LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » lavoro http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 CONTROLLO DELLE E-MAIL DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO: licenziamento per giusta causa (Le nostre vite tra diritto e web n. 7) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/12/02/controllo-delle-e-mail-da-parte-del-datore-di-lavoro/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/12/02/controllo-delle-e-mail-da-parte-del-datore-di-lavoro/#comments Sun, 02 Dec 2012 10:01:55 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4718 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 7: CONTROLLO DELLE E-MAIL DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Controllo delle e-mail da parte del datore di lavoro? La Cassazione dice sì, se è a scopo difensivo.

E’ principio sancito anche a livello costituzionale che la segretezza della corrispondenza sia tutelata.
E infatti la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali stabilisce, al comma 1 dell’art. 21 (Libertà di espressione), che ogni persona ha (…) libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera.
E l’art 15 della Costituzione italiana ha introdotto la nozione di libertà e segretezza della corrispondenza per la prima volta nello Stato italiano, superando così la visione dello Statuto Albertino che la escludeva.
La Costituzione del 1948 supera inoltre la “vecchia” visione di corrispondenza, allargandola a ogni mezzo di comunicazione. L’art. 15 Cost. contiene un principio supremo e recita:
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge
”.
Sulla scorta di tali principi si è più volte si è ribadito che il controllo a distanza del lavoratore, della posta elettronica (email aziendale) e degli accessi Internet (navigazione Web), non è consentito in base al Codice della Privacy e all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Accade a volte però che in seno al rapporto di lavoro emergano fatti «tali da raccomandare l’avvio di una indagine retrospettiva». In tali casi il datore di lavoro è autorizzato a verificare la corretta esecuzione della prestazione anche accedendo alle email inviate e ricevute dal dipendente.
Ma c’è di più: se la corrispondenza telematica conferma i sospetti del datore di lavoro, questa costituisce una giusta causa di licenziamento.
La precisazione è frutto dell’ultima sentenza sul tema della Corte di cassazione, la n. 2722/2012 intervenuta sul caso di un funzionario di banca che ha divulgato informazioni aziendali riservate attraverso la posta elettronica e – scoperto dal datore di lavoro – è stato licenziato per giusta causa.
La “giusta causa” per il licenziamento si era configurata anche a fronte del vantaggio personale che il dipendente aveva tratto diffondendo le notizie riservate riguardo alcune operazioni finanziarie e violando l’obbligo di segretezza e correttezza (articolo 2104 del codice civile), nonché il regolamento interno e il codice deontologico.
Un comportamento ritenuto «particolarmente lesivo dell’elemento fiduciario».
La Cassazione ha ritenuto che non era possibile attribuire al datore di lavoro la violazione delle garanzie ai dipendenti imposte dello Statuto dei lavoratori né quelle costituzionali, perché in questo caso l’attività di controllo sulle strutture informatiche aziendali utilizzate dal lavoratore «prescindeva dalla pura e semplice sorveglianza sull’esecuzione della prestazione», ma era «diretta ad accertare la perpetrazione di eventuali comportamenti illeciti (poi effettivamente riscontrati)» e «destinato ad accertare un comportamento che poneva in pericolo la stessa immagine dell’istituto presso terzi».

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Tutte le puntate di Le nostre vite tra diritto e web” sono disponibili qui…

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LAVORATORI DI OGGI: “RISORSE UMANE” O “RISERVE UMANE” ? http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/10/01/lavoratori-di-oggi-%e2%80%9crisorse-umane%e2%80%9d-o-%e2%80%9criserve-umane%e2%80%9d/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/10/01/lavoratori-di-oggi-%e2%80%9crisorse-umane%e2%80%9d-o-%e2%80%9criserve-umane%e2%80%9d/#comments Mon, 01 Oct 2007 20:15:39 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/10/01/lavoratori-di-oggi-%e2%80%9crisorse-umane%e2%80%9d-o-%e2%80%9criserve-umane%e2%80%9d/ Il titolo di questo post è provocatorio, lo so. Però è anche vero che la situazione del mercato del lavoro è tutt’altro che rosea. Soprattutto a sentir parlare la gente; e i giovani in particolare (e al di là degli esiti delle statistiche ufficiali sulle percentuali di occupati e disoccupati).

Di libri e romanzi che affrontano il problema in maniera più o meno diretta ce ne sono parecchi.

C’è l’ultimo romanzo di Tullio Avoledo (“Breve storia di lunghi tradimenti”, Einaudi, 2007, euro 16,50), per esempio, di cui parleremo prossimamente in maniera più dettagliata, dove – con un tocco di efficace visionarietà – ci vengono presentate banche ultramoderne, ipertecnologiche e disumane (interessante e indicativo il sottotitolo del libro: un grande romanzo sulla fine del lavoro e dell’amore).

C’è il romanzo/antiromanzo del giovane Gianfranco Franchi (“Pagano“, edizioni Il Foglio, euro 10: ne abbiamo già parlato qui), dove si evidenziano le difficoltà delle nuove generazioni a fare i conti con forme di precariato “senza fine” (le virgolette per indicare il doppio senso).

Poi c’è questo libro di Aldo Nove (che non ho avuto modo di leggere ma che ritengo possa “calzare a pennello”).

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La letteratura è vita. A essa si rifà, a essa ritorna.

Giorni fa mi ha scritto uno dei frequentatori di Letteratitudine. Si chiama Benedetto (nick name: Outworks 110). Nella lettera denuncia una situazione di disagio che credo sia comune a molti lavoratori dipendenti.

Vi chiedo di leggerla e di commentarla.

E poi vi pongo alcune domande.

La cosiddetta flessibilità del lavoro – almeno, quella che sembrerebbe vada a danno del lavoratore – è davvero un male necessario e inevitabile come qualcuno sostiene?

Avete aneddoti da raccontare (vissuti in prima persona o che hanno coinvolto persone che conoscete direttamente)?

C’è qualche imprenditore o manager che può fornirci il punto di vista dell’altra “campana”? (Auspicherei in particolare – anche per “controbilanciare” il post – gli interventi di manager e dirigenti dell’azienda dove lavora Benedetto).

Ragioniamo e discutiamo con calma.

Segue la lettera di Benedetto.

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Buongiorno,

lavoro in un call center della Vodafone, quello di Padova per la precisione, e sono una delle 914 persone coinvolte in quello che viene definito in linguaggio asettico una operazione di esternalizzazione. Ho visto durante questi anni nel nord-est, io originario della Puglia, alcune persone a volte manifestare e parlare in televisione a proposito di questa strana bestia: l`esternalizzazione. Ebbene molto spesso li ho ascoltati distrattamente, altre volte faticavo a comprendere di cosa parlavano. Adesso sono coinvolto in prima persona e capisco tutto alla perfezione. Si tratta, in soldoni, di una grande azienda, che come nel caso della mia con conti in ordine e situazione di mercato stabile, decide per mantenere gli utili azionari ad un livello costante se non crescente, di vendere alcuni segmenti della propria azienda ad altre aziende piu` piccole. Sin qui l`operazione farebbe discutere solo per piccoli problemi morali, come ad esempio quello di vendere persone come sacchi di patate semplicemente per mantenere profitti alti, ma della morale non parliamo. Di questi tempi si fa brutta figura a parlare di cose del genere. Sono altri due gli aspetti di cui mi piacerebbe parlare : la strana contiguità di un’azienda come quella cedente Vodafone, che sin dai tempi in cui si chiamava Omnitel, aveva rapporti di stretta collaborazione con l’azienda che acquista i lavoratori: Comdata. E questa azienda guarda caso dovrà quotarsi in borsa nei prossimi mesi. Inoltre detta azienda possiede nella propria banca dati le informazioni riguardanti tutte le compagnie telefoniche. Si parla di concorrenza fra gestori e legge sulla privacy e poi una sola compagnia, neanche telefonica, possiede 3/4 dei dati di tutte le compagnie telefoniche. Un classico esempio di capitalismo arruffato e pasticcione nel quale noi italiani a quanto pare siamo specialisti. Il secondo aspetto del quale volevo parlare è quello che ovviamente riguarda le persone coinvolte in questo “progetto”. Alla sensazione di sgomento e sconforto iniziale subentrano, poi, in modo del tutto irrazionale e schizofrenico sensazioni contrastanti: disperazione, incertezza, qualche piccola speranza che tutto si risolva, e poi ancora disperazione. Non è la vecchia storia di persone abbarbicate alla famosa poltrona, quelli lì in Italia non riesci mai a schiodarli, quanto invece una sensazione mista di delusione nei confronti di un’azienda che ha fatto della sua immagine giovanile e di successo una delle sue carte vincenti, e l’incertezza quanto non la paura per il futuro. L’azienda che acquista, Comdata, garantisce trattamento e sede per soli due anni. Poi persone di quarant’anni e passa, con famiglia e mutuo, potrebbero sentirsi fare delle richieste oscene come lavorare a cottimo o cambi di sede repentini e ripetuti. Questo in un mercato del lavoro, quello di italiano, asfittico in gratificazioni e generoso solo di angosce e precariato. Certo il problema riguarda me e 913 colleghi della Vodafone, ma non sarebbe il caso, ogni tanto ed anche in uno spazio atipico come questo blog parlarne? Giusto per smitizzare questa immagine ottimistica, asettica ed indolore di operazioni finanziarie che hanno il solo pregio di arricchire poche persone e il torto di gettare nell`angoscia migliaia di lavoratori.

Cordialmente,

Benedetto

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Aggiornamento del 2 ottobre 2007

L’aggiornamento del post è finalizzato alla segnalazione di un ulteriore libro. Un libro che va in una direzione diversa rispetto a quella seguita dai tre che ho citato all’inizio. L’autrice è una giornalista del Messaggero: si chiama Angela Padrone. Il titolo del suo libro non è meno provocatorio del titolo di questo post.

Precari e contenti (Marsilio, 2007). Un titolo che a prima vista parrebbe… ossimorico. Il sottotitolo però è più rassicurante: Storie di giovani che ce l’hanno fatta.

Angela Padrone è ufficialmente invitata a partecipare al dibattito.

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