LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » fumetti http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 OMAGGIO A GALLIENO FERRI http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/04/04/omaggio-a-gallieno-ferri/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/04/04/omaggio-a-gallieno-ferri/#comments Mon, 04 Apr 2016 14:01:39 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7098 Nell’ambito della rubrica di Letteratitudine intitolata “Graphic Novel e Fumetti” ricordiamo uno dei grandi Maestri del fumetto italiano: Gallieno Ferri, che si è spento a Genova il 2 aprile 2016

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Gallieno Ferri, morto il 2 aprile 2016 a Genova, era nato nel capoluogo ligure il 21 marzo del 1929. Grande fumettista italiano, padre “grafico” del mitico personaggio Zagor della Bonelli, lascia un’importante eredità da gestire nell’ambito del fumetto italiano.

Dopo aver esercitato la professione di geometra, Ferri iniziò la sua carriera come disegnatore creando per l’editore Giovanni De Leo Il fantasma verde e Piuma Rossa, firmandosi con lo pseudonimo di Fergal.
Dal 1949, disegnò personalmente la prima serie di Maskar, successivamente iniziò a lavorare con il giornale a fumetti Il Vittorioso e cominciò a illustrare per il mercato francese le avventure dell’indiano Tom-Tom e della giubba rossa Thunder Jack.
Nel 1961 diede vita, insieme a Sergio Bonelli (che, nella fattispecie, scelse di usare lo pseudonimo di Guido Nolitta), a Zagor, che diventerà uno dei personaggi di spicco della Sergio Bonelli Editore e su cui lavorerà ininterrottamente fino al momento della morte, disegnando anche tutte le copertine. Ferri contribuì anche alla sceneggiatura di alcuni dei primi episodi del personaggio. Nello stesso anno realizzò anche, su testi di Gian Luigi Bonelli, due episodi della serie Giubbe Rosse. Nel 1975, sempre su testi di Nolitta, disegnò la prima storia di Mister No (di cui realizzò anche le prime centoquindici copertine). Firmò inoltre i disegni delle copertine degli speciali numero 9 e 10 del Comandante Mark e quella dell’albetto allegato allo speciale numero 9.
Nel 2009, a Roma, gli fu assegnato il premio Romics d’Oro. Il 16 febbraio 2016 le impronte delle sue mani entrarono a far parte della “Walk of Fame ” di Lucca Comics.
Con oltre ventimila tavole realizzate per Zagor, Ferri è il disegnatore che ha disegnato più pagine per un singolo personaggio nella storia della Sergio Bonelli Editore.

Qui di seguito, pubblichiamo un video con una breve intervista del 2007 a Gallieno Ferri.

A fine post, un video con Ferri intento a disegnare Zagor.

Dal sito della Bonelli, riprendiamo il post intitolato: “Addio, Maestro Ferri!”. Lo pubblichiamo qui di seguito.

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http://www.sergiobonelli.it/resizer/300/394/true/07acb0739f0875f88f1b945032d648ca.jpg--.jpg<< Il 2 aprile, si è spento a Genova il Maestro Gallieno Ferri, creatore grafico di Zagor e principe dei disegnatori dello Spirito con la Scure.

Ferri era nato a Genova, nel quartiere industriale di Rivarolo, il 21 marzo 1929. Fin da ragazzo adorava immergersi nella lettura di fumetti, tuffandosi tra le pagine de “Il Vittorioso“, del “Corriere dei Piccoli” e, soprattutto del “Topolino” nerbiniano e de “L’Avventuroso“. Proprio grazie a queste ultime pubblicazioni avvenne un incontro fondamentale per il futuro dell’artista ligure: quello con i pennelli di grandi cartoonist americani come Phil Davis, Lyman Young, Ray Moore, Harold Foster e, soprattutto, Alex Raymond. In particolare quest’ultimo, con i suoi forti richiami all’arte classica, folgorò il giovane Gallieno, influenzando fortemente il suo immaginario e il suo segno. Così come gli straordinari illustratori della “Domenica del Corriere“, Walter Molino e Achille Beltrami, dai quali il futuro copertinista di Zagor cercò di rubare i segreti del racconto sintetizzato in un’unica, potente immagine.

Dopo aver preso il diploma da geometra e aver iniziato a esercitare la professione in una piccola ditta genovese, Ferri comincia a intensificare lo studio del disegno, dando sfogo alla sua creatività sia nel tempo libero che realizzando qualche bozzetto pubblicitario. Un lavoro che gli permette di focalizzare ulteriormente le sue capacità di illustratore e di farsi conoscere in qualità di disegnatore. Nel 1948, rispondendo a un annuncio pubblicato su Il Secolo XIX, partecipa a una selezione indetta dall’editore Giovanni De Leo – in caccia di giovani talenti – risultando uno dei migliori.

Gli vengono quindi affidate le avventure di “Il Fantasma Verde” e “Piuma Rossa“, siglate con il nome plume di Fergal e pubblicate nel 1949.

Nel 1951, è la volta di “Maskar“, personaggio di cui è stato anche creatore grafico e copertinista, per poi disegnare i western “Tom Tom” e “Thunder Jack“: quest’ultimo, nel ‘52, inaugura una serie di collaborazioni di successo con il mercato francese, sotto l’egida dell’editore Pierre Mouchott. Tra queste, ricordiamo anche “Agent Secret“, “Kid Colorado” e “Jim Puma“, personaggio recentemente ristampato in volume da parte di ANAFI. Successivamente, sul finire dell’esperienza con il mercato transalpino, Ferri porta avanti anche la collaborazione con “Il Vittorioso“, mettendo mano alle serie “Jolly” e “Capitan Walter“.

Nel 1959, si trasferisce a Recco (sempre in provincia di Genova), e nel 1960, di passaggio a Milano, tiene con sé alcuni lavori francesi. Li porta alla redazione delle Edizioni Araldo e, in quell’occasione, conosce Tea Bertasi e Sergio Bonelli. Da lì al primo lavoro per la futura Sergio Bonelli Editore passa poco: realizza due albetti a striscia di “Giubba Rossa“, scritti da Gianluigi Bonelli e pubblicati nel 1961… un anno che rimarrà scolpito nella memoria degli appassionati di fumetti nostrani come quello della nascita di Zagor!

Creando lo Spirito con la Scure, Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) e Gallieno Ferri avevano intenzione di dare vita a un personaggio che incontrasse il favore dei più giovani, senza però scivolare nell’infantilismo che caratterizzava alcune pubblicazioni, pur di grande successo, dell’epoca. Un eroe forte, giusto e dal fisico prestante che potesse vivere da protagonista racconti che racchiudessero tutti gli elementi più tipici delle storie d’avventura, arricchendo la tematica con ingredienti presi da altri generi narrativi. Una miscela straordinaria e vincente, le radici di un successo che prosegue in edicola ancora oggi, a distanza di oltre mezzo secolo!

Della serie, il Maestro Ferri realizza innumerevoli episodi, nonché tutte le copertine (incluse quelle di ogni uscita, compresi Speciali, Almanacchi, Giganti, Maxi e Color), fino alla sua scomparsa. Fino all’ultimo, Ferri ha lavorato a Zagor, come testimoniano le tavole di cui vi abbiamo recentemente mostrato una selezione in anteprima, nonché le copertine che, ancora per pochi mesi, troverete sugli albi mensili e speciali dello Spirito con la Scure.

Da non dimenticare un altro importantissimo apporto all’universo bonelliano. È datato 1975, anno in cui Sergio Bonelli dà vita a Mister No: Ferri ne disegna il numero uno e le prime centoquindici copertine.

Al di là dei numeri e della cronaca, non bastano queste poche righe per sottolineare l’importanza di Gallieno Ferri: un autore che non solo è stato un esempio straordinario di passione, dedizione e professionalità, ma che con il suo segno ha coinvolto e appassionato migliaia e migliaia di lettori, nel corso di una carriera lunga e straordinaria. Con lui, scompare un punto di riferimento per il fumetto avventuroso italiano. Non svaniscono, però, le emozioni che ci ha saputo regalare con il suo tratto. Ricordi preziosi e indelebili per cui lo ringrazieremo in eterno.

Addio, Maestro Ferri! >>

(Fonte: Sergio Bonelli editore, wikipedia Italia e varie)

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Approfondimenti su: Il Corriere della Sera, la Repubblica, La Stampa, Ansa, Il Giornale, Il Secolo XIX

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DIABOLUS IN MATITA http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2015/01/24/diabolus-in-matita/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2015/01/24/diabolus-in-matita/#comments Sat, 24 Jan 2015 11:40:02 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=6658 DIABOLUS IN MATITA

Prosegue l’onda lunga di LUCCA COMICS & GAMES 2014 nell’ambito dello spazio di Letteratitudine dedicato a “Graphic Novel e Fumetti“. Pubblichiamo il terzo contributo del nostro inviato a Lucca, Furio Detti.

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Diabolus in Matita: con i Perkeros nel lato oscuro del sound

J.P. Ahonen e K. Alare e il loro fumetto sulla scena metal finlandese

« – Ho visto la parte oscura della musica.

- Alvin and the Chipmunks?»

Kervinen e Aydin, personaggi di “Perkeros”.

«Intanto, un fumetto che cita Nietzsche è sempre un capolavoro!»

di Furio Detti

Permettetemi di presentarvi, scherzando e molto, autocitandomi, di presentarvi Perkeros, romanzo grafico di J. P. Ahonen e K. P. Alare dedicato al metal finnico, e più a largo respiro, alla potenza della musica e del suono. Potente è l’onda di Perkeros, e personalmente sono rimasto entusiasta e affascinato dallo squisito stile grafico e design dei personaggi di Ahonen e dalla storia degli autori, ambedue, avvincente e sapientemente costruita, colpi di scena compresi (anzi, soprattutto quelli!).

Probabilmente rischia di essere settoriale, ma credo che Perkeros possa piacere anche ai non-metallari, a tutti quelli che si appassionino a storie intense, estreme e – nonostante questo – ricche di spirito, umorismo e bellezza. Mi preme da subito far notare come sia di per sé estremamente difficile rendere il miracolo della musica, i suoi infiniti “colori” con un’opera grafica, tanto che in passato ho premiato per ritmo e resa autori come Tony Sandoval. Oggi, per la medesima ragione, sono a consigliarvi di cuore e a pieno titolo “Perkeros” e la stravolgente scena di Tampere, città finnica, e del suo “Klubi”, vero locale per cultori del rock-metal, attraversati dalle onde tenebrose dei rockers e da presenze ancora più “carnali” e tangibili, oltre che letali. Non sono state solo le splash-page di apertura (pagg. 3-7) e del seguito (34-35, 52-53, e le splendide 122-127) a convincermi del valore di “Perkeros”, parlando di musica disegnata; ma hanno contato anche la solidità dei personaggi, la profondità delle loro relazioni, giocata – ripeto – sempre sull’onda di una salutare ironia, il congegno di una storia che procede serrata senza sbavature, l’originalità di alcuni elementi “storici” e la plasticità delle situazioni e dei dialoghi, incluso un finale quasi-chiuso (o un pochino aperto che non guasta).

Credetemi: vi affezionerete di brutto a Akseli, Lilja, Aydin, Kervinen e Orso, i componenti e la “line manager” del gruppo che da il nome al fumetto. Sì, avete letto bene: “orso”, perché Orso è un vero plantigrado che va in letargo, ringhia, morde, graffia, puzza e si accoppia – ma con ben meno ispide groupies umane, decisamente più soffici. Ignoro perché Ahonen e Alare abbiano inserito questo elemento furry nella storia, quasi disneiano, non so se un omaggio voluto allo scrittore finnico Pasilinna, o altro… ma secondo me Orso funziona alla grande! Così come funzionano i rimandi sparpagliati nel fumetto sotto forma di omaggi alla vera scena metal finnica (poster, magliette, ambientazioni); così come funzionano le relazioni “energetiche” tra le coppie di questi personaggi e anche i triangoli sentimentali veri o presunti che aggiungono passione e fibra a questo riff di emozioni. Senza “spoilerare” mi limito a dire che in “Perkeros” niente è come sembra per almeno tre quarti del volume e che esistono più storie stratificate in questa elegante e stimolante struttura, con un soggetto non originale (l’uso “malvagio” della musica), ma con trama e intreccio efficacissimi; con una narrazione pulita e dinamica – se si perdona solo qualche esagerazione; con personaggi credibili, battute fulminanti, brio e vivacità: dall’insicuro e frustrato leader e vocalist (poi scalzato) del gruppo, Akseli, alla introspettiva, ma pepata e desiderabile Lilja, dal ferino Orso al profondissimo e inquietante hippy Kervinen,, bassista e membro più che storico del gruppo. Un giallo-nero profondo metallaro che allo stesso Kervinen fa dire, citando il grande filosofo della Volontà di Potenza: “Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso anche l’abisso scruterà dentro di te.”

Con questa citazione, la terza, non metallara ma pesantissima, chiudiamo consigliandovi a tutto volume “Perkeros”: storia di metallo e di un oscuro potere sepolto da secoli. Un romanzo grafico che piacerà molto anche a chi non è headbanger per vocazione.

“Perkeros”, J. P. Ahonen e K. P. Alare (disegni e sceneggiatura), ed. it. Tradotta da S. Rajamäki e A. Solinas, lettering di A. Gozzi, Panini 9L Editore, 2014 – 184 pagine

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UN FATTO UMANO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/01/09/un-fatto-umano/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/01/09/un-fatto-umano/#comments Mon, 09 Jan 2012 20:51:11 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3795 Un fatto umanoNon molto tempo fa, qui a Letteratitudine, abbiamo dedicato un ampio spazio al rapporto tra letteratura e fumetti attraverso un dibattito che si è poi trasformato in una sorta di post permanente (una pagina sempre aperta).
Questo nuovo post può dunque considerarsi come una costola del più ampio dibattito su “letteratura e fumetti, letteratura a fumetti”… ma ci dà anche la possibilità di divulgare la narrazione di una “storia vera”… e di approfondire la conoscenza di un “fenomeno umano” (o “fatto umano”) che – forse – non è sufficientemente noto a tutti (dando peraltro luce a un’arte antica legata all’esperienza del racconto: quella del “cunto”).
Al centro della discussione ci sarà un volume particolarissimo, uscito di recente per i tipi di Einaudi Stile Libero: un libro a fumetti, bello e ambizioso, che si pone come obiettivo quello di raccontare la storia del pool antimafia e, di conseguenza, di quel “fatto umano” di cui parlava Giovanni Falcone (celeberrima, ormai, quella sua frase: La mafia non è invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha avuto un inizio e avrà anche una fine).
Il volume si intitola, per l’appunto, Un fatto umano. Storia del pool antimafia. Lo scopriremo in dettaglio nel corso di questa discussione on line a cui parteciperà anche uno degli autori: Manfredi Giffone (che è a vostra disposizione per eventuali domande legate alla realizzazione dell’opera). Gli altri due autori sono: Fabrizio Longo e Alessandro Parodi.

Avevo tredici anni durante gli anni delle stragi”, ci dice Manfredi. “Quando ho deciso di mettermi al lavoro, mi resi conto che non sapevo nulla. Scrivere è stato un modo per auto-sensibilizzarmi e se siamo riusciti a portarlo in fondo, è stato perché la passione del pool per il proprio lavoro risulta ancora contagiosa”.
Come avremo modo di evidenziare, la peculiarità narrativa di questo volume a fumetti deriva da alcune scelte ben precise: quella di “affidare” il racconto a Mimmo Cuticchio (celebre puparo e cuntista palermitano) e quella di rappresentare i personaggi con sembianze animali.

Ulteriori informazioni, sul sito “un fatto umano”. Inoltre segnalo che il libro è stato pubblicato con il patrocinio della Fondazione Progetto Legalità Onlus in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le vittime della mafia.
Di seguito, il booktrailer del libro (a fine post, invece, troverete una “tavola”)…

Ciò premesso, questo post ha anche chiari intenti divulgativi e ci consentirà di conoscere un po’ di più alcuni dei protagonisti che hanno combattuto questo “fatto umano”. Al tempo stesso, ancora una volta, avremo modo di interrogarci sulle potenzialità della narrazione a fumetti e sulla sua capacità di raccontare attraverso l’uso di immagini e parole. Infine, mi piacerebbe dare spazio e visibilità a un’antica forma d’arte tipicamente siciliana: quella legata alla cosiddetta “opera dei pupi”.
Nel corso della discussione, avremo modo di sviluppare i suddetti temi.
Intanto, come sempre, ecco a voi qualche domanda volta ad avviare il dibattito…

1. Che tipo di rapporto avete con la narrazione a fumetti?
2. Avete mai letto un “graphic novel”?
3. Quali sono, a vostro avviso, le potenzialità del racconto a fumetti rispetto a quello “ordinario”?
4. Conoscete la storia del pool antimafia? Avete mai avuto modo di approfondirne la conoscenza?
5. Conoscete l’opera dei pupi? Avete mai avuto la possibilità di assistere a una rappresentazione “pupara”?

Come sempre, questa discussione avrà senso e possibilità di sviluppo solo grazie alla vostra collaborazione. Grazie in anticipo, dunque, a tutti coloro che riusciranno a partecipare al dibattito.

Massimo Maugeri

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LETTERATURA E FUMETTI, LETTERATURA A FUMETTI http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/10/19/letteratura-e-fumetti-letteratura-a-fumetti/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/10/19/letteratura-e-fumetti-letteratura-a-fumetti/#comments Mon, 19 Oct 2009 14:34:27 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1228 inferno_topolinoTempo fa avevamo già avuto modo di trattare il tema Letteratura e fumetti nell’ambito di questo post. Adesso mi piacerebbe approfondire ulteriormente l’argomento e creare, contestualmente, una sorta di  spazio permanente sulla suddetta tematica. L’occasione ce la forniscono una interessante pubblicazione di Annalisa StancanelliVittorini e i balloons (Bonanno) - e una rivista che ha a cuore sia i fumetti che la letteratura: Mono.
In fondo al post avrete modo di leggere un saggio firmato dalla Stancanelli (sul rapporto tra Elio Vittorini e i fumetti) e un articolo di Angelo Orlando Meloni su Mono (che privilegia il numero della rivista dedicato alla letteratura).
Uno spazio sempre aperto, dicevo, sul tema (e sul rapporto) letteratura/fumetti dove – periodicamente – inviterò alcuni ospiti a partecipare alla discussione. Annalisa Stancanelli e Angelo Orlando Meloni mi aiuteranno a moderare e animare questo post e a rendere lo “spazio permanente” sempre vivo.
Vi invito, dunque, a discutere sia su “Vittorini e i fumetti” e sulla rivista “Mono”, sia – più in generale – sull’argomento Letteratura e fumetti, letteratura a fumetti.
E ora… alcune domande, formulate nella speranza di favorire la discussione (vi invito a rispondere… se ne avete voglia, s’intende).

- L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della letteratura?

- “I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”. Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?

- Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?

- Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?

- Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?

- In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?

Di seguito: il saggio di Annalisa Stancanelli e l’articolo di Angelo Orlando Meloni.

Massimo Maugeri

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Vittorini l’anticipatore; aprì per primo ai fumetti le porte della “letteratura alta”

di Annalisa Stancanelli

Vittorini, diceva Oreste Del Buono, “era l’uomo che forse ha fatto di più per strappare la cultura italiana all’accademia e alla retorica”.
Era un coraggioso sperimentatore e un intellettuale avido di novità, curioso di tutto e di tutti.
I fumetti per lo scrittore erano a tutti gli effetti una forma di narrazione, la riscrittura di un mondo poetico; quelli che venivano considerati comics di qualità per l’intellettuale siciliano costituivano una forma di scrittura con la S maiuscola pertanto dovevano essere conosciuti e diffusi.
Per il suo interesse nei confronti dei fumetti, già noto negli anni Sessanta, Eco lo intervistò insieme a Oreste Del Buono, compagno d’avventura nel “Politecnico”, e poi per molti anni direttore della rivista “Linus”, nel primo numero di questa nuova pubblicazione che sdoganò i fumetti e li inserì nel circuito della letteratura cosiddetta alta ( “Linus”, numero 1, aprile 1965).
Come ha scritto Umberto Eco, su “Linus” n. 12, marzo 1966:
“Vittorini leggeva i fumetti, si divertiva con freschezza, ne ragionava con rigore critico, cercava di capirli, di farli capire, di giudicarli, nel bene come nel male, senza false compiacenze, senza snobismi. Non li “accettava”, li affrontava perché esistevano, e dunque dovevano significare qualcosa, e lui non poteva sottrarsi, doveva gettarsi anche in questa mischia, per chiarire, per capire, per far capire.
(Per Vittorini ) Non (…) pareva che esistesse distinzione di dignità tra una storia tutta scritta e una storia tutta disegnata: gli premeva solo che un libro desse qualcosa, stimolasse la fantasia, documentasse una situazione, un modo di pensare; sapeva che si può riflettere sull’uomo sia in endecasillabi che in strisce”.
Vittorini era un assiduo frequentatore della libreria Milanolibri ed un giorno per caso, scoprì Charlie Brown e i Peanuts; lo raccontò lui stesso nel corso della Tavola Rotonda del 1965 che battezzò appunto “Linus”, la rivista di Gandini.
“Charlie Brown è venuto per un accidenti. Io mi facevo mandare dall’America, da amici che ho lì, i supplementi domenicali dove ci sono i fumetti, però questo non l’avevo notato perché quelle persone non mi mandavano mai la pagina giusta. Finalmente una volta ho visto in mano a una ragazza della Mondadori, nel ‘58-59, un album ancora di quelli formato “forze di liberazione”. Incuriosito, me lo sono fatto dare e ricordo che passai il resto del pomeriggio mondadoriano a guardarmeli. Da allora li ho cercati sempre…”.
Insieme ai Peanuts, come Vittorini ricordò nel corso di un’intervista del 1964, i suoi fumetti preferiti erano i preistorici “B.C.” di Hart, “Krazy Kat” di Herriman e Bernard Mergendeiler di Jules Feiffer.

Il fumetto interessava Vittorini da sempre, il Corriere dei Piccoli era letto in famiglia e lo dimostra un ricordo di Jole Vittorini contenuto nel suo bel libro “Mio fratello Elio” (Ombre editrici, volume I ) che meriterebbe una ripubblicazione; in quel libretto Jole bambina descrive un ferroviere come un personaggio dei fumetti del Corrierino, “Capitan Cocoricò”.
L’interesse di Vittorini verso la letteratura disegnata, il mondo dei comics e dei cartoons esploderà però solo dopo la Guerra nell’autunno del 1945 sulle pagine del “ Politecnico”.
Raffaella Rodondi nella seconda parte dell’immane lavoro di raccolta dei Saggi e interventi di Vittorini dal 1938 al 1965 (Letteratura-arte-società, Einaudi, vol. II) nell’introduzione segnala che per quanto riguarda Il Politecnico:
“Ingente e disseminato è l’apporto di Vittorini che abbraccia indifferentemente pezzi anonimi e articoli firmati, editoriali, didascalie, schede informative, note di presentazione – postille – a sezioni e singoli contributi”.
Inoltre, Vittorini nella fase finale del “Politecnico” settimanale era già rimasto con pochissimi collaboratori e nel mensile, dal numero 29 in poi, raccoglieva con fatica contributi e materiali come documentano molte lettere; così scrisse in una lettera a Rosario Villari il primo ottobre 1946 : “io ormai sono solo a lavorarci”.
Alla fine dell’avventura Politecnico rimase solo con una segretaria e Giuseppe Trevisani fungeva da grafico.
La citazione della nota della Rodondi è d’obbligo perché molti degli interventi redazionali, delle schede e delle note introduttive sui comics non sono firmati ma sono attribuibili a Vittorini.
Nel numero 4 del “Politecnico” si trova una vignetta con Supertopolino, nella quarta pagina, con una didascalia veramente illuminante e interessante che rivela l’impronta vittoriniana:
“gli uomini hanno inventato il superuomo. E Walt Disney ha inventato dopo Topolino, il Super-topolino. E Super-topolino è nemico di Topolino come il superuomo è nemico dell’uomo. Quello nella favola del cartone animato, come questo nella vita”.
Sempre a Vittorini, poi, si ascrive il commento all’immagine della Mula Checca contenuto nella pagina 4 del Politecnico numero 28, l’ultimo del formato settimanale della rivista: “Un’immagine ci sorge spontanea nella memoria tutte le volte che pensiamo alla “democrazia cristiana” . Ci viene da quando leggevamo nella nostra infanzia Il Corriere dei piccoli. Ed è l’immagine della Checca, la terribile mula che tanti “scherzi da prete” faceva al rattoppato e umile lavoratore Fortunello. Perché lei? Solo perché vigorosa nei calci al sedere dei denutriti e nella testardaggine? Perché simbolica d’oscurantismo? O non perché aveva dietro a dirigerla il pasciuto gran proprietario padron Ciccio?”

Infine nel Politecnico mensile, del luglio-agosto del 1946 , in lingua originale e con i balloons, ecco spuntar fuori ben sette strisce delle avventure di Popeye, il burbero marinaio di Seagar, con una nota introduttiva che rivela la penna del Direttore del Politecnico in ogni sua sfumatura: Popeye viene scelto perché personaggio poetico che…“libero da intenzioni e riferimenti, arriva forse unico ad essere personaggio… che ha vissuto di realtà propria giungendo ad avere una sua moralità… per questo possiamo pensare Popeye a fianco di personaggi del racconto di tutti i tempi : è come un personaggio di Dickens: non come un personaggio di De Amicis”.

Vittorini proprio nel formato mensile darà “sfogo” a tutta la sua creatività e voglia di innovazione comunicativa. Ricordiamo che nel numero 35 del “Politecnico” Vittorini dà vita una vera e propria enciclopedia dell’arte e della letteratura, coniugando tutti i suoi interessi con nuove modalità espressive; nel mensile si ritrovano inediti disegni di Kafka, illustrazioni di Grosz per l’Inferno di Dante, disegni con balloons del pittore Topolskij, un saggio di Oreste Del Buono sul romanzo nero con un tentativo – il primo – di graphic novel sul romanzo “The Italians” di Ann Radcliffe, e delle strisce dello stesso Del Buono che compie una parodia dei temi ricorrenti dei racconti di Horace Walpole .

Vittorini aveva detto di essersi interessato di fumetti fin da ragazzo e, come è noto, di letteratura illustrata.
Ma quali le caratteristiche di un buon fumetto per Vittorini?
Lo spiega lui stesso nel 1965 rispondendo a una domanda di Eco, (Linus 1, 1965)
“Il fumetto (…) Va giudicato a partire da un certo punto: cioè da un punto in cui ci accorgiamo che è esplosa, per cosi dire, una globalità; un punto in cui è avvenuto una specie di ‘scatto di totalità’. Ma vorrei cercare di spiegarmi meglio. L’unità espressiva, l’abbiamo detto, è la strip, la sequenza. Prima della strip non abbiamo che la vignetta, una vecchissima conoscenza giornalistica, costituita da una figura e una battuta che si completano a vicenda e che esauriscono in un corpo solo quello che hanno da dire. Con la strip abbiamo non solo una moltiplicazione della figura e della battuta, una serie di quattro cinque figure e di altrettante battute, ma abbiamo anche un elemento del tutto nuovo, l’elemento della successione temporale, il quale si manifesta in due ordini sovrapposti, uno analogico per le figure e uno logico per le parole, benché poi le parole abbiano la prevalenza e investano della loro logicità letteraria tutto l’insieme riducendo le figure a non avere che dei compiti stereotipi, di descrizione, di caratterizzazione, ecc. ecc. come dei semplici segni pittografici. È questo terzo elemento che fa della strip un’unità espressiva, perché rende puramente paradigmatico il valore di ogni vignetta a sé, e assume in proprio (all’interno del proprio decorso) l’elaborazione del significato. Ma la strip non esprime che un frammento di mondo, un aspetto di personaggio, un momento di rapporto e anche se in se stessa può riuscire pregevole lo riuscirà solo a livello di massima, di illuminazione, di appunto, di episodio, di aneddoto. La qualità ch’essa rivela non va oltre i limiti della sua durata, è minima, è precaria, può essere banalissima o comunque non più che divertente, e occorre che i personaggi, i rapporti, gli oggetti in essa trattati ritornino in altre strips un certo numero di volte, sei volte, sette volte, nove volte, anche quindici, sedici volte, accumulando momento su momento e aspetto su aspetto, perché noi si possa entrare nel merito qualitativo del fumetto. A furia di quantità è avvenuto quello che ho chiamato “scatto di totalità”, cioè si è formato un significato secondo, che subito si riflette su ogni singola strip, anteriore o successiva, e la carica di importanza, la fa essere parte di un sistema, dandoci il senso di avere a che fare con tutto un mondo. Quando è Charlie Brown o B.C.; quando è un buon fumetto, si capisce…”.
Costruzione di un mondo a sé, temi e motivi ripetuti e libertà da condizionamenti, questi i caratteri fondamentali di un BUON FUMETTO, così come evidente dalle scelte effettuate per la pubblicazione di comics sul Politecnico che comprese Braccio di Ferro e Barnaby e lasciò fuori i comics di avventura e d’azione che furono facilmente strumentalizzati dagli USA durante la seconda guerra mondiale. Topolino e la banda Disney, addirittura, fu protagonista di un’intera pagina; nel numero 20 di “Politecnico” è inserito addirittura un lunghissimo racconto dello stesso Walt Disney sulla “costruzione dei cartoni animati”; segno dell’interesse forte verso questa nuova forma culturale. Accanto al testo inviato dall’America, che fa riferimento a un famoso cartone animato disney, Clock cleaners, Vittorini inserisce delle didascalie che fanno respirare ancora il dolore della guerra e delle ostilità fra gli uomini e che associano la penna vittoriniana alle favole di Fedro ed Esopo.
L’interesse di Vittorini verso Topolino, tuttavia, tende a diminuire quando nel dopoguerra anche le vicende del celebre topo si conformano alle ideologie socio-politiche dominanti; lo confesserà lo scrittore siracusano in un’intervista del 1964, in cui rileverà il cambiamento subito da Topolino, “prima eroe liberatore tipico della leggenda USA, ed ora un conformista, un aiuto poliziotto”.
E’ a un bambino, Barnaby (numeri 37,38,39 del “Politecnico”), che idealmente Vittorini affida la conclusione della vicenda Politecnico, pubblicando numerose strip della sua strampalata amicizia con un mago protettore pasticcione, con le ali rosa e il sigaro in bocca, in cura da uno psicanalista, Mister O’ Malley.

Ed il mondo dei bambini con i Peanuts è protagonista, come anticipato, delle sue ultime letture poiché Vittorini era affascinato dal mondo di Charlie Brown e Snoopy.
Tuttavia la letteratura disegnata e i fumetti lo seguirono anche durante il suo incarico come consulente Mondadori; fece pubblicare “L’antichissimo mondo di B.C.” di Hart e “I polli non hanno sedie” di Copi nella Collana Nuovi Scrittori Stranieri .
Com’è evidente Vittorini con la sperimentazione di comics e del racconto per immagini sul “Politecnico” anticipò nettamente l’interesse verso i fumetti della “cultura alta” e, ancora, mostrò il suo coraggio di libero sperimentatore di cultura, in tutte le sue forme, guadagnandosi le critiche del Partito Comunista e di Togliatti che, in seguito, alla fine del 1951 e l’inizio del 1952 con Nilde Jotti e Rodari fu protagonista sulle colonne di “Rinascita” della “questione dei fumetti”: ma questo è tema per un altro articolo o, forse, per un altro libro.

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La rivista “Mono”, Tunué editori.

di Angelo Orlando Meloni

cop_mono6“Mono” è la rivista antologica semestrale monotematica fatta di monotavole e monoracconti pubblicata da Tunué, una casa editrice che si è dedicata alla pubblicazione di graphic novel e saggi sul fumetto, nonché su fenomeni di costume e cultura contemporanea, dal cosplaying (è il caso di dirlo: costume in senso… letterale) all’invasione dei nuovi telefilm.

Ideata da Marco Rizzo e Sergio Algozzino, “Mono” è poi passata sotto la guida di Sergio Badino e Daniele Bonomo.
Chi scrive si occupa di coordinare la sezione dedicata alla letteratura, ma i collaboratori di “Mono” sono innumerevoli, se pensiamo alle copertine di Vittorio Giardino, Milo Manara, Fabio Celoni, Ivo Milazzo, Davide Toffolo, Roberto Baldazzini, e alle tavole interne realizzate sia da Big del fumetto sia da esordienti assoluti, come i vincitori del nostro contest.

A ogni numero “Mono” cambia rimanendo fedele a se stessa.
Questi sono i temi (e i sottotitoli) che si sono avvicendati: Americana, Musica, Acqua, Cibo, Passione, I classici della letteratura.

“Stiamo preparando il numero 7 di Mono”, dice Daniele Bonomo. “Uscirà in occasione del salone del fumetto di Lucca. Il tema guida è `crisi´. Ci sono periodi in cui alcuni termini vengono usati più di altri e se ci fosse un premio per la parola più usata e/o abusata, quest’anno `crisi´ l’avrebbe vinto a mani basse. Con Mono 7 vorremmo affrontare le varie sfaccettature di questa parola, che per ognuno di noi rappresenta qualcosa di diverso. Crisi di coppia, crisi di valori, crisi culturale, crisi economica, crisi cardiaca, crisi politica, crisi adolescenziale, crisi di mezza età, crisi d’identità, crisi di panico, donne in crisi, uomini in crisi, crisi ideologica…
Quando abbiamo scelto questo tema avevamo ben chiara in mente una cosa. Vedevamo gli oltre quaranta autori che avrebbero condiviso con noi l’avventura di questo numero seduti davanti al foglio bianco con lo sguardo nel nulla a cercare l’ispirazione: un’altra faccia della parola `crisi´”.

“Con il numero in preparazione”, aggiunge il condirettore Sergio Badino, “Mono entra del tutto nella nuova fase rappresentata dalla recente linea editoriale voluta e intrapresa dalla nostra direzione. Affronteremo d’ora in avanti temi socialmente sentiti, “impegnati”, che provino a sviscerare il vissuto quotidiano. Questo perché riteniamo il fumetto uno dei grandi mezzi di comunicazione dei nostri tempi, non un fratello minore – magari un po’ tardo – di cinema e letteratura, come troppo spesso è considerato in Italia. Soprattutto vogliamo provare a dare il nostro contributo nel far sì che il fumetto esca dalla nicchia in cui vive nel nostro Paese e che sia visto, come già accade in altre nazioni, al pari di altre forme espressive. Crediamo che il modo per riuscirvi sia appunto quello di affrontare problematiche con cui già si misurano molti romanzi e film di successo.
Va detto che il progetto editoriale di Mono è stato, fin dal primo numero, anche un progetto di vita: Tunué, di comune accordo con i curatori della rivista e in segno di gratitudine verso tutti gli autori coinvolti, ha adottato un bambino attraverso l’associazione Intervita Onlus. Concluso il percorso con il peruviano Walter Jesus, è iniziato un nuovo triennio con un ragazzo del Mali, Mahamadou Moussa Sylla. L’impegno con lui proseguirà nel tempo, al di là di Mono: dal numero 6 è presente sulla rivista una pagina dedicata a illustrare l’iniziativa e le finalità dell’associazione. Sempre dal sesto numero abbiamo voluto caratterizzare maggiormente alcune rubriche, gemellandoci con riviste leader in Italia nei diversi settori: “35mm” per il mondo del cinema e “Il Mucchio” per quello della musica. Per le recensioni fumettistiche dal prossimo numero ci affiancheremo a una delle principali riviste italiane nel campo”.

Nella sezione dedicata alla letteratura ci siamo proposti di andare a comporre pian piano una rassegna del meglio della letteratura italiana contemporanea (ma in futuro, perché no, anche straniera). Una rassegna di quanto di più frizzante, vivo, esuberante, si possa trovare in libreria, con un occhio rivolto anche a debuttanti di gran classe e belle speranze.
Abbiamo già “ospitato” – e fatto illustrare – racconti di Paola Barbato, Violetta Bellocchio, Emanuele Bevilacqua, Fabio Genovesi, Ivano Bariani, Gianluca Colloca, Nino G. D’Attis, Eva Clesis, Angelo Orlando (l’attore-regista-sceneggiatore), Giuseppe Carlotti e tanti altri ancora, un elenco che sarebbe davvero troppo lungo.
In un momento in cui le riviste letterarie soffrono sempre più e sono spesso costrette a emigrare su internet, Mono, con modestia ma con costanza e passione, vuole contribuire a creare nuovi spazi creativi, nuove occasioni per sperimentare l’eccitante strumento narrativo del racconto breve (brevissimo), fulminante e illuminante.
E offrire ai lettori un oggetto da collezione, bello a vedersi e saporito per il palato.
Letteratura e nuvole disegnate di nuovo uniti, quindi, nonostante le vecchie, stantie diatribe che vedevano la letteratura come via prediletta per la contemplazione delle più alte idealità e i comics relegati all’inferno, a titillare il ventre e le sue oscene pulsioni.

Colgo perciò l’occasione per invitare gli amici di Letteratitudine a una riflessione sul binomio letteratura-fumetto, che è stato al centro di un numero di “Mono” dedicato ai classici della letteratura.

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AGGIORNAMENTO DEL 22 APRILE 2010
Aggiorno questo post inserendo il gradito intervento di Gianfranco Manfredi. Lo reputo particolarmente interessante, dato che Manfredi ha grande competenza sia dal punto di vista letterario (è uno scrittore prolifico che ha pubblicato con diversi editori: da Feltrinelli a Gargoyle), sia dal punto di vista fumettistico (è il creatore della serie Bonelli, “Magico Vento”).
Massimo Maugeri

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I FUMETTI NON SI LEGGONO PIÙ DAL BARBIERE
di Gianfranco Manfredi

gianfranco-manfrediCi sono personaggi dei fumetti capaci di entrare nell’immaginario collettivo come i grandi personaggi della Letteratura?
Dico, ma scherziamo? È sotto gli occhi di tutti che la letteratura contemporanea è avarissima di grandi personaggi in grado di ripopolare l’immaginario collettivo. Questi grandi personaggi risalgono quasi tutti all’epoca in cui il romanzo era al suo massimo rigoglio e nel quale la differenza tra letteratura colta e letteratura popolare si assottigliava.
Oggi la produzione di questi personaggi emblema è quasi per intero frutto della produzione fumettistica.
La letteratura contemporanea, più che in sé, ha imposto Personaggi Emblema attraverso il passaggio cinematografico (da Maigret a James Bond).
Il fumetto li ha imposti da solo.
Prendiamo uno dei più celebri personaggi letterari del mondo: Dracula. Se si fa un’inchiesta volante per la strada, qualsiasi persona interpellata saprebbe dire chi è. Già qui, però, il letterario comincia a fondersi con il cinematografico. Da questo punto di vista Dracula è un antecedente di James Bond. Di altri grandi personaggi letterari non si può dire altrettanto: Madame Bovary ha avuto le sue trasposizioni cinematografiche e televisive, ma non deve nulla della sua popolarità a queste trasposizioni. Ora: quale personaggio letterario contemporaneo può vantare altrettanta trasparenza con l’immaginario popolare?
Se si continua il sondaggio stradale chiedendo ai passanti: chi è il Giovane Holden, quanti saprebbero rispondere? Uno su dieci? Uno su cento? Uno su mille?
Prendiamo invece un personaggio dei fumetti: l’Uomo ragno, Diabolik, Tex, Valentina, Topolino, Charlie Brown… chi più ne ha più ne metta, e nella nostra intervista stradale quasi tutti gli interpellati saprebbero di chi si parla.
La “narrativa per immagini” (definizione che preferisco a quella di “letteratura disegnata”) ha come suo specifico compito e risultato quello di creare Personaggi, ospiti elettivi dell’immaginario popolare. Questo risultato è ottenibile in virtù non solo della composizione del fumetto, ma della sua natura di medium. Un fumetto ci accompagna serialmente dall’infanzia alla maturità. E’ parte della nostra formazione costante.

Ma chi è oggi il lettore di fumetti? Lo si può ancora considerare un pre-lettore, un lettore debuttante che comincia ad uscire dall’analfabetismo attraverso il supporto delle immagini alla narrazione? No. Oggi la divisione passa tra lettori (di tutto) e non-lettori. I lettori di fumetti (com’è testimoniato dalle rubriche della posta che molti fumetti ospitano) non sono lettori esclusivamente di fumetti, sono anche lettori di romanzi e di saggistica. Al contrario i lettori di romanzi e di saggistica, spesso leggono solo marginalmente i fumetti; nei loro giudizi sui fumetti sono legati al vissuto personale, non certo a una conoscenza della Storia del Fumetto, né della sua Attualità. Un fumetto troppo ingenuo, rozzo nel linguaggio letterario e nella strutturazione delle storie, come in quello grafico/visivo, oggi non avrebbe alcuna possibilità di successo. Il lettore di fumetti è molto più raffinato di quanto non si pensi. A un lettore di fumetti il Moccismo ripugna. Citatemi un solo fumetto che abbia espresso personaggi alla Moccia! Non ne esistono. Eppure la base di massa del fumetto è ben radicata nell’adolescenziale.
Ma si tratta di adolescenti molto raffinati. Le strutture di racconto di certi Manga trasposti o nati da cartoni animati (Lupin III, Occhi di gatto, Lady Oscar) sono estremamente complesse e ben più ricche delle trame semplificate e ripetitive dei normali telefilm non animati. Si comincia ad alimentarsi di queste strutture fin da piccolissimi. Spesso quando si comincia a leggere romanzi, si resta delusi nel non rintracciare altrettanta complessità e capacità di seduzione nella Letteratura consueta , quella cioè destinata alla popolarità effimera del Bestseller.
Il fumetto di massa è oggi superiore non tanto e non solo per livello estetico, ma per capacità di incidere nella nostra formazione, rispetto alla narrativa di massa che tende a ripetere stereotipi, a parte eccezioni notevoli (come Harry Potter, per dirne una). Banana Yoshimoto ha dichiarato: “non avrei mai potuto scrivere romanzi, se non fossi stata da bambina una fan di lady Oscar”. Il fumetto oggi evoca scrittura. Se non si capisce questo, non si capisce il ruolo “letterario” del fumetto.

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Hernán Henriquez e Gugulandia
Il disegno animato cubano e il fumetto satirico

di Gordiano Lupi

Hernán Henriquez è uno dei maggiori esponenti del disegno animato e del fumetto cubano negli anni successivi alla rivoluzione. Il suo tratto grafico, le battute salaci e irriverenti rivestono un’importanza unica nella storia del fumetto centramericano. Hernán Henriquez è stato uno dei fondatori di questa peculiare forma d’arte, un vero e proprio pioniere, che ha disegnato e pubblicato strisce in patria per vent’anni (1960 – 1980), ottenendo riconoscimenti e successo, ma a un certo punto della sua vita si è visto costretto a espatriare negli Stati Uniti.
Hernán Henriquez cominciò a lavorare ai disegni animati sotto l’influenza artistica dei prodotti statunitensi e nel 1958 si iscrisse a un corso per corrispondenza in California. Apprese le basi del mestiere di cartoonist ma al tempo stesso cominciò a lavorare in un’agenzia di pubblicità. Tutti dicevano che a Cuba non si poteva campare facendo disegni animati e scrivendo fumetti comici, perché era un mestiere che non esisteva, ma Hernan aveva deciso quale sarebbe stato il suo futuro.
Fidel Castro prese il potere nel 1959 e con il passare degli anni trasformò Cuba in un rergime comunista. Tre mesi dopo creò l’Istituto Cubano dell’Arte e Industria Cinematografica (ICAIC), con lo scopo di fondare una vera e propria industria cinematografica cubana. Il cinema divenne un mezzo di comunicazione importante, un veicolo fondamentale per manipolare le masse dal punto di vista intellettuale… (continua su Terzapagina)

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