaudita ferocia che aveva sede presso Villa Giusti a Padova.

Ne abbiamo già ricordate alcune e tante altre giovani venete di allora andrebbero citate per quanto hanno fatto, per il loro impegno. Per tutte ricordo Tina Anselmi, con cui ho avuto l’opportunità e l’onore di lavorare a stretto contatto in Parlamento.

Fondamentale per animare il movimento resistenziale fu, in Veneto, il contributo del mondo della cultura e dell’università. Come è stato appena ricordato, l’Università di Padova, unico caso tra gli atenei italiani, fu insignito della medaglia d’oro al valore della Resistenza.

Ricordo l’appello, di grande suggestione e di altissimo valore morale, che il grande latinista Concetto Marchesi, rettore dell’università padovana, rivolse ai suoi studenti in piena occupazione nazista, invitandoli alla rivolta: «Una generazione di uomini – scrisse Marchesi – ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano».

Non furono queste solo parole. Perché Marchesi, comunista, insieme al suo allievo Ezio Franceschini, cattolico, diedero insieme vita a una organizzazione segreta, operativa (FraMa, dalle iniziali dei loro cognomi) capace di fornire assistenza logistica agli alleati, ai resistenti e agli ebrei. La FraMa ebbe i suoi martiri: il padre francescano Placido Cortese, torturato a morte nella Risiera di San Sabba, e la suora laica Maria Borgato, scomparsa nei lager tedeschi.

Anche in Veneto, come in altre zone d’Italia, ci furono, dopo il 25 aprile, vendette e brutalità inaccettabili contro i nemici di un tempo, peraltro prontamente condannate dai vertici del Cln. Nessuna violenza pregressa, per quanto feroce, può giustificare, dopo la resa del nemico, il ricorso alla giustizia sommaria. Mai questa può essere commessa in nome della libertà e della democrazia.

La Resistenza, con la sua complessità, nella sua grande attività e opera, è un fecondo serbatoio di valori morali e civili.

Ci insegna che, oggi come allora, c’è bisogno di donne e uomini liberi e fieri che non chinino la testa di fronte a chi, con la violenza, con il terrorismo, con il fanatismo religioso, vorrebbe farci tornare a epoche oscure, imponendoci un destino di asservimento, di terrore e di odio.

A queste minacce possiamo rispondere con le parole di Teresio Olivelli, partigiano, ucciso a bastonate nel lager di Hersbruck: «Lottiamo giorno per giorno perché sappiamo che la libertà non può essere elargita dagli altri. Non vi sono liberatori. Solo uomini che si liberano».

Buon 25 Aprile!!

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Di: Le prime pagine del romanzo MORIRE IL 25 APRILE di Federico Bertoni (Frassinelli) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1473122 Le prime pagine del romanzo MORIRE IL 25 APRILE di Federico Bertoni (Frassinelli) Thu, 25 Apr 2019 21:12:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1473122 In occasione del 25 aprile 2019 pubblichiamo le prime pagine del romanzo MORIRE IL 25 APRILE di Federico Bertoni (Frassinelli) https://letteratitudinenews.wordpress.com/2019/04/24/morire-il-25-aprile-di-federico-bertoni-un-estratto/ In occasione del 25 aprile 2019 pubblichiamo le prime pagine del romanzo MORIRE IL 25 APRILE di Federico Bertoni (Frassinelli)
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2019/04/24/morire-il-25-aprile-di-federico-bertoni-un-estratto/

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Di: 25 aprile 2019 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1472943 25 aprile 2019 Wed, 24 Apr 2019 14:27:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1472943 <b>25 aprile 2019</b> 25 aprile 2019

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Di: Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia in occasione del 73° anniversario della Liberazione http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363594 Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia in occasione del 73° anniversario della Liberazione Thu, 26 Apr 2018 07:35:07 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363594 <strong>Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia in occasione del 73° anniversario della Liberazione</strong> * * * Un saluto cordiale a tutti, al Sindaco e, attraverso di lui, ai cittadini di Casoli, ringraziandoli per l'accoglienza così calorosa, aperta e affettuosa per la Repubblica. Un saluto al Presidente della Regione, alla Vicepresidente della Camera dei Deputati, al Vicepresidente del CSM, a tutti i sindaci presenti. Un saluto particolare all'Ambasciatore del Regno Unito, all'Incaricato d'Affari della Polonia, ringraziandoli per la loro presenza. Mi rivolgo ai partigiani e ai veterani della Brigata Maiella. Abbiamo sentito poc'anzi, ancora una volta, ricordare il valore e il contributo che hanno dato alla storia del nostro Paese. Vi è una storia che viene non soltanto trasmessa ma testimoniata dal vostro impegno, raccolto anche nell'ANPI. Vi è un significato particolare nel ricordare la Liberazione, il 25 aprile, qui a Casoli. Sono molto lieto di poterlo fare perché Casoli è stato uno dei centri nevralgici della Resistenza in Abruzzo, e celebrare qui la festa della Liberazione consente di sottolineare le pagine di storia, non sempre adeguatamente sottolineate e conosciute, scritte dalla Resistenza nel Mezzogiorno d'Italia. In questa Regione così bella e così fiera si svolsero, tra il 1943 e il 1944, alcuni degli episodi più drammatici e decisivi della lunga e sanguinosa guerra per liberare l'Italia dal nazifascismo e per restituire il nostro Paese al novero delle nazioni democratiche e pienamente civili. Da Ortona s'imbarcarono verso sud il Re e i membri del governo Badoglio, abbandonando precipitosamente Roma al suo destino di occupazione tedesca. Sul Gran Sasso fu detenuto e poi prelevato dai soldati tedeschi Benito Mussolini con un evento che portò alla nascita della Repubblica di Salò, che portò lutti e sangue tra gli italiani, sotto il controllo pieno e incondizionato della Germania nazista. La linea Gustav, fortissimo caposaldo della difesa tedesca tagliava in due l'Italia, dall'Adriatico al Tirreno, e riuscì a fermare l'avanzata degli Alleati verso Roma. Il "fronte italiano", come venne chiamato dagli anglo-americani, si stabilì, per lunghi e durissimi mesi, tra Ortona, Cassino e Minturno, attraversando queste terre e queste montagne di cui oggi noi apprezziamo la grande bellezza ma che allora videro immani tragedie. Le battaglie che si combatterono in Abruzzo, sul versante adriatico, nel 1943, furono tra le più aspre di tutto il conflitto sul territorio italiano. Ortona venne soprannominata "la Stalingrado d'Italia". La guerra, combattuta per anni in fronti lontani - Africa, Grecia, Balcani, Russia - irrompeva fragorosamente nel territorio italiano, coinvolgendo con il suo carico di distruzione e di morte la popolazione italiana. Iniziarono i bombardamenti aerei, i feroci combattimenti terrestri. E poi, per i civili, la barbara sequenza di saccheggi, deportazioni, sfollamenti, rappresaglie e stragi. In quel periodo la regione d'Abruzzo, con i suoi abitanti, visse una vera epopea, tragica e insieme eroica, diventando - insieme alle aree limitrofe - il teatro di operazioni belliche di primaria importanza per le sorti della guerra. Lungo la linea Gustav si riproduceva, in una scala ridotta, il conflitto mondiale che opponeva la Germania hitleriana e i suoi marginali alleati europei, a eserciti venuti da ogni parte del mondo: inglesi, americani, polacchi, canadesi, neozelandesi, nordafricani, indiani... Tra queste montagne, alte e innevate, sulle pendici del Gran Sasso, nelle valli della Majella, tra i paesi e i borghi d'alta quota, nacquero spontaneamente nuclei del movimento di Resistenza al nazifascismo. I primi in Italia. Tra essi vi erano intellettuali, contadini e pastori, militari tornati dal fronte, carabinieri. C'erano antifascisti di lungo corso ed ex militanti fascisti, che si sentivano delusi e traditi. C'era tanta gente semplice, decisa a difendere il proprio territorio dai saccheggi e dalle prepotenze. La riconquista della libertà e dell'onore ne costituiva l'elemento unificante. L'8 settembre del 1943, con le sue tragiche conseguenze, aveva rappresentato il simbolo più evidente - e, per alcuni aspetti, grottesco - della disgregazione dello Stato fascista. Ma in molti cuori e in molte coscienze l'adesione al fascismo si era già frantumata. A partire dai campi di battaglia, in Africa o in Russia, dove uomini male armati e male equipaggiati erano stati cinicamente mandati allo sbaraglio per gli sciagurati e velleitari sogni di potenza e di conquista della dittatura. L'occupazione nazista - spalleggiata dai fascisti di Salò, con i suoi metodi barbari e disumani, con le rappresaglie, le torture, le deportazioni, la caccia agli ebrei, le stragi di civili - aprì definitivamente gli occhi della popolazione sulla natura oppressiva e violenta del fascismo. Non era, quella fascista, la Patria che aveva meritato il sacrificio eroico di tanti soldati italiani. La Patria, che rinasceva dalle ceneri della guerra, si ricollegava direttamente al Risorgimento, ai suoi ideali di libertà, umanità, civiltà e fratellanza. Non fu, dunque, per caso, come ci ha raccontato con efficacia il professor Marco Patricelli, che ringrazio per il suo intervento interessante e coinvolgente, che gli uomini della Brigata Maiella scelsero per sé stessi il nome di "patrioti". La stessa denominazione dei giovani che rischiavano la morte in nome dell'Unità di Italia. La Resistenza fu un movimento corale, ampio e variegato, difficile da racchiudere in categorie o giudizi troppo sintetici o ristretti. A lungo è stata rappresentata quasi esclusivamente come sinonimo di guerra partigiana, nelle regioni del Nord d'Italia o nelle grandi città. E' certamente vero che le "bande armate" operanti al Centro-Nord, costituirono il fenomeno più ampio, evidente e caratteristico della guerra di Liberazione ed è giusto ricordarlo. Ma gli studi storici hanno, via via, allargato l'orizzonte al contributo fondamentale che alla Resistenza diedero le forze armate italiane. Sia nei teatri di guerra lontani - ed è importante ricordare i drammatici episodi di Cefalonia, Coo e Corfù- sia sul territorio nazionale, dove circa 260 mila italiani combatterono a fianco degli Alleati, partecipando all'avanzata. Il prezzo pagato, tra gli italiani, fu di circa 21 mila morti e 19 mila dispersi. Il Generale Clark, soldato piuttosto ruvido e non certo avvezzo ai complimenti, riconobbe che «I quattro gruppi di combattimento italiani e i partigiani sostennero una parte importante nella vittoria, avendo così l'onore di partecipare alla liberazione del Paese». Da qualche tempo, e doverosamente, gli storici hanno puntato l'attenzione anche sui militari italiani deportati nei campi di concentramento in Germania, in condizioni terribili, per il loro rifiuto di servire sotto le insegne di Salò e dell'esercito nazista. A loro venne persino negato lo status di prigionieri di guerra. Furono più di seicentomila, una cifra enorme. Tra di loro molti generali e ufficiali superiori. Pochi cedettero in cambio di cibo e di condizioni di vita più accettabili. La stragrande maggioranza, la quasi totalità, rimase compatta, nonostante la fame, i patimenti, il freddo e i maltrattamenti. Circa cinquantamila non fecero più ritorno. Va rammentato anche che il movimento della Resistenza non avrebbe potuto assumere l'importanza che ha avuto nella storia d'Italia senza il sostegno morale e materiale della popolazione civile. Per essere "resistenti" non era necessario imbracciare il fucile. I terrificanti proclami tedeschi promettevano la fucilazione immediata e la distruzione della casa per chiunque avesse sfamato un soldato alleato, nascosto un renitente alla leva, aiutato un ebreo, sostenuto una banda partigiana. E i nazisti passavano con crudeltà dalle parole ai fatti. Senza fermarsi davanti a donne, bambini e anziani inermi. Chiunque, in quegli anni foschi, sfidò la morte con coraggio e abnegazione merita pienamente la qualifica di resistente. Come notava con molto acume Aldo Moro, in un discorso del 1975, il contributo delle popolazioni permise alla Resistenza di superare «il limite di una guerra patriottico-militare, di un semplice movimento di restaurazione prefascista». E di diventare «un fatto sociale di rilevante importanza». Una considerazione che getta ulteriore luce anche sull'importante contributo alla lotta di Liberazione delle popolazioni meridionali. Le tante insurrezioni, da Napoli a Matera, da Nola a Capua, alle tante avvenute in Abruzzo, attestano la percezione da parte degli italiani della posta in gioco: da una parte i massacratori, gli aguzzini, i persecutori di ebrei; dall'altra la civiltà, la libertà, il rispetto dei diritti inviolabili della persona. Nelle parole dell'anziana donna abruzzese, citata da Patricelli, fucilata per aver sfamato un inglese, c'è racchiusa molta parte del senso della storia della Resistenza italiana: più che approfondite teorie politiche, coltivate dalle élite, era il riconoscimento della comune appartenenza al genere umano a costituire l'assoluto rifiuto a ogni ideologia basata sulla sopraffazione, la violenza e la superiorità razziale. Nella lotta al nazismo, la popolazione d'Abruzzo fu particolarmente esemplare. Pagando un tributo alto di sangue che va adeguatamente ricordato, con riconoscenza e con ammirazione. La rivolta cominciò, subito dopo l'8 settembre, con episodi spontanei ma diffusi. All'Aquila nove ragazzi sorpresi con le armi in pugno furono fucilati sul posto dai soldati tedeschi. Nessuno di loro superava i venti anni. A Bosco Martese, sulle montagne teramane, si radunarono 1600 uomini in armi. C'erano trecento sbandati, un centinaio di prigionieri di guerra, inglesi e slavi, evasi dal campo di concentramento. Ma la maggior parte erano giovani provenienti da Teramo, decisi a combattere. Per più di ventiquattro ore riuscirono a tenere testa all'esercito tedesco, poi - di fronte a un nuovo attacco con armi pesanti e rinforzi - si dispersero tra i boschi, per continuare la lotta. Anche qui, un battesimo del fuoco. Commentò Parri, comandante nazionale dei partigiani: quella di Bosco Martese «fu la prima battaglia nostra in campo aperto». Insorse anche la città di Teramo. Pure qui il bilancio fu tragico: i capi dei rivoltosi, guidati dal medico Mario Capuani, sostenuto dai carabinieri della locale caserma, furono barbaramente trucidati. Si ribellò Lanciano. Uno dei protagonisti della rivolta, Trentino La Barba, fu orrendamente seviziato in pubblico da un soldato nazista, prima di trafiggerlo mortalmente. Furono quasi un migliaio le vittime civili di eccidi e rappresaglie. Pietransieri (125 morti), Sant'Agata di Gessopalena (36), Capistrello (33 morti). Francavilla, Arielli, Onna, Filetto, Lanciano, Montenerodomo, Pizzoferrato, Bussi sul Tirino, sono alcuni dei nomi dei paesi d'Abruzzo che conobbero la ferocia nazista contro la popolazione civile. Ma il terrore e le fucilazioni non impedivano, anzi, in qualche modo, aumentavano l'impegno degli abruzzesi a fianco dei liberatori: anziani, donne, ragazzi, sacerdoti. Chi poteva si impegnava attivamente. Rischiando di continuo la vita. Si aprirono così, tra questi monti, i sentieri della libertà. Pastori, cacciatori, guide locali accompagnavano generosamente soldati alleati e italiani, ebrei, fuggiaschi e perseguitati al di là della Linea Gustav, mettendoli in salvo. Tra questi ci fu anche il mio illustre predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, in fuga con un suo amico ebreo, Beniamino Sadùn. La grande scrittrice Alba De Céspedes, intellettuale e partigiana, ci ha lasciato una bellissima descrizione del popolo abruzzese in quegli anni, che vorrei leggere perché è forse una delle più belle testimonianze di ciò che ha fatto la gente d'Abruzzo in quel momento: «Entravamo nelle vostre case timidamente: un fuggiasco, un partigiano, è un oggetto ingombrante, un carico di rischi e di compromissioni. Ma voi neppure accennavate a timore o prudenza: subito le vostre donne asciugavano i nostri panni al fuoco, ci avvolgevano nelle loro coperte, rammendavano le nostre calze logore, gettavano un'altra manata di polenta nel paiolo. [...] Non c'era bisogno di passaporto per entrare in casa vostra. C'erano inglesi, romeni, sloveni, polacchi, voi non intendevate il loro linguaggio ma ciò non era necessario; che avessero bisogno di aiuto lo capivate lo stesso. Che cosa non vi dobbiamo, cara gente d'Abruzzo? Ci cedevate i vostri letti migliori, le vesti, gratis, se non avevamo denaro». Queste parole sono splendide. Vennero poi le gesta della Brigata Maiella che ci conducono qui oggi a ricordare per tutta Italia la liberazione del 25 aprile. Partita dall'Abruzzo e finita nel lontano Veneto. Ce le hanno narrate, con efficacia e partecipazione lo storico Marco Patricelli e con la sua testimonianza scritta Antonio Rullo, che combatté con questa leggendaria Brigata, accanto a Ettore e Domenico Troilo, straordinarie figure da ricordare sempre. Desidero ancora ringraziarlo per il suo messaggio, che ha aggiunto calore e commozione al nostro ricordo. Saluto anche i figli presenti di Ettore e Domenico Troilo e li ringrazio per la loro presenza, così significativa, tra noi. La nascita del movimento della Resistenza, che mosse i primi passi in Abruzzo, segna il vero spartiacque della nostra storia nazionale verso la libertà. Chiuse la fase della dittatura e portò l'Italia all'approdo della libertà, della democrazia e della Costituzione. La vita democratica, dopo il cupo ventennio fascista, ha le sue radici nella lotta di liberazione. E la nostra Costituzione, sigillo di libertà e democrazia, come scrisse Costantino Mortati nel 1955, nel decennale della Liberazione, «si collega al grande moto di rinnovamento espresso dalla Resistenza». Vorrei concludere rivolgendo un commosso pensiero anche a tutti quei giovani soldati, provenienti da tante parti del mondo, che sono caduti sul suolo italiano per liberarci dal giogo nazifascista e che riposano nei cimiteri di guerra: non sono stranieri, ma sono nostri fratelli. Il ricordo della Repubblica li abbraccia insieme ai nostri caduti della Resistenza, cui è sempre rivolto il nostro pensiero riconoscente e ammirato. Viva la Resistenza, viva l'Italia libera e democratica! Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia in occasione del 73° anniversario della Liberazione

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Un saluto cordiale a tutti, al Sindaco e, attraverso di lui, ai cittadini di Casoli, ringraziandoli per l’accoglienza così calorosa, aperta e affettuosa per la Repubblica.

Un saluto al Presidente della Regione, alla Vicepresidente della Camera dei Deputati, al Vicepresidente del CSM, a tutti i sindaci presenti.

Un saluto particolare all’Ambasciatore del Regno Unito, all’Incaricato d’Affari della Polonia, ringraziandoli per la loro presenza.

Mi rivolgo ai partigiani e ai veterani della Brigata Maiella. Abbiamo sentito poc’anzi, ancora una volta, ricordare il valore e il contributo che hanno dato alla storia del nostro Paese.

Vi è una storia che viene non soltanto trasmessa ma testimoniata dal vostro impegno, raccolto anche nell’ANPI.

Vi è un significato particolare nel ricordare la Liberazione, il 25 aprile, qui a Casoli. Sono molto lieto di poterlo fare perché Casoli è stato uno dei centri nevralgici della Resistenza in Abruzzo, e celebrare qui la festa della Liberazione consente di sottolineare le pagine di storia, non sempre adeguatamente sottolineate e conosciute, scritte dalla Resistenza nel Mezzogiorno d’Italia.

In questa Regione così bella e così fiera si svolsero, tra il 1943 e il 1944, alcuni degli episodi più drammatici e decisivi della lunga e sanguinosa guerra per liberare l’Italia dal nazifascismo e per restituire il nostro Paese al novero delle nazioni democratiche e pienamente civili.

Da Ortona s’imbarcarono verso sud il Re e i membri del governo Badoglio, abbandonando precipitosamente Roma al suo destino di occupazione tedesca.

Sul Gran Sasso fu detenuto e poi prelevato dai soldati tedeschi Benito Mussolini con un evento che portò alla nascita della Repubblica di Salò, che portò lutti e sangue tra gli italiani, sotto il controllo pieno e incondizionato della Germania nazista.

La linea Gustav, fortissimo caposaldo della difesa tedesca tagliava in due l’Italia, dall’Adriatico al Tirreno, e riuscì a fermare l’avanzata degli Alleati verso Roma.

Il “fronte italiano”, come venne chiamato dagli anglo-americani, si stabilì, per lunghi e durissimi mesi, tra Ortona, Cassino e Minturno, attraversando queste terre e queste montagne di cui oggi noi apprezziamo la grande bellezza ma che allora videro immani tragedie.

Le battaglie che si combatterono in Abruzzo, sul versante adriatico, nel 1943, furono tra le più aspre di tutto il conflitto sul territorio italiano. Ortona venne soprannominata “la Stalingrado d’Italia”.

La guerra, combattuta per anni in fronti lontani – Africa, Grecia, Balcani, Russia – irrompeva fragorosamente nel territorio italiano, coinvolgendo con il suo carico di distruzione e di morte la popolazione italiana.

Iniziarono i bombardamenti aerei, i feroci combattimenti terrestri. E poi, per i civili, la barbara sequenza di saccheggi, deportazioni, sfollamenti, rappresaglie e stragi.

In quel periodo la regione d’Abruzzo, con i suoi abitanti, visse una vera epopea, tragica e insieme eroica, diventando – insieme alle aree limitrofe – il teatro di operazioni belliche di primaria importanza per le sorti della guerra.

Lungo la linea Gustav si riproduceva, in una scala ridotta, il conflitto mondiale che opponeva la Germania hitleriana e i suoi marginali alleati europei, a eserciti venuti da ogni parte del mondo: inglesi, americani, polacchi, canadesi, neozelandesi, nordafricani, indiani…

Tra queste montagne, alte e innevate, sulle pendici del Gran Sasso, nelle valli della Majella, tra i paesi e i borghi d’alta quota, nacquero spontaneamente nuclei del movimento di Resistenza al nazifascismo. I primi in Italia.

Tra essi vi erano intellettuali, contadini e pastori, militari tornati dal fronte, carabinieri. C’erano antifascisti di lungo corso ed ex militanti fascisti, che si sentivano delusi e traditi. C’era tanta gente semplice, decisa a difendere il proprio territorio dai saccheggi e dalle prepotenze. La riconquista della libertà e dell’onore ne costituiva l’elemento unificante.

L’8 settembre del 1943, con le sue tragiche conseguenze, aveva rappresentato il simbolo più evidente – e, per alcuni aspetti, grottesco – della disgregazione dello Stato fascista.

Ma in molti cuori e in molte coscienze l’adesione al fascismo si era già frantumata. A partire dai campi di battaglia, in Africa o in Russia, dove uomini male armati e male equipaggiati erano stati cinicamente mandati allo sbaraglio per gli sciagurati e velleitari sogni di potenza e di conquista della dittatura.

L’occupazione nazista – spalleggiata dai fascisti di Salò, con i suoi metodi barbari e disumani, con le rappresaglie, le torture, le deportazioni, la caccia agli ebrei, le stragi di civili – aprì definitivamente gli occhi della popolazione sulla natura oppressiva e violenta del fascismo.

Non era, quella fascista, la Patria che aveva meritato il sacrificio eroico di tanti soldati italiani. La Patria, che rinasceva dalle ceneri della guerra, si ricollegava direttamente al Risorgimento, ai suoi ideali di libertà, umanità, civiltà e fratellanza.

Non fu, dunque, per caso, come ci ha raccontato con efficacia il professor Marco Patricelli, che ringrazio per il suo intervento interessante e coinvolgente, che gli uomini della Brigata Maiella scelsero per sé stessi il nome di “patrioti”. La stessa denominazione dei giovani che rischiavano la morte in nome dell’Unità di Italia.

La Resistenza fu un movimento corale, ampio e variegato, difficile da racchiudere in categorie o giudizi troppo sintetici o ristretti.

A lungo è stata rappresentata quasi esclusivamente come sinonimo di guerra partigiana, nelle regioni del Nord d’Italia o nelle grandi città.

E’ certamente vero che le “bande armate” operanti al Centro-Nord, costituirono il fenomeno più ampio, evidente e caratteristico della guerra di Liberazione ed è giusto ricordarlo.

Ma gli studi storici hanno, via via, allargato l’orizzonte al contributo fondamentale che alla Resistenza diedero le forze armate italiane. Sia nei teatri di guerra lontani – ed è importante ricordare i drammatici episodi di Cefalonia, Coo e Corfù- sia sul territorio nazionale, dove circa 260 mila italiani combatterono a fianco degli Alleati, partecipando all’avanzata. Il prezzo pagato, tra gli italiani, fu di circa 21 mila morti e 19 mila dispersi.

Il Generale Clark, soldato piuttosto ruvido e non certo avvezzo ai complimenti, riconobbe che «I quattro gruppi di combattimento italiani e i partigiani sostennero una parte importante nella vittoria, avendo così l’onore di partecipare alla liberazione del Paese».

Da qualche tempo, e doverosamente, gli storici hanno puntato l’attenzione anche sui militari italiani deportati nei campi di concentramento in Germania, in condizioni terribili, per il loro rifiuto di servire sotto le insegne di Salò e dell’esercito nazista. A loro venne persino negato lo status di prigionieri di guerra.

Furono più di seicentomila, una cifra enorme. Tra di loro molti generali e ufficiali superiori. Pochi cedettero in cambio di cibo e di condizioni di vita più accettabili. La stragrande maggioranza, la quasi totalità, rimase compatta, nonostante la fame, i patimenti, il freddo e i maltrattamenti. Circa cinquantamila non fecero più ritorno.

Va rammentato anche che il movimento della Resistenza non avrebbe potuto assumere l’importanza che ha avuto nella storia d’Italia senza il sostegno morale e materiale della popolazione civile.

Per essere “resistenti” non era necessario imbracciare il fucile. I terrificanti proclami tedeschi promettevano la fucilazione immediata e la distruzione della casa per chiunque avesse sfamato un soldato alleato, nascosto un renitente alla leva, aiutato un ebreo, sostenuto una banda partigiana. E i nazisti passavano con crudeltà dalle parole ai fatti. Senza fermarsi davanti a donne, bambini e anziani inermi. Chiunque, in quegli anni foschi, sfidò la morte con coraggio e abnegazione merita pienamente la qualifica di resistente.

Come notava con molto acume Aldo Moro, in un discorso del 1975, il contributo delle popolazioni permise alla Resistenza di superare «il limite di una guerra patriottico-militare, di un semplice movimento di restaurazione prefascista». E di diventare «un fatto sociale di rilevante importanza».

Una considerazione che getta ulteriore luce anche sull’importante contributo alla lotta di Liberazione delle popolazioni meridionali. Le tante insurrezioni, da Napoli a Matera, da Nola a Capua, alle tante avvenute in Abruzzo, attestano la percezione da parte degli italiani della posta in gioco: da una parte i massacratori, gli aguzzini, i persecutori di ebrei; dall’altra la civiltà, la libertà, il rispetto dei diritti inviolabili della persona.

Nelle parole dell’anziana donna abruzzese, citata da Patricelli, fucilata per aver sfamato un inglese, c’è racchiusa molta parte del senso della storia della Resistenza italiana: più che approfondite teorie politiche, coltivate dalle élite, era il riconoscimento della comune appartenenza al genere umano a costituire l’assoluto rifiuto a ogni ideologia basata sulla sopraffazione, la violenza e la superiorità razziale.

Nella lotta al nazismo, la popolazione d’Abruzzo fu particolarmente esemplare. Pagando un tributo alto di sangue che va adeguatamente ricordato, con riconoscenza e con ammirazione.

La rivolta cominciò, subito dopo l’8 settembre, con episodi spontanei ma diffusi.

All’Aquila nove ragazzi sorpresi con le armi in pugno furono fucilati sul posto dai soldati tedeschi. Nessuno di loro superava i venti anni.

A Bosco Martese, sulle montagne teramane, si radunarono 1600 uomini in armi. C’erano trecento sbandati, un centinaio di prigionieri di guerra, inglesi e slavi, evasi dal campo di concentramento. Ma la maggior parte erano giovani provenienti da Teramo, decisi a combattere.

Per più di ventiquattro ore riuscirono a tenere testa all’esercito tedesco, poi – di fronte a un nuovo attacco con armi pesanti e rinforzi – si dispersero tra i boschi, per continuare la lotta. Anche qui, un battesimo del fuoco. Commentò Parri, comandante nazionale dei partigiani: quella di Bosco Martese «fu la prima battaglia nostra in campo aperto».

Insorse anche la città di Teramo. Pure qui il bilancio fu tragico: i capi dei rivoltosi, guidati dal medico Mario Capuani, sostenuto dai carabinieri della locale caserma, furono barbaramente trucidati.

Si ribellò Lanciano. Uno dei protagonisti della rivolta, Trentino La Barba, fu orrendamente seviziato in pubblico da un soldato nazista, prima di trafiggerlo mortalmente.

Furono quasi un migliaio le vittime civili di eccidi e rappresaglie. Pietransieri (125 morti), Sant’Agata di Gessopalena (36), Capistrello (33 morti). Francavilla, Arielli, Onna, Filetto, Lanciano, Montenerodomo, Pizzoferrato, Bussi sul Tirino, sono alcuni dei nomi dei paesi d’Abruzzo che conobbero la ferocia nazista contro la popolazione civile.

Ma il terrore e le fucilazioni non impedivano, anzi, in qualche modo, aumentavano l’impegno degli abruzzesi a fianco dei liberatori: anziani, donne, ragazzi, sacerdoti. Chi poteva si impegnava attivamente. Rischiando di continuo la vita.

Si aprirono così, tra questi monti, i sentieri della libertà. Pastori, cacciatori, guide locali accompagnavano generosamente soldati alleati e italiani, ebrei, fuggiaschi e perseguitati al di là della Linea Gustav, mettendoli in salvo. Tra questi ci fu anche il mio illustre predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, in fuga con un suo amico ebreo, Beniamino Sadùn.

La grande scrittrice Alba De Céspedes, intellettuale e partigiana, ci ha lasciato una bellissima descrizione del popolo abruzzese in quegli anni, che vorrei leggere perché è forse una delle più belle testimonianze di ciò che ha fatto la gente d’Abruzzo in quel momento: «Entravamo nelle vostre case timidamente: un fuggiasco, un partigiano, è un oggetto ingombrante, un carico di rischi e di compromissioni. Ma voi neppure accennavate a timore o prudenza: subito le vostre donne asciugavano i nostri panni al fuoco, ci avvolgevano nelle loro coperte, rammendavano le nostre calze logore, gettavano un’altra manata di polenta nel paiolo. [...] Non c’era bisogno di passaporto per entrare in casa vostra. C’erano inglesi, romeni, sloveni, polacchi, voi non intendevate il loro linguaggio ma ciò non era necessario; che avessero bisogno di aiuto lo capivate lo stesso. Che cosa non vi dobbiamo, cara gente d’Abruzzo? Ci cedevate i vostri letti migliori, le vesti, gratis, se non avevamo denaro». Queste parole sono splendide.

Vennero poi le gesta della Brigata Maiella che ci conducono qui oggi a ricordare per tutta Italia la liberazione del 25 aprile.

Partita dall’Abruzzo e finita nel lontano Veneto. Ce le hanno narrate, con efficacia e partecipazione lo storico Marco Patricelli e con la sua testimonianza scritta Antonio Rullo, che combatté con questa leggendaria Brigata, accanto a Ettore e Domenico Troilo, straordinarie figure da ricordare sempre. Desidero ancora ringraziarlo per il suo messaggio, che ha aggiunto calore e commozione al nostro ricordo. Saluto anche i figli presenti di Ettore e Domenico Troilo e li ringrazio per la loro presenza, così significativa, tra noi.

La nascita del movimento della Resistenza, che mosse i primi passi in Abruzzo, segna il vero spartiacque della nostra storia nazionale verso la libertà. Chiuse la fase della dittatura e portò l’Italia all’approdo della libertà, della democrazia e della Costituzione.

La vita democratica, dopo il cupo ventennio fascista, ha le sue radici nella lotta di liberazione. E la nostra Costituzione, sigillo di libertà e democrazia, come scrisse Costantino Mortati nel 1955, nel decennale della Liberazione, «si collega al grande moto di rinnovamento espresso dalla Resistenza».

Vorrei concludere rivolgendo un commosso pensiero anche a tutti quei giovani soldati, provenienti da tante parti del mondo, che sono caduti sul suolo italiano per liberarci dal giogo nazifascista e che riposano nei cimiteri di guerra: non sono stranieri, ma sono nostri fratelli.

Il ricordo della Repubblica li abbraccia insieme ai nostri caduti della Resistenza, cui è sempre rivolto il nostro pensiero riconoscente e ammirato.

Viva la Resistenza, viva l’Italia libera e democratica!

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Di: 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363593 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) Thu, 26 Apr 2018 07:33:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363593 In piazza c’è chi si insulta, chi difende il Pd, chi la sinistra dura e pura, chi il Movimento 5 Stelle. Non bastano le altre fratture, il Comune di Todi che ha negato il patrocinio della giornata all’Anpi perché “di parte” o il leader della Lega Salvini che ribadisce come questa festa non sia la sua. Ci si divide anche qui, male, dolorosamente. Quando, sciogliendosi, il corteo torna a cantare i sogni di un mondo migliore e i partigiani scendono dal palco tra gli applausi è un sollievo, una Liberazione. In piazza c’è chi si insulta, chi difende il Pd, chi la sinistra dura e pura, chi il Movimento 5 Stelle. Non bastano le altre fratture, il Comune di Todi che ha negato il patrocinio della giornata all’Anpi perché “di parte” o il leader della Lega Salvini che ribadisce come questa festa non sia la sua. Ci si divide anche qui, male, dolorosamente. Quando, sciogliendosi, il corteo torna a cantare i sogni di un mondo migliore e i partigiani scendono dal palco tra gli applausi è un sollievo, una Liberazione.

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Di: 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363592 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) Thu, 26 Apr 2018 07:33:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363592 Il palco è pieno degli uomini e le donne che hanno fatto la nostra Storia, raccontano, cantano. La piazza arroventata dal sole applaude, sventola cappelli e bandiere, i bambini si allungano sopra le spalle dei genitori. Arriva Zingaretti, tuona che «non ci sono prime, seconde o terze Repubbliche ma ce n’è solo una, quella anti-fascista nata nel 1945». Ovazioni. Poi tocca alla Raggi. Basta il suo nome per far partire i fischi. Le bandiere palestinesi come quelle rosse comuniste guadagnano le prime file. Lei si fa avanti, prende il microfono, ripete esattamente quanto detto due ore prima a via Tasso, che «l’Italia è stata liberata da comunisti, socialisti, cristiani, uomini, donne, ebrei» e che aver preferito una causa diversa dal tema della Liberazione all’unità dei partigiani, Brigata ebraica inclusa, è una brutta pagina per la città. I fischi coprono la sua voce, lei insiste «non è con i fischi che si riscriverà la Storia». Il palco è pieno degli uomini e le donne che hanno fatto la nostra Storia, raccontano, cantano. La piazza arroventata dal sole applaude, sventola cappelli e bandiere, i bambini si allungano sopra le spalle dei genitori. Arriva Zingaretti, tuona che «non ci sono prime, seconde o terze Repubbliche ma ce n’è solo una, quella anti-fascista nata nel 1945». Ovazioni. Poi tocca alla Raggi. Basta il suo nome per far partire i fischi. Le bandiere palestinesi come quelle rosse comuniste guadagnano le prime file. Lei si fa avanti, prende il microfono, ripete esattamente quanto detto due ore prima a via Tasso, che «l’Italia è stata liberata da comunisti, socialisti, cristiani, uomini, donne, ebrei» e che aver preferito una causa diversa dal tema della Liberazione all’unità dei partigiani, Brigata ebraica inclusa, è una brutta pagina per la città. I fischi coprono la sua voce, lei insiste «non è con i fischi che si riscriverà la Storia».

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Di: 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363591 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) Thu, 26 Apr 2018 07:32:38 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363591 Poi il corteo dell’Anpi, lungo, lunghissimo, colorato, allegro, pieno di studenti inneggianti cori contro la Lega, bandiere rosse, bandiere della Cgil, bandiere di Emergency, bandiere dell’Opera Nomadi, bandiere palestinesi. Un serpentone che attraverso il quartiere Garbatella confluisce a mezzogiorno in piazza di Porta San Paolo, la piazza di Roma città aperta. In testa c’è il gonfalone dei partigiani e lo striscione retto dal presidente Fabrizio De Sanctis. E la frattura con la Brigata Ebraica, le Fosse Ardeatine, via Tasso, l’inclusione dei simboli palestinesi? De Sanctis risponde sbrigativo, puntando al palco: «Non raccogliamo polemiche, è brutto sfilarsi il 24 aprile, dobbiamo essere uniti contro il nuovo vento di razzismo e antisemitismo, il prossimo anno riproveremo a stare tutti insieme». Intorno canti senza tempo, «I morti di Reggio Emilia», «Bella Ciao», «Fischia il vento». Poi il corteo dell’Anpi, lungo, lunghissimo, colorato, allegro, pieno di studenti inneggianti cori contro la Lega, bandiere rosse, bandiere della Cgil, bandiere di Emergency, bandiere dell’Opera Nomadi, bandiere palestinesi. Un serpentone che attraverso il quartiere Garbatella confluisce a mezzogiorno in piazza di Porta San Paolo, la piazza di Roma città aperta. In testa c’è il gonfalone dei partigiani e lo striscione retto dal presidente Fabrizio De Sanctis. E la frattura con la Brigata Ebraica, le Fosse Ardeatine, via Tasso, l’inclusione dei simboli palestinesi? De Sanctis risponde sbrigativo, puntando al palco: «Non raccogliamo polemiche, è brutto sfilarsi il 24 aprile, dobbiamo essere uniti contro il nuovo vento di razzismo e antisemitismo, il prossimo anno riproveremo a stare tutti insieme». Intorno canti senza tempo, «I morti di Reggio Emilia», «Bella Ciao», «Fischia il vento».

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Di: 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363590 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) Thu, 26 Apr 2018 07:30:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363590 La seconda tappa era a via Tasso, l’ex famigerato carcere delle SS che è oggi il museo storico della Liberazione e espone alla finestra lo striscione «Verità per Giulio Regeni», dove, di fronte a un centinaio di persone con i vessilli della Brigata Ebraica e i cartelli per ricordare come durante la guerra il Mufti di Gerusalemme stesse con l’Asse, Zingaretti ha chiamato l’Italia a combattere il germe del revisionismo e la Raggi si è rammaricata per non essere riuscita a impedire l’introduzione nel corteo di temi estranei allo spirito della Liberazione («Non siamo stati all’altezza dei nostri predecessori di 70 anni fa»). Applausi, lungi, ripetuti. E la promessa, tanto del Campidoglio quanto della presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello, di ritentare il prossimo anno con la speranza di un 25 Aprile unito. La seconda tappa era a via Tasso, l’ex famigerato carcere delle SS che è oggi il museo storico della Liberazione e espone alla finestra lo striscione «Verità per Giulio Regeni», dove, di fronte a un centinaio di persone con i vessilli della Brigata Ebraica e i cartelli per ricordare come durante la guerra il Mufti di Gerusalemme stesse con l’Asse, Zingaretti ha chiamato l’Italia a combattere il germe del revisionismo e la Raggi si è rammaricata per non essere riuscita a impedire l’introduzione nel corteo di temi estranei allo spirito della Liberazione («Non siamo stati all’altezza dei nostri predecessori di 70 anni fa»). Applausi, lungi, ripetuti. E la promessa, tanto del Campidoglio quanto della presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello, di ritentare il prossimo anno con la speranza di un 25 Aprile unito.

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Di: 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363589 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) Thu, 26 Apr 2018 07:29:43 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363589 Detto fatto, e così una mezz’ora dopo, al sacrario delle Fosse Ardeatine, i rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali erano tutti insieme ad abbracciare il sopravvissuto ad Auschwitz Alberto Sed, la figlia di una delle 154 vittime di Priebke, Rosetta Stame, la comunità ebraica romana riunitasi qui per una Liberazione diversa ma non alternativa rispetto a quella dell’Anpi. Insieme. La sindaca Raggi, il Premier Gentiloni, il ministro della difesa Pinotti, il Presidente della Regione Zingaretti, tutti testimonial per un giorno non del proprio cartello politico ma di una Storia comune sempre a rischio di revisioni. Detto fatto, e così una mezz’ora dopo, al sacrario delle Fosse Ardeatine, i rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali erano tutti insieme ad abbracciare il sopravvissuto ad Auschwitz Alberto Sed, la figlia di una delle 154 vittime di Priebke, Rosetta Stame, la comunità ebraica romana riunitasi qui per una Liberazione diversa ma non alternativa rispetto a quella dell’Anpi. Insieme. La sindaca Raggi, il Premier Gentiloni, il ministro della difesa Pinotti, il Presidente della Regione Zingaretti, tutti testimonial per un giorno non del proprio cartello politico ma di una Storia comune sempre a rischio di revisioni.

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Di: 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363588 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) Thu, 26 Apr 2018 07:28:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363588 La giornata era iniziata con il richiamo all’unità nazionale del Presidente Mattarella che, intervenendo prima all’Altare della Patria e poi al teatro Casoli di Chieti, aveva ricordato come la Resistenza fosse «un movimento corale, ampio e variegato, difficile da racchiudere in categorie o giudizi troppo sintetici o ristretti», un movimento «a lungo rappresentato quasi esclusivamente come sinonimo di guerra partigiana, nelle regioni del Nord d’Italia o nelle grandi città» ma che invece «non avrebbe potuto assumere l’importanza che ha avuto senza il sostegno morale e materiale della popolazione civile». Una constatazione dunque quella del Quirinale, ma anche un auspicio a superare le divisioni e commemorare «la Patria che rinasceva dalle ceneri della guerra e si ricollegava direttamente al Risorgimento, ai suoi ideali di libertà, umanità, civiltà e fratellanza». La giornata era iniziata con il richiamo all’unità nazionale del Presidente Mattarella che, intervenendo prima all’Altare della Patria e poi al teatro Casoli di Chieti, aveva ricordato come la Resistenza fosse «un movimento corale, ampio e variegato, difficile da racchiudere in categorie o giudizi troppo sintetici o ristretti», un movimento «a lungo rappresentato quasi esclusivamente come sinonimo di guerra partigiana, nelle regioni del Nord d’Italia o nelle grandi città» ma che invece «non avrebbe potuto assumere l’importanza che ha avuto senza il sostegno morale e materiale della popolazione civile». Una constatazione dunque quella del Quirinale, ma anche un auspicio a superare le divisioni e commemorare «la Patria che rinasceva dalle ceneri della guerra e si ricollegava direttamente al Risorgimento, ai suoi ideali di libertà, umanità, civiltà e fratellanza».

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Di: 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363587 25 aprile 2018 - da "La Stampa" (articolo di Francesca Paci) Thu, 26 Apr 2018 07:28:04 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363587 Non è esattamente una Liberazione che unisce quella che si è celebrata a Roma il 25 aprile di questo 2018. E non solo perché due giorni fa, dopo mesi di negoziati mediati dall’amministrazione capitolina, la Brigata ebraica ha cancellato la sua partecipazione al corteo del 25 aprile per non sfilare accanto ai simboli palestinesi ammessi dall’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (Anpi) nonostante i tanti tentativi di tenere lontane da questo 73esimo anniversario le cause non italiane. Quando la sindaca Virginia Raggi è salita sul palco di Porta San Paolo e la piazza l’ha investita di fischi (perché icona di un partito avverso a buona parte dei manifestanti ma anche perché risoluta nel sottolineare di fronte a una schiera di bandiere palestinesi l’errore di aver preferito alla brigata ebraica un tema che «nulla c’entra con questa ricorrenza») quanto restava della memoria condivisa è andato in pezzi. La Raggi ha chiuso il suo discorso dicendo che «i fischi non riscriveranno la storia», due ragazzi sono quasi venuti alle mani per affermare se fosse più fascista il Pd o il Movimento 5 Stelle, i testimoni di ieri, come il comandate Gap Mario Fiorentini e Gianfranco Iacobacci, hanno dondolato un po’ sulle sedie sistemate all’ombra probabilmente assai a disagio per uno spettacolo non molto edificante. Non è esattamente una Liberazione che unisce quella che si è celebrata a Roma il 25 aprile di questo 2018. E non solo perché due giorni fa, dopo mesi di negoziati mediati dall’amministrazione capitolina, la Brigata ebraica ha cancellato la sua partecipazione al corteo del 25 aprile per non sfilare accanto ai simboli palestinesi ammessi dall’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (Anpi) nonostante i tanti tentativi di tenere lontane da questo 73esimo anniversario le cause non italiane. Quando la sindaca Virginia Raggi è salita sul palco di Porta San Paolo e la piazza l’ha investita di fischi (perché icona di un partito avverso a buona parte dei manifestanti ma anche perché risoluta nel sottolineare di fronte a una schiera di bandiere palestinesi l’errore di aver preferito alla brigata ebraica un tema che «nulla c’entra con questa ricorrenza») quanto restava della memoria condivisa è andato in pezzi. La Raggi ha chiuso il suo discorso dicendo che «i fischi non riscriveranno la storia», due ragazzi sono quasi venuti alle mani per affermare se fosse più fascista il Pd o il Movimento 5 Stelle, i testimoni di ieri, come il comandate Gap Mario Fiorentini e Gianfranco Iacobacci, hanno dondolato un po’ sulle sedie sistemate all’ombra probabilmente assai a disagio per uno spettacolo non molto edificante.

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Di: Simonetta http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363402 Simonetta Wed, 25 Apr 2018 12:41:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363402 Riprendiamoci il 25 aprile insegniamo ai giovani il suo significato, facciamo tesoro della memoria collettiva! Riprendiamoci il 25 aprile insegniamo ai giovani il suo significato, facciamo tesoro della memoria collettiva!

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Di: Simonetta http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363399 Simonetta Wed, 25 Apr 2018 12:35:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363399 Il 25 aprile per me rappresenta il giorno della rinascita di questo paese, però ci siamo persi; il mondo intero si è perso. Dopo la caduta del muro di Berlino abbiamo immaginato un mondo nuovo. Pura immaginazione! Ci hanno ingannato e oggi non possiamo negare che il sentiero tracciato per noi dai potenti della terra sia pericoloso e non possiamo escludere che di questa frattura tra Usa e Israele da una parte, Russia e Islam dall'altra parte non porti ad un nuovo conflitto mondiale. La Libia e' una polveriera ed è a poche miglia dalle nostre coste, L'Iran e la Turchia sono un pericolo. La nostra democrazia è in pericolo per cause interne, prima fra tutte la corruzione. La pace del mondo e' in pericolo. Il 25 aprile per me rappresenta il giorno della rinascita di questo paese, però ci siamo persi; il mondo intero si è perso. Dopo la caduta del muro di Berlino abbiamo immaginato un mondo nuovo. Pura immaginazione! Ci hanno ingannato e oggi non possiamo negare che il sentiero tracciato per noi dai potenti della terra sia pericoloso e non possiamo escludere che di questa frattura tra Usa e Israele da una parte, Russia e Islam dall’altra parte non porti ad un nuovo conflitto mondiale. La Libia e’ una polveriera ed è a poche miglia dalle nostre coste, L’Iran e la Turchia sono un pericolo. La nostra democrazia è in pericolo per cause interne, prima fra tutte la corruzione. La pace del mondo e’ in pericolo.

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Di: 25 aprile 2018 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1363344 25 aprile 2018 Wed, 25 Apr 2018 07:51:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1363344 <b>Buon 25 aprile 2018 a tutti!</b> Buon 25 aprile 2018 a tutti!

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Di: Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia "25 aprile. Festa della Liberazione: tra la storia dei padri e il futuro dei figli". http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1310217 Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia "25 aprile. Festa della Liberazione: tra la storia dei padri e il futuro dei figli". Tue, 25 Apr 2017 11:13:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1310217 <b>Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia "25 aprile. Festa della Liberazione: tra la storia dei padri e il futuro dei figli".</b> - Rivolgo un saluto al Sindaco, ai cittadini di Carpi, al Presidente della Regione, a Germano Nicolini, al Professor Prosperi, ringraziandoli per i loro interventi. Un saluto alle autorità presenti, del Governo, del Parlamento, ai Sindaci. Un saluto particolare - mi consentirete - ai bambini delle prime tre file e al coro e alla banda che hanno eseguito magistralmente il nostro Inno nazionale. E' quanto mai significativo celebrare, quest'anno, l'anniversario della Liberazione qui, a Carpi, in una terra che, durante gli anni della dittatura, fu ricca di sentimenti e di fermenti antifascisti, e che ha, poi, vissuto con intensa partecipazione la guerra partigiana. Nell'Appennino modenese, subito dopo l'8 settembre, si costituirono i primi gruppi di resistenti. Giovani e meno giovani, civili e militari, socialisti, monarchici, comunisti, cattolici, liberali, azionisti, si unirono nella lotta contro l'oppressione. Una scelta che costò un alto tributo di sangue: a cominciare dalla strage di Monchio, Susàno, Costrignano e Savoniero dove la barbara furia degli occupanti tedeschi sterminò, per rappresaglia, 136 civili, compresi bambini in tenerissima età. La Resistenza scrisse, tra queste montagne, pagine luminose di storia, come quella, breve ma gloriosa, della Repubblica di Montefiorino, una delle prime zone libere d'Italia. Uomini di diversa provenienza, come Osvaldo Poppi, Mario Ricci, il generale Mario Nardi, Teofilo Fontana, Ermanno Gorrieri, furono tra i protagonisti di questa avventura collettiva. Scrisse Gorrieri ricordando l'esperienza vissuta a Montefiorino: «Non si trattò soltanto di una zona liberata, in quanto soggetta all'occupazione delle forze partigiane, ma di un'anticipazione del ritorno a una vita democratica, attraverso le elezioni delle amministrazioni comunali democratiche». Resistenza, dunque, come lotta al nazifascismo, ma anche come embrione della nuova democrazia. Resistenza come primo, essenziale momento per la riconquista della libertà. Oggi a Carpi intendiamo particolarmente onorare, con la presenza e con il ricordo, le vittime di uno dei luoghi simbolo, in Italia, di quella violenza che la lucida follia del nazifascismo aveva eretto a sistema: il campo di Fossoli. In quelle baracche di legno, a pochi chilometri da qui, si consumò un atto decisivo della tragedia umana e familiare di migliaia di persone: perseguitati politici, oppositori del regime, ebrei, uomini della Resistenza. Ricordo qualche nome, per ricordarli tutti: Leopoldo Gasparotto, Teresio Olivelli, Primo Levi, Nedo Fiano, Odoardo Focherini, don Paolo Liggeri, don Francesco Venturelli. Vanno ricordati Carlo Bianchi, Jerzy Sas Kulczycki, Giuseppe Robolotti e tutti gli altri martiri, sessantasette in tutto, fucilati nel poligono di tiro di Cibèno. Nomi, provenienze, destini diversi. Storie di eroi e di vittime, di coraggio, di morte, di solidarietà. Tutte insieme, esprimono appieno il senso dell'unitarietà della tragedia che l'Italia visse in quegli anni. Con le sue fasi diverse il campo di Fossoli è parte rilevante della storia italiana. Un luogo della memoria tra i più peculiari e importanti nel nostro Paese, che un'opera, doverosa e meritoria, ha recentemente salvato dall'incuria e dall'oblio. La mancanza, a Fossoli, delle camere a gas e dei forni crematori non deve trarre in inganno: anche questo campo in terra italiana faceva parte, purtroppo a pieno titolo, del perfezionato meccanismo di eliminazione fisica dei cosiddetti nemici interni, dissidenti politici o appartenenti a razze follemente considerate inferiori. Con i suoi reticolati e le sue baracche, con i suoi macabri simboli - la stella gialla per gli ebrei, il distintivo rosso per i prigionieri politici - il campo di Fossoli era a tutti gli effetti una tragica tappa decisiva per la deportazione nei lager nazisti in Germania e Polonia. Da Fossoli - nodo ferroviario strategico - partirono dodici treni della morte con destinazione Auschwitz, Buchenwald, Bergen-Belsen, Mathausen, Ravensbruck. Per molti italiani - circa cinquemila - Fossoli fu il primo passo verso l'abisso. O, come disse con grande efficacia il reduce Pietro Terracina, «l'anticamera dell'inferno. Un inferno per chi è morto nei lager e un inferno per chi è sopravvissuto». Primo Levi, che fece tappa a Fossoli prima di giungere ad Auschwitz-Birkenau, scrisse a proposito della repressione nazifascista: «Il nazismo in Germania è stata la metastasi di un tumore che era in Italia. Il lager era la realizzazione del fascismo. Non mi stanco mai di ripetere che dove il fascismo attecchisce, alla fine c'è il lager». Il lager: incarnazione, metafora e sbocco inevitabile di un'ideologia che aveva fatto della sopraffazione, della discriminazione, dell'oppressione e della guerra la sua stessa ragion d'essere. Non si può comprendere la Resistenza, il suo significato, la sua fondamentale importanza nella storia d'Italia se non si parte dalla sua radice più autentica e profonda: quella, appunto, della rivolta morale. Una rivolta contro un sistema che aveva lacerato, oltre ogni limite, il senso stesso di umanità inciso nella coscienza di ogni persona. Teresio Olivelli, nobilissima figura di martire della Resistenza, la cui storia dolorosa ha incrociato il campo di Fossoli, scrisse: «La nostra è anzitutto una rivolta morale. È rivolta contro un sistema e un'epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concezione dell'esistenza». Una rivolta custodita, inizialmente, nell'animo di una minoranza, da pochi spiriti eletti, uccisi, perseguitati o isolati durante i lunghi anni del trionfo fascista. Ma che riuscì a propagarsi, dilagando tra la popolazione, dopo che gli eventi succedutisi all'8 settembre resero evidente, anche a chi si era illuso, anche a chi era stato preda della propaganda fascista, quanto fallaci fossero le parole d'ordine di grandezza, di potenza, di dominio, di superiorità razziale diffuse dal regime. Quanto esse contrastassero con i valori della dignità umana propri della nostra tradizione e della nostra cultura. Il velo della propaganda si squarciò: e agli occhi degli italiani apparve un Paese distrutto moralmente e materialmente, un esercito in rotta, una classe dirigente in fuga o, peggio, asservita a un alleato trasformatosi in atroce e sanguinario oppressore. Le stragi di civili, le rappresaglie, le fucilazioni e le impiccagioni, le torture, la caccia agli ebrei, le deportazioni, i lager. Nel momento dell'estrema difficoltà, il regime mostrava il suo volto più feroce e più vero. Il maggiore dei carabinieri Pasquale Infelisi, prima di essere fucilato, a Macerata, dai nazisti per il suo rifiuto di passare nelle file repubblichine, scrisse: «Non si può aderire a una Repubblica come quella di Salò, illegale da un punto di vista costituzionale e per di più alleata a uno straniero tiranno. (...) L'Arma, in tutta la sua gloriosa storia ha difeso sempre le leggi dettate da governi legalmente costituiti e ha protetto i deboli contro i prepotenti. Invece adesso si doveva fare l'opposto: difendere i prepotenti contro i deboli. Per i miei sentimenti civili, militari, e per la mia fedeltà all'Arma, accettare una cosa simile con un giuramento di fedeltà l'ho ritenuta un'azione indegna e umiliante». Come si comprende da queste parole, così nobili, non moriva la Patria in quei giorni, luttuosi e concitati. Tramontava, invece, una falsa concezione di nazione, fondata sul predominio, sul disprezzo dell'uomo e dei suoi diritti, sull'esaltazione della morte e sulla tirannide; una concezione di barbarie, che pure, per numerosi anni, aveva coinvolto tanti e affascinato tante menti. Il popolo italiano, nel suo complesso, seppe reagire alla barbarie. Recuperò gli ideali di libertà, di indipendenza, di solidarietà, di fratellanza, di umanità, di pace che avevano ispirato i migliori uomini del Risorgimento. Vi fu una reazione diffusa e corale. Vi furono le avanguardie che, prendendo le armi, costituirono le formazioni partigiane. Vi furono i militari italiani che, come a Cefalonia, si ribellarono al giogo tedesco, pagando un altissimo tributo di sangue, o che combatterono accanto ai nuovi alleati, nel nome degli ideali, ritrovati, di libertà e democrazia. Vi furono quei più di seicentomila soldati, che rifiutarono di servire l'oppressore sotto il governo di Salò e che vennero passati per le armi, torturati, deportati nei campi di prigionia in Germania. Vi furono gli operai che scioperarono nelle fabbriche, gli intellettuali che diffusero clandestinamente le idee di libertà, le donne che diedero vita a una vera e propria rete di sussistenza per partigiani, perseguitati e combattenti. Vi furono uomini liberi che sbarcarono nell'Italia occupata e versarono il loro sangue anche per la nostra libertà. A questi caduti, provenienti da nazioni lontane, rivolgiamo un pensiero riconoscente. Il loro sangue è quello dei nostri fratelli. Tra questi non possiamo dimenticare i 5000 volontari della Brigata Ebraica, italiani e non, giunti dalla Palestina per combattere con il loro vessillo in Toscana e in Emilia-Romagna. In tante famiglie italiane c'è una storia, grande o piccola, di eroismo. Chi salvava un ebreo, chi sfamava un partigiano, chi nascondeva un soldato alleato, chi consegnava un messaggio, chi stampava al ciclostile, chi ascoltava una voce libera alla radio: si rischiava la propria vita e quella della propria famiglia. Perché lo facevano? Coraggio, ideologia, principi morali, senso del dovere, disillusione, pietas umana, senso comune... Tante e diverse furono le storie, tante e diverse le motivazioni. L'insieme di tutte queste fu la Resistenza. Ed è per questo che, ancora oggi - senza odio né rancore, ma con partecipazione viva e convinta - ricordiamo quegli eventi così tragici e pieni di valore, senza i quali non vi sarebbe l'Italia libera e democratica, senza i quali non avremmo conosciuto una stagione così duratura e feconda di sviluppo civile, di promozione dei diritti, di pace. Risaltano, nella loro nobiltà e nel loro significato, le parole e il comportamento eroico di Angiolino Morselli, o di Giacomo Ulivi, le cui parole sono preziose. Io stesso le ho più volte ricordate incontrando scolaresche e studenti, perché sono un richiamo alla civiltà, al senso della convivenza e al valore della democrazia. Ci illumina ancora Primo Levi: «Se il nazionalsocialismo avesse prevalso (e poteva prevalere) l'intera Europa, e forse il mondo, sarebbero stati coinvolti in un unico sistema in cui l'odio, l'intolleranza e il disprezzo avrebbero dominato incontrastati». Oggi, anche di fronte alla minaccia di un nemico insidioso e vile, che vorrebbe instaurare, attraverso atti di terrorismo, una condizione di paura, di dominio, di odio, rispondiamo, come allora, come negli anni settanta, che noi non ci piegheremo alla loro violenza e che non prevarranno. Autorità, cittadini di Carpi, poche settimane fa un cittadino tedesco di nome Wolfgang Weil, è venuto appositamente dalla Germania su questi monti per chiedere scusa a nome di suo padre, che, come soldato della Divisione Göring, nota per la sua brutalità, prese parte all'eccidio di Monchio. È stato, il suo, un gesto di riconciliazione nobile, coraggioso, di grande valore, apprezzato. Le sue parole: «Se i discendenti delle vittime e i discendenti dei colpevoli si incontrano e parlano dell'inafferrabile, forse, allora, le ferite ancora esistenti in questo luogo possono guarire. È per questo che sono qui». Weil, cittadino tedesco e d'Europa, ha così concluso: «Mai più fascismo, mai più guerra». Sono parole che facciamo nostre, oggi, celebrando la ricorrenza della Liberazione, con lo sguardo e la volontà rivolti al domani in un'Italia libera e democratica, in un'Europa libera e democratica, unita e quindi in pace. Auguri per il 25 aprile. Viva l'Italia! - (Carpi 25/04/2017) Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia “25 aprile. Festa della Liberazione: tra la storia dei padri e il futuro dei figli”.

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Rivolgo un saluto al Sindaco, ai cittadini di Carpi, al Presidente della Regione, a Germano Nicolini, al Professor Prosperi, ringraziandoli per i loro interventi. Un saluto alle autorità presenti, del Governo, del Parlamento, ai Sindaci. Un saluto particolare – mi consentirete – ai bambini delle prime tre file e al coro e alla banda che hanno eseguito magistralmente il nostro Inno nazionale.

E’ quanto mai significativo celebrare, quest’anno, l’anniversario della Liberazione qui, a Carpi, in una terra che, durante gli anni della dittatura, fu ricca di sentimenti e di fermenti antifascisti, e che ha, poi, vissuto con intensa partecipazione la guerra partigiana.

Nell’Appennino modenese, subito dopo l’8 settembre, si costituirono i primi gruppi di resistenti. Giovani e meno giovani, civili e militari, socialisti, monarchici, comunisti, cattolici, liberali, azionisti, si unirono nella lotta contro l’oppressione.

Una scelta che costò un alto tributo di sangue: a cominciare dalla strage di Monchio, Susàno, Costrignano e Savoniero dove la barbara furia degli occupanti tedeschi sterminò, per rappresaglia, 136 civili, compresi bambini in tenerissima età.

La Resistenza scrisse, tra queste montagne, pagine luminose di storia, come quella, breve ma gloriosa, della Repubblica di Montefiorino, una delle prime zone libere d’Italia. Uomini di diversa provenienza, come Osvaldo Poppi, Mario Ricci, il generale Mario Nardi, Teofilo Fontana, Ermanno Gorrieri, furono tra i protagonisti di questa avventura collettiva. Scrisse Gorrieri ricordando l’esperienza vissuta a Montefiorino:

«Non si trattò soltanto di una zona liberata, in quanto soggetta all’occupazione delle forze partigiane, ma di un’anticipazione del ritorno a una vita democratica, attraverso le elezioni delle amministrazioni comunali democratiche».

Resistenza, dunque, come lotta al nazifascismo, ma anche come embrione della nuova democrazia. Resistenza come primo, essenziale momento per la riconquista della libertà.

Oggi a Carpi intendiamo particolarmente onorare, con la presenza e con il ricordo, le vittime di uno dei luoghi simbolo, in Italia, di quella violenza che la lucida follia del nazifascismo aveva eretto a sistema: il campo di Fossoli.

In quelle baracche di legno, a pochi chilometri da qui, si consumò un atto decisivo della tragedia umana e familiare di migliaia di persone: perseguitati politici, oppositori del regime, ebrei, uomini della Resistenza.

Ricordo qualche nome, per ricordarli tutti: Leopoldo Gasparotto, Teresio Olivelli, Primo Levi, Nedo Fiano, Odoardo Focherini, don Paolo Liggeri, don Francesco Venturelli.

Vanno ricordati Carlo Bianchi, Jerzy Sas Kulczycki, Giuseppe Robolotti e tutti gli altri martiri, sessantasette in tutto, fucilati nel poligono di tiro di Cibèno.

Nomi, provenienze, destini diversi. Storie di eroi e di vittime, di coraggio, di morte, di solidarietà. Tutte insieme, esprimono appieno il senso dell’unitarietà della tragedia che l’Italia visse in quegli anni.

Con le sue fasi diverse il campo di Fossoli è parte rilevante della storia italiana. Un luogo della memoria tra i più peculiari e importanti nel nostro Paese, che un’opera, doverosa e meritoria, ha recentemente salvato dall’incuria e dall’oblio.

La mancanza, a Fossoli, delle camere a gas e dei forni crematori non deve trarre in inganno: anche questo campo in terra italiana faceva parte, purtroppo a pieno titolo, del perfezionato meccanismo di eliminazione fisica dei cosiddetti nemici interni, dissidenti politici o appartenenti a razze follemente considerate inferiori.

Con i suoi reticolati e le sue baracche, con i suoi macabri simboli – la stella gialla per gli ebrei, il distintivo rosso per i prigionieri politici – il campo di Fossoli era a tutti gli effetti una tragica tappa decisiva per la deportazione nei lager nazisti in Germania e Polonia. Da Fossoli – nodo ferroviario strategico – partirono dodici treni della morte con destinazione Auschwitz, Buchenwald, Bergen-Belsen, Mathausen, Ravensbruck.

Per molti italiani – circa cinquemila – Fossoli fu il primo passo verso l’abisso. O, come disse con grande efficacia il reduce Pietro Terracina, «l’anticamera dell’inferno. Un inferno per chi è morto nei lager e un inferno per chi è sopravvissuto».

Primo Levi, che fece tappa a Fossoli prima di giungere ad Auschwitz-Birkenau, scrisse a proposito della repressione nazifascista:

«Il nazismo in Germania è stata la metastasi di un tumore che era in Italia. Il lager era la realizzazione del fascismo. Non mi stanco mai di ripetere che dove il fascismo attecchisce, alla fine c’è il lager».

Il lager: incarnazione, metafora e sbocco inevitabile di un’ideologia che aveva fatto della sopraffazione, della discriminazione, dell’oppressione e della guerra la sua stessa ragion d’essere.

Non si può comprendere la Resistenza, il suo significato, la sua fondamentale importanza nella storia d’Italia se non si parte dalla sua radice più autentica e profonda: quella, appunto, della rivolta morale. Una rivolta contro un sistema che aveva lacerato, oltre ogni limite, il senso stesso di umanità inciso nella coscienza di ogni persona.

Teresio Olivelli, nobilissima figura di martire della Resistenza, la cui storia dolorosa ha incrociato il campo di Fossoli, scrisse:

«La nostra è anzitutto una rivolta morale. È rivolta contro un sistema e un’epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concezione dell’esistenza».

Una rivolta custodita, inizialmente, nell’animo di una minoranza, da pochi spiriti eletti, uccisi, perseguitati o isolati durante i lunghi anni del trionfo fascista. Ma che riuscì a propagarsi, dilagando tra la popolazione, dopo che gli eventi succedutisi all’8 settembre resero evidente, anche a chi si era illuso, anche a chi era stato preda della propaganda fascista, quanto fallaci fossero le parole d’ordine di grandezza, di potenza, di dominio, di superiorità razziale diffuse dal regime. Quanto esse contrastassero con i valori della dignità umana propri della nostra tradizione e della nostra cultura.

Il velo della propaganda si squarciò: e agli occhi degli italiani apparve un Paese distrutto moralmente e materialmente, un esercito in rotta, una classe dirigente in fuga o, peggio, asservita a un alleato trasformatosi in atroce e sanguinario oppressore.

Le stragi di civili, le rappresaglie, le fucilazioni e le impiccagioni, le torture, la caccia agli ebrei, le deportazioni, i lager. Nel momento dell’estrema difficoltà, il regime mostrava il suo volto più feroce e più vero.

Il maggiore dei carabinieri Pasquale Infelisi, prima di essere fucilato, a Macerata, dai nazisti per il suo rifiuto di passare nelle file repubblichine, scrisse:

«Non si può aderire a una Repubblica come quella di Salò, illegale da un punto di vista costituzionale e per di più alleata a uno straniero tiranno. (…) L’Arma, in tutta la sua gloriosa storia ha difeso sempre le leggi dettate da governi legalmente costituiti e ha protetto i deboli contro i prepotenti. Invece adesso si doveva fare l’opposto: difendere i prepotenti contro i deboli. Per i miei sentimenti civili, militari, e per la mia fedeltà all’Arma, accettare una cosa simile con un giuramento di fedeltà l’ho ritenuta un’azione indegna e umiliante».

Come si comprende da queste parole, così nobili, non moriva la Patria in quei giorni, luttuosi e concitati. Tramontava, invece, una falsa concezione di nazione, fondata sul predominio, sul disprezzo dell’uomo e dei suoi diritti, sull’esaltazione della morte e sulla tirannide; una concezione di barbarie, che pure, per numerosi anni, aveva coinvolto tanti e affascinato tante menti.

Il popolo italiano, nel suo complesso, seppe reagire alla barbarie. Recuperò gli ideali di libertà, di indipendenza, di solidarietà, di fratellanza, di umanità, di pace che avevano ispirato i migliori uomini del Risorgimento.

Vi fu una reazione diffusa e corale. Vi furono le avanguardie che, prendendo le armi, costituirono le formazioni partigiane.

Vi furono i militari italiani che, come a Cefalonia, si ribellarono al giogo tedesco, pagando un altissimo tributo di sangue, o che combatterono accanto ai nuovi alleati, nel nome degli ideali, ritrovati, di libertà e democrazia.

Vi furono quei più di seicentomila soldati, che rifiutarono di servire l’oppressore sotto il governo di Salò e che vennero passati per le armi, torturati, deportati nei campi di prigionia in Germania.

Vi furono gli operai che scioperarono nelle fabbriche, gli intellettuali che diffusero clandestinamente le idee di libertà, le donne che diedero vita a una vera e propria rete di sussistenza per partigiani, perseguitati e combattenti.

Vi furono uomini liberi che sbarcarono nell’Italia occupata e versarono il loro sangue anche per la nostra libertà. A questi caduti, provenienti da nazioni lontane, rivolgiamo un pensiero riconoscente. Il loro sangue è quello dei nostri fratelli.

Tra questi non possiamo dimenticare i 5000 volontari della Brigata Ebraica, italiani e non, giunti dalla Palestina per combattere con il loro vessillo in Toscana e in Emilia-Romagna.

In tante famiglie italiane c’è una storia, grande o piccola, di eroismo. Chi salvava un ebreo, chi sfamava un partigiano, chi nascondeva un soldato alleato, chi consegnava un messaggio, chi stampava al ciclostile, chi ascoltava una voce libera alla radio: si rischiava la propria vita e quella della propria famiglia.

Perché lo facevano? Coraggio, ideologia, principi morali, senso del dovere, disillusione, pietas umana, senso comune… Tante e diverse furono le storie, tante e diverse le motivazioni.

L’insieme di tutte queste fu la Resistenza. Ed è per questo che, ancora oggi – senza odio né rancore, ma con partecipazione viva e convinta – ricordiamo quegli eventi così tragici e pieni di valore, senza i quali non vi sarebbe l’Italia libera e democratica, senza i quali non avremmo conosciuto una stagione così duratura e feconda di sviluppo civile, di promozione dei diritti, di pace.

Risaltano, nella loro nobiltà e nel loro significato, le parole e il comportamento eroico di Angiolino Morselli, o di Giacomo Ulivi, le cui parole sono preziose. Io stesso le ho più volte ricordate incontrando scolaresche e studenti, perché sono un richiamo alla civiltà, al senso della convivenza e al valore della democrazia.

Ci illumina ancora Primo Levi:

«Se il nazionalsocialismo avesse prevalso (e poteva prevalere) l’intera Europa, e forse il mondo, sarebbero stati coinvolti in un unico sistema in cui l’odio, l’intolleranza e il disprezzo avrebbero dominato incontrastati».

Oggi, anche di fronte alla minaccia di un nemico insidioso e vile, che vorrebbe instaurare, attraverso atti di terrorismo, una condizione di paura, di dominio, di odio, rispondiamo, come allora, come negli anni settanta, che noi non ci piegheremo alla loro violenza e che non prevarranno.

Autorità, cittadini di Carpi,

poche settimane fa un cittadino tedesco di nome Wolfgang Weil, è venuto appositamente dalla Germania su questi monti per chiedere scusa a nome di suo padre, che, come soldato della Divisione Göring, nota per la sua brutalità, prese parte all’eccidio di Monchio.

È stato, il suo, un gesto di riconciliazione nobile, coraggioso, di grande valore, apprezzato.

Le sue parole: «Se i discendenti delle vittime e i discendenti dei colpevoli si incontrano e parlano dell’inafferrabile, forse, allora, le ferite ancora esistenti in questo luogo possono guarire. È per questo che sono qui».

Weil, cittadino tedesco e d’Europa, ha così concluso: «Mai più fascismo, mai più guerra».

Sono parole che facciamo nostre, oggi, celebrando la ricorrenza della Liberazione, con lo sguardo e la volontà rivolti al domani in un’Italia libera e democratica, in un’Europa libera e democratica, unita e quindi in pace.

Auguri per il 25 aprile. Viva l’Italia!
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(Carpi 25/04/2017)

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Di: 25 aprile. Mattarella: «Il popolo italiano seppe reagire alla barbarie. Recuperò gli ideali di libertà, di indipendenza, di solidarietà e di fratellanza» http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1310216 25 aprile. Mattarella: «Il popolo italiano seppe reagire alla barbarie. Recuperò gli ideali di libertà, di indipendenza, di solidarietà e di fratellanza» Tue, 25 Apr 2017 11:10:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1310216 In occasione delle celebrazioni del 72° anniversario della Liberazione il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato a Carpi. A Piazza dei Martiri, il Capo dello Stato ha deposto una corona d'alloro al Monumento dei Caduti. Ha quindi preso parte alla cerimonia celebrativa al Teatro Comunale dal titolo "25 aprile: Festa della liberazione: tra la storia dei padri e il futuro dei figli". Dopo i saluti introduttivi del Sindaco di Carpi, Alberto Bellelli e del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, sono intervenuti Germano Nicolini, già comandante partigiano e lo storico Adriano Prosperi. La cerimonia si è conclusa con l'intervento del Presidente Mattarella. Nel corso della cerimonia, gli studenti della Scuola G.Verdi hanno eseguito l'Inno Nazionale e "Bella ciao". Al termine il Presidente della Repubblica ha deposto una corona alla Stele che reca i nomi dei campi di concentramento, di sterminio e deportati in Europa al Museo Monumento al Deportato presso Palazzo dei Pio. Presenti il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, il Sindaco di Carpi, Alberto Bellelli, il Presidente della Provincia di Modena, Carlo Muzzarelli, il Presidente della Fondazione ex Campo Fossoli, Pierluigi Castagnetti, i Sindaci della Provincia di Modena e numerose autorità locali. Carpi, 25 aprile 2017 In occasione delle celebrazioni del 72° anniversario della Liberazione il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato a Carpi.

A Piazza dei Martiri, il Capo dello Stato ha deposto una corona d’alloro al Monumento dei Caduti.

Ha quindi preso parte alla cerimonia celebrativa al Teatro Comunale dal titolo “25 aprile: Festa della liberazione: tra la storia dei padri e il futuro dei figli”.
Dopo i saluti introduttivi del Sindaco di Carpi, Alberto Bellelli e del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, sono intervenuti Germano Nicolini, già comandante partigiano e lo storico Adriano Prosperi.

La cerimonia si è conclusa con l’intervento del Presidente Mattarella.

Nel corso della cerimonia, gli studenti della Scuola G.Verdi hanno eseguito l’Inno Nazionale e “Bella ciao”.

Al termine il Presidente della Repubblica ha deposto una corona alla Stele che reca i nomi dei campi di concentramento, di sterminio e deportati in Europa al Museo Monumento al Deportato presso Palazzo dei Pio.

Presenti il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, il Sindaco di Carpi, Alberto Bellelli, il Presidente della Provincia di Modena, Carlo Muzzarelli, il Presidente della Fondazione ex Campo Fossoli, Pierluigi Castagnetti, i Sindaci della Provincia di Modena e numerose autorità locali.

Carpi, 25 aprile 2017

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Di: 25 aprile 2017 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1310205 25 aprile 2017 Tue, 25 Apr 2017 08:39:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1310205 <b>Buon 25 aprile 2017 a tutti da Letteratitudine!</b> Buon 25 aprile 2017 a tutti da Letteratitudine!

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Di: 25 aprile 2016 - il Presidente Mattarella (La Stampa) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1271138 25 aprile 2016 - il Presidente Mattarella (La Stampa) Mon, 25 Apr 2016 10:32:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1271138 “ANTIFASCISMO COSTITUTIVO” «L’antifascismo è elemento costitutivo e irrinunciabile della nostra società. Giusto tenere alta la guardia», dice Renzi, in un’intervista a Repubblica. Secondo il premier, tuttavia, le candidature a Roma di Meloni e Raggi non mettono a rischio il senso della Liberazione: «Tutti ci riconosciamo nei valori della Costituzione». Per la presidente della Camera, Laura Boldrini, «essere antifascisti oggi passa per la difesa di quei valori che la Costituzione nata dalla Resistenza mette come prioritari: il lavoro, la salute, l’istruzione, la pace, i diritti individuali, l’ambiente, la solidarietà». Pietro Grasso è a Reggio Emilia (visiterà tra l’altro la casa dei fratelli Cervi a Gattatico) Laura Boldrini è a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, dove parteciperà al corteo per poi svolgere l’orazione commemorativa in piazza Matteotti. I segretari di Cgil e Cisl Susanna Camusso e Annamaria Furlan partecipano a Milano al corteo dell’Anpi. “ANTIFASCISMO COSTITUTIVO”

«L’antifascismo è elemento costitutivo e irrinunciabile della nostra società. Giusto tenere alta la guardia», dice Renzi, in un’intervista a Repubblica. Secondo il premier, tuttavia, le candidature a Roma di Meloni e Raggi non mettono a rischio il senso della Liberazione: «Tutti ci riconosciamo nei valori della Costituzione». Per la presidente della Camera, Laura Boldrini, «essere antifascisti oggi passa per la difesa di quei valori che la Costituzione nata dalla Resistenza mette come prioritari: il lavoro, la salute, l’istruzione, la pace, i diritti individuali, l’ambiente, la solidarietà». Pietro Grasso è a Reggio Emilia (visiterà tra l’altro la casa dei fratelli Cervi a Gattatico) Laura Boldrini è a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, dove parteciperà al corteo per poi svolgere l’orazione commemorativa in piazza Matteotti. I segretari di Cgil e Cisl Susanna Camusso e Annamaria Furlan partecipano a Milano al corteo dell’Anpi.

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Di: 25 aprile 2016 - il Presidente Mattarella (La Stampa) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1271137 25 aprile 2016 - il Presidente Mattarella (La Stampa) Mon, 25 Apr 2016 10:31:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1271137 “CONCORDIA NELL’UE” «Ovunque sia tempo di martirio, di tirannia, di tragedie umanitarie che accompagnano i conflitti, lì vanno affermati i valori della Resistenza», è l’appello del Presidente. «Non esiste una condizione di “non guerra” - aggiunge Mattarella -. O si promuove la pace e la collaborazione o si prepara lo scontro futuro». Il Capo dello Stato guarda all’Europa: «Non ci può essere pace soltanto per alcuni e miseria, fame, guerre, per altri: queste travolgerebbero anche la pace di chi pensa di averla conseguita per sempre. Settant’anni di pace ci sono stati consegnati dai nostri padri - dice -. A noi spetta il compito di continuare, di allargare il sentiero della concordia dentro l’Unione Europea e ovunque l’Europa può far sentire la sua voce e sviluppare la sua iniziativa». “CONCORDIA NELL’UE”

«Ovunque sia tempo di martirio, di tirannia, di tragedie umanitarie che accompagnano i conflitti, lì vanno affermati i valori della Resistenza», è l’appello del Presidente. «Non esiste una condizione di “non guerra” – aggiunge Mattarella -. O si promuove la pace e la collaborazione o si prepara lo scontro futuro». Il Capo dello Stato guarda all’Europa: «Non ci può essere pace soltanto per alcuni e miseria, fame, guerre, per altri: queste travolgerebbero anche la pace di chi pensa di averla conseguita per sempre. Settant’anni di pace ci sono stati consegnati dai nostri padri – dice -. A noi spetta il compito di continuare, di allargare il sentiero della concordia dentro l’Unione Europea e ovunque l’Europa può far sentire la sua voce e sviluppare la sua iniziativa».

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Di: 25 aprile 2016 - il Presidente Mattarella (La Stampa) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1271136 25 aprile 2016 - il Presidente Mattarella (La Stampa) Mon, 25 Apr 2016 10:31:34 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1271136 IL CAPO DELLO STATO IN VALSESIA Ma il centro delle celebrazioni quest’anno è in Valsesia, dove il Capo dello Stato fa tappa in alcuni centri della Resistenza, tra cui Varallo, medaglia d’oro al valor militare per il ruolo decisivo svolto nella lotta contro il nazifascismo. «Su questa data si fonda la nostra Repubblica», dice il Presidente dal palco del Teatro Civico di Varallo. La Libertà, ricorda il Capo dello Stato, «è nata qui, su queste montagne, con la prima “zona libera”, anello di quelle Repubbliche partigiane che hanno segnato la volontà di riscatto del popolo italiano; vere e proprie radici della scelta che il voto del 2 giugno 1946 avrebbe sancito». Mattarella dice che «è sempre tempo di Resistenza» perché oggi «guerre e violenze crudeli si manifestano ai confini d’Europa». IL CAPO DELLO STATO IN VALSESIA

Ma il centro delle celebrazioni quest’anno è in Valsesia, dove il Capo dello Stato fa tappa in alcuni centri della Resistenza, tra cui Varallo, medaglia d’oro al valor militare per il ruolo decisivo svolto nella lotta contro il nazifascismo. «Su questa data si fonda la nostra Repubblica», dice il Presidente dal palco del Teatro Civico di Varallo. La Libertà, ricorda il Capo dello Stato, «è nata qui, su queste montagne, con la prima “zona libera”, anello di quelle Repubbliche partigiane che hanno segnato la volontà di riscatto del popolo italiano; vere e proprie radici della scelta che il voto del 2 giugno 1946 avrebbe sancito». Mattarella dice che «è sempre tempo di Resistenza» perché oggi «guerre e violenze crudeli si manifestano ai confini d’Europa».

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Di: 25 aprile 2016 - il Presidente Mattarella (La Stampa) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1271135 25 aprile 2016 - il Presidente Mattarella (La Stampa) Mon, 25 Apr 2016 10:31:08 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1271135 L’Italia festeggia il 25 aprile. Alle 8:30 in piazza Venezia, a Roma, si è tenuta la cerimonia per il 71° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha deposto una corona di fiori all’Altare della Patria. Erano presenti il premier Matteo Renzi, il presidente del Senato Piero Grasso, il vicepresidente della Camera Simone Baldelli, il ministro della Difesa Roberta Pinotti e il presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi. L’Italia festeggia il 25 aprile. Alle 8:30 in piazza Venezia, a Roma, si è tenuta la cerimonia per il 71° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha deposto una corona di fiori all’Altare della Patria. Erano presenti il premier Matteo Renzi, il presidente del Senato Piero Grasso, il vicepresidente della Camera Simone Baldelli, il ministro della Difesa Roberta Pinotti e il presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi.

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Di: Letteratitudine http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1271128 Letteratitudine Mon, 25 Apr 2016 08:34:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1271128 Buon 25 aprile 2016 a tutti! Buon 25 aprile 2016 a tutti!

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Di: 25 APRILE 2016 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1271127 25 APRILE 2016 Mon, 25 Apr 2016 08:33:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1271127 <b>25 APRILE 2016</b> 25 APRILE 2016

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1225776 Massimo Maugeri Mon, 27 Apr 2015 14:09:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1225776 Grazie, cara Annalisa! Grazie, cara Annalisa!

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Di: Annalisa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1225376 Annalisa Sat, 25 Apr 2015 09:49:55 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1225376 Viviamo in un'epoca fondata sul principio della diseguaglianza. E laddove c'è diseguaglianza, non ci può essere libertà. Viviamo in un’epoca fondata sul principio della diseguaglianza.
E laddove c’è diseguaglianza, non ci può essere libertà.

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Di: Annalisa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1225375 Annalisa Sat, 25 Apr 2015 09:49:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1225375 La speranza è che il mondo (e non solo il nostro paese) possa essere un po' più libero. La speranza è che il mondo (e non solo il nostro paese) possa essere un po’ più libero.

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Di: Annalisa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-5/#comment-1225374 Annalisa Sat, 25 Apr 2015 09:48:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1225374 Buon 25 aprile a voi! Buon 25 aprile a voi!

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Di: 25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1225371 25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione Sat, 25 Apr 2015 09:23:20 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1225371 <b>25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione - Lo speciale di RAINEWS</b> http://www.rainews.it/dl/rainews/speciali/25-aprile-1945-2015-70-anni-fa-la-Liberazione-c495494f-55d4-45db-b8c0-60c2dfaf0da1.html?refresh_ce 25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione – Lo speciale di RAINEWS
http://www.rainews.it/dl/rainews/speciali/25-aprile-1945-2015-70-anni-fa-la-Liberazione-c495494f-55d4-45db-b8c0-60c2dfaf0da1.html?refresh_ce

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Di: 25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1225369 25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione Sat, 25 Apr 2015 09:22:35 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1225369 <b>25 APRILE 2015: EZIO MAURO INTERVISTA IL PRESIDENTE MATTARELLA</b> https://letteratitudinenews.wordpress.com/2015/04/25/25-aprile-2015-ezio-mauro-intervista-il-presidente-mattarella/ Mattarella: il 25 aprile patrimonio di tutto il Paese. L’intervista rilasciata a Ezio Mauro (Direttore de “la Repubblica”) 25 APRILE 2015: EZIO MAURO INTERVISTA IL PRESIDENTE MATTARELLA
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2015/04/25/25-aprile-2015-ezio-mauro-intervista-il-presidente-mattarella/
Mattarella: il 25 aprile patrimonio di tutto il Paese. L’intervista rilasciata a Ezio Mauro (Direttore de “la Repubblica”)

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Di: 25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1225368 25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione Sat, 25 Apr 2015 09:21:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1225368 <b>25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione</b> 25 APRILE 2015: 70 anni dalla Liberazione

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048893 Massimo Maugeri Sat, 26 Apr 2014 09:53:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048893 Un caro saluto anche a Aurelio (di cui accolgo la tristezza espressa). Un caro saluto anche a Aurelio (di cui accolgo la tristezza espressa).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048892 Massimo Maugeri Sat, 26 Apr 2014 09:52:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048892 Carissima Simo, grazie di cuore per tuoi commenti! Come dice Amelia (che saluto), sono sempre puntuali e ricchi di bellezza e informazioni. Carissima Simo, grazie di cuore per tuoi commenti!
Come dice Amelia (che saluto), sono sempre puntuali e ricchi di bellezza e informazioni.

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Di: Aurelio V. http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048344 Aurelio V. Fri, 25 Apr 2014 15:40:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048344 Siamo sempre di meno, quelli della mia generazione che quel 25 aprile si era ragazzi. Molti dei ragazzi di oggi ignorano le ragioni di questa ricorrenza. Per loro è un giorno di vacanza e questo è quanto. Provo enorme tristezza. Siamo sempre di meno, quelli della mia generazione che quel 25 aprile si era ragazzi.
Molti dei ragazzi di oggi ignorano le ragioni di questa ricorrenza.
Per loro è un giorno di vacanza e questo è quanto.
Provo enorme tristezza.

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Di: Amelia Corsi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048280 Amelia Corsi Fri, 25 Apr 2014 13:10:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048280 E' anche bello leggere i commenti delle annate precedenti. Buon 25 aprile a tutti! E’ anche bello leggere i commenti delle annate precedenti.
Buon 25 aprile a tutti!

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Di: Amelia Corsi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048277 Amelia Corsi Fri, 25 Apr 2014 13:09:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048277 Grazie, Simona, per i tuoi commenti sempre puntuali e ricchi di bellezza e informazioni. Grazie, Simona, per i tuoi commenti sempre puntuali e ricchi di bellezza e informazioni.

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Di: Simona Lo Iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048233 Simona Lo Iacono Fri, 25 Apr 2014 09:50:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048233 Quindi, che sia anche un 25 aprile letterario! Auguri a tutti! SIMO Quindi, che sia anche un 25 aprile letterario! Auguri a tutti!
SIMO

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Di: Simona Lo Iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048232 Simona Lo Iacono Fri, 25 Apr 2014 09:48:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048232 E come non ricordare il nostro conterraneol Salvatore Quasimodo ...con “Alle fronde dei salici“ e col celebre incipit "E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore".... E come non ricordare il nostro conterraneol Salvatore Quasimodo …con “Alle fronde dei salici“ e col celebre incipit “E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore”….

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Di: Simona Lo Iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048231 Simona Lo Iacono Fri, 25 Apr 2014 09:47:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048231 Non mancano le poesie sul 25 aprile: la più famosa è forse “Per i morti della Resistenza” di Giuseppe Ungaretti («Qui vivono per sempre / gli occhi che furono chiusi alla luce / perché tutti li avessero aperti / per sempre alla luce»).... Non mancano le poesie sul 25 aprile: la più famosa è forse “Per i morti della Resistenza” di Giuseppe Ungaretti («Qui vivono per sempre / gli occhi che furono chiusi alla luce / perché tutti li avessero aperti / per sempre alla luce»)….

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Di: Simona Lo Iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048230 Simona Lo Iacono Fri, 25 Apr 2014 09:46:32 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048230 Sempre di quei tempi, “Partigiani della montagna” di Giorgio Bocca, un libro scritto nel 1945 che viene presentato così dallo stesso giornalista: “È bene che si sappia cosa sia stata la Resistenza: non il mito di cui parlano i revisionisti, ma la rivelazione di ciò che un popolo può fare quando prende il destino del paese nelle sua mani”. Sempre di quei tempi, “Partigiani della montagna” di Giorgio Bocca, un libro scritto nel 1945 che viene presentato così dallo stesso giornalista: “È bene che si sappia cosa sia stata la Resistenza: non il mito di cui parlano i revisionisti, ma la rivelazione di ciò che un popolo può fare quando prende il destino del paese nelle sua mani”.

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Di: Simona Lo Iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048229 Simona Lo Iacono Fri, 25 Apr 2014 09:46:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048229 Non possiamo non citare Enzo Biagi, di cui – nella raccolta curata da Loris Mazzetti intitolata “I quattordici mesi” – ci vengono proposti gli scritti del giornale Patrioti, di cui il giornalista fu direttore, con i ricordi dei mesi trascorsi da Biagi con i partigiani. Non possiamo non citare Enzo Biagi, di cui – nella raccolta curata da Loris Mazzetti intitolata “I quattordici mesi” – ci vengono proposti gli scritti del giornale Patrioti, di cui il giornalista fu direttore, con i ricordi dei mesi trascorsi da Biagi con i partigiani.

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Di: Simona Lo Iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048227 Simona Lo Iacono Fri, 25 Apr 2014 09:44:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048227 Una felice giornata del 25 Aprile caro Massi! Volevo ricordare che la Liberazione ha anche risvolti letterari! Ha infatti ispirato diverse opere letterarie e molti scrittori: sono tantissimi i libri, le frasi e le poesie sul 25 aprile, una data che è festa nazionale dal 1949, come da legge n. 260 del 27 maggio di quell’anno (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive”): «Sono considerati giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, oltre al giorno della festa nazionale, i giorni seguenti: [...] il 25 aprile, anniversario della liberazione;[...]». Una felice giornata del 25 Aprile caro Massi!
Volevo ricordare che la Liberazione ha anche risvolti letterari! Ha infatti ispirato diverse opere letterarie e molti scrittori: sono tantissimi i libri, le frasi e le poesie sul 25 aprile, una data che è festa nazionale dal 1949, come da legge n. 260 del 27 maggio di quell’anno (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive”): «Sono considerati giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, oltre al giorno della festa nazionale, i giorni seguenti: [...] il 25 aprile, anniversario della liberazione;[...]».

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Di: Festa del 25 aprile 2014 - La Stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048216 Festa del 25 aprile 2014 - La Stampa Fri, 25 Apr 2014 08:50:35 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048216 TENSIONE A ROMA Attimi di tensioni alla partenza del corteo dell’Anpi di Roma per il 25 Aprile, al Colosseo. Alcuni manifestanti che esponevano la bandiera israeliana sono quasi venuti alle mani con altri schierati dietro una bandiera palestinese. Alcuni carabinieri si sono frapposti tra i due gruppi impedendo il contatto. «Se c’è una bandiera palestinese non parte il corteo», ha urlato un manifestante. «Andiamo, la festa è nostra, viva il 25 aprile!», ha invece esortato il presidente degli ebrei romani Riccardo Pacifici. Dalla parte opposta una donna ha raccontato: «I sionisti si sono sentiti offesi e hanno cercato di cacciarci via, uno anche mettendoci le mani in faccia». Il grosso del corteo - alcune centinaia di persone - è poi partito, ma diversi esponenti dei due gruppi rivali sono rimasti ancora nei pressi della stazione Colosseo della metropolitana. TENSIONE A ROMA
Attimi di tensioni alla partenza del corteo dell’Anpi di Roma per il 25 Aprile, al Colosseo. Alcuni manifestanti che esponevano la bandiera israeliana sono quasi venuti alle mani con altri schierati dietro una bandiera palestinese. Alcuni carabinieri si sono frapposti tra i due gruppi impedendo il contatto. «Se c’è una bandiera palestinese non parte il corteo», ha urlato un manifestante. «Andiamo, la festa è nostra, viva il 25 aprile!», ha invece esortato il presidente degli ebrei romani Riccardo Pacifici. Dalla parte opposta una donna ha raccontato: «I sionisti si sono sentiti offesi e hanno cercato di cacciarci via, uno anche mettendoci le mani in faccia». Il grosso del corteo – alcune centinaia di persone – è poi partito, ma diversi esponenti dei due gruppi rivali sono rimasti ancora nei pressi della stazione Colosseo della metropolitana.

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Di: Festa del 25 aprile 2014 - La Stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048215 Festa del 25 aprile 2014 - La Stampa Fri, 25 Apr 2014 08:50:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048215 IL TWEET DEL PREMIER «Viva l’Italia libera»aveva scritto di prima mattina il premier Matteo Renzi in un tweet. «Un grazie - aggiunge Renzi - ai ribelli di allora. Scorrono i loro nomi: Silvano, Eda, Giorgio, Liliana, Elia e tanti altri. Viva l’Italia libera #unamattina». IL TWEET DEL PREMIER
«Viva l’Italia libera»aveva scritto di prima mattina il premier Matteo Renzi in un tweet. «Un grazie – aggiunge Renzi – ai ribelli di allora. Scorrono i loro nomi: Silvano, Eda, Giorgio, Liliana, Elia e tanti altri. Viva l’Italia libera #unamattina».

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Di: Festa del 25 aprile 2014 - La Stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048214 Festa del 25 aprile 2014 - La Stampa Fri, 25 Apr 2014 08:49:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048214 COLLOQUIO RENZI-NAPOLITANO Breve colloquio tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente del consiglio Matteo Renzi, a margine della cerimonia per il sessantanovesimo anniversario della Liberazione. Il Capo dello Stato ha parlato al presidente del consiglio che ha annuito a lungo. Renzi, al termine del colloquio con Napolitabo, si è intrattenuto anche con Roberto Giachetti, vice presidente della Camera, autore ieri della lettera con la quale invitava il premier a valutare l’ipotesi di tornare alle urne COLLOQUIO RENZI-NAPOLITANO
Breve colloquio tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente del consiglio Matteo Renzi, a margine della cerimonia per il sessantanovesimo anniversario della Liberazione. Il Capo dello Stato ha parlato al presidente del consiglio che ha annuito a lungo. Renzi, al termine del colloquio con Napolitabo, si è intrattenuto anche con Roberto Giachetti, vice presidente della Camera, autore ieri della lettera con la quale invitava il premier a valutare l’ipotesi di tornare alle urne

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Di: Festa del 25 aprile 2014 - La Stampa http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048213 Festa del 25 aprile 2014 - La Stampa Fri, 25 Apr 2014 08:49:35 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048213 <b>Festa del 25 aprile, via alle celebrazioni. Napolitano e Renzi all’Altare della patria</b> - Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha deposto una corona d’alloro al sacello del Milite Ignoto, all’altare della Patria, nell’ambito delle celebrazioni del sessantanovesimo anniversario della Liberazione dal Nazifascimo. Alla cerimonia ha partecipato il presidente del consiglio Matteo Renzi, il presidente del Senato, Pietro Grasso e il vice presidente della Camera, Roberto Giachetti. Presenti inoltre il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il sindaco di Roma Ignazio Marino, il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, il prefetto Giuseppe Pecoraro e il questore Massimo Maria Mazza. Festa del 25 aprile, via alle celebrazioni. Napolitano e Renzi all’Altare della patria
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Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha deposto una corona d’alloro al sacello del Milite Ignoto, all’altare della Patria, nell’ambito delle celebrazioni del sessantanovesimo anniversario della Liberazione dal Nazifascimo.

Alla cerimonia ha partecipato il presidente del consiglio Matteo Renzi, il presidente del Senato, Pietro Grasso e il vice presidente della Camera, Roberto Giachetti. Presenti inoltre il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il sindaco di Roma Ignazio Marino, il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, il prefetto Giuseppe Pecoraro e il questore Massimo Maria Mazza.

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Di: 25 aprile 2014, 69 anni fa la liberazione dell’Italia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1048212 25 aprile 2014, 69 anni fa la liberazione dell’Italia Fri, 25 Apr 2014 08:47:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1048212 25 aprile 2014, 69 anni fa la liberazione dell’Italia. Foto e commenti dal Corriere della Sera http://www.corriere.it/foto-gallery/cronache/14_aprile_23/25-aprile-2014-69-anni-fa-liberazione-dell-italia-e2be1758-cac1-11e3-9708-d10118a39c2a.shtml 25 aprile 2014, 69 anni fa la liberazione dell’Italia.
Foto e commenti dal Corriere della Sera
http://www.corriere.it/foto-gallery/cronache/14_aprile_23/25-aprile-2014-69-anni-fa-liberazione-dell-italia-e2be1758-cac1-11e3-9708-d10118a39c2a.shtml

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Di: 25 APRILE 2014 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-1047995 25 APRILE 2014 Thu, 24 Apr 2014 22:02:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-1047995 <strong>Buon 25 aprile 2014 da Letteratitudine</strong> Buon 25 aprile 2014 da Letteratitudine

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/04/25/25-aprile/comment-page-4/#comment-699536 Massimo Maugeri Sat, 27 Apr 2013 08:47:39 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/04/25/buon-25-aprile-2008/#comment-699536 Grazie per il tuo commento, cara Maria Lucia. E grazie per i contributi incentrati sul 25 aprile 2013 Grazie per il tuo commento, cara Maria Lucia. E grazie per i contributi incentrati sul 25 aprile 2013

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