LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » paolo sorrentino http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 THE YOUNG POPE (dal Festival Cinema Venezia 2016) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/09/04/the-young-pope/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/09/04/the-young-pope/#comments Sun, 04 Sep 2016 16:50:24 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7254 Dalla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia pubblichiamo un nuovo articolo di Ornella Sgroi (curatrice della rubrica Letteratitudine Cinema).

Venezia73 – Fuori Concorso

The Young Pope – episodi 1 e 2

di Paolo Sorrentino

con Jude Law, Diane Keaton, Silvio Orlando, Javier Cámara, Cecile De France, Gianluca Guidi

di Ornella Sgroi

(Venezia, 4 settembre 2016)

Paolo Sorrentino non si è posto il problema di quale potrebbe essere la reazione del Vaticano alla sua nuova impresa artistica, “The Young Pope”, serie in dieci puntate prodotta da Sky, HBO e Canal+ presentata in anteprima con i primi due episodi Fuori Concorso alla 73ª Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Lo ha dichiarato il regista napoletano, con grande disinvoltura, in conferenza stampa. E dopo avere visto le prime due puntate non c’è dubbio che sia così. Perché se ci avesse pensato anche solo per un attimo, probabilmente, molta dell’originalità vivace e sfrontata della sceneggiatura e della messa in scena ne avrebbe risentito. Laddove invece l’inizio di “The Young Pope” risulta irriverente e critico, brillante e grottesco, divertente e pieno di spunti di riflessione. Come non erano riusciti ad essere nella loro immobile solennità “La Grande Bellezza” e “Youth”. Per quanto l’equilibrio funambolico di questa nuova avventura non permetta, in soli due episodi, di capire dove e come Sorrentino affonderà il colpo. «Con un lavoro che affronta con curiosità e onestà, senza pregiudizi, le contraddizioni, le difficoltà e gli aspetti più affascinanti del clero».
Parola del regista. Che si imbatte in questa nuova esplorazione raccontando le gesta del primo Papa americano della storia, Pio XIII, un papa che fuma, mangia pochissimo, inneggia all’anonimato mediatico e beve solo coca cola alla ciliegia. Eccentrico, arrogante e ironico, capriccioso e un po’ folle. Ma anche ingenuo, dubbioso, dolente e vacillante. Con un piglio tutto da capire, incarnato abilmente da un Jude Law istrionico che si presta a giocare a sua volta con l’ossessione di Sorrentino per i dettagli e le sfumature e che, ammirato dal «linguaggio meraviglioso di Paolo», ha definito «un onore essere stato un colore sulla sua tavolozza».
Già dalle prime sequenze, oniriche e spiazzanti, risulta subito chiaro che non c’è niente di ordinario né di già visto nel giovane Papa di Sorrentino, che in una scena si definisce intransigente e vendicativo e che nasconde invece molte fragilità. Un Papa che sullo schermo diventa presto personaggio e che a sua volta inizia ad emergere come ruolo pubblico interpretato a sua volta da un orfano dal carattere incontrollabile che di nome fa Lanny Belardo. «In fondo anche lui non è altro che un attore» a sentire Jude Law e sembrerebbe proprio così. Una mina vagante, eletto in calcio d’angolo da un conclave che ben presto capirà di avere forse commesso uno sbaglio.
In che direzione non è dato saperlo, almeno non prima di avere visto la serie completa. Tenendo bene a mente però quanto dichiarato da Sorrentino al Lido per fugare possibili riferimenti a Papa Francesco: «Nulla esclude che dopo il Papa attuale non ne venga eletto un altro diametralmente opposto. È illusorio credere che la Chiesa abbia avviato un vero percorso duraturo di liberalità».
In un prodotto seriale concepito per la televisione ma scritto e girato con i canoni del grande cinema, ad incarnare gli aspetti manipolatori e politici della Chiesa ci pensa il nostro Silvio Orlando, nelle vesti porporate del Cardinale Voiello, che rincorre la fede calcistica più che quella in Dio. Accanto a lui, un cast di comprimari d’eccellenza, da Diane Keaton a Javier Cámara, da Scott Shepherd a Cécile de France, passando per un superlativo Gianluca Guidi, che si distingue per ironia e sberleffo anche solo nel movimento di un sopracciglio. Mentre osserva di sottecchi la spregiudicatezza con cui il nuovo papa potrebbe usare il proprio potere. Se poi lo farà davvero, chissà. Bisognerà aspettare il resto della storia per saperlo, quindi il 21 ottobre con la messa in onda della serie completa su Sky Atlantic in Italia e in contemporanea in Germania, Regno Unito, Irlanda, Austria e Francia.

* * *

© Letteratitudine

LetteratitudineBlog / LetteratitudineNews / LetteratitudineRadio / LetteratitudineVideo

Seguici su Facebook e su Twitter

]]>
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/09/04/the-young-pope/feed/ 0
ROMA SPROFONDA IN ITALIA, MA VINCE NEL MONDO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/03/04/roma-sprofonda-in-italia-ma-vince-nel-mondo/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/03/04/roma-sprofonda-in-italia-ma-vince-nel-mondo/#comments Tue, 04 Mar 2014 18:38:01 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5949 La nuova puntata de “Il sottosuolo”di Ferdinando Camon riguarda il film “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, fresco vincitore dell’Oscar come miglior film straniero (qui, l’omaggio di Letteratitudine) e…
…la città di Roma.

Di seguito, l’opinione di Camon.

Massimo Maugeri

* * *

ferdinando-camonROMA SPROFONDA IN ITALIA, MA VINCE NEL MONDO

di Ferdinando Camon

Romano-napoletano al 100 per 100, “La Grande Bellezza” ha vinto il più mondiale dei premi, l’Oscar, e adesso tutti quelli che non l’han visto correranno a vederlo. E questa è decadenza, ignoranza artistica, mancanza di autonomia culturale, di cervello. Proprio quello che il film denuncia. Non si va a vedere un film perché ha vinto un premio, ma perché è un grande film o tratta un grande tema. “La Grande Bellezza” non è un grande film, ma tratta un grande tema, e il grande tema è Roma. Non è il film che ha vinto l’Oscar, è Roma. La capitale più gloriosa e corrotta, splendida e lurida, mistica e postribolare, piena di storia e di miseria ad ogni metro. Esci dalla stazione Termini e dopo 80 metri t’imbatti nelle mura di Tarquinio e Servio, sei secoli prima di Cristo, ma se non stai attento sbatti le scarpe sulla testa dei barboni insaccati dentro i cartoni, gli sbucci il cranio e loro non protestano, non sanno neanche se sono vivi o morti. L’umanità variopinta che incontri dalla stazione Termini al Colosseo o a San Pietro riunisce tutto il peggio e una particella del meglio dell’umanità. Ricchi sfondati che non hanno mai lavorato per nessuno e hanno sempre fregato tutti, puttane moleste che si offrono di sera e di mattina, politici che sono razzialmente diversi dagli umani, lavoratori dei ministeri e delle partecipate, dipendenti o impiegati che non hanno mai visto un padrone, una fabbrica, un orario, un cartellino da timbrare. Per questa umanità che sembra discesa pari pari dalla decadenza di un impero mondiale morto 1500 anni fa, tutto ciò per cui il resto dell’umanità vive soffre o gode è diverso, da Dio al sesso, dal denaro alla morte, dalla santità al puttanesimo. La vita è “dolce” se è senza etica, senza Dio, senza valori, se tu uomo animato vivi come un animale senz’anima: lo sapeva Fellini e la sua “Dolce vita” è un film disperato e straziante, un pianto o un urlo, lo sa Sorrentino e la sua “Grande Bellezza” è un film cinico e irridente, ateo e miscredente, bello di una bellezza di plastica, che oggi è l’unica vera natura. Perfino Sabrina Ferilli sembra di plastica, come una bambola gonfiabile, dalle misure standard. Per non parlare del protagonista Jep Gambardella, che approda a Roma a ventisei anni, stessa età in cui vi giunse Fellini, solo che Fellini era un provinciale e imparava tutto, mentre Jep sa già tutto. Fellini veniva da Rimini, più a Nord, Jep viene dal Vomero e da Posillipo, più a Sud, ed è un dandy, che è il Superuomo nell’incarnazione della decadenza italiana. Lezioso, danaroso, viveur da salotti e terrazze, che a Roma significa vista sul Colosseo. Sotto la vista del Colosseo, dove venti secoli ti guardano, si gode, che non significa più si scopa ma si sniffa, la dea che ti porta sulle sue ali dalla vita mondana alla super-vita extra-sensoriale è la cocaina, tu la tiri su per il naso e lei ti tira su nel mondo dove sei quel che vuoi. La terrazza con vista sul Colosseo è un incrocio di vite, da qualunque parte vengano i protagonisti minori passano di lì. Verdone buffo e sbruffone più del solito, il guru del botulino sempre con la siringa in mano, la missionaria santa, che ti domandi se è vera o falsa, e non sai quale scegliere, la girandola di artisti che vanno a Roma per sentirsi artisti, i prelati di cui Roma è piena, e per cui è la Città Santa ma querelata dai tribunali di mezzo mondo. Si ballano balli frenetici dal ritmo duro, stordenti come un’altra droga, per cui la folla degli ospiti ondeggia su e giù come sugheri sul mare. Lo scopo della vita è “la festa”, per cui si vive se si va alla festa, ma si super-vive se si è padroni della festa: Jep dichiara “volevo il potere di fare le feste e farle fallire”, che è come dire godere e rovinare il godimento agli altri. Quando dalla terrazza s’inquadra il Colosseo, non capisci se la Grande Bellezza è quella di venti secoli fa o questa di oggi, o il trapasso da quella a questa, o la convivenza delle due. A Los Angeles i premi più importanti per il cinema, i produttori, i registi, gli attori si assegnano nel teatro più kitsch e nella strada più pacchiana del mondo. Si vince se si ha la “forza” di vincere, forza mediatica, mitica, strategica. Roma ha questa forza. Abbiamo vinto per merito di Roma. Una capitale che all’estero esercita un fascino immenso che noi non sentiamo più perché siamo depressi, smemorati, drogati di nullismo. Le città che nel mondo hanno un decimo dell’arte che ha Roma, richiamano turisti dieci volte più di Roma. E lo stesso vale per Napoli, Amalfi, Pompei, Agrigento, Firenze, Venezia… Il nostro Paese è zavorrato di problemi che lo fanno sprofondare. Ma la colpa non è del paese. È nostra.

© www.ferdinandocamon.it

© Letteratitudine

LetteratitudineBlogLetteratitudineNewsLetteratitudineRadioLetteratitudineVideo

]]>
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/03/04/roma-sprofonda-in-italia-ma-vince-nel-mondo/feed/ 1