LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » 24-7 http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 YOANI SÁNCHEZ e UNA TERRIBILE EREDITÁ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/01/07/yoani-sanchez-terribile-eredita/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/01/07/yoani-sanchez-terribile-eredita/#comments Thu, 07 Jan 2010 18:17:16 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/18/cuba-libre-vivere-e-scrivere-allavana-di-yoani-sanchez/ Rimetto in primo piano questo post dedicato alla blogger cubana Yoani Sánchez e – contestualmente – ne approfitto per presentare il nuovo romanzo di Gordiano Lupi (che è anche il traduttore del volume “Cuba libre” della Sánchez): “Una terribile eredità” (Perdisa Pop, 2009, p. 128, € 12).
Mi piacerebbe che Gordiano ci aggiornasse sulle condizioni di Yoani e che ci raccontasse qualcosa su questo suo nuovo libro (molti di voi ne avranno già sentito parlare… magari l’avranno anche letto). Anticipo che si tratta un romanzo a metà strada fra horror e reportage, che attinge a Cuba, ma anche alle inquietudini più profonde della natura umana.
La storia nasce nel cuore della guerra in Angola: i soldati cubani sono costretti a vivere un tormento assurdo e privo di logica, nel cuore di un’Africa selvaggia, tra mangiatori di scimmie, ritualità macabre e violenza efferata. Tra quei soldati c’è il protagonista del libro: un cittadino comune che si ritrova immerso in un incubo, mentre la moglie incinta lo aspetta a casa… all’Avana… insieme a un destino di follia. Un incubo che dura cinque anni, il suo (che tocca perfino l’esperienza del cannibalismo), e che si trasforma in un rinnovato incubo allorquando l’uomo torna a casa: la spersonalizzazione causata dalla guerra e le tragedie vissute, sommate alla crudeltà del regime, faranno di lui un disumano assassino.
Rimasto vedovo, l’uomo brancolerà tra le strade povere dell’Avana per dare la caccia alle vittime innocenti della sua mente devastata; eppure, paradossalmente, non verranno meno la sua sensibilità di base, l’amore per il figlio, il senso di colpa.
Una storia che si alterna tra macabro, follia, amore e morte in una terra che resta ancora da scoprire.

Questo libro di Gordiano offre vari spunti di riflessione. Uno di questi è quello della fragilità dell’uomo resa “estrema” di fronte alla guerra.
Per favorire un possibile dibattito, ho pensato di proporvi la seguente domanda: le devastazioni della guerra – a vostro avviso – agiscono più a livello collettivo o più a livello individuale? E con quali conseguenze?

Ne approfitto per evidenziare che “Una terribile eredità” è edito dalla piccola, ma prestigiosa, casa editrice Perdisa Pop nell’ambito della collana Walkie Talkie diretta da Luigi Bernardi. Il volume sarà presentato a ROMA, venerdì 15 gennaio 2010 – ore 16,30 – presso la SALA DEL CARROCCIO – CAMPIDOGLIO. Con Gordiano Lupi ci sarà Giovanni De Ficchy.

Vi ringrazio in anticipo per la partecipazione.
Segue il post originario dedicato a Yoani Sánchez.
Massimo Maugeri

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CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana, di Yoani Sánchez
(18 aprile 2009)

Avevamo già avuto modo di parlare di Yoani Sánchez. Ne parliamo nuovamente in occasione dell’uscita in Italia del suo “CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana“, appena edito da Rizzoli, collana 24/7 (p. 237, euro 17), e tradotto e curato da Gordiano Lupi.
Yoani Sánchez è un strana dissidente – leggiamo nella scheda del volume – : non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba.
Il suo blog è stato oscurato, ma – nonostante tutto – è riuscito a sopravvivere all’estero grazie a Internet. “Per noi che viviamo in questa Isola, nella quale per molti anni l’informazione è stata monopolio esclusivo dello Stato, Internet ha prodotto una crepa nel muro della censura che sembra molto difficile da chiudere“, racconta Yoani. “Anche se Cuba ha uno degli indici di connessione più bassi del pianeta, le persone cercano il modo di accedere alle notizie che compaiono in rete. Come abbiamo un mercato nero per gli alimenti, che ci fornisce tutto ciò che non possiamo comprare nel mercato razionato o nel mercato in pesos convertibili, così esiste un rifornimento illegale e alternativo di informazione. Con la creatività che ci caratterizza abbiamo imparato a distribuire le pagine web su memory flash e in dischi a centinaia di persone interessate, che non sono mai potute entrare su Internet. Con questo identico sistema circolano il mio blog e altri siti che si producono sull’isola, oltre ad altri siti web che vengono amministrati all’estero“.
Il blog di Yoani ha fatto il giro del mondo. E questa coraggiosa ragazza, che ha pure un figlio da crescere, continua la sua battaglia pacifica raccontando ciò che vede… ciò che vive.

Mi piacerebbe discutere con voi del caso di Yoani Sánchez, del suo blog e di questo libro. Ma anche di come Internet abbia “rivoluzionato” la possibilità di essere dissidenti in contesti di altissima censura.

Parteciperà alla discussione Gordiano Lupi, che è il traduttore italiano di Yoani (oltre che un esperto sulla realtà cubana).

Renzo Montagnoli mi darà una mano a moderare e animare la discussione.

Di seguito troverete la scheda del libro, un articolo di Gordiano Lupi e un’intervista rilasciata dalla Sánchez.

Massimo Maugeri
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CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana – Rizzoli – p. 237 – euro 17 – traduz. Gordiano Lupi

La scheda del libro

Yoani Sánchez è un strana dissidente: non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba: la difficoltà di fare la spesa e la fame cronica, l’arte di ripararsi gli elettrodomestici guasti, la lotta per leggere le vere notizie tra le righe del giornale di partito, la paura del ricovero in ospedale dove manca anche il necessario per sterilizzare, la convivenza forzata con la propaganda che si insinua nei media, nelle piazze e nelle scuole, il panico quando arrivano le convocazioni della polizia, la preoccupazione per gli amici in carcere, la nostalgia per i tanti che sono fuggiti e la delusione per tutti quelli che hanno smesso di credere al futuro. Ma soprattutto sfata il falso mito dell’efficienza castrista e descrive, tra tenerezza e rabbia, la frustrazione per le potenzialità inespresse e i sogni perduti di chi, come lei, è nato nella Cuba degli anni Settanta e Ottanta e si ritrova rinchiuso in un’utopia che non gli appartiene. Di questa generazione Yoani è diventata l’inconsapevole portavoce, e il suo blog, che ha fatto il giro del mondo è ora un libro.

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La vita di Yoani
di Gordiano Lupi

Yoani è laureata in filologia, vive all’Avana, è appassionata di informatica e lavora nella redazione telematica della rivista indipendente Desde Cuba. Il suo blog fa discutere perché racconta le frustrazioni quotidiane e le ordinarie mancanze di una Cuba al di là delle ideologie. L’autrice definisce Generación Y come “un blog ispirato a gente come me, con nomi che cominciano o contengono una y greca. Nati nella Cuba degli anni Settanta – Ottanta, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione”.
Yoani nasce a Cuba nel 1975. Nel 1995 si specializza in letteratura spagnola, filologia ispanica e letteratura latinoamericana contemporanea, nonostante la nascita di un figlio. Dimostra un caratterino niente male discutendo una tesi incendiaria dal titolo Parole sotto pressione. Uno studio sulla letteratura della dittatura in Latinoamerica. Terminata l’università, comprende che il mondo degli intellettuali e dell’alta cultura non è cosa per lei, ma soprattutto non ha la minima intenzione di fare la filologa. Nel 2000 si impiega presso la Editorial Gente Nueva e comprende che con il salario di Stato non può mantenere una famiglia. Decide di continuare il lavoro statale ma si mette dare lezioni (illegali) di spagnolo ai turisti tedeschi che visitano L’Avana. Non è la sola. Molti ingegneri preferiscono guidare un taxi che fare il loro mestiere, alcune maestre tentano di impiegarsi negli alberghi e nei negozi per turisti puoi essere servito da un neurochirurgo o da un fisico nucleare. Nel 2002 Yoani decide di emigrare in Svizzera, ma dopo due anni torna in patria, forse per la nostalgia della sua terra, anche se amici e familiari sconsigliano il rientro. Nel 2004 fonda, insieme a un gruppo di cubani che vivono sull’isola, la rivista di cultura e dibattito Consenso. Tre anni dopo lavora come webmaster e giornalista del portale Desde Cuba. Yoani vive all’Avana insieme al giornalista Reinaldo Escobar e con lui divide la sua esistenza da oltre quindici anni. Può dirsi più informatica che filologa, ma la sua cultura letteraria è molto utile nel 2007, quando comincia l’avventura del Blog Generacion Y, definito come “un esercizio di codardia”, perché è uno spazio telematico dove può raccontare la sua realtà e dire ciò che è vietato sostenere nella vita di tutti i giorni.
I suoi brevi racconti sono dei bozzetti a metà strada tra la metafora e il realismo più crudo, immersi nella vita quotidiana delle due anime di Cuba, ricchi di riferimenti a scrittori del passato dimenticati dalla cultura ufficiale, come Padilla, Cabrera Infante, Arenas e Lima. Yoani sogna una Cuba trasformata in un luogo dove ci si possa fermare a un angolo e gridare: “In questo paese non c’è libertà di espressione!”. Perché vorrebbe dire che le cose sono cambiate e si può cominciare a pronunciare la parola libertà. Si dichiara disponibile a scambiare gli alimenti somministrati con la tessera del razionamento alimentare per una cucchiaiata di diritti civili, una libbra di libertà di movimento e due once di libera iniziativa economica. Percorre le strade di due città diverse, quella dei membri del partito, dei generali, dei dirigenti di Stato e quella della povera gente che vive nella desolazione dei quartieri periferici, nelle casupole cadenti e nei rifugi costruiti per i senza tetto. Vive un’utopia che non è più la sua e non vorrebbe lasciarla in dote ai suoi figli, analizza le contraddizioni di chi fatica a mettere insieme il pranzo con la cena ma sogna vestiti di marca e profumi. Assiste alle fughe di personaggi famosi e di semplici cittadini esasperati, critica il governo per le promesse disattese, ricorda il passato e analizza lo stato deplorevole della cultura di regime. Yoani si scaglia contro il doppio sistema monetario e narra la realtà del mercato nero, unica fonte di sostentamento, perché la maggioranza dei cubani vive di ciò che i venditori informali portano nelle loro case. L’informazione di regime è un altro bersaglio da colpire, perché non è vero che tutto è sotto controllo e che i problemi vengono sempre superati da una rivoluzione solida e forte. Il libro – blog di Yoani Sánchez è uno spaccato di vita che rappresenta con realismo la Cuba contemporanea, lontano da condizionamenti ideologici, ma dalla parte del cittadino che giorno dopo giorno è costretto a inventare il modo per sopravvivere.
Yoani Sánchez è un’eroina della nuova Cuba, esponente di una generazione Y che può dar vita a un nuovo esercito ribelle del cyberspazio, zona franca sicura e inaccessibile che può trasformarsi in una nuova Sierra Maestra. La guerra delle idee può dare buoni frutti, perché i dittatori temono chi pensa con la propria testa e non possono rinchiudere le idee in una galera.

Gordiano Lupi
 www.infol.it/lupi
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INCONTRO CON YOANI SÁNCHEZ

Una piccola blogger che mette in crisi i fratelli Castro

di Gordiano Lupi

con la collaborazione di Fabio Izzo

Yoani Sánchez rischia di far tremare il trono dei fratelli Castro, perché questa ragazza di appena 33 anni (l’età di Cristo, che pericolosa analogia!) lancia critiche ironiche e veritiere da un blog molto frequentato come Generacion Y. Yoani è laureata in filologia, vive all’Avana, è appassionata di informatica e lavora nella redazione telematica del portale Desde Cuba  http://www.desdecuba.com/), rivista indipendente ostacolata dal regime.  Il suo blog  www.desdecuba.com) – adesso tradotto pure in italiano  http://desdecuba.com/generaciony_it/) – fa discutere perché è controcorrente. Si autodefinisce “un blog ispirato a gente come me, con nomi che cominciano o contengono una y greca. Nati nella Cuba  degli anni Settanta – Ottanta, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione”.

yoani-y-reinaldo.jpgYoani nasce a Cuba nel 1975. Si specializza in letteratura spagnola, filologia ispanica e letteratura latinoamericana contemporanea, nel 1995, nonostante un figlio nato nello stesso anno. Dimostra un caratterino niente male discutendo una tesi incendiaria dal titolo Parole sotto pressione. Uno studio sulla letteratura della dittatura in Latinoamerica. Yoani termina l’università, comprende che il mondo degli intellettuali e dell’alta cultura non fa per lei, ma soprattutto non ha la minima intenzione di fare la filologa. Nel 2000 si impiega presso la Editorial Gente Nueva e si convince – come la maggior parte dei cubani – che con il salario di Stato non può mantenere una famiglia. Decide di continuare il lavoro statale ma comincia a dare lezioni (illegali) di spagnolo ai turisti tedeschi che visitano L’Avana. In quel periodo (come ancora oggi!) molti ingeneri preferiscono guidare un taxi che fare il loro mestiere, alcune maestre tentano di impiegarsi negli alberghi, e nei negozi per turisti ti può servire un neurochirurgo o un fisico nucleare.

Nel 2002 Yoani decide di emigrare in Svizzera, ma nel 2004 torna in patria, forse per la nostalgia della sua terra, anche se amici e familiari sconsigliano il rientro. Scopre la professione di informatica, lavoro che fa ancora oggi, si rende conto che il codice binario è più trasparente di quello intellettuale e spera di avere maggior fortuna con il linguaggio html di quanta ne ha avuta con il latino. Nel 2004 fonda insieme a un gruppo di cubani che vivono sull’isola la rivista di cultura e dibattito Consenso. Tre anni dopo lavora come webmaster, articolista e editorialista del portale Desde Cuba. Nell’aprile del 2007 comincia l’avventura del Blog Generacion Y, definito come “un esercizio di codardia”,  perché è uno spazio telematico dove può dire quello che è vietato sostenere nella vita di tutti i giorni. Yoani vive all’Avana insieme al giornalista Reinaldo Escobar, con il quale divide la sua vita da quindici anni, e adesso può dirsi più informatica che filologa.

Yoani è un’eroina della nuova Cuba, esponente di una generazione Y che può dar vita a un nuovo esercito ribelle del cyberspazio, senza bisogno di nascondersi tra le montagne della Sierra Maestra. La guerra delle idee può dare buoni frutti, perché i dittatori temono chi pensa con la propria testa e poi non possono rinchiudere le idee in una galera.

Abbiamo avvicinato Yoani Sánchez per sentire dalla sua voce alcune impressioni sull’attuale situazione di Cuba e sulle prospettive future.

Nel mondo esiste ancora la censura e la libertà di stampa non è un diritto acquisito. Tu hai la tua libertà su internet ma l’hai pagata a caro prezzo. Sappiamo che il tuo blog vive all’estero. Non puoi vederlo quando scrivi ma continui ad aggiornarlo. Come vivi questa condizione di blogger cieca?

yoani.JPGDall’ultima settimana di marzo 2008, il governo cubano ha inserito un filtro che impedisce l’accesso a tutto il portale Desdecuba – dove è inserito il mio blog – dalle connessioni a internet nei cyber caffè, dagli hotel, dai centri di studio e dalla maggior parte dei centri di lavoro. Quando è accaduto questo ho pensato che sarebbe stata la fine del mio sito e che non mi sarei ripresa dal colpo di non poter amministrare Generación Y. Tuttavia, attorno al mio blog si era prodotta una vera comunità virtuale ed è proprio da quella che è nata l’idea di aiutarmi a pubblicare ogni nuovo testo.

Grazie alla solidarietà cittadina di persone che vivono in diversi paesi, posso inviare i miei post per e-mail e loro si occupano di pubblicarli nella pagina web. Al tempo stesso sono usciti fuori molti amici virtuali che traducono in quattordici lingue ciò che scrivo e altri mi inviano, tramite posta elettronica, i commenti che lasciano i lettori. In questo modo Generación Y è diventato una rete cittadina nella quale ognuno di noi ha una piccola responsabilità e ci unisce il desiderio di espressione, la necessità di dibattito e un certo tema chiamato Cuba. Nel mio blog non cala mai il sole, perché durante le ventiquattro ore del giorno c’è sempre gente che discute e il fatto di essere censurato a Cuba lo ha reso ogni volta più attraente per i miei compatrioti.

Internet è uno strumento per la libertà di pensiero?

Per noi che viviamo in questa Isola, nella quale per molti anni l’informazione è stata monopolio esclusivo dello Stato, Internet ha prodotto una crepa nel muro della censura che sembra molto difficile da chiudere. Anche se Cuba ha uno degli indici di connessione più bassi del pianeta, le persone cercano il modo di accedere alle notizie che compaiono in rete. Come abbiamo un mercato nero per gli alimenti, che ci fornisce tutto ciò che non possiamo comprare nel mercato razionato o nel mercato in pesos convertibili, così esiste un rifornimento illegale e alternativo di informazione.

Con la creatività che ci caratterizza abbiamo imparato a distribuire le pagine web su memory flash e in dischi a centinaia di persone interessate, che non sono mai potute entrare su Internet. Con questo identico sistema circolano il mio blog e altri siti che si producono sull’isola, oltre ad altri siti web che vengono amministrati all’estero.

Raúl e Obama sono i leader del presente. La storia può cambiare senza Fidel e Bush? Abbiamo qualche speranza?

Sono d’accordo che Obama è un leader del presente, ma Raúl Castro per me rappresenta il passato. Si tratta di un uomo che ha ereditato il potere per diritto di sangue e sta tentando di mantenerlo senza compiere cambiamenti significativi. Mi rattrista che i cubani abbiano riposto le loro speranze in ciò che può fare il presidente nordamericano, nella influenza che la sua gestione possa avere a Cuba. Questo significa che la gente qui si rende conto che dall’interno non è possibile provocare cambiamenti. Avrei preferito che la speranza venisse riposta in ciò che possiamo fare dall’interno dell’Isola, ma purtroppo la società civile cubana è eccessivamente frammentata e censurata per aver la forza di abbattere il muro.

A Cuba non possono leggere il tuo blog, ma tu parli di Cuba al mondo. Secondo te com’è il mondo?

Anche se sono nata e ho vissuto in un’Isola, sento di appartenere a una  nazionalità più ampia che mi fa essere abitante di questo pianeta. Cerco di mantenermi informata su ciò che accade in ogni parte del mondo. Grazie ai giornali che mi portano amici che vengono a Cuba, riesco a tenermi aggiornata su quel che succede. Anche quando mi collego a Internet cerco di copiare pagine informative e le distribuisco a decine di amici. Questo è un lavoro importante, perché a volte noi cubani ci sentiamo l’ombelico del mondo e ciò è dovuto – in parte – all’ignoranza di come sono gli altri paesi e le altre culture.

Grazie a Internet il mondo si è trasformato in un villaggio che possiamo visitare senza alzarci dalla sedia. Nonostante questo ho molto desiderio di poter uscire dal mio paese e arricchirmi con altre esperienze. Il periodo che ho vissuto in Svizzera è stato uno dei più intensi di tutta la mia vita, perché ho potuto interagire con persone di molti paesi. Noi cubani avremmo molto bisogno di questo incontro di diverse culture, lingue e religioni per alimentare e beneficiare la nostra stessa identità.

Non ti hanno lasciata venire in Italia per il Pisa Book Festival. Il regime cubano vuole mantenere cieca la tua scrittura. Il tuo blog – tradotto da Gordiano Lupi – in Italia ha sempre più lettori. Quale idea ti sei fatta della situazione italiana?

So che in Italia molte persone applaudono ogni azione che compie il governo cubano. Per loro questa Isola è un paradiso dove regna l’eguaglianza e la speranza. Mi spiace deluderli, ma non è così. Credo che persino molti di coloro che pensano che noi cubani abitiamo nel miglior sistema possibile, non sopporterebbero due settimane di code, mercato razionato e proibizioni. Il grande problema è che molti di coloro che sostengono l’attuale situazione cubana, vengono qui solo come turisti e da un hotel sembra tutto molto gradevole. Raccomando loro di fermarsi a vivere come un cubano, con la moneta nazionale che non serve per comprare la maggior parte delle cose necessarie, il trasporto collassato e i periodici che non rispecchiano la realtà. Forse dopo una terapia come questa comincerebbero a pensare in un altro modo.

Com’è cambiata la tua vita dopo aver acquistato notorietà?

Per un verso è cambiata molto ma per altri aspetti continuo a essere più o meno la stessa. Ora mi sento più responsabile delle cose che dico, perché so che il mio blog è letto da centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. Ho sempre meno tempo durante la giornata, perché molte persone vogliono intervistarmi o filmare qualcosa sul mio lavoro. Tuttavia, ho cercato di mantenere la mia famiglia al riparo da tutte queste agitazioni della stampa e di continuare a dedicare alla mia casa, a mio marito e a mio figlio il tempo necessario per conservare l’affetto. Molte persone mi riconoscono per strada e mi salutano, ma i mezzi informativi ufficiali del mio paese tacciono sulla mia persona. Continuo  a vivere nella stessa casa, non ho un’auto, il mio ascensore è rotto da tre mesi, non ho dei collaboratori che mi aiutano a rispondere alle migliaia di mail che ricevo ogni settimana, né posso uscire dal mio paese. Continuo a essere una cittadina e questo mi rallegra.

Come ti piacerebbe il futuro di Cuba? Hai un’idea politica?

Quello che mi piacerebbe di più per la mia Isola è che un giorno potesse riunire tutti i cubani, senza segregazioni di carattere politico o ideologico. Una Cuba pluralista e tollerante, nella quale i miei nipoti non vengano classificati con epiteti come “vermi” solo per il fatto di avere opinion critiche. Questo è il mio sogno. Bada bene, questo agognato paese non è dietro l’angolo, dovremo lavorare molto per ottenerlo. Il disastro economico, l’apatia generalizzata, l’emigrazione costante e la sfiducia che esiste in ogni membro di questa società, sono molto difficili da superare. Ci attendono anni molto duri e per uscirne fuori dovremo tornare a sentire che l’Isola ci appartiene e che non è un feudo di poche persone chiamate a decidere tutto per noi. Io cercherò di svolgere il mio ruolo dalla società civile, non da una tribuna.

A Cuba esiste un movimento di opinione per il cambiamento?

Mi piacerebbe pensare di sì, ma ancora la gente sta molto attenta a dire in pubblico ciò che pensa realmente sulla situazione politica, economica e sociale. Nella intimità delle case e tra amici, si ascoltano voci di cambiamento, desideri che lo status quo in cui viviamo lasci il posto a una società più partecipativa. Sebbene a Cuba il risveglio della società civile proceda lentamente, posso assicurare che negli ultimi due anni ha fatto passi più lunghi che nelle trascorse decadi. L’assenza di Fidel Castro ha significato la fine di un’ipnosi collettiva realizzata dalla sua figura. Dal giorno in cui codesto grande ipnotizzatore non ha più potuto prendere il microfono e fare un discorso di tre ore, la gente ha cominciato lentamente a risvegliarsi e a parlare.

Ci sono molti giovani blogger cubani. Questo fenomeno può portare qualcosa di positivo?

La blogosfera prodotta dall’interno dell’Isola è ancora a uno stadio embrionale. Cospirano contro la sua crescita sia la difficoltà di accesso a internet che il timore di esprimere opinioni. Nonostante tutto, negli ultimi mesi abbiamo visto nascere nuovi siti e – cosa più sorprendente – i loro autori non si nascondono più sotto uno pseudonimo. Non credo che la blogosfera possa fare da sola ciò che dovrebbe essere compito di tutta la società: riscattare il diritto alla libera espressione. Questo fenomeno virtuale deve essere accompagnato anche dal lavoro dei giornalisti indipendenti, degli intellettuali, che con la loro opera mostrino la realtà senza il trionfalismo che caratterizza i periodici ufficiali, e dei cittadini che abbiano il coraggio di indicare a voce alta le cose che non vanno. Se la necessità di esprimere opinioni non è sentita da tutti, la blogosfera cubana non può cambiare da sola l’atmosfera di censura imposta durante questi cinquanta anni.

Una domanda letteraria. Il tuo blog è molto interessante e presto diventerà un libro. Non pensi di scrivere romanzi, racconti o poesie sulla Cuba di oggi?

Il vortice che rappresenta il mio blog mi assorbe molte energie e tempo, tuttavia trovo sempre un momento di pace per scrivere racconti o intraprendere progetti letterari di maggior importanza. Sinceramente, dico che scrivere per la rete è un’esperienza incredibile e credo che poco a poco la cyber letteratura si imporrà anche nei gusti dei lettori. Mi piacciono quelle pennellate impressioniste, molto brevi, che posso pubblicare su Generación Y.

Cosa credi che succederà il giorno che morirà Fidel Castro?

Se mi avessero fatto questa domanda tre anni fa, avrei detto che sarebbe cambiato tutto. Malgrado ciò, nel tempo trascorso da quel 31 luglio 2006 – quando è stata annunciata la malattia di Fidel Castro – fino a oggi, il governo cubano si è dato da fare per preparare i cittadini alla notizia della sua morte. Abbiamo visto spegnersi la figura dell’“invincibile” Comandante in capo, come in uno di quei film dove il protagonista si allontana per un lungo cammino fino a perdersi dalla nostra vista. In questo periodo sono in molti a pensare che sia già morto e che ha perso molta importanza nella vita politica del paese. Nonostante tutto, alla scomparsa del simbolo che rappresenta la sua persona, moti cubani penseranno che è terminata un’intera epoca.

Alcuni si sentiranno alleviati e forse le vendite di rum andranno alle stelle in tutta Cuba, mentre altri piangeranno in pubblico e davanti alle telecamere. Entrerà nel nostro passato e un giorno quando i miei nipoti mi sentiranno parlare di Fidel Castro, non sapranno se si trattava di un politico, di una stella della musica tradizionale o di un giocatore di baseball. Quel giorno, sentirò che finalmente avremo superato il suo enorme peso verde olivo sulle nostre vite.

In attesa di quel giorno continuiamo a seguire il blog di Yoani Sánchez e i suoi commenti ironici, graffianti, malinconici, ma soprattutto critici e calati nella realtà quotidiana. Il vero volto della nuova Cuba si può trovare soltanto tra le pagine telematiche di una Generación Y che è destinata a dare soltanto buoni frutti.

Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi

con la collaborazione di Fabio Izzo

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AGGIORNAMENTO DEL 20 APRILE 2009

Aggiorno il post segnalando il sito 24/7 della Rizzoli che ha linkato il nostro dibattito.
Di seguito troverete la scansione a un paio di articoli pubblicati nei giorni scorsi sul quotidiano Repubblica.
Massimo Maugeri

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http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/01/07/yoani-sanchez-terribile-eredita/feed/ 251
LA VITA EROTICA DEI SUPERUOMINI. Incontro con Marco Mancassola http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/29/la-vita-erotica-dei-superuomini-incontro-con-marco-mancassola/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/29/la-vita-erotica-dei-superuomini-incontro-con-marco-mancassola/#comments Wed, 29 Apr 2009 19:05:33 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/29/la-vita-erotica-dei-superuomini-incontro-con-marco-mancassola/ In questi giorni sto leggendo La vita erotica dei superuomini, uno dei romanzi più interessanti pubblicati nel 2008. L’autore è Marco Mancassola, giovane scrittore classe 1973.
È con molto piacere che, in collaborazione con gli amici del sito 24/7 della Rizzoli, dedico un post a questo libro. Peraltro sono cresciuto in compagnia dei supereroi Marvel creati da Stan Lee (ma ho molto amato anche quelli della DC Comics). Il mio preferito è sempre stato Reed Richards, Mr Fantastic, il leader dei celeberrimi Fantastici Quattro. E Richards è uno dei protagonisti di questo corposo romanzo di Mancassola ambientato in una New York “luminosa e inquieta”. Nel libro figura un giornalista di origine italiana che deve scrivere un reportage su quella che appare la fine di un’epoca: “gli ex-supereroi più in vista del pianeta, coloro che un tempo incarnavano una gloriosa mitologia, sono il bersaglio di una serie di clamorosi omicidi complottati, sembra, da un gruppo di fanatici. Ma cosa significano gli ambigui e quasi sentimentali biglietti d’addio ricevuti da alcuni di loro? Sotto la cronaca si nascondono trame più struggenti e carnali. Com’è possibile che Reed Richards, il supereroe dal corpo di gomma, colui che ha combattuto mille epiche battaglie e che oggi conduce una dignitosa vita da scienziato e consulente di agenzie governative, sprofondi ormai maturo in un’ossessione senza ritorno per una giovane astronauta con trentacinque anni di meno? E com’è possibile che un altro mitico ex-supereroe, il celebre Batman, sia morto in circostanze scabrose nel pieno di un delirio feticistico? E cosa dire di Mystique, la donna dalla pelle bluastra, la mutante protagonista negli anni Settanta di controverse vicende politiche, oggi divenuta una famosa comica televisiva, anche lei sull’orlo di un pericoloso precipizio fatto di ossessione e bisogno amoroso?
Superman, invece, (a lui è dedicato l’epilogo del libro) tenta di creare una nuova schiera di supereroi.
Sul Sole24Ore Giorgio Fontana scrive: “Marco Mancassola, uno dei più talentuosi scrittori italiani, coglie il bersaglio affrontando il supereroe da un punto di vista non inedito, ma splendidamente interpretato: l’emotività, l’interiorità, il bisogno (…). Il mondo de “La vita erotica dei superuomini” è un mondo dove gli eroi non sono più necessari. Individui decaduti, che non hanno niente da salvare se non se stessi: figure relegate al mondo televisivo, alla chiacchiera quotidiana, o banalmente impegnati a lenire la propria solitudine. E in un mondo che non ha più bisogno di supereroi, questi si scoprono di colpo incapaci di salvarsi. La grande domanda di questo libro sembra essere: cosa può fare, in fondo, un supereroe per se stesso?
Sul Manifesto del 29 marzo 2009 Tommaso Pincio scrive: “Con lingua trasparente, Mancassola tesse un presunto complotto finalizzato a togliere di mezzo queste vecchie glorie. Naturalmente è solo un pretesto per raccontare altro. La vita erotica cui fa riferimento il titolo è la storia dell’ordinario decadimento che tutti i corpi sono condannati a conoscere, anche quelli straordinari dei supereroi. L’erotismo è per eccellenza la dimensione dove l’intimità incontra la vitalità, dove una persona può conoscere la massima esaltazione e al contempo le più cocenti mortificazioni. È lo spazio in cui ci si può sentire in perfetta simbiosi con un altro organismo e simultaneamente sperimentare la più assoluta delle solitudini. «Per amare bisogna un poco umiliarsi» considera il Mister Fantastic attempato del romanzo di Mancassola. Al fondo di questa umiliazione c’è il corpo, questa macchina che la nostra società vorrebbe sempre più efficiente e inossidabile, questo corpo che vorremmo sempre super, immune dai guasti del tempo e dallo sbiadire dei miti e dei sogni.”
Credo che questo romanzo di Mancassola si presti a diversi livelli di lettura e abbia forti componenti metaforiche. Il supereroe decadente (o meglio, il superuomo decadente… non inteso in senso nietzschiano o d’annunziano) rappresenta – in fondo – noi stessi, figli di questa società ipercompetitiva dove l’apparire assume una valenza superiore all’essere.
Vi invito a discuterne con l’autore. Per farlo vi propongo qualche domanda (volta – come al solito – a favorire il dibattito).

Secondo voi esiste una sorta di nuovo mito del superuomo nella società di oggi?

In che modo è possibile difendersi dalla tentazione di voler – o dover – apparire a tutti i costi? Vi sentite esenti da questa tentazione (e/o da questo rischio)?

Vi turba l’idea del deperimento fisico del vostro corpo?

Di seguito potrete leggere le recensioni di Giorgio Fontana (da Il Sole24Ore)  e Marcello D’alessandra (da L’Indice dei libri del mese).

Massimo Maugeri

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Nota biografica dell’autore

Marco Mancassola, giovane scrittore nato nel novembre 1973, ha vissuto con mille lavori e abitato in varie città (Padova, Roma, Londra). Mancassola ha già al suo attivo il romanzo ‘Il mondo senza di me’ (Pequod 2001 – Oscar Mondadori 2003), il romanzo breve ‘Qualcuno ha mentito’ (Mondadori Strade Blu 2004), il saggio-memoriale ‘Last Love Parade: storia della cultura dance, della musica elettronica e dei miei anni’ (Mondadori Strade Blu 2005 – Oscar Mondadori 2006), la coppia di racconti ‘Il ventisettesimo anno: due racconti sul sopravvivere’ (Minimum Fax 2005).

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“La vita erotica dei superuomini” di Marco Mancassola – Rizzoli, pagg. 569, 21,50 euro

da Il Sole24Ore del 12 novembre 2008
recensione di Giorgio Fontana

Nello storico “Watchmen”, più di vent’anni fa, Alan Moore decostruì una volta per tutte il supereroe in chiave etica. Da allora i tentativi di indebolire, umanizzare e complicare la figura supereroistica si sono moltiplicati, sia nel fumetto che nella letteratura, con esiti non sempre all’altezza del compito. Ora è il turno di Marco Mancassola, uno dei più talentuosi scrittori italiani, che coglie il bersaglio affrontando il supereroe da un punto di vista non inedito, ma splendidamente interpretato: l’emotività, l’interiorità, il bisogno. Rileggendo il marchio di fabbrica di Stan Lee, “supereroi con superproblemi”, Mancassola inietta nuova linfa a un immaginario pop ormai stantio, regalandoci un libro di rara potenza.
Il mondo de “La vita erotica dei superuomini” è un mondo dove gli eroi non sono più necessari. Individui decaduti, che non hanno niente da salvare se non se stessi: figure relegate al mondo televisivo, alla chiacchiera quotidiana, o banalmente impegnati a lenire la propria solitudine. E in un mondo che non ha più bisogno di supereroi, questi si scoprono di colpo incapaci di salvarsi. La grande domanda di questo libro sembra essere: cosa può fare, in fondo, un supereroe per se stesso?
Il pretesto della trama è un misterioso complotto che sembra voler fare piazza pulita della vecchia guardia di eroi. Alla fine, il complotto si svela essere il delirio di un singolo, un unico personaggio ossessionato dai poteri mutanti della madre, e che non trova di meglio se non accanirsi contro i suoi antichi miti. Per ogni assassinio, egli lascia un biglietto di addio: Addio mio Batman, addio mia Mystique. L’aggettivo possessivo è la cifra di un distacco struggente: omicidi che segnano la fine di un’epoca e insieme il dolore nella sua cancellazione. Anche l’assassino, dunque, è un assassino emotivo.
Sotto questo pretesto, questo stilema da thriller esistenziale, scorre così un romanzo che è innanzitutto una grande tragedia del corpo. Seguendo le strade solitarie di Batman, Reed Richards e Mystique, il loro vano tentativo di tornare alla vitalità di un tempo, Mancassola dipinge un meraviglioso affresco del bisogno di affetto e di comunanza.
In questo senso, la vita erotica del titolo va intesa in senso letterale: eros come forza primigenia, necessità attrattiva. L’amore qui è veramente figlio di poros e penia: mancanza, sete, fame. Se il corpo e il desiderio di un eroe è necessariamente superiore, quindi anche il suo dolore lo è, e così il suo bisogno. I protagonisti del libro sono invecchiati, figure del tutto scisse dalla loro immagine bidimensionale: dotati di carni un tempo abituate a prestazioni straordinarie, e ora indebolite, fragili, finite. C’è qualcosa di straziante nel loro bisogno di amore, che è innanzitutto un bisogno di vicinanza, di sentire il proprio corpo ancora in grado di pulsare. La percezione del reale è qui sempre intellettuale e fisica insieme, nei sensi più alti di entrambi i termini.
Arriviamo così a qualcosa di più del vecchio tentativo di “umanizzare il superumano”. È, al contrario, un tentativo di affondare ancora di più nella tragedia del superumano in quanto comunque umano.
Questo anche attraverso la lingua: l’attenzione alla lingua è da sempre un marchio inconfondibile di Mancassola. In questo romanzo lo stile è se possibile ancora più semplice e nitido, ma arricchito di una virtù metaforica straordinaria, come se dietro ogni dettaglio si nascondesse un piano ulteriore del reale fatto vibrare dalla lingua: ogni minuscola caratteristica ritorna nuova al lettore dopo un lavacro purificatorio. Sopra ogni cosa brillano le descrizioni di New York, i suoi movimenti, il grande sfondo che si fa personaggio esso stesso: la capitale del mondo, la metropoli delle metropoli dove ogni cosa è ancora possibile, persino amare. Libro eminentemente urbano, “La vita erotica dei superuomini” segue il ritmo di una città che è la città dove tutto sembra flirtare con tutto, dove ogni cosa risuona a una musica unisona, e l’eros pervade l’intero tessuto locale.
Ma questo romanzo non è soltanto un romanzo tragico, sulla necessità e il bisogno frustrato. Questo è anche un romanzo sulla rinascita e la resurrezione di un ideale. L’epilogo è infatti dedicato al più arcano e originario dei guardiani, Superman, e al suo tentativo di creare una nuova falange di supereroi. Non si tratta però di un finale nostalgico, o di una celebrazione epigonale del tempo che fu. Viviamo un’epoca (il romanzo è ambientato in un 2006 tutt’altro che irrealistico) che sembra stanca di forze straordinarie e prodigi. Un’epoca dove i poteri devono farsi più labili, e adattarsi plasticamente a un mondo diverso, fluido: poteri “discontinui, elusivi, sorprendenti”. È questo su cui conta il grande eroe: sul bisogno, nonostante tutto, di eroi. Perché sempre, nella nostra storia, qualcosa meriterà di essere salvato. E sempre qualcuno dovrà incaricarsi di farlo.
Giorgio Fontana

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da L’INDICE DEI LIBRI DEL MESE
recensione di Marcello D’Alessandra

Nella babele di valori del nostro tempo, con l’ultimo personaggio da reality accolto dall’immancabile standing ovation, non stupisce ritrovare i supereroi di un tempo, Superman e Mister Fantastic, Batman e Mystique, riposto il costume nell’armadio, nelle loro ordinarie esistenze, acciaccati dall’età, fragili e soli. Così nel nuovo romanzo di Marco Mancassola (nella foto), tra i narratori italiani di questi anni uno dei più credibili e tra i pochi dai quali è lecito attendersi un tratto di distinzione. Ambizioso anche nella mole, il romanzo non delude le attese.
Avevano creduto possibile cambiare il mondo, ora, al mesto tramonto della loro esistenza, i supereroi vivono l’ultimo fatale innamoramento, cui si abbandonano con la speranza stanca di chi è rassegnato alla sconfitta. Solo l’amore li può salvare, ma l’amore, quello stesso amore, finirà per ucciderli. L’abbraccio tanto agognato, una volta raggiunto sarà senza ritorno: un abbraccio mortale.
Se si presta attenzione al titolo, La vita erotica dei superuomini, può accadere di avvertire uno scarto nei due termini, tra ciò che sono e ciò che avrebbero potuto essere: erotica, rispettivamente, e supereroi. Ma in quello scarto c’è già buona parte della storia raccontata da Mancassola. Erotica perché è scelta la dimensione privata, la più intima degli eroi, quella amorosa, dei sentimenti e del sesso; quella che mostra, e siamo al secondo dei due termini, il lato umano, nella sua caducità e solitudine. Come scrive Cesare Pavese, nel suo diario a proposito del suicidio: “Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla”. E così è per i supereroi, e più di tutti per Mister Fantastic, stimato professore, esperto di missioni spaziali, che perde la testa per una giovane astronauta. Superuomini e non supereroi, perché la condizione umana è quella che più interessa a Mancassola. Anche nei supereroi; che si rivelano, oltretutto, un formidabile espediente narrativo: essi assicurano un tratto di originalità e insieme un orizzonte condiviso per il lettore – c’è da scommettere, in molti casi, con nostalgia e favore. E rappresentano pur sempre l’ultima epica dei tempi moderni o forse l’unica possibile, almeno fino a ieri. A dare un tono epico sembra concorrere, forse non per caso, anche l’incipit del romanzo: “Un tempo quello era il centro del mondo”, una New York che sotto il suo cielo accoglie una moltitudine di solitudini, solo all’apparenza anestetizzate. I supereroi, in definitiva, possiamo leggerli come “personaggi dello schermo” per Mancassola: attraverso loro egli racconta le storie che da sempre ama raccontare, e lo fa spogliandoli dello straordinario della loro esistenza, per restituirceli, con sguardo nuovo e penetrante, nella loro nuda ordinarietà.
L’attempato Reed Richards (chiamato con nome e cognome nel romanzo, come del resto Batman, entrambi sottratti all’intangibilità dei loro nomi di battaglia – lui è Mister Fantastic, un tempo capo dei Fantastici Quattro, l’uomo allungabile) è la figura tragica e più dolente, la più umana nelle sue compromissioni con la vita: ha un figlio di cui piangerà la morte. Il racconto del suo struggimento è la parte più intensa e riuscita del libro. Un’altra sezione è dedicata al vecchio Batman, rimasto solo, Robin nel frattempo è stato ucciso, che si gingilla nel suo lussuoso appartamento in incontri sessuali di rara perversione. Mystique, la donna mutante, come tanti supereroi avvizziti ha scelto la televisione: conduce uno show di successo trasformandosi nei più svariati personaggi, da Putin a Mel Gibson. L’epilogo è affidato al vecchio Superman. Una trama oscura vuole la morte dei supereroi, cui giungono dei misteriosi biglietti anonimi di addio. A seguire gli omicidi in serie è un giornalista di origine italiana, la cui storia, insieme a quella della sua strana famiglia, è incastonata al centro del romanzo. Suo fratello, poliziotto, indaga sul disegno criminale che vede morire, uno dopo l’altro, i supereroi di un tempo. La sua presenza nei diversi episodi, in filigrana, conferisce unità all’insieme: particolare che si apprezza nel corso della lettura, anche per le sorprese che è destinata a riservare.
È un romanzo sull’amore e le sue compromissioni: “Non si poteva essere innamorati e mantenere intatta la dignità. Per amare, Reed realizzò, bisognava un poco umiliarsi”. L’amore come umiliazione. Per Batman sarà quella fisica, del suo corpo farà il simulacro di un estenuato narcisismo. E il corpo, la solitudine dei corpi, altra costante della narrativa di Mancassola, è uno dei temi forti del romanzo. Del corpo, come una febbre, è la nostalgia della persona amata: “Sembrava impossibile aver toccato quel corpo. Sembrava impossibile averlo avuto tra le braccia”. I supereroi vivono con disagio il rapporto con il proprio corpo, un tempo invincibile, mostrano di non saperlo gestire. Mister Fantastic si chiede: “Cosa fare di questo corpo per renderlo felice?”.
Marcello D’Alessandra

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AGGIORNAMENTO DEL 1° maggio 2009 – Marco Mancassola parla de “La vita erotica dei superuomini” in un video.

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