LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » editoria http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 LIA LEVI con “Questa sera è già domani” (Edizioni E/O) in radio a LETTERATITUDINE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/02/28/in-radio-con-lia-levi-3/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/02/28/in-radio-con-lia-levi-3/#comments Wed, 28 Feb 2018 14:01:31 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7729 LIA LEVI con “Questa sera è già domani” (Edizioni E/O), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)


In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e postproduzione: Federico Marin

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PER ASCOLTARE LA PUNTATA CLICCA SUL PULSANTE “AUDIO MP3″ (in basso), O CLICCA QUI

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Con Lia Levi abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato Questa sera è già domani” (Edizioni E/O).

Nel 1938 si riuniscono 32 Paesi per affrontare il problema degli ebrei in fuga da Germania e Austria. Molte belle parole ma in pratica nessuno li vuole. Una sorprendente analogia con il dramma dei rifugiati ai nostri giorni.

Nello stesso anno 1938 vengono promulgate in Italia le infami Leggi Razziali. Come e con quali spinte interiori il singolo uomo reagisce ai colpi nefasti della Storia? Ci sarà qualcuno disposto a ribellarsi di fronte ai tanti spietati sbarramenti? In questo nuovo emozionante romanzo Lia Levi torna ad affrontare con particolare tensione narrativa i temi ancora brucianti di un nostro tragico passato.

Nella seconda parte della puntata Massimo Maugeri legge le prime pagine del libro.

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Lia LeviQuesta sera è già domani” (Edizioni E/O)

Genova. Una famiglia ebraica negli anni delle leggi razziali. Un figlio genio mancato, una madre delusa e rancorosa, un padre saggio ma non abbastanza determinato, un nonno bizzarro, zii incombenti, cugini che scompaiono e riappaiono. Quanto possono incidere i risvolti personali nel momento in cui è la storia a sottoporti i suoi inesorabili dilemmi? È possibile desiderare di restare comunque nella terra dove ci sono le tue radici o è urgente fuggire? Se sì, dove? Esisterà un paese realmente disponibile all’accoglienza?
Alla tragedia che muove dall’alto i fili dei diversi destini si vengono a intrecciare i dubbi, le passioni, le debolezze, gli slanci e i tradimenti dell’eterno dispiegarsi della commedia umana.
Una vicenda di disperazione e coraggio realmente accaduta, ma completamente reinventata, che attraverso il filtro delle misteriose pieghe dell’anima ci riporta a un tragico recente passato.

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Lia Levi, di famiglia piemontese, vive a Roma, dove ha diretto per trent’anni il mensile ebraico Shalom. Per le nostre edizioni ha pubblicato: Una bambina e basta (Premio Elsa Morante Opera Prima), Quasi un’estate, L’albergo della Magnolia (Premio Moravia), Tutti i giorni di tua vita, Il mondo è cominciato da un pezzo, L’amore mio non può, La sposa gentile (Premio Alghero Donna e Premio Via Po) La notte dell’oblio e Il braccialetto (Premio speciale della giuria Rapallo Carige, Premio Adei Wizo). Nel 2012 le è stato conferito il Premio Pardès per la Letteratura Ebraica.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: i seguenti brani di Noa: “Beautiful That Way”, “I Don’t Know”, “Eye in the sky”.

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È possibile ascoltare le precedenti puntate radiofoniche di Letteratitudine, cliccando qui.


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SELF-PUBLISHING, E-BOOK, EDITORIA http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/11/08/self-publishing-e-book-editoria/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/11/08/self-publishing-e-book-editoria/#comments Tue, 08 Nov 2011 21:03:08 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3655 self-publishing

Proseguiamo il discorso sull’editoria già avviato in altri precedenti post… ne richiamo un paio.
Nel gennaio 2008, proprio su questo blog, avevamo avuto modo di affrontare il fenomeno della cosiddetta editoria a pagamento. (in questi giorni si è tornato a parlare di editoria a pagamento anche in associazione al fenomeno del self-publishing: segnalo, in proposito, un articolo pubblicato sul Manifesto e poi su Nazione Indiana da alcuni rappresentanti della generazione TQ).
Di self-publishing ne avevamo fatto cenno in questo post dell’ottobre 2006 (“Vuoi pubblicare? C’è Lulu, baby“) e, successivamente, in “La rivoluzione Internet e Pasolini” (post del marzo 2007 nel quale si segnalava, tra le altre cose, la scelta da parte di Giuseppe Genna di pubblicare un suo libro proprio con Lulu: uno dei primi scrittori noti che decideva di utilizzare questo strumento). Più di recente abbiamo affrontato le problematiche connesse all’e-book (L’e-book e (è?) il futuro del libro), partendo dalla discussione avviata su un post dell’ottobre 2009 (Oronzo Macondo). Per quanto concerne la “questione e-book” consiglio la lettura di questo post di Loredana Lipperini.

Vorrei riprendere le fila delle discussioni già avviate in precedenza, concentrandomi sul fenomeno del self-publishing ulteriormente sviluppatosi anche in seguito alla crescita de ilmiolibro.

Primo punto (a beneficio di chi non lo sapesse): cosa deve intendersi per self-publishing? (in italiano “auto-editoria”, “auto-pubblicazione”, “auto-edizione”… oppure, “libro-fai-da-te”).
Su Wikipedia Italia esiste la voce “Autoedizione“, che dice così:
http://donnygamble.com/wp-content/uploads/2010/12/digital-publishing-300x297.jpg“L’autoedizione consiste nell’assunzione, da parte di un autore dell’attività di pubblicare un libro o un’opera simile, senza passare attraverso la intermediazione di un editore. Si distingue sia dalla normale edizione sia da dall’edizione a spese dell’autore. Nel primo caso tutte le spese sono a carico dell’editore, che si incarica di realizzare e distribuire l’opera, promettendo una remunerazione del diritto d’autore in genere in forma percentuale. Nel secondo esiste sempre la figura dell’editore, ma le spese sono sopportate in tutto o in parte dall’autore o da chi lo sponsorizza.
Nel caso di autoedizione l’autore, invece, si incarica di seguire tutte le fasi della realizzazione dell’opera, avvalendosi eventualmente di qualche figura professionale esterna.
L’acquisizione dei dati elettronici e l’impaginazione ha sostituito la composizione con linotype. Ormai la stampa elettronica dà risultati soddisfacenti anche per testi con fotografie. Le correzioni tipografiche e grammaticali che possono essere affidate a dei professionisti della correzione bozze. La realizzazione può avvenire anche con una stampante domestica, anche se ormai sono disponibili servizi di stampa digitale che offrono prezzi competitivi. Più vincolato è il problema della rilegatura, che, in genere a livello domestico dà risultati non soddisfacenti (ad esempio: le spirali)”
.

A tal proposito, sul sito della Treccani alla voce Self-publishing leggiamo un interessante articolo sull’uso della terminologia inglese (riporto questo passaggio)…
self-publishing2“Se abbiamo a che fare con fattori tecnologici connessi a una dimensione produttiva, sappiamo che ciò che di nuovo si esprime nella realtà avrà quasi certamente il marchio linguistico dell’inglese (angloamericano, di solito). Anche nel campo dell’editoria personale e del testo (o libro) fai da te – queste le locuzioni più in voga per rendere in italiano i fenomeni di cui stiamo trattando – accade precisamente che la forza d’impatto, il diffondersi, il successo delle “cose” importate siano veicolati dalla lingua che quelle “cose” ha definito in origine, con tutta l’aura di prestigio emanata dalla lingua in questione, l’inglese ubiquitario, globale, affaristico-tecnicistico degli ultimi quarant’anni. Ecco perché si impone nell’uso l’espressione print on demand, presente in italiano dal 2000, inizialmente con riferimento esclusivo alla stampa digitale di titoli su carta fuori catalogo e non disponibili; successivamente allargatasi a significare la stampa su richiesta da parte di chi vuole essere aiutato a editare da sé il proprio prodotto. Ed ecco perché il termine self-publishing (in inglese dal 2001; in italiano dal 2007), ancora poco o punto censito dalla lessicografia nostrana, anche quella che si occupa di registrare le voci nuove, si fa largo sui media, a discapito dell’esistente, italianissimo, calco autoeditoria (insieme alla famigliola di corradicali: autoedire, autoeditore, autoeditrice), documentato a partire dal 2000 proprio nel significato di self-publishing, ossia (cito dal Grande dizionario italiano dell’uso di Tullio De Mauro) «forma di editoria che non utilizza canali convenzionali ma permette agli autori di servirsi specialmente di strutture informatiche per produrre e promuovere le proprie opere». Sui giornali o sui siti e portali italiani di self-publishing (un termine che ha, a metà, un’anima latina: to publish risale a PUBLICARE), specialmente con riferimento a testi scritti, cioè a opere di natura libraria, circolano anche parole come autopubblicazione («nasce un nuovo servizio in grado di offrire soluzioni per l’autopubblicazione a tutti gli autori esordienti», «La Stampa», 16 giugno 2008) e autopubblicare/-rsi («autopubblica il tuo libro, è gratuito», lulu.com), che, forse, rinforzandosi a vicenda nella copertura dei quadranti grammaticali, potrebbero insidiare la diffusione di self-publishing, in quanto quest’ultimo non è stato accompagnato in Italia dalla famiglia costituita dal verbo to self-publish ‘autoeditare’ e dal sostantivo self-publisher ‘autoeditore’ (ve n’è scarsissima traccia sui media, siti italiani inclusi)”.

Ma torniamo all’argomento “autoedizione” o “self-publishing” (indicatelo pure come preferite). Segnalo, a tal fine, questo importante contributo di Giuseppe Granieri.

Cosa è cambiato rispetto all’ottobre 2006 (riferimento al mio vecchio post)? Probabilmente, come già accennato, è cambiata la dimensione del fenomeno. Il fatto, cioè, che il numero degli utilizzatori della autopubblicazione è aumentato a dismisura. È questo un bene o un male?

Proviamo a discuterne insieme (partendo da qualche domanda).

1. Cosa ne pensate del self-publishing (o autoedizione)?

2. Quali sono, a vostro avviso, i pro e contro del “fenomeno”?

3. Che connessione c’è (ammesso che ci sia) tra il fenomeno della “editoria a pagamento” e quello del “self-publishing”?

4. Come sta cambiando l’editoria alla luce dello sviluppo di questi nuovi fenomeni?

5. Cosa ne pensate della “intromissione” di Amazon nel campo dei libri e dell’editoria?
(Dicono ad Amazon: “dopo aver dimostrato ai lettori che non hanno bisogno di librerie, adesso incoraggiamo gli scrittori a bypassare gli editori“. A tal proposito vi segnalo questo articolo di Alessandra Farkas pubblicato sul Corriere della Sera del 18 ottobre)

6. A proposito di editoria: quali sono ruoli e compiti dell’editore?

Con riferimento a quest’ultima domanda, segnalo la recente pubblicazione di Sandro Ferri (l’editore delle edizioni e/o), intitolata I ferri dell’editore
Ci attendono anni di incertezza, anche nell’editoria. Leggeremo su carta o in formato elettronico? Continueremo a leggere o la lettura sparirà? Cosa leggeremo: solo best-seller (e quali best-seller) o ci sarà una ripresa della lettura più impegnata?». Un pamphlet sulle sfide del mestiere editoriale di oggi, sui nuovi strumenti digitali, sulle persone che lavorano con passione, spesso nell’ombra, per proporre nuove storie a un pubblico mai così esigente e critico.

Di seguito, la videointervista di Sandro Ferri rilasciata a La Compagnia del libro (vi invito ad ascoltarla e a commentarla).

7. Un’ultima domanda: cosa pensereste se decidessi di auto-pubblicare il secondo volume di “Letteratitudine, il libro“, ricorrendo (per esempio) a Lulu.com o a ilmiolibro, anziché a un editore tradizionale?
Ci sto pensando un po’ su (e vi spiegherò il perché nel corso della discussione); ma mi piacerebbe leggere le vostre impressioni in proposito…

Come sempre, grazie in anticipo per l’attenzione  e per la partecipazione.

Massimo Maugeri

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L’E-BOOK E (È?) IL FUTURO DEL LIBRO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/06/20/ebook-e-il-futuro-del-libro/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/06/20/ebook-e-il-futuro-del-libro/#comments Mon, 20 Jun 2011 21:07:59 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3368 Vorrei riprendere la discussione sull’e-book già avviata a partire da questo post, offrendo come spunto per ulteriori riflessioni (e per un approfondimento del dibattito) la pubblicazione di questo nuovo volumetto che ho realizzato per i tipi della piccola casa editrice “Historica” (disponibile, ovviamente, anche in formato elettronico). Il titolo è già un punto di domanda: “L’e-book e (è?) il futuro del libro”.
L’intento non è quello di fornire approfondimenti tecnici sull’e-book, ma di divulgare opinioni emotive sull’argomento. Per far ciò ho coinvolto alcuni tra i più rappresentativi addetti ai lavori del mondo del libro – scrittori, editori, editor, critici letterari, giornalisti culturali – che hanno gentilmente messo a disposizione il loro parere (da qui il sottotitolo…).
Ho chiesto loro di ragionare sul “fenomeno e-book” ed esprimere un’opinione facendo riferimento alle seguenti domande: Cosa ne pensa dell’e-book? Come immagina il futuro dell’editoria e della letteratura tenuto conto del “peso crescente” delle nuove tecnologie? E cosa ne sarà dei libri di carta? C’è il rischio che possano diventare “pezzi da collezione”?
Dopo una parte introduttiva sulla evoluzione del libro elettronico e sugli e-book readers, e dopo una sintetica analisi di mercato, questo piccolo volume offre le “opinioni emotive” sull’e-book fornite da: Roberto Alajmo, Marco Belpoliti, Gianni Bonina, Laura Bosio, Elisabetta Bucciarelli, Ferdinando Camon, Daniela Carmosino, Antonella Cilento, Paolo Di Stefano, Valerio Evangelisti, Vins Gallico, Chiara Gamberale, Manuela La Ferla, Nicola Lagioia, Filippo La Porta, Gianfranco Manfredi, Agnese Manni, Diego Marani, Dacia Maraini, Daniela Marcheschi, Michele Mari, Raul Montanari, Antonio Paolacci, Romana Petri, Antonio Prudenzano, Giuseppe Scaraffia, Elvira Seminara, Filippo Tuena, Alessandro Zaccuri.

Vorrei coinvolgere nello sviluppo della discussione anche voi, proponendo come sempre alcune domande (e invitandovi a fornire la vostra risposta, se potete)…

1. L’e-book è davvero il futuro del libro?

2. Se sì, fino a che punto?

3. Che cos’è un libro: un supporto cartaceo, o il suo contenuto? O entrambi?

4. Tra un volume rilegato di fogli bianchi e un romanzo leggibile su un e-book reader, quale dei due è… più libro?

5. Come immaginate il futuro dell’editoria e della letteratura tenuto conto del “peso crescente” delle nuove tecnologie?

6. Cosa ne sarà dei libri di carta? C’è il rischio che possano diventare “pezzi da collezione”?

7. Una diffusione “significativa” dell’e-book  potrebbe favorire l’incremento della lettura?

La discussione on line proseguirà – per chi potrà partecipare – alla Feltrinelli Libri e Musica di Catania (via Etnea, n. 285 ) giovedì 30 giugno 2011, alle h. 18.

Vi aspettiamo!

Massimo Maugeri

P.s. Ne approfitto per segnalare questo post di Lipperatura incentrato sull’attuale crisi dell’editoria determinata dal decremento della vendita dei libri (il post riprende un articolo pubblicato su Repubblica, con dichiarazioni di Marco Polillo – presidente dell’Aie – anche sul “fenomeno e-book”)

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LA CAMERA ACCANTO 17° appuntamento http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/05/27/la-camera-accanto-17/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/05/27/la-camera-accanto-17/#comments Wed, 26 May 2010 22:42:18 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2148 Il titolo di questo post non si riferisce a un romanzo erotico o a un film spinto.

La camera accanto è la stanza, per l’appunto, posta di fianco a quella ufficiale (letteratitudine).

Se letteratitudine è una sorta di caffè letterario virtuale, la camera accanto è un luogo dove si possono affrontare argomenti di diverso genere. Si può parlare di letteratura – certo -, di libri; ma anche di cinema, sport, televisione, politica, gossip, ecc.

Insomma, si può parlare di tutto ciò che volete. Ciascuno di voi può sentirsi libero di avviare un dibattito o, più semplicemente, scambiare quattro chiacchiere.

Anche qui, però, vige la nota avvertenza (colonna di sinistra del blog); per cui vi chiedo di rispettare persone e opinioni. Vi chiedo, inoltre, la cortesia di evitare litigi e toni eccessivamente scurrili.

Aggiungo che la camera accanto è anche un luogo “integrato” con altri spazi di Letteratitudine, ovvero… il programma radiofonico Letteratitudine in Fm e la pagina Libri segnalati speciali. Di conseguenza potete lasciare qui i commenti riferiti ai suddetti spazi.

(Massimo Maugeri)

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1) Vorrei dedicare questo nuovo appuntamento de La camera accanto alla memoria di Edoardo Sanguineti, che – come tutti voi saprete – è scomparso il 18 maggio scorso. Vi propongo, di seguito, un articolo di Piero Bianucci pubblicato su La Stampa… e vi invito – se avete piacere – a ricordare Sanguineti con un messaggio, anche in riferimento alle sue opere.

2) La seconda parte di questo appuntamento de La camera accanto la dedico a un nuovo progetto letterario collettivo di Marco Minghetti (leader de Le aziende In-visibili, vi ricordate?): si chiama La  Mente In-visibile, e avremo modo di parlarne nel corso della discussione.

3) Tempo di interviste. Vi segnalo questa, che ho rilasciato a Morgan Palmas per il blog Sul romanzo, quest’altra che ho rilasciato a Sabina Corsaro per Lo Schiaffo. Segnalo, inoltre, sempre su Lo Schiaffo l’intervista a Simona Lo Iacono e quella a Salvo Zappulla.

Aggiorno la sezione interviste, segnalandovi questa pubblicata da Sergio Sozi su Flanerì. L’intervista è divisa in due sezioni: prima parte e… seconda parte.

 

4) Alcune considerazioni sull’editoria in un articolo firmato dallo scrittore Gianfranco Manfredi

Per gli amanti della filosofia, infine, segnalo la rivista di cultura filosofica online L’accento di Socrate.

Segue il pezzo dedicato alla memoria di Edoardo Sanguineti e l’articolo di Gianfranco Manfredi.

Massimo Maugeri

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ADDIO A SANGUINETI, POETA DEI BUCHI NERI
(da La Stampa.it)

di PIERO BIANUCCI

Edoardo Sanguineti, poeta, critico letterario, intellettuale impegnato, fondatore dell’avanguardia Gruppo ’63, maestro di tanti studenti universitari a Torino, Salerno e Genova, se n’è andato a 79 anni, sotto i ferri di un chirurgo che cercava di salvarlo da un aneurisma.

L’ultima cosa che ha scritto è un “Sonetto astrale” (sonetto a modo suo) di tema astrofisico. Il 12 marzo scorso Gian Luigi Beccaria, che lo aveva ricevuto da Sanguineti per pubblicarlo sulla rivista Porti di Magnin, lo ha letto e commentato al Planetario di Torino Infini.To, dopo averlo distribuito in fotocopia al pubblico. C’era anche un altro illustre storico della lingua italiana, nonché appassionato astrofilo, Claudio Marazzini. Sapevamo che Sanguineti non stava bene, ma naturalmente non si pensava a una fine così vicina. Certo, leggendo quei versi, Gian Luigi Beccaria ce lo fece sentire presente e amico.

L’inedito “Sonetto astrale” è stato pubblicato su “ La Stampa” con la notizia della morte del poeta. Dunque non è più inedito. Ma vorrei ugualmente riprodurlo qui in memoria del suo Autore, che ebbi la fortuna di avere come professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Torino nella prima metà degli Anni 70 del secolo scorso.

Pulsano pulsar con forti pulsioni:
ecco a voi quasar, quasi stelle vive:
collassano assai dense, per pressioni
che imbucano per sempre, in nere rive;

così forse è: facelle in evezioni,
sciami di nebulose fuggitive,
supergiganti, code in librazioni,
variabili cefeidi recidive:

protuberanze, e getti, e radiazioni
corpuscolari, eclissi comprensive
di pieni pianetini e pianetoni,
aurore ipercompresse in somme stive:

oh, chiare notti gravitazionali,
mie fragili scintille zodiacali!

La data: 10 ottobre 2008. Sorprende quanto il lessico astrofisico abbia affascinato Sanguineti, e come il poeta sia riuscito a farne proprio sangue, fino a quel verso conclusivo che di colpo ribalta il registro e ci riporta dal linguaggio tecnico a un’emozione quasi gozzaniana. Quel Gozzano che Sanguineti aveva studiato e capito e spiegato così bene a noi suoi allievi. E viene in mente anche il Pascoli cosmico quello del bolide, come Gian Luigi Beccaria ci ricordò, quella sera, al Planetario:

Mentre pensavo, e già sentìa, sul ciglio del fosso, nella siepe, oltre un filare di viti, dietro un grande olmo, un bisbiglio truce, un lampo, uno scoppio… ecco scoppiare e brillare, cadere, esser caduto, dall’infinito tremolìo stellare, un globo d’oro, che si tuffò muto nelle campagne, come in nebbie vane, vano; ed illuminò nel suo minuto siepi, solchi, capanne, e le fiumane erranti al buio, e gruppi di foreste, e bianchi ammassi di città lontane. Gridai, rapito sopra me: Vedeste? Ma non v’era che il cielo alto e sereno. Non ombra d’uomo, non rumor di péste. Cielo, e non altro: il cupo cielo, pieno di grandi stelle; il cielo, in cui sommerso mi parve quanto mi parea terreno.

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SULL’EDITORIA E SULLA LOGICA DEGLI “INTRALLAZZI”

di Gianfranco Manfredi

gianfranco-manfrediSu un articolo pubblicato dalla Lipperini nella sua rubrica su Repubblica “Internet club” si parla di un sito di un Anonimo Ben Informato (editor per numerose case editrici, a quanto sostiene) il quale sostiene quanto segue: su dieci libri pubblicati, tre sono consigliati da agenti letterari, sei sono di amici degli amici, uno solo è stato “scelto dal mucchio dei manoscritti” (dunque di esordiente). Mi pare una questione su cui si potrebbe aprire un forum di discussione (unitamente all’altra della corruttela dei premi letterari, vedi articolo – sempre su Repubblica – di Sandro Veronesi).
A mio modesto avviso, l’Italia è ad ogni livello un paese dalla corruzione facile, ma questo si accoppia a un’altra sorprendente caratteristica: è anche il paese dalla denuncia facile e indiscriminata che continua a levare lamenti sulla corruzione di tutto e di tutti senza riuscire a scalfirla minimamente e autorizzando dunque il sospetto che molte denunce siano frutto di mera frustrazione. E’ possibile riuscire ad avere un atteggiamento più equilibrato, cioè da un lato evitare di partecipare alla corruttela, dall’altro denunciare quando è il caso fatti specifici, con responsabilità definite, inclusa la responsabilità e la firma di chi denuncia? Se guardo alla mia esperienza più che decennale di scrittore, posso testimoniare:

1. Una quantità di miei colleghi non si sono MAI fatti rappresentare da un’agenzia letteraria. A me è capitato una sola volta di farmi rappresentare, con il risultato che sono stato io a procurare un contratto editoriale (anzi due) al mio agente e non viceversa. Dopo d’allora non ho mai più avuto un agente. Né prima, né durante, né dopo i miei romanzi sono stati scelti e pubblicati per intervento di un’agenzia letteraria;

2. Ho segnalato scrittori esordienti da pubblicare a diversi editori e in alcuni casi la cosa è andata in porto. Quegli scrittori NON erano miei amici, io NON ho percepito compenso alcuno, e a volte non ho fatto neanche un gran favore agli editori cui li ho segnalati, perché i romanzi pubblicati hanno venduto poco. Stessa cosa è avvenuta e avviene a dozzine di altri autori come me che segnalano un lavoro non per amicizia o per sottobosco, ma semplicemente perché un manoscritto gli è piaciuto. Io stesso al mio esordio, sono stato segnalato alla Feltrinelli da Giampaolo Dossena che aveva letto il prologo del mio “Magia rossa” e aveva in passato fatto parte del gruppo dei consulenti della Feltrinelli. Giampaolo, persona di assoluto disinteresse e specchiata moralità, non ha ricevuto compenso alcuno, né da me, né dalla Casa editrice. Cosa da gentiluomini d’antan? Sarà, ma so di molti che continuano a comportarsi così, per fortuna.

3. Nell’analisi dell’Anonimo non si spiega come mai su dieci libri pubblicati, nemmeno uno sarebbe di uno scrittore professionista senza agenzia di riferimento. La rivelazione mi sembra quanto meno dubbia.

4. Uno scrittore esordiente, viene pescato a caso dal mucchio? Anche questa mi risulta strana. E’ noto il caso di Aldo Busi che lavorava come cameriere al bar sotto l’Adelphi e che recapitò il manoscritto del suo romanzo d’esordio, unitamente al vassoio della colazione. Calasso lesse e pubblicò. Caso insolito? Non quanto sembra. Non è vero che ogni scelta editoriale sia mediata o sotto pressione.

5. Il fatto che gli editori accolgano segnalazioni da parte di altri scrittori o di esperti o di consulenti delle case editrici, è un bene, non un male. Li aiuta a non affondare nella massa di carte ricevute. Un tempo questo era addirittura un lavoro organico delle case editrici: le più grosse avevano lettori professionisti, talent scout, consulenti, editor, che compilavano schede e segnalavano dietro compenso “a scheda”. Dopodichè su questa base, la casa editrice faceva le sue scelte. Questa struttura non esiste più, nelle case editrici, non in questa forma, almeno. Il risultato è che tra chi segnala, alcuni lo fanno per assoluto disinteresse, altri perché complici d’agenzia o per inconfessabili motivi di cricca. Non sarebbe il caso di restaurare le figure professionali d’un tempo, cioè lettori professionisti che segnalano compilando schede all’attenzione del direttore editoriale sotto trasparente quanto modico pagamento? Questo non escluderebbe chi volesse segnalare sua sponte e senza compenso alcuno, per disinteresse economico, ma per interesse riguardo all’opera segnalata.

Se invece discutere di questi concreti rimedi, si continua con il mero lamento contro l’intrallazzo, si ottiene l’effetto contrario a quello auspicato: dato che si diffonde l’idea che in Italia si può pubblicare solo tramite intrallazzo, si consegnano gli esordienti agli intrallazzatori.

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IL SUD DELL’EDITORIA. EDITORIA A PAGAMENTO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/25/il-sud-delleditoria-editoria-a-pagamento/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/25/il-sud-delleditoria-editoria-a-pagamento/#comments Fri, 25 Jan 2008 20:29:05 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/25/il-sud-delleditoria-editoria-a-pagamento/ Questo post ha una duplice valenza. Vi propongo, infatti, contestualmente, un’intervista che Stefano De Matteis – direttore editoriale di Cargo e L’ancora del Mediterraneo – ha rilasciato ad Andrea Di Consoli e un articolo di Gordiano Lupi (che, ricordo, è anche il direttore editoriale della casa editrice Il Foglio) corredato dalla lettera di un aspirante scrittore.

Gli argomenti trattati sono diversi e trovano un punto d’incontro nella “problematica” dell’editoria a pagamento, che già – di per sé – offre grandi opportunità di dibattito.L’intervista a De Matteis affronta ulteriori argomenti che potrebbero essere oggetto di discussione: l’editoria del Sud, la piccola editoria, la promozione dei libri.

Naturalmente vi invito a dibattere sui temi trattati.

Direi di procedere per fasi.

Cominciamo dal tema “editoria a pagamento”, per poi passare agli altri. 

(Massimo Maugeri)

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INTERVISTA A STEFANO DE MATTEIS di Andrea Di Consoli 

Dopo quasi un anno di fermo (il tempo di cambiare promotore, e aumentare il numero delle uscite) “L’ancora del Mediterraneo” e “Cargo”, le sigle editoriali napoletane, tra le principali del Sud, tornano fra qualche giorno in libreria. Dopo aver fatto esordire scrittori come Saviano, Pascale, Lucente e Zaccuri, e dopo aver pubblicato libri di Berardinelli, Naldini, Cederna, Fofi e Niola, si prevede un anno molto ricco per la piccola casa editrice campana.   Il direttore e fondatore delle sigle è Stefano De Matteis, nato nel 1954 a Napoli e formatosi, sin dal 1977, a Milano, lavorando da Feltrinelli, da Garzanti e, dal 1985 al 1992, con Mario Spagnol della Longanesi. Nel 1992 De Matteis decise di ritornare a Napoli, dove prima ha fondato una rivista con Gustav Herling (“Dove sta Zazà”), poi ha collaborato a “Il mulino” e alla pugliese “Argo”, fino a fondare, nel 1999, “L’ancora del Mediterraneo” (“Cargo” nascerà, da una costola de “L’ancora”, nel 2005).

De Matteis, perché nel Sud Italia non è mai nata un’editoria forte, a carattere industriale? 

Primo, perché al Sud non c’è mai stata una vera imprenditoria di mercato. Secondo, perché l’editoria non è mai stata vista come un’attività remunerativa, ma semplicemente come qualcosa che rientrava nei lussi dell’assistenza istituzionale. Quindi non si è mai costituita un’imprenditoria che lavorasse sulla cultura. Non a caso a Napoli c’è San Biagio dei librai, invece non esiste un San Biagio degli editori. La storia editoriale meridionale è soprattutto una storia di tipografie e di librai.

Quali sono, a suo avviso, le principali sigle editoriali del Sud?

Ovviamente “Laterza” e “Sellerio”.

Può l’editoria di progetto avere un legame forte con il proprio tempo?

Certo che può, sia per quel che riguarda L’Italia, sia per il Sud in particolare. Noi, per esempio, abbiamo anticipato quello che poi è capitato a Scampia, oppure il problema dell’immondizia.

Quali sono i principali problemi della piccola editoria di progetto?

Il problema principale della piccola editoria è saper creare un rapporto diretto con il lettore, nel senso che c’è un rapporto difettoso con i lettori, che adesso sta migliorando tramite internet, ma siamo il paese che spende meno su internet, perché non c’è un rapporto fiduciario con questo strumento e con le carte di credito. E poi c’è stato un grande cambiamento in libreria. Le librerie “grandi spazi”, come tutti sanno, smerciano soprattutto i famosi “non libri” per il famoso “non pubblico”.

Cosa significa fare l’editore a Napoli?

La difficoltà è questa: se tu apri un’impresa al Nord, le banche ti guardano come una persona interessante; se tu apri un’impresa al Sud, le banche ti guardano come un “mariuolo”. Noi abbiamo iniziato con capitali privati, non ci siamo mai seduti a nessun tavolo politico o di spartizione culturale, non abbiamo mai voluto nessun vantaggio dalle istituzioni e dall’università. Questa scelta ci è costata molto cara. Solo quest’anno, per la prima volta, faremo un accordo con la Regione Campania, perché pubblicheremo “Questa corte condanna. Spartacus, il processo al clan dei casalesi”, libro a cura di Maurizio Braucci e Marcello Anselmo. In questo caso l’accordo con la Regione è stato interessante, perché permetterà di distribuire il libro nelle scuole, dove verrà fatto un lavoro capillare sull’educazione alla legalità.

Il pubblico dei lettori è peggiorato in questi ultimi anni?

Assolutamente no. C’è stata però una forbice che si è molto divaricata tra quelli che leggono molto e quelli che leggono un solo libro all’anno.

I promotori hanno una grande responsabilità? 

E certo che ce l’hanno, perché devono posizionare bene i libri, fare un braccio di ferro con il libraio, sempre meno motivato. Il libraio purtroppo non è più il consulente dei lettori, ma è uno che riempie le schede e sposta i libri. Un tempo il libraio consigliava, era una figura di riferimento per l’editore. Oggi, con la rotazione che c’è, i librai fanno solo lo spelling sul computer per vedere se un libro c’è o non c’è.

La piccola editoria è anche un luogo di improvvisati e di cialtroni? 

Sicuramente. Ci sono alcuni come me che vengono dall’editoria “pura”, e molti che usano il surplus dei loro guadagni, fatti in altro modo, decurtandoli dalle tasse, e li investono in piccole case editrici. Mantengono quindi in vita una struttura dove non c’è un progetto forte. Se si prende invece Fanucci, e/o, Donzelli, e via a scendere fino a “L’ancora”, c’è un’identità tra imprenditore, ideatore e sistema editoriale. In molti casi, invece, c’è un’estraneità completa.

Ci sono anche speculazioni?

Penso proprio di sì. Ci sono situazioni dove si fanno grossi investimenti, non sempre trasparenti, per costruire marchi che possano funzionare a livello di mercato.

Quali sono le caratteristiche di un’editoria indipendente di progetto?

L’editoria di progetto costruisce un percorso sui tempi lunghi. L’editoria di speculazione, invece, è fatta di improvvisazioni che lasciano ben poco. C’è una tempistica che è completamente diversa, quando fai un’editoria di progetto, perché ti costringi ogni giorno a immaginare il futuro.

E’ rilevante l’editoria a pagamento? E come la giudica?

Purtroppo credo che sia molto rilevante, soprattutto quella che si appoggia all’università, in specie al Sud. Questo tipo di editoria, al di là di qualsiasi ragionamento etico e culturale, non mi piace per due motivi: primo, perché si crea una ridondanza di mercato, perché s’intasano le librerie con prodotti mediocri; secondo, perché si creano una miriade di sigle editoriali senza nessuna credibilità.

Chi sono i nemici dell’editoria di progetto?

I nemici sono tutti quelli che fanno non libri, non cultura, e che non insegnano a leggere. Il vero nemico, come suole dirsi, è la moneta falsa.

Quali sono le differenze tra “Cargo” e “L’ancora del Mediterraneo”?

Cargo” è un marchio nuovo nato nel 2005. Fino ad ora vi abbiamo pubblicato 15 titoli (tra gli altri, Arenas, Grass, Goytisolo), mentre solo nel 2008 ne faremo altri 15. “Cargo” pubblica esclusivamente narrativa straniera, e la direttrice editoriale è Milena Ciccimarra. “L’ancora del Mediterraneo” manterrà la collana “Le gomene”, che pubblicherà libri di attualità e pamphlet, la collana “Odisseo”, che farà gli esordienti e i narratori italiani, e “Gli alberi”, che sarà la collana della saggistica “pura”.

Ci dica alcuni titoli in uscita.

Per “Cargo” è in uscita MacPherson, che è un giornalista di guerra americano, che ha scritto un romanzo su una banda di americani che decide di aiutare il presidente a trovare le armi di distruzione di massa in Iraq. Poi uscirà un altro americano di “disinformations”, che si chiama Nick Mamatas, con un libro intitolato “Come mio padre ha dichiarato guerra all’America”. Per “L’ancora” uscirà un reportage sui rom d’Europa di un austriaco, Gauss, che s’intitola “I mangiacani di Svinia”, perché uno dei grandi olocausti del ‘900 è proprio quello dei rom.

Avete anche pubblicato molti libri sui gulag e sui laogai cinesi.

Adesso facciamo per il “Memento Gulag”, a novembre, la storia di un jazzista russo finito in un gulag. La collana su questi temi si chiama “Un mondo a parte”, in omaggio a Gustav Herling, che è stato, ed è tutt’ora, l’ispiratore de “L’ancora del Mediterraneo”.   

Andrea Di Consoli  

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SULL’EDITORIA A PAGAMENTO di Gordiano Lupi

Da quando ho pubblicato Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura (Stampa Alternativa, 2004) e Nemici miei (Stampa Alternativa, 2005) ricevo le confessioni e gli sfoghi di tanti scrittori caduti nella rete degli editori a pagamento. Oggi voglio far conoscere quello che ci racconta Simone Pazzaglia, un autore toscano che ha ricevuto una proposta da una casa editrice a pagamento. Lui è d’accordo che venga pubblicizzata una brutta esperienza che può servire anche per altri colleghi. Diffidate degli annunci che trovate sui giornali e soprattutto di chi vi propone di pubblicare (meglio sarebbe dire stampare) il vostro libro in cambio di soldi. Se proprio dovete farlo potete ricorrere a un print on demand! Costa molto meno… In ogni caso il discorso sugli editori a pagamento sarebbe lungo, perché è anche vero che ci sono presunti scrittori (i famigerati scrittori locali che esistono un po’ ovunque) che se li meritano e che senza di loro non potrebbero mai definirsi scrittori. Chi pubblica pagando non è uno scrittore, ma soltanto un ambizioso che vuole il nome su una copertina.

A caro prezzo, di solito.

Gordiano Lupi

http://www.infol.it/lupi/

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“Non ho mai avuto grandi passioni in vita mia. A volte ho la sensazione che tutte le cose che faccio siano solo e soltanto un modo per riempire un vuoto, un po’ come fa chi guarda la pubblicità aspettando l’inizio di un film. Non mi intendo di calcio e non conosco neppure il nome dei giocatori anche se al bar spesso vengo tirato a forza in discussioni sull’arbitraggio della domenica o sui prossimi acquisti della mia presunta squadra del cuore. Con lo studio poi idem per il calcio. Certo mi sono laureato con poco sforzo ma con minima soddisfazione e anche lì una continua lotta per fingere, ad ogni esame, di sapere ciò che ignoravo e di essere ciò che non ero.Per il lavoro lasciamo perdere… non mi piace la moda, la trovo una cosa stupida, eppure mi scopro a dare consigli sugli acquisti o sugli abbinamenti di colore da fare ad attraenti donne attempate; è il mio lavoro, quello che mi fa mangiare, gestisco un negozio di abbigliamento.

E poi infine la politica, con anni di militanza in un partito ad organizzare concerti e fare riunioni interminabili per ritrovarmi con un’importante carica amministrativa a livello locale, nel mio sperduto paese. Sono una maschera di me stesso come diceva qualcuno oppure sono come quel cavaliere inesistente che doveva costantemente tenersi occupato in qualcosa per non svanire nel nulla. Essere ciò che gli altri si aspettano è un buon modo per sentirsi vivi, ma vivi a che prezzo?

In mezzo a questo galleggiare, spinto dal vento di ciò che non è mio, si insinua presente la scrittura simile ad un’ancora di salvataggio. E’ stata, da sempre, il mezzo tramite il quale raccontare quella parte di me, sconosciuta in fondo anche a me stesso, che si materializzava a volte sul foglio come avesse una vita sua propria.Eccomi allora nelle mie pagine sgrammaticate, nello sforzo di esprimere un minimo di sincerità; prima con delle poesie e poi con romanzi che raccontano il mio modo di vedere la realtà. Sì, scrivere mi piace e quando lo faccio, e sento che la penna scivola tra i miei pensieri, provo piacere, un piacere fisico simile allo sprigionarsi di uno strano calore nella pancia e nel petto.Va be’ mi diverto è vero, ma chi sa se quello che scrivo piace anche a qualcun altro?E allora perché non provare a spedire un po’ di materiale in giro, magari qualcuno è disposto a leggerlo e perché no a pubblicarlo! Ed ecco che la testa comincia a viaggiare e mi faccio il filmino di essere un vero scrittore e di poter pubblicare un libro, il mio, una cosa vera che mi appassiona e mi racconta.

Vai che si parte… e come dico io “niente a caso”, leggo sul mio quotidiano preferito un concorso letterario con i controcoglioni; c’è una casa editrice che selezionerà una storia di non meno di settanta cartelle dove, chi arriva primo su più di 2000 partecipanti, otterrà la pubblicazione del libro più 1500 euro di anticipo sui diritti d’autore.

Animato da grandi speranze, impacchetto il mio capolavoro e spedisco. Nel giro di una quindicina di giorni mi arriva una lettera dalla suddetta casa editrice dove mi si dice che il materiale è arrivato, lo analizzeranno e mi faranno sapere entro un mese il risultato.

Sono un’ottimista inguaribile, e per tutto il tempo di attesa inizio ad immaginarmi con il mio bel libro in un salotto letterario a firmare autografi e a godermi il premio monetario.

Dopo un mese circa arrivò la risposta a destarmi dal mio fantasticare, diceva più o meno così: il suo racconto non ha vinto il premio ma è stato trovato molto interessante bla, bla, bla, e allora avremmo intenzione se lei è d’accordo a sottoporlo alla valutazione di case editoriali di nostra conoscenza bla, bla, bla…

Aspettai quindi ancora con ottimismo ed iniziai, questa volta, ad immaginarmi con un piccolo libro, senza premio ma pur sempre con qualcosa di mio.Passano giorni di trepidante attesa ed io continuo a consigliare le mie vecchiettine sulle gonne che vestono meglio o sui maglioni che smagriscono, intervallando il lavoro con importanti riunioni comunali sul problema dei cani randagi e sulle scritte offensive che insozzano i muri di tutto il paese.

Poi un giorno, proprio all’ora di pranzo, arriva la mia compagna con in mano la lettera tanto attesa da parte della casa editrice.

La apro a tavola tra lo scoppiettare dell’olio nei tegami, le urla di fame di mio figlio che non intende aspettare e la tensione di Alessandra che legge insieme a me da dietro le mie spalle.

Sento Alessandra che sospira alle mie spalle mentre io le faccio cenno di richiudere la bottiglia e rimetterla in frigo.

Alzo la cornetta e chiamo la casa editrice dicendo di poter essere interessato alla proposta e di voler leggere il contratto di edizione.In fin dei conti si tratta di capire bene cosa significhi “un limitato numero di copie” e per di più tutte le spese di pubblicità e distribuzione nelle svariate librerie d’ Italia sono a spese loro quindi ancora non tutto è perduto.

Aspetto ancora. Non perdo neppure il mio solito ottimismo ma questa volta mi immagino, non più in un salotto letterario, ma in una bancarella davanti alla Coop a vendere il mio manoscritto.

Ed intanto i giorni passano sorretti da speranze non ancora cancellate.

Arriva dunque il pacco postale e dentro vi trovo due libri in regalo (…) dove sono spiegati tutti i misteri del mondo del libro dalla pubblicazione (con le relative spese), alla vendita in libreria. Leggo il contratto e vado subito con gli occhi a cercare l’articolo che parla del “limitato numero di copie” da acquistare… sono 298 per un totale di tremila euro. Bla, bla, bla, spese a carico dell’editore, bla,bla,bla, tiratura di 1200 copie, bla,bla,bla, 3 mesi di tempo per stamparlo in caso di pagamento in contanti, 6 in caso di pagamento in due trance, 9 mesi in caso di comodo pagamento dilazionato.

A questo punto perdo quasi tutto l’ottimismo che possiedo ma ne lascio una goccia per soppesare la possibilità di ottenere un finanziamento da parte di qualche ente. In fin dei conti danno l’idea di crederci nel mio stile e forse tutto il mondo dell’editoria va avanti così; per di più che diamine! Non sarò mica l’unico scrittore che si auto-finanzia un libro!

Ne parlo anche con un signore del mio paese che ha già pubblicato che mi assicura che gli editori solitamente non leggono e il fatto che la casa editrice mi abbia preso in considerazione è già importante. Mi dice inoltre che anche lui ha dovuto pagare per pubblicare, è la prassi. In fondo c’è sempre la pensione di mia nonna nel peggiore dei casi!Provo con Comune, Pro-loco, banche ed infine Coop per ottenere un finanziamento ma è tutto inutile e con il passare del tempo ho come la sensazione che il mio importante romanzo non sia neppure stato letto.

Rifletto se all’inizio della mia avventura come scrittore fosse stato questo quello che cercavo e mi accorgo che la strada intrapresa non ha nulla a che vedere con quello che avevo in mente.

Telefono a Sasha che mi è stato vicino in tutto il mio percorso e tra una birra e un’altra gli racconto la mia avventura.

Dopo una lunga chiacchierata mi alzo sbronzo ma stranamente con le idee più chiare circa il mio futuro.Intanto ho portato a compimento un altro romanzo che mi piace e mi ha fatto star bene nello scriverlo. Per ora non lo ha letto ancora nessuno ma credo che lo spedirò a qualche casa editrice… se non altro lo devo alla bottiglia di Brunello ingiustamente stappata che attende nel mio frigo.”

Simone Pazzaglia

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