LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » historica http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 ARRIVA LA FINE DEL MONDO (e ancora non sai cosa mettere) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/02/18/arriva-la-fine-del-mondo/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/02/18/arriva-la-fine-del-mondo/#comments Mon, 18 Feb 2013 16:50:11 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4774 Rimetto in primo piano questo post dedicato alla “fine del mondo” (secondo i Maya, ma non solo) per dare l’occasione alle autrici e agli autori dell’antologia ULTIME NOTIZIE: FINE DEL MONDO (Navarra editore) di dire la loro sull’argomento.

Massimo Maugeri

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Post del 18 dicembre 2012
Arriva la fine del mondo (e ancora non sai cosa mettere)Cari amici, ci siamo. Secondo i Maya, la fine del mondo si verificherà il prossimo 21 dicembre. Se ciò dovesse essere vero, questo potrebbe essere l’ultimo post di Letteratitudine. Uso il condizionale perché, nel caso in cui la fine del mondo iniziasse di sera, farei in tempo – venerdì mattina – ad accogliere in radio Melania Mazzucco (prossima ospite di “Letteratitudine in Fm”) e a pubblicare il relativo post. Voi, naturalmente, fate il vostro dovere per disinnescare la profezia mayana (o mayese?). Toccate ferro, o “altrove” (se è il caso). Andate a caccia di cacche di cane sui marciapiedi e schiacciatele con coraggio. Insomma, impegnatevi al massimo per scongiurare la catastrofe.
Che poi, a pensarci bene, come dovrebbe verificarsi questa fine del mondo? Improvvisa inversione dei poli? Arresto della rotazione terrestre? Pandemia? Impatto con un asteroide? Esplosione di una supernova? Queste domande le ho prese in prestito dalla scheda del volume di Roberto Alajmo intitolato “Arriva la fine del mondo (e ancora non sai cosa metterti)” (Laterza, 2012).
La funesta profezia del 21 dicembre 2012 è solo un esempio”, ci dice Roberto Alajmo. “L’ultimo, se i Maya avevano ragione. Il fatto è che periodicamente l’umanità si prepara a sloggiare dal pianeta Terra. Millenarismi di ogni tipo per secoli hanno attirato la credulità popolare, e ogni scampato pericolo è sempre servito solo come carburante per la profezia successiva. In particolare, però, è la generazione di noi contemporanei quella che sta coltivando con maggiore convinzione l’idea di essere l’ultima della Storia del Mondo. Dopo di noi, il diluvio: e pazienza per i posteri. Potrà essere un collasso finanziario, oppure un drammatico stravolgimento climatico. Forse un’ondata migratoria devastante. Uno tsunami di spazzatura. Una guerra mondiale. La fine delle risorse petrolifere. Oppure tutte queste cose assieme, senza escludere i classici del cinema: impatto con un meteorite o invasione di extraterrestri. Se pure i Maya avessero torto, un’Apocalisse sembra davvero alle porte. Se non altro la fine del mondo così come siamo abituati a viverlo da qualche secolo a questa parte. Ecco lo specifico contemporaneo: ci sentiamo talmente sicuri di un’imminente Apocalisse che ci siamo convinti di non poter fare nulla per fermarla. Se ne ricava la più classica delle profezie che si autoverificano: siccome la fine del mondo ci sarà, ci sarà la fine del mondo”.
Troverete un approfondimento sul libro di Roberto Alajmo cliccando qui. Cliccando su LetteratitudineNews, invece, avrete la possibilità di leggere un testo messo a disposizione da Roberto appositamente per questo dibattito.

In ogni caso non c’è dubbio che la profezia dei Maya abbia fatto presa sull’immaginario collettivo del pianeta Terra. E che tale suggestione sia stata fonte di ispirazione anche nel mondo della fiction. Come te la immagini la fine del mondo? Questa, per esempio, è stata la domanda alla base del progetto editoriale delle “Cronache dalla fine del mondo”: un’antologia di racconti, curata da Laura Costantini per i tipi di Historica edizioni, che ha coinvolto ben 25 autori ai quali è stato chiesto – appunto – di “immaginare” la fine del mondo. Su LetteratitudineNews, avrete la possibilità di leggere la prefazione di Maurizio de Giovanni.

Vi propongo di approfondire la conoscenza dei due libri citati, approfittando della partecipazione al dibattito degli autori coinvolti. Per favorire la discussione, provo a formulare qualche domanda “in tema”.

1. Che tipo di emozione, o reazione, ha suscitato in voi l’apprendimento della notizia della “fine del mondo” profetizzata dai Maya?

2. La diffusione della notizia della profezia ha causato davvero una sorta di psicosi collettiva, oppure no? Qual è la vostra percezione?

3. La popolazione del 2012 è più “immune” dal rischio di “superstizione apocalittica” rispetto a quella delle generazioni dei secoli scorsi, oppure – paradossalmente – la facilità della circolazione delle notizie e la maggiore possibilità di interazione (anche online) rendono tale rischio ancora più alto?

4. Domanda/gioco a) – giusto per sdrammatizzare. Vi viene chiesto di scrivere un messaggio, un testo breve. In caso di “fine del mondo” solo il vostro messaggio potrà essere salvato dall’oblio a beneficio di ipotetici posteri o di eventuali extraterrestri curiosi. Cosa scrivereste?

5. Domanda/gioco b) – giusto per esorcizzare. Se dovesse arrivare la fine del mondo, che abito indossereste?

Grazie in anticipo per la partecipazione.

Massimo Maugeri


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LETTERATITUDINE, IL LIBRO – VOL. II (sei anni di Letteratitudine) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/11/05/letteratitudine-il-libro-vol-ii/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/11/05/letteratitudine-il-libro-vol-ii/#comments Mon, 05 Nov 2012 20:03:30 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4606 max-maugeri-twitter-fbCari amici, sono passati sei anni dalla nascita di Letteratitudine (il blog ha visto la luce nel settembre del 2006). Sono stati anni appassionanti, ricchi di stimoli e di interscambi (“condivisione” continua a essere una delle mie parole preferite)… ma sono stati anche anni di grandi sudate. Per questo, la ormai “mitica” camicia celeste della foto è diventata blu! (E le rughe aumentano e i capelli si diradano: lo so!) Scherzi a parte, ne approfitto per ringraziare di cuore tutti coloro che – con  il loro contributo – hanno permesso a questo blog di crescere (siete davvero tanti: impossibile citarvi tutti).

Uno dei frutti della seconda metà del percorso che abbiamo intrapreso insieme, è questo nuovo libro che nasce – appunto – dalle attività del blog. A essere sincero, ci ho pensato molto prima di decidermi a pubblicare il secondo volume di “Letteratitudine, il libro”. Come molti di voi ricorderanno, il volume primo era stato pubblicato nel 2008, dalla casa editrice Azimut e aveva beneficiato di buoni riscontri (l’idea che un blog letterario diventasse libro, peraltro, incuriosiva molto). Venuto meno “l’effetto novità”, e trascorsi oltre tre anni (quasi quattro) da quel periodo, mi sono domandato se avesse ancora “senso” pubblicare un nuovo libro nato dalle discussioni online sviluppatesi su Letteratitudine… proprio adesso che – a seguito dell’esplosione dei social network (Facebook e Twitter in testa) – si parla di (presunta) morte dei blog (giacché le comunicazione e gli “scambi” sembrano essersi spostati prevalentemente su quei versanti). letteratitudinelibroiiA ogni modo, dopo una lunga riflessione, ho deciso di procedere alla pubblicazione di questo volume per una ragione molto semplice, che potrei sintetizzare nelle due seguenti parole: lasciare traccia. Le discussioni on line, in qualunque contesto e in qualunque ambito, sono destinate a perdersi nel mare magnum delle Rete, alla stregua di gocce nell’oceano. Alcune di queste, a mio modo di vedere, meritano di essere salvate. La speranza è che, tra qualche anno (volendo essere ambiziosi, si potrebbe dire: tra qualche decennio), possano contribuire a fornire indicazioni su quali sono state le nostre abitudini, le nostre letture, il nostro modo di pensare, la nostra visione del mondo. Alcune di queste “gocce”, dunque, sono contenute in questo volume: il libro, appunto, che racchiude una porzione importante dell’esperienza online vissuta su Letteratitudine nel periodo che va dalla seconda metà del 2008 al 2011. Prima, però, di accennare ai contenuti di “Letteratitudine, il libro – vol. II – 2008/2011” (Historica, 2012, pagg. 510, euro 22), vorrei tentare di avviare una discussione “in tema”. Pongo, dunque, alcune domande…

1. Come è cambiata la letteratura in questi sei anni?

2. E l’editoria?

3. Qual è il post, la discussione, o il “momento letteratitudiniano”, che ricordate con maggiore piacere e nostalgia?

Adesso, una piccola pausa con il booktrailer del libro…

Cosa troverete nelle pagine di questo libro?

La prima parte del libro si intitola “Vista da Sud” e contiene la selezione di alcuni dibattiti DOM (Di Origine Meridionale). I primi sono incentrati sulle figure di tre scrittori e intellettuali siciliani di spicco e di indubbio spessore (Leonardo Sciascia, Giuseppe Bonaviri, Sebastiano Addamo). Segue un importante dibattito sulla “letteratura del nuovo Sud” (che prende spunto da un saggio pubblicato da Daniela Carmosino per i tipi di Donzelli), un dibattito sullo scottante tema dei clandestini e degli sbarchi (condotto dalla scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono) e un estratto degli “scambi” che hanno visto il coinvolgimento della scrittrice catanese Elvira Seminara. La parte centrale del volume è dedicata alle discussioni incentrate su cinque libri: “Accabadora” di Michela Murgia, “La malattia chiamata uomo” di Ferdinando Camon, “La ragazza di via Maqueda” di Dacia Maraini, “Settanta acrilico, trenta lana” di Viola Di Grado, “Libertà” di Jonathan Franzen. La parte finale del libro è dedicata all’iniziativa culturale “Le strane coppie” proposta da Antonella Cilento (nella fattispecie troverete accoppiati Marcel Proust e Natalia Ginzburg) e al dibattito sul tema “Il blocco dello scrittore e quello del lettore”. In chiusura, la selezione di una discussione lunghissima dedicata al “romanzo storico”.

letteratitudineortigiaNe approfitto, infine, per segnalare la prima presentazione di “Letteratitudine, il libro – vol. II”. Si terrà a Siracusa, il 10 novembre (con inizio alle h. 18), nella splendida Ortigia della cara amica Simona Lo Iacono (che, con la generosità che la contraddistingue, ha voluto inserire questo evento nell’ambito della rassegna culturale e letteraria da lei ideata e curata). L’evento si svolgerà presso la Galleria Roma, sita – appunto –  in Ortigia, a Piazza San Giuseppe 2, Siracusa e ha come titolo: “Letteratura e cantastorie“. Oltre a Simona e al sottoscritto, parteciperà alla presentazione anche Alfio Patti (alias, l’aedo dell’Etna). Sull’evento vi fornirà ulteriori dettagli la cara Simona (che ringrazio sin da subito!).

Ultimo, importante, avviso. Letteratitudine, il libro – vol. II”  esce, per mia precisa scelta, in tiratura limitata (confidando anche sull’esistenza della versione ebook). Chi vorrà, potrà acquistarlo nelle librerie online, oppure richiedendolo direttamente all’editore su  info at historicaweb.com (che, per l’occasione, si è impegnato a vendere il libro con uno sconto significativo: lo invito a intervenire nel dibattito per fornire dettagli). Inoltre il volume è pure disponibile in formato e-book (euro 4,90).

Ringrazio tutti, in anticipo,  per l’attenzione e l’affetto con cui seguite questo blog!

Massimo Maugeri

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AGGIORNAMENTO DEL 15 NOVEMBRE 2012

(Il video della presentazione a Siracusa con Simona Lo Iacono)

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Il booktrailer di LETTERATITUDINE, IL LIBRO – vol. II http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/09/16/il-booktrailer-di-letteratitudine-libr/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/09/16/il-booktrailer-di-letteratitudine-libr/#comments Sun, 16 Sep 2012 06:03:37 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4288 Buone nuove, cari amici di Letteratitudine! LETTERATITUDINE, IL LIBRO – vol. II (Historica) è già disponibile in versione ebook su Bookrepublic (e sui vari negozi online). Qui sopra il booktrailer del libro! La versione cartacea sarà disponibile a fine mese… Ne approfitto altresì per ringraziare la casa editrice Historica che, per festeggiare [...]]]>

Buone nuove, cari amici di Letteratitudine!
LETTERATITUDINE, IL LIBRO – vol. II (Historica) è già disponibile in versione ebook su Bookrepublic (e sui vari negozi online). Qui sopra il booktrailer del libro! La versione cartacea sarà disponibile a fine mese…

L'e-Book e (è) il futuro del libro

Ne approfitto altresì per ringraziare la casa editrice Historica che, per festeggiare l’evento, ha deciso di offrire in promozione, a soli 0,99 €, l’ebook di L’E-BOOK E (È’) IL FUTURO DEL LIBRO. La promozione durerà una settimana a partire da oggi (dal 10 al 17 settembre 2012). Grazie, amici!

Massimo Maugeri

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CRONACHE DI INIZIO MILLENNIO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/10/11/cronache-di-inizio-millennio/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/10/11/cronache-di-inizio-millennio/#comments Tue, 11 Oct 2011 21:37:39 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3598 cronache-di-inizio-millennioChe cosa rimane del decennio che ci stiamo lasciando alle spalle?

Qual è l’evento “caratterizzante” degli anni 2001-2011?

Se vi venisse chiesto di redigere una classifica degli eventi più importanti che si sono avvicendanti in questi dieci anni… come la stilereste? (per ordine di importanza…)

Quali eventi, a vostro giudizio, sono rimasti “in sordina” e meriterebbero, viceversa, maggiore risalto nella nostra memoria?

E come si differenzia il decennio che si sta per concludere da quelli che lo hanno preceduto?

Vi invito a rispondere a queste domande, ispirate dalla recentissima pubblicazione del volume “Cronache di inizio millennio” (Historica, 2011) curato dal duo letterario Laura Costantini e Loredana Falcone. Si tratta di una antologia che ha come sottotitolo “32 autori italiani raccontano gli anni 2001/2011” a cui ho partecipato anch’io con grande piacere, invogliato dallo scopo benefico del progetto (come meglio precisato di seguito).
Dalla scheda del libro: “Dieci anni densi di avvenimenti, cambiamenti, cataclismi climatici, politici e sociali che vale la pena raccontare per lasciarne traccia e, senza avere la pretesa di un’interpretazione sociale e antropologica, poter restituire il sapore degli anni che ci siamo trovati a vivere”.
Dicono le curatrici: “Quello che abbiamo chiesto agli autori che hanno aderito (32 tra famosi ed esordienti) è di raccontare uno di questi anni, di questi avvenimenti. Dalle Torri Gemelle all’avvento di Facebook, dallo Tsunami ai Mondiali di calcio 2006, dal G8 di Genova al terremoto dell’Aquila. Sono solo esempi nella massa di stimoli che il decennio ha potuto fornire a tutti noi che scriviamo esercitando la passione della memoria e della parola.”

Il ricavato delle vendite verrà devoluto all’A.V.S.I. per il progetto “Al lavoro! Attività di formazione professionale e avvio al lavoro per i giovani di Rio de Janeiro”.
Mi piacerebbe che partecipassero al dibattito tutti gli autori coinvolti nel progetto (magari potrebbero raccontarci perché hanno scelto proprio quella data e quell’evento).

Laura Costantini mi aiuterà ad animare e a moderare la discussione.
Di seguito, l’elenco degli autori che hanno aderito al progetto e la bella prefazione firmata da Marino Sinibaldi.

(Inutile aggiungere che siete tutti invitati a rispondere alle domande del post).

Massimo Maugeri

Hanno scelto di raccontare le “Cronache di inizio millennio”:
Danilo Arona (23 settembre 2001) – Maria Silvia Avanzato (10 gennaio 2005) – Remo Bassini (16 marzo 2010) – Alessandro Berselli (1 agosto 2003) – Daniele Bonfanti (26 dicembre 2004) – Alessandro Cascio (25 giugno 2009) – Vincenzo Ciampi (14 febbraio 2004) – Fabio Ciriachi (10 aprile 2006) – Fabrizio Contardi (23 gennaio 2004) – Laura Costantini – Loredana Falcone (25 gennaio 2011) – Maurizio De Giovanni (30 gennaio 2002) – Francesco Dell’Olio (9 luglio 2006) - Francesco Di Domenico (21 maggio 2008) - Barbara Garlaschelli (22 luglio 2001) – Enrico Gregori (18 aprile 2002) – Maria Giovanna Luini (21 febbraio 2001) – Gordiano Lupi (11 giugno 2010) – Andrea Malabaila (10 settembre 2008) – Stefano Massaron (15 maggio 2011) – Massimo Maugeri (2 aprile 2005) – Francesca Mazzucato (2 febbraio 2008) – Paolo Melissi (estate 2003) – Enrico Miceli (10 luglio 2007) – Patrizia Mintz (6 aprile 2009) – Gianluca Morozzi (10 gennaio 2005) – Enrico Pandiani (11 settembre 2001) – Niccolo’ Pizzorno (2 maggio 2011) – Simonetta Santamaria (27 novembre 2010) – Pierpaolo Turitto (28 settembre 2003) – Floriana Tursi (28 gennaio 2011)

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LA PREFAZIONE DI MARINO SINIBALDI
Semmai i secoli nascessero innocenti, il nostro la sua purezza infantile l’ha persa subito e di colpo: due torri sbriciolate, “tremila persone vaporizzate” che aleggiano come una colpa o una maledizione non solo nei racconti di questo progetto che si misurano con l’anno fatale 2001 ma in tutti gli altri di questo originale diario di un decennio che fugge. Come in un diario vero e proprio, infatti, qui si ricordano momenti e luoghi sepolti nella memoria, si riscoprono eventi dimenticati, si rievocano emozioni lontane. E si finisce stupiti di fronte a coincidenze che non avremmo dovuto rimuovere: davvero il delitto di Novi Ligure –quel domestico ground zero di inspiegabile ferocia – anticipava di pochi mesi uno di ben altra scala? E abbiamo mai capito cose significasse quella sorta di replica farsesca che mandò a infrangere un Rockwell sul pacifico Pirellone? Sono le increspature e gli scarti della memoria, questa facoltà insonnolita che facciamo sempre più fatica a ridestare. Ma va detto subito che l’intelligenza della sfida e la qualità dei racconti che l’hanno raccolta hanno intanto questo merito: non lasciarci svicolare nel comodo rifugio dei “non ricordo”. Ognuno degli autori di questi racconti ha affrontato un momento e un anno, un evento e le figure che lo hanno animato o subito; e ce li scaglia contro, con precisione ed emozione, con rabbia, a volte, fino a lasciarceli definitivamente infissi nella memoria.
Che sensazioni ci restano, infine? Del trauma originario di questi anni si è già detto qui –e altrove anche troppo. E l’11 settembre del decennale ci sta già saturando con una implacabile macchina memoriale-spettacolare. Ma è come se quelle macerie fossero un segno distintivo dell’epoca, reiterato in luoghi e forme diverse ma tutte riconoscibili e dolorose, come le pietre mai più rialzate delle strade dell’Aquila, come “il largo solco simile a una trincea enorme” scavato da chi? E dove? Nei mari solcati da carrette omicide, nell’epicentro di qualche terremoto, nelle spiagge dello tsunami? (Tsunami, parola seminuova di un decennio che ne ha adottate molte, spesso cambiando senso: “il tuo profilo” non è una silhouette da evocare con nostalgia ma qualcosa da esibire nei social network). Come i rifiuti inamovibili di comunità urbane che sembrano aver consumato la loro parabola secolare. Come la macerie sempre meno metaforiche di una economia globale che appare preda di un delirio psichico, tecnicamente schizofrenica, prigioniera di un balletto simile a quello fantastico che intrecciano tra loro le tre lettere dell’austera sigla Fmi nella rivisitazione irriverente e salutare che non potrà che farvi amaramente sorridere. Sorridere appena, però. Perché non si può pensare al disastro finanziario e alle sue conseguenze infinite senza infinitamente ripetersi le verità urlate e ignorate nelle strade del G8 di Genova. Per questo il trauma originario del primo anno di vita del nostro secolo è così difficile da ignorare: non si manifestò solo nello spazio aereo di un mattino americano ma nelle lunghe, tragiche giornate (e notti) vigliaccamente insanguinate di una nostra amata città. (Solo così il 2001 è davvero l’anno fatale che è stato: se alla memoria globale e imperiale delle Torri Gemelle si affianca la nostra colpa –e magari la nostra giustizia).
Ma questi anni sembrano non emettere sentenze davvero definitive. Sono anni incerti, inconclusi. Come nel topos immortale della tragedia greca, in queste pagine troverete salme insepolte, cadaveri senza pace: provengono dal dramma enorme che preme sulle nostre coste ma anche, più banalmente, da una grottesca vicenda funerario-televisiva. Appaiono comunque il segno di qualcosa che non è finito ancora, non è definito, non può essere sistemato. Segna i nostri tempi come un buco, un vuoto (eccolo lì lo spazio mai colmato di Ground Zero che ritorna come un mantra visivo). E non genera mai sentimenti facili: di gioia ce n’è poca, quasi niente. Nessun autore, mi sembra, ha scelto uno di quegli eventi brillanti che regalano ricordi smaltati anche agli anni più oscuri. Persino i mondiali di calcio, persino la vittoria che a volte inaspettatamente ci arride non può essere goduta in santa pace. E’ destino che un intralcio, una grande o piccola maledizione lo impedisca.
E’ così, un po’ a brandelli e nelle forme diverse che la diversità degli autori coinvolti felicemente implica, che leggendo questi racconti un’idea degli anni alle nostre spalle si fa progressivamente largo. Sono anni difficili perfino da siglare: “anni zero” forse, non solo per pedanteria aritmetica ma perché un senso di azzeramento politico, economico, mentale sembra intimamente segnarli. Ma il numero nullo implica inevitabilmente qualcosa da costruire o ricostruire. Imprese assai difficile da immaginare, anche uscendo dal recinto di queste brevi narrazioni. Sembra piuttosto di intravedere la paradossale coda lunga di un secolo breve. “Fine secolo” , con una formula inventata da Adriano Sofri, si intitolava un’impresa editoriale che alla vigilia del decennio precedente (i terminali anni Novanta) giocava con l’idea che qualcosa –i rifiuti ideologici del Novecento, per esempio- stesse per abbandonarci. Mi è capitato di lavorare a quell’impresa e di portare in eredità quel titolo a una trasmissione radiofonica che Radio3 ospitò dal 1992. Altro che fine, però: mentre lo sguardo superficiale dei contemporanei sembrava fisso su ciò che stava terminando, ci capitò di incontrare eventi del tutto nuovi, e giganteschi: le migrazioni mondiali, per esempio, e la nuova, altrettanto globale, economia –e il tramonto dell’illusione energetica, e la fine del lavoro, e i nuovi fanatismi paranoici e parareligiosi eccetera eccetera. Gli anni sono così, scivolano uno dentro l’altro, confondono eredità e tradizioni, appaiono immobili e mutano catastroficamente. Sono difficili da fissare. Con punti di vista diversi gli autori di questi diversi racconti ci hanno provato. E sfidano noi lettori sollecitando la nostra facoltà più addormentata e quella più atrofizzata: la memoria e l’immaginazione.
Marino Sinibaldi

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L’E-BOOK E (È?) IL FUTURO DEL LIBRO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/06/20/ebook-e-il-futuro-del-libro/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2011/06/20/ebook-e-il-futuro-del-libro/#comments Mon, 20 Jun 2011 21:07:59 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=3368 Vorrei riprendere la discussione sull’e-book già avviata a partire da questo post, offrendo come spunto per ulteriori riflessioni (e per un approfondimento del dibattito) la pubblicazione di questo nuovo volumetto che ho realizzato per i tipi della piccola casa editrice “Historica” (disponibile, ovviamente, anche in formato elettronico). Il titolo è già un punto di domanda: “L’e-book e (è?) il futuro del libro”.
L’intento non è quello di fornire approfondimenti tecnici sull’e-book, ma di divulgare opinioni emotive sull’argomento. Per far ciò ho coinvolto alcuni tra i più rappresentativi addetti ai lavori del mondo del libro – scrittori, editori, editor, critici letterari, giornalisti culturali – che hanno gentilmente messo a disposizione il loro parere (da qui il sottotitolo…).
Ho chiesto loro di ragionare sul “fenomeno e-book” ed esprimere un’opinione facendo riferimento alle seguenti domande: Cosa ne pensa dell’e-book? Come immagina il futuro dell’editoria e della letteratura tenuto conto del “peso crescente” delle nuove tecnologie? E cosa ne sarà dei libri di carta? C’è il rischio che possano diventare “pezzi da collezione”?
Dopo una parte introduttiva sulla evoluzione del libro elettronico e sugli e-book readers, e dopo una sintetica analisi di mercato, questo piccolo volume offre le “opinioni emotive” sull’e-book fornite da: Roberto Alajmo, Marco Belpoliti, Gianni Bonina, Laura Bosio, Elisabetta Bucciarelli, Ferdinando Camon, Daniela Carmosino, Antonella Cilento, Paolo Di Stefano, Valerio Evangelisti, Vins Gallico, Chiara Gamberale, Manuela La Ferla, Nicola Lagioia, Filippo La Porta, Gianfranco Manfredi, Agnese Manni, Diego Marani, Dacia Maraini, Daniela Marcheschi, Michele Mari, Raul Montanari, Antonio Paolacci, Romana Petri, Antonio Prudenzano, Giuseppe Scaraffia, Elvira Seminara, Filippo Tuena, Alessandro Zaccuri.

Vorrei coinvolgere nello sviluppo della discussione anche voi, proponendo come sempre alcune domande (e invitandovi a fornire la vostra risposta, se potete)…

1. L’e-book è davvero il futuro del libro?

2. Se sì, fino a che punto?

3. Che cos’è un libro: un supporto cartaceo, o il suo contenuto? O entrambi?

4. Tra un volume rilegato di fogli bianchi e un romanzo leggibile su un e-book reader, quale dei due è… più libro?

5. Come immaginate il futuro dell’editoria e della letteratura tenuto conto del “peso crescente” delle nuove tecnologie?

6. Cosa ne sarà dei libri di carta? C’è il rischio che possano diventare “pezzi da collezione”?

7. Una diffusione “significativa” dell’e-book  potrebbe favorire l’incremento della lettura?

La discussione on line proseguirà – per chi potrà partecipare – alla Feltrinelli Libri e Musica di Catania (via Etnea, n. 285 ) giovedì 30 giugno 2011, alle h. 18.

Vi aspettiamo!

Massimo Maugeri

P.s. Ne approfitto per segnalare questo post di Lipperatura incentrato sull’attuale crisi dell’editoria determinata dal decremento della vendita dei libri (il post riprende un articolo pubblicato su Repubblica, con dichiarazioni di Marco Polillo – presidente dell’Aie – anche sul “fenomeno e-book”)

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RECENSIONI INCROCIATE n. 10: Alessandro Cascio, Sergio Sozi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/23/recensioni-incrociate-n-10-alessandro-cascio-sergio-sozi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/23/recensioni-incrociate-n-10-alessandro-cascio-sergio-sozi/#comments Wed, 23 Dec 2009 06:22:18 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1492 recensioni-incrociate.jpgQuesta nuova puntata de Le recensioni incrociate di Letteratitudine, trae origine da quest’altra che vedeva come protagonisti dell’incrocio Enrico Gregori e Francesco (Didò) Di Domenico. In quell’occasione promisi a Sergio Sozi e ad Alessandro Cascio un incrocio letterario (che avrà modo di svilupparsi – appunto - in questo post).
Devo dire che sono particolarmente lieto di questa combinazione, perché credo che Sergio Sozi e Alessandro Cascio siano molto diversi come approccio alla scrittura e come modo di scrivere. Ma quando le differenze diventano occasione di sano confronto – così come sarà nell’ambito di questa discussione -non possono che contribuire a una crescita comune.
I libri oggetto dell’incrocio sono “Menu” di Sergio Sozi (edito da Castelvecchi) e “Touch and splat” di Alessandro Cascio (edito da Historica).
Nemmeno a farlo apposta sembra che un libro faccia “il verso” all’altro (e viceversa). Se dal libro di Sozi emerge una sorta di condanna contro l’imbastardimento anglofono della lingua italiana (“parliamo una neolingua conosciuta come angloitalo“), il libro di Cascio risponde con un titolo in inglese (“Touch and splat“).
Colgo subito l’occasione, dunque, per introdurre i temi di discussione che vi propongo parallelamente a quello sui due libri.
Ecco le domande del post…

La lingua italiana rischia davvero di essere imbastardita dall’inserimento di termini provenienti da altre lingue?

Fino a che punto questa sorta di commistione può essere considerata contaminazione in senso negativo?

Qual è il discrimine e – soprattutto – chi (e come) dovrebbe decidere il limite entro cui tale commistione è arricchimento e normale evoluzione (superato il quale diventa, invece, svilimento della lingua)?

Certo, vedere la propria lingua perdere identità potrebbe generare anche rabbia…

E a proposito di rabbia (riferendomi al libro di Cascio) passiamo all’altro tema del post. E domando…

La società in cui viviamo è particolarmente rabbiosa? Più rabbiosa di quelle del passato?

Quale potrebbe essere un “giusto” antidoto contro la rabbia dilagante?

Seguono le recensioni incrociate di Alessandro e Sergio… più ulteriori recensioni dei due libri firmate da Salvo Zappulla (sul libro di Sozi) e Sacha Naspini (sul libro di Cascio).
Massimo Maugeri


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Il Menu” (Castelvecchi) di Sergio Sozi

recensione di Alessandro Cascio

Nel 2002, il visionario e geniale Kurt Wimmer, grande sceneggiatore ma regista di nicchia, scrisse e diresse Equilibrium, che narra le sorti di un’umanità priva di pensiero ed emozione, d’arte e cultura, confinata nella nazione della Libria. Il film in Italia non ebbe molto successo, ma solo perché la massa è balorda: se così non fosse ci sarebbe più gente ai musei che a teatro e forse, dopo tempo, i cross di Del Piero si ammirerebbero come fossero “arabesque et battement” di danza classica e sulle tribune del Petruzzelli nascerebbero schiere di Ultras che patteggiano per protagonisti e antagonisti con tanto di striscioni che inneggiano Romeo a lasciare quella calamità di Giulietta per la bella Rosalina. Io con i balordi ci sto bene, vivo in Sicilia, uno dei paesi più mafiosi del pianeta, ma a giudicare dal suo Il Menu, edito da Castelvecchi, lo scrittore Sergio Sozi non si limita soltanto a odiarli, ma ne delinea ironicamente ogni tratto, immaginandone la decaduta, tramutandoli in deficienti con comportamenti da primati, privi di alcuna attività mentale creativa. Per chi come me ama più il cinema che la letteratura, il paragone con Kurt Wimmer sarà un onorevole riconoscimento, perché credo che Il Menu sia un Equilibrium nostrano, in cui il primo segno del decadimento è la scomparsa della Pizza, che cede il passo agli Hamburger nel lento processo di americanizzazione che accompagnerà la nostra Italia fino alla formazione della nazione del Buruguay, con capitale Washington, in cui la vecchia Roma prende il nome di New Miami, Torino prende il nome di Bulltown e Milano di Mayland. Nel Buruguay del 2050 è proibito lo studio della Storia di cui tra l’altro non si sa molto perché gli ultimi testi tramandati dall’antica civiltà italiana, sono diventati del tutto incomprensibili. Per farvi capire il cammino dell’incomprensibilità che Sozi vuole mostrarci, pensate al fatto che un tempo, l’amore ci veniva spiegato da Shakespeare e la sua prosa e adesso, invece da Moccia. Se avete abbastanza cultura antica e moderna da poter fare un confronto, potrete notare che il saggio-commedia Il Menu, non ha nulla di così catastrofista, ma si limita ad anticipare i tempi, palesemente: che è come prevedere che un uomo in volo, gettatosi dal decimo piano, prima o poi arriverà al marciapiede.
Proprio in quella futuristica nazione, l’io narrante Lukin Philippucci scopre il diario del poeta scomparso Cesare Menicucci, che con le sue strofe, narra le gesta di quel popolo estinto dopo la chiusura dell’ultima biblioteca nel 2003. Ho letto che qualcuno ha definito “Il Menu” fantascienza. Credo che Asimov si sia rivoltato nella tomba, a meno che non l’abbiano cremato (allora si sarà scombinato nell’ampolla). Le basi del romanzo fantascientifico hanno come regola principale non scritta “evitare l’ironia, il futuro è una cosa seria”. Una cosa seria non è assolutamente il romanzo di Sozi, che sì, affronta temi seri come il cammino dell’esistenza e della cultura, ma lo fa da commediografo napoletano, anche se è nato a Roma, è cresciuto in Umbria e vive in Slovenia. Basta sfogliare il romanzo e imbattersi nel linguaggio usato nel 2050, per capire di cosa sto parlando

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Touch and splat” (Historica) di Alessandro Cascio

E l’Anticristo verrà dagli Stati Uniti?

recensione di Sergio Sozi

Allora. A prender il toro per le corna, dirò subito che ”Touch and splat” è un romanzo breve col quale il sottoscritto ha poco da condividere: stilistica e ambientazione umana e territoriale (ossia gli americani e gli U.S.A.), senso di fondo e scelte lessicali e sintattiche non appartengono in alcun modo, infatti, ai miei gusti, sia attuali che precedenti. Per i motivi che tutti sapranno se appena informati delle mie pubblicazioni – poche ma ”chiare e tonde”.
Tuttavia un critico è un professionista, non un qualsiasi cittadino che legge e giustamente scarta o apprezza senza dover render conto ad altri che non siano lui stesso delle proprie selezioni. Il critico ha il dovere di capire, paragonare e soprattutto affrontare: affrontare il toro-libro per le corna, scegliendo, fra le diverse tattiche di presa a sua disposizione, quella che egli reputi la piú confacente alla bisogna, al caso in sé, ma anche la tattica che gli consenta di restare moralmente ineccepibile. Il critico secondo me, appunto, deve avere una sua morale, ma non deve permettere che essa lo soffochi e ne pregiudichi il lavorio di analisi e comprensione di un testo. Cosí anche onestà, competenza ed intelligenza, nonché amore per la cultura e per l’uomo che ne sta dietro, sono il paradigma fondante di ogni uomo vero da sempre e per sempre – all’epoca di Platone come in quella di Petronio e di Moravia. A maggior ragione questa sia allora la ”bibbia” di un critichetto qualsiasi come il sottoscritto: che un libro sia sempre guardato oggettivamente, pur senza lesinare osservazioni anche d’ordine etico-morale o d’altra natura. Libertà di opinione all’interno dell’obbligo al rispetto per l’opera umana.
Dunque, dopo questa indispensabile premessa, direi che questo libro di Alessandro Cascio sia ben inquadrabile nello specchio della litote che ne cadenza una buona parte del filmico scorrere, questa: ”Quella rabbia non vi porterà nulla di buono”.
La litote è una figura retorica che afferma qualcosa negando il suo contrario. Dire che una cosa non ti fa bene equivale a esprimere in forma attenuata l’avviso che esplicitamente direbbe invece: ”la rabbia ti fa male”.
E appunto sulla rabbia dell’uomo (moderno e americano) e sullo psicotico evolversi di questo stato emozionale alterato in furia omicida è incentrato il romanzo breve di Alessandro Cascio, il quale pone un gruppo di giovani (o forse di quarantenni?) statunitensi nella scenografia, ormai dismessa, di una locazione nella quale vennero anni prima girate grandi pellicole western – ai tempi d’oro di produzione statunitense e poi, nella decadenza, con capitali e registi italiani o spagnoli: insomma Spaghetti Western, come da denominazione ormai stranota. In tale stralunato, obliquo e mortifero panorama di cartapesta, dunque, questi giovinastri mezzo suonati si affrontano nel gioco del ”touch and splat” (letteralmente: ”Tocca e spappola”). Si tratta di una finzione-divertimento piuttosto idiota, anzi direi demenziale e sottosviluppata culturalmente: questa gente – un branco di cosiddetti conoscenti – affitta l’area dal suo proprietario e si munisce di fucili a salve per liberarsi dagli istinti omicidi repressi nel corso della vita quotidiana sparandosi addosso scariche di proiettili di gomma colorati (che addolorano ma non ammazzano).
La cronaca dell’incontro conviviale di quei grezzotti (che dovrebbe avvenire, mi sembra di capire, in tempi attuali), ovviamente contempla una ricostruzione degli antefatti – ossia i rapporti esistiti precedentemente fra i protagonisti – e include la presentazione di un progetto sperimentale di ”riabilitazione carceraria” che lo psicologo Rupert Kensington compí nei primi anni Sessanta negli U.S.A.: l’EIR (acronimo italianizzato di Experiment of Hydrophoby and Rage-regression; appunto Esperimento di Idrofobia e Regressione della rabbia).
Cos’era?
Era l’attuazione nelle carceri statunitensi della teoria che l’uomo moderno (soprattutto quello in stato di detenzione, ma anche, si lascia intendere, quello sottoposto agli obblighi della normale vita sociale) non può prescindere da un connaturato impulso all’omicidio e all’aggressione fisica, insomma da una rabbia repressa che, se non sfogata in qualche modo, può solo esplodere in reali assassini (ossia al ritorno a delinquere per gli ex galeotti).
Perciò l’EIR venne applicato – dice il romanzo nelle sue precise digressioni – offrendo ai carcerati americani l’unico sfogo di un incredibile gioco di ruolo: delle giornate nelle quali i galeotti piú miti prendevano i panni delle vittime e i galeotti piú feroci li potevano angariare senza troppi danni reali:

”L’esperimento (…), consisteva nel munire un gruppo di carcerati (soggetti attivi) di fucili in plastica a pallettoni colorati e di creare un’atmosfera del tutto simile a quella della società esterna. Per far questo si travestivano i galeotti considerati più pacati (soggetti passivi) in cassieri di supermarket, mogli, datori di lavoro, padri violenti e ogni sorta di personalità tipo che potesse scatenare impulsi idrofobi.
Attraverso una riproduzione dettagliata di ambienti e situazioni, si creava quindi la circostanza che aveva portato il soggetto attivo al compimento dell’azione criminale e gli si permetteva di tramutare la “rabbia statica” in “rabbia dinamica” (Dynamic Rage) e di far venire fuori, attraverso l’uso delle armi finte, i propri fantasmi interiori per poi liberarsene definitivamente.”
(”Touch and splat”, pp. 49 e 50).

Però il giochetto non funzionò e negli anni Settanta venne fermato dalle Autorità perché i detenuti-vittima, una volta scontata la pena, presero ad inseguire ed uccidere per le strade i delinquenti che si rendevano colpevoli di omicidi e violenze sessuali. Si erano immedesimati nella parte della vittima cosí tanto da assumere il ruolo di giustizieri.
Come, dunque, commentare nel 2009 questa colossale americanata psicotico-sperimentale? Cosí: credo che il risultato fosse ovvio (Cascio mi darà ragione, penso), poiché l’assunto del signor Kensington era del tutto erroneo, per non dir folle tout court: se si permette ai piú cattivi di esprimere la propria brutalità sui piú deboli, i deboli incattiviscono odiando i loro persecutori mentre i cattivi restano tali. La rabbia del violento, infatti, mica è come l’aria negli pneumatici, che se la lasci uscire affloscia il tubo di gomma: la violenza genera violenza. Chi semina vento raccoglie tempesta. E l’assunto di Kensington era del tutto erroneo.
Ma…
…ma questo lo consideriamo ovvio, poiché tutto ciò è stato inventato di sana pianta dal bravo Alessandro Cascio, effettivamente geniale nel creare l’intero alfabeto del suo racconto, oltre che nel tessere una storia che ha sicuramente il merito di metterci al riparo da chi voglia considerare l’uomo come uno pneumatico. Un libro, allora, ”Touch and splat”, che vorrei possedesse le valenze che meno gli si potrebbero addossare: quelle consistenti nell’avvisarci di certe teorie bislacche e postmoderneggianti. Un libro in fondo violentemente nonviolento. E mi si perdoni l’ossimoraccio.

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IL MENU di Sergio Sozi (Castelvecchi)
recensione di Salvo Zappulla

Sergio Sozi è letterato autentico, i classici sono la sua passione (Dante, Petrarca, Boccaccio i maestri a cui si ispira), l’integrità morale la sua ossessione. Integrità che a volte sconfina nella rigidità ma non vi è dubbio che il personaggio sia un puro, la stessa purezza che trasmette nelle sue opere di narrativa. E non è poco riuscire a mantenere un simile candore in un mondo in cui il successo è spesso frutto di compromessi. Questo romanzo pubblicato da Castelvecchi (Il menù, pagg. 106, €. 13,00) ci dà la conferma della sua vena istrionica, la facilità di scrittura, la fantasia scoppiettante che sconfina nel divertissement irriverente e beffardo. Sergio guarda con nostalgia al passato, pretende rispetto per la lingua italiana. Fustigherebbe volentieri quanti scrivono senza possedere gli strumenti del mestiere. I congiuntivi bisogna azzeccarli. Tutti. Le tradizioni e la storia vanno salvaguardate, nella loro interezza. Quasi un’operazione pedagogico-patriottica la sua, una chiamata alle armi in pieno spirito risorgimentale. In questo romanzo, utilizzando la brillante idea di un diario appartenente al vecchio poeta Cesare Menicucci, ci offre lo spaccato di un’Italia smarrita, senza identità, diventata satellite degli Stati Uniti, vittima di un lento ma inevitabile processo di americanizzazione. La pizza cede il passo agli hamburger. Gli eleganti abiti da sera si inchinano dinanzi a un paio di sdruciti, rozzi e scoloriti paio di jeans. La nostra amata lingua rischia di essere sostituita da quella inglese. Il progresso ha prodotto imbarbarimento. Dio ci liberi dagli avanguardisti, sperimentalisti occasionali, confusionisti e manipolatori arbitrari della nostra grammatica. Alcune riflessioni filosofiche di Sergio sono degne del miglior De Crescenzo. “Il menù” che ci offre è gustosissimo, ci invita a sorridere ma anche a riflettere con malinconia, appartiene al filone delle opere fantasatiriche e Sergio Sozi è un personaggio tutto da scoprire, per conoscerlo, amarlo o, se è il caso… evitarlo.
da ‘’La Sicilia’’ il 15 ottobre 2009

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TOUCH AND SPLAT di Alessandro Cascio (Historica)
recensione di Sacha Naspini

Solo un avvertimento: “Rilassatevi: quella rabbia non vi porterà nulla di buono.” È così che Touch and Splat di Alessandro Cascio vi attacca. Di petto, come uno spintone che ti rimette a sedere sulla poltrona, dove pensavi di andare? Quel che succede da lì in poi, non è che te lo scordi così in fretta. Touch and Splat è un western moderno? È una beffa al genere? È un’evoluzione? È un tributo a certo cinema? È… Difficile dirlo. Forse tutto questo, forse no. Forse è altro ancora. Quel che è vero, è che Alessandro Cascio mangia cinema e lo rigetta sulla pagina formulando una storia che ti fa sbalzare di qua e di là come su una strada a sterro affrontata col pedale a palla. Salti temporali e pagine come fucilate che ti fanno fare capriole da ottovolante, arrivi alla fine del giro e ti ritrovi di fronte di nuovo a quel cartello di avvertimento: “Rilassatevi: quella rabbia non vi porterà nulla di buono”. Il fatto è che se prima ce l’avevi sepolta, adesso la rabbia ti abbaia dentro come un animale. Touch and Splat è il nuovo lavoro di Alessandro Cascio. Quello che dovete fare è solo aprire questo volume, e ci lasciate le penne. Vi porta via, dalla prima pagina. Ve lo sparate in un paio d’ore e quando tornerete, per qualche minuto, non sarete più quelli di prima. Quello che vorrete, sarà ricevere una busta. Un invito che vi avverte che domenica, al vecchio West Golden Paradise, ci sarà un Touch and Splat. Unico suggerimento: “Non ammazzate nessuno, fino a quel giorno”.

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I CUCCIOLI DELLA PICCOLA EDITORIA E HISTORICA di Francesco Giubilei http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/12/03/i-cuccioli-della-piccola-editoria-e-historica-di-francesco-giubilei/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/12/03/i-cuccioli-della-piccola-editoria-e-historica-di-francesco-giubilei/#comments Wed, 03 Dec 2008 22:24:00 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/12/03/i-cuccioli-della-piccola-editoria-e-historica-di-francesco-giubilei/ Esiste un’età giusta per diventare editori?
È questa la domanda che mi è venuta in mente pensando al caso di Francesco Giubilei.
Francesco ha appena sedici anni e dirige con passione una piccola casa editrice – Historica – nata con il supporto de Il Foglio letterario di Gordiano Lupi.

Di seguito potrete leggere: lo stralcio di un interessante articolo pubblicato l’11 ottobre da Mirella Serri su Tuttolibri (l’articolo per intero lo trovate qui), l’intervista che Francesco Giubilei ha rilasciato a Laura Costantini e la recensione della Costantini a un libro Historica firmato da Sabrina Campolongo (e intitolato “Il muro dell’apparenza”).
Ci tengo, però, a citare gli altri due libri pubblicati da Historica-Il Foglio:
Le colpe dei padri” di Lauraetlory,
La questione di Jekill e Hyde” di Barbara Gozzi

Laura Costantini mi aiuterà a animare e moderare il post.
Sono invitati a partecipare: lo stesso Francesco Giubilei, Sabrina Campolongo, Loredana Falcone, Barbara Gozzi e Gordiano Lupi.

Esiste un’età giusta per diventare editori?

Massimo Maugeri

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I CUCCIOLI DELL’EDITORIA NON HAN PIÙ VENT’ANNI
di Mirella Serri

Lo chiamavano giovane, brillante editore. A buon diritto: quando Luigi Einaudi scoprì che suo figlio Giulio «si era scoperto la bozza del lanciatore di libri e riviste… vuol fare, dice lui, l’editore», il creatore dello Struzzo aveva appena sostenuto l’esame di maturità. Angelo Rizzoli, al momento del suo esordio nel mondo della carta stampata, era più maturo, intorno ai vent’anni. Arnoldo Mondadori, transitato da una drogheria a una cartoleria, era diciottenne e a quell’età si trovò a tenere a battesimo il futuro impero di carta. E oggi? Chi sono i «ragazzi» dell’editoria italiana ?

Il drappello dei trentenni-imprenditori, che va dall’enfant terrible, il 31 enne Giulio Perrone, a Marco Cassini di minimum fax, 38 enne, è veramente esiguo. Sono considerati forze «fresche» del mondo del libro addirittura quelli che rientrano nella fascia generazionale degli anta, da Romana Petri, con il suo rampante Cavallo di ferro, al 41 enne Andrea Bergamini che 4 anni fa ha dato il primo afflato a Playground, fino a Carlo Gallucci o a Elido Fazi definiti solo qualche tempo fa «esponenti della nuova editoria romana». Già, proprio così. I nostri piccoli-medi imprenditori della cultura crescono dal punto di vista anagrafico ma non fanno il gran salto, non occupano i primi posti nel gotha dell’editoria. E così, per denunciare le difficoltà del rinnovamento (ma anche per festeggiare i suoi primi 15 anni di vita), arriva ora il singolare manuale di editoria di Cassini, Refusi. Diario di un editore incorreggibile, che per pubblicare ha scelto una casa di antica tradizione, quella di Giuseppe Laterza (in libreria dal 16 ottobre, pp. 128, e 9,50).

Quando Cassini prese la decisione di emettere nel 1994 il primo vagito e concepì (con Daniele Di Gennaro) la sua minimum fax – quattro volumetti che non aveva il coraggio di chiamare libri e che vennero smerciati come «quaderni» – correva l’anno nero dell’editoria italiana. Il mercato librario aveva presentato un saldo negativo globale del 6,95 per cento. Ed era in atto un processo di concentrazione nelle mani di pochi con le major – da Mondadori a Rizzoli, Longanesi e Feltrinelli – che facevano il bello e il cattivo tempo. Eppure, proprio allora l’occasione per venire al mondo non la colse solo Cassini. Spuntarono tante piccole sigle, da Castelvecchi a Fazi, Donzelli, Voland, Instar, Meltemi, Pequod. Come mai tante nuove inaspettate presenze? Ben lo spiega Umberto Eco: «Per una casa piccola che diventa media e perde la propria libertà, una nuova piccola casa nasce e questa dinamica assicura all’universo librario un rinnovo continuo di energie». Le piccole, pronte negli anni a diventare medie, rappresentavano un bel deposito di volitività, di forze fresche con tanta voglia di cambiare il panorama culturale. (…)
Ma per restare sul mercato nemmeno le firme note bastano. Ecco la casa editrice mutare in fucina con tutta una serie di attività collaterali, con seminari, workshop e laboratori per trasmettere il know-how a chi vuole mettere su un’impresa editoriale. Il mondo dei «grandi» ha comunque le porte sbarrate, in un mercato bloccato dove l’86 per cento dei libri distribuiti in Italia è prodotto dal 10 per cento degli editori. Con la strada chiusa come «da un tappo impossibile da far saltare». Il rinnovamento che si sperava negli anni Novanta procede a passo di lumaca. Anche se ai cosiddetti «giovani» il coraggio certo non manca. Basta un esempio: quando per Cassini si trattò di decidere se acquistare i diritti sull’opera omnia di Carver, interpellò gli anziani, i savant della casa, vale a dire il direttore commerciale e il distributore che tengono i cordoni della borsa e hanno il polso del mercato. Sconsigliarono di fare un passo così azzardato. Mal gliene incolse perché fecero un grossolano errore. Quei libri sono ancora oggi i best seller della casa editrice e la mantengono in vita. La fortuna arride agli audaci ancorché incorreggibili piccoli editori.
(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 11 ottobre 2008)

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INTERVISTA A FRANCESCO GIUBILEI
di Laura Costantini

Nome, cognome, luogo e data di nascita.
Francesco Giubilei, nato il primo gennaio 1992 a Cesena.

Quando si pensa ad un adolescente che ama scrivere, leggere e, addirittura, pubblicare libri l’immagine è quella di una specie di secchione occhialuto. Ti ci riconosci?
Assolutamente no. Chi non mi conosce tende ad immaginarmi come “un secchione occhialuto” ma io non sono così. Innanzitutto non porto gli occhiali e il mio rendimento scolastico non è molto brillante. Inoltre credo sia necessario eliminare lo stereotipo dello scrittore topo di biblioteca che passa tutto il giorno chiuso in casa a leggere e scrivere. Curo anche altri interessi e gioco a calcio professionistico.

Come ti è venuta l’idea di diventare editore prima ancora di diventare maggiorenne? Ti senti in grado?
Passione. Senza la passione credo sia impossibile intraprendere questa attività. Come molti altri editori onesti e puliti, non chiedo contributi ai miei autori pur facendo una gran fatica a far quadrare il bilancio. Sicuramente da solo non avrei le capacità di gestire una, seppur piccola, casa editrice. Ovviamente ci sono alcuni collaboratori che mi aiutano: un grafico, un editor, un consulente editoriale e tante altre persone che mi suggeriscono e mi danno consigli utili.

Chi ti ha sostenuto in questa iniziativa che gente molto più anziana e preparata di te riterrebbe una follia?
Moralmente i miei genitori, che hanno creduto (anche se inizialmente con qualche titubanza) al mio progetto, economicamente ci stiamo autofinanziando attraverso pubblicità, copie vendute e anche grazie ad un piccolo ma importante finanziamento di un credito cooperativo della mia città. Ciò che distingue “Historica-Il Foglio letterario” è la non richiesta di contributo agli autori, una piaga dell’editoria moderna da combattere con tutti i mezzi.

Una rivista, una collana di romanzi, antologie di racconti … Qual è il filo conduttore, l’idea portante?
Le edizioni “Historica-Il Foglio letterario” pubblicano una rivista letteraria, una collana di narrativa contemporanea e presto uscirà una collana di racconti brevi chiamata “Short cuts”, nata dalla collaborazione tra me e lo scrittore Alessandro Cascio. Il filo conduttore del nostro progetto lo trovate sul nostro sito  www.historicaweb.com) alla voce presentazione. Per ora abbiamo pubblicato tre libri di narrativa: “Le colpe dei padri” di Lauraetlory, “La questione di Jekill e Hyde” di Barbara Gozzi e il giallo “Il muro dell’Apparenza” di Sabrina Campolongo. Presto debutterà una nuova collana di romanzi brevi, “Short cuts”, letteralmente “tagli di breve durata”. Il primo titolo sarà “Tamarri” di Remo Bassini, seguiranno due libri di Francesco Dell’Olio e Alessandro Cascio, poi si vedrà.

Come scegli i testi da pubblicare? Ti fai consigliare da qualcuno?
Come dicevo precedentemente per la collana “Short cuts” abbiamo un consulente editoriale, che mi aiuta a scegliere i testi più idonei da pubblicare. Per la collana di narrativa faccio una prima scrematura dei testi da solo, poi giro ad alcuni collaboratori i manoscritti per sentire il loro parere. A volte però ci sono dei testi in cui credo davvero molto che decido di pubblicare senza interpellare nessun altro.

Come reagisci quando uno scrittore cui hai proposto una pubblicazione, rifiuta dopo aver capito che sei ancora un ragazzino?
Quando mi sono affacciato per la prima volta nel mondo di internet con l’intenzione di fondare un e-magazine, cercavo di non rivelare la mia età per paura di essere sottovalutato, non considerato e snobbato. Dopo più di un anno online ho deciso di renderla pubblica. Chi crede alle mie iniziative mi apprezza indipendentemente dall’età. Nessuno ha mai rifiutato di pubblicare a causa dei miei anni, almeno nessuno mi ha mai detto “non voglio pubblicare con te perché sei solo un ragazzo”, forse però in molti l’hanno pensato.

Sei anche uno scrittore, ma non ti sei ancora pubblicato da solo. Temi un conflitto d’interessi?
Più che scrittore mi definirei una persona che scrive. Per essere scrittori occorrono anni di lavoro e conoscenze letterarie specifiche che ancora io non possiedo. Non mi piace autopubblicarmi, in Italia ci sono più di seimila editori, preferisco affidare i miei testi ad altri editori per evitare facili critiche e un lampante conflitto di interessi (Giubilei ha appena pubblicato con Arpanet “Bastola. Lasignora del fuoco“, n.d.r). In futuro comunque non escludo che possa pubblicare un mio testo che considero molto caro, al punto di non volermene separare, o difficile da vendere.

Domanda d’obbligo: cosa vuoi fare da grande?
Per adesso penso a finire gli ultimi anni di Liceo Scientifico che mi rimangono. Poi mi piacerebbe iscrivermi ad una facoltà in campo umanistico, poi vedrò.
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Recensione a “Il Muro dell’apparenza” di Sabrina Campolongo (Historica- Il Foglio letterario, 2008)
di Laura Costantini

Conoscevo e apprezzavo già la scrittura di Sabrina Campolongo quando ho preso in mano Il muro dell’apparenza (edizioni Historica – Il Foglio letterario). Per questo la sorpresa è stata ancora più gradita. Di Sabrina avevo letto racconti che lasciano il segno e, naturalmente, Il cerchio imperfetto (Edizioni Creativa), il suo bel romanzo d’esordio. Non la immaginavo capace di incapsulare la sua capacità di evocare immagini e sensazioni all’interno della struttura rigida di un giallo. Invece Sabrina non solo c’è riuscita, ma ha saputo dar vita a un intreccio di personaggi, indizi e scoperte che me la fanno affiancare da una parte al Camilleri di Montalbano, dall’altra alla spagnola Alicia Gimenez-Bartlett dell’ispettore Pedra Delicado. L’ambientazione siciliana è perfetta, la calura sale all’asfalto e rende tremolante l’orizzonte fisico e morale di una piccola cittadina, Sparagi, sconvolta, come sempre lo sono le piccole cittadine, dal barbaro omicidio di una sedicenne in vacanza. Caso difficile per il commissario Giulia Campi, soprattutto perché lei, proprio come Valentina, è estranea alla realtà locale. Arriva da Milano, guarda e viene guardata con diffidenza dalla gente di Sparagi e dai suoi stessi collaboratori. Conquistarsi il loro rispetto, e imparare a sua volta a rispettarli, sarà un percorso umano prima che professionale per Giulia, decisa a non fermarsi davanti a niente pur di rendere giustizia a Valentina. Violentata e uccisa, poi diffamata con facili voci sulla leggerezza dei suoi sedici anni, sul suo essere milanese e quindi disinibita, sulla sua passione per un uomo sposato. Apparenze. Un muro solido, alto e minaccioso di apparenze che Giulia si impegna a demolire con determinazione, testardaggine, a volte con l’aggressività e l’arroganza di chi si sente costantemente sotto esame. Quando, finalmente, la collaborazione con l’ispettore Alfano decolla, davanti a un piatto di spaghetti alle vongole, i duetti tra i due rimandano al miglior repertorio poliziesco. Il piacere della reciproca compagnia si nutre di intuizioni, scontri, scambi, condivisione. Giulia e Alfano sono personaggi che ci vediamo crescere tra le mani, acquistare spessore e sfaccettature, prendere consistenza insieme alla realtà banale e quindi brutale delle motivazioni che hanno spinto l’assassino a uccidere Valentina e la sua giovinezza. Non so se Sabrina Campolongo vorrà farci questo regalo, ma leggeremmo molto volentieri altre avventure del commissario Campi e dell’ispettore Alfano.

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AGGIORNAMENTO DEL 27 DICEMBRE 2008
Francesco Giubilei
BASTOLA, La signora del fuoco
Pag.80 – formato mini – euro 3,50
ARPANet – www.edizioniARPAnet.it

 recensione di Gordiano Lupi

Francesco Giubilei compie diciassette anni il primo gennaio 2009, scrive, dirige una rivista letteraria (Historica - http://www.historicaweb.com/) e fa pure il microeditore  http://collanashortcuts.wordpress.com/), pubblicando racconti di gente navigata come Remo Bassini (Newton & Compton), Alessandro Cascio, Francesco Dell’Olio e romanzi di più ampio respiro di scrittori come Sabrina Campolongo. Sarebbe già abbastanza per gridare al miracolo e al caso letterario, una volta tanto non costruito ma sincero, perché Francesco Giubilei esiste davvero, vive a Cesena, frequenta il liceo scientifico ed è innamorato della letteratura. Invece ne parliamo soltanto noi dell’underground, perché il caso Giubilei non è un fenomeno da baraccone messo in piedi per far denaro, ergo non interessa le major dell’editoria e i media nazionali.

Giubilei è appassionato di storia e per questo motivo decide di debuttare nel mondo editoriale con un racconto storico ambientato a Gualdo Tadino, ricostruendo a suo modo la leggenda della Bastola, come già aveva fatto Alessio Bucari Battistelli.

Non è mio compito tessere eccessivi elogi per un lavoro che ha il limite della scarsa drammatizzazione, ma che presenta rigore storico e precisione espositiva. Giubilei antepone al testo una breve nota storica su Gualdo Tadino, divenuta città dal 1883 per merito di Papa Gregorio XVI, che ne modifica il vecchio nome di Gualdo Nocera. La parte più interessante è la storia della Bastola – donna vittima o carnefice non è dato sapere – che risente di letture noir e thriller bagaglio del giovane autore, cose come Lovecraft e Poe, ma forse pure King e Lansdale. I dialoghi sono ben strutturati, la storia si legge come un racconto che viene dal passato, il personaggio della Vastola è delineato con sufficiente cura ed è reso enigmatico al punto giusto. Il limite della narrazione sta nel ritmo narrativo, un po’ troppo monocorde e privo di suspense, che in ogni caso non danneggia una rapida lettura. Riteniamo incoraggiante questa prima prova narrativa di Francesco Giubilei, ma vogliamo leggerlo ancora in opere di narrativa che riescano a catturare il lettore per la forza drammatica della narrazione.

Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi

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