Commenti a: IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2021: VITA SUPERNOVA http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: L’amica geniale, fiction e libro a confronto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476075 L’amica geniale, fiction e libro a confronto Sun, 12 May 2019 15:51:05 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476075 Il regista Saverio Costanzo racconta al pubblico la difficolta e la bellezza di trasformare in film la grandezza letterario del romanzo di Elena Ferrante «E’ vero in un certo senso che il regista de L’Amica Geniale è il segretario di Elena Ferrante.» Saverio Costanzo al Salone del Libro si definisce così. Gli ascolti e il pubblico della fiction di RaiUno diventata best seller lo scorso anno in tutto il mondo sembrerebbero non dargli ragione. La storia d’amicizia tra Lila e Lenù ambientata in un rione proletario della Campania degli anni 50’ ha coinvolto milioni di telespettatori, tanto che racconta Costanzo di essere stato fermato per strada da alcuni stranieri: «In Cina vogliamo i capelli di Lenù» gli hanno detto. In un dibattito con Goffredo Fofi, saggista e critico cinematografico, il regista discute sulla difficile trasposizione cinematografica di un romanzo significativo come quello di Elena Ferrante, svelando al pubblico le lettere inviategli dall’autrice durante la proiezione del film. “Caro Saverio, più le protagoniste saranno intensamente tue, più restituiranno le mie – a leggerle è l’attrice Alba Rohrwacher che continua - il problema è quanta energia, trepidazione, insolenza, perfidia, e soprattutto quanta generosità lei (ovvero la fiction) riuscirà a trarre dalle due ragazze. La potenza dei due personaggi verrà dunque dai loro gesti, dai loro sguardi. Quindi Le dico, se Lei è convinto, parla con molto calore delle due bambine, io sono convinta.” La difficoltà della trasposizione televisiva si denota anche dalle parole di Fofi che spiega: «Il romanzo è in bianco e nero, il film è a colori. Bisogna trovare il modo di raccontare il bianco e nero attraverso la propria interpretazione. Tu, Saverio, hai usato il colore come sentimento, e te la sei cavata bene.» Questo incontro arriva proprio nei giorni di presentazione de L’invenzione occasionale presentato oggi da Tiziana de Rogatis: cinquanta frammenti degli interventi dell’autrice sul The Guardian. Il regista evidenzia le criticità di restituire la densità e la vitalità di un testo letterario, parlando di un’operazione rischiosa, sviluppata attraverso l’ordinamento cronologica della narrazione che ha dato una linearità al filo del racconto. «Il film si affida al presente – racconta -, nelle scene le protagoniste hanno tirato fuori l’immediatezza della scrittura. Questo ha trovato risconto nel pubblico, il mio Io regista coincideva con quello del lettore del romanzo.» Ammette, tuttavia, quando sia stato difficile il confronto. Da una lettera di Elena a Saverio: “Ho visto i primi due episodi con il batticuore. Una Lila bambina che non sbaglia mai un colpo. Lila non ha confronti, e pur essendo minuta, giganteggia.” Segue una critica della Ferrante all’ambientazione e alla presentazione dei personaggi secondari rimasti sullo sfondo: “Probabilmente è colpa mia, sono una spettatrice inadeguata. Ho in testa il mio rione.” Costanzo racconta di essersi ripromesso in passato che non avrebbe più diretto un best-seller, per fortuna ha cambiato idea. Il regista Saverio Costanzo racconta al pubblico la difficolta e la bellezza di trasformare in film la grandezza letterario del romanzo di Elena Ferrante

«E’ vero in un certo senso che il regista de L’Amica Geniale è il segretario di Elena Ferrante.» Saverio Costanzo al Salone del Libro si definisce così. Gli ascolti e il pubblico della fiction di RaiUno diventata best seller lo scorso anno in tutto il mondo sembrerebbero non dargli ragione. La storia d’amicizia tra Lila e Lenù ambientata in un rione proletario della Campania degli anni 50’ ha coinvolto milioni di telespettatori, tanto che racconta Costanzo di essere stato fermato per strada da alcuni stranieri: «In Cina vogliamo i capelli di Lenù» gli hanno detto. In un dibattito con Goffredo Fofi, saggista e critico cinematografico, il regista discute sulla difficile trasposizione cinematografica di un romanzo significativo come quello di Elena Ferrante, svelando al pubblico le lettere inviategli dall’autrice durante la proiezione del film. “Caro Saverio, più le protagoniste saranno intensamente tue, più restituiranno le mie – a leggerle è l’attrice Alba Rohrwacher che continua – il problema è quanta energia, trepidazione, insolenza, perfidia, e soprattutto quanta generosità lei (ovvero la fiction) riuscirà a trarre dalle due ragazze. La potenza dei due personaggi verrà dunque dai loro gesti, dai loro sguardi. Quindi Le dico, se Lei è convinto, parla con molto calore delle due bambine, io sono convinta.”
La difficoltà della trasposizione televisiva si denota anche dalle parole di Fofi che spiega: «Il romanzo è in bianco e nero, il film è a colori. Bisogna trovare il modo di raccontare il bianco e nero attraverso la propria interpretazione. Tu, Saverio, hai usato il colore come sentimento, e te la sei cavata bene.»
Questo incontro arriva proprio nei giorni di presentazione de L’invenzione occasionale presentato oggi da Tiziana de Rogatis: cinquanta frammenti degli interventi dell’autrice sul The Guardian.
Il regista evidenzia le criticità di restituire la densità e la vitalità di un testo letterario, parlando di un’operazione rischiosa, sviluppata attraverso l’ordinamento cronologica della narrazione che ha dato una linearità al filo del racconto. «Il film si affida al presente – racconta -, nelle scene le protagoniste hanno tirato fuori l’immediatezza della scrittura. Questo ha trovato risconto nel pubblico, il mio Io regista coincideva con quello del lettore del romanzo.» Ammette, tuttavia, quando sia stato difficile il confronto.
Da una lettera di Elena a Saverio: “Ho visto i primi due episodi con il batticuore. Una Lila bambina che non sbaglia mai un colpo. Lila non ha confronti, e pur essendo minuta, giganteggia.” Segue una critica della Ferrante all’ambientazione e alla presentazione dei personaggi secondari rimasti sullo sfondo: “Probabilmente è colpa mia, sono una spettatrice inadeguata. Ho in testa il mio rione.” Costanzo racconta di essersi ripromesso in passato che non avrebbe più diretto un best-seller, per fortuna ha cambiato idea.

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Di: Condividere la conoscenza per affrontare il futuro con consapevolezza. Guido Tonelli spiega la sua Genesi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476073 Condividere la conoscenza per affrontare il futuro con consapevolezza. Guido Tonelli spiega la sua Genesi Sun, 12 May 2019 15:49:51 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476073 Condividere la conoscenza per affrontare il futuro con consapevolezza. Guido Tonelli spiega la sua Genesi: sapere da dove veniamo è l’unico modo per costruire il futuro (dalla Redazione) - All’epoca dell’uomo di Neanderthal, l’Europa era una terra inospitale, coperta di ghiacci. Era difficile sopravvivere. Le piccole comunità dovevano usare tutte le loro forse per procurarsi il cibo e garantirsi la sopravvivenza. Eppure, riuscivano a trovare il tempo per realizzare le pitture rupestri nelle grotte. Un’attività complessa, che richiedeva energie e competenze: raccogliere i pigmenti, preparare i colori, apprendere le tecniche pittoriche. «Perché lo facevano? – si chiede il fisico Guido Tonelli, presentando il suo Genesi. Il grande racconto delle origini (Feltrinelli) –. L’unica spiegazione è che quelle civiltà ritenessero particolarmente importanti le pitture rupestri. Ed erano importanti perché inserivano quelle civiltà in un grande racconto della creazione del mondo, li rendeva eredi di una tradizione.» Lo stesso ha fatto il popolo ebraico in uno dei momenti più cupi della sua storia: durante il periodo della cattività babilonese hanno scritto il libro della Genesi, per mantenere la memoria delle proprie origini. «Ma non l’hanno scritto pensando al passato, bensì guardando al futuro – sottolinea Tonelli –. Con lo stesso spirito è nata la mia Genesi: penso che oggi abbiamo bisogno di ricostruire un’immagine del mondo basata sulle scoperte scientifiche, per affrontare il futuro con consapevolezza.» E così Tonelli, tra i “padri” del bosone di Higgs, ricostruisce in sette capitoli, ricalcando i sette giorni biblici, quello che è successo nei primi istanti di vita dell’universo. «Se tutti riescono a impadronirsi di questa visione del mondo si posseggono strumenti migliori per prendere decisioni consapevoli. Lasciare tutto questo potere solo a specialisti o governanti sarebbe pericoloso – conclude Tonelli, facendo emergere il suo animo di divulgatore scientifico –. Uno dei compiti dello scienziato, credo debba essere quello di mettere in comune il sapere, è l’unico modo per prepararsi alle sfide del futuro con strumenti adeguati.» Condividere la conoscenza per affrontare il futuro con consapevolezza.
Guido Tonelli spiega la sua Genesi: sapere da dove veniamo è l’unico modo per costruire il futuro (dalla Redazione)
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All’epoca dell’uomo di Neanderthal, l’Europa era una terra inospitale, coperta di ghiacci. Era difficile sopravvivere. Le piccole comunità dovevano usare tutte le loro forse per procurarsi il cibo e garantirsi la sopravvivenza. Eppure, riuscivano a trovare il tempo per realizzare le pitture rupestri nelle grotte.
Un’attività complessa, che richiedeva energie e competenze: raccogliere i pigmenti, preparare i colori, apprendere le tecniche pittoriche. «Perché lo facevano? – si chiede il fisico Guido Tonelli, presentando il suo Genesi. Il grande racconto delle origini (Feltrinelli) –. L’unica spiegazione è che quelle civiltà ritenessero particolarmente importanti le pitture rupestri. Ed erano importanti perché inserivano quelle civiltà in un grande racconto della creazione del mondo, li rendeva eredi di una tradizione.»
Lo stesso ha fatto il popolo ebraico in uno dei momenti più cupi della sua storia: durante il periodo della cattività babilonese hanno scritto il libro della Genesi, per mantenere la memoria delle proprie origini. «Ma non l’hanno scritto pensando al passato, bensì guardando al futuro – sottolinea Tonelli –. Con lo stesso spirito è nata la mia Genesi: penso che oggi abbiamo bisogno di ricostruire un’immagine del mondo basata sulle scoperte scientifiche, per affrontare il futuro con consapevolezza.»
E così Tonelli, tra i “padri” del bosone di Higgs, ricostruisce in sette capitoli, ricalcando i sette giorni biblici, quello che è successo nei primi istanti di vita dell’universo. «Se tutti riescono a impadronirsi di questa visione del mondo si posseggono strumenti migliori per prendere decisioni consapevoli. Lasciare tutto questo potere solo a specialisti o governanti sarebbe pericoloso – conclude Tonelli, facendo emergere il suo animo di divulgatore scientifico –. Uno dei compiti dello scienziato, credo debba essere quello di mettere in comune il sapere, è l’unico modo per prepararsi alle sfide del futuro con strumenti adeguati.»

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Di: Adattare, tradurre e costruire significati. I complementari mestieri dietro Il Trono di Spade http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476072 Adattare, tradurre e costruire significati. I complementari mestieri dietro Il Trono di Spade Sun, 12 May 2019 15:49:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476072 Adattare, tradurre e costruire significati. I complementari mestieri dietro Il Trono di Spade (dalla Redazione) - Gli anglosassoni sono persone dirette: quando dicono qualcosa, lo fanno senza tanti giri di parole. Noi italiani, di parole, ne usiamo circa il 25% in più. Bel problema quando si devono adattare prodotti audiovisivi. «La conversione è in primo luogo un’opera artistica e culturale – dice il traduttore Leonardo Marcello Pignataro – Molti fan rimproverano una mancanza di aderenza all’originale, ma quello che conta è il senso e la riuscita complessiva del lavoro». L’adattatore Matteo Amandola è dello stesso avviso: «Non dobbiamo dimenticarci del ruolo educativo del nostro mestiere. I bambini imparano la lingua dai cartoni animati, ma non solo. Tutti noi ne siamo continuamente condizionati. Prendiamo "realize": per facilità, si traduce spesso con realizzare, anche se di pratico non realizziamo nulla, semmai ci costruiamo un’opinione». Per questo è fondamentale il rapporto tra il traduttore e l’adattatore: «Purtroppo i traduttori sono figure escluse dal contratto collettivo e non beneficiano delle royalties, ma il nostro lavoro congiunto è basilare». Soprattutto quando si lavora su una serie pluripremiata come Il trono di spade. «I tempi sono strettissimi – continua Pignataro – e le ingerenze della casa di produzione a volte pregiudicano la riuscita del lavoro, che non sempre mantiene standard elevati». Sempre più alto è, infatti, il numero delle persone che scelgono di guardare un film o una serie in lingua originale: «Internet – conclude Amandola – ha profondamente cambiato il nostro mestiere e la percezione che ne hanno le persone. Da una parte ci ha spinto ad elevare la qualità e l’aderenza all’originale, ma non dobbiamo dimenticare il lato artistico della nostra professione. Per fortuna, poi, non si traduce sempre dall’inglese». Tradurre e adattare sono arti invisibili, ma senza le quali molti capolavori si sarebbero smarriti. L’inglese sarà pure concreto e diretto, ma per qualche sentimento, almeno, non c’è lingua migliore dell’italiano. Adattare, tradurre e costruire significati. I complementari mestieri dietro Il Trono di Spade (dalla Redazione)
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Gli anglosassoni sono persone dirette: quando dicono qualcosa, lo fanno senza tanti giri di parole. Noi italiani, di parole, ne usiamo circa il 25% in più. Bel problema quando si devono adattare prodotti audiovisivi. «La conversione è in primo luogo un’opera artistica e culturale – dice il traduttore Leonardo Marcello Pignataro – Molti fan rimproverano una mancanza di aderenza all’originale, ma quello che conta è il senso e la riuscita complessiva del lavoro». L’adattatore Matteo Amandola è dello stesso avviso: «Non dobbiamo dimenticarci del ruolo educativo del nostro mestiere. I bambini imparano la lingua dai cartoni animati, ma non solo. Tutti noi ne siamo continuamente condizionati. Prendiamo “realize”: per facilità, si traduce spesso con realizzare, anche se di pratico non realizziamo nulla, semmai ci costruiamo un’opinione». Per questo è fondamentale il rapporto tra il traduttore e l’adattatore: «Purtroppo i traduttori sono figure escluse dal contratto collettivo e non beneficiano delle royalties, ma il nostro lavoro congiunto è basilare». Soprattutto quando si lavora su una serie pluripremiata come Il trono di spade. «I tempi sono strettissimi – continua Pignataro – e le ingerenze della casa di produzione a volte pregiudicano la riuscita del lavoro, che non sempre mantiene standard elevati». Sempre più alto è, infatti, il numero delle persone che scelgono di guardare un film o una serie in lingua originale: «Internet – conclude Amandola – ha profondamente cambiato il nostro mestiere e la percezione che ne hanno le persone. Da una parte ci ha spinto ad elevare la qualità e l’aderenza all’originale, ma non dobbiamo dimenticare il lato artistico della nostra professione. Per fortuna, poi, non si traduce sempre dall’inglese». Tradurre e adattare sono arti invisibili, ma senza le quali molti capolavori si sarebbero smarriti. L’inglese sarà pure concreto e diretto, ma per qualche sentimento, almeno, non c’è lingua migliore dell’italiano.

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Di: Un uomo, una famiglia, una vendetta. Luis Sepulveda ci accompagna nel romanzo di Miguel Rojo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476071 Un uomo, una famiglia, una vendetta. Luis Sepulveda ci accompagna nel romanzo di Miguel Rojo Sun, 12 May 2019 15:48:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476071 Luis Sepulveda ci accompagna nel romanzo di Miguel Rojo (dalla Redazione) - Ci sono lati dell’animo umano nascosti anche alla letteratura. La vendetta è uno di questi. «Gli ultimi esempi sono in Shakespeare», commenta Luis Sepulveda, «La vendetta è quasi assente nella letteratura contemporanea». Come può un autore entrare nei meccanismi più contorti dell’essere umano? È quello che è riuscito a fare Miguel Rojo nel suo ultimo romanzo Ti starò sempre accanto (Guanda Editore). «Non è stato semplice – ha confessato – Per due anni e mezzo mi sono immerso nella pelle del protagonista, cercando di sentire come lui, vedere come lui». Esercizio complesso, soprattutto se il protagonista in questione è un uomo che, per vendicare il tradimento della moglie, scappa con il figlio in un folle viaggio suicida. «L’idea mi è venuta da un fatto di cronaca – spiega Rojo – poi ho elaborato la storia. Il finale, infatti, è diverso». Quando si riflette in un autore, la realtà viene letta, filtrata e approfondita. Come un fascio di luce che attraversa un prisma. «Gli scrittori vedono altre dimensioni attorno alla realtà – ammette in italiano Sepulveda – Non è mai bidimensionale. E’ una costruzione articolata, pentadimensionale, multidimensionale». Per il romanzo, Rojo è sceso nelle profondità di se stesso. «Scrivere è un’avventura, un viaggio – conclude – Come quando si va in barca. Si conosce il porto di partenza e quello di arrivo, ma nel mezzo, tempeste, nubifragi, iceberg possono cambiare la rotta. È quello che è successo in Ti starò sempre accanto. Più andavo avanti e più il rapporto d’amore tra padre e figlio cresceva. Ci sono stati momenti di dubbio, di crisi interiore. Il padre doveva terminare la sua vendetta?». Tutte le storie che si possano raccontare ruotano attorno lo stesso, semplice nucleo: la famiglia. «Mi sembrava impossibile per un uomo arrivare a tanto. Poi, ho capito che chiunque commetta il male abbia la convinzione di fare la cosa giusta. È stato sicuramente il mio libro più sofferto, ma quello che psicologicamente mi ha coinvolto di più e mi ha dato in cambio le emozioni più intense». Forse, vale davvero la pena conoscere la vendetta. Luis Sepulveda ci accompagna nel romanzo di Miguel Rojo (dalla Redazione)
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Ci sono lati dell’animo umano nascosti anche alla letteratura. La vendetta è uno di questi. «Gli ultimi esempi sono in Shakespeare», commenta Luis Sepulveda, «La vendetta è quasi assente nella letteratura contemporanea». Come può un autore entrare nei meccanismi più contorti
dell’essere umano? È quello che è riuscito a fare Miguel Rojo nel suo ultimo romanzo Ti starò sempre accanto (Guanda Editore). «Non è stato semplice – ha confessato – Per due anni e mezzo mi sono immerso nella pelle del protagonista, cercando di sentire come lui, vedere come lui». Esercizio complesso, soprattutto se il protagonista in questione è un uomo che, per vendicare il tradimento della moglie, scappa con il figlio in un folle viaggio suicida. «L’idea mi è venuta da un fatto di cronaca – spiega Rojo – poi ho elaborato la storia. Il finale, infatti, è diverso».
Quando si riflette in un autore, la realtà viene letta, filtrata e approfondita. Come un fascio di luce che attraversa un prisma. «Gli scrittori vedono altre dimensioni attorno alla realtà – ammette in italiano Sepulveda – Non è mai bidimensionale. E’ una costruzione articolata, pentadimensionale, multidimensionale».
Per il romanzo, Rojo è sceso nelle profondità di se stesso. «Scrivere è un’avventura, un viaggio – conclude – Come quando si va in barca. Si conosce il porto di partenza e quello di arrivo, ma nel mezzo, tempeste, nubifragi, iceberg possono cambiare la rotta. È quello che è successo in
Ti starò sempre accanto. Più andavo avanti e più il rapporto d’amore tra padre e figlio cresceva. Ci sono stati momenti di dubbio, di crisi interiore. Il padre doveva terminare la sua vendetta?».
Tutte le storie che si possano raccontare ruotano attorno lo stesso, semplice nucleo: la famiglia. «Mi sembrava impossibile per un uomo arrivare a tanto. Poi, ho capito che chiunque commetta il male abbia la convinzione di fare la cosa giusta. È stato sicuramente il mio libro più sofferto, ma quello che psicologicamente mi ha coinvolto di più e mi ha dato in cambio le emozioni più intense».
Forse, vale davvero la pena conoscere la vendetta.

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Di: ANTONIO SCURATI: LA LETTERATURA CONTRO IL FASCISMO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476049 ANTONIO SCURATI: LA LETTERATURA CONTRO IL FASCISMO Sun, 12 May 2019 11:48:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476049 L’autore del romanzo su Mussolini lancia il monito al Salone del Libro (dalla Redazione) «Questo libro è essenziale soprattutto in tempi così pieni di insidie e di ritorni al passato. Sono felice che Antonio sia candidato al premio Strega» ha esordito così Francesco Piccolo presentando al Salone Internazionale del Libro Antonio Scurati e il suo M, il figlio del secolo (ed. Bompiani). Scurati ha spiegato le ragioni che lo hanno condotto a scrivere di Mussolini e di fascismo sotto forma di romanzo. Queste ragioni hanno radici lontane: «Sono cresciuto e diventato adulto negli anni Ottanta in una città provinciale come Venezia» ha affermato Scurati. «In quel decennio – ha proseguito – l’imperativo categorico era quello di arricchirsi e consumare, mentre il dibattito politico e ideologico cominciava a fare marcia indietro». Su un aspetto si è poi soffermato: «La mia è l’ultima generazione che si è formata all’ombra della pregiudiziale antifascista con il mito fondante della Resistenza». Col tempo questi pilastri hanno cominciato a scricchiolare ed eccoci arrivati ai nostri giorni. «Scrivendo il mio libro sulla Resistenza, dal titolo Il tempo migliore della nostra vita – ha ricordato – ho cominciato a imbattermi, anche a livello documentaristico, su Mussolini e il fascismo e da lì è scoccata la scintilla». M, il figlio del secolo è storia raccontata sotto forma di letteratura: «Solo così si può raccontare il fascismo in forma spregiudicata e spietata, analizzando sentimenti, pulsioni che con la sola ricerca storiografica non si possono affrontare» ha puntualizzato Scurati. Lo scrittore veneziano ha, quindi, proseguito: «Il fascismo è stato un abominio seduttivo: io ho voluto esprimere fino in fondo la sua carica seduttiva». Sulla stessa lunghezza d’onda Francesco Piccolo, che ha sottolineato: «In tempi in cui un Ministro dell’Interno parla dal balcone da cui si era affacciato Mussolini, la letteratura è quanto mai essenziale come antidoto all’antifascismo. Al contrario della ricerca storiografica, la letteratura è popolare, inclusiva, aperta a tutti». Ne è prova la testimonianza che ha l’autore di M, il figlio del secolo ha portato al pubblico del Salone. «Tra le lettere di apprezzamento per il libro – ha spiegato Scurati – ricordo quella di un signore di 85 anni: mi ha scritto di essere cresciuto in una famiglia povera, di non aver conseguito nemmeno la licenza elementare e di ricordarsi a malapena i tempi del Ventennio: ebbene questo signore mi ha dichiarato che per lui il mio libro è stato una porta aperta per capire cosa è stato il fascismo in tutte le sue sfumature». L’autore del romanzo su Mussolini lancia il monito al Salone del Libro (dalla Redazione)

«Questo libro è essenziale soprattutto in tempi così pieni di insidie e di ritorni al passato. Sono felice che Antonio sia candidato al premio Strega» ha esordito così Francesco Piccolo presentando al Salone Internazionale del Libro Antonio Scurati e il suo M, il figlio del secolo (ed. Bompiani).
Scurati ha spiegato le ragioni che lo hanno condotto a scrivere di Mussolini e di fascismo sotto forma di romanzo. Queste ragioni hanno radici lontane: «Sono cresciuto e diventato adulto negli anni Ottanta in una città provinciale come Venezia» ha affermato Scurati. «In quel decennio – ha
proseguito – l’imperativo categorico era quello di arricchirsi e consumare, mentre il dibattito politico e ideologico cominciava a fare marcia indietro». Su un aspetto si è poi soffermato: «La mia è l’ultima generazione che si è formata all’ombra della pregiudiziale antifascista con il mito fondante della Resistenza». Col tempo questi pilastri hanno cominciato a scricchiolare ed eccoci arrivati ai nostri giorni.
«Scrivendo il mio libro sulla Resistenza, dal titolo Il tempo migliore della nostra vita – ha ricordato – ho cominciato a imbattermi, anche a livello documentaristico, su Mussolini e il fascismo e da lì è scoccata la scintilla». M, il figlio del secolo è storia raccontata sotto forma di letteratura:
«Solo così si può raccontare il fascismo in forma spregiudicata e spietata, analizzando sentimenti, pulsioni che con la sola ricerca storiografica non si possono affrontare» ha puntualizzato Scurati. Lo scrittore veneziano ha, quindi, proseguito: «Il fascismo è stato un abominio seduttivo: io ho
voluto esprimere fino in fondo la sua carica seduttiva».
Sulla stessa lunghezza d’onda Francesco Piccolo, che ha sottolineato: «In tempi in cui un Ministro dell’Interno parla dal balcone da cui si era affacciato Mussolini, la letteratura è quanto mai essenziale come antidoto all’antifascismo. Al contrario della ricerca storiografica, la letteratura è
popolare, inclusiva, aperta a tutti».
Ne è prova la testimonianza che ha l’autore di M, il figlio del secolo ha portato al pubblico del Salone. «Tra le lettere di apprezzamento per il libro – ha spiegato Scurati – ricordo quella di un signore di 85 anni: mi ha scritto di essere cresciuto in una famiglia povera, di non aver conseguito
nemmeno la licenza elementare e di ricordarsi a malapena i tempi del Ventennio: ebbene questo signore mi ha dichiarato che per lui il mio libro è stato una porta aperta per capire cosa è stato il fascismo in tutte le sue sfumature».

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Di: ROBERTO CALASSO E JORGE HERRALDE: MAESTRI DELL’EDITORIA http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476048 ROBERTO CALASSO E JORGE HERRALDE: MAESTRI DELL’EDITORIA Sun, 12 May 2019 11:47:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476048 Le anime di Adelphi e Anagrama a confronto, tra nostalgia e sfide del futuro (dalla Redazione) «Chi ama i libri e l’editoria non può perdersi questo incontro» ha esordito il direttore del Salone del libro Nicola Lagioia nel presentate l’appuntamento con Roberto Calasso e Jorge Herralde. Sul palco si sono confrontati due pesi massimi dell’editoria europea, per quanto riguarda forza visionaria, coraggio e amore incondizionato per il libro e per la sua funzione. Il primo a prendere il microfono è stato Jorge Herralde, fondatore della casa editrice Anagrama che quest’anno spegne cinquanta candeline. Herralde ha riportato agli anni Sessanta, quando nella viscere della Spagna, soffocata dalla cappa del regime franchista, brulicava una movida di idee e fermenti. Per questa movida Anagrama è stato un faro di libertà e creatività: «Pubblicavamo saggi di autori della sinistra eterodossa – ha commentato Herralde – era il nostro modo per collegarci ai fermenti politici e sociali che scuotevano l’Europa e gli Stati Uniti; per noi in Spagna era tutto più difficile e nello stesso tempo affascinante perché al governo c’era Franco». Sono anni di incontri e di suggestioni; in questo contesto, avviene quello tra Herralde e Roberto Calasso: «Sono stato subito impressionato dalla profonda cultura di Roberto – ha riconosciuto Jorge Herralde. Non è mancato lo scambio di complimenti, sinceri, senza alcuna ombra di ruffianeria: «La qualità che apprezzo di più in Jorge è la sua strenua ironia» ha confessato Calasso. Il presidente di Adelphi ha puntualizzato: «Quest’ironia ha permesso a Jorge di attraversare gli alti e bassi della sua casa editrice senza scoraggiarsi, sapendo andare oltre alla critica della saggistica e fare di Anagrama un riferimento per la narrativa di lingua spagnola». Herralde ha contraccambiato, riconoscendo il punto vincente di Adelphi: «Ci sono autori che nel resto del mondo non vendono un libro, pubblicati da Adelphi, in Italia diventano best seller: uno di questi è stato Georges Simenon con il commissario Maigret. Mi sono sempre chiesto come Roberto riesca a compiere questo miracolo» ha sottolineato Jorge Herralde. L’accento, quindi, è stato posto sulla trasformazione del mestiere dell’editore: «Non ci sono più figure come un Giulio Einaudi che seguiva tutte le fasi della produzione del libro, dedicandosi perfino alla copertina, oggi è tutto segmentato» ha affermato Roberto Calasso. Ha, quindi, ammonito: «Attenzione a quello che io definisco il ‘Nightmare team’ formato da colossi come Google, Facebook, Apple e Amazon: sono editori e si muovono come tali. È una realtà con cui dobbiamo fare i conti». Un punto, questo, su cui si è detto d’accordo Herralde che ha ironizzato: «Vedo molto appiattimento nel nostro settore: negli anni settanta ero affascinato dall’atmosfera che si respirava alla Buchmesse di Francoforte tanto che avevo giurato a me stesso di far spargere le mie ceneri nelle acque del Meno. Oggi ho cambiato idea». Le anime di Adelphi e Anagrama a confronto, tra nostalgia e sfide del futuro (dalla Redazione)

«Chi ama i libri e l’editoria non può perdersi questo incontro» ha esordito il direttore del Salone del libro Nicola Lagioia nel presentate l’appuntamento con Roberto Calasso e Jorge Herralde.
Sul palco si sono confrontati due pesi massimi dell’editoria europea, per quanto riguarda forza visionaria, coraggio e amore incondizionato per il libro e per la sua funzione.
Il primo a prendere il microfono è stato Jorge Herralde, fondatore della casa editrice Anagrama che quest’anno spegne cinquanta candeline. Herralde ha riportato agli anni Sessanta, quando nella viscere della Spagna, soffocata dalla cappa del regime franchista, brulicava una movida di
idee e fermenti. Per questa movida Anagrama è stato un faro di libertà e creatività: «Pubblicavamo saggi di autori della sinistra eterodossa – ha commentato Herralde – era il nostro modo per collegarci ai fermenti politici e sociali che scuotevano l’Europa e gli Stati Uniti; per noi in Spagna era tutto più difficile e nello stesso tempo affascinante perché al governo c’era Franco».
Sono anni di incontri e di suggestioni; in questo contesto, avviene quello tra Herralde e Roberto Calasso: «Sono stato subito impressionato dalla profonda cultura di Roberto – ha riconosciuto Jorge Herralde.
Non è mancato lo scambio di complimenti, sinceri, senza alcuna ombra di ruffianeria: «La qualità che apprezzo di più in Jorge è la sua strenua ironia» ha confessato Calasso. Il presidente di Adelphi ha puntualizzato: «Quest’ironia ha permesso a Jorge di attraversare gli alti e bassi della sua casa editrice senza scoraggiarsi, sapendo andare oltre alla critica della saggistica e fare di Anagrama un riferimento per la narrativa di lingua spagnola».
Herralde ha contraccambiato, riconoscendo il punto vincente di Adelphi: «Ci sono autori che nel resto del mondo non vendono un libro, pubblicati da Adelphi, in Italia diventano best seller: uno di questi è stato Georges Simenon con il commissario Maigret. Mi sono sempre chiesto come
Roberto riesca a compiere questo miracolo» ha sottolineato Jorge Herralde.
L’accento, quindi, è stato posto sulla trasformazione del mestiere dell’editore: «Non ci sono più figure come un Giulio Einaudi che seguiva tutte le fasi della produzione del libro, dedicandosi perfino alla copertina, oggi è tutto segmentato» ha affermato Roberto Calasso. Ha, quindi, ammonito: «Attenzione a quello che io definisco il ‘Nightmare team’ formato da colossi come Google, Facebook, Apple e Amazon: sono editori e si muovono come tali. È una realtà con cui dobbiamo fare i conti». Un punto, questo, su cui si è detto d’accordo Herralde che ha ironizzato: «Vedo molto appiattimento nel nostro settore: negli anni settanta ero affascinato dall’atmosfera che si respirava alla Buchmesse di Francoforte tanto che avevo giurato a me stesso di far spargere le mie ceneri nelle acque del Meno. Oggi ho cambiato idea».

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Di: Jovanotti si racconta al pubblico http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476047 Jovanotti si racconta al pubblico Sun, 12 May 2019 11:45:24 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476047 L’amato cantautore Lorenzo Cherubini racconta in modo stravagante le proprie passioni, dalla musica al cinema (dalla Redazione) Se non sei cresciuto negli anni '90 non sai cosa sia l’ombelico del mondo, il centro del mondo di cui parlava Jova. Il nuovo millenio, lo stravolgimento dei numeri, il tempo che passa. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, è uno dei più amati cantautori italiani, è nato a Roma, ha iniziato come rapper e disc jockey, come si diceva un po’ di tempo fa. Da allora di anni ne sono passati quasi una trentina, eppure la grinta che il cantante trasmette sul palco del Salone, dialogando con Giordano Meacci, sembra essere rimasta la stessa. Talmente tanto che quest’anno Jovanotti si prepara ad un tour unico: il Jova Beach Party, una grande festa che quest’estate vedrà protagoniste le principali spiagge italiane. «Voglio rimanere attaccato alla vita - spiega Jovanotti - e alla musica, sono come una droga, quella sensazione lì che provi quando scrivi ti dà talmente tanto che la vuoi riprovare, è quasi un orgasmo.» Il cantautore che oggi riempie stadi e palazzetti parla di letture, viaggi, canzoni, mettendoci sempre quella vena alternativa di chi si presenta all’incontro con una camicia hawaiana e un cappello da cowboy. Amante di Conrad e Tarantino, rimane incurante dell’età e degli schemi sociali. In merito alle proprie passioni parla di musica, ma anche di viaggi, le terre lontane del suo amato spagnolo, e di migrazioni, tema che gli sta particolarmente a cuore. «Non credo nel risentimento come forza positiva­ – racconta - per raggiungere un risultato. Non credo nel conflitto, non funziona con me. Non mi piace lo scontro, preferisco l’incontro con gli altri. È bello pensare che l’incontro con gli altri mi arricchisca, che gli altri mi arricchiscano, magari di problemi, ma mi arricchiscono.» In tema di libri, oltre a On the Road di Kerouac, il suo preferito è Cuore di tenebra, tra quelli scritti da autori stranieri è quello che più ha lasciato un segno. Eppure ammette: «Non credo tanto nei consigli letterari – dice – bisogna inciampare nei libri. Un po’ come con le fidanzate.» Quando Meacci gli chiede se ci sia ancora la passione della lettura, se riesca ancora a godersela, Jova risponde assolutamente sì: «Io non seguo le cose morte, ma le cose vive, le immagini dinamiche, come la lettura. C’è un premio quando finisci di leggere un libro, sai una cosa che prima non sapevi, e per me è il massimo.» Un dialogo intenso da cui emerge un ritratto di un personaggio che ci tiene a rimanere ciò che è sempre stato, Lorenzo Cherubini, al di là di ciò che gli altri si aspetterebbero da lui. «Al mio trentesimo compleanno il 27 settembre di qualche anno fa – conclude –, ci rimasi male perché la stampa mi dipinse come una persona che non ero. Voglio continuare ad essere Jovanotti, a fare le cose serie, ma alla Jovanotti». L’ombelico del mondo ancora balla a ritmo della sua musica. L’amato cantautore Lorenzo Cherubini racconta in modo stravagante le proprie passioni, dalla musica al cinema (dalla Redazione)

Se non sei cresciuto negli anni ‘90 non sai cosa sia l’ombelico del mondo, il centro del mondo di cui parlava Jova. Il nuovo millenio, lo stravolgimento dei numeri, il tempo che passa. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, è uno dei più amati cantautori italiani, è nato a Roma, ha iniziato come rapper e disc jockey, come si diceva un po’ di tempo fa. Da allora di anni ne sono passati quasi una trentina, eppure la grinta che il cantante trasmette sul palco del Salone, dialogando con Giordano Meacci, sembra essere rimasta la stessa. Talmente tanto che quest’anno Jovanotti si prepara ad un tour unico: il Jova Beach Party, una grande festa che quest’estate vedrà protagoniste le principali spiagge italiane.

«Voglio rimanere attaccato alla vita – spiega Jovanotti – e alla musica, sono come una droga, quella sensazione lì che provi quando scrivi ti dà talmente tanto che la vuoi riprovare, è quasi un orgasmo.» Il cantautore che oggi riempie stadi e palazzetti parla di letture, viaggi, canzoni, mettendoci sempre quella vena alternativa di chi si presenta all’incontro con una camicia hawaiana e un cappello da cowboy. Amante di Conrad e Tarantino, rimane incurante dell’età e degli schemi sociali.

In merito alle proprie passioni parla di musica, ma anche di viaggi, le terre lontane del suo amato spagnolo, e di migrazioni, tema che gli sta particolarmente a cuore. «Non credo nel risentimento come forza positiva­ – racconta – per raggiungere un risultato. Non credo nel conflitto, non funziona con me. Non mi piace lo scontro, preferisco l’incontro con gli altri. È bello pensare che l’incontro con gli altri mi arricchisca, che gli altri mi arricchiscano, magari di problemi, ma mi arricchiscono.»

In tema di libri, oltre a On the Road di Kerouac, il suo preferito è Cuore di tenebra, tra quelli scritti da autori stranieri è quello che più ha lasciato un segno. Eppure ammette: «Non credo tanto nei consigli letterari – dice – bisogna inciampare nei libri. Un po’ come con le fidanzate.» Quando Meacci gli chiede se ci sia ancora la passione della lettura, se riesca ancora a godersela, Jova risponde assolutamente sì: «Io non seguo le cose morte, ma le cose vive, le immagini dinamiche, come la lettura. C’è un premio quando finisci di leggere un libro, sai una cosa che prima non sapevi, e per me è il massimo.»

Un dialogo intenso da cui emerge un ritratto di un personaggio che ci tiene a rimanere ciò che è sempre stato, Lorenzo Cherubini, al di là di ciò che gli altri si aspetterebbero da lui. «Al mio trentesimo compleanno il 27 settembre di qualche anno fa – conclude –, ci rimasi male perché la stampa mi dipinse come una persona che non ero. Voglio continuare ad essere Jovanotti, a fare le cose serie, ma alla Jovanotti». L’ombelico del mondo ancora balla a ritmo della sua musica.

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Di: Le storie dei naufraghi ricostruite da Cristina Cattaneo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476045 Le storie dei naufraghi ricostruite da Cristina Cattaneo Sun, 12 May 2019 11:44:08 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476045 L’antropologa forense raccoglie in un libro le vite dei morti senza nome nel Mediterraneo (dalla Redazione) «Chi siamo noi uomini? Plauto dice “homo hominis lupus”, Cecilio Stazio ribatte: “homo hominis deus”. Dunque, che cosa siamo? Siamo anche i nostri oggetti, siamo una pagella scolastica cucita nella giacca». Con queste parole il teologo Vito Mancuso introduce il libro di Cristina Cattaneo, Naufraghi senza volto. Dare un nome alle vittime del Mediterraneo (Raffaello Cortina Editore). L’antropologa forense e medico legale raccoglie l’assist. Gli oggetti, piccoli oggetti quotidiani, così come l’analisi dei cadaveri, talvolta di quel che ne resta, permettono di ricostruire le loro vite. E restituire un nome ai naufraghi, identificare i cadaveri è importante, soprattutto per i vivi, per restituire i corpi ai famigliari. «Poter seppellire i morti è fondamentale, fa parte della nostra cultura, ci serve per elaborare il lutto – sottolinea Cristina –. Quello del Mediterraneo è il disastro umanitario più grande del dopoguerra, eppure nessuno accorreva per restituire un’identità ai morti». Ci pensa ora Cristina Cattaneo, dando vita a una sorta di Spoon River del Mediterraneo. Un lavoro di ricerca, lungo, complesso e collettivo. «Il disastro del 18 aprile 2015, in cui hanno perso la vita un migliaio di persone, si porta dietro due storie importanti. Oltre a quelle raccontate dai morti e dai loro oggetti, che stiamo ancora cercando di ricostruire, c’è un’altra storia molto bella. La storia di un gruppo di persone, di un pezzo di Italia che ha abbracciato quel disastro, dando prova di una grande altruismo. La Marina Militare, i Vigili del Fuoco, studiosi e ricercatori universitari si sono messi a disposizione per ricostruire quelle storie – spiega Cattaneo –. I Vigili del Fuoco avevano l’ingrato compito di estrarre i cadaveri dal barcone, corpi in decomposizione; ma quando hanno capito che il loro gesto era il primo di un percorso che avrebbe permesso di restituire i morti ai propri cari, si sono dedicati anima e corpo al loro compito». Scende un religioso silenzio nella Sala Rossa. Lo rompe, quasi sussurrando, Vito Mancuso, che torna alla domanda con cui aveva aperto l’incontro: «Che cosa siamo? Siamo quello che decidiamo di essere. Sulla base di cosa lo decidiamo? Dipende da come guardiamo. E se impariamo a guardare, non possiamo più essere razzisti». L’antropologa forense raccoglie in un libro le vite dei morti senza nome nel Mediterraneo (dalla Redazione)

«Chi siamo noi uomini? Plauto dice “homo hominis lupus”, Cecilio Stazio ribatte: “homo hominis deus”. Dunque, che cosa siamo? Siamo anche i nostri oggetti, siamo una pagella scolastica cucita nella giacca». Con queste parole il teologo Vito Mancuso introduce il libro di Cristina Cattaneo, Naufraghi senza volto. Dare un nome alle vittime del Mediterraneo (Raffaello Cortina Editore).

L’antropologa forense e medico legale raccoglie l’assist. Gli oggetti, piccoli oggetti quotidiani, così come l’analisi dei cadaveri, talvolta di quel che ne resta, permettono di ricostruire le loro vite. E restituire un nome ai naufraghi, identificare i cadaveri è importante, soprattutto per i vivi, per restituire i corpi ai famigliari. «Poter seppellire i morti è fondamentale, fa parte della nostra cultura, ci serve per elaborare il lutto – sottolinea Cristina –. Quello del Mediterraneo è il disastro umanitario più grande del dopoguerra, eppure nessuno accorreva per restituire un’identità ai morti».

Ci pensa ora Cristina Cattaneo, dando vita a una sorta di Spoon River del Mediterraneo. Un lavoro di ricerca, lungo, complesso e collettivo. «Il disastro del 18 aprile 2015, in cui hanno perso la vita un migliaio di persone, si porta dietro due storie importanti. Oltre a quelle raccontate dai morti e dai loro oggetti, che stiamo ancora cercando di ricostruire, c’è un’altra storia molto bella. La storia di un gruppo di persone, di un pezzo di Italia che ha abbracciato quel disastro, dando prova di una grande altruismo. La Marina Militare, i Vigili del Fuoco, studiosi e ricercatori universitari si sono messi a disposizione per ricostruire quelle storie – spiega Cattaneo –. I Vigili del Fuoco avevano l’ingrato compito di estrarre i cadaveri dal barcone, corpi in decomposizione; ma quando hanno capito che il loro gesto era il primo di un percorso che avrebbe permesso di restituire i morti ai propri cari, si sono dedicati anima e corpo al loro compito».

Scende un religioso silenzio nella Sala Rossa. Lo rompe, quasi sussurrando, Vito Mancuso, che torna alla domanda con cui aveva aperto l’incontro: «Che cosa siamo? Siamo quello che decidiamo di essere. Sulla base di cosa lo decidiamo? Dipende da come guardiamo. E se impariamo a guardare, non possiamo più essere razzisti».

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Di: La scrittrice Masha Gessen racconta la Russia http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1476044 La scrittrice Masha Gessen racconta la Russia Sun, 12 May 2019 11:43:39 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1476044 Un viaggio romanzesco della storia della Russia post-sovietica, attraverso le storie di persone realmente esistite che hanno creduto nella democrazia vedendo il proprio sogno infrangersi (dalla Redazione) Un grande romanzo russo, visto con gli occhi di chi la Russia l’ha vissuta e vista nella quotidianità della propria vita. Questo si trova tra le pagine del libro Il futuro è storia (Sellerio) di Masha Gessen, una delle giornaliste e scrittrici russe più apprezzate dei nostri tempi. La giornalista ha dialogato al Salone del Libro riguardo del proprio romanzo, che ha vinto National Book Award nel 2017, insieme a Rosalba Catelletti e Adriano Sofri. «Io non l’avrei saputo scrivere, questo è il sentimento che ho provato dalla pagina 50 a quella 150.» Inizia Sofri, che apprezza la capacità della scrittrice di raccontare uno scenario politico e sociale, e una storia conosciuta da tutti, attraverso storie di cittadini realmente esistiti. La giornalista del The New Yorker viene definita come una delle migliori osservatrici del mondo contemporaneo russo: nata e cresciuta a Mosca, si è trasferita negli USA all’età di 14 anni, per poi tornare nella sua patria. Era partita per raccontare la storia di una democrazia che stava per nascere e non è mai nata, ha narrato la fine di un’illusione. I protagonisti sono sette personaggi, filosofi, intellettuali, ma anche gente comune, un gruppo di loro è diventato grande mentre il sogno della democrazia falliva. Gli altri, di una generazione più giovane, hanno vissuto e conosciuto il comunismo sovietico. Micro e macro si incrociano e tessono la trama di un grande romanzo in cui partendo dalle storie personali dei protagonisti, si dà una visione generale della Russia, attraverso l’aiuto di un sociologo, una psicologa e un filosofo. Si parla di società e psicoanalisi: il regime sovietico ha allontanato sociologi e filosofi dal campo sociale, la filosofia venne limitata, e la sociologia annichilita. «Se questo uomo nuovo doveva nascere – racconta la Gessen - doveva esistere in armonia nella società, in quell’ideologia non c’era spazio per la psicologia. Eppure io credo che senza gli strumenti per conoscere se stessi la società non può progredire.E’ per questo che ho deciso di scrivere questo romanzo. Ho parlato con le persone, la cui vita è cambiata radicalmente dopo l’ascesa di Putin. Abbiamo trascorso – conclude l’autrice - decine e decine di ore insieme, volevo conoscere gli odori, volevo che il libro venisse dall’interno dei loro pensieri, che ricostruissero le sensazioni di allora, la storia della Russia». Un viaggio romanzesco della storia della Russia post-sovietica, attraverso le storie di persone realmente esistite che hanno creduto nella democrazia vedendo il proprio sogno infrangersi (dalla Redazione)

Un grande romanzo russo, visto con gli occhi di chi la Russia l’ha vissuta e vista nella quotidianità della propria vita. Questo si trova tra le pagine del libro Il futuro è storia (Sellerio) di Masha Gessen, una delle giornaliste e scrittrici russe più apprezzate dei nostri tempi. La giornalista ha dialogato al Salone del Libro riguardo del proprio romanzo, che ha vinto National Book Award nel 2017, insieme a Rosalba Catelletti e Adriano Sofri.

«Io non l’avrei saputo scrivere, questo è il sentimento che ho provato dalla pagina 50 a quella 150.» Inizia Sofri, che apprezza la capacità della scrittrice di raccontare uno scenario politico e sociale, e una storia conosciuta da tutti, attraverso storie di cittadini realmente esistiti.

La giornalista del The New Yorker viene definita come una delle migliori osservatrici del mondo contemporaneo russo: nata e cresciuta a Mosca, si è trasferita negli USA all’età di 14 anni, per poi tornare nella sua patria. Era partita per raccontare la storia di una democrazia che stava per nascere e non è mai nata, ha narrato la fine di un’illusione.

I protagonisti sono sette personaggi, filosofi, intellettuali, ma anche gente comune, un gruppo di loro è diventato grande mentre il sogno della democrazia falliva. Gli altri, di una generazione più giovane, hanno vissuto e conosciuto il comunismo sovietico. Micro e macro si incrociano e tessono la trama di un grande romanzo in cui partendo dalle storie personali dei protagonisti, si dà una visione generale della Russia, attraverso l’aiuto di un sociologo, una psicologa e un filosofo.

Si parla di società e psicoanalisi: il regime sovietico ha allontanato sociologi e filosofi dal campo sociale, la filosofia venne limitata, e la sociologia annichilita. «Se questo uomo nuovo doveva nascere – racconta la Gessen – doveva esistere in armonia nella società, in quell’ideologia non c’era spazio per la psicologia. Eppure io credo che senza gli strumenti per conoscere se stessi la società non può progredire.E’ per questo che ho deciso di scrivere questo romanzo. Ho parlato con le persone, la cui vita è cambiata radicalmente dopo l’ascesa di Putin. Abbiamo trascorso – conclude l’autrice – decine e decine di ore insieme, volevo conoscere gli odori, volevo che il libro venisse dall’interno dei loro pensieri, che ricostruissero le sensazioni di allora, la storia della Russia».

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Di: Quella “razzializzazione” che crea disumanizzazione http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475848 Quella “razzializzazione” che crea disumanizzazione Sat, 11 May 2019 15:23:49 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475848 Aboubakar Soumahoro presenta la sua Umanità in rivolta Umanità in rivolta (Feltrinelli) è la lotta per i diritti e il rispetto della persona umana. Un'opera scritta dalla penna di Aboubakar Soumahoro, responsabile sindacale dell'USB - Unione Sindacale di Base -, nato in Costa d'Avorio ma in Italia da vent'anni. Autobiografia politica, quella raccontata nel libro, che vuole raccogliere un momento di riflessione e condivisione, per capire chi mette in piedi l'attuale struttura disumanizzante. Quella struttura per cui gli uomini e donne che la subiscono sono ritenuti soggetti diversi e così messi all'angolo. «Scrivo della mia vita - confida Soumahoro alla folla di uditori accorsa in Sala Oro - per raccontare ciò che ho incontrato nel mio percorso, sperando che possa essere utile per comprendere. E questo perché per reclamare un diritto bisogna conoscerlo». Scrive questa storia, esito di un pensiero collettivo, anche per evocare il senso di impotenza e solitudine che si prova quando ci si trova senza guida, nel delicato processo di inserimento nel mondo del lavoro. «La disumanizzazione - continua Soumahoro - si manifesta attraverso fenomeni che possiamo inquadrare nel tema dello sfruttamento, che avviene in un ambito spaziale specifico, quello dell'agricoltura, ma anche temporale, che è il nostro tempo, che fa parte della nostra quotidianità». I protagonisti di questa narrazione sono uomini che si spaccano la schiena nella filiera agricola, e la arricchiscono, «ricevendo in cambio la miseria». Quella stessa miseria che li abbruttisce e li spoglia di dignità e umanità, che li disumanizza. La loro condizione viene a tal punto banalizzata da essere percepita da noi come "normale". Soumahaoro non parla di razzismo, concetto statico, bensì di “razzializzazione”. Venuta meno la tesi della esistenza della razza non è infatti caduto il pensiero sul tema della superiorità razziale. «Quella che racconto in questo libro, è la storia di tante persone chiuse in un corridoio stretto, senza dimensione fisica visibile, che cercano di far capire alla società che anche loro sono esseri umani. La “razzializzazione” è quel paradigma economico che continua ad impoverire le popolazioni d'Africa e che sta divorando il cuore dell'Europa». Il problema dei braccianti ha la stessa dimensione di abbruttimento rispetto a quella di un facchino o di una lavoratrice domestica. «Quante persone fanno un doppio lavoro ma non riescono a premettersi colazione e pranzo? La complessità del lavoratore sta nel considerarlo, prima di tutto, un essere umano che va tutelato. Il lavoro, peraltro, non può riassumere l'esistenza della nostra vita. Vogliamo vivere anche di felicità».La lezione di Soumahoro sembra dirci che la direzione verso cui bisogna andare, affinché il divario ricco/povero non aumenti, implica cambiare l'attuale paradigma economico e il quadro valoriale di riferimento. «Noi viviamo, oltre al tema della povertà materiale, anche in una povertà delle coscienze, che spegne in no i quel luogo dove si sviluppa il cambiamento. Ma solo dove non c'è la povertà di coscienza si può rimettere in discussione il presente». In chiusura non è mancato il riferimento all'incontro con Mimmo Lucano, più volte protagonista delle pagine del libro di Soumahoto, descritto come «chi cerca di mettere al centro delle propria esistenza, la salvezza della vita delle persone, ben conscio che se parlare è piacevole, migrare non lo è». Aboubakar Soumahoro presenta la sua Umanità in rivolta

Umanità in rivolta (Feltrinelli) è la lotta per i diritti e il rispetto della persona umana. Un’opera scritta dalla penna di Aboubakar Soumahoro, responsabile sindacale dell’USB – Unione Sindacale di Base -, nato in Costa d’Avorio ma in Italia da vent’anni. Autobiografia politica, quella raccontata nel libro, che vuole raccogliere un momento di riflessione e condivisione, per capire chi mette in piedi l’attuale struttura disumanizzante. Quella struttura per cui gli uomini e donne che la subiscono sono ritenuti soggetti diversi e così messi all’angolo. «Scrivo della mia vita – confida Soumahoro alla folla di uditori accorsa in Sala Oro – per raccontare ciò che ho incontrato nel mio percorso, sperando che possa essere utile per comprendere. E questo perché per reclamare un diritto bisogna conoscerlo». Scrive questa storia, esito di un pensiero collettivo, anche per evocare il senso di impotenza e solitudine che si prova quando ci si trova senza guida, nel delicato processo di inserimento nel mondo del lavoro.
«La disumanizzazione – continua Soumahoro – si manifesta attraverso fenomeni che possiamo inquadrare nel tema dello sfruttamento, che avviene in un ambito spaziale specifico, quello dell’agricoltura, ma anche temporale, che è il nostro tempo, che fa parte della nostra quotidianità». I
protagonisti di questa narrazione sono uomini che si spaccano la schiena nella filiera agricola, e la arricchiscono, «ricevendo in cambio la miseria». Quella stessa miseria che li abbruttisce e li spoglia di dignità e umanità, che li disumanizza. La loro condizione viene a tal punto banalizzata da essere percepita da noi come “normale”. Soumahaoro non parla di razzismo, concetto statico, bensì di “razzializzazione”. Venuta meno la tesi della esistenza della razza non è infatti caduto il pensiero sul tema della superiorità razziale. «Quella che racconto in questo libro, è la storia di tante persone chiuse in un corridoio stretto, senza dimensione fisica visibile, che cercano di far capire alla società che anche loro sono esseri umani. La “razzializzazione” è quel paradigma economico che continua ad impoverire le popolazioni d’Africa e che sta divorando il cuore dell’Europa».
Il problema dei braccianti ha la stessa dimensione di abbruttimento rispetto a quella di un facchino o di una lavoratrice domestica. «Quante persone fanno un doppio lavoro ma non riescono a premettersi colazione e pranzo? La complessità del lavoratore sta nel considerarlo, prima di tutto, un essere umano che va tutelato. Il lavoro, peraltro, non può riassumere l’esistenza della nostra vita. Vogliamo vivere anche di felicità».La lezione di Soumahoro sembra dirci che la direzione verso cui bisogna andare, affinché il divario ricco/povero non aumenti, implica cambiare l’attuale paradigma economico e il quadro valoriale di riferimento. «Noi viviamo, oltre al tema della povertà materiale, anche in una povertà delle coscienze, che spegne in no i quel luogo dove si sviluppa il cambiamento. Ma solo dove non c’è la povertà di coscienza si può rimettere in discussione il presente».
In chiusura non è mancato il riferimento all’incontro con Mimmo Lucano, più volte protagonista delle pagine del libro di Soumahoto, descritto come «chi cerca di mettere al centro delle propria esistenza, la salvezza della vita delle persone, ben conscio che se parlare è piacevole, migrare non lo è».

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Di: Lo vuoi un palloncino? Le traduzioni, il Maine e i pagliacci. Luca Briasco racconta cosa significa tradurre Stephen King http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475847 Lo vuoi un palloncino? Le traduzioni, il Maine e i pagliacci. Luca Briasco racconta cosa significa tradurre Stephen King Sat, 11 May 2019 15:23:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475847 Le traduzioni, il Maine e i pagliacci. Luca Briasco racconta cosa significa tradurre Stephen King (dalla Redazione) La parola tradurre deriva dal latino traducere e significa trasportare. Dove ci portano le traduzioni? «Non solo da una lingua a una altra, ma in altri universi», dice Luca Briasco, traduttore di molti, ma soprattutto di Stephen King, il re dell’orrore. «King non è però solo horror - è sicuro Briasco - è un autore a tutto tondo, profondo. Molti dicono che il grande capolavoro della letteratura americana sia Moby Dick, ed hanno ragione, ma It non va così lontano». Chiamatemi il pagliaccio. Tradurre, però, è anche un compito delicato e, a dispetto di quanto si possa pensare, molto personale. «La trasposizione di significato perfettamente aderente è impossibile. Ogni traduttore ha le sue caratteristiche. Per quello non si dovrebbero tradurre gli scrittori che si amano, si correrebbe il rischio di non essere mai soddisfatti, rendendo impossibile la traduzione». Più che trasporto, sembra una mediazione. Un lavoro minuzioso e artigianale dove occorre metodo. «Il metodo manca anche a molti scrittori italiani. Nella struttura, soprattutto. Leggendo come editor romanzi nostrani, appaiono spesso personaggi dal nulla. In King, invece, c’è un lavoro molto dettagliato sulla trama e sulla caratterizzazione dei personaggi meno rilevanti. Ogni personaggio ha la sua lingua, il suo modo di parlare». E in tutto ciò, come si comporta il traduttore? «Questa è la vera natura del mestiere. Il traduttore non crea ex nihil, ma permette di esistere», conclude Briasco Do you want a balloon? Le traduzioni, il Maine e i pagliacci. Luca Briasco racconta cosa significa tradurre Stephen King (dalla Redazione)

La parola tradurre deriva dal latino traducere e significa trasportare.
Dove ci portano le traduzioni? «Non solo da una lingua a una altra, ma in altri universi», dice Luca Briasco, traduttore di molti, ma soprattutto di Stephen King, il re dell’orrore. «King non è però solo horror – è sicuro Briasco – è un autore a tutto tondo, profondo. Molti dicono che il grande capolavoro della letteratura americana sia Moby Dick, ed hanno ragione, ma It non va così lontano». Chiamatemi il pagliaccio.
Tradurre, però, è anche un compito delicato e, a dispetto di quanto si possa pensare, molto personale. «La trasposizione di significato perfettamente aderente è impossibile. Ogni traduttore ha le sue caratteristiche. Per quello non si dovrebbero tradurre gli scrittori che si amano, si correrebbe il rischio di non essere mai soddisfatti, rendendo impossibile la traduzione». Più che trasporto, sembra una mediazione. Un lavoro minuzioso e artigianale dove occorre metodo. «Il metodo manca anche a molti scrittori italiani. Nella struttura, soprattutto. Leggendo come editor romanzi nostrani, appaiono spesso personaggi dal nulla. In King, invece, c’è un lavoro molto dettagliato sulla trama e sulla caratterizzazione dei personaggi meno rilevanti. Ogni personaggio ha la sua lingua, il suo modo di parlare». E in tutto ciò, come si comporta il traduttore? «Questa è la vera natura del mestiere. Il traduttore non crea ex nihil, ma permette di esistere», conclude Briasco
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Di: Mio padre J.D. Salinger e il posto delle anatre http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475846 Mio padre J.D. Salinger e il posto delle anatre Sat, 11 May 2019 15:22:35 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475846 Conversazione con Matthew Salinger a cento anni dalla nascita del padre (dalla Redazione) A volte nella vita dobbiamo uccidere i nostri padri. Per crescere, per diventare adulti. Edipo ne sa qualcosa. È un processo doloroso e complesso. Se poi tuo padre è uno dei più grandi scrittori della letteratura americana, può essere ancora più doloroso e complesso. Non è stato così per Matthew Robert Salinger, figlio di J.D. Salinger. «Mio padre era una persona riservata. Eravamo una famiglia diversa dalle altre, ma per me era solo un padre», racconta Matt, che nella vita non ha scritto, ma recitato e prodotto film. «Voleva che trovassi una mia voce, lamia voce». C’è un momento, durante la chiacchierata con Loredana Lipperini, in cui Matthew si ferma e osserva un punto in fondo alla sala. «Mi è sempre stato vicino. Era una persona sensibile, sapeva capire al volo quando avevo bisogno di lui, o quando preferivo stare da solo. Si interessava ai miei amici, voleva capire cosa facevamo. Ma soprattutto perché. Ci sono persone che si lamentano di essere figli d’arte. Per me, è stato semplicemente un onore». La via che Salinger si augurava per il figlio non è quella che si possa immaginare. «Non gli interessava che fossi intelligente. Non gli bastava. Anche quando parlavamo di libri, e lo facevamo spesso, non erano discussioni accademiche, intellettuali. Aveva un rapporto con la lettura avventuroso. Ogni storia era un gioco, un viaggio». Cosa c’era alla fine del viaggio? «La saggezza – continua Matthew Salinger –, era quella che mio padre voleva che trovassi». Se c’è qualcosa che il padre ha trasmesso al figlio, è senz’altro la riservatezza. Dopo un racconto uscito nel 1965 sul New Yorker, Salinger smise di pubblicare, ma non di scrivere. Matthew ha trovato e custodito gran parte di quel materiale, ma la raccolta uscirà nel prossimo decennio. «Non posso, e non voglio, rivelare nulla. Mio padre ha smesso di pubblicare per la confusione che generava. La fama, gli editori. Tutto quel rumore lo distraeva. Si svegliava alle tre o alle quattro del mattino e scriveva per cinque ore, poi tornava a dormire. Si svegliava, leggeva, poi scriveva di nuovo». Anche se J.D. Salinger avesse davvero scoperto quel posto dove vanno le anatre d’inverno, noi, molto probabilmente, non lo sapremo mai. Conversazione con Matthew Salinger a cento anni dalla nascita del padre (dalla Redazione)

A volte nella vita dobbiamo uccidere i nostri padri. Per crescere, per diventare adulti. Edipo ne sa qualcosa. È un processo doloroso e complesso. Se poi tuo padre è uno dei più grandi scrittori della letteratura americana, può essere ancora più doloroso e complesso.

Non è stato così per Matthew Robert Salinger, figlio di J.D. Salinger. «Mio padre era una persona riservata. Eravamo una famiglia diversa dalle altre, ma per me era solo un padre», racconta Matt, che nella vita non ha scritto, ma recitato e prodotto film. «Voleva che trovassi una mia voce, lamia voce». C’è un momento, durante la chiacchierata con Loredana Lipperini, in cui Matthew si ferma e osserva un punto in fondo alla sala. «Mi è sempre stato vicino. Era una persona sensibile, sapeva capire al volo quando avevo bisogno di lui, o quando preferivo stare da solo. Si interessava ai miei amici, voleva capire cosa facevamo. Ma soprattutto perché. Ci sono persone che si lamentano di essere figli d’arte. Per me, è stato semplicemente un onore».

La via che Salinger si augurava per il figlio non è quella che si possa immaginare. «Non gli interessava che fossi intelligente. Non gli bastava. Anche quando parlavamo di libri, e lo facevamo spesso, non erano discussioni accademiche, intellettuali. Aveva un rapporto con la lettura avventuroso. Ogni storia era un gioco, un viaggio». Cosa c’era alla fine del viaggio? «La saggezza – continua Matthew Salinger –, era quella che mio padre voleva che trovassi».

Se c’è qualcosa che il padre ha trasmesso al figlio, è senz’altro la riservatezza. Dopo un racconto uscito nel 1965 sul New Yorker, Salinger smise di pubblicare, ma non di scrivere. Matthew ha trovato e custodito gran parte di quel materiale, ma la raccolta uscirà nel prossimo decennio. «Non posso, e non voglio, rivelare nulla. Mio padre ha smesso di pubblicare per la confusione che generava. La fama, gli editori. Tutto quel rumore lo distraeva. Si svegliava alle tre o alle quattro del mattino e scriveva per cinque ore, poi tornava a dormire. Si svegliava, leggeva, poi scriveva di nuovo».

Anche se J.D. Salinger avesse davvero scoperto quel posto dove vanno le anatre d’inverno, noi, molto probabilmente, non lo sapremo mai.

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Di: Il populismo letto da Roberto Saviano e Ece Temelkuran http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475845 Il populismo letto da Roberto Saviano e Ece Temelkuran Sat, 11 May 2019 15:21:47 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475845 La strategia dei leader? Infantilizzare il linguaggio politico per farci credere qualsiasi cosa (dalla Redazione) «Il tuo - dice Roberto Saviano all'autrice di Come sfasciare un paese in sette mosse (Bollati Boringhieri) - è uno sguardo profetico sul mondo talmente prossimo che, guardandoci dentro, trovi ciò che sta per accadere. Le dinamiche della comunicazione politica populista sono qui raccontate con una capacità così profonda da evitare di cadere nello sconforto e iniziare a chiedersi "ma questo è il mio paese? Ci siamo ridotti così?”». Come sfasciare un paese in sette mosse è un laboratorio di idee e prospettive utili a capire come attrezzarsi per evitare il disfacimento di questo mondo. Evocativa, la metafora degli scacchi che si legge tra le sue pagine. Parlare con un populista è come giocare con un piccione: evacuerà sul tavolo da gioco e ribalterà tutte le pedine, senza porsi troppe preoccupazioni. «Questo libro - suggerisce Ece Temelkuran - ci invita ad una conversazione che richiama quella tradizionale e tipica dell'agorà. Il problema è che tutte le agorà si stanno ora trasformando in arene. E questo perché l'insanità politica ha raggiunto anche tutto il tessuto sociale». Nonostante il contenuto serio della conversazione, non manca qualche battuta ironica tra i due letterati. «Sarebbe pazzesco se dopo tutto quello che ho fatto venissi uccisa dalla mafia italiana per causa tua! Ma noi non possiamo arrenderci. Dobbiamo rimanere allegri e fedeli difensori della dignità, delle idee e del pensiero». I parametri che, attualmente, ti definiscono parte del popolo reale cambiano costantemente. Ma, alla fine, tutto si risolve nell'obbedienza totale allo status quo. «Se non si obbedisce ai leader - continua Temelkuran - non sei parte del popolo. Esistono momenti nella storia in cui la banalità può creare uno specifico genere di male. E i leader populisti di destra stanno portando proprio a questo. È il male della banalità che sta prendendo il sopravvento. E, paradossalmente, la banalità diventa l'unica cosa per cui divieni parte del popolo reale». L'incontro di idea e parola, tra Saviano e l'autrice turca, fa riflettere su una umanità che sta attraversando una vera e propria crisi. Ben presto, consigliano all'unisono, bisognerà trovare una nuova moralità per cercare di ridefinirci in nome della libertà di espressione. Molto spesso ciò che è educazione, compromesso, tutto ciò che è analitico, come il libro, proprio perché per natura non immediato, viene valutato non rilevante. Da qui l'infantilizzazione del popolo, per cui la politica tratta l'elettore come un bambino che deve essere "persuaso a". Ma questa semplificazione totale, operata in ambito sociale, veicola l'uccisione della dignità e della consapevolezza. «Io non credo in Dio - confida la Temelkuran - ma credo negli esseri umani. È il mio dovere avere questa fiducia nell'umanità. Dobbiamo rimanere allegri. Tutti questi elementi devono essere alla base dei nostri valori. Spesso ci sentiamo distaccati dalle persone: in realtà non riusciamo a capire perché soffrono, ma è a causa di una dignità spezzata. E il populismo oggi porta a questo, dicendo al popolo che il suo orgoglio è stato spezzato. Non parla, però, di dignità. E orgoglio e dignità sono due cose ben diverse. Noi dobbiamo prenderci la responsabilità di parlare di dignità». La strategia dei leader? Infantilizzare il linguaggio politico per farci credere qualsiasi cosa (dalla Redazione)

«Il tuo – dice Roberto Saviano all’autrice di Come sfasciare un paese in sette mosse (Bollati Boringhieri) – è uno sguardo profetico sul mondo talmente prossimo che, guardandoci dentro, trovi ciò che sta per accadere. Le dinamiche della comunicazione politica populista sono qui raccontate con una capacità così profonda da evitare di cadere nello sconforto e iniziare a chiedersi “ma questo è il mio paese? Ci siamo ridotti così?”».

Come sfasciare un paese in sette mosse è un laboratorio di idee e prospettive utili a capire come attrezzarsi per evitare il disfacimento di questo mondo. Evocativa, la metafora degli scacchi che si legge tra le sue pagine. Parlare con un populista è come giocare con un piccione: evacuerà sul tavolo da gioco e ribalterà tutte le pedine, senza porsi troppe preoccupazioni.

«Questo libro – suggerisce Ece Temelkuran – ci invita ad una conversazione che richiama quella tradizionale e tipica dell’agorà. Il problema è che tutte le agorà si stanno ora trasformando in arene. E questo perché l’insanità politica ha raggiunto anche tutto il tessuto sociale». Nonostante il contenuto serio della conversazione, non manca qualche battuta ironica tra i due letterati. «Sarebbe pazzesco se dopo tutto quello che ho fatto venissi uccisa dalla mafia italiana per causa tua! Ma noi non possiamo arrenderci. Dobbiamo rimanere allegri e fedeli difensori della dignità, delle idee e del pensiero».

I parametri che, attualmente, ti definiscono parte del popolo reale cambiano costantemente. Ma, alla fine, tutto si risolve nell’obbedienza totale allo status quo. «Se non si obbedisce ai leader – continua Temelkuran – non sei parte del popolo. Esistono momenti nella storia in cui la banalità può creare uno specifico genere di male. E i leader populisti di destra stanno portando proprio a questo. È il male della banalità che sta prendendo il sopravvento. E, paradossalmente, la banalità diventa l’unica cosa per cui divieni parte del popolo reale».

L’incontro di idea e parola, tra Saviano e l’autrice turca, fa riflettere su una umanità che sta attraversando una vera e propria crisi. Ben presto, consigliano all’unisono, bisognerà trovare una nuova moralità per cercare di ridefinirci in nome della libertà di espressione. Molto spesso ciò che è educazione, compromesso, tutto ciò che è analitico, come il libro, proprio perché per natura non immediato, viene valutato non rilevante. Da qui l’infantilizzazione del popolo, per cui la politica tratta l’elettore come un bambino che deve essere “persuaso a”. Ma questa semplificazione totale, operata in ambito sociale, veicola l’uccisione della dignità e della consapevolezza.

«Io non credo in Dio – confida la Temelkuran – ma credo negli esseri umani. È il mio dovere avere questa fiducia nell’umanità. Dobbiamo rimanere allegri. Tutti questi elementi devono essere alla base dei nostri valori. Spesso ci sentiamo distaccati dalle persone: in realtà non riusciamo a capire perché soffrono, ma è a causa di una dignità spezzata. E il populismo oggi porta a questo, dicendo al popolo che il suo orgoglio è stato spezzato. Non parla, però, di dignità. E orgoglio e dignità sono due cose ben diverse. Noi dobbiamo prenderci la responsabilità di parlare di dignità».

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Di: Il peso tragico della leggerezza: I Simpson compiono trent’anni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475844 Il peso tragico della leggerezza: I Simpson compiono trent’anni Sat, 11 May 2019 15:20:47 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475844 I Simpson compiono trent’anni. Tre scrittori riflettono sull’impatto della serie sulle loro vite (dalla Redazione) Tutte le famiglie felici si somigliano, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Ed è gialla. «Il confine fra tragedia e commedia è sottile - dice Chiara Valerio- L’unica differenza è il ritmo. E il tempo». Nei Simpson, il prodotto culturale più visto in America negli ultimi trent’anni, come li ha definiti Gary Shteyngart, il tempo è cristallizzato. Springfield è sempre identica: le strade, le case, la chiesa, la scuola, tutto nel minuzioso diorama di archetipi creato da Matt Groening, rimane uguale a se stesso. «Lisa ha otto anni nel 1996 e sempre otto nel 2016 - dice Francesco Pacifico- Questo è confortate». «Se nulla cambia, nulla invecchia. E nulla muore. I Simpson hanno sconfitto la morte»,afferma Chiara Valerio. La matematica e scrittrice tiene molto al tempo, e ai segni che lascia sul corpo degli uomini. La clip dei Simpson che ha scelto è quella in cui un sicuro Mr. Burns scopre di avere tutte le malattie del mondo, ma nello stesso tempo che nessuna di queste lo porterà alla morte. «Noi italiani pensiamo che gli intellettuali debbano solo mostrare la tragicità dell’esistenza, non la sua ironia. Guardavo i Simpson al ritorno da scuola– racconta – e in seguito mi veniva da interpretare tutto sotto la loro prospettiva, da Tolstoj fino alla caverna di Platone. Marge, infatti, ha vissuto nella rigida e fumosa morale delle sorelle gemelle. Poi ha conosciuto Homer e le sue certezze sono crollate. Homer contraddice tutto, ma è il gioco della vita. L’educazione deve essere contraddetta con una relazione». I Simpson hanno segnato un’era, una generazione, creato personaggi universalmente riconosciuti. «Indizi di quella ironia, di quella controcultura, erano già presenti in alcuni schizzi di Groening degli anni ’80.La critica al consumismo, al conformismo e alla cultura reaganiana è infatti il pilastro delle prime stagioni dei Simpson- dice Pacifico – La violenza non fa eccezione. Lo strangolamento di Bart da parte di Homer è un rito che va avanti, puntata dopo puntata». Shteyngart conclude il discorso: «Ci sono tre fasi nello strangolamento: il misfatto e la punizione, poi la famiglia che si riconcilia. La ripetizione è la chiave interpretativa del reale». Buon trentesimo compleanno, famiglia Simpson. I Simpson compiono trent’anni. Tre scrittori riflettono sull’impatto della serie sulle loro vite (dalla Redazione)

Tutte le famiglie felici si somigliano, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Ed è gialla. «Il confine fra tragedia e commedia è sottile – dice Chiara Valerio- L’unica differenza è il ritmo. E il tempo». Nei Simpson, il prodotto culturale più visto in America negli ultimi trent’anni, come li ha definiti Gary Shteyngart, il tempo è cristallizzato. Springfield è sempre identica: le strade, le case, la chiesa, la scuola, tutto nel minuzioso diorama di archetipi creato da Matt Groening, rimane uguale a se stesso. «Lisa ha otto anni nel 1996 e sempre otto nel 2016 – dice Francesco Pacifico- Questo è confortate».

«Se nulla cambia, nulla invecchia. E nulla muore. I Simpson hanno sconfitto la morte»,afferma Chiara Valerio. La matematica e scrittrice tiene molto al tempo, e ai segni che lascia sul corpo degli uomini. La clip dei Simpson che ha scelto è quella in cui un sicuro Mr. Burns scopre di avere tutte le malattie del mondo, ma nello stesso tempo che nessuna di queste lo porterà alla morte. «Noi italiani pensiamo che gli intellettuali debbano solo mostrare la tragicità dell’esistenza, non la sua ironia. Guardavo i Simpson al ritorno da scuola– racconta – e in seguito mi veniva da interpretare tutto sotto la loro prospettiva, da Tolstoj fino alla caverna di Platone. Marge, infatti, ha vissuto nella rigida e fumosa morale delle sorelle gemelle. Poi ha conosciuto Homer e le sue certezze sono crollate. Homer contraddice tutto, ma è il gioco della vita. L’educazione deve essere contraddetta con una relazione».

I Simpson hanno segnato un’era, una generazione, creato personaggi universalmente riconosciuti. «Indizi di quella ironia, di quella controcultura, erano già presenti in alcuni schizzi di Groening degli anni ’80.La critica al consumismo, al conformismo e alla cultura reaganiana è infatti il pilastro delle prime stagioni dei Simpson- dice Pacifico – La violenza non fa eccezione. Lo strangolamento di Bart da parte di Homer è un rito che va avanti, puntata dopo puntata». Shteyngart conclude il discorso: «Ci sono tre fasi nello strangolamento: il misfatto e la punizione, poi la famiglia che si riconcilia. La ripetizione è la chiave interpretativa del reale».

Buon trentesimo compleanno, famiglia Simpson.

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Di: Cinque scrittori raccontano la sofferenza http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475843 Cinque scrittori raccontano la sofferenza Sat, 11 May 2019 15:19:51 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475843 Storie d’Italia di chi ha subito un’ingiustizia, di chi ha vissuto il terremoto o è vittima di mafia, raccolte in negli audiodocumentari in collaborazione con Radio3 (dalla Redazione) Il 24 agosto del 2016 c’è stata la prima scossa di terremoto, era estate ed erano le 3:36, nelle Marche in quel momento tutto si è fermato. Il terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro tra il comune di Accumuli e Arquata del Tronto (AP) ha rappresentato solo l’inizio della scia sismica che si è ripetuta a ottobre 2016 tra il confine umbro-marchigiano. A gennaio 2017 una nuova sequenza di scosse. In tutto 41.000 sfollati, 388 feriti e 303 morti, dei quali tre morirono per infarto a causa dello spavento. Questa è solo una delle storie di solitudine, abbandono e paura che hanno raccontato cinque autori, ovvero Silvia Ballestra, Mauro Covacich, Antonella Lattanzi, Matteo Nucci, Evelina Santangelo, Marino Sinibaldi, trasformandole in audiodocumentari, con la collaborazione di Tre Soldi-Radio3. Il titolo dell’incontro del Salone Internazionale del Libro è il nostro scontento, e la storia del terremoto è stata scritta da Silvia Ballestra che legge stralci del terremoto che ha colpito le Marche tre anni fa. «La ricostruzione non è mai iniziata. Sollevando il pavimento trovavi paglia, chi era lì doveva rimpacchettare tutto e ritrasferirsi a causa dell’emergenza, che era diventata emergenza un seconda volta. Le case fatte di paglia con una casa che non è una vera casa, e il lupo che non è manco più il terremoto». Storie di ingiustizia di chi ha perso una casa e ancora non ne ha una nuova, oppure storie di mafia, come racconta Antonella Lattanzi nel suo racconto il processo: in un quartiere di Bari un uomo venne ucciso per sbaglio dalla mafia. «Mi piaceva la matematica, volevo insegnare. Mia sorella - legge la Lattanzi - diceva che essere piccoli era la cosa migliore che ti potesse capitare. Eravamo noi quattro e stavamo bene. Un giorno mio padre andrò a prendere i cornetti. Ci chiamarono: papà, l’avevo sparato! Papà non c’è più. Capimmo molto presto e in poco tempo cos’era la morte. Papà non c’era più.» Il fondo dello Stato per le vittime di mafia non arrivò mai, la protagonista della storia e figlia della vittima dovette iniziare a fare il muratore per guadagnare soldi. «Mi ricordo - continua - quando da piccola volevo insegnare, così che prima imparavo e poi tutta la famiglia la portavo fuori a mangiare». Storie d’Italia di chi ha subito un’ingiustizia, di chi ha vissuto il terremoto o è vittima di mafia, raccolte in negli audiodocumentari in collaborazione con Radio3 (dalla Redazione)

Il 24 agosto del 2016 c’è stata la prima scossa di terremoto, era estate ed erano le 3:36, nelle Marche in quel momento tutto si è fermato. Il terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro tra il comune di Accumuli e Arquata del Tronto (AP) ha rappresentato solo l’inizio della scia sismica che si è ripetuta a ottobre 2016 tra il confine umbro-marchigiano. A gennaio 2017 una nuova sequenza di scosse. In tutto 41.000 sfollati, 388 feriti e 303 morti, dei quali tre morirono per infarto a causa dello spavento. Questa è solo una delle storie di solitudine, abbandono e paura che hanno raccontato cinque autori, ovvero Silvia Ballestra, Mauro Covacich, Antonella Lattanzi, Matteo Nucci, Evelina Santangelo, Marino Sinibaldi, trasformandole in audiodocumentari, con la collaborazione di Tre Soldi-Radio3.
Il titolo dell’incontro del Salone Internazionale del Libro è il nostro scontento, e la storia del terremoto è stata scritta da Silvia Ballestra che legge stralci del terremoto che ha colpito le Marche tre anni fa. «La ricostruzione non è mai iniziata. Sollevando il pavimento trovavi paglia, chi era lì doveva rimpacchettare tutto e ritrasferirsi a causa dell’emergenza, che era diventata emergenza un seconda volta. Le case fatte di paglia con una casa che non è una vera casa, e il lupo che non è manco più il terremoto».
Storie di ingiustizia di chi ha perso una casa e ancora non ne ha una nuova, oppure storie di mafia, come racconta Antonella Lattanzi nel suo racconto il processo: in un quartiere di Bari un uomo venne ucciso per sbaglio dalla mafia. «Mi piaceva la matematica, volevo insegnare. Mia sorella – legge la Lattanzi – diceva che essere piccoli era la cosa migliore che ti potesse capitare. Eravamo noi quattro e stavamo bene. Un giorno mio padre andrò a prendere i cornetti. Ci chiamarono: papà, l’avevo sparato! Papà non c’è più. Capimmo molto presto e in poco tempo cos’era la morte. Papà non c’era più.» Il fondo dello Stato per le vittime di mafia non arrivò mai, la protagonista della storia e figlia della vittima dovette iniziare a fare il muratore per guadagnare soldi. «Mi ricordo – continua – quando da piccola volevo insegnare, così che prima imparavo e poi tutta la famiglia la portavo fuori a mangiare».

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Di: Don Luigi Ciotti da del tu a un razzista del terzo millennio http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475842 Don Luigi Ciotti da del tu a un razzista del terzo millennio Sat, 11 May 2019 15:19:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475842 L’appello del fondatore di Libera a riformare le coscienze e uscire dal silenzio (dalla Redazione) Razzista è un termine scomodo oggi. Gad Lerner accompagna la presentazione del nuovo libro di don Luigi Ciotti, Lettera a un razzista del terzo millennio (Gruppo Abele) e comincia la riflessione a partire da questa “parolaccia”, come la definisce lui, del titolo. «Di questi tempi pare sia proibito dare del razzista a qualcuno», afferma. E proprio a un razzista, dandogli del tu, si rivolge il fondatore di Libera, esaminando il suo pensiero, ragionando con lui in forma semplice e discorsiva. La lettera di don Ciotti diventa uno strumento prezioso – e forse necessario – per indagare l’emorragia di umanità e di memoria dilagante dei nostri giorni e tocca le corde stridenti di un problema con cui ci confrontiamo ogni giorno. L’urlo di Don Ciotti è un’esortazione a uscire dall’inerzia del silenzio, a interessarsi, a riflettere, a smuovere le coscienze verso l’impellente bisogno di umanità e a non rimanere immuni all’appello alla sensibilità. «Vorrei che tutti alzassero la voce: la violenza dei fatti è frutto della violenza delle parole» e ancora, riflettendo proprio sulle parole, veicolo fragile e potente della comunicazione di tutti i giorni, don Ciotti si scaglia contro un termine pericoloso per la nostra società: la neutralità. Come diceva un suo amico e collega, vittima della mafia, don Pino Puglisi, «Non mi interessa sapere chi sia Dio. Mi interessa sapere da che parte sta». Prendere una posizione, dunque, e agire, nel rispetto dell’altro, nella compassione e nella solidarietà per allontanare il calice di solipsismo che può degenerare in un mutismo «disumano», e in casi estremi e peggiori, in razzismo. L’appello del fondatore di Libera a riformare le coscienze e uscire dal silenzio (dalla Redazione)

Razzista è un termine scomodo oggi. Gad Lerner accompagna la presentazione del nuovo libro di don Luigi Ciotti, Lettera a un razzista del terzo millennio (Gruppo Abele) e comincia la riflessione a partire da questa “parolaccia”, come la definisce lui, del titolo. «Di questi tempi pare sia proibito dare del razzista a qualcuno», afferma. E proprio a un razzista, dandogli del tu, si rivolge il fondatore di Libera, esaminando il suo pensiero, ragionando con lui in forma semplice e discorsiva.

La lettera di don Ciotti diventa uno strumento prezioso – e forse necessario – per indagare l’emorragia di umanità e di memoria dilagante dei nostri giorni e tocca le corde stridenti di un problema con cui ci confrontiamo ogni giorno. L’urlo di Don Ciotti è un’esortazione a uscire dall’inerzia del silenzio, a interessarsi, a riflettere, a smuovere le coscienze verso l’impellente bisogno di umanità e a non rimanere immuni all’appello alla sensibilità.

«Vorrei che tutti alzassero la voce: la violenza dei fatti è frutto della violenza delle parole» e ancora, riflettendo proprio sulle parole, veicolo fragile e potente della comunicazione di tutti i giorni, don Ciotti si scaglia contro un termine pericoloso per la nostra società: la neutralità. Come diceva un suo amico e collega, vittima della mafia, don Pino Puglisi, «Non mi interessa sapere chi sia Dio. Mi interessa sapere da che parte sta». Prendere una posizione, dunque, e agire, nel rispetto dell’altro, nella compassione e nella solidarietà per allontanare il calice di solipsismo che può degenerare in un mutismo «disumano», e in casi estremi e peggiori, in razzismo.

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Di: Capire e Cambiare: Il premio Alessandro Leogrande http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475841 Capire e Cambiare: Il premio Alessandro Leogrande Sat, 11 May 2019 15:17:19 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475841 Il premio Alessandro Leogrande svela la duplice natura di ogni inchiesta ed esorta ad agire “L’inchiesta serve a capire, a studiare, ma soprattutto a cambiare”. (dalla Redazione) Goffredo Fofi è commosso quando ricorda il suo Alessandro. Lo conobbe a metà degli anni novanta, quando Alessandro Leogrande aveva appena diciotto anni ma già lasciava intravedere gran parte della curiosità, del talento e del coraggio che avrebbero ispirato la sua carriera. Quello che aveva di speciale era proprio questo. «Noi italiani troviamo davvero difficile passare dal pensiero all’azione», racconta Nicola Lagioia, che aveva conosciuto Leogrande nel 2000. «Alessandro studiava molto, ma soprattutto passava alla pratica. Questo era il fine del suo lavoro, voleva cambiare le cose. Il suo medoto, oggi, ci sarebbe di grande aiuto». A sentire chi lo ha conosciuto, chi ci ha lavorato a fianco, sembra che la caratteristica più sorprendente di Alessandro Leogrande fosse proprio il temperamento. Più del talento letterario, della predisposizione naturale all’indagine sociologica. «Siamo una società dove dilaga l’es, gli istinti viscerali, il narcisismo», continua Lagioia, «Alessandro aveva il senso della misura morale. Ogni tanto, su molte questioni, mi domando cosa ne penserebbe. Il suo metodo era una vera e propria guida». Il premio Alessandro Leogrande al miglior progetto di reportage letterario dell’anno è rivolto a tutti, non solo a giornalisti, e ha proprio questa missione. «Non deve essere un punto di arrivo, ma di partenza», prosegue Lagioia. «Dobbiamo dare un valore alle piccole comunità. È assurdo pensare che non si possa cambiare il presente. Si può fare molto, ma a volte manca il metodo». Metodo che aveva Alessandro. «Aveva l’approccio dei migliori meridionalisti», confessa Fofi. «L’inchiesta dovrebbe servire prima di tutto all’intervistato. Deve prendere coscienza della sua situazione. E’ il primo passo per passare all’azione, per cambiare la propria situazione». Sotto il marchio della Regione Puglia, iniziatrice assieme al Salone Internazionale del Libro di Torino del premio, ci sono due parole. Radici e ali. «Le radici per capire chi siamo e le ali per cambiare. Questa è una inchiesta. Questo è essere intellettuali» conclude Fofi. Come in quell’antico proverbio arabo: beato il padre che è in grado di offrire ai propri figli ali e radici. Il premio Alessandro Leogrande svela la duplice natura di ogni inchiesta ed esorta ad agire “L’inchiesta serve a capire, a studiare, ma soprattutto a cambiare”. (dalla Redazione)

Goffredo Fofi è commosso quando ricorda il suo Alessandro. Lo conobbe a metà degli anni novanta, quando Alessandro Leogrande aveva appena diciotto anni ma già lasciava intravedere gran parte della curiosità, del talento e del coraggio che avrebbero ispirato la sua carriera.
Quello che aveva di speciale era proprio questo. «Noi italiani troviamo davvero difficile passare dal pensiero all’azione», racconta Nicola Lagioia, che aveva conosciuto Leogrande nel 2000. «Alessandro studiava molto, ma soprattutto passava alla pratica. Questo era il fine del suo lavoro, voleva cambiare le cose. Il suo medoto, oggi, ci sarebbe di grande aiuto». A sentire chi lo ha conosciuto, chi ci ha lavorato a fianco, sembra che la caratteristica più sorprendente di Alessandro Leogrande fosse proprio il temperamento. Più del talento letterario, della predisposizione naturale all’indagine sociologica. «Siamo una società dove dilaga l’es, gli istinti viscerali, il narcisismo», continua Lagioia, «Alessandro aveva il senso della misura morale. Ogni tanto, su molte questioni, mi domando cosa ne penserebbe. Il suo metodo era una vera e propria guida».

Il premio Alessandro Leogrande al miglior progetto di reportage letterario dell’anno è rivolto a tutti, non solo a giornalisti, e ha proprio questa missione. «Non deve essere un punto di arrivo, ma di partenza», prosegue Lagioia. «Dobbiamo dare un valore alle piccole comunità. È
assurdo pensare che non si possa cambiare il presente. Si può fare molto, ma a volte manca il metodo». Metodo che aveva Alessandro. «Aveva l’approccio dei migliori meridionalisti», confessa Fofi. «L’inchiesta dovrebbe servire prima di tutto all’intervistato. Deve prendere
coscienza della sua situazione. E’ il primo passo per passare all’azione, per cambiare la propria situazione».
Sotto il marchio della Regione Puglia, iniziatrice assieme al Salone Internazionale del Libro di Torino del premio, ci sono due parole. Radici e ali.
«Le radici per capire chi siamo e le ali per cambiare. Questa è una inchiesta. Questo è essere intellettuali» conclude Fofi. Come in quell’antico proverbio arabo: beato il padre che è in grado di offrire ai propri figli ali e radici.

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Di: Lo scrittore Kamel Daoud racconta la libertà http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475840 Lo scrittore Kamel Daoud racconta la libertà Sat, 11 May 2019 15:16:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475840 «I libri permettono di viaggiare. Ma hanno un costo: in certi Paesi 20 euro, in altri la vita o la serenità» (dalla Redazione) «Scrivo per un senso di dignità e libertà. Molti dicono che già tutto è stato scritto, io penso che ancora tante persone abbiano il diritto di farlo.» In questa risposta data alla giornalista del Corriere della Sera Alessandra Coppola, lo scrittore e giornalista algerino Kamel Daoud, racchiude il senso di tutti i suoi scritti. L’autore con il suo romanzo Zabor, o i Salmi (La nave di Teseo) ha vinto lo scorso anno il Prix Méditerrané, ed è una delle firme più prestigiose del panorama algerino. Da circa vent’anni tiene sul suo giornale, Le Quotidien d’Oran, la rubrica ‘Raïna raïkoum’, che significa “la mia opinione, la vostra opinione.”, ed è stato anche molto criticato dal mondo islamico a causa del suo allontanamento dal radicalismo religioso. L’autore per un periodo della sua vita è stato un islamico praticante, ma poi ha conquistato la libertà dal radicalismo islamico e, come il personaggio del suo libro, ha iniziato a leggere e scrivere per lottare contro chi crede di possedere la verità. La storia di Zabor rappresenta, in parte, la sua esperienza personale, anche se l’autore sottolinea che non si sente un martire della scrittura, ma che semplicemente «i libri permettono ai lettori di viaggiare, come anche agli scrittori. In certi Paesi i libri costano una certa cifra, in altri la vita, la serenità, la libertà, un libro non è mai gratuito. La situazione – conclude – è difficile da noi, ma lo diventerà forse anche nei vostri Paesi. Un libro costa più di 20 euro.» La libertà di espressione è spesso collegata alla libertà sessuale: “La scrittura è un tatuaggio e dietro il tatuaggio c’è un corpo da liberare”, scrive Kamel. «Ho vissuto in una società in cui la scoperta dell’erotismo e della sessualità ha sempre rappresentato un problema, soprattutto per una donna – spiega – . Leggere, scrivere e viaggiare hanno rappresentato per me la scoperta della liberazione sessuale.» Al Salone Internazionale del Libro si dialoga sul concetto di libertà proprio in un momento storico in cui il Paese dell’autore è attraversato da una grande rivoluzione, in cui si festeggia la fine di una guerra civile e la liberazione. Lo stesso scrittore, che aveva descritto l’Algeria come un Paese senza sogni e gli islamisti come ladri di rivoluzione, non credeva forse alla forte voglia di riscatto degli algerini, che invece oggi sta prendendo il sopravvento. Un cambiamento portato soprattutto dai più giovani, che hanno iniziato ad esprimere le proprie opinioni anche attraverso i social network; molti di loro sono stati incarcerati per averlo fatto. «Internet è un mezzo importantissimo di condivisione delle idee. Ai miei tempi io non avevo questa possibilità. Il 3G ha un valore fondamentale nella nostra società per crearsi un’autocoscienza. Utilizziamolo per inseguire la libertà.» «I libri permettono di viaggiare. Ma hanno un costo: in certi Paesi 20 euro, in altri la vita o la serenità» (dalla Redazione)

«Scrivo per un senso di dignità e libertà. Molti dicono che già tutto è stato scritto, io penso che ancora tante persone abbiano il diritto di farlo.» In questa risposta data alla giornalista del Corriere della Sera Alessandra Coppola, lo scrittore e giornalista algerino Kamel Daoud, racchiude il senso di tutti i suoi scritti.

L’autore con il suo romanzo Zabor, o i Salmi (La nave di Teseo) ha vinto lo scorso anno il Prix Méditerrané, ed è una delle firme più prestigiose del panorama algerino. Da circa vent’anni tiene sul suo giornale, Le Quotidien d’Oran, la rubrica ‘Raïna raïkoum’, che significa “la mia opinione, la vostra opinione.”, ed è stato anche molto criticato dal mondo islamico a causa del suo allontanamento dal radicalismo religioso.
L’autore per un periodo della sua vita è stato un islamico praticante, ma poi ha conquistato la libertà dal radicalismo islamico e, come il personaggio del suo libro, ha iniziato a leggere e scrivere per lottare contro chi crede di possedere la verità.
La storia di Zabor rappresenta, in parte, la sua esperienza personale, anche se l’autore sottolinea che non si sente un martire della scrittura, ma che semplicemente «i libri permettono ai lettori di viaggiare, come anche agli scrittori. In certi Paesi i libri costano una certa cifra, in altri la vita, la serenità, la libertà, un libro non è mai gratuito. La situazione – conclude – è difficile da noi, ma lo diventerà forse anche nei vostri Paesi. Un libro costa più di 20 euro.»
La libertà di espressione è spesso collegata alla libertà sessuale: “La scrittura è un tatuaggio e dietro il tatuaggio c’è un corpo da liberare”, scrive Kamel. «Ho vissuto in una società in cui la scoperta dell’erotismo e della sessualità ha sempre rappresentato un problema, soprattutto per una donna – spiega – . Leggere, scrivere e viaggiare hanno rappresentato per me la scoperta della liberazione sessuale.»
Al Salone Internazionale del Libro si dialoga sul concetto di libertà proprio in un momento storico in cui il Paese dell’autore è attraversato da una grande rivoluzione, in cui si festeggia la fine di una guerra civile e la liberazione. Lo stesso scrittore, che aveva descritto l’Algeria come un Paese senza sogni e gli islamisti come ladri di rivoluzione, non credeva forse alla forte voglia di riscatto degli algerini, che invece oggi sta prendendo il
sopravvento. Un cambiamento portato soprattutto dai più giovani, che hanno iniziato ad esprimere le proprie opinioni anche attraverso i social network; molti di loro sono stati incarcerati per averlo fatto. «Internet è un mezzo importantissimo di condivisione delle idee. Ai miei tempi io non avevo questa possibilità. Il 3G ha un valore fondamentale nella nostra società per crearsi un’autocoscienza. Utilizziamolo per inseguire la libertà.»

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Di: Jack Kerouac e i deliri della giovinezza http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475821 Jack Kerouac e i deliri della giovinezza Sat, 11 May 2019 12:59:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475821 Luca Briasco racconta la vita dell’iniziatore della Beat Generation (dalla Redazione) «Un autore che è sempre stato giovane, non è mai maturato in realtà, ma mai nessuno ha raccontato come lui gli andirivieni della giovinezza». Lo scrittore studioso americanista Luca Briasco porta al Salone Internazionale del Libro di Torino un omaggio a Jack Kerouac, lo scrittore, poeta e pittore statunitense della Beat Generation, nel cinquantesimo anniversario della sua morte. Lo omaggia prima di tutto come uomo, raccontando la sua vita. Una madre cattolica fin troppo presente nella sua esistenza, i problemi di alcol, il fratello morto di febbre reumatica e celebrato nelle sue opere. «Kerouac è la pecora nera della famiglia, che però, in un modo o nell’altro, torna sempre a casa» racconta Briasco. Jack Kerouac, l’uomo ma anche lo scrittore complicato: padre della Beat Generation, che si sviluppò nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti e che, contro le norme imposte, si proponeva di essere innovativo nello stile. Un movimento che nacque dal desiderio di liberazione dalle regole esistenti e realizzazioni alternative del proprio Io. Una corrente letteraria che però Briasco fatica a definire: «Non erano né solo sperimentatori, né decadentisti. Erano entrambe queste cose. La Beat Generation era l’incarnazione della confluenza tra l’identità americana e la ribellione, la ricerca di nuovi spazi». E proprio perché difficile da definire, questa corrente letteraria ha trovato poco spazio all’interno della letteratura americana, che tende ad esaltare maggiormente altri scrittori di quell’epoca, tra cui in particolare Salinger. Kerouac però ha rappresentato la ribellione di un’intera generazione nei suoi scritti, che hanno seguito l’andamento altalenante della sua vita. «La produzione di Kerouac conosce un periodo d’oro che va dal 1951 al 1961, in cui scrive la prima versione di On the road, poi I sotterranei e Doctor Sax». Dopo il ’61 l’estro di Kerouac si esaurisce. La sua narrazione romanzesca non è più lineare. «La vena artistica di Kerouac comincia a vacillare quando lui diventa ciò che non avrebbe mai voluto divenire e cioè un personaggio celebre» spiega Briasco. Il Kerouac degli ultimi anni è triste, «le sue opere sono sfocate e non finite». Una vita e una scrittura che sono rimaste come incompiute, in divenire. E allora sì, «è per questo che nessuno più di Kerouac poteva e può rappresentare il mondo dei giovani» osserva Briasco. Luca Briasco racconta la vita dell’iniziatore della Beat Generation (dalla Redazione)

«Un autore che è sempre stato giovane, non è mai maturato in realtà, ma mai nessuno ha raccontato come lui gli andirivieni della giovinezza». Lo scrittore studioso americanista Luca Briasco porta al Salone Internazionale del Libro di Torino un omaggio a Jack Kerouac, lo scrittore, poeta e pittore statunitense della Beat Generation, nel cinquantesimo anniversario della sua morte. Lo omaggia prima di tutto come uomo, raccontando la sua vita. Una madre cattolica fin troppo presente nella sua esistenza, i problemi di alcol, il fratello morto di febbre reumatica e celebrato nelle sue opere. «Kerouac è la pecora nera della famiglia, che però, in un modo o nell’altro, torna sempre a casa» racconta Briasco.
Jack Kerouac, l’uomo ma anche lo scrittore complicato: padre della Beat Generation, che si sviluppò nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti e che, contro le norme imposte, si proponeva di essere innovativo nello stile. Un movimento che nacque dal desiderio di liberazione dalle regole esistenti e realizzazioni alternative del proprio Io. Una corrente letteraria che però Briasco fatica a definire: «Non erano né solo sperimentatori, né decadentisti. Erano entrambe queste cose. La Beat Generation era l’incarnazione della confluenza tra l’identità americana e la ribellione, la ricerca di nuovi spazi». E proprio perché difficile da definire, questa corrente letteraria ha trovato poco spazio all’interno della letteratura americana, che tende ad esaltare maggiormente altri scrittori di quell’epoca, tra cui in particolare Salinger.
Kerouac però ha rappresentato la ribellione di un’intera generazione nei suoi scritti, che hanno seguito l’andamento altalenante della sua vita. «La produzione di Kerouac conosce un periodo d’oro che va dal 1951 al 1961, in cui scrive la prima versione di On the road, poi I sotterranei e Doctor Sax». Dopo il ’61 l’estro di Kerouac si esaurisce. La sua narrazione romanzesca non è più lineare. «La vena artistica di Kerouac comincia a vacillare quando lui diventa ciò che non avrebbe mai voluto divenire e cioè un personaggio celebre» spiega Briasco. Il Kerouac degli ultimi anni è triste, «le sue opere sono sfocate e non finite».
Una vita e una scrittura che sono rimaste come incompiute, in divenire. E allora sì, «è per questo che nessuno più di Kerouac poteva e può rappresentare il mondo dei giovani» osserva Briasco.

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Di: Sos Terra: climatologia ed entomologia possono aiutarla http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475820 Sos Terra: climatologia ed entomologia possono aiutarla Sat, 11 May 2019 12:59:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475820 Un esercito di giovani all'Arena del Boostock Village per salvare il Pianeta (dalla Redazione) Due opere di scrittori, appassionati di scienza, uniti dall'amore per il Pianeta. Uffa, che caldo! (Mondadori Electa) di Luca Mercalli e I fili invisibili della natura (Lapis) di Gianumberto Accinelli parlano di modi, apparentemente diversi, simili nelle strategie, per capire come aiutare la Terra. «Ma come che caldo? Vedo la neve sulle montagne e siamo in pieno maggio. Ma cos'è questa storia? Io non sento questo caldo!» chiede Eros Miari, curatore del Bookstock Village, a Mercalli. «Lo sentirai a luglio! Te ne accorgerai ben presto - risponde il celebre climatologo -. Ciò che conta quando parliamo di clima non è il tempo. Ciò che conta, per il clima, è il lungo periodo. Quando parliamo di clima parliamo di clima di tutto il Pianeta. E il Pianeta, ora, ha la febbre». Molto spesso temiamo certe idee e avversiamo i dati perché ci obbligano a nuovi impegni, nuove sfide. La controversia sulla lotta al cambiamento climatico ne è la prova. «Studenti di Alaska e Siberia devono affrontare diversi problemi perché lì c'è il permafrost, che è fragile e rende la terra su cui camminano instabile. Ma siccome sono paesi piccoli, dove non hanno sede redazioni di testate ritenute importanti, non ne sappiamo nulla» dice Mercalli all'esercito di giovani accorso all'incontro. «Uffa che caldo! è soprattutto ciò che vorrei voi evitaste di dire quando avrete la mia età. Un po' di caldo è piacevole, troppo no. Dal caldo dipende anche la produzione di cibo. Ma l'eccesso di caldo compromette l'agricoltura e il livello degli oceani». È un'opera che parla anche di cicloni tropicali, siccità, di ondate di caldo, delle alluvioni e dell'arrivo di insetti dannosi. «Giaunmberto, ne conosci qualcuno?» chiede, sorridendo, Miari. «Circa il 70% degli animali sono insetti. Vivono dappertutto, alcuni addirittura nei geyser! Si sono adattati a vivere nei luoghi più strani. Pensate, ad esempio alla zanzara tigre, che nasce nel Sudest asiatico. Ma vive benissimo anche da noi. E questo perché abbiamo creato delle piccole oasi tropicali nelle nostre case, dove loro si trovano a loro agio. E poi si spostano e fanno danni: possono veicolare malattie pericolose». Quale la ricetta per aiutare un mondo in questo pericoloso processo di metamorfosi? Noi potremmo essere parte di quel milione di specie animali che nel prossimo secolo rischia l'estinzione. «Il Pianeta - afferma Mercalli - se ne frega di noi: ha già estinto i ben più attrezzati dinosauri. Invece la zanzara tigre resisterà. Noi no: siamo troppo delicati. Noi abbiamo bisogno di un clima stabile. Salviamo la Natura per salvare noi stessi, che siamo un pezzo di Natura. E per difendere la Natura dobbiamo diffondere la cultura, che vive grazie a dati scientifici e conoscenza. Senza cultura non possiamo salvare il Pianeta». Un esercito di giovani all’Arena del Boostock Village per salvare il Pianeta (dalla Redazione)

Due opere di scrittori, appassionati di scienza, uniti dall’amore per il Pianeta. Uffa, che caldo! (Mondadori Electa) di Luca Mercalli e I fili invisibili della natura (Lapis) di Gianumberto Accinelli parlano di modi, apparentemente diversi, simili nelle strategie, per capire come aiutare la Terra.
«Ma come che caldo? Vedo la neve sulle montagne e siamo in pieno maggio. Ma cos’è questa storia? Io non sento questo caldo!» chiede Eros Miari, curatore del Bookstock Village, a Mercalli. «Lo sentirai a luglio! Te ne accorgerai ben presto – risponde il celebre climatologo -. Ciò che conta quando parliamo di clima non è il tempo. Ciò che conta, per il clima, è il lungo periodo. Quando parliamo di clima parliamo di clima di tutto il Pianeta. E il Pianeta, ora, ha la febbre».
Molto spesso temiamo certe idee e avversiamo i dati perché ci obbligano a nuovi impegni, nuove sfide. La controversia sulla lotta al cambiamento climatico ne è la prova. «Studenti di Alaska e Siberia devono affrontare diversi problemi perché lì c’è il permafrost, che è fragile e rende la terra su cui camminano instabile. Ma siccome sono paesi piccoli, dove non hanno sede redazioni di testate ritenute importanti, non ne sappiamo nulla» dice Mercalli all’esercito di giovani accorso all’incontro. «Uffa che caldo! è soprattutto ciò che vorrei voi evitaste di dire quando avrete la mia età. Un po’ di caldo è piacevole, troppo no. Dal caldo dipende anche la produzione di cibo. Ma l’eccesso di caldo compromette l’agricoltura e il livello degli oceani». È un’opera che parla anche di cicloni tropicali, siccità, di ondate di caldo, delle alluvioni e dell’arrivo di insetti dannosi. «Giaunmberto, ne conosci qualcuno?» chiede, sorridendo, Miari. «Circa il 70% degli animali sono insetti. Vivono dappertutto, alcuni addirittura nei geyser! Si sono adattati a vivere nei luoghi più strani. Pensate, ad esempio alla zanzara tigre, che nasce nel Sudest asiatico. Ma vive benissimo anche da noi. E questo perché abbiamo creato delle piccole oasi tropicali nelle nostre case, dove loro si trovano a loro agio. E poi si spostano e fanno danni: possono veicolare malattie pericolose».
Quale la ricetta per aiutare un mondo in questo pericoloso processo di metamorfosi? Noi potremmo essere parte di quel milione di specie animali che nel prossimo secolo rischia l’estinzione. «Il Pianeta – afferma Mercalli – se ne frega di noi: ha già estinto i ben più attrezzati dinosauri. Invece la zanzara tigre resisterà. Noi no: siamo troppo delicati. Noi abbiamo bisogno di un clima stabile. Salviamo la Natura per salvare noi stessi, che siamo un pezzo di Natura. E per difendere la Natura dobbiamo diffondere la cultura, che vive grazie a dati scientifici e conoscenza. Senza cultura non possiamo salvare il Pianeta».

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Di: Svelati al Salone manifesto e programma di Lucca Comics http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475817 Svelati al Salone manifesto e programma di Lucca Comics Sat, 11 May 2019 12:57:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475817 Becoming Human è il tema dell’edizione 2019, declinato nell’immagine di Barbara Baldi (dalla Redazione) Sullo sfondo il Teatro del Giglio di Lucca, in primo piano un bacio tra umano e androide. Il manifesto di Barbara Baldi, che rappresenterà l’immagine ufficiale di Lucca Comics & Games 2019, è stato svelato questa mattina, venerdì 10 maggio, al Salone del Libro. Nell’occasione, Emanuele Vietina, direttore della kermesse, ha rivelato alcune anticipazioni dell’edizione che si svolgerà dal 30 ottobre al 3 novembre prossimi. Dopo il successo della trasposizione teatrale di Kobane Calling di Zerocalcare, presentato nel 2018 e ora pronto a partire in tour per tutta la Penisola, Lucca Comics torna sul palco con una nuova produzione: Cinzia, tratto dalla graphic novel di Leo Ortolani, sul tema della transessualità. L’editore Sergio Fanucci ha poi annunciato che porterà a Lucca, insieme a Daniel Abraham e Ty Franck meglio noti come James S.A.Corey, The Expanse, saga letteraria fantascientifica, tramutata in serie tv da Netflix. Il gigante dell’animazione Armand Baltazar, senior designer per Dreamworks, Walt Disney e Pixar, intervenuto virtualmente attraverso un video messaggio, sarà protagonista di una personale, realizzata in collaborazione con l’Editrice Il Castoro, che partirà dal suo capolavoro Timeless, in grado di stregare un certo Ridley Scott. Per iniziare a offrire un assaggio dell’atmosfera che caratterizzerà le giornate lucchesi, nella Sala Bronzo del Lingotto, spiccavano tra il pubblico Thor, IronMan e una piccola rappresentanza della comunità Steampunk. Ulteriori news e gli aggiornamenti in divenire si trovano sul sito di Lucca Comics & Games. Becoming Human è il tema dell’edizione 2019, declinato nell’immagine di Barbara Baldi (dalla Redazione)

Sullo sfondo il Teatro del Giglio di Lucca, in primo piano un bacio tra umano e androide. Il manifesto di Barbara Baldi, che rappresenterà l’immagine ufficiale di Lucca Comics & Games 2019, è stato svelato questa mattina, venerdì 10 maggio, al Salone del Libro.
Nell’occasione, Emanuele Vietina, direttore della kermesse, ha rivelato alcune anticipazioni dell’edizione che si svolgerà dal 30 ottobre al 3 novembre prossimi. Dopo il successo della trasposizione teatrale di Kobane Calling di Zerocalcare, presentato nel 2018 e ora pronto a partire in tour per tutta la Penisola, Lucca Comics torna sul palco con una nuova produzione: Cinzia, tratto dalla graphic novel di Leo Ortolani, sul tema della transessualità.
L’editore Sergio Fanucci ha poi annunciato che porterà a Lucca, insieme a Daniel Abraham e Ty Franck meglio noti come James S.A.Corey, The Expanse, saga letteraria fantascientifica, tramutata in serie tv da Netflix. Il gigante dell’animazione Armand Baltazar, senior designer per Dreamworks, Walt Disney e Pixar, intervenuto virtualmente attraverso un video messaggio, sarà protagonista di una personale, realizzata in collaborazione con l’Editrice Il Castoro, che partirà dal suo capolavoro Timeless, in grado di stregare un certo Ridley Scott.
Per iniziare a offrire un assaggio dell’atmosfera che caratterizzerà le giornate lucchesi, nella Sala Bronzo del Lingotto, spiccavano tra il pubblico Thor, IronMan e una piccola rappresentanza della comunità Steampunk.
Ulteriori news e gli aggiornamenti in divenire si trovano sul sito di Lucca Comics & Games.

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Di: Il nostalgico tempo di Cuba http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475816 Il nostalgico tempo di Cuba Sat, 11 May 2019 12:56:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475816 Leonardo Padura Fuentes e l’ingresso di un uomo nei 60 anni nel romanzo La trasparenza del tempo (dalla Redazione) Non si entra mai due volte nello stesso mare. L’acqua che bagna l’isola di Cuba è chiara e placida. Soprattutto, non è mai la stessa. Nell’isola dove il tempo sembra sospeso, Leonardo Padura ne ha colto il senso più intimo e segreto. «L’uomo non è un oggetto della storia, ma il soggetto attivo - racconta durante la chiacchierata con l’amico di lunga data Bruno Arpaia - Il tempo ci cambia, ci lascia dei segni. Non solo il tempo della nostra vita, ma il tempo della nostra terra, del nostro popolo». Nel romanzo La trasparenza del tempo (Giunti Editore), l’indagine di Mario Conde, l’eroe dei numerosi noir di Padura, non è solo un percorso tra i barrios più nascosti di L’Avana, tra le zone povere e malfamate e i quartieri ricchi «dove si incontrano solo donne bionde e bellissime». È soprattutto un viaggio all’interno del luogo più oscuro e pericoloso di tutti: se stessi. «A differenza dei precedenti romanzi - sottolinea Bruno Arpaia - in questo Padura allarga il tempo dell’indagine e del personaggio per affondare la storia nell’immense profondità del tempo». Seguendo il viaggio di una statuetta rubata, si corre a ritroso nella storia, attraverso i passaggi che hanno segnato l’isola di Cuba e le sorti di un intero popolo. Quanto siamo davvero autonomi? Sembra chiederci Padura. Dove inizia la nostra libertà e dove finisce l’influenza del passato? Nel romanzo, l’acqua è simbolo di questa continua trasformazione. Come il protagonista dei suoi romanzi, anche Leonardo Padura ha superato la soglia dei sessanta, un momento della vita in cui ci si sente ancora forti per tutto, ma in cui il tempo inizia a far sentire la sua presenza. «Attraverso i meandri della storia, infatti, Conde diventa più nostalgico e i toni si fanno più crepuscolari - confessa Padura - Conde mi sta creando un problema per il futuro. Ha un carattere sensibile e melanconico e soffre l’ingresso nei sessanta». Nel racconto di Padura, i confini tra la storia di Conde e la sua si fondono. «Si perdono amici. Si perdono riferimenti. Il mondo cambia», ammette Padura. Anche se il più grande scrittore cubano - come lo ha definito Arpaia - ha già nel cassetto il suo prossimo romanzo. Il tempo scorre e ci cambia ma Leonardo Padura, almeno, sembra rimanere lo stesso. Leonardo Padura Fuentes e l’ingresso di un uomo nei 60 anni nel romanzo La trasparenza del tempo (dalla Redazione)

Non si entra mai due volte nello stesso mare. L’acqua che bagna l’isola di Cuba è chiara e placida. Soprattutto, non è mai la stessa. Nell’isola dove il tempo sembra sospeso, Leonardo Padura ne ha colto il senso più intimo e segreto. «L’uomo non è un oggetto della storia, ma il soggetto attivo – racconta durante la chiacchierata con l’amico di lunga data Bruno Arpaia – Il tempo ci cambia, ci lascia dei segni. Non solo il tempo della nostra vita, ma il tempo della nostra terra, del nostro popolo».

Nel romanzo La trasparenza del tempo (Giunti Editore), l’indagine di Mario Conde, l’eroe dei numerosi noir di Padura, non è solo un percorso tra i barrios più nascosti di L’Avana, tra le zone povere e malfamate e i quartieri ricchi «dove si incontrano solo donne bionde e bellissime». È soprattutto un viaggio all’interno del luogo più oscuro e pericoloso di tutti: se stessi.

«A differenza dei precedenti romanzi – sottolinea Bruno Arpaia – in questo Padura allarga il tempo dell’indagine e del personaggio per affondare la storia nell’immense profondità del tempo». Seguendo il viaggio di una statuetta rubata, si corre a ritroso nella storia, attraverso i passaggi che hanno segnato l’isola di Cuba e le sorti di un intero popolo. Quanto siamo davvero autonomi? Sembra chiederci Padura. Dove inizia la nostra libertà e dove finisce l’influenza del passato? Nel romanzo, l’acqua è simbolo di questa continua trasformazione.
Come il protagonista dei suoi romanzi, anche Leonardo Padura ha superato la soglia dei sessanta, un momento della vita in cui ci si sente ancora forti per tutto, ma in cui il tempo inizia a far sentire la sua presenza.

«Attraverso i meandri della storia, infatti, Conde diventa più nostalgico e i toni si fanno più crepuscolari – confessa Padura – Conde mi sta creando un problema per il futuro. Ha un carattere sensibile e melanconico e soffre l’ingresso nei sessanta». Nel racconto di Padura, i confini tra la storia di Conde e la sua si fondono. «Si perdono amici. Si perdono riferimenti. Il mondo cambia», ammette Padura. Anche se il più grande scrittore cubano – come lo ha definito Arpaia – ha già nel cassetto il suo prossimo romanzo. Il tempo scorre e ci cambia ma Leonardo Padura, almeno, sembra rimanere lo stesso.

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Di: Paolo Rumiz e la sua esperienza di incanto, bellezza e speranza http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475815 Paolo Rumiz e la sua esperienza di incanto, bellezza e speranza Sat, 11 May 2019 12:55:46 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475815 Un viaggio nella grande bellezza della penisola italiana e alla scoperta della rinascita europea (dalla Redazione) Paolo Rumiz in piedi davanti al pubblico della Sala Rossa - perché «Un viaggiatore non può stare seduto, non mi vengono nemmeno i pensieri» - ha raccontato la sua cavalcata sulla linea di cresta appenninica nella folgorante percezione dell’unicità sublimata della penisola italiana. Il filo infinito (Feltrinelli) è un viaggio nell’Europa di ieri e di oggi che nasce dal suo cammino nella colonna vertebrale dell’Appennino. Nelle strade di Norcia, tra gli alberi in fiore, la brezza di aprile e le macerie della distruzione, Paolo Rumiz si imbatte in un simbolo di speranza: la statua di San Benedetto si erige intatta tra le rovine della devastazione del terremoto. «Cosa mi indicava quell’uomo? Quella notte non sono riuscito a dormire», dall’urgenza di questa domanda inizia il suo percorso sulle tracce dei discepoli del protettore d’Europa, visitando le loro abbazie dall’Atlantico al Danubio. Quei monaci sono testimoni di un’Europa che è, prima di tutto, uno spazio millenario di migrazioni. E ancora, l’Europa è un mito, un sogno che nasce nella mente di coloro che la desiderano. Paolo Rumiz percepisce quel mondo e lo descrive, in ognuno dei cinque sensi: odori, colori, suggestioni, sapori trapelano con grande forza evocativa nell’atmosfera di un luogo, l’Appennino, abituato a risorgere dalle sue ceneri. Così l’Europa, punto di arrivo per i popoli da sempre, saprà rispondere all’urgenza e alla necessità della ricostruzione? Bisognerà separarsi o unirsi? La risposta risiede nelle parole innocenti e di una semplicità disarmante del nipote dell’autore: «Ma perché mi fai questa domanda, nonno? – risponde stupito, come solo un bambino sa essere – bisogna stare insieme!». Un viaggio nella grande bellezza della penisola italiana e alla scoperta della rinascita europea (dalla Redazione)

Paolo Rumiz in piedi davanti al pubblico della Sala Rossa – perché «Un viaggiatore non può stare seduto, non mi vengono nemmeno i pensieri» – ha raccontato la sua cavalcata sulla linea di cresta appenninica nella folgorante percezione dell’unicità sublimata della penisola italiana.

Il filo infinito (Feltrinelli) è un viaggio nell’Europa di ieri e di oggi che nasce dal suo cammino nella colonna vertebrale dell’Appennino. Nelle strade di Norcia, tra gli alberi in fiore, la brezza di aprile e le macerie della distruzione, Paolo Rumiz si imbatte in un simbolo di speranza: la statua di San Benedetto si erige intatta tra le rovine della devastazione del terremoto. «Cosa mi indicava quell’uomo? Quella notte non sono riuscito a dormire», dall’urgenza di questa domanda inizia il suo percorso sulle tracce dei discepoli del protettore d’Europa, visitando le loro abbazie dall’Atlantico al Danubio. Quei monaci sono testimoni di un’Europa che è, prima di tutto, uno spazio millenario di migrazioni.

E ancora, l’Europa è un mito, un sogno che nasce nella mente di coloro che la desiderano. Paolo Rumiz percepisce quel mondo e lo descrive, in ognuno dei cinque sensi: odori, colori, suggestioni, sapori trapelano con grande forza evocativa nell’atmosfera di un luogo, l’Appennino, abituato a risorgere dalle sue ceneri. Così l’Europa, punto di arrivo per i popoli da sempre, saprà rispondere all’urgenza e alla necessità della ricostruzione? Bisognerà separarsi o unirsi? La risposta risiede nelle parole innocenti e di una semplicità disarmante del nipote dell’autore: «Ma perché mi fai questa domanda, nonno? – risponde stupito, come solo un bambino sa essere – bisogna stare insieme!».

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Di: Quello che i padri non dicono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475814 Quello che i padri non dicono Sat, 11 May 2019 12:55:07 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475814 Piccola autobiografia di mio padre. La Shoah raccontata da Daniel Vogelmann, figlio dell’unico italiano nella lista di Schindler (dalla Redazione) Le storie dei padri ritornano nei figli. Schulim Vogelmann è l’unico italiano presente nella lista di Schindler, ma quando torna da Auschwitz è solo. Nel campo, ha perso la moglie Annetta e la figlia Sissi. Tornato a Firenze, ha la forza di ricostruirsi una famiglia. Trova una moglie e nasce Daniel. Ma qualcosa rimane non detto. Come altri ebrei sopravvissuti alla Shoah, Schulim ha un particolare senso di colpa, a volte presente nei sopravvissuti alle grandi tragedie. Non parla. Come Liliana Segre, che per molto tempo è rimasta in silenzio, o come Primo Levi, che si è visto rifiutare dalla Einaudi il manoscritto di Se questo è un uomo con la motivazione «non interessa alla gente». Ma Daniel, crescendo, ha capito che sotto quel pudore e quei silenzi si nascondeva una storia importante. Nel 1974 Daniel aveva 26 anni e iniziava a interessarsi alla storia del padre. «Mio padre Schulim, però, morì quell’anno. Vicino al letto, trovai proprio Se questo è un uomo e una scaletta di quella che sarebbe dovuta diventare la sua autobiografia», racconta Daniel Voglemann a Dario Disegni, presidente della comunità ebraica di Torino, e al pubblico della Sala Rosa presente per la presentazione del libro Piccola autobiografia di mio padre (La Giuntina Editore). «Daniel ci ha impiegato 43 anni per superare quel pudore, quella cortina di silenzio», dice Disegni «Per fortuna è riuscito a portare a termine il lavoro del padre. Ci ha regalato in trenta pagine uno dei disegni più limpidi di cosa sia stata la Shoah». Daniel ha fondato la casa editrice La Giuntina nel 1980, l’unica in Europa specializzata nella cultura ebraica, e negli anni ha scritto numerose poesie. «Con questo libro cerco di fare conoscere l’Olocausto. La memoria ormai è quasi perduta, ma abbiamo bisogno di conoscenza». E di tramandarla. «Ho chiamato mio figlio Shulim, senza la c, e sono sicuro che mio padre sarà felice, perché - chiude Vogelmann con ironia - ogni ebreo ha bisogno di un dio, anche se dio non esiste». Piccola autobiografia di mio padre. La Shoah raccontata da Daniel Vogelmann, figlio dell’unico italiano nella lista di Schindler (dalla Redazione)

Le storie dei padri ritornano nei figli. Schulim Vogelmann è l’unico italiano presente nella lista di Schindler, ma quando torna da Auschwitz è solo. Nel campo, ha perso la moglie Annetta e la figlia Sissi. Tornato a Firenze, ha la forza di ricostruirsi una famiglia. Trova una moglie e nasce Daniel.
Ma qualcosa rimane non detto. Come altri ebrei sopravvissuti alla Shoah, Schulim ha un particolare senso di colpa, a volte presente nei sopravvissuti alle grandi tragedie. Non parla. Come Liliana Segre, che per molto tempo è rimasta in silenzio, o come Primo Levi, che si è visto rifiutare dalla Einaudi il manoscritto di Se questo è un uomo con la motivazione «non interessa alla gente».

Ma Daniel, crescendo, ha capito che sotto quel pudore e quei silenzi si nascondeva una storia importante. Nel 1974 Daniel aveva 26 anni e iniziava a interessarsi alla storia del padre. «Mio padre Schulim, però, morì quell’anno. Vicino al letto, trovai proprio Se questo è un uomo e una scaletta di quella che sarebbe dovuta diventare la sua autobiografia», racconta Daniel Voglemann a Dario Disegni, presidente della comunità ebraica di Torino, e al pubblico della Sala Rosa presente per la presentazione del libro Piccola autobiografia di mio padre (La Giuntina Editore).

«Daniel ci ha impiegato 43 anni per superare quel pudore, quella cortina di silenzio», dice Disegni «Per fortuna è riuscito a portare a termine il lavoro del padre. Ci ha regalato in trenta pagine uno dei disegni più limpidi di cosa sia stata la Shoah». Daniel ha fondato la casa editrice La Giuntina nel 1980, l’unica in Europa specializzata nella cultura ebraica, e negli anni ha scritto numerose poesie. «Con questo libro cerco di fare conoscere l’Olocausto. La memoria ormai è quasi perduta, ma abbiamo bisogno di conoscenza». E di tramandarla. «Ho chiamato mio figlio Shulim, senza la c, e sono sicuro che mio padre sarà felice, perché – chiude Vogelmann con ironia – ogni ebreo ha bisogno di un dio, anche se dio non esiste».

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Di: Il futuro del libro? Passa dalla scuola http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475813 Il futuro del libro? Passa dalla scuola Sat, 11 May 2019 12:54:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475813 In Italia il numero dei lettori è ancora troppo basso: un punto emerso nei due incontri sullo sviluppo dell’educazione alla lettura. (dalla Redazione) AAA lettori cercasi: è l’SOS lanciato dal Salone del Libro. Se n’è parlato in due incontri, tra loro complementari, che hanno messo in risalto un punto quanto mai lapalissiano: vogliamo vendere più libri? Bisogna aumentare il numero di lettori. Sulle sfide a cui va incontro la filiera del libro si è discusso in Il valore del libro, l’incontro a cura di Adei (Associazione degli Editori Indipendenti). Marco Zapparoli, presidente di Adei, ha puntato il dito sulla necessità di fare sistema tra le figure che compongono la filiera del libro: dai librai agli editori, dalle biblioteche, alla scuola, alle istituzioni. Su un aspetto si è soffermato Zapparoli: la scarsa presenza dell’editoria italiana sul mercato estero. «Come è possibile – si è chiesto il presidente di Adei – che un Paese come l’Italia sostenga l’export della propria editoria investendo solo 200mila euro all’anno?». Sulla centralità del ruolo del libraio si sono soffermati Cristina Giussanie Paolo Ambrosini, rispettivamente presidente del Sil(Sindacato Italiano Librai) e presidente dell’Ail(Associazione italiana librai). «Il libraio – hanno osservato Giussanie Ambrosini– non vende solo i libri, ma è un intermediario culturale e deve collaborare con gli altri stakeholder della cultura di una comunità». La politica, naturalmente, non può non fare la sua parte come ha dichiarato Alessandro Dalai, consigliere del Ministero dei Beni Culturali: «Il mercato del libro è ancora troppo piccolo» ha ricordato Dalai, riflettendo su un dato: nel centrosud, dove vive il 35% della popolazione, il mercato del libro copre il 15%. Gli ha fatto eco Flavia Piccoli Nardelli, membro della Commissione Cultura della Camera dei Deputati: «La politica è impegnata nella formulazione di una legge quadro a sostegno del libro e della sua filiera» ha puntualizzato Flavia Piccoli Nardelli. Ha, quindi, ammonito: «Occorre una maggiore collaborazione tra Ministero dei Beni Culturali e Ministero dell’Istruzione: la scuola non deve rimanere l’anello debole». Sul rapporto tra il libro e la scuola si è soffermato anche Ricardo Franco Levi, presidente dell’Aie (Associazione Italiana Editori). «Prima dei numeri e delle statistiche di mercato contano le persone. – ha osservato Levi – In Italia c’è un preoccupante analfabetismo di ritorno che si ripercuote sulla bassa percentuale di lettori. Impegniamoci tutti a educare alla lettura». Il tema dell’educazione alla lettura è stato affrontato nell’ incontro Adolescenti, scuola e lettura. Secondo la ricerca condotta da Francesca Vannucchidell’Istat è emerso che nella fascia di età compresa tra i 14 e i 19 anni è scesa la percentuale di lettori a partire dal 2010. «Per avvicinare i ragazzi ai libri, non bisogna criminalizzare la rete e i social, è una contrapposizione sbagliata» ha sottolineato la Vannucchi. Ha, quindi, puntualizzato: «Educare non significa imporre, ma suscitare il piacere della lettura come strumento di libertà e conoscenza». Sulla stessa lunghezza d’onda, Federico Batinidell’Università di Perugia: «La scuola – ha affermato Batini– riveste un ruolo fondamentale: sviluppiamo in classe la lettura silenziosa e, soprattutto, quella ad alta voce». Ed ancora Batini: «Nella lettura come nello sport serve regolarità: non si può pretendere che una persona abituata a stare seduta sul divano, all’improvviso faccia un’ora di corsa». Sulla missione della scuola nell’educazione al libro è intervenuto anche Romano Montroni, presidente del Cepell (Centro per il libro e la lettura) che ha chiosato: «La scuola rimane il luogo dove la cultura si sviluppa democraticamente; qui si deve superate il gap tra chi proviene da una famiglia di lettori e chi non trova in casa nemmeno un libro». In Italia il numero dei lettori è ancora troppo basso: un punto emerso nei due incontri sullo sviluppo dell’educazione alla lettura. (dalla Redazione)

AAA lettori cercasi: è l’SOS lanciato dal Salone del Libro. Se n’è parlato in due incontri, tra loro complementari, che hanno messo in risalto un punto quanto mai lapalissiano: vogliamo vendere più libri? Bisogna aumentare il numero di lettori.

Sulle sfide a cui va incontro la filiera del libro si è discusso in Il valore del libro, l’incontro a cura di Adei (Associazione degli Editori Indipendenti).

Marco Zapparoli, presidente di Adei, ha puntato il dito sulla necessità di fare sistema tra le figure che compongono la filiera del libro: dai librai agli editori, dalle biblioteche, alla scuola, alle istituzioni. Su un aspetto si è soffermato Zapparoli: la scarsa presenza dell’editoria italiana sul mercato estero. «Come è possibile – si è chiesto il presidente di Adei – che un Paese come l’Italia sostenga l’export della propria editoria investendo solo 200mila euro all’anno?». Sulla centralità del ruolo del libraio si sono soffermati Cristina Giussanie Paolo Ambrosini, rispettivamente presidente del Sil(Sindacato Italiano Librai) e presidente dell’Ail(Associazione italiana librai). «Il libraio – hanno osservato Giussanie Ambrosini– non vende solo i libri, ma è un intermediario culturale e deve collaborare con gli altri stakeholder della cultura di una comunità».

La politica, naturalmente, non può non fare la sua parte come ha dichiarato Alessandro Dalai, consigliere del Ministero dei Beni Culturali: «Il mercato del libro è ancora troppo piccolo» ha ricordato Dalai, riflettendo su un dato: nel centrosud, dove vive il 35% della popolazione, il mercato del libro copre il 15%. Gli ha fatto eco Flavia Piccoli Nardelli, membro della Commissione Cultura della Camera dei Deputati: «La politica è impegnata nella formulazione di una legge quadro a sostegno del libro e della sua filiera» ha puntualizzato Flavia Piccoli Nardelli. Ha, quindi, ammonito: «Occorre una maggiore collaborazione tra Ministero dei Beni Culturali e Ministero dell’Istruzione: la scuola non deve rimanere l’anello debole».

Sul rapporto tra il libro e la scuola si è soffermato anche Ricardo Franco Levi, presidente dell’Aie (Associazione Italiana Editori). «Prima dei numeri e delle statistiche di mercato contano le persone. – ha osservato Levi – In Italia c’è un preoccupante analfabetismo di ritorno che si ripercuote sulla bassa percentuale di lettori. Impegniamoci tutti a educare alla lettura».

Il tema dell’educazione alla lettura è stato affrontato nell’ incontro Adolescenti, scuola e lettura. Secondo la ricerca condotta da Francesca Vannucchidell’Istat è emerso che nella fascia di età compresa tra i 14 e i 19 anni è scesa la percentuale di lettori a partire dal 2010. «Per avvicinare i ragazzi ai libri, non bisogna criminalizzare la rete e i social, è una contrapposizione sbagliata» ha sottolineato la Vannucchi. Ha, quindi, puntualizzato: «Educare non significa imporre, ma suscitare il piacere della lettura come strumento di libertà e conoscenza». Sulla stessa lunghezza d’onda, Federico Batinidell’Università di Perugia: «La scuola – ha affermato Batini– riveste un ruolo fondamentale: sviluppiamo in classe la lettura silenziosa e, soprattutto, quella ad alta voce». Ed ancora Batini: «Nella lettura come nello sport serve regolarità: non si può pretendere che una persona abituata a stare seduta sul divano, all’improvviso faccia un’ora di corsa».

Sulla missione della scuola nell’educazione al libro è intervenuto anche Romano Montroni, presidente del Cepell (Centro per il libro e la lettura) che ha chiosato: «La scuola rimane il luogo dove la cultura si sviluppa democraticamente; qui si deve superate il gap tra chi proviene da una famiglia di lettori e chi non trova in casa nemmeno un libro».

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Di: Astrosamantha racconta la sua vita interstellare http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-11/#comment-1475812 Astrosamantha racconta la sua vita interstellare Sat, 11 May 2019 12:53:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475812 «Sogno fin da piccola lo spazio: ha dato una direzione a tutti i miei sforzi» (dalla Redazione) Samantha Cristoforetti per quasi sette mesi è stata in orbita attorno alla Terra per la missione Futura dell'Agenzia spaziale italiana. E ora, conversando con Marco Cattaneo, racconta al Salone il suo Diario di un'apprendista astronaute (La nave di Teseo): ultima fatica letteraria, il cui ricavato sarà interamente devoluto a Unicef. «Un librone in cui descrivi, dettagliatamente, tutte le fasi - la interroga Cattaneo - anche inaspettate, di questo viaggio nello spazio. Tra le pagine parli della fortuna di aver avuto in dono un corpo sano. Delle oltre ottomila candidature per la missione interstellare cui ambivi, tu le superi tutte, rientrando tra i magnifici 6 che poi partono per lo spazio. Quanto conta la fortuna?». La riposta di Astrosamatha non si fa attendere: «Chiaro è che la fortuna aiuta gli audaci. La vita è mossa e animata da un sacco di fattori casuali ma ciò non deve diventare una scusa per essere fatalisti. Mattoncino dopo mattoncino è fondamentale costruire e investire sulle proprie competenze. Alla fine, sarai sempre e comunque più felice ed appagato se ti impegnerai». La Cristoforetti aveva in tasca un piano B: essere un pilota militare. Che ha, però, «felicemente» accantonato. Astromantha parla del suo primo incontro con Luca Parmitano, del suo battesimo con il volo parabolico, dei suoi addestramenti russi nella Città delle Stelle. Ma anche delle misure da prendere quando si evacua nello spazio, oppure alla dieta da rispettare. «Il cibo è buono e vario, anche se tutto molto orientato al gusto americano. Nonostante questo, noi europei possiamo portare un certo numero di buste portate dall'Italia. Io le ho fatte fare prestando attenzione all'aspetto nutrizionale. Da qui la scelta di combinazioni alimentari vincenti come l'insalata di quinoa con pomodorini, sgombro e un filo di olio. Pazzesca, la mangerei anche ora!». Quella di Astrosamantha è una storia che racconta, con serena leggerezza, la fatica e gli sforzi che il viaggio e il periodo di addestramento pre e post missione spaziale comportano. È il viaggio di chi ha imparato a subordinare ogni sfida, come ogni successo o fallimento, alla tensione intima e privata verso un obiettivo più alto, spostato tra le stelle. «Sogno fin da piccola lo spazio: ha dato una direzione a tutti i miei sforzi» (dalla Redazione)

Samantha Cristoforetti per quasi sette mesi è stata in orbita attorno alla Terra per la missione Futura dell’Agenzia spaziale italiana. E ora, conversando con Marco Cattaneo, racconta al Salone il suo Diario di un’apprendista astronaute (La nave di Teseo): ultima fatica letteraria, il cui ricavato sarà interamente devoluto a Unicef. «Un librone in cui descrivi, dettagliatamente, tutte le fasi – la interroga Cattaneo – anche inaspettate, di questo viaggio nello spazio. Tra le pagine parli della fortuna di aver avuto in dono un corpo sano. Delle oltre ottomila candidature per la missione interstellare cui ambivi, tu le superi tutte, rientrando tra i magnifici 6 che poi partono per lo spazio. Quanto conta la fortuna?». La riposta di Astrosamatha non si fa attendere: «Chiaro è che la fortuna aiuta gli audaci. La vita è mossa e animata da un sacco di fattori casuali ma ciò non deve diventare una scusa per essere fatalisti. Mattoncino dopo mattoncino è fondamentale costruire e investire sulle proprie competenze. Alla fine, sarai sempre e comunque più felice ed appagato se ti impegnerai». La Cristoforetti aveva in tasca un piano B: essere un pilota militare. Che ha, però, «felicemente» accantonato.

Astromantha parla del suo primo incontro con Luca Parmitano, del suo battesimo con il volo parabolico, dei suoi addestramenti russi nella Città delle Stelle. Ma anche delle misure da prendere quando si evacua nello spazio, oppure alla dieta da rispettare. «Il cibo è buono e vario, anche se tutto molto orientato al gusto americano. Nonostante questo, noi europei possiamo portare un certo numero di buste portate dall’Italia. Io le ho fatte fare prestando attenzione all’aspetto nutrizionale. Da qui la scelta di combinazioni alimentari vincenti come l’insalata di quinoa con pomodorini, sgombro e un filo di olio. Pazzesca, la mangerei anche ora!».

Quella di Astrosamantha è una storia che racconta, con serena leggerezza, la fatica e gli sforzi che il viaggio e il periodo di addestramento pre e post missione spaziale comportano. È il viaggio di chi ha imparato a subordinare ogni sfida, come ogni successo o fallimento, alla tensione intima e privata verso un obiettivo più alto, spostato tra le stelle.

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Di: Paola e Claudio Regeni inaugurano il Bookstock Village http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1475811 Paola e Claudio Regeni inaugurano il Bookstock Village Sat, 11 May 2019 12:53:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475811 «Continuiamo a camminare sul sentiero della verità e della giustizia, fino a quando serve» (dalla Redazione) Un frammento del docufilm Nove giorni al Cairo proietta il pubblico, numerosissimo nell'Arena Bookstock, nel mondo di Giulio. Un momento intimo, che al Salone apre il percorso tematico Questo è un uomo, in cui Paola e Claudio Regeni, in conversazione con l'avvocato Alessandra Ballerini e il direttore di Rai Radio3 Marino Sinibaldi, raccontano loro figlio. «Giulio, e lo dico da mamma, non è morto solo perché gli hanno fatto tanto male. A Giulio - ricorda Paola Regeni - sono stati negati tutti i diritti umani. E questo succede ogni giorno. E dobbiamo dirlo, anche se non ci suscita simpatia. Sarebbe stato egoista e non rispettoso verso Giulio rinunciare a diffondere questo messaggio». La vicenda del giovane ricercatore friulano, scomparso dal Cairo il 25 gennaio 2016 e trovato morto il 3 febbraio, continua a vivere, diffondendosi a sempre più latitudini. L'attenzione che ha suscitato nell'opinione pubblica ha impedito, e impedisce, agli assassini di vincere: la giustizia chiede che vengano puniti. «Chi era Giulio? Cosa sognava Giulio? Bisogna parlarne, non arrendersi alla sua morte senza colpevoli. Bisogna continuare a parlare e conoscerlo», afferma Sinibaldi. «Giovani e meno giovani, moltiplicatevi. Se questa storia è rimasta aperta, non è per presenza di un partito o associazione ma di gruppi cresciuti nel tempo. In questa storia il tempo non coincide con l'oblio bensì con la ricerca della verità. Dobbiamo allargare la coscienza e la responsabilità.» Paola Regeni ha voluto portare un dono al pubblico che ha gremito l'Arena. Da una borsa di tela gialla estrae, uno alla volta, dei libri: «Credo molto nell'importanza della lettura. Giulio preferiva prenderli in biblioteca ma tanti ne aveva anche a casa. Il primo è Topolino. Da quel libricino Giulio in quinta elementare riusciva a estrapolare nuclei concettuali, per estenderli nei suoi studi da autodidatta. Poi Il Dio delle piccole cose, La scomparsa dell'Italia industriale, fino ad arrivare a 201 Arabic Verbs. Questo per farvi capire la fatica del suo percorso di ricerca e studio. Giulio, figlio di due persone normalissime, a cui proprio lo studio ha portato la morte». E alla fine, il padre Claudio chiude l'incontro chiedendo di continuare a percorrere quel sentiero di verità e giustizia che loro, come genitori, ma anche e soprattutto come cittadini del Mondo, non hanno alcuna intenzione di abbandonare. «Continuiamo a camminare sul sentiero della verità e della giustizia, fino a quando serve» (dalla Redazione)

Un frammento del docufilm Nove giorni al Cairo proietta il pubblico, numerosissimo nell’Arena Bookstock, nel mondo di Giulio. Un momento intimo, che al Salone apre il percorso tematico Questo è un uomo, in cui Paola e Claudio Regeni, in conversazione con l’avvocato Alessandra Ballerini e il direttore di Rai Radio3 Marino Sinibaldi, raccontano loro figlio. «Giulio, e lo dico da mamma, non è morto solo perché gli hanno fatto tanto male. A Giulio – ricorda Paola Regeni – sono stati negati tutti i diritti umani. E questo succede ogni giorno. E dobbiamo dirlo, anche se non ci suscita simpatia. Sarebbe stato egoista e non rispettoso verso Giulio rinunciare a diffondere questo messaggio».

La vicenda del giovane ricercatore friulano, scomparso dal Cairo il 25 gennaio 2016 e trovato morto il 3 febbraio, continua a vivere, diffondendosi a sempre più latitudini. L’attenzione che ha suscitato nell’opinione pubblica ha impedito, e impedisce, agli assassini di vincere: la giustizia chiede che vengano puniti. «Chi era Giulio? Cosa sognava Giulio? Bisogna parlarne, non arrendersi alla sua morte senza colpevoli. Bisogna continuare a parlare e conoscerlo», afferma Sinibaldi. «Giovani e meno giovani, moltiplicatevi. Se questa storia è rimasta aperta, non è per presenza di un partito o associazione ma di gruppi cresciuti nel tempo. In questa storia il tempo non coincide con l’oblio bensì con la ricerca della verità. Dobbiamo allargare la coscienza e la responsabilità.»

Paola Regeni ha voluto portare un dono al pubblico che ha gremito l’Arena. Da una borsa di tela gialla estrae, uno alla volta, dei libri: «Credo molto nell’importanza della lettura. Giulio preferiva prenderli in biblioteca ma tanti ne aveva anche a casa. Il primo è Topolino. Da quel libricino Giulio in quinta elementare riusciva a estrapolare nuclei concettuali, per estenderli nei suoi studi da autodidatta. Poi Il Dio delle piccole cose, La scomparsa dell’Italia industriale, fino ad arrivare a 201 Arabic Verbs. Questo per farvi capire la fatica del suo percorso di ricerca e studio. Giulio, figlio di due persone normalissime, a cui proprio lo studio ha portato la morte».

E alla fine, il padre Claudio chiude l’incontro chiedendo di continuare a percorrere quel sentiero di verità e giustizia che loro, come genitori, ma anche e soprattutto come cittadini del Mondo, non hanno alcuna intenzione di abbandonare.

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Di: Halina Birenbaum racconta l’Olocausto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1475810 Halina Birenbaum racconta l’Olocausto Sat, 11 May 2019 12:52:51 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475810 La forza di vivere e l'importanza del ricordo (dalla Redazione) Era Natale: da una parte l’albero addobbato, dal lato opposto il fumo che usciva dal camino dei forni crematori. Da una parte il candore di una bambina di 13 anni, dall’altra l’atrocità della guerra. Questa è solo una delle immagini vissute e portate come testimonianza dell’Olocausto dalla scrittrice polacca Halina Birenbaum, sopravvissuta ai campi di sterminio, durante la mattinata di apertura del Salone Internazionale del Libro di Torino. La scrittrice ha vissuto per molto tempo all’interno del ghetto di Varsavia, a soli 10 anni ha dovuto smettere di frequentare la scuola perché i tedeschi avevano iniziato i bombardamenti, e invece di imparare a leggere e scrivere ha conosciuto Hitler e il nazismo. Ha visto i cadaveri abbandonati per le strade, è stata deportata nel campo di sterminio di Majdanek, dove ha perso la madre. Ha vissuto la fame all’interno delle baracche sovraffollate di Auschwitz con una scodella al giorno di cibo ed è scampata due volte alla morte, dopo una pallottola di una guardia SS conficcata nel braccio e l’esperienza nelle camere a gas. «Dovevamo andare in un campo di lavoro, ma durante la notte i tedeschi ci hanno portato nelle camere a gas. Passammo lì delle ore, non riuscivamo a uscire. La mattina dopo scoprimmo che era finito il gas.» Aveva già raccontato la crudeltà dell’Olocausto 5 anni fa al Salone del Libro, presentando il suo La speranza è l’ultima a morire, torna a farlo oggi con La forza di vivere (effigi). «Quello che dico sempre ai giovani d’oggi è l’importanza del ricordo. Capivamo già allora che i sopravvissuti dovevano raccontare al mondo cosa stesse succedendo, cosa era successo. È necessario farlo perché si comprenda che alcuni sentimenti di odio verso l’altro dei giorni nostri sono cose già successe. Io tutto questo l’ho vissuto sulla mia pelle. Poi parlo sempre di speranza, perché davvero la speranza sia l’ultima a morire. Io sono qui e sono sopravvissuta.» La forza di vivere e l’importanza del ricordo (dalla Redazione)

Era Natale: da una parte l’albero addobbato, dal lato opposto il fumo che usciva dal camino dei forni crematori. Da una parte il candore di una bambina di 13 anni, dall’altra l’atrocità della guerra. Questa è solo una delle immagini vissute e portate come testimonianza dell’Olocausto dalla scrittrice polacca Halina Birenbaum, sopravvissuta ai campi di sterminio, durante la mattinata di apertura del Salone Internazionale del Libro di Torino.

La scrittrice ha vissuto per molto tempo all’interno del ghetto di Varsavia, a soli 10 anni ha dovuto smettere di frequentare la scuola perché i tedeschi avevano iniziato i bombardamenti, e invece di imparare a leggere e scrivere ha conosciuto Hitler e il nazismo. Ha visto i cadaveri abbandonati per le strade, è stata deportata nel campo di sterminio di Majdanek, dove ha perso la madre. Ha vissuto la fame all’interno delle baracche sovraffollate di Auschwitz con una scodella al giorno di cibo ed è scampata due volte alla morte, dopo una pallottola di una guardia SS conficcata nel braccio e l’esperienza nelle camere a gas. «Dovevamo andare in un campo di lavoro, ma durante la notte i tedeschi ci hanno portato nelle camere a gas. Passammo lì delle ore, non riuscivamo a uscire. La mattina dopo scoprimmo che era finito il gas.»
Aveva già raccontato la crudeltà dell’Olocausto 5 anni fa al Salone del Libro, presentando il suo La speranza è l’ultima a morire, torna a farlo oggi con La forza di vivere (effigi).
«Quello che dico sempre ai giovani d’oggi è l’importanza del ricordo. Capivamo già allora che i sopravvissuti dovevano raccontare al mondo cosa stesse succedendo, cosa era successo. È necessario farlo perché si comprenda che alcuni sentimenti di odio verso l’altro dei giorni nostri sono cose già successe. Io tutto questo l’ho vissuto sulla mia pelle. Poi parlo sempre di speranza, perché davvero la speranza sia l’ultima a morire. Io sono qui e sono sopravvissuta.»

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Di: Lezione di tolleranza. Halina Birenbaum e Fernando Savater http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1475809 Lezione di tolleranza. Halina Birenbaum e Fernando Savater Sat, 11 May 2019 12:52:05 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475809 L'inaugurazione con la scrittrice sopravvissuta all'Olocausto e l’intellettuale spagnolo. (dalla Redazione) Standing ovation. Così il pubblico del Salone ha accolto Halina Birenbaum. La scrittrice e poetessa polacca, di origine ebrea, ha portato la testimonianza di sopravvissuta dal campo di sterminio di Auschwitz. Il suo intervento - insieme alla lectio magistralis dello scrittore e filosofo spagnolo Fernando Savater, dedicato all'identità comune europea – è stato uno dei momenti clou della conferenza di apertura della 32° edizione del Salone. Ad aprirla è stato Alberto Bonisoli, ministro dei Beni e dell’Attività culturali che nel suo intervento ha sottolineato il valore del libro e della lettura come strumento di dialogo e di superamento delle differenze. «L’Italia si merita un Salone come questo di Torino: è un punto di riferimento internazionale sempre più importante, al pari delle Buchmesse di Francoforte e del Salone di Parigi» ha sottolineato il ministro Bonisoli, congratulandosi con l’organizzazione per il lavoro svolto, al fine di tagliare il nastro dell’edizione 2019. L’emozione si è toccata con mano quando ha preso la parola Halina Birenbaum. «Ringrazio il museo di Auschwitz e l’associazione il Treno della Memoria che hanno reso possibile la mia presenza qui a Torino e ringrazio il Salone per aver dedicato quest’edizione a Primo Levi» ha esordito la Birenbaum. L’accento si è subito posto sulla tremenda esperienza di Auschwitz: è il luglio del 1943 quando Halina, allora tredicenne, avverte la tragedia che toccherà la sua famiglia. Il resto è un crescendo di fame, freddo, umiliazioni. La Birenbaum ha sfogliato le pagine del suo drammatico diario personale che si è snodato in quei trenta giorni di viaggio da Varsavia al campo di sterminio. In quelle pagine sono riaffiorati i ricordi di vite spezzate: prima suo padre, poi il fratello, infine sua madre; uniti da un destino comune: la camera a gas. Ricordi che hanno segnato la vita: per questo ha ammonito la Birenbaum: «L’idea fascista di un nuovo ordine mondiale non ha preso il sopravvento, ma attenzione a non abbassare mai la guardia». Tolleranza, democrazia sono state anche i punti su cui si è soffermato Fernando Savater. «C’è chi propugna l’Europa dei mercanti, chi quella dei popoli, io sono fautore dell’Europa dei cittadini» ha sottolineato Savater, confidando in una Costituzione Europea 2.0 che trovi nel diritto di cittadinanza il suo perno. «Alla vigilia del voto del 26 maggio, mi auguro che il comune desiderio di essere cittadini europei sia la bussola che ci conduca verso il futuro». Sull’importanza del dialogo e sulla necessità di costruirlo attraverso le pagine dei libri si èsoffermati anche Martin Lopez-Vega Gonzales, direttore culturale dell’Instituto Cervantes, che ha ringraziato il Salone per la scelta della lingua spagnola come ospite d’onore. Sulle stessa lunghezza d’onda Sheikh Fahim Al Qasimi, portavoce di Sharjah, capitale dell’omonimo emirato arabo, presente al Salone in qualità di Capitale Mondiale del Libro 2019. Per finire, una battuta del direttore del Salone Nicola Lagioia che, a voler dissipare una volta per tutte le nuvole dei giorni delle vigilia, ha salutato il pubblico, affermando: «Finalmente, oggi splende il sole». L’inaugurazione con la scrittrice sopravvissuta all’Olocausto e l’intellettuale spagnolo. (dalla Redazione)

Standing ovation. Così il pubblico del Salone ha accolto Halina Birenbaum. La scrittrice e poetessa polacca, di origine ebrea, ha portato la testimonianza di sopravvissuta dal campo di sterminio di Auschwitz. Il suo intervento – insieme alla lectio magistralis dello scrittore e filosofo spagnolo Fernando Savater, dedicato all’identità comune europea – è stato uno dei momenti clou della conferenza di apertura della 32° edizione del Salone.

Ad aprirla è stato Alberto Bonisoli, ministro dei Beni e dell’Attività culturali che nel suo intervento ha sottolineato il valore del libro e della lettura come strumento di dialogo e di superamento delle differenze. «L’Italia si merita un Salone come questo di Torino: è un punto di riferimento internazionale sempre più importante, al pari delle Buchmesse di Francoforte e del Salone di Parigi» ha sottolineato il ministro Bonisoli, congratulandosi con l’organizzazione per il lavoro svolto, al fine di tagliare il nastro dell’edizione 2019.

L’emozione si è toccata con mano quando ha preso la parola Halina Birenbaum. «Ringrazio il museo di Auschwitz e l’associazione il Treno della Memoria che hanno reso possibile la mia presenza qui a Torino e ringrazio il Salone per aver dedicato quest’edizione a Primo Levi» ha esordito la Birenbaum. L’accento si è subito posto sulla tremenda esperienza di Auschwitz: è il luglio del 1943 quando Halina, allora tredicenne, avverte la tragedia che toccherà la sua famiglia. Il resto è un crescendo di fame, freddo, umiliazioni. La Birenbaum ha sfogliato le pagine del suo drammatico diario personale che si è snodato in quei trenta giorni di viaggio da Varsavia al campo di sterminio. In quelle pagine sono riaffiorati i ricordi di vite spezzate: prima suo padre, poi il fratello, infine sua madre; uniti da un destino comune: la camera a gas. Ricordi che hanno segnato la vita: per questo ha ammonito la Birenbaum: «L’idea fascista di un nuovo ordine mondiale non ha preso il sopravvento, ma attenzione a non abbassare mai la guardia».

Tolleranza, democrazia sono state anche i punti su cui si è soffermato Fernando Savater. «C’è chi propugna l’Europa dei mercanti, chi quella dei popoli, io sono fautore dell’Europa dei cittadini» ha sottolineato Savater, confidando in una Costituzione Europea 2.0 che trovi nel diritto di cittadinanza il suo perno. «Alla vigilia del voto del 26 maggio, mi auguro che il comune desiderio di essere cittadini europei sia la bussola che ci conduca verso il futuro».

Sull’importanza del dialogo e sulla necessità di costruirlo attraverso le pagine dei libri si èsoffermati anche Martin Lopez-Vega Gonzales, direttore culturale dell’Instituto Cervantes, che ha ringraziato il Salone per la scelta della lingua spagnola come ospite d’onore. Sulle stessa lunghezza d’onda Sheikh Fahim Al Qasimi, portavoce di Sharjah, capitale dell’omonimo emirato arabo, presente al Salone in qualità di Capitale Mondiale del Libro 2019.

Per finire, una battuta del direttore del Salone Nicola Lagioia che, a voler dissipare una volta per tutte le nuvole dei giorni delle vigilia, ha salutato il pubblico, affermando: «Finalmente, oggi splende il sole».

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Di: SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2019: tutte le notizie sulla 32^ edizione http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1475298 SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2019: tutte le notizie sulla 32^ edizione Wed, 08 May 2019 18:51:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475298 <b>SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2019: tutte le notizie sulla 32^ edizione</b> https://letteratitudinenews.wordpress.com/2019/04/16/salone-del-libro-di-torino-2019-tutte-le-notizie-sulla-32-edizione/ SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2019: tutte le notizie sulla 32^ edizione
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2019/04/16/salone-del-libro-di-torino-2019-tutte-le-notizie-sulla-32-edizione/

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Di: SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2019 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1475296 SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2019 Wed, 08 May 2019 18:48:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1475296 <b>SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2019</b> SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2019

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Di: LA PREMIO NOBEL HERTA MULLER E TANTO ALTRO: IL MEGLIO DI DOMENICA http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1368082 LA PREMIO NOBEL HERTA MULLER E TANTO ALTRO: IL MEGLIO DI DOMENICA Sun, 13 May 2018 06:48:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1368082 Cosa c'è di più piacevole che trascorrere la domenica al Salone del Libro? Scopritelo personalmente: un ricco menu di incontri, dibattiti e molto altro per soddisfare ogni tipo di gusto. Scorrendo il programma ecco gli appuntamenti da non perdere domenica 13 maggio. Cominciamo dalla Sala Gialla. Alle ore 12, incontro con Piero Angela: l'occasione per sentire dalla sua viva voce il racconto di una vita al servizio della divulgazione scientifica e la curiosità intellettuale. Alle 14,30, appuntamento per gli amanti del giallo con gli autori della scuderia Sellerio: Alicia Giménez Bartlett, Marco Malvaldi, Francesco Recami, Alessandro Robecchi, Gaetano Savatteri, Fabio Stassi sono i protagonisti dell'incontro L'anno in Giallo. Alle 16 il gionalista Marco Travaglio presenta il suo libro B come Basta (PaperFirst); alle 17 è la volta di Beate le bestie. Il mestiere di scrivere tra gli uomini e le mucche, reading di (e con) Michele Serra. Alle 18,30 Philippe Daverio, in occasione dell'uscita del suo libro Ho finalmente capito l'Italia (Mondadori Electa), terrà la lectio magistralis Uno straniero in Italia. Passiamo in Sala Azzurra. Alle 11 sul palco sale un grande intellettuale del nostro tempo: Edgar Morin. Il filosofo francese presenterà il suo libro Maggio 68. La breccia e discuterà con Mauro Ceruti sul tema Sessantotto, complessità e rivoluzione. Alle 14 incontro con una delle menti più fervide della nostra contemporaneità: Jeremy Rifkin, il teorico dell'economia a costo marginale zero quale alternativa alla fine del capitalismo. Alle ore 17 la premio Nobel Herta Müller dialoga con Adrea Bajani mentre alle 18,30 si terrà la premiazione del Premio Strega Europeo che vede come finalisti Fernando Aramburu, Olivier Guez, Lisa McInerney, Auõur Ava Ólafsdóttir, Lize Spitt. Nutrito anche il programma in Sala Rossa. Alle 12 si parla dello scandalo delle molestie sessuali nei confronti delle donne nel dibattito Dopo, durante e oltre il #metoo, condotto da Loredana Lipperini. Alle 13,30 Ferruccio De Bortoli dialoga con Ilvo Diamanti sui destini delle democrazia in Italia e in Europa. Alle ore 16,30 è il turno di Serena Dandini presentare il suo ultimo libro Il catalogo delle donne valorose (Mondadori). Ma le proposte non finiscono qui. Scorrendo il programma segnaliamo ancora l'incontro in Sala Blu (ore 10,30) con il primo ministro albanese Edi Rama che dialogherà con Vittorio Sgarbi sulla sua esperienza di premier e di sindaco di Tirana. Alle ore 16,30, sempre in Sala Blu, si terrà un omaggio a Gillo Dorfles con Aldo Colonnetti, Maurizio Ferraris, Piergaetano Marchetti, Vincenzo Trione, Antonio Troiano. Per concludere, appuntamento con una signora del cinema italiano: Laura Morante, presenta al Salone in veste di scrittrice con il suo primo libro Brividi immorali. Racconti e interludi (La nave di Teseo). L'incontro si terrà alle 16,30 allo Spazio Duecento. Cosa c’è di più piacevole che trascorrere la domenica al Salone del Libro? Scopritelo personalmente: un ricco menu di incontri, dibattiti e molto altro per soddisfare ogni tipo di gusto. Scorrendo il programma ecco gli appuntamenti da non perdere domenica 13 maggio.

Cominciamo dalla Sala Gialla. Alle ore 12, incontro con Piero Angela: l’occasione per sentire dalla sua viva voce il racconto di una vita al servizio della divulgazione scientifica e la curiosità intellettuale. Alle 14,30, appuntamento per gli amanti del giallo con gli autori della scuderia Sellerio: Alicia Giménez Bartlett, Marco Malvaldi, Francesco Recami, Alessandro Robecchi, Gaetano Savatteri, Fabio Stassi sono i protagonisti dell’incontro L’anno in Giallo.
Alle 16 il gionalista Marco Travaglio presenta il suo libro B come Basta (PaperFirst); alle 17 è la volta di Beate le bestie. Il mestiere di scrivere tra gli uomini e le mucche, reading di (e con) Michele Serra. Alle 18,30 Philippe Daverio, in occasione dell’uscita del suo libro Ho finalmente capito l’Italia (Mondadori Electa), terrà la lectio magistralis Uno straniero in Italia.

Passiamo in Sala Azzurra. Alle 11 sul palco sale un grande intellettuale del nostro tempo: Edgar Morin. Il filosofo francese presenterà il suo libro Maggio 68. La breccia e discuterà con Mauro Ceruti sul tema Sessantotto, complessità e rivoluzione. Alle 14 incontro con una delle menti più fervide della nostra contemporaneità: Jeremy Rifkin, il teorico dell’economia a costo marginale zero quale alternativa alla fine del capitalismo. Alle ore 17 la premio Nobel Herta Müller dialoga con Adrea Bajani mentre alle 18,30 si terrà la premiazione del Premio Strega Europeo che vede come finalisti Fernando Aramburu, Olivier Guez, Lisa McInerney, Auõur Ava Ólafsdóttir, Lize Spitt.

Nutrito anche il programma in Sala Rossa. Alle 12 si parla dello scandalo delle molestie sessuali nei confronti delle donne nel dibattito Dopo, durante e oltre il #metoo, condotto da Loredana Lipperini. Alle 13,30 Ferruccio De Bortoli dialoga con Ilvo Diamanti sui destini delle democrazia in Italia e in Europa. Alle ore 16,30 è il turno di Serena Dandini presentare il suo ultimo libro Il catalogo delle donne valorose (Mondadori).

Ma le proposte non finiscono qui. Scorrendo il programma segnaliamo ancora l’incontro in Sala Blu (ore 10,30) con il primo ministro albanese Edi Rama che dialogherà con Vittorio Sgarbi sulla sua esperienza di premier e di sindaco di Tirana. Alle ore 16,30, sempre in Sala Blu, si terrà un omaggio a Gillo Dorfles con Aldo Colonnetti, Maurizio Ferraris, Piergaetano Marchetti, Vincenzo Trione, Antonio Troiano.

Per concludere, appuntamento con una signora del cinema italiano: Laura Morante, presenta al Salone in veste di scrittrice con il suo primo libro Brividi immorali. Racconti e interludi (La nave di Teseo). L’incontro si terrà alle 16,30 allo Spazio Duecento.

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Di: 600 ISCRITTI PER OLTRE 3MILA INCONTRI ONE TO ONE: CHIUSURA RECORD PER L’IBF http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1368081 600 ISCRITTI PER OLTRE 3MILA INCONTRI ONE TO ONE: CHIUSURA RECORD PER L’IBF Sun, 13 May 2018 06:46:30 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1368081 Oltre 500 iscrizioni già prima dell’inizio del Salone e almeno altri 100 operatori che si sono aggiunti a lavori iniziati. Seimila richieste di appuntamento che hanno generato qualcosa come 3 mila incontri one to one, attraverso la piattaforma di matching appositamente messa a punto dalla società torinese Risolviamo. Sono questi i numeri del successo dell'edizione 2018 di Ibf - International Book Forum, l'area business del Salone in cui il mondo dell’editoria internazionale, del cinema e della televisione ha avuto l'opportunità di incontrare tutti gli editori italiani e i loro libri per trattarne e acquistarne i diritti di traduzione, di adattamento, di serializzazione. In tutto, sono stati 36 i paesi rappresentati a questa diciassettesima edizione: Albania, Argentina, Austria, Bangladesh, Canada, Cina, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Federazione Russa, Francia, Georgia, Germania, Grecia, India, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lussemburgo, Macedonia, Messico, Monaco, Norvegia, Paesi Bassi, Palestina, Polonia, Regno Unito, San Marino, Siria, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia. L’intero progetto Ibf è realizzato grazie al sostegno della Regione Piemonte e di ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. La Fellowship per l’editoria è sostenuta da ICE, quella per i media è sostenuta dal Mibact e patrocinata dal prestigioso programma Eurimages (il fondo del Consiglio d’Europa per la co-produzione, la distribuzione, l’esposizione e la digitalizzazione delle opere cinematografiche europee). I giudizi dei partecipanti Come spiega Michelangelo Fano, della casa di produzione francese Studio Canal: «L'International Book Forum è stata un’esperienza stimolante e dinamica, specialmente per i professionisti del settore cinematografico. È un appuntamento che consente non solo lo scambio d’idee ma anche il crearsi di quei rapporti fondamentali per lo sviluppo di nuovi progetti. È anche un’opportunità per fare il punto sullo stato attuale del settore e per acquisire una visione a 360 gradi su come lo storytelling si stia evolvendo attraverso i vari media». Impressione condivisa da Megan Reid, della statunitense Fx Networks, che aggiunge: «L’Ibf di quest’anno è stato incredibilmente vivace: ho accolto con favore l'opportunità di farmi un’idea più chiara del mercato editoriale italiano». Giudizio positivo anche da parte di Michael Gaeb, dell’agenzia tedesca Literarische Agentur: «È un’idea fantastica, quella di mettere persone del settore cinema e dell'editoria nello stesso luogo, ritornerò sicuramente l’anno prossimo», e di Francis Bickmore, dell’inglese Canongate Books, che aggiunge: «Ho avuto un numero incredibile di incontri utili e creato delle reti nuove ed eccellenti: mi ha soprattutto aperto gli occhi su un nuovo tipo di collaborazione tra i mondi dell’editoria e del cinema, facendo una cosa che nessun’altra fiera al mondo fa». Anche Aaron Brookner, della britannica Pinball, tornerà all’Ibf: «Nel settore del cinema è raro avere l’opportunità di parlare direttamente con editori, agenti e scout presenti nello stesso luogo. Sono stata ispirata da storie incredibili, tutte esposte in maniera impeccabile, a cui non avrei potuto accedere in altro modo». Anche per veterani dell’Ibf come Suzanne Brandreth di Cooke International Canada, l’edizione di quest'anno è stata particolarmente ricca di risultati: «Nel corso di dieci anni di frequentazione torinese ho creato e stretto relazioni durature con editori italiani e internazionali di ogni tipo e competenza: incoraggio ogni persona che incontro ad andare». Le Fellowship, novità di quest’anno Le due Fellowship sono state la grande novità di quest’anno. Venti operatori internazionali provenienti dal mondo editoriale e venti dal mondo audiovisivo si sono incontrati nell’anteprima di mercoledì 9 maggio 2018 alla Scuola Holden per un panel di 4 presentazioni da 20 minuti ciascuna, dove hanno avuto l’opportunità di ascoltare le esperienze di quattro nomi chiave del settore editoria e del settore media e una breve presentazione dei due partner Mibact ed Eurimages. Il tema in discussione è stato il punto di incontro tra il contenuto letterario, narrativa e saggistica, adulti e ragazzi, e il mondo audiovisivo focalizzato all’adattamento per il cinema, la televisione, il teatro. Novità apprezzata, fra gli altri, da Megan Reid, di Fx Networks: «Il programma di Fellowship è stato un'esperienza produttiva e vivace che raccomanderò senza dubbio ad altri colleghi nel campo dello scouting e dello sviluppo». Oltre 500 iscrizioni già prima dell’inizio del Salone e almeno altri 100 operatori che si sono aggiunti a lavori iniziati. Seimila richieste di appuntamento che hanno generato qualcosa come 3 mila incontri one to one, attraverso la piattaforma di matching appositamente messa a punto dalla società torinese Risolviamo. Sono questi i numeri del successo dell’edizione 2018 di Ibf – International Book Forum, l’area business del Salone in cui il mondo dell’editoria internazionale, del cinema e della televisione ha avuto l’opportunità di incontrare tutti gli editori italiani e i loro libri per trattarne e acquistarne i diritti di traduzione, di adattamento, di serializzazione.

In tutto, sono stati 36 i paesi rappresentati a questa diciassettesima edizione: Albania, Argentina, Austria, Bangladesh, Canada, Cina, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Federazione Russa, Francia, Georgia, Germania, Grecia, India, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lussemburgo, Macedonia, Messico, Monaco, Norvegia, Paesi Bassi, Palestina, Polonia, Regno Unito, San Marino, Siria, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia.

L’intero progetto Ibf è realizzato grazie al sostegno della Regione Piemonte e di ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. La Fellowship per l’editoria è sostenuta da ICE, quella per i media è sostenuta dal Mibact e patrocinata dal prestigioso programma Eurimages (il fondo del Consiglio d’Europa per la co-produzione, la distribuzione, l’esposizione e la digitalizzazione delle opere cinematografiche europee).

I giudizi dei partecipanti
Come spiega Michelangelo Fano, della casa di produzione francese Studio Canal: «L’International Book Forum è stata un’esperienza stimolante e dinamica, specialmente per i professionisti del settore cinematografico. È un appuntamento che consente non solo lo scambio d’idee ma anche il crearsi di quei rapporti fondamentali per lo sviluppo di nuovi progetti. È anche un’opportunità per fare il punto sullo stato attuale del settore e per acquisire una visione a 360 gradi su come lo storytelling si stia evolvendo attraverso i vari media». Impressione condivisa da Megan Reid, della statunitense Fx Networks, che aggiunge: «L’Ibf di quest’anno è stato incredibilmente vivace: ho accolto con favore l’opportunità di farmi un’idea più chiara del mercato editoriale italiano».
Giudizio positivo anche da parte di Michael Gaeb, dell’agenzia tedesca Literarische Agentur: «È un’idea fantastica, quella di mettere persone del settore cinema e dell’editoria nello stesso luogo, ritornerò sicuramente l’anno prossimo», e di Francis Bickmore, dell’inglese Canongate Books, che aggiunge: «Ho avuto un numero incredibile di incontri utili e creato delle reti nuove ed eccellenti: mi ha soprattutto aperto gli occhi su un nuovo tipo di collaborazione tra i mondi dell’editoria e del cinema, facendo una cosa che nessun’altra fiera al mondo fa».
Anche Aaron Brookner, della britannica Pinball, tornerà all’Ibf: «Nel settore del cinema è raro avere l’opportunità di parlare direttamente con editori, agenti e scout presenti nello stesso luogo. Sono stata ispirata da storie incredibili, tutte esposte in maniera impeccabile, a cui non avrei potuto accedere in altro modo». Anche per veterani dell’Ibf come Suzanne Brandreth di Cooke International Canada, l’edizione di quest’anno è stata particolarmente ricca di risultati: «Nel corso di dieci anni di frequentazione torinese ho creato e stretto relazioni durature con editori italiani e internazionali di ogni tipo e competenza: incoraggio ogni persona che incontro ad andare».

Le Fellowship, novità di quest’anno
Le due Fellowship sono state la grande novità di quest’anno. Venti operatori internazionali provenienti dal mondo editoriale e venti dal mondo audiovisivo si sono incontrati nell’anteprima di mercoledì 9 maggio 2018 alla Scuola Holden per un panel di 4 presentazioni da 20 minuti ciascuna, dove hanno avuto l’opportunità di ascoltare le esperienze di quattro nomi chiave del settore editoria e del settore media e una breve presentazione dei due partner Mibact ed Eurimages. Il tema in discussione è stato il punto di incontro tra il contenuto letterario, narrativa e saggistica, adulti e ragazzi, e il mondo audiovisivo focalizzato all’adattamento per il cinema, la televisione, il teatro.
Novità apprezzata, fra gli altri, da Megan Reid, di Fx Networks: «Il programma di Fellowship è stato un’esperienza produttiva e vivace che raccomanderò senza dubbio ad altri colleghi nel campo dello scouting e dello sviluppo».

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Di: il programma completo del SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2017 (prima del Salone) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313901 il programma completo del SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2017 (prima del Salone) Mon, 22 May 2017 15:30:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313901 il programma completo del SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2017 (prima del Salone) https://letteratitudinenews.wordpress.com/2017/04/27/e-online-il-programma-completo-del-salone-internazionale-del-libro-di-torino-2017/ il programma completo del SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO 2017 (prima del Salone)
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2017/04/27/e-online-il-programma-completo-del-salone-internazionale-del-libro-di-torino-2017/

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Di: IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: il discorso integrale di NICOLA LAGIOIA (prima del Salone) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313900 IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: il discorso integrale di NICOLA LAGIOIA (prima del Salone) Mon, 22 May 2017 15:29:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313900 IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: il discorso integrale di NICOLA LAGIOIA (prima del Salone) https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/11/25/salone-torino-2017-nicola-lagioia/ IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: il discorso integrale di NICOLA LAGIOIA (prima del Salone)
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/11/25/salone-torino-2017-nicola-lagioia/

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Di: IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: il discorso integrale di MARIO MONTALCINI (prima del Salone) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313899 IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: il discorso integrale di MARIO MONTALCINI (prima del Salone) Mon, 22 May 2017 15:29:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313899 IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: il discorso integrale di MARIO MONTALCINI (prima del Salone) https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/11/25/salone-libro-2017-montalcini/ IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: il discorso integrale di MARIO MONTALCINI (prima del Salone)
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/11/25/salone-libro-2017-montalcini/

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Di: IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017 (la presentazione) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313898 IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017 (la presentazione) Mon, 22 May 2017 15:28:34 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313898 Su LetteratitudineNews https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/11/24/il-salone-del-libro-di-torino-2017-la-presentazione/ Su LetteratitudineNews
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Di: OLTRE IL CONFINE: il tema del 30° Salone Internazionale del Libro di Torino http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313897 OLTRE IL CONFINE: il tema del 30° Salone Internazionale del Libro di Torino Mon, 22 May 2017 15:28:04 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313897 Su LetteratitudineNews https://letteratitudinenews.wordpress.com/2017/02/22/oltre-il-confine-il-tema-del-30-salone-internazionale-del-libro-di-torino/ Su LetteratitudineNews
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2017/02/22/oltre-il-confine-il-tema-del-30-salone-internazionale-del-libro-di-torino/

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Di: AL SALONE DI TORINO NASCE IL SUPERFESTIVAL: Torino sarà la casa-vetrina dei festival culturali italiani http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313896 AL SALONE DI TORINO NASCE IL SUPERFESTIVAL: Torino sarà la casa-vetrina dei festival culturali italiani Mon, 22 May 2017 15:27:38 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313896 Su LetteratitudineNews https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/12/16/al-salone-di-torino-nasce-il-superfestival/ Su LetteratitudineNews
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/12/16/al-salone-di-torino-nasce-il-superfestival/

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Di: Il successo di Ibf: oltre 5.500 incontri tra 600 operatori http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313853 Il successo di Ibf: oltre 5.500 incontri tra 600 operatori Sun, 21 May 2017 20:13:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313853 Si è chiusa sabato 20 maggio l’edizione 2017 dell’Ibf - International Book Forum, l’appuntamento professionale del Salone Internazionale del Libro di Torino per la compravendita dei diritti editoriali, da quest’anno gestito in modo diretto e autonomo dalla Fondazione per il Libro. Grazie anche alla nuova collocazione delle tre giornate di contrattazioni nelle sale del Museo Carpano di Eataly Lingotto, sede al contempo di momenti conviviali fra i partecipanti, l’agenda degli appuntamenti ha superato del 40% il numero di incontri formalmente previsti in avvio, dando vita a una fitta rete di circa 5.500 meeting professionali che hanno coinvolto 600 operatori fra editori e agenti letterari, con numerosi professionisti presenti al Salone che si sono aggiunti in corso d’opera ai 475 pre-accreditati. Ha commentato l’assessora alla Cultura della Regione Piemonte, Antonella Parigi: "L’Ibf si conferma un appuntamento di assoluta importanza, che rappresenta una significativa opportunità anche per gli editori piemontesi. L'ampliamento al settore audiovisivo con la sezione “Book to Screen” ha l'indubbio merito di ampliare ulteriormente questa importante sezione del Salone di Torino". Realizzato col sostegno dalla Regione Piemonte e il supporto di Ice - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, all’Ibf - International Book Forum sono stati una trentina i paesi stranieri presenti. Le rappresentative più consistenti sono state quelle di Spagna, Francia, Germania e Regno Unito, e di Albania, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi, Finlandia, Georgia, Giappone, Grecia, Lituania, Monaco, Mozambico, Nigeria, Norvegia, Paesi Bassi, Pakistan, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Stati Uniti, Turchia, Ungheria. Fra gli editori internazionali più significativi, i tedeschi di Rowholt Verlag, Surhkamp Verlag, Klepenheuer e Witsch e Random House Germany; i francesi di Plon, Grasset, Casterman; Penguin Random House dal Regno Unito, De Bezlge Bij dall’Olanda e Planeta dalla Spagna. E poi la grande novità del comparto dell’audiovisivo: sono state 46 le realtà protagoniste - con alcuni inserimenti dell’ultimo minuto fra produttori, scout, agenti e uffici diritti - della sezione Book to Screen dedicata alle produzione televisive, cinematografiche e new media italiane e internazionali, che ha radunato alcuni dei marchi più importanti del settore a livello mondiale, alla ricerca di contenuti esclusivi da acquistare e trasformare in film, fiction e altri prodotti destinati al grande e piccolo schermo nonché al web. Book to Screen, forte del sostegno della Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ha visto la presenza dei produttori italiani Cattleya, Kimera Film, Tangram, Lucky Red, Bibi Film, Malia Film, Fox, Mediaset, RAI Fiction, Sky Italia, Indiana, Fandango, Ascent, Groenlandia, Wildside, Ballandi Arts, Cross Productions, Palomar, 11 Marzo Film, Pepito Film, Lux Vide, Lotus. I produttori stranieri sono invece stati i danesi di Nordisk Film Distribution, i francesi di Studio Canal, dal Regno Unito Film4, Warp Films e DNA Films e Amazon Studio dagli USA. Per quanto riguarda l’attività di scouting, c’erano le case italiane Titanus, Notorius e Filmauro e dall’estero le statunitensi HBO, Fox, AMC e Netflix. Sul fronte agenti e uffici diritti, le presenze nazionali riguardano Vigevani-Ali-Bernabò, Grandi e Associati, PNLA, Malatesta Agency, Alferij e Prestia, Carpinelli Consulenze editoriali, mentre dall’estero sono arrivati EFA (Regno Unito), WME (Usa), Rogers, Coleridge & White (Regno Unito), Wylie Agency (Regno Unito), David Higham (Regno Unito) e C+W (Regno Unito). Un momento specifico è stato inoltre riservato all’incontro con gli editori indipendenti, che hanno direttamente sostenuto la trentesima edizione del Salone: nato per favorire gli incontri tra grandi player dell’editoria, l’Ibf nel corso degli anni si è rivelato occasione di contatti internazionali anche per la piccola editoria indipendente, contribuendo alla crescita dei volumi di vendita di diritti editoriali di titoli italiani all’estero. - Domenica, 21 Maggio 2017 Si è chiusa sabato 20 maggio l’edizione 2017 dell’Ibf – International Book Forum, l’appuntamento professionale del Salone Internazionale del Libro di Torino per la compravendita dei diritti editoriali, da quest’anno gestito in modo diretto e autonomo dalla Fondazione per il Libro.

Grazie anche alla nuova collocazione delle tre giornate di contrattazioni nelle sale del Museo Carpano di Eataly Lingotto, sede al contempo di momenti conviviali fra i partecipanti, l’agenda degli appuntamenti ha superato del 40% il numero di incontri formalmente previsti in avvio, dando vita a una fitta rete di circa 5.500 meeting professionali che hanno coinvolto 600 operatori fra editori e agenti letterari, con numerosi professionisti presenti al Salone che si sono aggiunti in corso d’opera ai 475 pre-accreditati.

Ha commentato l’assessora alla Cultura della Regione Piemonte, Antonella Parigi: “L’Ibf si conferma un appuntamento di assoluta importanza, che rappresenta una significativa opportunità anche per gli editori piemontesi. L’ampliamento al settore audiovisivo con la sezione “Book to Screen” ha l’indubbio merito di ampliare ulteriormente questa importante sezione del Salone di Torino”.

Realizzato col sostegno dalla Regione Piemonte e il supporto di Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, all’Ibf – International Book Forum sono stati una trentina i paesi stranieri presenti. Le rappresentative più consistenti sono state quelle di Spagna, Francia, Germania e Regno Unito, e di Albania, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi, Finlandia, Georgia, Giappone, Grecia, Lituania, Monaco, Mozambico, Nigeria, Norvegia, Paesi Bassi, Pakistan, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Stati Uniti, Turchia, Ungheria.

Fra gli editori internazionali più significativi, i tedeschi di Rowholt Verlag, Surhkamp Verlag, Klepenheuer e Witsch e Random House Germany; i francesi di Plon, Grasset, Casterman; Penguin Random House dal Regno Unito, De Bezlge Bij dall’Olanda e Planeta dalla Spagna.

E poi la grande novità del comparto dell’audiovisivo: sono state 46 le realtà protagoniste – con alcuni inserimenti dell’ultimo minuto fra produttori, scout, agenti e uffici diritti – della sezione Book to Screen dedicata alle produzione televisive, cinematografiche e new media italiane e internazionali, che ha radunato alcuni dei marchi più importanti del settore a livello mondiale, alla ricerca di contenuti esclusivi da acquistare e trasformare in film, fiction e altri prodotti destinati al grande e piccolo schermo nonché al web.

Book to Screen, forte del sostegno della Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ha visto la presenza dei produttori italiani Cattleya, Kimera Film, Tangram, Lucky Red, Bibi Film, Malia Film, Fox, Mediaset, RAI Fiction, Sky Italia, Indiana, Fandango, Ascent, Groenlandia, Wildside, Ballandi Arts, Cross Productions, Palomar, 11 Marzo Film, Pepito Film, Lux Vide, Lotus. I produttori stranieri sono invece stati i danesi di Nordisk Film Distribution, i francesi di Studio Canal, dal Regno Unito Film4, Warp Films e DNA Films e Amazon Studio dagli USA. Per quanto riguarda l’attività di scouting, c’erano le case italiane Titanus, Notorius e Filmauro e dall’estero le statunitensi HBO, Fox, AMC e Netflix. Sul fronte agenti e uffici diritti, le presenze nazionali riguardano Vigevani-Ali-Bernabò, Grandi e Associati, PNLA, Malatesta Agency, Alferij e Prestia, Carpinelli Consulenze editoriali, mentre dall’estero sono arrivati EFA (Regno Unito), WME (Usa), Rogers, Coleridge & White (Regno Unito), Wylie Agency (Regno Unito), David Higham (Regno Unito) e C+W (Regno Unito).

Un momento specifico è stato inoltre riservato all’incontro con gli editori indipendenti, che hanno direttamente sostenuto la trentesima edizione del Salone: nato per favorire gli incontri tra grandi player dell’editoria, l’Ibf nel corso degli anni si è rivelato occasione di contatti internazionali anche per la piccola editoria indipendente, contribuendo alla crescita dei volumi di vendita di diritti editoriali di titoli italiani all’estero.
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Domenica, 21 Maggio 2017

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Di: Il Presidente del Senato Pietro Grasso inaugura il trentesimo Salone http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313852 Il Presidente del Senato Pietro Grasso inaugura il trentesimo Salone Thu, 18 May 2017 05:11:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313852 Cinque giorni imperdibili quelli che promette Torino dal 18 al 22 maggio 2017 con l’edizione numero trenta del suo Salone Internazionale del Libro, che per celebrare il prestigioso traguardo “anagrafico”, scavalca il perimetro della tradizionale offerta per sconfinare in una programmazione culturale a tutto tondo che caratterizzerà l’intera città. Ispirato al tema conduttore “Oltre il confine” - il titolo di quest’anno illustrato da Gipi nell'immagine guida della manifestazione - il programma intessuto per l’edizione 2017 dal direttore Nicola Lagioia con i quattordici consulenti del Salone e lo staff della Fondazione per il Libro, si apre verso nuove dimensioni sia in termini di contenuti, sia dal punto di vista degli spazi fisici e degli orari, caratterizzando in tal senso la consueta passerella di grandi autori e protagonisti della scena culturale italiana e internazionale. All’interno dei 45 mila metri quadri di superficie espositiva dei padiglioni del Lingotto Fiere sono circa 11 mila i metri quadri commerciali (il 10% in più dello scorso anno) occupati da 452 titolari di stand (nel 2016 erano 338), a cui si sommano i 9 stand dei progetti speciali. Complessivamente il trentesimo Salone del Libro propone quasi 1.200 case editrici, dando vita a un programma che conta 1.379 appuntamenti disseminati nelle 30 sale a disposizione dei visitatori, che vanno dai 600 posti della più grande, la Sala Gialla, ai 20 dei laboratori didattici. Il totale delle case editrici è rappresentato dalle 422 con stand proprio, da altri 417 editori italiani e stranieri ospitati da stand di colleghi, dalle presenze di 10 fra case discografiche ed editori musicali accolti nell’area ad essi dedicata e da quelle inserite nei 12 spazi regionali di Piemonte, Toscana (regione ospite), Basilicata, Calabria, Friuli, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e Valle d’Aosta, oltre all’area di Matera 2019, e nei tre stand internazionali di Cina, Romania e Marocco, che insieme accolgono all’incirca ulteriori 300 realtà editoriali dei loro territori. Relativamente alla sezioni tematiche proposte, varcando la soglia del trentesimo Salone del Libro di Torino è il pubblico stesso a essere condotto “oltre il confine”: per scoprire il volto autentico degli Stati Uniti con la sezione “Another side of America”; per incontrare donne che stanno cambiando il mondo, protagoniste di “Solo noi stesse”; per lasciarsi sorprendere dai reading di “Festa Mobile”; per affacciarsi sul futuro con gli appuntamenti de “L’età ibrida”; per conoscere l’Italia che risorge dal terremoto, ospite della programmazione “Il futuro non crolla”; per riconsiderare il vero valore del cibo e dell’alimentazione negli spazi di “Gastronomica”; per imbattersi nell’arte e nell’illustrazione di grandi maestri con “Match. Letteratura vs Arte”; per confrontarsi con la letteratura di frontiera dei “Romanzi Impossibili”; per trovare settantuno festival culturali italiani riuniti nel “Superfestival”; per farsi trasportare dalle sonorità dello spazio “Music’n’Books”; per assaporare la quiete autentica entrando dentro “L’isola del silenzio”; per far crescere i propri figli e nipoti con un libro in mano grazie al “Bookstock Village”; per superare i confini della fantasia con le iniziative che celebrano Tolkien e King. E ancora, per udire le mille lingue della letteratura mondiale, per celebrare grandi personaggi ed eventi del passato di cui ricorrono gli anniversari, per fermarsi ad ascoltare l’autore più amato, per approfondire gli argomenti di chi ha fatto dell’editoria il proprio mestiere. E poi, per vivere l’evento al di là dei padiglioni del Lingotto e dei suoi orari di apertura, perché il Salone si dilata popolando l’intero territorio cittadino con un fitta serie di incontri, concerti, reading, esibizioni, feste ecc. per animare ogni giorno e fino a tarda sera le location più suggestive del capoluogo subalpino. È il programma del Salone Off, che mai come quest’anno, in cui il Salone chiude i battenti alle ore 20, diventa un elemento integrante del programma della manifestazione, invadendo Torino ed espandendosi in altre 15 località del territorio provinciale e regionale. Oltre 150 luoghi coinvolti nei modi più disparati: alcune sono location insolite, come quelle occupate dal programma esterno di “Festa Mobile” (fra i tanti, la mongolfiera di Borgo Dora o il Sommergibile Andrea Provana al Parco del Valentino), oppure vere e proprie sedi distaccate del Salone come l’area dell’Ex-Incet per i concerti serali. Fra gli eventi fuori sede anche le “Narrazioni Jazz” organizzate con la Città di Torino, con una ricca serie di concerti - fra gli altri, Dee Dee Bridgewater, Enrico Rava con Geri Allen e l’attrice Anna Bonaiuto, Paolo Fresu - e la serata Torino Jazz Night/Oltre i confini della notte che animerà l’intera città dopo il calar del sole portando musica e letteratura in giro per le strade, nelle piazze, nelle sale da concerto e nei locali. L’Ibf - International Book Forum, l’area professionale per la compravendita dei diritti editoriali, occupa le sale del Museo Carpano di Eataly dove i 475 gli operatori dell’editoria ad oggi iscritti - di cui 132 stranieri da 30 Paesi, daranno vita a contrattazioni e appuntamenti commerciali. Ad essi si aggiunge la presenza di 40 realtà italiane e internazionali del comparto dell’audiovisivo di Book to Screen, sezione che Ibf dedica alle produzione televisive, cinematografiche e new media, con alcuni dei marchi più importanti del settore a livello mondiale. - - I consulenti per le sezioni del Salone del Libro Andrea Bajani, consulente per Romanzi Impossibili; Giulia Blasi, consulente per i workshop sulla scrittura digitale; Paola Caridi e Lucia Sorbera, consulenti per Anime Arabe; Ilide Carmignani, consulente per il ciclo L’AutoreInvisibile; Giuseppe Culicchia, consulente per Festa Mobile; Giorgio Gianotto, consulente per L’età ibrida e Prospettive digitali; Alessandro Grazioli, supporto al coordinamento editoriale e di comunicazione; Alessandro Leogrande, consulente per la parte relativa agli anniversari; Loredana Lipperini, consulente per le due feste per J.R.R. Tolkien e Stephen King, per l’approfondimento Il futuro non crolla e per Solo noi stesse insieme a Valeria Parrella; Valeria Parrella, consulente per Solo noi stesse insieme a Loredana Lipperini; Vincenzo Trione, consulente per Match, arte vs letteratura; Fabio Geda ed Eros Miari, consulenti per il programma bambini e ragazzi del Bookstock Village; Mattia Carratello e Rebecca Servadio, consulenti per il progetto IBF-International Book Forum. - Mercoledì, 17 Maggio 2017 Cinque giorni imperdibili quelli che promette Torino dal 18 al 22 maggio 2017 con l’edizione numero trenta del suo Salone Internazionale del Libro, che per celebrare il prestigioso traguardo “anagrafico”, scavalca il perimetro della tradizionale offerta per sconfinare in una programmazione culturale a tutto tondo che caratterizzerà l’intera città.

Ispirato al tema conduttore “Oltre il confine” – il titolo di quest’anno illustrato da Gipi nell’immagine guida della manifestazione – il programma intessuto per l’edizione 2017 dal direttore Nicola Lagioia con i quattordici consulenti del Salone e lo staff della Fondazione per il Libro, si apre verso nuove dimensioni sia in termini di contenuti, sia dal punto di vista degli spazi fisici e degli orari, caratterizzando in tal senso la consueta passerella di grandi autori e protagonisti della scena culturale italiana e internazionale.

All’interno dei 45 mila metri quadri di superficie espositiva dei padiglioni del Lingotto Fiere sono circa 11 mila i metri quadri commerciali (il 10% in più dello scorso anno) occupati da 452 titolari di stand (nel 2016 erano 338), a cui si sommano i 9 stand dei progetti speciali. Complessivamente il trentesimo Salone del Libro propone quasi 1.200 case editrici, dando vita a un programma che conta 1.379 appuntamenti disseminati nelle 30 sale a disposizione dei visitatori, che vanno dai 600 posti della più grande, la Sala Gialla, ai 20 dei laboratori didattici.

Il totale delle case editrici è rappresentato dalle 422 con stand proprio, da altri 417 editori italiani e stranieri ospitati da stand di colleghi, dalle presenze di 10 fra case discografiche ed editori musicali accolti nell’area ad essi dedicata e da quelle inserite nei 12 spazi regionali di Piemonte, Toscana (regione ospite), Basilicata, Calabria, Friuli, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e Valle d’Aosta, oltre all’area di Matera 2019, e nei tre stand internazionali di Cina, Romania e Marocco, che insieme accolgono all’incirca ulteriori 300 realtà editoriali dei loro territori.

Relativamente alla sezioni tematiche proposte, varcando la soglia del trentesimo Salone del Libro di Torino è il pubblico stesso a essere condotto “oltre il confine”: per scoprire il volto autentico degli Stati Uniti con la sezione “Another side of America”; per incontrare donne che stanno cambiando il mondo, protagoniste di “Solo noi stesse”; per lasciarsi sorprendere dai reading di “Festa Mobile”; per affacciarsi sul futuro con gli appuntamenti de “L’età ibrida”; per conoscere l’Italia che risorge dal terremoto, ospite della programmazione “Il futuro non crolla”; per riconsiderare il vero valore del cibo e dell’alimentazione negli spazi di “Gastronomica”; per imbattersi nell’arte e nell’illustrazione di grandi maestri con “Match. Letteratura vs Arte”; per confrontarsi con la letteratura di frontiera dei “Romanzi Impossibili”; per trovare settantuno festival culturali italiani riuniti nel “Superfestival”; per farsi trasportare dalle sonorità dello spazio “Music’n’Books”; per assaporare la quiete autentica entrando dentro “L’isola del silenzio”; per far crescere i propri figli e nipoti con un libro in mano grazie al “Bookstock Village”; per superare i confini della fantasia con le iniziative che celebrano Tolkien e King. E ancora, per udire le mille lingue della letteratura mondiale, per celebrare grandi personaggi ed eventi del passato di cui ricorrono gli anniversari, per fermarsi ad ascoltare l’autore più amato, per approfondire gli argomenti di chi ha fatto dell’editoria il proprio mestiere.

E poi, per vivere l’evento al di là dei padiglioni del Lingotto e dei suoi orari di apertura, perché il Salone si dilata popolando l’intero territorio cittadino con un fitta serie di incontri, concerti, reading, esibizioni, feste ecc. per animare ogni giorno e fino a tarda sera le location più suggestive del capoluogo subalpino. È il programma del Salone Off, che mai come quest’anno, in cui il Salone chiude i battenti alle ore 20, diventa un elemento integrante del programma della manifestazione, invadendo Torino ed espandendosi in altre 15 località del territorio provinciale e regionale. Oltre 150 luoghi coinvolti nei modi più disparati: alcune sono location insolite, come quelle occupate dal programma esterno di “Festa Mobile” (fra i tanti, la mongolfiera di Borgo Dora o il Sommergibile Andrea Provana al Parco del Valentino), oppure vere e proprie sedi distaccate del Salone come l’area dell’Ex-Incet per i concerti serali. Fra gli eventi fuori sede anche le “Narrazioni Jazz” organizzate con la Città di Torino, con una ricca serie di concerti – fra gli altri, Dee Dee Bridgewater, Enrico Rava con Geri Allen e l’attrice Anna Bonaiuto, Paolo Fresu – e la serata Torino Jazz Night/Oltre i confini della notte che animerà l’intera città dopo il calar del sole portando musica e letteratura in giro per le strade, nelle piazze, nelle sale da concerto e nei locali.

L’Ibf – International Book Forum, l’area professionale per la compravendita dei diritti editoriali, occupa le sale del Museo Carpano di Eataly dove i 475 gli operatori dell’editoria ad oggi iscritti – di cui 132 stranieri da 30 Paesi, daranno vita a contrattazioni e appuntamenti commerciali. Ad essi si aggiunge la presenza di 40 realtà italiane e internazionali del comparto dell’audiovisivo di Book to Screen, sezione che Ibf dedica alle produzione televisive, cinematografiche e new media, con alcuni dei marchi più importanti del settore a livello mondiale.
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I consulenti per le sezioni del Salone del Libro

Andrea Bajani, consulente per Romanzi Impossibili; Giulia Blasi, consulente per i workshop sulla scrittura digitale; Paola Caridi e Lucia Sorbera, consulenti per Anime Arabe; Ilide Carmignani, consulente per il ciclo L’AutoreInvisibile; Giuseppe Culicchia, consulente per Festa Mobile; Giorgio Gianotto, consulente per L’età ibrida e Prospettive digitali; Alessandro Grazioli, supporto al coordinamento editoriale e di comunicazione; Alessandro Leogrande, consulente per la parte relativa agli anniversari; Loredana Lipperini, consulente per le due feste per J.R.R. Tolkien e Stephen King, per l’approfondimento Il futuro non crolla e per Solo noi stesse insieme a Valeria Parrella; Valeria Parrella, consulente per Solo noi stesse insieme a Loredana Lipperini; Vincenzo Trione, consulente per Match, arte vs letteratura; Fabio Geda ed Eros Miari, consulenti per il programma bambini e ragazzi del Bookstock Village; Mattia Carratello e Rebecca Servadio, consulenti per il progetto IBF-International Book Forum.

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Mercoledì, 17 Maggio 2017

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Di: IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: OLTRE IL CONFINE: dal 18 al 22 maggio 2017 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1313851 IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: OLTRE IL CONFINE: dal 18 al 22 maggio 2017 Thu, 18 May 2017 05:00:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1313851 <b>IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: OLTRE IL CONFINE: dal 18 al 22 maggio 2017 </b> IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2017: OLTRE IL CONFINE: dal 18 al 22 maggio 2017

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1274052 Massimo Maugeri Wed, 01 Jun 2016 14:21:34 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1274052 Grazie mille per la tua riflessione, caro Marco. E tanti in bocca al lupo per il tuo blog! Grazie mille per la tua riflessione, caro Marco.
E tanti in bocca al lupo per il tuo blog!

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Di: Marco http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1273882 Marco Mon, 30 May 2016 20:39:03 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1273882 Buonasera, sto leggendo con molto interesse alcuni spunti del suo blog che ritengo davvero interessanti. In particolare mi è piaciuto e mi ha stimolato il concetto che lei ha così espresso: "Un Io che non sa guardarsi dentro, e invece di affrontare una coraggiosa autoanalisi preferisce creare un alter ego virtuale da far circolare in rete, offrendo di sé un’immagine edulcorata che non corrisponde al vero: non il ritratto di quello che si è, ma di quello che si vorrebbe essere. Un inganno romanzesco, una proiezione immaginaria”. Ebbene la riflessione che mi è venuta in modo spontaneo è la seguente: non è forse la società in cui viviamo a a dotarci quasi senza neanche ce ne accorgessimo o lo volessimo, di un alter ego, di qualcuno che non ha le nostre paure, le nostre ansie, quelle di una vita "normale"? Qualunque cosa facciamo o non facciamo, saremo sempre visti da chiunque in modo diverso da ciò che siamo veramente ed allora ecco che spesso ci si crea una corazza, un modo di essere che presumibilmente dovrebbe andar bene a molti, quasi come se chiedessimo di essere accettati in questa società. Un esempio stupido e banale, lo sto riscontrando in questo periodo perchè sto cercando di crearmi un blog, perchè mi piace scrivere e null'altro. Non cerco nulla, eppure, girando per la rete, mi accorgo che tutti ti riempiono di consigli e di modi di fare, di dire o di essere per piacere, per fare in modo che la gente torni. Va bene, certo che scrivo perchè la gente legga, ma io scrivo e scriverò sempre di ciò che mi emoziona, mi stupisce, mi colpisce, null'altro. Se il pubblico sarà scarso....pazienza. Alla prossima e complimenti per il blog. Marco. Buonasera, sto leggendo con molto interesse alcuni spunti del suo blog che ritengo davvero interessanti. In particolare mi è piaciuto e mi ha stimolato il concetto che lei ha così espresso:
“Un Io che non sa guardarsi dentro, e invece di affrontare una coraggiosa autoanalisi preferisce creare un alter ego virtuale da far circolare in rete, offrendo di sé un’immagine edulcorata che non corrisponde al vero: non il ritratto di quello che si è, ma di quello che si vorrebbe essere. Un inganno romanzesco, una proiezione immaginaria”.
Ebbene la riflessione che mi è venuta in modo spontaneo è la seguente:
non è forse la società in cui viviamo a a dotarci quasi senza neanche ce ne accorgessimo o lo volessimo, di un alter ego, di qualcuno che non ha le nostre paure, le nostre ansie, quelle di una vita “normale”? Qualunque cosa facciamo o non facciamo, saremo sempre visti da chiunque in modo diverso da ciò che siamo veramente ed allora ecco che spesso ci si crea una corazza, un modo di essere che presumibilmente dovrebbe andar bene a molti, quasi come se chiedessimo di essere accettati in questa società.
Un esempio stupido e banale, lo sto riscontrando in questo periodo perchè sto cercando di crearmi un blog, perchè mi piace scrivere e null’altro. Non cerco nulla, eppure, girando per la rete, mi accorgo che tutti ti riempiono di consigli e di modi di fare, di dire o di essere per piacere, per fare in modo che la gente torni. Va bene, certo che scrivo perchè la gente legga, ma io scrivo e scriverò sempre di ciò che mi emoziona, mi stupisce, mi colpisce, null’altro. Se il pubblico sarà scarso….pazienza.
Alla prossima e complimenti per il blog.
Marco.

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Di: SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: I grandi ospiti http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1272890 SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: I grandi ospiti Sat, 14 May 2016 13:25:10 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1272890 <b>I grandi ospiti internazionali, la saggistica, i narratori italiani</b> - Tra gli ospiti internazionali, spicca Shirin Ebadi, la prima donna mussulmana a ricevere il Premio Nobel per la pace. Indomabile avvocato iraniano, si è sempre battuta per la difesa di donne e bambini dalle brutalità del regime e racconta in Finché non saremo liberi (Bompiani) una storia di coraggio e di ribellione. Antoine Leiris è l’uomo che a Parigi ha perso la moglie nella strage del Bataclan. La sua lettera ai terroristi, Non avrete il mio odio, è diventata un libro ed esce presso Il Corbaccio. Ha scritto Massimo Gramellini: «Se ciò che chiamiamo Occidente ha un senso, questo senso palpita nelle parole con cui il signor Antoine Leiris si è rivolto ai terroristi». Grande attesa per l’americana Marilynne Robinson, vera icona nazionale cui ha reso omaggio Barack Obama in persona, rendendole visita a casa sua. La Robinson viene a ritirare il Premio Mondello Internazionale dalle mani di Michela Murgia, giudice monocratico. La giapponese Marie Kondo (Vallardi) è diventata un caso internazionale con il suo Il magico potere del riordino, proposta di un metodo insieme pratico e filosofico per mettere ordine nelle proprie cose e nella propria vita, che ha sinora coinvolto cinque milioni di persone. Per la prima volta al Salone l’americano Michael Cunningham con la sua riscrittura noir delle fiabe più famose (La nave di Teseo); i francesi Muriel Barbéry dopo il successo di L’eleganza del riccio con Vita degli elfi (e/o); e Bernard Quiriny (Storie assassine, L’Orma). Ci saranno anche l’indiano Amitav Ghosh che festeggerà anche i 70 anni del suo editore italiano Neri Pozza; Jeffrey Deaver (Rizzoli), Clara Sánchez (Garzanti), l’olandese Tommy Wieringa (Iperborea), il greco Petros Markaris (La nave di Teseo), l’emergente russo Andrej Astvarsaturov, l’americana Wednesday Martin con la sua satira impietosa della ultraricchi newyorkesi dell’Upper East Side e dei loro rituali (Book Me). Tra i saggisti, Enzo Bianchi dialoga con Umberto Galimberti sul tema della Misericordia. La lezione di Luciano Canfora prende spunto dal suo nuovo libro dedicato a Tucidide e a un’Atene opaca, attraversata da tensioni e conflitti, ma capace di produrre Sofocle, Socrate e Fidia. Massimo Recalcati presenta il suo libro su Lacan, Alessandro Barbero la sua biografia di Costantino, Carlo Ossola il suo intenso profilo di Italo Calvino. Giorgio Ficara si interroga insieme ad Alfonso Berardinelli sulla sopravvivenza della letteratura. Benedetta Craveri presenta il suo elegante saggio Gli ultimi libertini, sette storie di aristocratici francesi che hanno incarnato con suprema eleganza le migliori qualità dell’Età dei Lumi. Alberto Angela racconta le meraviglie di San Pietro. Lo chef Antonino Cannavacciuolo, ormai assurto a star, le emozioni che si possono creare in cucina tra Nord e Sud. Il grecista Giulio Guidorizzi fa raccontare ad Agamennone il mondo omerico, culla della civiltà occidentale. Vittorino Andreoli insegna a costruire qui e ora il tempo della gioia, senza rincorrere un futuro impossibile. Carlo Sini si chiede se l’Occidente, che continua a parlare del proprio tramonto, ne abbia almeno compreso le origini. Infine lunedì i saggi consigli di Paolo Pejrone per «un giardino semplice». Un vero evento è la prima traduzione italiana del Talmud babilonese (Giuntina), impresa che ha coinvolto 70 redattori e traduttori per un testo che abbraccia ogni aspetto della vita e della legge ebraica, occupandosi anche di scienza, medicina, economia. La illustrano Rav Gianfranco Di Segni, Alberto Melloni, Armando Massarenti e la curatrice Clelia Piperno. Ritorna al Lingotto anche il Premio Nobel per la Letteratura Dario Fo, che ha appena festeggiato novanta splendidi anni, con il suo nuovo libro-intervista Dario e Dio (Guanda). Con lui Giuseppina Manin. Al solito molto nutrita la presenza degli scrittori italiani. Tra loro giovedì Claudio Magris e Erri De Luca. Venerdì Antonio Moresco, Roberto Costantini, Rosa Matteucci, Antonio Scurati, Francesca Paci, Elena Stancanelli. Sabato Roberto Saviano festeggia con Mondadori i dieci anni di Gomorra che torna in una nuova edizione aggiornata; Walter Veltroni (con Pippo Baudo e Chiara Gamberale), Dacia Maraini con il suo libro sul desiderio di paternità, Eugenio Scalfari, Antonio Manzini in dialogo con Alessandro Robecchi, Paolo Rumiz, Andrea Vitali (con il campione mondiale di bocce Mauro Roggero), Eraldo Affinati, Antonio Pennacchi, Simona Sparaco, Mario Baudino, l’attore Marco Bocci in veste di narratore delle periferie romane. Domenica Corrado Augias dialoga con Aldo Schiavone a proposito di Cristo e Pilato, Beppe Severgnini nella veste di esperto viaggiatore, Donato Carrisi, Simonetta Agnello Hornby, Paola Mastrocola con Massimo Gramellini, Giovanni Floris narratore, Marcello Sorgi, Diego De Silva in un reading a due voci con Antonio Pascale, Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini sul passaggio delle storie criminali dal romanzo alla tv, Nadia Fusini, Hans Tuzzi, Caterina Bonvicini, Romana Petri, Massimo Carlotto, Mariapia Veladiano, Gianni Farinetti, Giordano Meacci, Carmine Abate. Lunedì Bruno Arpaia, Vittorino Andreoli, Paolo Pejrone, Giancarlo Caselli. E un pomeriggio all’insegna del calcio, che vede in scena una nutrita pattuglia di juventini storici (Trapattoni, Causio, Tardelli, Gentile, Marchisio) e torinisti. I grandi ospiti internazionali, la saggistica, i narratori italiani
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Tra gli ospiti internazionali, spicca Shirin Ebadi, la prima donna mussulmana a ricevere il Premio Nobel per la pace. Indomabile avvocato iraniano, si è sempre battuta per la difesa di donne e bambini dalle brutalità del regime e racconta in Finché non saremo liberi (Bompiani) una storia di coraggio e di ribellione.

Antoine Leiris è l’uomo che a Parigi ha perso la moglie nella strage del Bataclan. La sua lettera ai terroristi, Non avrete il mio odio, è diventata un libro ed esce presso Il Corbaccio. Ha scritto Massimo Gramellini: «Se ciò che chiamiamo Occidente ha un senso, questo senso palpita nelle parole con cui il signor Antoine Leiris si è rivolto ai terroristi».

Grande attesa per l’americana Marilynne Robinson, vera icona nazionale cui ha reso omaggio Barack Obama in persona, rendendole visita a casa sua. La Robinson viene a ritirare il Premio Mondello Internazionale dalle mani di Michela Murgia, giudice monocratico.

La giapponese Marie Kondo (Vallardi) è diventata un caso internazionale con il suo Il magico potere del riordino, proposta di un metodo insieme pratico e filosofico per mettere ordine nelle proprie cose e nella propria vita, che ha sinora coinvolto cinque milioni di persone.

Per la prima volta al Salone l’americano Michael Cunningham con la sua riscrittura noir delle fiabe più famose (La nave di Teseo); i francesi Muriel Barbéry dopo il successo di L’eleganza del riccio con Vita degli elfi (e/o); e Bernard Quiriny (Storie assassine, L’Orma). Ci saranno anche l’indiano Amitav Ghosh che festeggerà anche i 70 anni del suo editore italiano Neri Pozza; Jeffrey Deaver (Rizzoli), Clara Sánchez (Garzanti), l’olandese Tommy Wieringa (Iperborea), il greco Petros Markaris (La nave di Teseo), l’emergente russo Andrej Astvarsaturov, l’americana Wednesday Martin con la sua satira impietosa della ultraricchi newyorkesi dell’Upper East Side e dei loro rituali (Book Me).

Tra i saggisti, Enzo Bianchi dialoga con Umberto Galimberti sul tema della Misericordia. La lezione di Luciano Canfora prende spunto dal suo nuovo libro dedicato a Tucidide e a un’Atene opaca, attraversata da tensioni e conflitti, ma capace di produrre Sofocle, Socrate e Fidia. Massimo Recalcati presenta il suo libro su Lacan, Alessandro Barbero la sua biografia di Costantino, Carlo Ossola il suo intenso profilo di Italo Calvino. Giorgio Ficara si interroga insieme ad Alfonso Berardinelli sulla sopravvivenza della letteratura. Benedetta Craveri presenta il suo elegante saggio Gli ultimi libertini, sette storie di aristocratici francesi che hanno incarnato con suprema eleganza le migliori qualità dell’Età dei Lumi. Alberto Angela racconta le meraviglie di San Pietro. Lo chef Antonino Cannavacciuolo, ormai assurto a star, le emozioni che si possono creare in cucina tra Nord e Sud. Il grecista Giulio Guidorizzi fa raccontare ad Agamennone il mondo omerico, culla della civiltà occidentale. Vittorino Andreoli insegna a costruire qui e ora il tempo della gioia, senza rincorrere un futuro impossibile. Carlo Sini si chiede se l’Occidente, che continua a parlare del proprio tramonto, ne abbia almeno compreso le origini. Infine lunedì i saggi consigli di Paolo Pejrone per «un giardino semplice».

Un vero evento è la prima traduzione italiana del Talmud babilonese (Giuntina), impresa che ha coinvolto 70 redattori e traduttori per un testo che abbraccia ogni aspetto della vita e della legge ebraica, occupandosi anche di scienza, medicina, economia. La illustrano Rav Gianfranco Di Segni, Alberto Melloni, Armando Massarenti e la curatrice Clelia Piperno.

Ritorna al Lingotto anche il Premio Nobel per la Letteratura Dario Fo, che ha appena festeggiato novanta splendidi anni, con il suo nuovo libro-intervista Dario e Dio (Guanda). Con lui Giuseppina Manin.

Al solito molto nutrita la presenza degli scrittori italiani. Tra loro giovedì Claudio Magris e Erri De Luca. Venerdì Antonio Moresco, Roberto Costantini, Rosa Matteucci, Antonio Scurati, Francesca Paci, Elena Stancanelli. Sabato Roberto Saviano festeggia con Mondadori i dieci anni di Gomorra che torna in una nuova edizione aggiornata; Walter Veltroni (con Pippo Baudo e Chiara Gamberale), Dacia Maraini con il suo libro sul desiderio di paternità, Eugenio Scalfari, Antonio Manzini in dialogo con Alessandro Robecchi, Paolo Rumiz, Andrea Vitali (con il campione mondiale di bocce Mauro Roggero), Eraldo Affinati, Antonio Pennacchi, Simona Sparaco, Mario Baudino, l’attore Marco Bocci in veste di narratore delle periferie romane.

Domenica Corrado Augias dialoga con Aldo Schiavone a proposito di Cristo e Pilato, Beppe Severgnini nella veste di esperto viaggiatore, Donato Carrisi, Simonetta Agnello Hornby, Paola Mastrocola con Massimo Gramellini, Giovanni Floris narratore, Marcello Sorgi, Diego De Silva in un reading a due voci con Antonio Pascale, Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini sul passaggio delle storie criminali dal romanzo alla tv, Nadia Fusini, Hans Tuzzi, Caterina Bonvicini, Romana Petri, Massimo Carlotto, Mariapia Veladiano, Gianni Farinetti, Giordano Meacci, Carmine Abate. Lunedì Bruno Arpaia, Vittorino Andreoli, Paolo Pejrone, Giancarlo Caselli. E un pomeriggio all’insegna del calcio, che vede in scena una nutrita pattuglia di juventini storici (Trapattoni, Causio, Tardelli, Gentile, Marchisio) e torinisti.

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Di: SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: IL SALONE IN SINTESI http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1272879 SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: IL SALONE IN SINTESI Sat, 14 May 2016 09:31:08 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1272879 <b>Il Salone 2016 in sintesi</b> - Sono oltre 1.000 gli editori presenti al Salone 2016, chi con proprio stand, chi all’interno di spazi collettivi e istituzionali. Tutti confermati i marchi editoriali, dai grandi gruppi ai piccoli e medi editori. Un gradito ritorno quello di Donzelli. Ritorna Amazon che debutta il suo nuovo marchio di editoria cartacea APub. Presente per la prima volta l’Istituto Luce. Settanta i nuovi espositori che debuttano al Salone. Fra loro La Conchiglia di Capri, raffinato libraio-editore di scuola napoletana, estremamente curato nella scelta cartaria e tipografica e molto attivo sul fronte degli incontri fra le culture del Mediterraneo. E i 24 editori indipendenti dell’Incubatore, che festeggia 10 anni: provengono da tutta Italia e hanno meno di due anni di vita. I convegni e dibattiti in programma sono a oggi 1.222, cui andranno ad aggiungersi quelli del Salone Off. Trentasette le Sale Convegni e Laboratori, compresa le nuove Sala Romania e Sala Babel. A oggi sono già oltre 500 gli operatori internazionali accreditati all’International Book Forum, di cui più di 250 stranieri provenienti da 41 Paesi. Fra gli editori rappresentati all’Ibf, i francesi Flammarion, Gallimard e Xo; i tedeschi Piper, Suhrkamp, Kunstmann, Hanser e Alexander; gli spagnoli Anagrama, Narcea e Sexto Piso. I Paesi presenti al Salone con un proprio stand: Albania Azerbaijan e Romania, che ha realizzato e dato il suo nome a una sala convegni dotata di 50 posti e che – accanto alla propria programmazione – ospita numerosi incontri di Officina ideati per valorizzare il ruolo dei piccoli editori. Le Istituzioni nazionali italiane sono rappresentate da Presidenza del Consiglio dei Ministri, Miur – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ministero della Difesa, Cnr – Centro Nazionale delle Ricerche. Dopo Calabria, Veneto e Lazio, la Regione Ospite d’onore nel 2016 è la Puglia. Le altre Regioni Italiane presenti con un proprio spazio sono Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Sardegna, Toscana e Valle d’Aosta. Area Startup. Quest’anno debuttano al Salone 10 nuove startup selezionate attraverso la call internazionale lanciata dal Salone per i migliori progetti di editoria digitale. Casa Cookbook. Sono 25 gli espositori presenti quest’anno. Tra le novità: Cucchiaio d’Argento, FunnyVegan, CEF publishing, Luca Maroni – Sens e Moka Libri. Torna Phaidon Press, brand internazionale con sedi a Londra, Parigi, Barcellona, Milano, Tokyo e New York. Nello spazio Collettiva editori per ragazzi sono 12 gli editori presenti: Biblioteca dei Leoni, Eli – La Spiga edizioni, Grappolo di Libri Editore, Erba Moly, Italy for Kids, Kite edizioni, Lo editions-Officina Libraria, Sestante edizioni, Teke Arcobaleno, Uovonero, Edizioni Curci, Carthusia. Fra le novità più rilevanti, il biglietto ridotto che da 9,00 € scende a 8,00 (invariato a 10 € l’intero), e l’introduzione del nuovo biglietto ridotto preserale a soli 5,00 €, valido dopo le ore 18 e per il quale è stata ideata una nuova striscia di eventi e concerti serali con grandi nomi della musica italiana. Tutti i biglietti possono essere acquistati in prevendita online su salonelibro.it. Il Salone 2016 in sintesi
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Sono oltre 1.000 gli editori presenti al Salone 2016, chi con proprio stand, chi all’interno di spazi collettivi e istituzionali. Tutti confermati i marchi editoriali, dai grandi gruppi ai piccoli e medi editori. Un gradito ritorno quello di Donzelli. Ritorna Amazon che debutta il suo nuovo marchio di editoria cartacea APub. Presente per la prima volta l’Istituto Luce.

Settanta i nuovi espositori che debuttano al Salone. Fra loro La Conchiglia di Capri, raffinato libraio-editore di scuola napoletana, estremamente curato nella scelta cartaria e tipografica e molto attivo sul fronte degli incontri fra le culture del Mediterraneo. E i 24 editori indipendenti dell’Incubatore, che festeggia 10 anni: provengono da tutta Italia e hanno meno di due anni di vita.

I convegni e dibattiti in programma sono a oggi 1.222, cui andranno ad aggiungersi quelli del Salone Off. Trentasette le Sale Convegni e Laboratori, compresa le nuove Sala Romania e Sala Babel.

A oggi sono già oltre 500 gli operatori internazionali accreditati all’International Book Forum, di cui più di 250 stranieri provenienti da 41 Paesi. Fra gli editori rappresentati all’Ibf, i francesi Flammarion, Gallimard e Xo; i tedeschi Piper, Suhrkamp, Kunstmann, Hanser e Alexander; gli spagnoli Anagrama, Narcea e Sexto Piso.

I Paesi presenti al Salone con un proprio stand: Albania Azerbaijan e Romania, che ha realizzato e dato il suo nome a una sala convegni dotata di 50 posti e che – accanto alla propria programmazione – ospita numerosi incontri di Officina ideati per valorizzare il ruolo dei piccoli editori.

Le Istituzioni nazionali italiane sono rappresentate da Presidenza del Consiglio dei Ministri, Miur – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ministero della Difesa, Cnr – Centro Nazionale delle Ricerche.

Dopo Calabria, Veneto e Lazio, la Regione Ospite d’onore nel 2016 è la Puglia. Le altre Regioni Italiane presenti con un proprio spazio sono Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Sardegna, Toscana e Valle d’Aosta.

Area Startup. Quest’anno debuttano al Salone 10 nuove startup selezionate attraverso la call internazionale lanciata dal Salone per i migliori progetti di editoria digitale.

Casa Cookbook. Sono 25 gli espositori presenti quest’anno. Tra le novità: Cucchiaio d’Argento, FunnyVegan, CEF publishing, Luca Maroni – Sens e Moka Libri. Torna Phaidon Press, brand internazionale con sedi a Londra, Parigi, Barcellona, Milano, Tokyo e New York.

Nello spazio Collettiva editori per ragazzi sono 12 gli editori presenti: Biblioteca dei Leoni, Eli – La Spiga edizioni, Grappolo di Libri Editore, Erba Moly, Italy for Kids, Kite edizioni, Lo editions-Officina Libraria, Sestante edizioni, Teke Arcobaleno, Uovonero, Edizioni Curci, Carthusia.

Fra le novità più rilevanti, il biglietto ridotto che da 9,00 € scende a 8,00 (invariato a 10 € l’intero), e l’introduzione del nuovo biglietto ridotto preserale a soli 5,00 €, valido dopo le ore 18 e per il quale è stata ideata una nuova striscia di eventi e concerti serali con grandi nomi della musica italiana. Tutti i biglietti possono essere acquistati in prevendita online su salonelibro.it.

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Di: SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: IL TEMA CONDUTTORE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1272878 SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: IL TEMA CONDUTTORE Sat, 14 May 2016 09:30:17 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1272878 <b>La visionarietà, tema conduttore del Salone 2016</b> - Il titolo del Salone 2016 è Visioni. E il suo filo conduttore vuole dare spazio alle esperienze di chi ha la capacità di guardare lontano, di darsi e vincere sfide che sembrano impossibili, di lavorare per il futuro attuando progetti forti, basati su una conoscenza vera, ma anche sul patrimonio letterario, artistico e filosofico che costituisce la nostra identità culturale, e dunque nell’indispensabile saldatura tra cultura scientifica e cultura umanistica. Al centro dell’edizione 2016 saranno dunque i visionari che, nei rispettivi rami di attività, si sono distinti per la lungimiranza del progetto, le capacità d’innovazione, l’originalità dei metodi operativi, ma anche la sapienza divulgativa e comunicativa. Fra i testimonial di questa concreta capacità visionaria il fisico Roberto Cingolani, dal 2005 il brillante direttore dell’Istituto italiano di Tecnologia (IIT), centro avanzato di robotica e nanotecnologie, che costituisce un’eccellenza internazionale come punta avanzata della ricerca in un settore strategico. L’Istituto Italiano di Tecnologia porta nel 5° padiglione del Salone il suo robot androide iCub, e organizza mostre e incontri in cui al centro vi sarà sempre il libro, insostituibile veicolo di conservazione e condivisione delle idee. Insieme a Cingolani, due altri visionari, imprenditori umanisti capaci di guardare lontano, ben oltre il puro profitto immediato. Marino Golinelli, bolognese, classe 1920, imprenditore farmaceutico di successo, sin del 1988 ha creato la Fondazione che porta il suo nome e in cui ha profuso cospicui investimenti. Vuole aiutare i giovani a capire come sarà il mondo di domani e a valorizzare se stessi, per trasformare i problemi in occasioni. Nel segno di una nuova imprenditoria che significhi anche crescita morale e civile lavora anche Brunello Cucinelli, che ha fatto della cultura il propellente di una nuova alleanza tra capitale e lavoro. Grazie anche alla sua liberalità, il Salone 2016 ospita le letture di grandi attori come Anna Bonaiuto, Fabrizio Gifuni e Isabella Ragonese. Sempre in campo scientifico, sono attesi al Salone due protagonisti della ricerca più avanzata. Carlo Rovelli, che a Marsiglia guida un’équipe che lavora sulla fisica quantistica a loop, ha rivelato uno straordinario talento di divulgatore, che ha fatto delle sue Sette lezioni di fisica un best-seller tradotto in 35 Paesi. Guido Tonelli (La nascita imperfetta delle cose, Rizzoli), è responsabile dell’esperimento che al Cern ha permesso di scoprire, con quello di Fabiola Gianotti, il bosone di Higgs, e racconterà i prossimi capitoli dell’avventura della fisica. Ci sarà anche il giovane fisico francese Christophe Galfard, che con i suoi spettacoli in 3d ha rivelato anch’egli uno straordinario talento divulgativo (L’universo a portata di mano, Bollati Boringhieri, premiato in Francia nel 2015 come il miglior libro scientifico). L’astronauta Samantha Cristoforetti presenta a Torino il libro Feltrinelli che ha dedicato ai ragazzi: le passioni e le avventure della sua professione diventano una fiaba moderna. Narratore di formazione scientifica, Marco Malvaldi ci regala un excursus storico, dimostrando come scienza e poesia, da Omero e Borges, siano riusciti a mettere in campo un’alleanza profetica nell’antivedere le invenzioni più sofisticate (L’infinito a portata di mano, Rizzoli). Michel Serres («Lucrezio al tempo del web», Le Monde) è l’intramontabile maestro di un pensiero filosofico che sembra esaltarsi davanti alle sfide del futuro. Nella sua lunga attività ha saputo coniugare discipline spesso lontane tra loro – matematica, letteratura, fisica, estetica, diritto, storia, antropologia, informatica, chimica – per trarne la visione globale di una realtà in continua mutazione. L’innovazione può anche passare da una nuova lettura delle «vecchie» risorse naturali. La biomimetica è il metodo innovativo che ci propone Renato Bruni, docente di Botanica all’Università di Parma con il suo Erba volant (Codice), dove si dimostra che la natura è all’avanguardia nell’offrirci soluzioni efficaci, sostenibili e rivoluzionarie per il nostro futuro. Carlo Ratti insegna al MIT di Boston, dove dirige il Senseable City Lab, e ha introdotto l’idea di un’«architettura che percepisce e risponde». Applica alla progettazione urbanistica e allo studio della mobilità urbana sofisticate tecnologie digitali «dal volto umano», studiandone l’interazione con l’ambiente e il tessuto sociale. In dialogo con lui Beppe Severgnini. Tra i visionari rientra a giusto titolo anche Carlo Petrini («Una delle 50 persone che potrebbero salvare il mondo», secondo il Guardian), che festeggia i trent’anni di Slow Food, diventato un movimento internazionale che celebra ogni due anni la sua assise planetaria con Terra Madre. Si intitola Visionari e televisionari la lectio magistralis di Philippe Daverio, che ci insegna come un quadro, se guardato a lungo, possa aprire la strada a una pluralità di narrazioni che aprono prospettive infinite. La visionarietà è una categoria che si può anche applicare anche a grandi fotografi, in grado di trasformare un’immagine in aperture concettuali che modificano la nostra percezione. È il caso di Oliviero Toscani, al Lingotto con un volume che raccoglie le sue opere più famose dal 1965 al 2015 (Electa Mondadori). La visionarietà non si applica solo al futuro. Ogni generazione è chiama a “rivedere”, a riscrivere la propria storia con strumenti capaci di capaci di superare le metodologie tradizionali. Carlo Ginzburg ha applicato nuove fruttuose metodologie coniugando scienze umane, arti figurative e letteratura con un occhio speciale alle menzogne e alle violenze che avvelenano le società contemporanee. Il suo recente Paura reverenza terrore (Adelphi) si occupa del potere di immagini che ci aggrediscono e vogliono suggestionarci. Così come visionari sono l’antropologo teorico dei non luoghi Marc Augè e l’architetto Stefano Boeri, autore di una delle case definite più belle del mondo: il Bosco Verticale di Milano. Venerdì 13 dialogano con il filosofo Federico Vercellone in un incontro organizzato assieme alla Fondazione Merz, che proprio in questo periodo ospita la mostra di Botto & Bruno dedicata alle periferie. La visionarietà, tema conduttore del Salone 2016
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Il titolo del Salone 2016 è Visioni. E il suo filo conduttore vuole dare spazio alle esperienze di chi ha la capacità di guardare lontano, di darsi e vincere sfide che sembrano impossibili, di lavorare per il futuro attuando progetti forti, basati su una conoscenza vera, ma anche sul patrimonio letterario, artistico e filosofico che costituisce la nostra identità culturale, e dunque nell’indispensabile saldatura tra cultura scientifica e cultura umanistica.

Al centro dell’edizione 2016 saranno dunque i visionari che, nei rispettivi rami di attività, si sono distinti per la lungimiranza del progetto, le capacità d’innovazione, l’originalità dei metodi operativi, ma anche la sapienza divulgativa e comunicativa.

Fra i testimonial di questa concreta capacità visionaria il fisico Roberto Cingolani, dal 2005 il brillante direttore dell’Istituto italiano di Tecnologia (IIT), centro avanzato di robotica e nanotecnologie, che costituisce un’eccellenza internazionale come punta avanzata della ricerca in un settore strategico. L’Istituto Italiano di Tecnologia porta nel 5° padiglione del Salone il suo robot androide iCub, e organizza mostre e incontri in cui al centro vi sarà sempre il libro, insostituibile veicolo di conservazione e condivisione delle idee.

Insieme a Cingolani, due altri visionari, imprenditori umanisti capaci di guardare lontano, ben oltre il puro profitto immediato. Marino Golinelli, bolognese, classe 1920, imprenditore farmaceutico di successo, sin del 1988 ha creato la Fondazione che porta il suo nome e in cui ha profuso cospicui investimenti. Vuole aiutare i giovani a capire come sarà il mondo di domani e a valorizzare se stessi, per trasformare i problemi in occasioni. Nel segno di una nuova imprenditoria che significhi anche crescita morale e civile lavora anche Brunello Cucinelli, che ha fatto della cultura il propellente di una nuova alleanza tra capitale e lavoro. Grazie anche alla sua liberalità, il Salone 2016 ospita le letture di grandi attori come Anna Bonaiuto, Fabrizio Gifuni e Isabella Ragonese.

Sempre in campo scientifico, sono attesi al Salone due protagonisti della ricerca più avanzata. Carlo Rovelli, che a Marsiglia guida un’équipe che lavora sulla fisica quantistica a loop, ha rivelato uno straordinario talento di divulgatore, che ha fatto delle sue Sette lezioni di fisica un best-seller tradotto in 35 Paesi. Guido Tonelli (La nascita imperfetta delle cose, Rizzoli), è responsabile dell’esperimento che al Cern ha permesso di scoprire, con quello di Fabiola Gianotti, il bosone di Higgs, e racconterà i prossimi capitoli dell’avventura della fisica. Ci sarà anche il giovane fisico francese Christophe Galfard, che con i suoi spettacoli in 3d ha rivelato anch’egli uno straordinario talento divulgativo (L’universo a portata di mano, Bollati Boringhieri, premiato in Francia nel 2015 come il miglior libro scientifico). L’astronauta Samantha Cristoforetti presenta a Torino il libro Feltrinelli che ha dedicato ai ragazzi: le passioni e le avventure della sua professione diventano una fiaba moderna.

Narratore di formazione scientifica, Marco Malvaldi ci regala un excursus storico, dimostrando come scienza e poesia, da Omero e Borges, siano riusciti a mettere in campo un’alleanza profetica nell’antivedere le invenzioni più sofisticate (L’infinito a portata di mano, Rizzoli).

Michel Serres («Lucrezio al tempo del web», Le Monde) è l’intramontabile maestro di un pensiero filosofico che sembra esaltarsi davanti alle sfide del futuro. Nella sua lunga attività ha saputo coniugare discipline spesso lontane tra loro – matematica, letteratura, fisica, estetica, diritto, storia, antropologia, informatica, chimica – per trarne la visione globale di una realtà in continua mutazione. L’innovazione può anche passare da una nuova lettura delle «vecchie» risorse naturali. La biomimetica è il metodo innovativo che ci propone Renato Bruni, docente di Botanica all’Università di Parma con il suo Erba volant (Codice), dove si dimostra che la natura è all’avanguardia nell’offrirci soluzioni efficaci, sostenibili e rivoluzionarie per il nostro futuro.

Carlo Ratti insegna al MIT di Boston, dove dirige il Senseable City Lab, e ha introdotto l’idea di un’«architettura che percepisce e risponde». Applica alla progettazione urbanistica e allo studio della mobilità urbana sofisticate tecnologie digitali «dal volto umano», studiandone l’interazione con l’ambiente e il tessuto sociale. In dialogo con lui Beppe Severgnini.

Tra i visionari rientra a giusto titolo anche Carlo Petrini («Una delle 50 persone che potrebbero salvare il mondo», secondo il Guardian), che festeggia i trent’anni di Slow Food, diventato un movimento internazionale che celebra ogni due anni la sua assise planetaria con Terra Madre.

Si intitola Visionari e televisionari la lectio magistralis di Philippe Daverio, che ci insegna come un quadro, se guardato a lungo, possa aprire la strada a una pluralità di narrazioni che aprono prospettive infinite.

La visionarietà è una categoria che si può anche applicare anche a grandi fotografi, in grado di trasformare un’immagine in aperture concettuali che modificano la nostra percezione. È il caso di Oliviero Toscani, al Lingotto con un volume che raccoglie le sue opere più famose dal 1965 al 2015 (Electa Mondadori).

La visionarietà non si applica solo al futuro. Ogni generazione è chiama a “rivedere”, a riscrivere la propria storia con strumenti capaci di capaci di superare le metodologie tradizionali. Carlo Ginzburg ha applicato nuove fruttuose metodologie coniugando scienze umane, arti figurative e letteratura con un occhio speciale alle menzogne e alle violenze che avvelenano le società contemporanee. Il suo recente Paura reverenza terrore (Adelphi) si occupa del potere di immagini che ci aggrediscono e vogliono suggestionarci.

Così come visionari sono l’antropologo teorico dei non luoghi Marc Augè e l’architetto Stefano Boeri, autore di una delle case definite più belle del mondo: il Bosco Verticale di Milano. Venerdì 13 dialogano con il filosofo Federico Vercellone in un incontro organizzato assieme alla Fondazione Merz, che proprio in questo periodo ospita la mostra di Botto & Bruno dedicata alle periferie.

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Di: SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: Le culture arabe ospiti al Lingotto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1272877 SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: Le culture arabe ospiti al Lingotto Sat, 14 May 2016 09:29:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1272877 <b>Le culture arabe ospiti al Lingotto: la letteratura come patria condivisa</b> - Al posto del Paese Ospite d’onore, una nuova formula che offre un focus allargato e traversale su realtà culturali che superano le rigide divisioni degli Stati nazionali. A criteri puramente geopolitici subentrano più ampi criteri geoculturali. La letteratura come patria, come rifugio, come portatrice di diritti, come luogo deputato al confronto con l’altro. Non una semplice vetrina, ma un’occasione di scambio, un comune discorso in progress da opporre alle semplificazioni e ai pregiudizi. È il caso della letteratura e della cultura araba, che dal Marocco all’Iraq offre un quadro quanto mai mosso e variegato, che ci aiuta a capire l’anima profonda e segreta di Paesi che pur affacciandosi sul nostro stesso mare rimangono poco conosciuti. La letteratura è appunto in grado di fornire quel «più» di conoscenza di cui abbiamo bisogno, per supportare le ricerche storiche, le riflessioni politiche, persino l’agenda delle cose da fare. L’accelerazione che ha subito la storia nel Nord Africa e in Medio Oriente ha investito anche noi, con un impatto la cui forza è stata sino ad oggi sottovalutata. Oggi persino il pubblico più avvertito fatica a decifrare la complessità di storie e civiltà di cui sino a ieri credevamo di poter fare a meno. Il Salone 2016 vuole proporre alcune voci utili a compilare una sorta di «vocabolario dell’arabo nuovo», che parta da una lettura critica della storia che abbiamo alle spalle. In questo compito il Salone si avvale della competenza e della passione di un nutrito gruppo di arabisti italiani e internazionali, che fanno capo a Paola Caridi e a Lucia Sorbera dell’Università di Sidney, con il concorso attivo di giovani studiosi torinesi. Grazie a loro possiamo avere una miglior conoscenza delle mutazioni in corso, della persistenza di problemi antichi, e degli apporti delle nuove generazioni. Le rivolte del 2011, anche se incompiute, hanno portato alla ribalta protagonisti, movimenti, tendenze, richieste che negli anni precedenti erano cresciute nell’ombra di regimi politici autoritari e corrotti, affrontando l’emarginazione e l’esilio, ma senza mai rinunciare a mettere a confronto mondi diversi. Presenti al Lingotto Moncef Ben Moussa il direttore del Museo del Bardo di Tunisi, fatto segno del recente attacco terroristico. È da anni di casa in Italia Tahar Ben Jelloun, che festeggia con La Nave di Teseo un suo nuovo romanzo sui matrimoni combinati. Il poeta siriano-libanese Adonis, considerato l’autore più significativo della lirica in lingua araba, è al Salone con Violenza e Islam (Guanda) lucida analisi della natura profonda delle società arabe, delle rigidezze che le bloccano, e delle radici delle loro derive radicali. Attese due studiose egiziane che da anni dedicano al loro Paese analisi documentate e stringenti, tanto più utili in queste settimane, dominate dalla drammaticità del caso Regeni. Ahdaf Soueif (1950), saggista e narratrice, scrive per The Guardian. È nata al Cairo, e vive tra Londra e la città natale, che ha raccontato in Il Cairo. La mia città, la nostra rivoluzione (Donzelli). May Telmissany (1965), narratrice e saggista, docente di studi arabi all’Università di Ottawa, ha concentrato le sue ricerche sulle dinamiche sociali del suo Paese. L’algerino Boualem Sansal (2084. La fine del mondo, Neri Pozza) va persino oltre lo Houellebecq di Sottomissione ipotizzando un futuro in cui gli incubi del presente sembrano realizzati nella forma di una feroce teocrazia totalitaria. Algerino è anche Yasmina Khadra (dal 2001 pseudonimo di Mohamed Moulessehoul, ex ufficiale dell’esercito). Nei suoi libri memoria autobiografica, pamphlet, racconto psicologico, romanzo si fondono nell’affrontare lucidamente i conflitti del nostro tempo, concentrandosi sulle ragioni del fondamentalismo più violento. Molte le voci giovani che ci illuminano sui comportamenti delle nuove generazioni. Mahi Binebine (1959), marocchino, racconta in Il grande salto (Rizzoli) la storia di un ragazzo di Casablanca che diventa un attentatore suicida. Salem Haddad (1983), di padre libanese-palestinese, ha lavorato per Médecins sans frontières, e vive a Londra, dove si occupa si assistenza ai rifugiati. È autore del romanzo Ultimo giro al Guapa (tradotto da e/o), ritratto scabroso di una generazione che si batte contro le ipocrisie e le repressioni del regime. Karim Miské, narratore e documentarista di padre mauritano e madre franco-albanese, cresciuto a Parigi, insegue una possibilità identità ma sentendosi estraneo ovunque (Non appartenere, Fazi). Shadi Hamady (1988), di padre siriano e madre italiana, vive a Milano ed è autore di La felicità araba, storia di una famiglia coinvolta nella rivoluzione siriana. Giovane è anche Leila Slimani (Rabat, 1981), giornalista e scrittrice, con il suo scandaloso romanzo d’esordio Il giardino dell’orco (Gallimard, in traduzione Rizzoli). La storia di una ossessione sessuale che ha vinto il più prestigioso premio letterario del Marocco. Dialoga con lei Elena Stancanelli. Si parlerà di poesia con Sinan Antoon (1967). Di padre iracheno e madre americana, narratore e documentarista, insegna alla New York University ed è tra i più esperti conoscitori della letteratura mediorientale. Poesia e musica sono strettamente connessi nelle culture arabe, come dimostra anche l’esperienza di Nabil Salameh (1962), cantautore e giornalista palestinese, corrispondente dall’Italia di Al Jazeera, è fondatore del gruppo di world music Radioderwish (1997), con base in Puglia, che ha presto conquistato notorietà internazionale. Non potevano mancare a Torino autori di fumetti e di graphic novel molto seguiti come i cairoti Magdy El Shafee (1961), artista e illustratore egiziano che lavora nel filone del realismo sociale (per la sua critica corrosiva, la graphic novel Metro, 2008, gli ha valso un processo e una condanna); e Muhammad Shennawi (1981) uno dei più noti e apprezzati graphic designers e fumettisti egiziani. L’Islam reale, i suoi rapporti con le culture europee, gli stereotipi correnti sono al centro del dialogo tra Franco Cardini e Pietrangelo Buttafuoco. Si parlerà naturalmente di ISIS e di terrorismo con Maurizio Molinari, che presenta il suo libro con un esperto di terrorismo come Marco Minniti, sottosegretario con delega per la sicurezza. Su L’Islam e le donne si interroga anche Lilli Gruber nel suo nuovo libro (Rizzoli). Le culture arabe ospiti al Lingotto: la letteratura come patria condivisa
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Al posto del Paese Ospite d’onore, una nuova formula che offre un focus allargato e traversale su realtà culturali che superano le rigide divisioni degli Stati nazionali. A criteri puramente geopolitici subentrano più ampi criteri geoculturali. La letteratura come patria, come rifugio, come portatrice di diritti, come luogo deputato al confronto con l’altro. Non una semplice vetrina, ma un’occasione di scambio, un comune discorso in progress da opporre alle semplificazioni e ai pregiudizi.

È il caso della letteratura e della cultura araba, che dal Marocco all’Iraq offre un quadro quanto mai mosso e variegato, che ci aiuta a capire l’anima profonda e segreta di Paesi che pur affacciandosi sul nostro stesso mare rimangono poco conosciuti. La letteratura è appunto in grado di fornire quel «più» di conoscenza di cui abbiamo bisogno, per supportare le ricerche storiche, le riflessioni politiche, persino l’agenda delle cose da fare.

L’accelerazione che ha subito la storia nel Nord Africa e in Medio Oriente ha investito anche noi, con un impatto la cui forza è stata sino ad oggi sottovalutata. Oggi persino il pubblico più avvertito fatica a decifrare la complessità di storie e civiltà di cui sino a ieri credevamo di poter fare a meno.

Il Salone 2016 vuole proporre alcune voci utili a compilare una sorta di «vocabolario dell’arabo nuovo», che parta da una lettura critica della storia che abbiamo alle spalle. In questo compito il Salone si avvale della competenza e della passione di un nutrito gruppo di arabisti italiani e internazionali, che fanno capo a Paola Caridi e a Lucia Sorbera dell’Università di Sidney, con il concorso attivo di giovani studiosi torinesi.

Grazie a loro possiamo avere una miglior conoscenza delle mutazioni in corso, della persistenza di problemi antichi, e degli apporti delle nuove generazioni. Le rivolte del 2011, anche se incompiute, hanno portato alla ribalta protagonisti, movimenti, tendenze, richieste che negli anni precedenti erano cresciute nell’ombra di regimi politici autoritari e corrotti, affrontando l’emarginazione e l’esilio, ma senza mai rinunciare a mettere a confronto mondi diversi.

Presenti al Lingotto Moncef Ben Moussa il direttore del Museo del Bardo di Tunisi, fatto segno del recente attacco terroristico. È da anni di casa in Italia Tahar Ben Jelloun, che festeggia con La Nave di Teseo un suo nuovo romanzo sui matrimoni combinati. Il poeta siriano-libanese Adonis, considerato l’autore più significativo della lirica in lingua araba, è al Salone con Violenza e Islam (Guanda) lucida analisi della natura profonda delle società arabe, delle rigidezze che le bloccano, e delle radici delle loro derive radicali.

Attese due studiose egiziane che da anni dedicano al loro Paese analisi documentate e stringenti, tanto più utili in queste settimane, dominate dalla drammaticità del caso Regeni. Ahdaf Soueif (1950), saggista e narratrice, scrive per The Guardian. È nata al Cairo, e vive tra Londra e la città natale, che ha raccontato in Il Cairo. La mia città, la nostra rivoluzione (Donzelli). May Telmissany (1965), narratrice e saggista, docente di studi arabi all’Università di Ottawa, ha concentrato le sue ricerche sulle dinamiche sociali del suo Paese.

L’algerino Boualem Sansal (2084. La fine del mondo, Neri Pozza) va persino oltre lo Houellebecq di Sottomissione ipotizzando un futuro in cui gli incubi del presente sembrano realizzati nella forma di una feroce teocrazia totalitaria. Algerino è anche Yasmina Khadra (dal 2001 pseudonimo di Mohamed Moulessehoul, ex ufficiale dell’esercito). Nei suoi libri memoria autobiografica, pamphlet, racconto psicologico, romanzo si fondono nell’affrontare lucidamente i conflitti del nostro tempo, concentrandosi sulle ragioni del fondamentalismo più violento.

Molte le voci giovani che ci illuminano sui comportamenti delle nuove generazioni. Mahi Binebine (1959), marocchino, racconta in Il grande salto (Rizzoli) la storia di un ragazzo di Casablanca che diventa un attentatore suicida. Salem Haddad (1983), di padre libanese-palestinese, ha lavorato per Médecins sans frontières, e vive a Londra, dove si occupa si assistenza ai rifugiati. È autore del romanzo Ultimo giro al Guapa (tradotto da e/o), ritratto scabroso di una generazione che si batte contro le ipocrisie e le repressioni del regime.

Karim Miské, narratore e documentarista di padre mauritano e madre franco-albanese, cresciuto a Parigi, insegue una possibilità identità ma sentendosi estraneo ovunque (Non appartenere, Fazi). Shadi Hamady (1988), di padre siriano e madre italiana, vive a Milano ed è autore di La felicità araba, storia di una famiglia coinvolta nella rivoluzione siriana. Giovane è anche Leila Slimani (Rabat, 1981), giornalista e scrittrice, con il suo scandaloso romanzo d’esordio Il giardino dell’orco (Gallimard, in traduzione Rizzoli). La storia di una ossessione sessuale che ha vinto il più prestigioso premio letterario del Marocco. Dialoga con lei Elena Stancanelli.

Si parlerà di poesia con Sinan Antoon (1967). Di padre iracheno e madre americana, narratore e documentarista, insegna alla New York University ed è tra i più esperti conoscitori della letteratura mediorientale.

Poesia e musica sono strettamente connessi nelle culture arabe, come dimostra anche l’esperienza di Nabil Salameh (1962), cantautore e giornalista palestinese, corrispondente dall’Italia di Al Jazeera, è fondatore del gruppo di world music Radioderwish (1997), con base in Puglia, che ha presto conquistato notorietà internazionale.

Non potevano mancare a Torino autori di fumetti e di graphic novel molto seguiti come i cairoti Magdy El Shafee (1961), artista e illustratore egiziano che lavora nel filone del realismo sociale (per la sua critica corrosiva, la graphic novel Metro, 2008, gli ha valso un processo e una condanna); e Muhammad Shennawi (1981) uno dei più noti e apprezzati graphic designers e fumettisti egiziani.

L’Islam reale, i suoi rapporti con le culture europee, gli stereotipi correnti sono al centro del dialogo tra Franco Cardini e Pietrangelo Buttafuoco. Si parlerà naturalmente di ISIS e di terrorismo con Maurizio Molinari, che presenta il suo libro con un esperto di terrorismo come Marco Minniti, sottosegretario con delega per la sicurezza. Su L’Islam e le donne si interroga anche Lilli Gruber nel suo nuovo libro (Rizzoli).

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Di: SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: Il Salone dei Visionari http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1272876 SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: Il Salone dei Visionari Sat, 14 May 2016 09:28:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1272876 Il 29° Salone Internazionale del Libro di Torino si tiene nei Padiglioni 1, 2, 3 e 5 di Lingotto Fiere da giovedì 12 a lunedì 16 maggio 2016. L’inaugurazione, alle 10.30 di giovedì 12 maggio, è affidata al Ministro per i Beni, le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini. È annunciata nel corso del Salone la visita del Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il programma completo è stato presentato martedì 26 aprile 2016 a Torino alla Fondazione Merz dalla Presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura Giovanna Milella e dal Direttore Editoriale del Salone, Ernesto Ferrero. Sono intervenuti il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, il Sindaco di Torino Piero Fassino, il Direttore generale Lingotto Fiere – Gl events Italia Régis Faure e i rappresentanti dei due Ministeri con i quali il Salone ha appena stretto un Protocollo d’Intesa per l’ingresso quali nuovi Soci Fondatori: Arnaldo Colasanti, Consigliere del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, e la Direttrice generale Biblioteche e Istituti Culturali del Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo, Rossana Rummo in collegamento da Roma. Con questo Salone parte il nuovo assetto della Fondazione: oltre a Miur e Mibact entra fra i Soci Fondatori anche Intesa Sanpaolo come importante partner privato, rappresentato da Michele Coppola, Responsabile Beni Culturali e Direttore Gallerie d’Italia. Commenta la Presidente della Fondazione, Giovanna Milella: «Questo Salone – intitolato Visioni – riunisce le forze più dinamiche dell’Italia di oggi, puntando sulla cultura e sulla formazione dei giovani. Noi per primi ci siamo mossi seguendo il tema conduttore, cercando di risolvere i problemi ereditati dal passato grazie a un nuovo assetto societario, un assetto pubblico-privato, fondato non solo sul riordino dei conti, ma anche su un progetto innovativo di contenuti condivisi. In quest’ottica stiamo superando le difficoltà economiche e la prossima edizione – la 29ma – è già andata felicemente oltre le migliori aspettative. Sotto la guida sicura e ineguagliabile di Ernesto Ferrero, il Salone ha preso corpo giorno per giorno e gli editori hanno risposto all’appello. Li ringraziamo per la loro sensibilità e il loro sostegno. Insieme è cresciuto un Salone del libro in cui si riconoscono scrittori, artisti, scienziati, studenti, insegnanti, imprenditori. Nell’immagine donataci da Mimmo Paladino, ci sono gli occhi attenti e consapevoli di tutti coloro che partecipano al Salone del Libro a Torino o ci seguono in diretta attraverso radio, tv e internet: un pubblico che davvero possiamo dire globale grazie alle dirette streaming che abbiamo testato in questi mesi al Salone Off 365 con la collaborazione degli Istituti Italiani di Cultura, e che ora porteranno in tutto il mondo gli eventi più importanti del Salone. A tutti dico grazie. In particolare voglio ringraziare il presidente Chiamparino e il Sindaco Fassino, gli assessori Parigi e Braccialarghe, che ci sono sempre stati accanto, Miur Mibact e Intesa San Paolo per la fiducia accordataci per gli anni futuri. E naturalmente il Consiglio d’Amministrazione, con il quale lavoriamo in stretta e costruttiva sintonia. Inoltre abbiamo sempre avuto accanto in questi mesi la Compagnia di San Paolo, la Fondazione Crt, l’Associazione delle fondazioni bancarie, ITA, Camera di Commercio, Centro per il Libro. Ma la novità di queste ultime ore è l’arrivo di Unicredit che ci sostiene dall’esterno come sponsor. Non solo. Vorrei ringraziare chi collabora intensamente con il Salone e dà un grande valore alle nostre comuni iniziative: Università e Politecnico di Torino, Iit, Gl events, le scuole, le Circoscrizioni, i Comuni intorno a Torino, così come le biblioteche e le librerie. Infine un grazie ai colleghi della Fondazione. Condividiamo da mesi difficoltà ed entusiasmi, e vorrei che anche a loro andasse il vostro caloroso applauso». Il commento del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini: «L’ingresso del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo nella Fondazione del Salone del Libro di Torino è l’esito naturale di un lungo processo che tiene conto dell’alto valore culturale del Salone. Stiamo parlando della più importante manifestazione italiana del settore e una delle maggiori a livello europeo, capace di promuovere il libro e la lettura, portando un notevole arricchimento culturale a tutta la società italiana. Un impegno condiviso dal ministero attraverso il Centro per il libro e la lettura (Cepell). Soddisfazione anche per la scelta del Ministro per l’Istruzione, Università e Ricerca Stefania Giannini di aderire con l’ingresso del Miur. Il sostegno del Mibact insieme a quello del Miur permetterà agli organizzatori di agire con più libertà, autorevolezza e serenità, sviluppando, ancora di più, la proiezione internazionale». Il protocollo rappresenta un traguardo fondamentale nel lavoro compiuto dalla nuova Presidente Giovanna Milella, con il supporto delle Istituzioni per la messa in sicurezza della Fondazione, la costituzione di una solida base societaria pubblico-privata e il ridisegno degli obiettivi del Salone Internazionale del Libro. Sotto la sua Presidenza lavorerà il nuovo Comitato d’Indirizzo chiamato a delineare i futuri assetti organizzativi del Salone: è composto dai Consiglieri d’Amministrazione della Fondazione, dai rappresentanti di Mibact, Miur e Intesa Sanpaolo. Grazie a tutto ciò, il 29° Salone – con la sicura direzione editoriale di Ernesto Ferrero che in diciotto edizioni l’ha portato ai risultati che oggi tutti conoscono – parte con i migliori auspici. Anche Unicredit ha espresso la volontà di sostenere come significativo sponsor questa importante edizione. Fra gli sponsor del Salone 2016 Fca, presente con il marchio Lancia e un sostegno sia economico sia con la fornitura di automobili di servizio; Yakult; Caffè Vergnano; Acqua Valmora; Guido Gobino. Il 29° Salone Internazionale del Libro di Torino si tiene nei Padiglioni 1, 2, 3 e 5 di Lingotto Fiere da giovedì 12 a lunedì 16 maggio 2016. L’inaugurazione, alle 10.30 di giovedì 12 maggio, è affidata al Ministro per i Beni, le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini. È annunciata nel corso del Salone la visita del Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Il programma completo è stato presentato martedì 26 aprile 2016 a Torino alla Fondazione Merz dalla Presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura Giovanna Milella e dal Direttore Editoriale del Salone, Ernesto Ferrero. Sono intervenuti il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, il Sindaco di Torino Piero Fassino, il Direttore generale Lingotto Fiere – Gl events Italia Régis Faure e i rappresentanti dei due Ministeri con i quali il Salone ha appena stretto un Protocollo d’Intesa per l’ingresso quali nuovi Soci Fondatori: Arnaldo Colasanti, Consigliere del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, e la Direttrice generale Biblioteche e Istituti Culturali del Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo, Rossana Rummo in collegamento da Roma.

Con questo Salone parte il nuovo assetto della Fondazione: oltre a Miur e Mibact entra fra i Soci Fondatori anche Intesa Sanpaolo come importante partner privato, rappresentato da Michele Coppola, Responsabile Beni Culturali e Direttore Gallerie d’Italia.

Commenta la Presidente della Fondazione, Giovanna Milella:
«Questo Salone – intitolato Visioni – riunisce le forze più dinamiche dell’Italia di oggi, puntando sulla cultura e sulla formazione dei giovani.
Noi per primi ci siamo mossi seguendo il tema conduttore, cercando di risolvere i problemi ereditati dal passato grazie a un nuovo assetto societario, un assetto pubblico-privato, fondato non solo sul riordino dei conti, ma anche su un progetto innovativo di contenuti condivisi.
In quest’ottica stiamo superando le difficoltà economiche e la prossima edizione – la 29ma – è già andata felicemente oltre le migliori aspettative.
Sotto la guida sicura e ineguagliabile di Ernesto Ferrero, il Salone ha preso corpo giorno per giorno e gli editori hanno risposto all’appello.
Li ringraziamo per la loro sensibilità e il loro sostegno. Insieme è cresciuto un Salone del libro in cui si riconoscono scrittori, artisti, scienziati, studenti, insegnanti, imprenditori. Nell’immagine donataci da Mimmo Paladino, ci sono gli occhi attenti e consapevoli di tutti coloro che partecipano al Salone del Libro a Torino o ci seguono in diretta attraverso radio, tv e internet: un pubblico che davvero possiamo dire globale grazie alle dirette streaming che abbiamo testato in questi mesi al Salone Off 365 con la collaborazione degli Istituti Italiani di Cultura, e che ora porteranno in tutto il mondo gli eventi più importanti del Salone.
A tutti dico grazie.
In particolare voglio ringraziare il presidente Chiamparino e il Sindaco Fassino, gli assessori Parigi e Braccialarghe, che ci sono sempre stati accanto, Miur Mibact e Intesa San Paolo per la fiducia accordataci per gli anni futuri. E naturalmente il Consiglio d’Amministrazione, con il quale lavoriamo in stretta e costruttiva sintonia.
Inoltre abbiamo sempre avuto accanto in questi mesi la Compagnia di San Paolo, la Fondazione Crt, l’Associazione delle fondazioni bancarie, ITA, Camera di Commercio, Centro per il Libro.
Ma la novità di queste ultime ore è l’arrivo di Unicredit che ci sostiene dall’esterno come sponsor.
Non solo. Vorrei ringraziare chi collabora intensamente con il Salone e dà un grande valore alle nostre comuni iniziative: Università e Politecnico di Torino, Iit, Gl events, le scuole, le Circoscrizioni, i Comuni intorno a Torino, così come le biblioteche e le librerie.
Infine un grazie ai colleghi della Fondazione. Condividiamo da mesi difficoltà ed entusiasmi, e vorrei che anche a loro andasse il vostro caloroso applauso».

Il commento del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini: «L’ingresso del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo nella Fondazione del Salone del Libro di Torino è l’esito naturale di un lungo processo che tiene conto dell’alto valore culturale del Salone. Stiamo parlando della più importante manifestazione italiana del settore e una delle maggiori a livello europeo, capace di promuovere il libro e la lettura, portando un notevole arricchimento culturale a tutta la società italiana. Un impegno condiviso dal ministero attraverso il Centro per il libro e la lettura (Cepell). Soddisfazione anche per la scelta del Ministro per l’Istruzione, Università e Ricerca Stefania Giannini di aderire con l’ingresso del Miur. Il sostegno del Mibact insieme a quello del Miur permetterà agli organizzatori di agire con più libertà, autorevolezza e serenità, sviluppando, ancora di più, la proiezione internazionale».

Il protocollo rappresenta un traguardo fondamentale nel lavoro compiuto dalla nuova Presidente Giovanna Milella, con il supporto delle Istituzioni per la messa in sicurezza della Fondazione, la costituzione di una solida base societaria pubblico-privata e il ridisegno degli obiettivi del Salone Internazionale del Libro.

Sotto la sua Presidenza lavorerà il nuovo Comitato d’Indirizzo chiamato a delineare i futuri assetti organizzativi del Salone: è composto dai Consiglieri d’Amministrazione della Fondazione, dai rappresentanti di Mibact, Miur e Intesa Sanpaolo.

Grazie a tutto ciò, il 29° Salone – con la sicura direzione editoriale di Ernesto Ferrero che in diciotto edizioni l’ha portato ai risultati che oggi tutti conoscono – parte con i migliori auspici. Anche Unicredit ha espresso la volontà di sostenere come significativo sponsor questa importante edizione.

Fra gli sponsor del Salone 2016 Fca, presente con il marchio Lancia e un sostegno sia economico sia con la fornitura di automobili di servizio; Yakult; Caffè Vergnano; Acqua Valmora; Guido Gobino.

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Di: IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: LA VISIONARIETÀ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/10/14/il-salone-del-libro-di-torino/comment-page-10/#comment-1272790 IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: LA VISIONARIETÀ Thu, 12 May 2016 18:53:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/13/io-e-gli-altri-alla-fieralibro-di-torino-2009/#comment-1272790 <b>IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: LA VISIONARIETÀ</b> IL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2016: LA VISIONARIETÀ

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