LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » rizzoli http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 MASSIMO CARLOTTO con “E verrà un altro inverno” (Rizzoli) in radio a LETTERATITUDINE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/06/18/massimo-carlotto-con-e-verra-un-altro-inverno-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2021/06/18/massimo-carlotto-con-e-verra-un-altro-inverno-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/#comments Fri, 18 Jun 2021 14:14:01 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8814 MASSIMO CARLOTTO con “E verrà un altro inverno” (Rizzoli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie).

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia, postproduzione e consulenza musicale: Federico Marin

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Ospite della puntata: lo scrittore Massimo Carlotto.
Con Massimo Carlotto abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “E verrà un altro inverno” (Rizzoli).

Nella parte finale della conversazione abbiamo discusso della serie Tv dedicata all’Alligatore (suo personaggio seriale).

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La scheda del libro: “E verrà un altro inverno” di Massimo Carlotto (Rizzoli)

Bruno Manera e Federica Pesenti sembrano una coppia felice. Lui è un ricco cinquantenne, lei di anni ne ha trentacinque ed è l’erede di una dinastia di imprenditori della “valle”, operoso distretto del Settentrione dove dominano i maggiorenti, l’élite dei capitani d’industria che ha costruito l’ordine del duro lavoro per tanti, del profitto per pochi e delle menzogne per tutti. Su insistenza di Federica, Bruno accetta di trasferirsi in paese, varcando la frontiera invisibile della provincia profonda. Ma quando Manera comincia a subire una serie di gravi atti intimidatori, la situazione precipita. Ad aiutarlo c’è solo Manlio Giavazzi, un vigilante dalla vita sfortunata, convinto che certe faccende vadano risolte tra paesani. Poi il caso gioca un tiro mancino e in una girandola di fulminanti colpi di scena scivoliamo nelle pieghe di un mondo marcio – il nostro – in cui l’amicizia è il vincolo di un’associazione a delinquere, l’amore una speculazione, il matrimonio un campo di battaglia, la solidarietà tra conterranei un patto d’omertà e la famiglia una connection criminale. Massimo Carlotto strappa la maschera a personaggi avvelenati dagli inganni delle loro doppie vite, perché l’avversario è chi ti dorme accanto e il nemico è colui di cui ti fidi. Nel segno della fatalità sovverte la logica del poliziesco, mostrando senza reticenze la ferocia inconfessabile della brava gente e inchiodandoci all’enigma che nessuna detection può risolvere: il mistero di chi siamo davvero.

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Massimo Carlotto è l’inventore della serie di Marco Buratti detto l’Alligatore. Ha scritto numerosi romanzi tra cui Arrivederci amore, ciao, L’oscura immensità della morte, Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane, La signora del martedì. Per Rizzoli ha pubblicato Il Turista e l’antologia Sbirre con Giancarlo De Cataldo e Maurizio de Giovanni.

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La colonna musicale della puntata (a cura di Federico Marin): brani in ordine di ascolto

sigla: Jason Shaw – BACK TO THE WOODS
licenza: https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/us/

Latché Swing – Hungaria
licenza: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.0/fr/

K.I.R.K. – Back Home
licenza: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/

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SILVIA AVALLONE con “Un’amicizia” (Rizzoli) in radio a LETTERATITUDINE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/12/17/silvia-avallone-con-unamicizia-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/12/17/silvia-avallone-con-unamicizia-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/#comments Thu, 17 Dec 2020 15:26:45 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8664 SILVIA AVALLONE con “Un’amicizia” (Rizzoli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

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Ospite della puntata: la scrittrice Silvia Avallone con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Un’amicizia” (Rizzoli)

Silvia, come nasce “Un’amicizia”? Perché come epigrafe del libro hai scelto questa citazione tratta dal celebre romanzo di Jonathan Franzen, “Le correzioni” [«A cosa serve la vita?» / «Non lo so.» / «Neanch’io. Ma non credo che serva a vincere.»]? Chi è Elisa Cerruti, protagonista e voce narrante della storia? Cosa puoi dirci sul particolarissimo contesto famigliare in cui cresce Elisa? E Beatrice Rossetti, l’amica di Elisa diventata star dei social, come la descriveresti? Ci tratteggeresti anche il quadro famigliare di Beatrice? Ci parleresti del primo aneddoto importante che riguarda Elisa e Beatrice (e che ha a che fare con un paio di jeans)? In che modo Elisa si avvicina alla scrittura? Cosa puoi dirci, invece, sui luoghi del romanzo (Biella, la riviera Toscana, Bologna… luoghi che conosci molto bene)? Cosa puoi dirci sui vari riferimenti e agganci letterari di cui è zeppo il romanzo (su tutti Elsa Morante con il suo “Menzogna e sortilegio”)? Che rapporto hai con i social network? Quali sono, a tuo avviso, pro e contro?

Questo e tanto altro abbiamo chiesto a Silvia Avallone nel corso della puntata.

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La scheda del libro: “Un’amicizia” di Silvia Avallone (Rizzoli)

Se le chiedessero di indicare il punto preciso in cui è cominciata la loro amicizia, Elisa non saprebbe rispondere. È stata la notte in cui Beatrice è comparsa sulla spiaggia – improvvisa, come una stella cadente – con gli occhi verde smeraldo che scintillavano nel buio? O è stato dopo, quando hanno rubato un paio di jeans in una boutique elegante e sono scappate sfrecciando sui motorini? La fine, quella è certa: sono passati tredici anni, ma il ricordo le fa ancora male. Perché adesso tutti credono di conoscerla, Beatrice: sanno cosa indossa, cosa mangia, dove va in vacanza. La ammirano, la invidiano, la odiano, la adorano. Ma nessuno indovina il segreto che si nasconde dietro il suo sorriso sempre uguale, nessuno immagina un tempo in cui “la Rossetti” era soltanto Bea – la sua migliore amica. Elisa è una donna schiva, forse un po’ all’antica. Non ama le foto e i social, convinta com’è che chi siamo sia “infinitamente più interessante, e commovente, di quel che vorremmo a tutti i costi sembrare”. Ora però vuole mettersi in gioco, fare i conti con se stessa scrivendo: perché soltanto le parole possono restituirci la complessità delle storie che non mostriamo al mondo e che pure, silenziosamente, tutti ci portiamo dentro. Attraverso la sua voce, Silvia Avallone ci accompagna in questo romanzo potente e liberatorio, invitandoci a riflettere sul nostro presente e a domandarci: “La vita ha davvero bisogno di essere raccontata, per esistere?”.

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Silvia Avallone è nata a Biella nel 1984 e vive a Bologna. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo. Per Rizzoli ha pubblicato Acciaio (2010, da cui è stato tratto l’omonimo film), Marina Bellezza (2013) e Da dove la vita è perfetta (2017), e in Francia, nel 2012, Le lynx. Scrive per il “Corriere della Sera”, “Sette” e “La Lettura”.

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DACIA MARAINI racconta la copertina di “Corpo felice” (Rizzoli) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/08/01/dacia-maraini-racconta-la-copertina-di-corpo-felice-rizzoli/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/08/01/dacia-maraini-racconta-la-copertina-di-corpo-felice-rizzoli/#comments Sat, 01 Aug 2020 10:25:51 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8557 * * [...]]]> Per la serie di Letteratitudine “SCRITTORI raccontano COPERTINE“… DACIA MARAINI racconta la copertina del suo romanzo “Corpo felice” (Rizzoli). L’elenco di tutte le puntate di “Scrittori raccontano copertine” è disponibile qui


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Prossimanente ci occuperemo del nuovo libro di Dacia Maraini: “Trio” (Rizzoli)

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MAURIZIO DE GIOVANNI con “Una lettera per Sara” (Rizzoli) in radio a LETTERATITUDINE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/05/29/maurizio-de-giovanni-con-una-lettera-per-sara-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/05/29/maurizio-de-giovanni-con-una-lettera-per-sara-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/#comments Fri, 29 May 2020 16:34:18 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8498 MAURIZIO DE GIOVANNI con “Una lettera per Sara” (Rizzoli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

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Ospite della puntata: Maurizio de Giovanni con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato Una lettera per Sara” (Rizzoli), delle ripercussioni della pandemia da coronavirus sul mondo dei libri e della cultura e… di serie Tv.

“Una lettera per Sara” è attualmente in testa alle classifiche dei libri più venduti.

Come hai vissuto le prime fasi delle “restrizioni” adottate per contrastare l’epidemia da Covid-19? Qual è la tua personale percezione della crisi che ha interessato anche il mondo del libro e della cultura? Come immagini il prossimo futuro con riferimento ai vari operatori del modo della cultura e dei libri (dai librai, agli editori e a tutti gli altri soggetti coinvolti scrittrici e scrittori compresi)? Come nasce “Una lettera per Sara“, il tuo nuovo romanzo? Ti andrebbe di commentare la dedica a “A Graziella Campagna, morta nel silenzio”? Prima di addentrarci tra le pagine del libro ci racconteresti qualcosa sul personaggio Sara Morozzi? Cosa puoi dirci su Viola, una fotoreporter che è pure stata l’ultima compagna del figlio di Sara nonché la mamma dell’unico nipotino? E sugli altri personaggi (l’ispettore Davide Pardo… o Manuel, un giovane borseggiatore)? Quanto è importante la “memoria collettiva” per costruire l’identità di un Paese? Passando alle serie tv… anche la saga di Sara sarà trasposta in fiction televisiva? In generale, com’è la situazione delle serie tv tratte dai tuoi libri?

Questo e tanto altro abbiamo chiesto a Maurizio de Giovanni nel corso della puntata.

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La scheda del libro: “Una lettera per Sara” di Maurizio de Giovanni (Rizzoli)

Mentre una timida primavera si affaccia sulla città, i fantasmi del passato tornano a regolare conti rimasti in sospeso, come colpi di coda di un inverno ostinato. Che aprile sia il più crudele dei mesi, l’ispettore Davide Pardo, a cui non ne va bene una, lo scopre una mattina al bancone del solito bar, trovandosi davanti il vicecommissario Angelo Fusco. Afflitto e fiaccato nel fisico, il vecchio superiore di Davide assomiglia proprio a uno spettro. È riapparso dall’ombra di giorni lontani perché vuole un favore. Antonino Lombardo, un detenuto che sta morendo, ha chiesto di incontrarlo e lui deve ottenere un colloquio. La procedura non è per niente ortodossa, il rito del caffè delle undici è andato in malora: così ci sono tutti gli estremi per tergiversare. E infatti Pardo esita. Esita, sbaglia, e succede un disastro. Per riparare al danno, il poliziotto si rivolge a Sara Morozzi, la donna invisibile che legge le labbra e interpreta il linguaggio del corpo, ex agente della più segreta unità dei Servizi. Dopo tanta sofferenza, nella vita di Sara è arrivata una stagione serena, ora che Viola, la compagna del figlio morto, le ha regalato un nipotino. Il nome di Lombardo, però, è il soffio di un vento gelido che colpisce a tradimento nel tepore di aprile, e lascia affiorare ricordi che sarebbe meglio dimenticare.
In un viaggio a ritroso nel tempo, Maurizio de Giovanni dipana il filo dell’indagine più pericolosa, quella che scivola nei territori insidiosi della memoria collettiva e criminale di un intero Paese, per sciogliere il mistero di chi crediamo d’essere, e scoprire chi siamo davvero.

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Maurizio de Giovanni ha creato le serie bestseller del commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzofalcone. Per Rizzoli ha pubblicato Il resto della settimana (2015), I guardiani (2017), Sara al tramonto (2019), per cui esiste un progetto di fiction televisiva, e l’antologia Sbirre (2018), con Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo.
Il nuovo libro di Maurizio de Giovanni si intitola “Una lettera per Sara” (Rizzoli)

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

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Colonna sonora della puntata: “Mother” dei Pink Floyd (nuova versione live di Roger Waters); “Harlem Nocturne” di Duke Ellington.

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TUTTA QUELLA BRAVA GENTE di Marco Felder http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/09/25/tutta-quella-brava-gente-di-marco-felder/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/09/25/tutta-quella-brava-gente-di-marco-felder/#comments Wed, 25 Sep 2019 16:21:41 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8276 La nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri) è dedicata al romanzo Tutta quella brava gente” di Marco Felder (Rizzoli). Marco Felder è lo pseudonimo di Jadel Andreetto e Guglielmo Pispisa, membri dell’ensemble narrativo Kai Zen e autori di romanzi, saggi e racconti.

Abbiamo invitato i due coautori del romanzo (qui di seguito ritratti in una foto “datata”) a partecipare al “tandem letterario” di Letteratitudine.

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IL TANDEM LETTERARIO TRA JADEL ANDREETTO E GUGLIELMO PISPISA su “Tutta quella brava gente” di Marco Felder (Rizzoli)

Jadel: Come siamo finiti a scrivere un giallo?

Guglielmo: Mi verrebbe da dire perché volevamo sfruttare i meccanismi del genere oggi di maggior successo in modo da poter raccontare anche altro e che dunque il nostro non è solo un giallo e bla bla bla… ma sarebbe una gran bugia. Siamo finiti a scrivere un giallo perché avevamo voglia di scrivere un giallo. E possibilmente di scriverne uno buono. Chissà se ci siamo riusciti? Tu che dici?

Jadel: Be’, le cose sono sempre più complesse di quanto non si pensi perché è un giallo sfumato di noir, con qualche elemento thriller e una bizzarra vena comica. In ballo ci sono anche politica, storia, filosofia morale e due personaggi che hanno sorpreso me per primo… Per cui a me pare buono, molto buono, ma non so se è quello che ci aspettavamo… ma Karl e Tanino ti hanno colto alla sprovvista come hanno fatto con me?

Guglielmo: Porcamiseria e io che pensavo di avere scritto solo un giallo! Riguardo all’interazione dei nostri due sbirri, devo ammettere che mi aspettavo un rapporto movimentato ma l’alchimia ha stupito anche me. Il giochetto della “strana coppia” è un classico e non lo abbiamo certo inventato noi, ma credo che abbiamo alzato l’asticella. Si parte dagli stereotipi sulle differenze nord-sud, ma poi si arriva a zone irrisolte e rimosse della personalità di entrambi, nodi che è bene vengano al pettine. Ma così mi pare che ce la suoniamo e ce la cantiamo da soli e non va bene, per cui proseguo con una domanda non “embedded”: Perché questo romanzo è ambientato a Bolzano? Anche noi ci siamo piegati alla moda del giallo “local”?

Jadel: In effetti sembra che il Sudtirolo sia di gran moda tra gli scrittori di genere. I gialli e i thriller ambientati da quelle parti sono sempre di più, ma, nella maggior parte dei casi, usano lo scenario montano come qualcosa di esotico. Se facciamo due calcoli questa storia era nei nostri cassetti da molti anni, molto prima che l’Alto Adige diventasse la Scandinavia d’Italia, ma ci siamo decisi a finirla solo di recente. Con la differenza che abbiamo fin da subito scelto di ambientarlo in città e non tra le vette, i boschi e le valli. Le ragioni sono molte, ma al primo posto metterei il fatto che si tratta di una città bifronte. Bella, ordinata e pulita, ma con un passato recente fatto di serial killer e terroristi… Chi, come me, è nato negli anni Settanta ed è cresciuto a Bolzano, ricorda ancora il terrore seminato in città e nei dintorni da una serie efferata di omicidi o cosa significhi svegliarsi nel cuore della notte al suono di palazzi fatti saltare in aria col tritolo. Nell’immaginario collettivo, Bolzano è la città dove si vive meglio, quella del welfare, delle ciclabili, dell’attenzione all’ambiente e del benessere. In realtà è una città operaia destrorsa, dove apollineo e dionisiaco si affastellano senza soluzione di continuità, dove le tensioni etniche non sono ancora state risolte del tutto e la pace sociale soffoca ogni guizzo di creatività… e Messina che c’entra?

Guglielmo: Messina è la città natale dell’agente Tanino Barcellona, uno dei due protagonisti, nonché la mia città. La porta della Sicilia, ma paradossalmente anche la meno tipica delle città siciliane, quella dove Storia e Architettura si vedono meno, perché distrutte dal terremoto del 1908. Un dato che ha influito sulle caratteristiche dei messinesi che hanno un imprinting meno forte dei palermitani o dei catanesi e dunque, forse, anche una maggiore disponibilità a ibridarsi. Un messinese proiettato in una città come Bolzano, un luogo fin troppo caratterizzato da connotati identitari, sembrava perfetto. Uno Zelig che agisce in una condizione costante di stupore e curiosità verso una realtà con la quale deve confrontarsi ma che non sempre capisce. Cos’è invece che non capisce l’altro protagonista, Karl Rottensteiner?

Jadel: Karl non capisce quale sia il suo posto nel mondo e non lo capisce da molto, troppo tempo. Di padre tedesco e madre italiana è cresciuto in un luogo ‘binario’ in cui devi essere o l’uno o l’altro… o sei 0 o sei 1, ma è solo la prima delle tante contraddizioni di un uomo tormentato da un passato faticoso e da una dipendenza che lo ha portato alle soglie, e pure oltre, della malattia mentale. C’è molto da dire su K, come lo chiamiamo nei nostri scambi, ma se lo facessi, poi chi leggerebbe il libro? Lasciami solo aggiungere che Tanino è stato l’uomo giusto al momento giusto, anche se non ha ancora compreso giusto per cosa… Ma senti, in ‘sto cavolo di giallo scritto da due maschi,  i personaggi femminili secondo te funzionano? Dovremmo chiederlo alle lettrici, lo so, ma per ora ho solo te a cui domandare…

Guglielmo: In effetti per due scrittori esponenti del sesso stupido, cioè noi, il pericolo di scivolare nello stereotipo della sbirra femmina era alto, ma dovevamo provare, non potevamo certo popolare la questura di Bolzano solo di maschi. Abbiamo evitato sia il genere bonazza con la pistola, sia il genere madre coraggio. L’idea, per tutti i personaggi, uomini e donne, era quella di tratteggiare persone con sentimenti e cervello e spero che questo sia servito anche alle nostre Giulia, Angelica e Barbara, ma saranno le lettrici a giudicarci (speriamo senza massacrarci troppo). Tu prima hai parlato anche di un lato comico, che c’entra il comico nel giallo?

Jadel: Niente… eppure eccolo lì. Certo, non è un giallo comico o una parodia del genere. È che la vita è comica nella sua tragedia e viceversa e la letteratura, anche se di genere, a mio modestissimo avviso deve fare i conti con questo aspetto dell’esistenza. Aggiungo anche che il giallo è il genere che porta ordine nel caos, mentre il comico fa l’esatto contrario, quindi la combinazione, se ben dosata, può rivelarsi interessante. Ai lettori l’ardua sentenza. In Tutta quella brava gente, di conti però ne facciamo anche altri… con il male soprattutto e come in tutti i romanzi dei : Kai Zen :. Sbaglio? Esagero?

Guglielmo: Effetto ce la cantiamo e ce la suoniamo di nuovo! Comunque no, non sbagli, il male, come il comico e gli spigoli al buio a piedi nudi fanno parte della vita ed è giusto farci i conti. L’importante è non semplificare, non dimostrarsi manichei, perché nessuno è del tutto candido e nessuno del tutto oscuro. Però eviterei anche la tirata sulle sfumature di grigio. Diciamo che il nostro è un romanzo bordò. E adesso mi pare il momento di chiudere con la domanda da un milione di dollari. Solo che non mi viene.

Jadel: Ce la cantiamo e ce la suoniamo tra noi perché non c’è nessun altro a farlo, questi di Letteratitudine non hanno voglia di lavorare… Cosa direbbero Karl e Tanino al nostro posto? Il primo credo wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen, il secondo qualcosa in siciliano che non capirei mai…

Guglielmo: Senza google neanch’io avrei capito il tuo tedesco, comunque. Tanino invece immagino che direbbe: ‘Ttacca u sceccu unni voli u patruni.

Jadel: Ah, senti qual è il tuo personaggio secondario preferito?

Guglielmo: Ma che domanda è? I lettori ancora manco conoscono i protagonisti!

Jadel: È che non te l’ho mai chiesto…

Guglielmo: Se tralasciamo i poliziotti, direi il notaio Achmueller, sia la figlia che il padre. Personaggi dalle ottime potenzialità.

Jadel: Avrei detto il Faina…

Guglielmo: A parte i poliziotti, appunto. Se no era troppo facile. Grande Faina!

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La scheda del libro: “Tutta quella brava gente” di Marco Felder

Tutta quella brava gente - Marco Felder - copertinaPer un poliziotto siciliano da troppi anni a Roma, desideroso solo di tornare a casa, non c’è niente di peggio dell’attendere un trasferimento che non arriva. Anzi, una cosa c’è: un trasferimento punitivo con decorrenza immediata. A Bolzano. Tanino Barcellona avrebbe fatto meglio a non inimicarsi certi superiori. Adesso che è in esilio tra le montagne, circondato da gente che parla tedesco, con la colonnina di mercurio inchiodata allo zero, non ha nemmeno il tempo di pentirsi degli errori commessi. Un assassino è all’opera: soffoca le sue vittime e non lascia traccia. Il caso è da prima pagina, l’inchiesta delicatissima. E Tanino è costretto ad affiancare nell’indagine Karl Rottensteiner, un veterano della Mobile che assomiglia a Serpico. I due formano una coppia esplosiva: tanto è schietto, impulsivo coi guastafeste e galante con le donne il siciliano, quanto è laconico, indecifrabile e tormentato il collega. Se poi ci si mette Giulia Tinebra, agente scelto dai capelli rossi con la passione per le moto di grossa cilindrata, allora i fuochi d’artificio sono assicurati. Tra vecchie birrerie, strade ghiacciate e baite nel fitto dei boschi, i poliziotti dovranno risolvere un mistero che affonda nel passato – ancora aperto – di una terra contesa, dove le guerre, i vessilli del nazionalismo e il boato del tritolo non sono mai stati dimenticati. Qui le ferite non si rimarginano, qui i cuori covano odi antichi. Alternando i toni della commedia alla durezza del noir, Tutta quella brava gente riapre una delle pagine più controverse della storia d’Italia e racconta dal bordo di un confine gli incubi collettivi di ieri e di oggi.

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MICHELE VACCARI con “Un marito” (Rizzoli) in radio a LETTERATITUDINE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/02/28/michele-vaccari-con-un-marito-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/02/28/michele-vaccari-con-un-marito-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/#comments Thu, 28 Feb 2019 17:15:32 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8089 MICHELE VACCARI con “Un marito” (Rizzoli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)

Libro presentato all’edizione 2019 del Premio Strega

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e postproduzione: Federico Marin

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Ospite della puntata: Michele Vaccari, con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Un marito” (Rizzoli) e delle tematiche a esso legate.

Come nasce “Un marito“? Cosa puoi dirci sulle citazioni (di P.S. Delle Piane e di Nanni Balestrini) che hai inserito in epigrafe del libro? Cosa puoi dirci sulla coppia di sposi protagonista del romanzo? Ovvero, che tipo di persone sono Patrizia e Ferdinando? Come descriveresti il loro rapporto? Cosa puoi dirci sulla quotidianità di questa coppia e sul suo rapporto con la quotidianità? Come pesa la gestione della rosticceria nelle loro vite e nel loro rapporto? Cosa puoi dirci sulla “tradizionalità” della cucina genovese che caratterizza la rosticceria? Che tipo di quartiere è Marassi? In che modo viene fuori nel tuo romanzo? Perché Ferdinando, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, sente l’esigenza di fare qualcosa di speciale? Come reagisce Patrizia di fronte a questa idea? Se dovessi scegliere un brano musicale come possibile colonna sonora di questo tuo libro… quale sceglieresti?

Questo e tanto altro abbiamo chiesto a Michele Vaccari nel corso della puntata.

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La scheda del libro Un marito - Michele Vaccari - copertinaPatrizia e Ferdinando sono sposati da più di vent’anni e nella loro vita tutto si ripete uguale. Insieme gestiscono una rosticceria a Marassi, in quella periferia genovese dove il mare s’intravede da lontano e la luce, per sopravvivere, è costretta a farsi strada tra muraglie di cemento. Nel negozio, la routine è consolidata: lui sorride ai clienti, lei si divide tra cucina e cassa; le ricette sono quelle della tradizione ligure, intoccabili; gli orari d’apertura fissi, impensabile concedersi ferie. È Ferdinando a sconvolgere i piani con una proposta: presto compirà cinquant’anni e ha voglia di fare “qualcosa di pazzo”. Una vacanza, la prima e l’unica, tre giorni a Milano per concedersi un po’ di svago. Ma quando arrivano in piazza Duomo, con la cartina in tasca e gli occhi rivolti alle guglie bianche, accade qualcosa di inatteso che segnerà per sempre le loro esistenze… Un marito è un romanzo provocatorio e originale, la storia di un amore ostinato che difende anche ciò che la realtà, nella sua follia, vorrebbe distruggere. Rivelando angosce e inquietudini che appartengono a tutti noi, Michele Vaccari ci racconta cosa succede quando la paura di cambiare si scontra con il bisogno di andare avanti.

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Michele Vaccari (Genova, 1980) si occupa di editoria e comunicazione. È stato direttore editoriale di Transeuropa Edizioni e attualmente collabora con agenzie letterarie e case editrici. Ha pubblicato Italian Fiction (2007), Giovani nazisti e disoccupati (2010), L’onnipotente (2011) e Il tuo nemico (2017). Ha ideato e coordina il Progetto Altrove per Chiarelettere.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: “We got married” di Paul McCartney; “Fortunate Son” dei Creedence Clearwater Revival; “That day is done” di Paul McCartney con Elvis Costello

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RAFFAELLA ROMAGNOLO con “Destino” (Rizzoli) in radio a LETTERATITUDINE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/01/30/raffaella-romagnolo-con-destino-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/01/30/raffaella-romagnolo-con-destino-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/#comments Wed, 30 Jan 2019 18:55:39 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8063 RAFFAELLA ROMAGNOLO con “Destino” (Rizzoli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)

Libro presentato all’edizione 2019 del Premio Strega

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e postproduzione: Federico Marin

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Ospite della puntata: Ospite della puntata: Raffaella Romagnolo con cui discutiamo del suo nuovo romanzo intitolato “Destino” (Rizzoli) e delle tematiche in esso trattate. Una storia italiana del Novecento.

La storia di una donna coraggiosa che non ha mai dimenticato le sue radici, perché neanche un oceano può cancellarle. Questa è la storia di chi parte ma anche quella di chi resta. La storia dell’Italia del Novecento.

Come nasce “Destino”? Cosa puoi dirci sulle citazioni in epigrafe? (la prima è di Sebastiano Vassalli, la seconda è di Joyce Carol Oates). Che relazione c’è tra la Grande Storia e la storia dei piccoli, della gente? Che luogo è Borgo di Dentro? Che tipo di donna è Giulia Masca, la protagonista del romanzo? E Anita, la cara amica di Giulia? Che tipo di legame unisce queste due donne? Perché, a un certo punto, Giulia si ritrova in viaggio verso New York? In che modo il destino incrocia l’esistenza di Giulia una volta arrivata a New York? Cosa puoi dirci sulla madre di Giulia, Assunta? In che modo Giulia si sente legata a sua madre? Cos’è che, dopo quasi 50 anni, spinge Giulia a tornare? Qual è l’importanza delle radici nell’ambito della storia che narri?

Questo e tanto altro abbiamo chiesto a Raffaella Romagnolo nel corso della puntata.

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La scheda del libro
Destino - Raffaella Romagnolo - copertinaMarzo 1946. Su una lussuosa Aprilia con autista, Mrs. Giulia Masca fa ritorno a Borgo di Dentro: quarantasei anni prima, sola, incinta e senza soldi, aveva detto addio alle campagne piemontesi imbarcandosi su un piroscafo alla volta di New York. Nella filanda che l’ha vista operaia bambina il tempo dei geloni alle mani e delle guerre con i padroni si era compiuto e in mezzo alla folla di Manhattan, tra i grattacieli e il profumo di hot dog, per Giulia era iniziata una nuova vita: un marito titolare di un alimentari nel cuore di Little Italy, un figlio, un piccolo impero commerciale. L’America le aveva regalato il riscatto che aveva sempre sognato. Ma il passato la tormenta. Che ne è stato di sua madre Assunta? Dell’amica Anita Leone e della sua vivace famiglia di mezzadri? Che fine ha fatto Pietro Ferro, il fidanzato che Giulia ha abbandonato senza una parola di spiegazione quasi mezzo secolo prima? Mentre lei era lontana, le colline intorno al Borgo di Dentro e i suoi abitanti sono stati protagonisti di due guerre mondiali, dell’avvento del fascismo e della lotta per la liberazione. Di battaglie, di amori e di speranze. Quando Giulia torna in Italia, non può che guardare quei luoghi e quei volti con altri occhi se vuole chiudere i conti con il passato.

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Raffaella Romagnolo, nata a Casale Monferrato nel 1971, vive a Rocca Grimalda. Ha pubblicato “L’amante di città” (2007), “La masnà” (2012), “Tutta questa vita” (2013) e “La figlia sbagliata” (2015, candidato Premio Strega 2016, Premio Società Lucchese dei Lettori 2016).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: “Destino” di Rossana Casale; “Bella Ciao”, versione di Goran Bregovic  (Live a Parigi, 2013); “Fragile” di Rossana Casale.

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DACIA MARAINI con “Corpo felice” (Rizzoli) in radio a LETTERATITUDINE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/12/21/dacia-maraini-con-corpo-felice-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/12/21/dacia-maraini-con-corpo-felice-rizzoli-in-radio-a-letteratitudine/#comments Fri, 21 Dec 2018 15:20:51 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8039 Dacia Maraini con “Corpo felice” (Rizzoli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

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regia e postproduzione: Federico Marin


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Ospite della puntata: Dacia Maraini con cui abbiamo discusso del suo nuovo libro intitolato “Corpo felice. Storia di donne, rivoluzioni e un figlio che se ne va” (Rizzoli) e delle tematiche in esso trattate.

Come nasce “Corpo felice”? Questo è un libro zeppo di domande: quanto è importante porsi domande? Quanto è stato importante per te, nella tua vita, e nella scrittura di questo libro porsi domande? Il libro comincia con il racconto di un aneddoto. Sei una bambina, hai sei anni, vivi a Kyoto, in Giappone. È il racconto di un’ingiustizia ricevuta dagli affetti più cari, i propri genitori. Che cosa era successo? E perché hai voluto cominciare il libro proprio dal racconto di questo aneddoto? Che rapporto hai avuto con l’ingiustizia? Nel libro racconti un’esperienza personale molto dolorosa. Vorresti condividere con noi qualche riflessione in merito? Ci parleresti dell’ “aneddoto” mitologico di Oreste che uccide la madre adultera e del conseguente processo del tribunale degli dei? Nel libro citi spesso due donne: Adrienne Rich e Simone de Beauvoir. Perché? A tuo avviso, in che modo dovrebbero essere affrontate, oggi, le problematiche collegate alla cosiddetta “condizione femminile” perché si possano davvero risolvere o quantomeno arginare in maniera significativa?

Questo e tanto altro abbiamo chiesto a Dacia Maraini nel corso della puntata.

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Corpo felice. Storia di donne, rivoluzioni e un figlio che se ne va - Dacia Maraini - copertina“Corpo felice”: la scheda del libro
Una madre che non ha avuto il tempo di esserlo. Un figlio mai cresciuto. Tra di loro, i giorni teneri e feroci, sognati eppure vividissimi che non hanno vissuto insieme. E un dialogo ininterrotto che racconta cosa significa diventare donne e uomini oggi.A più di quarant’anni dai versi che hanno disegnato i contorni di un cambiamento possibile – “Libere infine di essere noi / intere, forti, sicure, donne senza paura” – Dacia Maraini riavvolge il filo di una storia tempestosa, quella al femminile, attraverso le parole di una madre a un figlio perduto, il suo, che cammina verso la maturità pur abitando solo nei ricordi. È così che l’immaginazione si fa più vera della realtà, come accade per tutte le donne che popolano i suoi libri – Marianna, Colomba, Isolina, Teresa – e sono arrivate a noi con le loro voci e i loro corpi. Corpi che non hanno mai smesso di cercare la propria via per la felicità, pieni di vita o disperati per la sua assenza, amati o violati, santificati o temuti, quasi sempre dagli altri, gli uomini. Ed è proprio a loro che parlano queste pagine. Agli occhi di un bambino maschio non ancora uomo. Per ricordare a lui e a tutti noi, sul filo sottile ma resistente della memoria, che solo quando l’amore arriva a illuminare le nostre vite, quello tra i sessi non sarà più uno scontro ma l’incontro capace di cambiare le regole del gioco.

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Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in oltre venti Paesi. Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con “La lunga vita di Marianna Ucrìa” e nel 1999 il Premio Strega con “Buio”. Il suo più recente romanzo è “Tre donne” (Rizzoli, 2017).

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regia e post produzione: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata – musiche di Claude Debussy – Arabesque n. 1; Prelude n. 4: Les sons et les parfums tournent dans l’air du soir; Prélude à l’Après-midi d’un faune.

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DACIA MARAINI con “Tre donne” (Rizzoli) e MICHELE ROSSI (direttore editoriale narrativa italiana Rizzoli) per “Con molta cura” di SEVERINO CESARI in radio a LETTERATITUDINE http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/02/07/in-radio-con-dacia-maraini-e-michele-rossi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/02/07/in-radio-con-dacia-maraini-e-michele-rossi/#comments Wed, 07 Feb 2018 18:00:15 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7715 DACIA MARAINI con “Tre donne” (Rizzoli) e MICHELE ROSSI (direttore editoriale narrativa italiana Rizzoli) per “Con molta cura” di SEVERINO CESARI, ospiti del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)


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regia e postproduzione: Federico Marin

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Nella prima parte della puntata abbiamo incontrato Dacia Maraini per discutere del suo nuovo romanzo intitolato “Tre donne” (Rizzoli).

Nella seconda parte della puntata abbiamo incontrato Michele Rossi (responsabile della narrativa italiana in Rizzoli). Con Michele Rossi abbiamo discusso del volume “Con molta cura” di Severino Cesari (Rizzoli), nonché dei cambiamenti dell’editoria italiana e delle novità in uscita per Rizzoli.

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“Tre donne” di Dacia Maraini (Rizzoli)

Tre donneOgni donna è una voce, uno sguardo, una sensibilità unica e irripetibile. Lo sono anche Gesuina, Maria e Lori, una nonna, una madre e una figlia forzate dalle circostanze a convivere in una casa stregata dall’assenza prolungata di un uomo. Tanto Gesuina, più di sessant’anni e un’instancabile curiosità per il gioco dell’amore, è aperta e in ascolto del mondo, quanto Maria, sua figlia, vorrebbe fuggire la realtà, gli occhi persi tra le carte di traduttrice e i sentimenti rarefatti rivolti a un altrove lontano. Il ponte tra questi due universi paralleli è Lori, sedici anni fatti di confusione e rivolta, che del cuore conosce solo il ritmo istintivo dell’adolescenza. Ma il fragile equilibrio che regola la quotidianità di queste tre generazioni è destinato a incrinarsi quando un uomo irrompe nelle loro vite, e ristabilirne uno nuovo significherà abbandonarsi alla forma più pura di passione, quella per la libertà.Tre donne illumina i percorsi nascosti e gli equilibri impossibili del desiderio, li fotografa con un taglio inedito che ne coglie le delicate sfumature in tutte le età della vita.

Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in oltre venti Paesi. Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con La lunga vita di Marianna Ucrìa e nel 1999 il Premio Strega con Buio. Il suo ultimo romanzo è La bambina e il sognatore (Rizzoli 2015).

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“Con molta cura” di Severino Cesari (Rizzoli)

Con molta curaLa vita, l’amore e la chemioterapia a km zero. Un diario 2015-2017“Io sono nient’altro che la cura che faccio. E non sono solo nel farla. La cura presuppone l’esercizio quotidiano dell’amore. Non c’è altra vita che questa, adesso, questa vita meravigliosa che permette altra vita. In una ghirlanda magica, un rimandarsi continuo. Mi travolge un’onda di gratitudine senza fine. Curarsi, praticare con metodo ed efficienza la cura che devi obbligatoriamente fare, vuol dire star bene, in linea di massima. L’esercizio quotidiano dell’amore, questo infine auguro a tutti, a tutte. Non c’è altro, credete. Se non avete sottomano l’opportunità di una cura da fare – scherzo, ma fino a un certo punto! – potete sempre però prendervi cura. Prendervi cura di voi stessi, e di quelli cui volete bene. E magari anche degli altri. Non c’è davvero altro, credete. Questo è davvero importante, penso allora: non è vita minore questa mia, che adesso mi è data, è vita e capacità e voglia di sorridere alla vita.” SC

Severino Cesari (1951-2017) ha curato l’inserto domenicale del “manifesto” e diretto per vent’anni Einaudi Stile Libero con Paolo Repetti, lanciando alcuni dei più importanti autori italiani e stranieri. Ha pubblicato Colloquio con Giulio Einaudi (Theoria 1991, Einaudi 2007).

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regia e post produzione: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: “Quello che le donne non dicono” di Fiorella Mannoia; “Donne”di Zucchero; “Tears in Heaven” di Eric Clapton (versione strumentale)

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FRANCESCA MELANDRI con “Sangue giusto” (Rizzoli) a “Letteratitudine in Fm” http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2017/10/04/in-radio-con-francesca-melandri/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2017/10/04/in-radio-con-francesca-melandri/#comments Wed, 04 Oct 2017 14:00:01 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7631 FRANCESCA MELANDRI con “Sangue giusto” (Rizzoli) ospite del programma radiofonico Letteratitudine in Fm di lunedì 02 ottobre 2017 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino)


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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In questa puntata abbiamo incontrato Francesca Melandri per discutere del suo nuovo romanzo intitolato “Sangue giusto” (Rizzoli).

Di seguito, informazioni sul romanzo protagonista della puntata.

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Sangue giustoSangue giusto” di Francesca Melandri (Rizzoli)

Roma, agosto 2010. In un vecchio palazzo senza ascensore, Ilaria sale con fatica i sei piani che la separano dal suo appartamento. Vorrebbe solo chiudersi in casa, dimenticare il traffico e l’afa, ma ad attenderla in cima trova una sorpresa: un ragazzo con la pelle nera e le gambe lunghe, che le mostra un passaporto. «Mi chiamo Shimeta Ietmgeta Attilaprofeti» le dice, «e tu sei mia zia.» All’inizio Ilaria pensa che sia uno scherzo. Di Attila Profeti lei ne conosce solo uno: è il soprannome di suo padre Attilio, un uomo che di segreti ne ha avuti sempre tanti, e che ora è troppo vecchio per rivelarli. Shimeta dice di essere il nipote di Attilio e della donna con cui è stato durante l’occupazione italiana in Etiopia. E se fosse la verità? È così che Ilaria comincia a dubitare: quante cose, di suo padre, deve ancora scoprire? Le risposte che cerca sono nel passato di tutti noi: di un’Italia che rimuove i ricordi per non affrontarli, che sopravvive sempre senza turbarsi mai, un Paese alla deriva diventato, suo malgrado, il centro dell’Europa delle grandi migrazioni.Con Sangue giusto Francesca Melandri si conferma un’autrice di rara forza e sensibilità. Il suo sguardo, attento e profondissimo, attraversa il Novecento e le sue contraddizioni per raccontare il cuore della nostra identità.

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Foto Francesca MelandriFrancesca Melandri (Roma, 1964) ha lavorato per molti anni come sceneggiatrice, prima di esordire nel 2010 nella narrativa con Eva dorme. Nel 2012 ha pubblicato per Rizzoli Più alto del mare, finalista al Premio Campiello e vincitore del Premio Rapallo Carige. I suoi romanzi sono tradotti nelle principali lingue europee.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: “Jeeps Blues” e “Solitude” di Duke Ellington.

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.


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DACIA MARAINI e “Non chiedermi quando. Romanzo per Dacia” di Concita De Gregorio (Rizzoli) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2017/01/19/in-radio-con-dacia-maraini-4/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2017/01/19/in-radio-con-dacia-maraini-4/#comments Thu, 19 Jan 2017 17:40:03 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7405 DACIA MARAINI ospite del programma radiofonico Letteratitudine in Fm di lunedì 16 gennaio 2017 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino) con riferimento al volume “Non chiedermi quando. Romanzo per Dacia” di Concita De Gregorio (Rizzoli)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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È stata Dacia Maraini l’ospite della puntata di Letteratitudine in Fm di lunedì 16 gennaio 2017 (che è anche la prima puntata del 2017). Ne approfittiamo per augurare buon anno a tutti gli ascoltatori!

Nell’ambito della puntata, con Dacia Maraini abbiamo discusso del libro scritto da Concita De Gregorio, dedicato alla stessa Dacia, intitolato “Non chiedermi quando. Romanzo per Dacia” (Rizzoli).

È stata anche l’occasione per intraprendere un breve viaggio nel passato. Tra le altre cose Dacia ha ricordato il periodo, dei suoi primissimi anni, trascorso all’interno del campo di concentramento in Giappone (dove è stata detenuta insieme ai suoi famigliari). Abbiamo discusso di letteratura, di teatro e di altro ancora cogliendo gli spunti offerti dal libro di Concita De Gregorio.

Nella seconda parte della puntata, in accordo con Concita De Gregorio (già nostra ospite in precedenti puntate), Massimo Maugeri ha letto le prime pagine del libro.

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“Non chiedermi quando. Romanzo per Dacia” di Concita De Gregorio (Rizzoli)

Ci sono scrittrici che hanno fatto delle storie la propria vita, trasformando la propria vita in una storia irripetibile. Dacia Maraini è una di queste. Davanti all’inconfondibile azzurro dei suoi occhi ha sfilato una folla di personaggi straordinari, che tra le pagine di questo romanzo di rara e felice libertà narrativa prendono corpo e voce per farsi fotografia mobile di un’Italia che non c’è più. Lo sguardo intimo e acuto di Concita De Gregorio fa emergere dallo sfondo, come istantanee senza tempo, le figure di Fosco e Topazia, genitori ribelli e coraggiosi, gli amici intellettuali e artisti, da Pasolini a Maria Callas fino a Visconti, e poi Moravia e le passioni che hanno abitato l’esistenza di Dacia: il femminismo, il teatro, i viaggi. E la scrittura, infine, sempre e solo la scrittura, compagna fedele e termometro di una vita che solo come romanzo poteva essere raccontata.Intrecciando e mettendo a nudo i ricordi con il pudore e il coraggio del vero scrittore, Concita De Gregorio ci conduce per mano nelle luminose stanze della memoria di una delle autrici più amate dei nostri giorni. Dove l’eccezionalità diventa la regola e il mondo la nostra libertà.Un libro uguale a nessun altro.


Concita De Gregorio, giornalista e scrittrice, firma storica de “la Repubblica” ed ex direttore de “l’Unità”, per RaiTre ha curato e condotto Pane quotidiano, ha ideato e conduce FuoriRoma. È autrice di romanzi e saggi tra cui Una madre lo sa (2006), Così è la vita (2011), Io vi maledico (2013), Mi sa che fuori è primavera (2015) e Cosa pensano le ragazze (2016).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: la sinfonia n. 9 di Beethoven – esecuzione della Philadelphia Orchestra diretta da Riccardo Muti

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

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MASSIMO CARLOTTO e GIORGIA LEPORE a Letteratitudine in Fm http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/11/15/in-radio-con-massimo-carlotto-e-giorgia-lepore/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/11/15/in-radio-con-massimo-carlotto-e-giorgia-lepore/#comments Tue, 15 Nov 2016 16:21:22 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7356 MASSIMO CARLOTTO con “Il Turista” (Rizzoli) e GIORGIA LEPORE con “Angelo che sei il mio custode” (E/O) in radio a Letteratitudine in Fm di lunedì 14 novembre 2016 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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Massimo Carlotto e Giorgia Lepore sono stati gli ospiti della puntata di Letteratitudine in Fm di lunedì 14 novembre 2016.

Con Massimo Carlotto abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Il Turista” (Rizzoli).

Con Giorgia Lepore abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Angelo che sei il mio custode” (E/O – collezione Sabot/Age).

Di seguito, la schede dei libri protagonisti della puntata.

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Il TuristaMassimo Carlotto – “Il Turista” (Rizzoli)

Il Turista è un serial killer perfetto, diverso da ogni altro. Tanto per cominciare, non “firma” i suoi omicidi e non lancia sfide ai detective, perché farsi catturare è l’ultimo dei suoi desideri. È un mago del camuffamento, non uccide secondo uno schema fisso e mai due volte nella stessa città o nello stesso Paese: per questo lo chiamano il Turista. In più, non prova empatia né rimorso o paura, esercita un controllo totale sulla propria psicopatia. In altre parole, è imprendibile, l’incubo delle polizie di tutta Europa. Anche il più glaciale degli assassini, però, prima o poi commette un passo falso che lo fa finire in gabbia. Succede a Venezia – il territorio di caccia ideale per qualunque assassino – e la gabbia non è un carcere: è una trappola ben più pericolosa, tesa da qualcuno che in lui ha scorto la più letale delle opportunità. Anche Pietro Sambo ha fatto un errore, uno solo ma pagato carissimo. Adesso, ex capo della Omicidi, vive ai margini, con il cuore a pezzi. Poi arriva l’occasione giusta, quella per riconquistare onore e dignità. Ma per prendere il Turista dovrà violare di nuovo le regole, tutte, rischiando molto più della propria reputazione.Maestro riconosciuto del noir europeo, Massimo Carlotto ci ha abituato a spingere i confini dei generi dove nessuno è mai arrivato. Per scrivere il suo primo thriller ha fatto saltare ogni paradigma, costruendo una macchina narrativa che non offre certezze se non quella dell’adrenalina che mette in circolo.

Massimo Carlotto (Padova 1956) è uno dei più affermati autori italiani di noir. Ha esordito nel 1994 con Il fuggiasco, cui sono seguiti, tra gli altri, Le irregolari, Arrivederci amore ciao, L’oscura immensità della morte e la serie che ha per protagonista Marco Buratti detto “l’Alligatore”. È autore anche di testi per la radio e il teatro, di saggi, graphic novel, racconti, sceneggiature per il cinema e la tv.

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Giorgia Lepore – “Angelo che sei il mio custode” (E/O – collezione Sabot/Age)

L’ispettore Gregorio Esposito è tornato al lavoro, dopo alcuni mesi di convalescenza e di sospensione dal servizio. Si indaga sul ritrovamento dello scheletro di un bambino e sulla scomparsa di due minori.
Le indagini conducono a un posto antico e importante del Gargano: il santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo. In questo luogo si venera l’Arcangelo, ed è proprio lui ad avere un ruolo chiave nella vicenda.
A collaborare al caso viene chiamata da Roma Giovanna Aquarica, funzionario di polizia specialista in casi che vedono coinvolti minori. La donna, in una indagine personale, recupera dal suo passato informazioni che possono avere a che fare con la vita di Gerri, con la sua infanzia e con le porte chiuse che ancora ci sono nella sua memoria e che costringono l’ispettore a fare i conti con se stesso e con i propri sentimenti.
Giorgia Lepore ci regala un noir denso e profondo, dove ossessioni e segreti si rivelano nei meandri dell’animo umano e nelle viscere della terra.

Giorgia Lepore vive a Martina Franca. Archeologa, assegnista di ricerca di Archeologia e Storia dell’Arte Paleocristiana e Altomedievale all’Università degli studi di Bari, insegna Storia dell’Arte nelle scuole superiori e Storia dell’arte Medievale presso la facoltà di Beni culturali a Taranto. Con L’abitudine al sangue (Fazi, 2009) è stata finalista al Premio Acqui Storia. Le Edizioni E/O hanno pubblicato I figli sono pezzi di cuore.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: “Venezia” di Francesco Guccini; “Lo straniero” di Georges Moustaki; “Hoochie Coochie” di Muddy Waters. 

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ELISABETTA RASY con “Le regole del fuoco” (Rizzoli) a Letteratitudine in Fm http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/07/20/in-radio-con-elisabetta-rasy/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/07/20/in-radio-con-elisabetta-rasy/#comments Wed, 20 Jul 2016 13:00:54 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7222 ELISABETTA RASY con “Le regole del fuoco” (Rizzoli) in radio a Letteratitudine in Fm di lunedì 18 luglio 2016 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino)


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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È stata Elisabetta Rasy l’ospite della puntata di Letteratitudine in Fm di lunedì 18 luglio 2016.

Con Elisabetta Rasy abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “Le regole del fuoco” (Rizzoli) – vincitore del Premio Selezione Campiello 2016.

Nella seconda parte della puntata, una lettura del libro.

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Il libro
Le regole del fuocoÈ la primavera di un anno terribile, il 1917, quando Maria Rosa Radice a poco più di vent’anni lascia gli agi della sua casa a Napoli. Scappa da sua madre, dal salotto aristocratico che fino ad allora è stato il suo unico, soffocante orizzonte. La destinazione è la sola possibile per una donna non sposata e in fuga: il fronte. L’impatto della guerra è brutale. In un piccolo ospedale sul Carso cura centinaia di feriti, li vede soffrire e morire. Ma c’è una luce nelle sue giornate, una scintilla di cui si accorge poco a poco. È la sua silenziosa compagna di stanza Eugenia Alferro, una provinciale del Nord che sogna di diventare medico. Giorno dopo giorno, le insegna a sopravvivere in corsia e a superare la paura. La guerra regala alle due ragazze una libertà altrimenti impossibile. Così, nel tempo, avvertono una passione inattesa crescere tra loro e a mezza voce, la notte, si dichiarano l’amore. Non sanno se il futuro permetterà loro di rimanere vicine, entrambe però sentono di essere cambiate. Ora sono pronte a lottare per restare se stesse. In un romanzo vibrante, che appassiona e scuote, Elisabetta Rasy racconta la guerra dalla prospettiva misconosciuta delle donne al fronte. Ritraendo un’intimità limpida ma circondata dalle tenebre, ci mostra come l’amore non abbia mai avuto confini, perché i sentimenti esplodono sempre senza chiederci il permesso.

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Elisabetta Rasy vive e lavora a Roma. Ha esordito nel 1985 con il romanzo La prima estasi. Tra i suoi libri ricordiamo Posillipo, L’ombra della luna, Tra noi due, La scienza degli addii, Memorie di una lettrice notturna e Le regole del fuoco. Ha scritto per diverse testate giornalistiche tra cui “L’Espresso”, “La Stampa” e il “Corriere della Sera”. Attualmente collabora con “Il Sole 24 Ore”.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: ‘O surdato ‘nnammurato; Nuttata ‘e sentimento; Anema e Core (interpretate da Massimo Ranieri)

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.


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EDOARDO ALBINATI con “La scuola cattolica” (Rizzoli) vince il PREMIO STREGA 2016 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/07/09/edoardo-albinati-vince-il-premio-strega-2016/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/07/09/edoardo-albinati-vince-il-premio-strega-2016/#comments Fri, 08 Jul 2016 22:33:10 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7210 Link logo alla HomeEDOARDO ALBINATI con “La scuola cattolica” (Rizzoli) è il vincitore dell’edizione 2016 del PREMIO STREGA.

Tutte le informazioni sulla serata della premiazione sono disponibili qui.


Di seguito, riproponiamo la puntata radiofonica di Letteratitudine in Fm, con ospite Edoardo Albinati, dedicata a “La scuola cattolica“.


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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Con Edoardo Albinati abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “La scuola cattolica” (Rizzoli) -libro vincitore del Premio Strega 2016.

Nella seconda parte della puntata potrete ascoltare una lettura delle prime pagine del romanzo.

Di seguito, la scheda del libro.

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La scuola  cattolica“La scuola cattolica” di Edoardo Albinati (Rizzoli)
Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei più clamorosi crimini dell’epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola e per quarant’anni ha custodito i segreti di quella “mala educación”. Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo poderoso, che sbalordisce per l’ampiezza dei temi e la varietà di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri più vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della società italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si chiedesse: “Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?”. Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro, l’amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione potente e inarrestabile che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose. La scuola cattolica è forse il libro che mancava nella nostra cultura.

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Edoardo Albinati (Roma, 1956) da oltre vent’anni lavora come insegnante nel penitenziario di Rebibbia, esperienza narrata nel diario Maggio selvaggio. Suoi reportage dall’Afghanistan e dal Ciad sono usciti sul “Corriere della Sera”, “la Repubblica”, “The Washington Post”. Ha scritto film per il cinema di Matteo Garrone e Marco Bellocchio. Tra gli ultimi libri pubblicati, ricordiamo Tuttalpiù muoio con Filippo Timi e Vita e morte di un ingegnere.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “Shine on you crazy diamond” (Pink Floyd); “The Carpet Crawlers” (Genesis).

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

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EDOARDO ALBINATI con “La scuola cattolica” (Rizzoli) a Letteratitudine in Fm http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/04/27/in-radio-con-edoardo-albinati/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/04/27/in-radio-con-edoardo-albinati/#comments Wed, 27 Apr 2016 05:00:12 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7124 EDOARDO ALBINATI con “La scuola cattolica” (Rizzoli) a Letteratitudine in Fm di lunedì 25 aprile 2016 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino) – “La scuola cattolica” è tra i libri della dozzina finalista del Premio Strega 2016.


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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Edoardo Albinati è stato ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di lunedì 25 aprile 2016.

Con Edoardo Albinati abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “La scuola cattolica” (Rizzoli) – tra i libri della dozzina finalista del Premio Strega 2016.

Nella seconda parte della puntata potrete ascoltare una lettura delle prime pagine del romanzo.

Di seguito, la scheda del libro.

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La scuola  cattolica“La scuola cattolica” di Edoardo Albinati (Rizzoli)
Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei più clamorosi crimini dell’epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola e per quarant’anni ha custodito i segreti di quella “mala educación”. Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo poderoso, che sbalordisce per l’ampiezza dei temi e la varietà di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri più vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della società italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si chiedesse: “Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?”. Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro, l’amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione potente e inarrestabile che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose. La scuola cattolica è forse il libro che mancava nella nostra cultura.

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Edoardo Albinati (Roma, 1956) da oltre vent’anni lavora come insegnante nel penitenziario di Rebibbia, esperienza narrata nel diario Maggio selvaggio. Suoi reportage dall’Afghanistan e dal Ciad sono usciti sul “Corriere della Sera”, “la Repubblica”, “The Washington Post”. Ha scritto film per il cinema di Matteo Garrone e Marco Bellocchio. Tra gli ultimi libri pubblicati, ricordiamo Tuttalpiù muoio con Filippo Timi e Vita e morte di un ingegnere.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “Shine on you crazy diamond” (Pink Floyd); “The Carpet Crawlers” (Genesis).

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

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DACIA MARAINI ospite di “Letteratitudine in Fm” (La bambina e il sognatore) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/01/12/in-radio-con-dacia-maraini-3/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/01/12/in-radio-con-dacia-maraini-3/#comments Tue, 12 Jan 2016 19:15:37 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7022 DACIA MARAINI ospite di “Letteratitudine in Fm” – lunedì 11 gennaio 2015 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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È stata Dacia Maraini l’ospite della puntata di Letteratitudine in Fm di lunedì 11 gennaio 2016. Con Dacia Maraini abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “La bambina e il sognatore” (Rizzoli), di cui riportiamo la scheda di seguito.

Nella seconda parte della puntata, con Dacia, abbiamo discusso della figura di una donna molto coraggiosa: Topazia Alliata (pittrice, scrittrice, gallerista… nonché madre della stessa Dacia Maraini), scomparsa il 23 novembre 2015 (un approfondimento è disponibile su LetteratitudineNews)

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La bambina e il sognatoreLa bambina e il sognatore” – di Dacia Maraini (Rizzoli)

Ci sono sogni capaci di metterci a nudo. Sono schegge impazzite, che ci svelano una realtà a cui è impossibile sottrarsi. Lo capisce appena apre gli occhi, il maestro Nani Sapienza: la bambina che lo ha visitato nel sonno non gli è apparsa per caso. Camminava nella nebbia con un’andatura da papera, come la sua Martina. Poi si è girata a mostrargli il viso ed è svanita, un cappottino rosso inghiottito da un vortice di uccelli bianchi. Ma non era, ne è certo, sua figlia, portata via anni prima da una malattia crudele e oggi ferita ancora viva sulla sua pelle di padre. E quando quella mattina la radio annuncia la scomparsa della piccola Lucia, uscita di casa con un cappotto rosso e mai più rientrata, Nani si convince di aver visto in sogno proprio lei. Le coincidenze non esistono, e in un attimo si fanno prova, indizio. È così che Nani contagia l’intera cittadina di S., immobile provincia italiana, con la sua ossessione per Lucia. E per primi i suoi alunni, una quarta elementare mai sazia dei racconti meravigliosi del maestro: è con la seduzione delle storie, motore del suo insegnamento, che accende la fantasia dei ragazzi e li porta a ragionare come e meglio dei grandi. Perché Nani sa essere insieme maestro e padre, e la ricerca di Lucia diventa presto una ricerca di sé, che lo costringerà a ridisegnare i confini di un passato incapace di lasciarsi dimenticare. Con questo romanzo potente, illuminato per la prima volta da un’intensa voce maschile, Dacia Maraini ci guida al cuore di una paternità negata, scoprendo i chiaroscuri di un sentimento che non ha mai smesso di essere una terra selvaggia e inesplorata.

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Foto Dacia MarainiDacia Maraini è una delle scrittrici italiane più lette al mondo. È autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in venti Paesi. Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con “La lunga vita di Marianna Ucrìa” e nel 1999 il Premio Strega con “Buio”. Nel 2011 è stata tra i finalisti del Man Booker International Prize e dal 2014 è tra gli scrittori italiani “in odore” di Premio Nobel per la Letteratura. Il suo più recente libro, precedente a “La bambina e il sognatore”,  è “Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza” (2013).

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Topazia Alliata con il marito Fosco Maraini e le figlie (Foto d’archivio)

(Nella foto: Topazia Alliata con il marito Fosco Maraini e le figlie –
Foto d’archivio: fonte Il Corriere della Sera)

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali di Claude Debussy: “Clair de Lune”; “Rêverie”; “Sarabande pour le Piano”.


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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.


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MAURIZIO DE GIOVANNI ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 17 giugno 2015 (“Il resto della settimana”) – nella seconda parte della puntata: “Tutta la luce che non vediamo” di Anthony Doerr http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2015/06/16/in-radio-con-maurizio-de-giovanni-2/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2015/06/16/in-radio-con-maurizio-de-giovanni-2/#comments Tue, 16 Jun 2015 17:30:48 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=6821 MAURIZIO DE GIOVANNI ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 17 giugno 2015 – nella seconda parte della puntata ci occupiamo di : “Tutta la luce che non vediamo” di Anthony Doerr - h. 9:10 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)


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È Maurizio de Giovanni l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 17 giugno 2015 (la puntata è già ascoltabile online cliccando sul pulsante audio)

Con Maurizio de Giovanni discutiamo del suo nuovo romanzo intitolato Il resto della settimana” (Rizzoli) e delle tematiche a esso connesse (tra cui quelle legate al gioco del calcio… ma non solo)

Nella seconda parte della puntata ci occupiamo del romanzo di Anthony Doerr, intitolato “Tutta la luce che non vediamo” (Rizzoli), vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa, anche attraverso una lettura delle prime pagine del libro.

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Il resto della settimana“Il resto della settimana” di Maurizio de Giovanni (Rizzoli)

Il bar di Peppe è un minuscolo porto di mare nel ventre di Napoli. Uno di quei bar accoglienti e familiari, sempre uguali a se stessi, dove sfogliatelle e caffè sono una scusa per chiacchierare, sfogarsi, litigare e fare pace. Inferno o paradiso, dipende dal momento. Ma più di ogni altra cosa è il luogo ideale dove prepararsi all’Evento, quello che la domenica pomeriggio mette tutti d’accordo intorno a un’unica incontrollata passione. Alla cassa del bar c’è Deborah – rigorosamente con l’acca, ostentata come un titolo nobiliare – che parla al cellulare sempre incastrato tra spalla e testa, mentre Ciccillo, il tuttofare di origine asiatica, è ovunque perché non si ferma mai. A uno dei tavolini siede invece il Professore, attento osservatore dei sentimenti umani, che a un passo dalla pensione ha deciso di scrivere un libro facile facile, che sappia parlare a tutti. Già, ma quale argomento può raggiungere il cuore e l’anima della gente? La risposta è sotto i suoi occhi, nella trepida attesa dell’Evento. Il resto della settimana è un vero romanzo sudamericano: è gioia e nostalgia, è la poesia di un sogno, è la celebrazione di un gioco. È un diario dell’emozione che uomini e donne vivono giorno dopo giorno, e che calamita ricordi, ossessioni e amori. È come il caffè napoletano, una sintesi perfetta di gusto ed energia: ti colpisce forte e ti dà il coraggio per affrontare le avversità della vita, fuori dal bar.

Maurizio de Giovanni è nato nel 1958 a Napoli ed è visceralmente tifoso della squadra di calcio della sua città. È autore di racconti e opere teatrali, oltre che di due fortunatissime serie gialle che hanno per protagonisti il commissario Ricciardi e i Bastardi di Pizzofalcone; entrambe diventeranno presto fiction televisive. I suoi romanzi sono tradotti o in corso di traduzione nelle principali lingue.

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Tutta la luce  che non vediamo“Tutta la luce che non vediamo” di Anthony Doerr (Rizzoli)PREMIO PULITZER 2015 PER LA LETTERATURA

È il 1934, a Parigi, quando Marie-Laure, una bambina di sei anni con i capelli rossi e il viso pieno di lentiggini, scopre di essere destinata alla cecità per il resto della vita. Ne ha dodici quando i nazisti occupano la città, costringendo lei e il padre a trovare rifugio tra le mura di Saint-Malo, in Bretagna, nella casa sul mare del prozio. Attraverso le imposte azzurre sempre chiuse, perché così impone la guerra, le arriva fragorosa l’eco delle onde che si infrangono contro i bastioni. Qui, Marie-Laure dovrà affrontare una nuova oscurità. La stessa in cui, in un orfanotrofio della Germania nazista, vive Werner, un ragazzino con i capelli candidi come la neve e una curiosità esuberante per il mondo. Quando per caso mette le mani su una vecchia radio, scopre di avere un talento naturale nel costruire e riparare lo strumento di guerra più strategico, un dono che si trasformerà nel suo lasciapassare per accedere all’accademia della Gioventù hitleriana e poi partire in missione per localizzare i partigiani. Sempre più conscio del costo in vite umane che hanno le sue azioni, Werner si addentra nel cuore del conflitto. Due mesi dopo il D-Day che ha liberato la Francia, ma non ancora la cittadina fortificata di Saint-Malo, i destini opposti di Werner e Marie-Laure convergono e si sfiorano in una limpida bolla di luce. Lirico, potente, malinconico, squarciato da improvvise speranze, il romanzo di Doerr è un ponte gettato oltre lo smarrimento che accomuna tutti, una delicata partitura che ci sussurra come, contro ogni avversità, viviamo alla ricerca di un gesto luminoso che ci avvicini agli altri.

Anthony Doerr è nato a Cleveland, il 27 ottobre 1953. La sua prima pubblicazione è stata una raccolta di racconti brevi, “The Shell Collector” (2002), ambientati perlopiù in Africa o Nuova Zelanda, dove Doerr ha vissuto e lavorato. Un ulteriore raccolta di racconti, “Memory Wall”, è stata pubblicata nel 2010. Il suo primo romanzo si intitola “About Grace”, ed è stato dato alle stampe nel 2004. Doerr ha anche pubblicato un libro di memorie (Four Seasons in Rome: On Twins, Insomnia and the Biggest Funeral in the History of the World), pubblicato nel 2007. Il suo secondo romanzo, “Tutta la luce che non vediamo” (All the Light We Cannot See), ambientato nella Francia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale è stato pubblicato nel 2014. “Tutta la luce che non vediamo” ha ottenuto un significativo successo di critica, giungendo finalista ai National Book Award per la narrativa. Il libro è diventato uno dei bestseller del New York Times, che lo ha inserito nella top ten dei libri pubblicati nel 2014. Nel 2015 ha inoltre vinto il Premio Pulitzer per la narrativa.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “È Goal!” di Edoardo Bennato; “Napule è” di Pino Daniele; “The Post War Dream” dei Pink Floyd.


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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.

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PAOLO DI PAOLO ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 4 febbraio 2015 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2015/02/04/in-radio-con-paolo-di-paolo-2/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2015/02/04/in-radio-con-paolo-di-paolo-2/#comments Wed, 04 Feb 2015 15:00:34 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=6672 paolo-di-paoloPAOLO DI PAOLO ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 4 febbraio 2015 – h. 9 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)

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È stato Paolo Di Paolo l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 4 febbraio 2015.

La prima parte della trasmissione è stata incentrata sulla figura di Indro Montanelli e sul volume “Tutte le speranze. Montanelli raccontato da chi non c’era” (Rizzoli). Nella seconda parte della puntata abbiamo discusso del libro per bambini: “La mucca volante” (Bompiani)

Tra le altre cose, nella seconda parte della puntata, si è discusso del progetto legato al magazine Orlando Esplorazioni.

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Tutte le speranze. Montanelli raccontato da chi non c'eraUn ragazzino di quindici anni, di “un Midwest intorno a Roma”, tutte le mattine compra il giornale e ne conserva ogni copia con cura religiosa. Perché su quel giornale scrive qualcuno, un signore ormai ottantenne, che ammira come il suo personale Grande Gatsby. Il ragazzino ruba la macchina da scrivere del nonno e inizia a mandargli lettere firmandosi una volta Alessandro Manzoni, un’altra volta Karl Marx. E quando la penna più prestigiosa del “Corriere della Sera” gli risponde pubblicamente nella sua rubrica, il ragazzino – che si chiama Paolo Di Paolo – non crede ai propri occhi. Poi un giorno squilla il telefono di casa, e una voce profonda e imperiosa dice: “Sono Montanelli”. E soltanto uno degli episodi raccontati in questo libro che è il sentito omaggio a un maestro del Novecento. Ma cosa ci può insegnare, oggi? Che le speranze nascono dalle idee, innanzitutto. Che la libertà è solitudine, perché l’indipendenza e il successo dipendono sempre dalle proprie scelte. Che per guadagnarsi spazio nel mondo serve essere ostinati e, mentre il mondo cambia, cambiare rimanendo se stessi. Che si può sbagliare idea, accusare il colpo e ripartire da zero. Nella scrittura precisa e avvolgente di Di Paolo, la vita inimitabile di Montanelli diventa un film di cui godersi ogni scena: quelle più eroiche, quelle che strappano sorrisi, ma anche quelle che fanno discutere. Con un’unica certezza: Montanelli non ha mai voluto mettere d’accordo nessuno.

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La mucca volanteNel cortile della scuola compare un giorno una lunga striscia rossa e bianca per tenere lontani i bambini da qualcosa che non devono vedere. Dopo cena, complici il nonno e il cane Macchia, Leo indaga: e scopre una mucca gonfia come un pallone, immobile, silenziosa. Il giorno dopo la mucca non ce più. Nessuno ne parla. L’indagine sembra archiviata quando Leo si ritrova con sei alleati curiosi quanto lui (a cui si aggiunge Giulia dalla frangetta tagliata), decisi a saperne di più anche su un’altra misteriosa sparizione, quella della maestra Pompelmo, avvenuta anni prima. Non resta che mettere insieme gli indizi e andare fino in fondo, nei sotterranei della scuola. Contro le bugie dei grandi, contro i loro divieti, contro certi segreti, per sapere la verità. Età di lettura: da 10 anni.

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PAOLO DI PAOLO (Roma 1983) è autore tra l’altro dei romanzi Dove eravate tutti (2011, Premio Mondello e Premio Vittorini) e Mandami tanta vita (2013, finalista Premio Strega). Di Indro Montanelli ha curato per Rizzoli La mia eredità sono io. Pagine da un secolo (2008) e Nella mia lunga e tormentata esistenza. Lettere da una vita (2012).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

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GIANRICO CAROFIGLIO, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 febbraio 2014 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/02/22/in-radio-con-gianrico-carofiglio/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/02/22/in-radio-con-gianrico-carofiglio/#comments Sat, 22 Feb 2014 17:58:57 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5912 gianrico-carofiglioGIANRICO CAROFIGLIO, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 febbraio 2014

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È DISPONIBILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

L’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 febbraio 2014 è stato Gianrico Carofiglio, con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “Il bordo vertiginoso delle cose” (edito da Rizzoli).

Nel corso della chiacchierata abbiamo approfondito alcuni dei temi trattati dal romanzo (tra cui il rapporto tra filosofia e letteratura) e Gianrico Carofiglio ci ha rivelato qualcosa sul suo personale rapporto con la scrittura.

Nella seconda parte della puntata Carofiglio ha letto una pagina del romanzo.

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il venerdì mattina (h.13 circa) e – in replica – il mercoledì mattina (h. 11,00). Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

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È online la puntata con DACIA MARAINI, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 17 gennaio 2014 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/01/17/in-radio-con-dacia-maraini-2/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/01/17/in-radio-con-dacia-maraini-2/#comments Fri, 17 Jan 2014 17:00:27 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5794 È online la puntata con DACIA MARAINI, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 17 gennaio 2014

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È stata Dacia Maraini la scrittrice ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 17 gennaio 2014. Abbiamo discusso del nuovo libro della Maraini intitolato “Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza” (Rizzoli).
Nella seconda parte della puntata, Dacia Maraini ha letto qualche brano tratto da questo suo nuovo lavoro.

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È online la puntata con SILVIA AVALLONE, OSPITE DI “Letteratitudine in Fm” di venerdì 25 ottobre 2013 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/10/26/in-radio-con-silvia-avallone/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/10/26/in-radio-con-silvia-avallone/#comments Sat, 26 Oct 2013 06:40:30 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5569 silvia-avallone-marina-bellezzaÈ on line la puntata con SILVIA AVALLONE, OSPITE DI “Letteratitudine in Fm” di venerdì 25 ottobre 2013

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Silvia Avallone è stata la scrittrice ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 25 ottobre 2013.

Con Silvia Avallone abbiamo discusso del suo nuovo romanzo, “Marina Bellezza” (Rizzoli), e delle tematiche a esso legato.
Nel corso della puntata l’autrice ha letto brani tratti dalla sua opera.

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È online la puntata con WALTER SITI, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 giugno 2013 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/06/23/in-radio-con-walter-siti/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/06/23/in-radio-con-walter-siti/#comments Sun, 23 Jun 2013 21:08:58 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5287 walter-sitiÈ online la puntata con WALTER SITI, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 giugno 2013

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Ospite della puntata radiofonica di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 giugno è stato lo scrittore Walter Siti con cui abbiamo discusso del romanzo “Resistere non serve a niente” (Rizzoli), uno dei libri finalisti dell’edizione 2013 del Premio Strega.

Abbiamo discusso della “zona grigia” tra criminalità e finanza e delle altre tematiche affrontate nel romanzo.

Ne abbiamo approfittato, altresì, per porre una domanda sul saggio scritto da Siti per Nottetempo e intitolato “Il realismo è l’impossibile

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È online la puntata con, LORETTA NAPOLEONI ospite di “Letteratitudine in Fm” del 12 ottobre 2012 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/12/in-radio-con-loretta-napoleoni/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/12/in-radio-con-loretta-napoleoni/#comments Fri, 12 Oct 2012 19:39:21 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4458 È online la puntata con LORETTA NAPOLEONI, ospite di “Letteratitudine in Fm” del 12 ottobre 2012

loretta-napoleoniOspite della puntata di di “Letteratitudine in Fm” del 12 ottobre 2012 è stata la saggista ed economista Loretta Napoleoni con cui abbiamo discusso del suo libro “Il contagio” (Rizzoli).
Una puntata importante, incentrata – tra l’altro – sull’attuale crisi “sistemica” dell’economia internazionale.
Nella seconda parte della puntata, è stato letto un brano tratto dal nuovo capitolo inserito dalla Napoleoni nell’ultima edizione de “Il contagio”.

A fine puntata sono stati segnalati due libri di letteratura straniera pubblicati da Longanesi: “Niceville” di Carsten Stroud e “L’indovina di Istanbul” di Michael David Lukas (è stata letta una pagina tratta da quest’ultimo libro).

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È online la puntata con DACIA MARAINI, ospite di “Letteratitudine in Fm” del 5 ottobre 2012 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/06/in-radio-con-dacia-maraini/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/06/in-radio-con-dacia-maraini/#comments Sat, 06 Oct 2012 08:20:28 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4421 È online la puntata con DACIA MARAINI, ospite di “Letteratitudine in Fm” del 5 ottobre 2012

dacia-maraini-l-amore-rubatoNella puntata di venerdì 5 ottobre 2012 è tornata a trovarci Dacia Maraini, fresca vincitrice del Premio Campiello alla carriera, nonché candidata al Premio Nobel della Letteratura di quest’anno (ne abbiamo discusso in radio con l’interessata). Ma soprattutto abbiamo avuto modo di occuparci del nuovo libro della Maraini: “L’amore rubato” (Rizzoli). Un libro importante e attualissimo, strutturato in otto racconti che narrano otto storie di donne vittime della violenza e… dell’amore rubato.

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RISPETTO, ONORE, CORAGGIO, PAURA… PORTAMI RISPETTO di Vins Gallico http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/09/13/portami-rispetto-di-vins-gallico/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/09/13/portami-rispetto-di-vins-gallico/#comments Sun, 12 Sep 2010 22:04:59 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2424 Vorrei approfittare della recente uscita del bel romanzo d’esordio di Vins Gallico, intitolato “Portami rispetto” (Rizzoli), per discutere di alcune delle tematiche che emergono dalla storia narrata e che sono legate alle quattro seguenti parole: rispetto, onore, coraggio e paura.
Ovviamente avremo la possibilità di approfondire la conoscenza del libro approfittando della presenza dello stesso autore.

Per introdurvi al romanzo vi trascrivo il breve testo riportato in quarta di copertina:
“Questa non è una terra normale. In Calabria la paura ha avvolto qualsiasi emozione. È un tiranno che non ha bisogno neppure di nascondersi. Magari tra di noi c’è ancora qualche eroe, ma non sarà lui a risolvere la situazione”.
Un testo che contiene una nota di pessimismo – o forse di disilluso realismo (ne parleremo con l’autore) – e che comunque lascia ben intendere quali sono le problematiche incrociate dal romanzo.

Veniamo alla scheda del libro…

Notte infuocata d’agosto. Due uomini d’onore si muovono nel buio delle colline aspromontane. Nel bagagliaio della loro Croma, un cane ringhia e cerca di scappare. Fuori, i due criminali armeggiano con dei pezzi di stoffa e un secchio pieno di benzina. Gli ordini di Don Rocco, capobastone latitante, sono stati chiari: «Date fuoco al cane e fatelo correre nel bosco sopra Agatea, in pochi minuti le fiamme avvolgeranno tutto». Ma i due piromani non sono gli unici a nascondersi nell’oscurità e qualcosa, nel loro piano in apparenza semplice, è destinato ad andare storto. Così qualche giorno dopo, mentre le forze dell’ordine quantificano i danni dell’incendio, tra le ceneri vengono scoperti i cadaveri carbonizzati di due sconosciuti. Tina Romeo, la giornalista sportiva che un quotidiano di provincia ha spedito a seguire il caso, arriva sul posto convinta che si tratti dell’ennesimo tragico incidente. Non può immaginare che in un batter d’occhio si troverà al centro di una faida tra antichi rivali, di un intrigo di potere destinato a stravolgere la sua vita e quella di chi le sta intorno. L’anima nera della Calabria, dove oggi più che mai vige il diritto del più forte, trova finalmente voce in un romanzo crudele e ironico, che racconta una società senza coraggio e senza anticorpi alla mafia, in cui soltanto le parole possono ancora cambiare le cose. E forse neanche quelle.

Una storia di ’Ndrangheta ben raccontata, questa di Vins Gallico: linguaggio scorrevole, trama forte, personaggi ben caratterizzati e una contrapposizione tra bene e male, tra buoni e cattivi, che è assai meno netta di come è spesso rappresentata in molti romanzi che hanno a che fare con le organizzazioni criminali.

A proposito del coraggio, vi segnalo la seguente citazione di Hemingway riportata in epigrafe:

Il coraggio percorre una distanza breve;
dal cuore alla testa, ma quando se ne va
non si può sapere dove si ferma;
in un’emorragia, forse, o in una donna,
ed è un guaio essere nella corrida quando se n’è andato
dovunque sia andato.
Ernest Hemingway, “Morte nel pomeriggio”

Nel corso della discussione, tra i commenti, vi proporrò altre citazioni sul rispetto, sull’onore, sul coraggio e sulla paura. Vi chiedo fin d’ora di scegliere le vostre preferite (e quelle che invece non vi convincono), spiegandone le ragioni.

Per avviare la discussione… ecco alcune domande (ringrazio anticipatamente chi avrà la possibilità di rispondere).

1. Cosa significa oggi “avere (e/o portare) rispetto”?

2. Un tempo, il senso del rispetto era più forte… più sentito.
Siete d’accordo con questa affermazione?

3. Se così fosse, il rispetto di “un tempo” era reale… o intriso di una sorta di velo ipocrita?

4. In cosa si differiscono onore e rispetto?

5. Che relazione c’è tra paura e rispetto?

6. E tra coraggio e rispetto?

7. Quali sono le caratteristiche del coraggio?

8. Il senso del rispetto viene indotto più dalla paura o dal coraggio? Dall’autorità o dalla autorevolezza?

A voi…

Massimo Maugeri

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LA RAGAZZA DI VIA MAQUEDA. Incontro con Dacia Maraini http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/01/11/la-ragazza-di-via-maqueda-incontro-con-dacia-maraini/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/01/11/la-ragazza-di-via-maqueda-incontro-con-dacia-maraini/#comments Mon, 11 Jan 2010 15:58:13 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1530 Dacia Maraini torna a essere ospite di Letteratitudine (avevamo già avuto modo di incontrarla qui e qui).
L’occasione ce la fornisce la recente uscita di questa sua nuova opera letteraria: “La ragazza di via Maqueda” (Rizzoli, pp. 270, € 18,50).
Si tratta di una raccolta di racconti (alcuni già pubblicati su riviste e giornali, altri inediti) che compone una sorta di geografia dell’anima dell’autrice. Ci sono gli anni dell’adolescenza, qui. E quelli dei grandi incontri (Pasolini, la Callas, ovviamente Alberto Moravia). Ma è anche un libro che, mescolando la pura fiction con racconti della memoria, abbraccia i “luoghi per eccellenza” di Dacia Maraini: la Sicilia, Roma, l’Abruzzo.
Fornirò ulteriori informazioni nel corso della discussione.
Per il momento vorrei concentrarmi sul bel racconto che dà il titolo al volume (La ragazza di via Maqueda, appunto)… un racconto lungo ambientato a Palermo, una storia di denuncia che stigmatizza una sorta di doppio abuso, trattando due temi forti, duri: quello dello smaltimento illegale di sostanze radioattive e quello della prostituzione minorile. Il protagonista del racconto è un ingegnere palermitano, indicato con le sole iniziali: D.B.
Pur essendo un uomo onesto – e un buon padre di famiglia – finisce con il rivelarsi come un inetto, un debole. Per certi è una vittima del sistema. Una di quelle vittime, però, che non avendo la forza e il coraggio di ribellarsi finiscono, loro malgrado, per diventare parti del sistema stesso. Ingranaggi. Anelli della catena.
L’uomo si trova costretto ad apporre la propria firma su un foglio che – di fatto – (come avrà poi modo di scoprire) consente alla ditta per cui lavora di procedere allo smaltimento illegale (e occulto) di materiale radioattivo. L’ingegnere, all’inizio, tenta una timida protesta… che non sortisce alcun effetto. Poi si trova a vivere un conflitto che potrebbe sintetizzarsi nella seguente domanda: decidere di denunciare l’illecito (rischiando di perdere il posto di lavoro), oppure non reagire (ché in fondo lui stesso non è altro che una vittima)?
Mi fermo qui…
Sulla scorta di quanto accenato, provo a porre un paio di domande per favorire una discussione parallela a quella incentrata sul libro.

- La letteratura, oggi, ha ancora la forza e la capacità di denunciare, di stimolare le coscienze?

- Si diceva che il protagonista del primo racconto, in fondo, è un buon padre di famiglia a cui viene a mancare la forza e il coraggio di reagire a certe situazioni (anche se poi sfoga la propria frustrazione in maniera ulteriormente vergognosa e disdicevole)…
Oggi, il rischio di ritrovarsi (proprio malgrado) nello scomodo ruolo di “eroi” per perseguire il proprio “ordinario” senso di responsabilità… è più alto o più basso rispetto al passato?

Vi invito a intervenire e a porre domande a Dacia Maraini che parteciperà al dibattito.

Massimo Maugeri

Qui potete ascoltare l’intervista che Dacia ha rilasciato a Fahrenheit

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YOANI SÁNCHEZ e UNA TERRIBILE EREDITÁ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/01/07/yoani-sanchez-terribile-eredita/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/01/07/yoani-sanchez-terribile-eredita/#comments Thu, 07 Jan 2010 18:17:16 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/18/cuba-libre-vivere-e-scrivere-allavana-di-yoani-sanchez/ Rimetto in primo piano questo post dedicato alla blogger cubana Yoani Sánchez e – contestualmente – ne approfitto per presentare il nuovo romanzo di Gordiano Lupi (che è anche il traduttore del volume “Cuba libre” della Sánchez): “Una terribile eredità” (Perdisa Pop, 2009, p. 128, € 12).
Mi piacerebbe che Gordiano ci aggiornasse sulle condizioni di Yoani e che ci raccontasse qualcosa su questo suo nuovo libro (molti di voi ne avranno già sentito parlare… magari l’avranno anche letto). Anticipo che si tratta un romanzo a metà strada fra horror e reportage, che attinge a Cuba, ma anche alle inquietudini più profonde della natura umana.
La storia nasce nel cuore della guerra in Angola: i soldati cubani sono costretti a vivere un tormento assurdo e privo di logica, nel cuore di un’Africa selvaggia, tra mangiatori di scimmie, ritualità macabre e violenza efferata. Tra quei soldati c’è il protagonista del libro: un cittadino comune che si ritrova immerso in un incubo, mentre la moglie incinta lo aspetta a casa… all’Avana… insieme a un destino di follia. Un incubo che dura cinque anni, il suo (che tocca perfino l’esperienza del cannibalismo), e che si trasforma in un rinnovato incubo allorquando l’uomo torna a casa: la spersonalizzazione causata dalla guerra e le tragedie vissute, sommate alla crudeltà del regime, faranno di lui un disumano assassino.
Rimasto vedovo, l’uomo brancolerà tra le strade povere dell’Avana per dare la caccia alle vittime innocenti della sua mente devastata; eppure, paradossalmente, non verranno meno la sua sensibilità di base, l’amore per il figlio, il senso di colpa.
Una storia che si alterna tra macabro, follia, amore e morte in una terra che resta ancora da scoprire.

Questo libro di Gordiano offre vari spunti di riflessione. Uno di questi è quello della fragilità dell’uomo resa “estrema” di fronte alla guerra.
Per favorire un possibile dibattito, ho pensato di proporvi la seguente domanda: le devastazioni della guerra – a vostro avviso – agiscono più a livello collettivo o più a livello individuale? E con quali conseguenze?

Ne approfitto per evidenziare che “Una terribile eredità” è edito dalla piccola, ma prestigiosa, casa editrice Perdisa Pop nell’ambito della collana Walkie Talkie diretta da Luigi Bernardi. Il volume sarà presentato a ROMA, venerdì 15 gennaio 2010 – ore 16,30 – presso la SALA DEL CARROCCIO – CAMPIDOGLIO. Con Gordiano Lupi ci sarà Giovanni De Ficchy.

Vi ringrazio in anticipo per la partecipazione.
Segue il post originario dedicato a Yoani Sánchez.
Massimo Maugeri

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CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana, di Yoani Sánchez
(18 aprile 2009)

Avevamo già avuto modo di parlare di Yoani Sánchez. Ne parliamo nuovamente in occasione dell’uscita in Italia del suo “CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana“, appena edito da Rizzoli, collana 24/7 (p. 237, euro 17), e tradotto e curato da Gordiano Lupi.
Yoani Sánchez è un strana dissidente – leggiamo nella scheda del volume – : non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba.
Il suo blog è stato oscurato, ma – nonostante tutto – è riuscito a sopravvivere all’estero grazie a Internet. “Per noi che viviamo in questa Isola, nella quale per molti anni l’informazione è stata monopolio esclusivo dello Stato, Internet ha prodotto una crepa nel muro della censura che sembra molto difficile da chiudere“, racconta Yoani. “Anche se Cuba ha uno degli indici di connessione più bassi del pianeta, le persone cercano il modo di accedere alle notizie che compaiono in rete. Come abbiamo un mercato nero per gli alimenti, che ci fornisce tutto ciò che non possiamo comprare nel mercato razionato o nel mercato in pesos convertibili, così esiste un rifornimento illegale e alternativo di informazione. Con la creatività che ci caratterizza abbiamo imparato a distribuire le pagine web su memory flash e in dischi a centinaia di persone interessate, che non sono mai potute entrare su Internet. Con questo identico sistema circolano il mio blog e altri siti che si producono sull’isola, oltre ad altri siti web che vengono amministrati all’estero“.
Il blog di Yoani ha fatto il giro del mondo. E questa coraggiosa ragazza, che ha pure un figlio da crescere, continua la sua battaglia pacifica raccontando ciò che vede… ciò che vive.

Mi piacerebbe discutere con voi del caso di Yoani Sánchez, del suo blog e di questo libro. Ma anche di come Internet abbia “rivoluzionato” la possibilità di essere dissidenti in contesti di altissima censura.

Parteciperà alla discussione Gordiano Lupi, che è il traduttore italiano di Yoani (oltre che un esperto sulla realtà cubana).

Renzo Montagnoli mi darà una mano a moderare e animare la discussione.

Di seguito troverete la scheda del libro, un articolo di Gordiano Lupi e un’intervista rilasciata dalla Sánchez.

Massimo Maugeri
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CUBA LIBRE. Vivere e scrivere all’Avana – Rizzoli – p. 237 – euro 17 – traduz. Gordiano Lupi

La scheda del libro

Yoani Sánchez è un strana dissidente: non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta nel suo blog cosa significa vivere oggi nel regime comunista di Cuba: la difficoltà di fare la spesa e la fame cronica, l’arte di ripararsi gli elettrodomestici guasti, la lotta per leggere le vere notizie tra le righe del giornale di partito, la paura del ricovero in ospedale dove manca anche il necessario per sterilizzare, la convivenza forzata con la propaganda che si insinua nei media, nelle piazze e nelle scuole, il panico quando arrivano le convocazioni della polizia, la preoccupazione per gli amici in carcere, la nostalgia per i tanti che sono fuggiti e la delusione per tutti quelli che hanno smesso di credere al futuro. Ma soprattutto sfata il falso mito dell’efficienza castrista e descrive, tra tenerezza e rabbia, la frustrazione per le potenzialità inespresse e i sogni perduti di chi, come lei, è nato nella Cuba degli anni Settanta e Ottanta e si ritrova rinchiuso in un’utopia che non gli appartiene. Di questa generazione Yoani è diventata l’inconsapevole portavoce, e il suo blog, che ha fatto il giro del mondo è ora un libro.

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La vita di Yoani
di Gordiano Lupi

Yoani è laureata in filologia, vive all’Avana, è appassionata di informatica e lavora nella redazione telematica della rivista indipendente Desde Cuba. Il suo blog fa discutere perché racconta le frustrazioni quotidiane e le ordinarie mancanze di una Cuba al di là delle ideologie. L’autrice definisce Generación Y come “un blog ispirato a gente come me, con nomi che cominciano o contengono una y greca. Nati nella Cuba degli anni Settanta – Ottanta, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione”.
Yoani nasce a Cuba nel 1975. Nel 1995 si specializza in letteratura spagnola, filologia ispanica e letteratura latinoamericana contemporanea, nonostante la nascita di un figlio. Dimostra un caratterino niente male discutendo una tesi incendiaria dal titolo Parole sotto pressione. Uno studio sulla letteratura della dittatura in Latinoamerica. Terminata l’università, comprende che il mondo degli intellettuali e dell’alta cultura non è cosa per lei, ma soprattutto non ha la minima intenzione di fare la filologa. Nel 2000 si impiega presso la Editorial Gente Nueva e comprende che con il salario di Stato non può mantenere una famiglia. Decide di continuare il lavoro statale ma si mette dare lezioni (illegali) di spagnolo ai turisti tedeschi che visitano L’Avana. Non è la sola. Molti ingegneri preferiscono guidare un taxi che fare il loro mestiere, alcune maestre tentano di impiegarsi negli alberghi e nei negozi per turisti puoi essere servito da un neurochirurgo o da un fisico nucleare. Nel 2002 Yoani decide di emigrare in Svizzera, ma dopo due anni torna in patria, forse per la nostalgia della sua terra, anche se amici e familiari sconsigliano il rientro. Nel 2004 fonda, insieme a un gruppo di cubani che vivono sull’isola, la rivista di cultura e dibattito Consenso. Tre anni dopo lavora come webmaster e giornalista del portale Desde Cuba. Yoani vive all’Avana insieme al giornalista Reinaldo Escobar e con lui divide la sua esistenza da oltre quindici anni. Può dirsi più informatica che filologa, ma la sua cultura letteraria è molto utile nel 2007, quando comincia l’avventura del Blog Generacion Y, definito come “un esercizio di codardia”, perché è uno spazio telematico dove può raccontare la sua realtà e dire ciò che è vietato sostenere nella vita di tutti i giorni.
I suoi brevi racconti sono dei bozzetti a metà strada tra la metafora e il realismo più crudo, immersi nella vita quotidiana delle due anime di Cuba, ricchi di riferimenti a scrittori del passato dimenticati dalla cultura ufficiale, come Padilla, Cabrera Infante, Arenas e Lima. Yoani sogna una Cuba trasformata in un luogo dove ci si possa fermare a un angolo e gridare: “In questo paese non c’è libertà di espressione!”. Perché vorrebbe dire che le cose sono cambiate e si può cominciare a pronunciare la parola libertà. Si dichiara disponibile a scambiare gli alimenti somministrati con la tessera del razionamento alimentare per una cucchiaiata di diritti civili, una libbra di libertà di movimento e due once di libera iniziativa economica. Percorre le strade di due città diverse, quella dei membri del partito, dei generali, dei dirigenti di Stato e quella della povera gente che vive nella desolazione dei quartieri periferici, nelle casupole cadenti e nei rifugi costruiti per i senza tetto. Vive un’utopia che non è più la sua e non vorrebbe lasciarla in dote ai suoi figli, analizza le contraddizioni di chi fatica a mettere insieme il pranzo con la cena ma sogna vestiti di marca e profumi. Assiste alle fughe di personaggi famosi e di semplici cittadini esasperati, critica il governo per le promesse disattese, ricorda il passato e analizza lo stato deplorevole della cultura di regime. Yoani si scaglia contro il doppio sistema monetario e narra la realtà del mercato nero, unica fonte di sostentamento, perché la maggioranza dei cubani vive di ciò che i venditori informali portano nelle loro case. L’informazione di regime è un altro bersaglio da colpire, perché non è vero che tutto è sotto controllo e che i problemi vengono sempre superati da una rivoluzione solida e forte. Il libro – blog di Yoani Sánchez è uno spaccato di vita che rappresenta con realismo la Cuba contemporanea, lontano da condizionamenti ideologici, ma dalla parte del cittadino che giorno dopo giorno è costretto a inventare il modo per sopravvivere.
Yoani Sánchez è un’eroina della nuova Cuba, esponente di una generazione Y che può dar vita a un nuovo esercito ribelle del cyberspazio, zona franca sicura e inaccessibile che può trasformarsi in una nuova Sierra Maestra. La guerra delle idee può dare buoni frutti, perché i dittatori temono chi pensa con la propria testa e non possono rinchiudere le idee in una galera.

Gordiano Lupi
 www.infol.it/lupi
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INCONTRO CON YOANI SÁNCHEZ

Una piccola blogger che mette in crisi i fratelli Castro

di Gordiano Lupi

con la collaborazione di Fabio Izzo

Yoani Sánchez rischia di far tremare il trono dei fratelli Castro, perché questa ragazza di appena 33 anni (l’età di Cristo, che pericolosa analogia!) lancia critiche ironiche e veritiere da un blog molto frequentato come Generacion Y. Yoani è laureata in filologia, vive all’Avana, è appassionata di informatica e lavora nella redazione telematica del portale Desde Cuba  http://www.desdecuba.com/), rivista indipendente ostacolata dal regime.  Il suo blog  www.desdecuba.com) – adesso tradotto pure in italiano  http://desdecuba.com/generaciony_it/) – fa discutere perché è controcorrente. Si autodefinisce “un blog ispirato a gente come me, con nomi che cominciano o contengono una y greca. Nati nella Cuba  degli anni Settanta – Ottanta, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione”.

yoani-y-reinaldo.jpgYoani nasce a Cuba nel 1975. Si specializza in letteratura spagnola, filologia ispanica e letteratura latinoamericana contemporanea, nel 1995, nonostante un figlio nato nello stesso anno. Dimostra un caratterino niente male discutendo una tesi incendiaria dal titolo Parole sotto pressione. Uno studio sulla letteratura della dittatura in Latinoamerica. Yoani termina l’università, comprende che il mondo degli intellettuali e dell’alta cultura non fa per lei, ma soprattutto non ha la minima intenzione di fare la filologa. Nel 2000 si impiega presso la Editorial Gente Nueva e si convince – come la maggior parte dei cubani – che con il salario di Stato non può mantenere una famiglia. Decide di continuare il lavoro statale ma comincia a dare lezioni (illegali) di spagnolo ai turisti tedeschi che visitano L’Avana. In quel periodo (come ancora oggi!) molti ingeneri preferiscono guidare un taxi che fare il loro mestiere, alcune maestre tentano di impiegarsi negli alberghi, e nei negozi per turisti ti può servire un neurochirurgo o un fisico nucleare.

Nel 2002 Yoani decide di emigrare in Svizzera, ma nel 2004 torna in patria, forse per la nostalgia della sua terra, anche se amici e familiari sconsigliano il rientro. Scopre la professione di informatica, lavoro che fa ancora oggi, si rende conto che il codice binario è più trasparente di quello intellettuale e spera di avere maggior fortuna con il linguaggio html di quanta ne ha avuta con il latino. Nel 2004 fonda insieme a un gruppo di cubani che vivono sull’isola la rivista di cultura e dibattito Consenso. Tre anni dopo lavora come webmaster, articolista e editorialista del portale Desde Cuba. Nell’aprile del 2007 comincia l’avventura del Blog Generacion Y, definito come “un esercizio di codardia”,  perché è uno spazio telematico dove può dire quello che è vietato sostenere nella vita di tutti i giorni. Yoani vive all’Avana insieme al giornalista Reinaldo Escobar, con il quale divide la sua vita da quindici anni, e adesso può dirsi più informatica che filologa.

Yoani è un’eroina della nuova Cuba, esponente di una generazione Y che può dar vita a un nuovo esercito ribelle del cyberspazio, senza bisogno di nascondersi tra le montagne della Sierra Maestra. La guerra delle idee può dare buoni frutti, perché i dittatori temono chi pensa con la propria testa e poi non possono rinchiudere le idee in una galera.

Abbiamo avvicinato Yoani Sánchez per sentire dalla sua voce alcune impressioni sull’attuale situazione di Cuba e sulle prospettive future.

Nel mondo esiste ancora la censura e la libertà di stampa non è un diritto acquisito. Tu hai la tua libertà su internet ma l’hai pagata a caro prezzo. Sappiamo che il tuo blog vive all’estero. Non puoi vederlo quando scrivi ma continui ad aggiornarlo. Come vivi questa condizione di blogger cieca?

yoani.JPGDall’ultima settimana di marzo 2008, il governo cubano ha inserito un filtro che impedisce l’accesso a tutto il portale Desdecuba – dove è inserito il mio blog – dalle connessioni a internet nei cyber caffè, dagli hotel, dai centri di studio e dalla maggior parte dei centri di lavoro. Quando è accaduto questo ho pensato che sarebbe stata la fine del mio sito e che non mi sarei ripresa dal colpo di non poter amministrare Generación Y. Tuttavia, attorno al mio blog si era prodotta una vera comunità virtuale ed è proprio da quella che è nata l’idea di aiutarmi a pubblicare ogni nuovo testo.

Grazie alla solidarietà cittadina di persone che vivono in diversi paesi, posso inviare i miei post per e-mail e loro si occupano di pubblicarli nella pagina web. Al tempo stesso sono usciti fuori molti amici virtuali che traducono in quattordici lingue ciò che scrivo e altri mi inviano, tramite posta elettronica, i commenti che lasciano i lettori. In questo modo Generación Y è diventato una rete cittadina nella quale ognuno di noi ha una piccola responsabilità e ci unisce il desiderio di espressione, la necessità di dibattito e un certo tema chiamato Cuba. Nel mio blog non cala mai il sole, perché durante le ventiquattro ore del giorno c’è sempre gente che discute e il fatto di essere censurato a Cuba lo ha reso ogni volta più attraente per i miei compatrioti.

Internet è uno strumento per la libertà di pensiero?

Per noi che viviamo in questa Isola, nella quale per molti anni l’informazione è stata monopolio esclusivo dello Stato, Internet ha prodotto una crepa nel muro della censura che sembra molto difficile da chiudere. Anche se Cuba ha uno degli indici di connessione più bassi del pianeta, le persone cercano il modo di accedere alle notizie che compaiono in rete. Come abbiamo un mercato nero per gli alimenti, che ci fornisce tutto ciò che non possiamo comprare nel mercato razionato o nel mercato in pesos convertibili, così esiste un rifornimento illegale e alternativo di informazione.

Con la creatività che ci caratterizza abbiamo imparato a distribuire le pagine web su memory flash e in dischi a centinaia di persone interessate, che non sono mai potute entrare su Internet. Con questo identico sistema circolano il mio blog e altri siti che si producono sull’isola, oltre ad altri siti web che vengono amministrati all’estero.

Raúl e Obama sono i leader del presente. La storia può cambiare senza Fidel e Bush? Abbiamo qualche speranza?

Sono d’accordo che Obama è un leader del presente, ma Raúl Castro per me rappresenta il passato. Si tratta di un uomo che ha ereditato il potere per diritto di sangue e sta tentando di mantenerlo senza compiere cambiamenti significativi. Mi rattrista che i cubani abbiano riposto le loro speranze in ciò che può fare il presidente nordamericano, nella influenza che la sua gestione possa avere a Cuba. Questo significa che la gente qui si rende conto che dall’interno non è possibile provocare cambiamenti. Avrei preferito che la speranza venisse riposta in ciò che possiamo fare dall’interno dell’Isola, ma purtroppo la società civile cubana è eccessivamente frammentata e censurata per aver la forza di abbattere il muro.

A Cuba non possono leggere il tuo blog, ma tu parli di Cuba al mondo. Secondo te com’è il mondo?

Anche se sono nata e ho vissuto in un’Isola, sento di appartenere a una  nazionalità più ampia che mi fa essere abitante di questo pianeta. Cerco di mantenermi informata su ciò che accade in ogni parte del mondo. Grazie ai giornali che mi portano amici che vengono a Cuba, riesco a tenermi aggiornata su quel che succede. Anche quando mi collego a Internet cerco di copiare pagine informative e le distribuisco a decine di amici. Questo è un lavoro importante, perché a volte noi cubani ci sentiamo l’ombelico del mondo e ciò è dovuto – in parte – all’ignoranza di come sono gli altri paesi e le altre culture.

Grazie a Internet il mondo si è trasformato in un villaggio che possiamo visitare senza alzarci dalla sedia. Nonostante questo ho molto desiderio di poter uscire dal mio paese e arricchirmi con altre esperienze. Il periodo che ho vissuto in Svizzera è stato uno dei più intensi di tutta la mia vita, perché ho potuto interagire con persone di molti paesi. Noi cubani avremmo molto bisogno di questo incontro di diverse culture, lingue e religioni per alimentare e beneficiare la nostra stessa identità.

Non ti hanno lasciata venire in Italia per il Pisa Book Festival. Il regime cubano vuole mantenere cieca la tua scrittura. Il tuo blog – tradotto da Gordiano Lupi – in Italia ha sempre più lettori. Quale idea ti sei fatta della situazione italiana?

So che in Italia molte persone applaudono ogni azione che compie il governo cubano. Per loro questa Isola è un paradiso dove regna l’eguaglianza e la speranza. Mi spiace deluderli, ma non è così. Credo che persino molti di coloro che pensano che noi cubani abitiamo nel miglior sistema possibile, non sopporterebbero due settimane di code, mercato razionato e proibizioni. Il grande problema è che molti di coloro che sostengono l’attuale situazione cubana, vengono qui solo come turisti e da un hotel sembra tutto molto gradevole. Raccomando loro di fermarsi a vivere come un cubano, con la moneta nazionale che non serve per comprare la maggior parte delle cose necessarie, il trasporto collassato e i periodici che non rispecchiano la realtà. Forse dopo una terapia come questa comincerebbero a pensare in un altro modo.

Com’è cambiata la tua vita dopo aver acquistato notorietà?

Per un verso è cambiata molto ma per altri aspetti continuo a essere più o meno la stessa. Ora mi sento più responsabile delle cose che dico, perché so che il mio blog è letto da centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. Ho sempre meno tempo durante la giornata, perché molte persone vogliono intervistarmi o filmare qualcosa sul mio lavoro. Tuttavia, ho cercato di mantenere la mia famiglia al riparo da tutte queste agitazioni della stampa e di continuare a dedicare alla mia casa, a mio marito e a mio figlio il tempo necessario per conservare l’affetto. Molte persone mi riconoscono per strada e mi salutano, ma i mezzi informativi ufficiali del mio paese tacciono sulla mia persona. Continuo  a vivere nella stessa casa, non ho un’auto, il mio ascensore è rotto da tre mesi, non ho dei collaboratori che mi aiutano a rispondere alle migliaia di mail che ricevo ogni settimana, né posso uscire dal mio paese. Continuo a essere una cittadina e questo mi rallegra.

Come ti piacerebbe il futuro di Cuba? Hai un’idea politica?

Quello che mi piacerebbe di più per la mia Isola è che un giorno potesse riunire tutti i cubani, senza segregazioni di carattere politico o ideologico. Una Cuba pluralista e tollerante, nella quale i miei nipoti non vengano classificati con epiteti come “vermi” solo per il fatto di avere opinion critiche. Questo è il mio sogno. Bada bene, questo agognato paese non è dietro l’angolo, dovremo lavorare molto per ottenerlo. Il disastro economico, l’apatia generalizzata, l’emigrazione costante e la sfiducia che esiste in ogni membro di questa società, sono molto difficili da superare. Ci attendono anni molto duri e per uscirne fuori dovremo tornare a sentire che l’Isola ci appartiene e che non è un feudo di poche persone chiamate a decidere tutto per noi. Io cercherò di svolgere il mio ruolo dalla società civile, non da una tribuna.

A Cuba esiste un movimento di opinione per il cambiamento?

Mi piacerebbe pensare di sì, ma ancora la gente sta molto attenta a dire in pubblico ciò che pensa realmente sulla situazione politica, economica e sociale. Nella intimità delle case e tra amici, si ascoltano voci di cambiamento, desideri che lo status quo in cui viviamo lasci il posto a una società più partecipativa. Sebbene a Cuba il risveglio della società civile proceda lentamente, posso assicurare che negli ultimi due anni ha fatto passi più lunghi che nelle trascorse decadi. L’assenza di Fidel Castro ha significato la fine di un’ipnosi collettiva realizzata dalla sua figura. Dal giorno in cui codesto grande ipnotizzatore non ha più potuto prendere il microfono e fare un discorso di tre ore, la gente ha cominciato lentamente a risvegliarsi e a parlare.

Ci sono molti giovani blogger cubani. Questo fenomeno può portare qualcosa di positivo?

La blogosfera prodotta dall’interno dell’Isola è ancora a uno stadio embrionale. Cospirano contro la sua crescita sia la difficoltà di accesso a internet che il timore di esprimere opinioni. Nonostante tutto, negli ultimi mesi abbiamo visto nascere nuovi siti e – cosa più sorprendente – i loro autori non si nascondono più sotto uno pseudonimo. Non credo che la blogosfera possa fare da sola ciò che dovrebbe essere compito di tutta la società: riscattare il diritto alla libera espressione. Questo fenomeno virtuale deve essere accompagnato anche dal lavoro dei giornalisti indipendenti, degli intellettuali, che con la loro opera mostrino la realtà senza il trionfalismo che caratterizza i periodici ufficiali, e dei cittadini che abbiano il coraggio di indicare a voce alta le cose che non vanno. Se la necessità di esprimere opinioni non è sentita da tutti, la blogosfera cubana non può cambiare da sola l’atmosfera di censura imposta durante questi cinquanta anni.

Una domanda letteraria. Il tuo blog è molto interessante e presto diventerà un libro. Non pensi di scrivere romanzi, racconti o poesie sulla Cuba di oggi?

Il vortice che rappresenta il mio blog mi assorbe molte energie e tempo, tuttavia trovo sempre un momento di pace per scrivere racconti o intraprendere progetti letterari di maggior importanza. Sinceramente, dico che scrivere per la rete è un’esperienza incredibile e credo che poco a poco la cyber letteratura si imporrà anche nei gusti dei lettori. Mi piacciono quelle pennellate impressioniste, molto brevi, che posso pubblicare su Generación Y.

Cosa credi che succederà il giorno che morirà Fidel Castro?

Se mi avessero fatto questa domanda tre anni fa, avrei detto che sarebbe cambiato tutto. Malgrado ciò, nel tempo trascorso da quel 31 luglio 2006 – quando è stata annunciata la malattia di Fidel Castro – fino a oggi, il governo cubano si è dato da fare per preparare i cittadini alla notizia della sua morte. Abbiamo visto spegnersi la figura dell’“invincibile” Comandante in capo, come in uno di quei film dove il protagonista si allontana per un lungo cammino fino a perdersi dalla nostra vista. In questo periodo sono in molti a pensare che sia già morto e che ha perso molta importanza nella vita politica del paese. Nonostante tutto, alla scomparsa del simbolo che rappresenta la sua persona, moti cubani penseranno che è terminata un’intera epoca.

Alcuni si sentiranno alleviati e forse le vendite di rum andranno alle stelle in tutta Cuba, mentre altri piangeranno in pubblico e davanti alle telecamere. Entrerà nel nostro passato e un giorno quando i miei nipoti mi sentiranno parlare di Fidel Castro, non sapranno se si trattava di un politico, di una stella della musica tradizionale o di un giocatore di baseball. Quel giorno, sentirò che finalmente avremo superato il suo enorme peso verde olivo sulle nostre vite.

In attesa di quel giorno continuiamo a seguire il blog di Yoani Sánchez e i suoi commenti ironici, graffianti, malinconici, ma soprattutto critici e calati nella realtà quotidiana. Il vero volto della nuova Cuba si può trovare soltanto tra le pagine telematiche di una Generación Y che è destinata a dare soltanto buoni frutti.

Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi

con la collaborazione di Fabio Izzo

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AGGIORNAMENTO DEL 20 APRILE 2009

Aggiorno il post segnalando il sito 24/7 della Rizzoli che ha linkato il nostro dibattito.
Di seguito troverete la scansione a un paio di articoli pubblicati nei giorni scorsi sul quotidiano Repubblica.
Massimo Maugeri

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http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/01/07/yoani-sanchez-terribile-eredita/feed/ 251
DIBATTITO SUL ROMANZO STORICO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/#comments Sun, 13 Dec 2009 18:15:58 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=985 dibattito-sul-romanzo-storicoImmagine 30 StoriaQuesto post, già avviato a partire dall’estate del 2009, si è progressivamente trasformato in un dibattito permanente sul romanzo storico.
Fino a questo momento hanno partecipato alla discussione i seguenti scrittori (li cito in ordine alfabetico): Andrea Ballarini, Rino Cammilleri, Giulio Castelli, Rita Charbonnier, Alfredo Colitto, Nicole Fabre, Andrea Frediani, Giulio Leoni, Giorgia Lepore, Simona Lo Iacono, Leda Melluso, Adriano Petta, Marco Salvador, Cinzia Tani, Jasmina Tešanović, Filippo Tuena.
Altri autori di romanzi storici, nel tempo, saranno invitati a partecipare.
Le domande poste per favorire la discussione sono le seguenti…

1. Quali caratteristiche dovrebbe necessariamente possedere il romanzo storico?

2. Quale dovrebbe essere la sua funzione?

3. Che cosa – viceversa – dovrebbe evitare?

4. Qual è, a vostro giudizio, lo stato di salute del romanzo storico, oggi, in Italia?

5. E nel resto del mondo?

6. Domanda-sondaggio: qual è il più grande romanzo storico di tutti tempi (quello che potrebbe essere eletto come “rappresentativo” del genere)?

La seconda parte del dibattito sul romanzo storico si è svolta in questo post.

Massimo Maugeri

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(Seguono il post del 26 luglio 2009 e i successivi aggiornamenti)
romanzo-storico-letteratitudineA partire da oggi, e per i prossimi giorni, qui su Letteratitudine proverò a condurre un dibattito sul romanzo storico. Per l’occasione ho invitato quattro protagonisti del settore: due scrittrici e due scrittori. Scrivo i loro nomi in rigoroso ordine alfabetico: Andrea Ballarini (foto in alto a sinistra, nel quadrante), Rita Charbonnier (in alto a destra), Marco Salvador (in basso a sinistra), Cinzia Tani (in basso a destra).
L’occasione è ghiotta. Discuteremo, con i quattro ospiti, del romanzo storico in generale e delle loro opere più recenti (nel farlo mi avvarrò anche dei contributi di Salvo Zappulla e Renzo Montagnoli).
Provo a porre alcune domande per favorire la discussione…

1. Quali caratteristiche dovrebbe necessariamente possedere il romanzo storico?

2. Quale dovrebbe essere la sua funzione?

3. Che cosa – viceversa – dovrebbe evitare?

4. Qual è, a vostro giudizio, lo stato di salute del romanzo storico, oggi, in Italia?

5. E nel resto del mondo?

6. Domanda-sondaggio: qual è il più grande romanzo storico di tutti tempi (quello che potrebbe essere eletto come “rappresentativo” del genere)?

Provate a rispondere alle domande!
L’invito è rivolto a tutti… e, in particolare, ai protagonisti di questo post (che invito a interagire tra loro).
Sono certo che ne verrà fuori una discussione molto interessante.
Di seguito, gli articoli sulle più recenti opere di Andrea Ballarini, Rita Charbonnier, Marco Salvador, Cinzia Tani.
Massimo Maugeri

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IL TRIONFO DELL’ASINO di Andrea Ballarini
Del Vecchio editore, pagg. 488, euro 17,50

articolo di Massimo Maugeri

Ho avuto il piacere di presentare Andrea Ballarini al Salone del libro di Torino insieme a Rita Charbonnier. Con il romanzo storico, “Il trionfo dell’asino”, ha aperto una nuova collana di narrativa dell’editore Del Vecchio.
Siamo nell’ultimo quarto del XVII secolo. Il protagonista del libro – e voce narrante della storia – è Giacomo Crivelli, figlio del Provveditore Generale di un Duca. Un giovane con una famiglia importante alle spalle, ma che è mosso da una passione che non viene compresa – o quanto meno assecondata – dai suoi familiari. Giacomo Crivelli ama il teatro. Incondizionatamente. Al punto da contravvenire agli indirizzi paterni su quello che dovrebbe essere il suo futuro e di unirsi a una compagnia di teatranti.
Nel corso del suo girovagare con l’Illustre Compagnia dei Comici Entusiasti, Crivelli incontra un uomo avanti negli anni e dal passato misterioso: Aristotele Cereri, (che viene assunto come scenotecnico all’interno della Compagnia). L’uomo rivela a Giacomo che la sua vita è votata a recuperare un tesoro molto particolare… e che questo compito gli è stato lasciato in eredità dal suo antico maestro: un filosofo nato a Roma nel 1583.
In seguito Aristotele rivela che il tesoro consiste in uno scritto… e che, secondo il suo maestro, nello scritto si cela un segreto, forse un diabolico incantesimo, in grado di sconvolgere l’ordinamento del mondo quale lo si conosce. Estremamente scettico, Giacomo – almeno all’inizio – non dà molto seguito a queste rivelazioni, sempre più determinato, invece, a perseguire la sua passione per il teatro e le teatranti. Perché – tra le altre cose – il protagonista del libro è… come dire… molto “sensibile” alle grazie femminili.
La compagnia però si sfascia e Giacomo si trova, giocoforza, costretto a seguire Aristotele nella sua ricerca (che li porterà in Francia, alla corte del Re Sole, e poi di nuovo in Italia, frequentando tanto salotti raffinati quanto umide e poco accoglienti stamberghe). Il tutto si complica per l’interesse che il manoscritto (un’antica commedia) suscita in più personaggi, anch’essi desiderosi di carpirne i contenuti che, se divenissero di pubblico dominio, potrebbero cambiare radicalmente le sorti del mondo. Insomma, a mano a mano che si procede nella lettura, il mistero si infittisce.
Questo romanzo è strettamente connesso al teatro per una serie di motivi: a) racconta le vicende di un gruppo di teatranti; b) il cuore del libro ha per oggetto la ricerca di un’antica commedia; c) il testo del romanzo offre, di tanto in tanto, stralci di commedia. In tal senso questo libro è un testo dotato di un’altissima valenza metaletteraria: un romanzo che guarda al teatro… che si rifà al teatro.
E Ballarini è bravo a mettere “in scena” (in questo caso il termine è azzeccatissimo) una storia ricca, complessa, con molti personaggi. Una storia lunga, ben gestita dall’inizio alla fine… nonostante la dimensione considerevole del testo. E lo fa con una scrittura sicura, efficace. Una prosa elegante, mai autoreferenziale.
Un libro che offre un piacevole e avventuroso viaggio tra i teatranti dell’Italia di fine 1600 e che – garantito! – consentirà al lettore di trovarsi in… buona compagnia.

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LA STRANA GIORNATA DI ALEXANDRE DUMAS di Rita Charbonnier
Edizioni Piemme, pagg. 374, euro 18,50

articolo di Salvo Zappulla

Rita Charbonnier è una di quelle donne predestinate al successo, ha nel sangue il dono dell’Arte e lo manifesta attraverso una personalità poliedrica ed esuberante, quale sia essa l’attività in cui si cimenta: il teatro, il cinema, la letteratura. Dopo il successo riportato con il romanzo “La sorella di Mozart” edito nel 2006 da Corbaccio, tradotto in ben dodici Paesi, si ripresenta con questo secondo avvincente romanzo (“La strana giornata di Alexandre Dumas“, Edizioni Piemme, pagg. 374, €18,50). Ancora una storia di donne strappate all’oblio e riconsegnate alla loro verità storica. Quasi un atto di giustizia sociale quello di Rita per ridare identità attraverso le sue opere letterarie a personaggi tenuti ingiustamente ai margini. Una storia scabrosa, un baratto di neonati per questioni di interessi che rischia di suscitare un terremoto nella Francia di fine Ottocento. Maria Stella Chiappini, la protagonista di questo romanzo, sembra permeata da un alone di magia, scaturita da una fiaba, o dalle radici del mondo; incanta con la sua eloquenza, incanta e seduce con la forza evocatrice delle parole. Incanta Alexandre Dumas che rimane ad ascoltare la sua straordinaria vicenda completamente rapito. Il grande scrittore trascorrerà con lei forse la giornata più intensa della sua vita. La stessa forza di narratrice che Rita Charbonnier trasmette al lettore, con una meticolosa descrizione dei costumi dell’epoca, il rapporto tra nobili e popolani, con particolare attenzione per il percorso psicologico e le azioni che danno slancio alla vicenda narrata. I suoi dialoghi, ora delicatamente ironici, ora drammaticamente lirici, affabulatori, nostalgici, malinconici. Le pagine dedicate all’incontro tra Maria Stella e la madre adottiva in punto di morte sono tra le più affascinanti, intense, coinvolgenti del romanzo. Così come anche le altre donne hanno un ruolo non indifferente nell’economia della storia, predominante rispetto agli uomini. Donne dotate di grande saggezza, un po’ compresse nel ruolo di semplici consorti, straripanti di personalità, desiderose di affermare la propria esistenza.

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LA PALUDE DEGLI EROI di Marco Salvador
Edizioni Piemme, pagg. 501, euro 20

articolo di Renzo Montagnoli

Avete presente quegli affreschi che nelle chiese si trovano nell’abside, che partono a sinistra dell’altare e in una serie di quadri successivi gli girano dietro per concludersi alla sua destra? Ecco, La palude degli eroi è strutturato così, come se Salvador fosse il pittore chiamato a celebrare la vita di un santo. E’ quindi tutta una serie di quadri, legati l’uno all’altro e che danno vita a un affresco di grande bellezza.
Se gli inglesi hanno avuto in Walter Scott con il suo Ivanohe il cantore del loro medioevo, mi sento tranquillamente di indicare l’autore pordenonese come il suo equivalente nel nostro paese.
In questo romanzo ci parla dei da Romano, quella famiglia che raggiunse l’apice della sua fama e fortuna con il condottiero Ezzelino, validamente coadiuvato dal fratello Alberico, ma la figura di questo personaggio, conosciuto, a torto o a ragione, come un sanguinario scompare quasi subito nella narrazione, poiché muore dopo la sconfitta subita a Cassano d’Adda per le gravi ferite riportate. Il fulcro invece di tutta la narrazione è costituito da uno straordinario personaggio, Guido da Romano, figlio adottivo di Alberico e figlio naturale di Ezzelino.
Non intendo raccontare la trama, che presenta in 501 pagine tanti fatti e accadimenti, una vera “summa” di questo protagonista, ultimo rimasto dei da Romano dopo la crudele esecuzione da parte dei papisti di Alberico e dell’intera sua famiglia. Non ci sarebbe infatti abbastanza spazio per una sintesi logica, né è mia intenzione privare il lettore di scoprire pagina dopo pagina il succedersi degli eventi.
Preferisco quindi scrivere di quello che ha suscitato in me questo romanzo, delle impressioni che ne ho ritratto, dell’emozione di cui è riuscito a pervadermi.
Ci troviamo davanti a una vera e propria opera d’arte, abbastanza fedele storicamente, e con tutta una serie di ceselli, che vanno dalla descrizione dei costumi per arrivare perfino alle abitudini alimentari, inseriti con abilità in modo non solo da soddisfare la curiosità, ma da consentire al lettore di immergersi progressivamente in un’epoca.
Fra l’altro, questo risultato è ottenuto in modo mai greve, tanto che il romanzo, se non fosse per la sua notevole lunghezza, si leggerebbe tutto d’un fiato.
Avevo già notato questa capacità di Salvador di avvincere in occasione della lettura del suo ciclo sui longobardi, ma in questo lavoro si è veramente superato, al punto che si ha l’impressione di essere presenti nella vicenda, come spettatori estasiati di un torneo o pavidi testimoni di una battaglia, di cui si ode lo scontro delle armi, si avverte il senso di paura e di follia che anima i contendenti e, perfino, sembra di fiutare l’odore dolciastro del sangue che inzuppa il terreno.
Ma questo, che pur è molto, non è nulla in confronto con la capacità di Salvador di rendere dinamiche le scene, così che si vedono i cavalli galoppare, giungere a contatto con quelli degli avversari, con campi lunghi e altri più ristretti, cogliendo particolari essenziali, proprio come in una pellicola cinematografica.
Adesso, quindi, potete capire il perché questo romanzo risulti particolarmente avvincente e il coinvolgimento è totale, nel senso che ci si dimentica di stare comodamente seduti su una poltrona, ma ci si vede accanto a Guido a duellare, oppure ad ascoltarlo quando si dichiara alla bella e umile Aurora. E questo alternarsi di scene cruente, di supplizi dolorosi, con immagini elegiache della campagna trevigiana, con stacchi incisivi su personaggi minori, che però sono funzionali al racconto, consente di trarre respiro, permette al lettore di abbassare il ritmo, pause indispensabili in una trama che galoppa come un cavallo selvaggio.
Non posso anche dimenticare l’abile caratterizzazione dei protagonisti, nessuno tutto buono o tutto cattivo, ma uomini con pregi e difetti, sia fra gli alleati di Guido che fra i suoi nemici. Se la figura di Ezzelino da Romano viene un po’ rivalutata, nel senso che la sua ferocia non era dissimile da quella dei potenti della sua epoca, un trattamento particolare viene riservato alla Chiesa di Roma, intrigante, superba, prepotente e sempre pronta a incrementare i suoi possedimenti. Per fortuna, però, esistono anche umili preti, che con il loro esempio, la loro fede e umanità consentono che una religione non venga identificata con la sua struttura politico-amministrativa; nel romanzo ne troviamo, ancore di salvezza in un mondo di lupi che si sbranano e in cui i potenti, come oggi, decidono delle sorti degli altri uomini.
Non mancano quindi anche motivi di riflessione che finiranno con l’emergere una volta ultimata la lettura, toccando argomenti che credevamo antichi e che invece sono ancora del tutto in corso. Questo è un altro dei pregi di questo lavoro ed è giusto sottolinearlo, perché la narrazione non è fine a se stessa e così riesce a coniugare la spettacolarità con la sostanza, compito questo in cui mi sembra che Salvador sia riuscito assai bene.
La palude degli eroi è un’opera d’arte, un romanzo di rara grande bellezza che vi consiglio di leggere, sicuro che alla fine rimarrete stupiti e soddisfatti.

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LO STUPORE DEL MONDO di Cinzia Tani
Mondadori, pagg. 319, euro 19

articolo di Massimo Maugeri

Cinzia Tani non ha bisogno di presentazioni: giornalista e scrittrice, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. Ha pubblicato diversi volumi, tra romanzi e saggi, aggiudicandosi svariati premi.
L’otto marzo 2004 il Presidente della Repubblica Ciampi ha scelto Cinzia Tani insieme ad altre undici donne per conferirle l’onorificenza di Cavaliere dell’ordine “Al merito della Repubblica Italiana”. Il precedente romanzo “Sole e ombra” (Mondadori, oggi disponibile nella collana Oscar besteller) ha vinto il Premio selezione Campiello 2008.
Di recente è uscito un nuovo romanzo storico, sempre edito da Mondadori, ambientato a Roma nel 1201: “Lo stupore del mondo”, da dove emerge la figura di Federico II.
Ecco la trama…
Il piccolo Pietro si è appena abbandonato all’abbraccio della levatrice, quando un tuono improvviso irrompe su palazzo Graziani, la balia perde la presa e il primo dei due gemelli appena venuti alla luce le scivola dalle mani. In quel tuono inspiegabile, a ciel sereno, è racchiuso il cattivo presagio che condiziona il destino di Pietro: nel suo volto, irrimediabilmente deturpato dalla caduta, molti leggono un segno del demonio, gli altri vengono respinti dalla sua deformità. Con il tempo l’isolamento rende il ragazzo diffidente, cupo e determinato, almeno quanto suo fratello Matteo cresce fiducioso e remissivo, ben voluto da tutti. Solamente il sogno di diventare cavaliere sembra accomunarli, ma ciascuno per realizzarlo seguirà il proprio temperamento e i propri ideali, che li porteranno inevitabilmente a combattere su fronti opposti.
Lontano da Roma, dalle rovine dell’antico impero e dai rigori della Santa Sede, vivono invece gli altri protagonisti del romanzo, la bella Flora dagli occhi immensi, curiosa e indipendente, e il suo amato e sfuggente Rashid, il ragazzino arabo che sa parlare agli uccelli. Separati dai conflitti religiosi di una Sicilia assolata e rigogliosa, i due si ritroveranno nuovamente insieme, adulti, nella reggia pugliese dell’imperatore, a Foggia. Ed è proprio Federico II, lo svevo dai capelli fulvi e lo sguardo acuto, il poeta con la passione per le arti e le scienze naturali, l’uomo potente impegnato nei continui conflitti con il Papato e la Lega Lombarda, a muovere Pietro, Matteo, Flora, Rashid e tutti gli altri personaggi, a spingerli a congiungersi o scontrarsi seguendo l’amore e la gelosia, il tradimento e la vendetta. Fino al rogo della città di Victoria, alle porte di Parma, dove l’imperatore ha trasferito il tesoro, l’harem, i serragli con gli animali esotici e il suo prezioso trattato sulla caccia con il falcone. E dove ogni destino troverà compimento
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Per Francesco Fantasia Lo stupore del mondo (cfr. “Il Messaggero” pag. 21 dell’11-5-09), “è il romanzo più maturo di Cinzia Tani, che mette adesso il suo talento narrativo al servizio di una storia traboccante di calore e colore, ambientata in un Medioevo distante dai diffusi stereotipi. C’è sentimento, avventura, mistero, in questo libro corale in cui si incrociano i destini di una folla di personaggi che si amano, si odiano, si combattono, in una altalena di passioni e tradimenti che durerà mezzo secolo. (…) Cinzia Tani si immerge senza reticenze nei meandri della Storia, fa i conti con le debolezze e le ambiguità dell’umana natura. E quando si finisce di leggere il suo romanzo, non si vorrebbe ancora uscire da questo XIII secolo ricco di passioni e di miti religiosi: un mondo pullulante di vita che ci appare a tutta prima irrimediabilmente lontano e che scopriamo invece straordinariamente vicino”.
Motivo in più, quello evidenziato sopra, per immergersi nelle pagine di questo ottimo libro.

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AGGIORNAMENTO DEL 27 LUGLIO 2009

Aggiorno il post con questo video dove Cinzia Tani, Rita Charbonnier e Leda Melluso discutono del rinnovato interesse per il romanzo storico. Conduce l’intervista Elisabetta Bucciarelli. Il video è stato registrato il 16 maggio 2009 per Booksweb.tv in uno studio all’interno della XXII Fiera Internazionale del Libro di Torino.

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AGGIORNAMENTO DEL 31 LUGLIO 2009

Aggiorno il post per presentare e invitare due nuovi autori di romanzi storici. Premetto che nel corso della discussione è intervenuto lo scrittore Filippo Tuena – firma autorevole – che è già stato ospite di Letteratitudine in altre circostanza (qui e qui).

In questo momento trovate in libreria “I diari del Polo”, volume curato – appunto – da Filippo Tuena.

Adesso ho il piacere di presentarvi due scrittori che pubblicano con la Newton Compton: Andrea Frediani e Giulio Castelli.

Andrea Frediani vive e lavora a Roma, dove è nato nel 1963. Laureato in Storia medievale, pubblicista, è stato collaboratore di numerose riviste di carattere storico, tra cui «Storia e Dossier», «Medioevo» e «Focus Storia». Tra i suoi libri ricordiamo: “Il sacco di Roma”, “Costantinopoli, l’ultimo assedio e Attila”. Con la Newton Compton ha pubblicato “Gli assedi di Roma”, vincitore nel 1998 del premio «Orient Express» quale miglior opera di Romanistica, “Le guerre dell’Italia unita”, “Gli ultimi condottieri di Roma”, “Le grandi battaglie di Roma antica”, “Le grandi battaglie di Napoleone”, “Guerre e battaglie del Medioriente nel xx secolo”, “I grandi generali di Roma antica”, “Le grandi battaglie di Giulio Cesare”, “Le grandi battaglie di Alessandro Magno”, “Le grandi battaglie dell’antica Grecia”, “I grandi condottieri che hanno cambiato la storia”, “Le grandi battaglie del Medioevo” e i due romanzi di grande successo “300 guerrieri” e “Jerusalem”. (Ulteriori informazioni, qui).

Giulio Castelli, romano, narratore e saggista, è cultore e studioso di storia medievale e tardoantica. Giornalista professionista, ha coordinato i servizi culturali di due quotidiani e ha condotto trasmissioni radiofoniche. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo il romanzo “Il fascisti bile” e il pamphlet “Il leviatano negligente”. (Ulteriori informazioni qui)

A settembre usciranno due loro nuovi libri: “I 101 segreti che hanno fatto grande l’impero romano” di Andrea Frediani e “Gli ultimi fuochi dell’impero romano” di Giulio Castelli (trovate le immagini di copertina in basso).
Avremo modo di parlare dei suddetti libri nel corso della discussione.

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AGGIORNAMENTO DEL 24 AGOSTO 2009
Aggiorno il post segnalando la partecipazione al dibattito di due ulteriori scrittori di romanzi storici: Giorgia Lepore (autrice della Fazi editore) e Rino Cammilleri (autore Rizzoli).

giorgia-leporeGiorgia Lepore (nella foto) vive in Puglia, a Martina Franca. E’ archeologa e insegnante di storia dell’arte nelle scuole superiori. Dopo la laurea di Lettere con tesi in Archeologia Cristiana presso La Sapienza, ha conseguito presso la stessa sede il dottorato di ricerca in Archeologia e Antichità postclassiche, la specializzazione in Archeologia Medievale, e infine è stata assegnista di ricerca presso l’Università di Bari, nell’ambito del progetto di ricerca “L’insediamento medievale di Lama d’Antico a Fasano: l’abitato e la chiesa in grotta. Rapporti con altri insediamenti rupestri del territorio e con il sopraterra”. Ha insegnato presso la sede di Taranto del corso di Laurea in Beni culturali e collabora con la cattedra di Archeologia e Storia dell’Arte Paleocristiana e Altomedievale presso l’Università di Bari.
Ha al suo attivo varie coordinazioni di scavi in siti archeologici di tutta Italia e pubblicazioni in riviste specializzate e atti di convegni. Le sue attività di ricerca si incentrano soprattutto sull’altomedioevo italiano, specie pugliese e meridionale; sull’archeologia degli elevati e sullo studio delle strutture murarie; negli ultimi anni ha portato avanti e pubblicato vari lavori sugli insediamenti rupestri e sull’assetto del territorio nel medioevo.
L’abitudine al sangue” è il suo primo romanzo:
“II tuo futuro non è oggetto di discussione, né ora né mai. Il mese prossimo verrai avviato alla carriera militare”: crollano così i sogni di Giuliano, figlio dell’imperatore di Bisanzio, posto dal padre a capo dell’esercito. Il giovane, incapace di sopportare la perdita di vite umane, la vista e l’odore del sangue, grazie anche all’amore della prostituta Eucheria troverà il coraggio di ribellarsi al ruolo impostogli. La vendetta paterna sarà feroce: Giuliano, ridotto a schiavo e torturato fin quasi alla morte, è rinnegato e rinchiuso in un monastero. Da qui ha inizio il lento percorso interiore del protagonista, il suo confronto con il dolore per la perdita della donna amata e l’abbandono da parte di Dio e del padre, fino al raggiungimento della pace nell’epilogo del romanzo.

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Rino Cammilleri (nella foto) è nato a Cianciana (Ag) il 2.11.1950, dopo il liceo ad Agrigento si è laureato in Scienze Politiche a Pisa. Ha esordito come assistente di Diritto Diplomatico e Consolare nella stessa facoltà per poi dirottarsi sull’insegnamento di materie giuridiche ed economiche nelle scuole secondarie. Dopo aver lasciato il mondo della scuola, oggi fa esclusivamente lo scrittore, l’editorialista e il conferenziere. Attualmente collabora con varie testate nazionali. Come romanziere Cammilleri predilige il giallo storico, nel quale si è più volte cimentato (vedi la sezione sui libri). Non solo. Un altro dei suoi campi di attività è il fumetto: per le Edizioni ReNoir ha ideato una serie che si intitola «Gli Sconfitti». Il suo nuovo romanzo si intitola “Il crocifisso del samurai“:
1637: GIAPPONE
La grande rivolta dei samurai cristiani.

È l’alba quando la giovane Yumiko viene prelevata dalle guardie dello Shogun e torturata pubblicamente. La sua unica colpa è essere figlia di Kayata, samurai cattolico che non ha potuto pagare le tasse alle autorità, i cui uomini ormai da anni umiliano i cristiani di Shimabara con una violenza cieca e annientatrice. Ma nonostante la miseria e il sangue fatto scorrere per fiaccare la loro volontà, gli abitanti del villaggio si raccolgono attorno al simbolo di cui nessuno può privarli: il crocifisso di Cristo. Lo stesso al quale i primi cristiani giapponesi venivano inchiodati dalle guardie dello Shogun. La violenza su Yumiko è la scintilla che spinge uomini e donne alla ribellione estrema: rifugiati nel castello di Hara si oppongono al giogo persecutorio e a un destino ineluttabile. L’assedio da parte degli uomini dello Shogun dura cinque interminabili mesi, senza cibo e possibilità di scampo, ma quel “branco di contadini”, guidati dall’Inviato del Cielo, da Kayata e dal suo discepolo Kato, resistono, aggrappandosi alla speranza incrollabile nella resurrezione. Perché solo la fede può superare ogni sopraffazione e dare linfa vitale a un popolo in lotta.
Il crocifisso del samurai, l’opera forse più ambiziosa di un autore che ha trascorso la vita a indagare la storia della cristianità, è uno struggente romanzo storico capace di toccare le corde più profonde dell’anima esplorando le radici del concetto stesso di fede. L’epica ribellione dei samurai cristiani di Shimabara nel 1637 – dopo la quale per due secoli il Giappone si chiuse a ogni contatto con l’esterno – rivive in un affresco crudo e realistico, denso di azione e di colpi di scena, che testimonia l’eroismo di chi è morto per non rinnegare il proprio credo.

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13 dicembre 2009

AdrianoPetta.gifAdriano Petta - amico di Letteratitudine di antica data - è nato a Carpinone (IS) nel 1945. Romanziere, studioso di storia della scienza e medievalista, ha dedicato parte degli ultimi vent’anni alle ricerche per i suoi romanzi storici. Nel 1995 ha tradotto dal castigliano il racconto di Clarín La duchessa del trionfo (EDIS, La Collanina-Classici in breve, 1995), facendolo precedere da un piccolo saggio sull’Arte del romanzo («Nel rogo del calamaio»). Oltre alla produzione di romanzi, negli ultimi anni è stato collaboratore del quotidiano Il Manifesto con articoli d’interesse storico legati soprattutto al Medioevo e all’Inquisizione. Collabora con l’inserto letterario del settimanale Rinascita. Suoi racconti ed interventi di carattere storico sono stati pubblicati su svariate riviste e webzine (Carmilla-on-line etc.)
Tra i suoi romanzi pubblicati, ricordiamo: Ipazia, vita e sogni – di una scienziata del IV secolo (La Lepre Edizione, ottobre 2009); Assiotea – la donna che sfidò Platone e l’Accademia (Stampa Alternativa, novembre 2009); Eresia pura: dissidenza e sterminio dei catari (Stampa Alternativa, Viterbo, 2001), romanzo storico.

La sua pubblicazione più recente è “Assiotea – la donna che sfidò Platone e l’Accademia”: Fliunte, Ellade, 350 a.c. – un misterioso assassino uccide per impossessarsi di un antico codice. Forse nel grande ordinamento di Leucippo si nasconde un terribile segreto. E mentre nelle miniere d’oro della Tracia gli schiavi rinvengono statuette dal bel volto di fanciulla che elevano a simbolo di libertà, nell’accademia platonica di Atene, l’astronomo Eudosso di Cnido con quelle statuine sta costruendo una strana mappa. Assiotea, inconsapevole eroina, si ritrova al centro di un intrico che farà di lei la prima donna ammessa all’accademia. Aiutata da personaggi eccezionali come Iperide, Diogene e Focione e avversata da giganti come Aristotele e Platone, lotta per far abolire la schiavitù e mutare la disumana condizione della donna, e nello stesso tempo per svelare il mistero delle statuine e dell’antico codice di Leucippo. Ma un implacabile guardiano vigila affinché il segreto non venga svelato, uccidendo chiunque si avvicini troppo all’arcano della casa del cielo.
Ho invitato Adriano Petta a discutere con noi di questo suo nuovo libro e del romanzo storico in generale.

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AGGIORNAMENTO del 17 febbraio 2010

Aggiorno il post introducendo altri tre scrittori di romanzi storici: Giulio Leoni, Alfredo Colitto e Jasmina Tešanović.
Ne approfitterò per discutere dei loro nuovi romanzi e invitare gli autori a partecipare al dibattito.

Giulio Leoni (Roma, 12 agosto 1951), narratore e autore di testi poetici e critici, si laurea in Lettere Moderne con tesi sui linguaggi della poesia visiva. Oltre a collaborare con saggi e testi creativi alle maggiori pubblicazioni specializzate, negli anni ‘80 fonda e dirige la rivista Symbola, dedicata all’analisi della poesia e della letteratura sperimentali. Attualmente insegna Teoria e tecniche della scrittura creativa presso la Sapienza di Roma. A questa sua attività si accompagna nel tempo un crescente interesse per la narrativa, cui si dedica realizzando una serie di romanzi e racconti del mistero per lo più ambientati in epoche passate e basati su suggestivi enigmi storici, come nel ciclo dedicato alle avventure investigative di Dante Alighieri.
In altri scritti affronta poi temi più decisamente legati al giallo, l’avventura, la fantascienza e l’orrore, esplorando pressoché tutto il campo del fantastico. Tra gli autori italiani di genere più conosciuti all’estero (sue opere sono state tradotte in una quarantina di paesi), alla produzione maggiore affianca una serie di romanzi per ragazzi in cui rielabora i suoi temi in forme adatte a un lettore giovanile. Collabora inoltre con Il Falcone Maltese, rivista dedicata al noir, dove cura la rubrica dedicata ai prodromi della narrativa poliziesca.
Nel 2000 vince il Premio Tedeschi per il romanzo “Dante Alighieri e i delitti della Medusa”, e nel 2006 il Premio Lunigiana per la narrativa giovanile. Con lo pseudonimo di J.P. Rylan ha scritto alcuni romanzi fantasy.

Il nuovo romanzo di Giulio Leoni si intitola “La regola delle ombre” (Mondadori, 2009, pagg. 415, euro 19).
Un incendio illumina la sera invernale di Firenze, devastando la prima stamperia a caratteri mobili della città. Con la vita del tipografo, le fiamme cancellano anche l’opera promessa a Lorenzo de’ Medici: un libro segreto e meraviglioso, impresso con il “carattere perfetto”. Accorsi sul posto, il Magnifico e l’amico Pico della Mirandola si rendono conto che non si tratta di un incidente: il corpo del tipografo pende dalla macchina per la stampa, la testa imprigionata nel torchio. A complicare il quadro del delitto, l’apparizione nei paraggi di una donna misteriosa che sembra essere la bellissima Simonetta Vespucci, morta anni prima nel fiore dell’età. Chi mai potrebbe averla richiamata tra i vivi? Pico è scettico. Si chiede se l’opera distrutta non sia l’oscura Regola delle Ombre, come sembra credere Lorenzo de’ Medici: l’antichissimo rituale che dischiude i cancelli del sepolcro. Un manoscritto passato per le mani di Leon Battista Alberti e scomparso dopo la sua morte. C’è un solo modo per scoprirlo: indagare a Roma sulle tracce lasciate dal grande architetto. Su incarico di Lorenzo, Pico parte per la città eterna deciso a servirsi del suo acume e della sua prodigiosa memoria per trovare una spiegazione razionale a delitti e apparizioni.
Ho invitato Giulio Leoni a intervenire in questa discussione sul romanzo storico.

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Alfredo Colitto scrive e traduce, soprattutto thriller, per alcune delle maggiori case editrici italiane. Il thriller storico Cuore di Ferro, primo volume di una trilogia ambientata nel XIV secolo, è uscito per Piemme a febbraio 2009 ed è stato venduto anche in Spagna e in Germania. Nel 2009 ho pubblicato anche Il candidato, noir di ecomafia per la collana Verdenero (Edizioni Ambiente). Altri suoi romanzi sono: Aritmia Letale (incluso nel Giallo Mondadori n. 2977 con il titolo Medicina Oscura), Duri di Cuore (Perdisa), Café Nopal (alacrán) e Bodhi Tree (Crisalide).
Ho partecipato a numerose antologie di racconti, tra cui: Killers & Co. (Sonzogno), Fez, struzzi e manganelli (Sonzogno), Il ritorno del Duca (Garzanti), History & Mystery (Piemme), Anime Nere Reloaded (Mondadori).
Insegna scrittura creativa presso la scuola “Zanna Bianca” di Bologna.

È appena uscito il suo nuovo romanzo: “I discepoli del fuoco” (Piemme, 2010, pagg. 429, euro 20).

Bologna, autunno 1312. Mondino de’ Liuzzi, medico anatomista, viene incaricato dal podestà di far luce su una morte strana e orribile: un membro del Consiglio degli Anziani è stato ritrovato carbonizzato in casa sua, eppure nella stanza nulla fa pensare a un incendio. Perfino la poltrona su cui l’uomo era seduto è rimasta quasi integra, mentre il corpo è bruciato in modo irregolare. I piedi sono illesi, un braccio è interamente ustionato, tutto il resto è ridotto in cenere. Mondino fa trasportare il cadavere nel suo studio per esaminarlo. Non riesce a svelare come è morto, ma sollevando con il coltello da dissezione la pelle bruciata del braccio scopre i resti di un tatuaggio: un mostro alato, con la testa di leone e il corpo avvolto nelle spire di un serpente. La mattina seguente il cadavere scompare. Qualche tempo dopo, un frate francescano viene ritrovato morto nel quartiere dei bordelli. In tasca ha un disegno molto simile al tatuaggio scoperto da Mondino. L’indagine sui due morti rivela l’esistenza di una setta di adoratori di Mithra, dio persiano del sole e del fuoco, adorato anche dai romani sotto il nome di Sol Invictus. Con l’aiuto di Gerardo da Castelbretone, un ex templare con cui ha stretto amicizia, Mondino viene a sapere che la setta si propone di salvare l’intera città per mezzo del fuoco purificatore: un grande incendio rituale in cui le anime di quelli che moriranno si riuniranno con Mithra.

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Jasmina Tešanović (Cirillico: Јасмина Тешановић) è una scrittrice, giornalista, traduttrice e regista serba. È l’autrice di “Normalità. Operetta morale di un’idiota politica“, un diario di guerra scritto durante il conflitto del 1999 in Kosovo. Da allora ha pubblicato tutti i suoi lavori, diari, racconti e documentari su blog e altri media, sempre legati ad Internet.

Di recente Jasmina Tešanović ha pubblicato il romanzo “Nefertiti. L’amore di una regina eretica nell’antico Egitto” (Stampa alternativa, 2009, euro 13, pagg. 125)

Nasce da un’ossessione questa rievocazione di un’antica regina egiziana. L’ossessione per un’eresia fallita, quella di Nefertiti che vuole abbattere la tradizione usando la bellezza, il rispetto e l’arte. Ma un’altra eresia fallita è quella vissuta dall’autrice: yugoslava prima di essere serba, ha respirato l’esaltazione e poi la caduta di un movimento che non voleva allinearsi al blocco sovietico né farsi colonizzare dall’Occidente. Così Nefertiti, condannata lei stessa come eretica, diventa il simbolo di un mondo ancestrale più che mai attuale caratterizzato da lotte di potere, invidie, donne sottomesse all’oligarchia patriarcale ed emarginazione. Questo romanzo sfonda la barriera del tempo per restituirci una sovrana tanto lontana quanto moderna. Perché “Nefertiti è qui”. (Prefazione di Bruce Sterling)

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AGGIORNAMENTO del 26 marzo 2010

La ragazza dal volto d’ambradi Leda Melluso
Piemme, 2009 – pagg. 364 – euro

Palermo, 1221. La Sala Verde, con le sue danze voluttuose, la musica e le conversazioni filosofiche, è l’unico luogo in cui Federico II di Svevia ami stare. Negli ultimi tempi, infatti, pare che fuori da quelle quattro mura gli sia impossibile trovare pace. Ci sono le richieste insistenti del Papa che necessita del suo aiuto e delle sue truppe per una nuova crociata in Terra Santa, la misteriosa scomparsa del suo medico e consigliere, Andrea Filangieri, morto probabilmente per avvelenamento, e lo strano comportamento di alcuni dei suoi uomini più fidati.
Quella sera, però, alla debole luce delle candele, Federico è riuscito a dimenticare gli oneri del sovrano e si è lasciato sedurre dai movimenti lenti e sinuosi di una delle danzatrici. È splendida. E a un tratto ha osato avvicinarsi con un’audacia che lui aveva visto solo in battaglia, e gli ha parlato.

L’imperatore non può rimanere indifferente di fronte a una sfida così allettante e vuole con sé la donna, nella propria stanza, stregato da tanta temerarietà. Ma la mattina seguente, dopo averla cercata invano a palazzo, Federico scopre la vera identità della sua amante: è Amina, la figlia del più acerrimo dei suoi nemici, l’emiro Muhammad ibn ‘Abbad, e molto probabilmente è una spia.
Capirà che la donna è solo un’esca e che a minare il suo potere è un segreto che viene tenuto nascosto dal giorno della sua nascita, un segreto torbido e spaventoso che qualcuno vuole usare per ucciderlo.

Leda MellusoLeda Melluso è nata nel 1947 ad Arezzo, ma vive a Palermo, dove ha insegnato letteratura italiana e latina nei licei. È autrice di testi scolastici per la scuola media superiore e di numerosi saggi sulla storia della Sicilia. La ragazza dal volto d’ambra è il suo primo romanzo.

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http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/feed/ 734
NEL CUORE CHE TI CERCA. Incontro con Paolo Di Stefano http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/09/28/nel-cuore-che-ti-cerca-incontro-con-paolo-di-stefano/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/09/28/nel-cuore-che-ti-cerca-incontro-con-paolo-di-stefano/#comments Mon, 28 Sep 2009 20:20:04 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/07/28/nel-cuore-che-ti-cerca-incontro-con-paolo-di-stefano/ Post del 28 luglio 2008 (con aggiornamento in coda)

paolo-di-stefano.jpgPaolo Di Stefano (nella foto), nato ad Avola – Siracusa – nel 1956, laureato con Cesare Segre all’Università di Pavia, ha debuttato nel giornalismo come responsabile del “Corriere del Ticino” di Lugano. Ha lavorato per l’Einaudi, e per il quotidiano “La Repubblica”. Attualmente è giornalista culturale del “Corriere della Sera”. Tra le sue opere, la raccolta di poesie Minuti contati (Scheiwiller 1990) e l’intervista con Giulio Einaudi Tutti i nostri mercoledì (Casagrande 2001). E poi, per Feltrinelli: La famiglia in bilico (2001), Tutti contenti (2003; Premio Chianti, Premio Vittorini, Premio Flaiano) e Aiutami tu (2005; Premio Mondello).
Sulle pagine web de “Il Corriere della Sera” gestisce il forum Leggere e scrivere.

Ho il piacere di ospitare Paolo Di Stefano qui a Letteratitudine per presentare il suo nuovo e ottimo romanzo (in lizza per il SuperCampiello 2008): Nel cuore che ti cerca (Rizzoli, 2008, pag. 296, euro 19), una storia struggente e coinvolgente; caratterizzata dalla presenza di più voci che si avvicendano alle due principali: quelle di un padre e di una figlia.
La figlia si chiama Rita ed è solo una bambina quando viene rapita da un maniaco che per ben otto anni riesce a tenerla segregata in condizione spesso disumane (per di più infliggendole terribili violenze fisiche e psicologiche). Il padre si chiama Toni Scaglione, ed è un uomo obeso che fa il giornalista in un giornale scandalistico.
Scaglione va alla ricerca della figlia. Non si rassegna al tempo che passa senza esiti, non si piega alla disperazione dei fallimenti; né alle beffe delle illusioni.
Infine la figlia viene ritrovata.
Ma è ancora Rita, la giovane che è sopravvissuta al pluriennale rapimento?
Vi chiedo di discutere del libro – interagendo con l’autore – e di riflettere sulla piaga dei sequestri (e sulle conseguenze che lasciano sulla pelle e nella mente delle vittime).
Le vittime di un rapimento (soprattutto quelle di un rapimento lungo e prolungato) potranno mai tornare a essere davvero se stesse?
Ritenete che, rispetto al reato di sequestro, i bambini di oggi siano più a rischio di quelli di ieri?
E i genitori? I genitori di oggi sono più “attenti? Più “guardinghi”?

Allargando il dibattito, e parlando di famiglia,… ha ragione Di Stefano nel sostenere (vedi intervista sotto) “ho come l’impressione che le famiglie sane tradizionalmente intese non esistano più”?

Qual è la vostra sensazione?

Di seguito avrete la possibilità di leggere gli approfondimenti di Salvo Zappulla: recensione del libro (pubblicata su La Sicilia del 12/7/08) e intervista all’autore.

Massimo Maugeri

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NEL CUORE CHE TI CERCA, Paolo Di Stefano – Rizzoli, 2008, pag. 296, euro 19

Recensione e intervista di Salvo Zappulla

nel-cuore-che-ti-cerca.jpgRita ha dieci anni appena quando conosce il suo calvario. Rapita da un maniaco, rinchiusa in una squallida stanzetta tra topi e avanzi di cibo, con un televisore a tenerle compagnia, e seviziata per lunghissimi interminabili anni. Paolo Di Stefano, giornalista del Corriere della Sera e scrittore, racconta la storia di un’infanzia violata prendendo spunto da un fatto di cronaca, (la storia di Natasha Kampusch, la ragazza scomparsa a Vienna nel ‘98 e tenuta sequestrata per otto anni) sviluppa un noir psicologico dove i ruoli tra vittima e carnefice si intrecciano ambiguamente. Un tema che ricorre spesso nei suoi romanzi. Rita prova odio e affetto per il suo aguzzino, rabbia e speranza, più volte avrebbe la possibilità di fuggire ma rimane inerme accettando la sua condizione di schiavitù. E’ convinta di poterlo dominare, tra i due è l’uomo a sottostare, in quanto debole, in quanto morbosamente malato. La vittima pensa di aver provocato in qualche modo l’accaduto e quindi tende a difendere e a giustificare il suo carnefice. Un romanzo intenso e coinvolgente, a tratti commovente, tremendamente attuale, che contiene elementi forti. Parallelamente il romanzo procede con l’incessante ricerca del padre della ragazza, un giornalista fallito, con una situazione familiare difficile, ma tutto sommato un personaggio positivo, caparbio, non privo di slanci poetici, il quale non intende rassegnarsi alla perdita della figlia. Pagine di oscura prigionia e bagliori del mondo esterno fanno da contrasto connotando la storia di una propria impronta stilistica. La tensione emotiva della trama cresce vertiginosamente con lo scorrere degli eventi. Di Stefano compie un viaggio esplorativo nei labirinti dell’animo umano, apre voragini di dolore, percorre tragitti di profonda inquietudine, una sorta di ricamo interiore sulla complessità e la fragilità della psiche, con finezza di scrittura e acume introspettivo, a un ritmo serrato che coinvolge il lettore. Una storia che suscita orrore, fastidio, risentimento, tristezza, ma anche tanta tenerezza. Una miscela esplosiva di sentimenti contrastanti, con la sua severa morale capace di smuovere le coscienze. “Nel cuore che ti cerca” è stato finalista al premio Strega ed è attualmente in corsa per il Supercampiello.
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D. Di Stefano, questa è una storia dura, dall’impatto violento, perché ha voluta raccontarla ai suoi lettori?
R. Potrei rispondere che non sono io ad essere stato attratto da quel fatto ma è stato quel fatto a inseguirmi. La realtà è che uno scrittore, in genere, vive di ossessioni: una delle mie, che mi insegue (appunto) da quando ho cominciato a scrivere, è l’infanzia minacciata dagli adulti, dal mondo, dal destino, dalla malattia eccetera. L’infanzia minacciata, l’infanzia cui per qualche ragione è impedito di crescere. E’ un’immagine che mi risulta quasi insopportabile: non riesco a tollerare che un bambino soffra, mi pare profondamente ingiusto e inaccettabile, e forse è per questo che ci scrivo sopra i miei romanzi, dal primo (“Baci da non ripetere”) a “Tutti contenti”. Quando l’infanzia si trova, per qualche ragione, a sfiorare la tragedia o la morte, la mia sensibilità si accende quasi furiosamente e mi costringe a scrivere per liberarmi (almeno provvisoriamente) di quel trauma. Ecco perché mi sono messo a raccontare la storia di Rita. Ma alla fine forse per una risposta più convincente potrei ricorrere a Gadda: “Il mio libro è il prodotto di una normale attività fisiologica: l’ho scritto per la stessa ragione per cui il mio cuore batte, i miei polmoni respirano…”.

D. Certi traumi infantili si ripercuotono negativamente per l’intera esistenza, e spesso elementi esterni intervengono quando un minore non è protetto dai genitori. Quanto è importante il calore di una famiglia sana per la formazione di un individuo?
R. Mi rendo conto che continuo a girare intorno a questi temi trovando solo risposte parziali. Ho come l’impressione che le famiglie “sane” tradizionalmente intese non esistano più: c’è sempre qualche ragione endogena o esogena che interviene a turbare un equilibrio in genere già fragile. Tuttavia, è chiaro che la famiglia rimane il luogo centrale per la formazione (e per la deformazione, purtroppo) individuale. Per questo, la famiglia è sempre più un nucleo tematico interessante per la letteratura: è una sorta di inesauribile motore di immagini e visioni del nostro tempo. E’ come se in essa fosse contenuta una forza mitica di tensioni primarie. Me lo ha fatto notare Gabriele Pedullà in una sua recensione apparsa sul “Manifesto”: in fondo, la pedofilia che io racconto è il sintomo estremo dell’impazzimento in atto del ciclo delle generazioni. Il pedofilo non è oggi colui che sovverte l’ordine biologico ma colui che rende manifesto un principio più generale di una società di lolite dodicenni e settantenni. Una società fatta di adulti infantili e di bambini costretti a maturare troppo presto.

D. Rita, la protagonista del suo romanzo, instaura un legame quasi di complicità con il suo carceriere, chiamato da lei affettuosamente “Il signor Sergio”. Si sviluppano tra carnefice e vittima quei meccanismi contorti che rendono quest’ultima estremamente debole, incapace di reagire. Nel suo romanzo scava molto sulla fragilità della psiche umana. Cosa ha voluto fare emergere?
R. Non c’è intenzionalità nel mio racconto. Dunque, non posso dire di aver voluto far emergere qualcosa. Semplicemente, man mano che procedevo nella scrittura e via via che i personaggi prendevano voce forma e vita mi accorgevo che affioravano, a mia insaputa, meccanismi psicologici ambigui, doppi. Rita cominciava a dire di essere lei la più forte, quasi volesse proteggere il suo carceriere. Quando accadono delitti del genere, la televisione e le cronache dei giornali non ci dicono mai abbastanza: raccontano questi fatti restando in superficie, descrivendone le dinamiche e magari tirando fuori dal cappello ogni tanto qualche curiosità più o meno pruriginosa. Soprattutto non mettono mai in gioco i sentimenti, le psicologie delle persone, le emozioni profonde e autentiche. Per capire davvero ci vuole qualcosa in più. Ecco, io sono partito da lì, da dove poteva partire la letteratura, dalle parole e dalle emozioni, dalle parole che esprimono emozioni. E da lì a poco a poco si sono formati i personaggi. Direi che ho scritto questo libro per dare a Rita – ma anche a suo padre Toni Scaglione – la possibilità di raccontare la sua tragedia perché tornasse a vivere nel mondo. Per questo ho fatto un enorme sforzo di empatia. Ho cercato di immedesimarmi in lei e di lasciarla parlare dentro di me. Via via che il lavoro procedeva, questo processo di identificazione mi riusciva sempre più naturale. Mi sentivo come una sorta di ventriloquo che trascriveva sulla pagina la fragilità, le paure, le fantasie raccontate dalla ragazzina attraverso di me.

D. Lei è originario di Avola (SR). Ad Avola c’è l’associazione di don Di Noto che si batte incessantemente contro la pedofilia, un associazione di volontari. Pensa che le Istituzioni facciano abbastanza per combattere il triste fenomeno degli abusi sui minori?
R. I bambini vittime di abusi crescono in maniera esponenziale e preoccupante. Ammiro moltissimo le persone che si battono contro questa sciagura sociale. Ma non so se le Istituzioni possano davvero fare qualcosa attraverso dei decreti legge o altro. Ritengo piuttosto che si tratti di questioni più profonde non sanabili con atti legislativi o di polizia. Si tratta di questioni che affondano le radici nei valori culturali e morali della nostra società. Viviamo un’epoca di capovolgimenti spaventosi che rischiano di “giustificare” ogni tipo di deviazione o di perversione. Per esempio, trovo inammissibile l’uso che viene fatto in pubblicità e in televisione del corpo femminile e dell’infanzia. Bisognerebbe cominciare da una rivoluzione dei costumi e della cultura.

D. Come concilia la sua attività di giornalista con quella di scrittore?
R. Da un po’ di tempo le due attività convivono senza troppo confliggere. Sul piano pratico, è più semplice che in passato, perché essendo ormai da sette anni un inviato del Corriere non ho obblighi stretti di presenza in redazione e i tempi di lavoro sono molto più flessibili. Dunque posso organizzare meglio i tempi della scrittura “creativa”. Ma anche sul piano teorico le cose si sono semplificate: mentre prima pensavo che non dovessero esserci sovrapposizioni di sorta, oggi sono convinto che l’occhio e l’orecchio del giornalista possono essere utilissimi allo scrittore. E riutilizzo nei romanzi molti materiali raccolti sul campo. Certo, poi bisogna sempre tener ben distinte le cose nell’atto della scrittura: e cioè non cedere mai alla tentazione di fare il giornalista scrivendo romanzi e di fare lo scrittore facendo articoli di giornale.

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AGGIORNAMENTO DEL 28 settembre 2009

Aggiorno questo post dedicato al romanzo di Paolo Di Stefano – “Nel cuore che ti cerca”, Rizzoli – inserendo la recensione inviatami da Maria Rita Pennisi. Ne approfitto per fare gli auguri a Paolo per la vincita del Premio Brancati 2009 (Massimo Maugeri)

Articolo di Maria Rita Pennisi
Il giornalista e scrittore Paolo Di Stefano, inviato del Corriere della Sera, ha vinto il premio Brancati 2009 con il romanzo Nel cuore che ti cerca (Rizzoli). Condivido l’opinione di Salvatore Scalia che di lui dice: “ E’ uno dei romanzieri che sa meglio interpretare la contemporaneità e la cronaca contemporanea.” Infatti è così. Nel suo romanzo, Paolo Di Stefano riprende un famoso fatto di cronaca, quello di Rita Scaglione rapita da un uomo all’età di 10 anni. Si tratta di un romanzo a più voci, in cui ognuna racconta di Rita, dal suo punto di vista. Un tema pirandelliano alla “Così è (se vi pare)”. Lo stile è giornalistico con delle punte di lirismo, il gioco è sempre in bilico tra il detto e il non detto. La maniera è verista. Paolo Di Stefano si cala nel racconto scomparendo, ma la sua voce batte forte alla porta del cuore e ci invade. Magistrale questa sua capacità nel presentare i fatti in maniera algida, per poi farli diventare fuoco. Il romanzo è imperniato su due figure centrali: il padre di Rita e Rita. Il padre cerca disperatamente questa figlia e non si arresta di fronte a niente, mentre la madre presto si rassegna alla perdita. Ma il cuore che cerca Rita è senz’altro quello di Paolo Di Stefano, che si immedesima nel cuore di tutti i padri che da sempre si sentono defraudati da quei famosi nove mesi di gestazione, che sembrano fare la differenza. Nel cuore che ti cerca è quindi una rivendicazione sociale, un dire noi padri siamo qua e amiamo quanto le madri e, a volte, anche di più.
Rita, dal canto suo, ha un atteggiamento ambivalente dato da un rapporto di affetto e di odio per il suo aguzzino. Difficile da capire se non si è dentro, ma spiegabile. Rita dipende interamente da lui e inoltre è negli anni della formazione. Nessuno sa che lui la tiene nascosta e dove e quindi la vita di lei è nelle sue mani. Se lui morisse o decidesse di abbandonarla, per lei sarebbe la fine. Vittima e carnefice sono dunque legati a doppio filo, come avviene sin dalla notte dei tempi. C’è in Rita sin da subito la consapevolezza che la famiglia per lei è finita ed è iniziato un altro ciclo, spaventoso, brutale, ma diverso.
Un’idea che nel libro fa la differenza è quella che la ragazzina, per non impazzire, si lega ai personaggi della serie televisiva Dawson’s Creek. Interagisce con loro, che diventano il suo mondo, la sua realtà e la sua via di fuga. Un’ idea che rappresenta un fenomeno sociale che dilaga nel mondo giovanile, in cui i personaggi televisivi diventano gli unici interlocutori di questi ragazzini spesso abbandonati a se stessi, per esigenze familiari.
Nella mente di Rita probabilmente le brutture a cui deve sottomettersi accadono a un’altra Rita, quella cattiva che è giusto che sia punita, maltrattata e vessata. Un romanzo psicanalitico, che fa venire fuori la cultura vasta e profonda di questo giornalista-scrittore. Il finale a sorpresa, lascia scioccati, perché immagineremmo qualcosa di diverso, ma è perfettamente in sintonia con la psicologia della ragazza. Nel cuore che ti cerca di Paolo Di Stefano un romanzo avvincente, che ti lascia col fiato sospeso sino alla fine, come se fosse un giallo e invece è un noir- psicologico in cui la stanza dei castighi ti terrorizza, come ne il Pozzo e il pendolo di E. A. Poe e la casa del signor Sergio ti soffoca e ti sgomenta e i giochi erotici di lui sulla bambina, mai descritti, ma facilmente intuibili ti disgustano e ti fanno rabbia. Ciò non di meno, a tratti, capisci che tra i due Rita è la più forte, perché è intelligente. Capisce che non deve mai fargli intuire i suoi pensieri, le sue debolezze, perché sarebbe la fine. Anche se bambina, Rita è pur sempre una donna e quindi sa condurre il gioco. Sempre attenta alle proprie reazioni sa non svelarsi e questo le salverà la vita.

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LE DUE RAGAZZE CON GLI OCCHI VERDI, di Giorgio Montefoschi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/06/29/le-due-ragazze-con-gli-occhi-verdi-di-giorgio-montefoschi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/06/29/le-due-ragazze-con-gli-occhi-verdi-di-giorgio-montefoschi/#comments Mon, 29 Jun 2009 15:44:33 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=868 In questi giorni sto leggendo “Le due ragazze dagli occhi verdi” (Rizzoli, 2009), il nuovo romanzo di Giorgio Montefoschi: uno dei principali scrittori italiani (con La casa del padre – 1994 - ha vinto il Premio Strega).

La vicenda narrata nel romanzo si snoda in un arco temporale molto ampio che abbraccia tre generazioni e può essere suddiviso in più fasi che provo a semplificare qui di seguito.

1956: la prima fase è incentrata sul rapporto tra un bambino (Pietro) e suo Nonno (Cesare). Pietro è il personaggio principale del libro.

1966: Pietro, a 22 anni, incontra Laura: la prima ragazza dagli occhi verdi. I due si innamorano, ma – a un certo punto – Laura rifiuta l’amore di Pietro considerandolo – forse – troppo invasivo… possessivo.

1988: Passano vent’anni…
Laura è sposata con figli. Pietro la ritrova e si innamora di nuovo di lei (o forse è meglio dire che non ha mai smesso di amarla). Tra i due scoppia una nuova passione, che però ha vita breve.

Passano altri dieci anni. Maria – la seconda ragazza con gli occhi verdi – incrocia la vita di Pietro. Giovane e bella, è identica a Laura (si scoprirà che ne è la figlia)… e Pietro si accorge che la ragazza si sta innamorando di lui.

Quella narrata in questo libro è una grande storia d’amore… un amore anticonvenzionale, che tenta di superarare gli ostacoli, il tempo, i tradimenti.

Per farvi capire meglio la trama inserisco la nota presente in quarta di copertina del romanzo:
L’eros, inteso come attrazione dei corpi e dell’anima che non conosce regole e confini, è il grande protagonista di questo romanzo, che a molti potrà parere inverosimile e invece è custode di una profonda verità. Pietro e Laura si sono amati da ragazzi. Poi, lei lo ha lasciato. Si rivedono, casualmente, dopo vent’anni, e di nuovo scoppia una passione travolgente. Ma Pietro è un uomo solo, Laura è sposata e madre di due figli. La vita è andata troppo avanti per il loro amore: in pochi mesi, i sensi di colpa e un evento drammatico chiudono definitivamente la vicenda. Dieci anni più tardi, Maria, la figlia maggiore di Laura, incontra Pietro: anche lei casualmente. È identica a sua madre: ha la sua voce, i suoi occhi. Presto consapevole che la ragazza si sta innamorando di lui, Pietro è sconvolto: diviso tra la tenerezza che Maria gli ispira e la nostalgia per la perdita dell’unica donna che ha amato, da cui non è mai riuscito a liberarsi. È un dissidio profondo, in cui ancora una volta il senso della colpa fronteggia la tentazione.
“Le due ragazze con gli occhi verdi” racconta un amore straordinario, capace di superare ogni limite, nel tempo e fuori del tempo, che ha sullo sfondo il complesso mondo di una famiglia borghese nell’arco di tre generazioni. Ambientato in una Roma splendida, da cogliere in tutti i sensi, il romanzo è sostenuto dalla raffinata scrittura di un impareggiabile scrutatore dell’animo umano qual è Giorgio Montefoschi, che con queste pagine sembra volerci dire che credere fino in fondo nell’amore è oggi l’unica vera rivoluzione. Che la fedeltà è ormai la sola trasgressione possibile
.

Ciò premesso…
mi piacerebbe approfondire con voi la conoscenza di questo libro, discutendo dei temi da esso affrontati. Inviterò Giorgio Montefoschi a partecipare al dibattito. Per favorirlo, come al solito, pongo alcune domande…

La prima parte del libro (ambientata nel 1956) affronta il tema del rapporto nonno-nipote (ovvero, l’amore di un bambino per un nonno e di un nonno per un bambino).
Oggi – trascorsi oltre cinquant’anni da quella data – il rapporto nonno-nipote è cambiato o, in fondo, è rimasto uguale? E se è cambiato… è cambiato in meglio, o in peggio?

Un’altro dei temi che affronta il libro è: la relazione tra tempo, amore e “contrasti”.

Quali sono le condizioni ideali perché un amore possa durare nel tempo?

Un amore “contrastato” -  seppur travolgente – ha maggiori o minori possibilità di rimanere vivido (anche solo nella mente), rispetto a un amore privo di ostacoli?

Gli amori che sopravvivono agli ostacoli, al tempo, alle imboscate della vita… sono ancora credibili, o solo il frutto di una romantica illusione?

Di seguito potrete leggere la recensione di Antonio Debenedetti pubblicata sul Corriere della sera.

Massimo Maugeri

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LE DUE RAGAZZE CON GLI OCCHI VERDI di Giorgio Montefoschi (Rizzoli, 2009, p. 357, euro 19,50)

Amore e fedeltà, quasi una rivoluzione

di Antonio Debenedetti – da Corriere della Sera, del 14 gennaio 2009

Le due ragazze con gli occhi verdi è un romanzo coraggiosamente controcorrente. Giorgio Montefoschi viene infatti recuperando, nel corso d’una vicenda in continuo crescendo emotivo, i valori fondanti della famiglia e della coppia. Primo, fra tutti questi, la fedeltà che il lettore vedrà mettere alla prova dagli imprevisti del destino, dai capricci della vita. Protagonista, lungo tutto l’arco della vicenda, è Pietro Angeli. Intorno a lui si muove una famiglia dell’agiata borghesia romana, residente in un elegante villino del quartiere Parioli. Quando ci viene incontro, nel lontano 1956, Pietro è un acerbo adolescente in vacanza a Nettuno. La mamma, il papà e l’amatissimo nonno Cesare sono tutto (o quasi) il suo orizzonte. Montefoschi scrive queste pagine come una sorta di prologo, destinato a illuminare un insieme famigliare, i suoi componenti. I fatti, che animeranno l’intreccio, iniziano esattamente dieci anni dopo. Nell’ottobre 1966 s’incrinano infatti, in conseguenza di un’avventura galante del capofamiglia, i rapporti fra i coniugi Angeli. Fatto ancora più importante, ai fini del racconto, il loro figlio Pietro inizia una «storia» con Laura Barbi, una splendida ragazza dagli occhi verdi. Figlia d’un noto professionista, forse un po’ viziata, si lascia baciare affidandosi al comportamento eccitante, sostanzialmente insondabile di chi vuole, disvuole e insomma non sa decidersi. In ogni caso, innamorato cotto, Pietro farà di Laura la ragione stessa della sua esistenza. Non tradirà mai, neppure per un attimo, una passione nata in lui con l’esuberante generosità della prima giovinezza. Laura a un certo punto lo respingerà, forse per capriccio, dicendogli senza troppi complimenti (a pagina 135) «non sono più innamorata di te». Passeranno circa vent’anni, frattanto lei si sposerà e metterà al mondo due figli. Nel 1988, quando inizia il terzo dei quattro blocchi temporali che scandiscono la narrazione, il caso fa rincontrare Pietro e Laura. Stavolta faranno sesso adulto, spogliandosi con la febbre nelle mani. Però… Laura, personaggio molto ben disegnato da Montefoschi, viene assumendo rilievo sentimentale e originalità in un logorante, a momenti crudele negarsi e poi concedersi e poi ancora negarsi mentre Pietro spasima. Sono queste centrali le pagine forse più forti d’un romanzo che non ha paura della parola «amore», usandola senza censure o timidezze intellettualistiche. Senza voler compiacere cioè quelle mode che sembrano prediligere i sentimenti estremi, disordinati, conseguenti a un nichilismo di maniera. Intanto gli anni, trascorrendo veloci, compiranno puntuali la loro opera distruttiva e costruttiva a un tempo. Ci saranno funerali, matrimoni e battesimi. «Una brutta malattia», come lei la definirà durante uno degli ultimi incontri con Pietro, stroncherà Laura. Spetterà dunque a sua figlia Maria (dagli occhi belli come quelli della mamma?) far battere per l’ultima volta, quasi alle soglie dell’anno 2000, il cuore ormai stanco del protagonista… Montefoschi, come il suo amato Moravia, in Le due ragazze con gli occhi verdi (Rizzoli) scrive di Roma e della borghesia. Molte cose, però, sono cambiate. Basti dire che i vent’anni dell’autore degli Indifferenti coincisero con l’incombere della dittatura fascista, quelli di Montefoschi sono coincisi con l’era democristiana. Nella casa, dove Pietro Angeli trascorre la giovinezza, il lettore ritroverà (e non è certo motivo di poco interesse) umori, sentimenti, atmosfere che risentono, sia pure in modo indiretto, della temperatura morale riscontrabile nell’Italia del miracolo economico. Sono proprio quegli anni, l’atmosfera che si respirava all’epoca nelle case dei quartieri alti, a spiegare come e perché i personaggi di questo romanzo vivano noncuranti della politica, lontani dalle problematiche civili. Pietro Angeli, in particolare, è un «uomo senza qualità» che cerca nell’ amor-passione e nel sentimento il senso della vita senza però avere l’ impressione di trovarlo. Quella che si lascia dietro è alla fine una dolce, coinvolgente nostalgia della famiglia quale porto di duraturi e sereni affetti.

Corriere della Sera del 14 gennaio 2009 – pag. 39

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LA VITA EROTICA DEI SUPERUOMINI. Incontro con Marco Mancassola http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/29/la-vita-erotica-dei-superuomini-incontro-con-marco-mancassola/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/29/la-vita-erotica-dei-superuomini-incontro-con-marco-mancassola/#comments Wed, 29 Apr 2009 19:05:33 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/29/la-vita-erotica-dei-superuomini-incontro-con-marco-mancassola/ In questi giorni sto leggendo La vita erotica dei superuomini, uno dei romanzi più interessanti pubblicati nel 2008. L’autore è Marco Mancassola, giovane scrittore classe 1973.
È con molto piacere che, in collaborazione con gli amici del sito 24/7 della Rizzoli, dedico un post a questo libro. Peraltro sono cresciuto in compagnia dei supereroi Marvel creati da Stan Lee (ma ho molto amato anche quelli della DC Comics). Il mio preferito è sempre stato Reed Richards, Mr Fantastic, il leader dei celeberrimi Fantastici Quattro. E Richards è uno dei protagonisti di questo corposo romanzo di Mancassola ambientato in una New York “luminosa e inquieta”. Nel libro figura un giornalista di origine italiana che deve scrivere un reportage su quella che appare la fine di un’epoca: “gli ex-supereroi più in vista del pianeta, coloro che un tempo incarnavano una gloriosa mitologia, sono il bersaglio di una serie di clamorosi omicidi complottati, sembra, da un gruppo di fanatici. Ma cosa significano gli ambigui e quasi sentimentali biglietti d’addio ricevuti da alcuni di loro? Sotto la cronaca si nascondono trame più struggenti e carnali. Com’è possibile che Reed Richards, il supereroe dal corpo di gomma, colui che ha combattuto mille epiche battaglie e che oggi conduce una dignitosa vita da scienziato e consulente di agenzie governative, sprofondi ormai maturo in un’ossessione senza ritorno per una giovane astronauta con trentacinque anni di meno? E com’è possibile che un altro mitico ex-supereroe, il celebre Batman, sia morto in circostanze scabrose nel pieno di un delirio feticistico? E cosa dire di Mystique, la donna dalla pelle bluastra, la mutante protagonista negli anni Settanta di controverse vicende politiche, oggi divenuta una famosa comica televisiva, anche lei sull’orlo di un pericoloso precipizio fatto di ossessione e bisogno amoroso?
Superman, invece, (a lui è dedicato l’epilogo del libro) tenta di creare una nuova schiera di supereroi.
Sul Sole24Ore Giorgio Fontana scrive: “Marco Mancassola, uno dei più talentuosi scrittori italiani, coglie il bersaglio affrontando il supereroe da un punto di vista non inedito, ma splendidamente interpretato: l’emotività, l’interiorità, il bisogno (…). Il mondo de “La vita erotica dei superuomini” è un mondo dove gli eroi non sono più necessari. Individui decaduti, che non hanno niente da salvare se non se stessi: figure relegate al mondo televisivo, alla chiacchiera quotidiana, o banalmente impegnati a lenire la propria solitudine. E in un mondo che non ha più bisogno di supereroi, questi si scoprono di colpo incapaci di salvarsi. La grande domanda di questo libro sembra essere: cosa può fare, in fondo, un supereroe per se stesso?
Sul Manifesto del 29 marzo 2009 Tommaso Pincio scrive: “Con lingua trasparente, Mancassola tesse un presunto complotto finalizzato a togliere di mezzo queste vecchie glorie. Naturalmente è solo un pretesto per raccontare altro. La vita erotica cui fa riferimento il titolo è la storia dell’ordinario decadimento che tutti i corpi sono condannati a conoscere, anche quelli straordinari dei supereroi. L’erotismo è per eccellenza la dimensione dove l’intimità incontra la vitalità, dove una persona può conoscere la massima esaltazione e al contempo le più cocenti mortificazioni. È lo spazio in cui ci si può sentire in perfetta simbiosi con un altro organismo e simultaneamente sperimentare la più assoluta delle solitudini. «Per amare bisogna un poco umiliarsi» considera il Mister Fantastic attempato del romanzo di Mancassola. Al fondo di questa umiliazione c’è il corpo, questa macchina che la nostra società vorrebbe sempre più efficiente e inossidabile, questo corpo che vorremmo sempre super, immune dai guasti del tempo e dallo sbiadire dei miti e dei sogni.”
Credo che questo romanzo di Mancassola si presti a diversi livelli di lettura e abbia forti componenti metaforiche. Il supereroe decadente (o meglio, il superuomo decadente… non inteso in senso nietzschiano o d’annunziano) rappresenta – in fondo – noi stessi, figli di questa società ipercompetitiva dove l’apparire assume una valenza superiore all’essere.
Vi invito a discuterne con l’autore. Per farlo vi propongo qualche domanda (volta – come al solito – a favorire il dibattito).

Secondo voi esiste una sorta di nuovo mito del superuomo nella società di oggi?

In che modo è possibile difendersi dalla tentazione di voler – o dover – apparire a tutti i costi? Vi sentite esenti da questa tentazione (e/o da questo rischio)?

Vi turba l’idea del deperimento fisico del vostro corpo?

Di seguito potrete leggere le recensioni di Giorgio Fontana (da Il Sole24Ore)  e Marcello D’alessandra (da L’Indice dei libri del mese).

Massimo Maugeri

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Nota biografica dell’autore

Marco Mancassola, giovane scrittore nato nel novembre 1973, ha vissuto con mille lavori e abitato in varie città (Padova, Roma, Londra). Mancassola ha già al suo attivo il romanzo ‘Il mondo senza di me’ (Pequod 2001 – Oscar Mondadori 2003), il romanzo breve ‘Qualcuno ha mentito’ (Mondadori Strade Blu 2004), il saggio-memoriale ‘Last Love Parade: storia della cultura dance, della musica elettronica e dei miei anni’ (Mondadori Strade Blu 2005 – Oscar Mondadori 2006), la coppia di racconti ‘Il ventisettesimo anno: due racconti sul sopravvivere’ (Minimum Fax 2005).

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“La vita erotica dei superuomini” di Marco Mancassola – Rizzoli, pagg. 569, 21,50 euro

da Il Sole24Ore del 12 novembre 2008
recensione di Giorgio Fontana

Nello storico “Watchmen”, più di vent’anni fa, Alan Moore decostruì una volta per tutte il supereroe in chiave etica. Da allora i tentativi di indebolire, umanizzare e complicare la figura supereroistica si sono moltiplicati, sia nel fumetto che nella letteratura, con esiti non sempre all’altezza del compito. Ora è il turno di Marco Mancassola, uno dei più talentuosi scrittori italiani, che coglie il bersaglio affrontando il supereroe da un punto di vista non inedito, ma splendidamente interpretato: l’emotività, l’interiorità, il bisogno. Rileggendo il marchio di fabbrica di Stan Lee, “supereroi con superproblemi”, Mancassola inietta nuova linfa a un immaginario pop ormai stantio, regalandoci un libro di rara potenza.
Il mondo de “La vita erotica dei superuomini” è un mondo dove gli eroi non sono più necessari. Individui decaduti, che non hanno niente da salvare se non se stessi: figure relegate al mondo televisivo, alla chiacchiera quotidiana, o banalmente impegnati a lenire la propria solitudine. E in un mondo che non ha più bisogno di supereroi, questi si scoprono di colpo incapaci di salvarsi. La grande domanda di questo libro sembra essere: cosa può fare, in fondo, un supereroe per se stesso?
Il pretesto della trama è un misterioso complotto che sembra voler fare piazza pulita della vecchia guardia di eroi. Alla fine, il complotto si svela essere il delirio di un singolo, un unico personaggio ossessionato dai poteri mutanti della madre, e che non trova di meglio se non accanirsi contro i suoi antichi miti. Per ogni assassinio, egli lascia un biglietto di addio: Addio mio Batman, addio mia Mystique. L’aggettivo possessivo è la cifra di un distacco struggente: omicidi che segnano la fine di un’epoca e insieme il dolore nella sua cancellazione. Anche l’assassino, dunque, è un assassino emotivo.
Sotto questo pretesto, questo stilema da thriller esistenziale, scorre così un romanzo che è innanzitutto una grande tragedia del corpo. Seguendo le strade solitarie di Batman, Reed Richards e Mystique, il loro vano tentativo di tornare alla vitalità di un tempo, Mancassola dipinge un meraviglioso affresco del bisogno di affetto e di comunanza.
In questo senso, la vita erotica del titolo va intesa in senso letterale: eros come forza primigenia, necessità attrattiva. L’amore qui è veramente figlio di poros e penia: mancanza, sete, fame. Se il corpo e il desiderio di un eroe è necessariamente superiore, quindi anche il suo dolore lo è, e così il suo bisogno. I protagonisti del libro sono invecchiati, figure del tutto scisse dalla loro immagine bidimensionale: dotati di carni un tempo abituate a prestazioni straordinarie, e ora indebolite, fragili, finite. C’è qualcosa di straziante nel loro bisogno di amore, che è innanzitutto un bisogno di vicinanza, di sentire il proprio corpo ancora in grado di pulsare. La percezione del reale è qui sempre intellettuale e fisica insieme, nei sensi più alti di entrambi i termini.
Arriviamo così a qualcosa di più del vecchio tentativo di “umanizzare il superumano”. È, al contrario, un tentativo di affondare ancora di più nella tragedia del superumano in quanto comunque umano.
Questo anche attraverso la lingua: l’attenzione alla lingua è da sempre un marchio inconfondibile di Mancassola. In questo romanzo lo stile è se possibile ancora più semplice e nitido, ma arricchito di una virtù metaforica straordinaria, come se dietro ogni dettaglio si nascondesse un piano ulteriore del reale fatto vibrare dalla lingua: ogni minuscola caratteristica ritorna nuova al lettore dopo un lavacro purificatorio. Sopra ogni cosa brillano le descrizioni di New York, i suoi movimenti, il grande sfondo che si fa personaggio esso stesso: la capitale del mondo, la metropoli delle metropoli dove ogni cosa è ancora possibile, persino amare. Libro eminentemente urbano, “La vita erotica dei superuomini” segue il ritmo di una città che è la città dove tutto sembra flirtare con tutto, dove ogni cosa risuona a una musica unisona, e l’eros pervade l’intero tessuto locale.
Ma questo romanzo non è soltanto un romanzo tragico, sulla necessità e il bisogno frustrato. Questo è anche un romanzo sulla rinascita e la resurrezione di un ideale. L’epilogo è infatti dedicato al più arcano e originario dei guardiani, Superman, e al suo tentativo di creare una nuova falange di supereroi. Non si tratta però di un finale nostalgico, o di una celebrazione epigonale del tempo che fu. Viviamo un’epoca (il romanzo è ambientato in un 2006 tutt’altro che irrealistico) che sembra stanca di forze straordinarie e prodigi. Un’epoca dove i poteri devono farsi più labili, e adattarsi plasticamente a un mondo diverso, fluido: poteri “discontinui, elusivi, sorprendenti”. È questo su cui conta il grande eroe: sul bisogno, nonostante tutto, di eroi. Perché sempre, nella nostra storia, qualcosa meriterà di essere salvato. E sempre qualcuno dovrà incaricarsi di farlo.
Giorgio Fontana

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da L’INDICE DEI LIBRI DEL MESE
recensione di Marcello D’Alessandra

Nella babele di valori del nostro tempo, con l’ultimo personaggio da reality accolto dall’immancabile standing ovation, non stupisce ritrovare i supereroi di un tempo, Superman e Mister Fantastic, Batman e Mystique, riposto il costume nell’armadio, nelle loro ordinarie esistenze, acciaccati dall’età, fragili e soli. Così nel nuovo romanzo di Marco Mancassola (nella foto), tra i narratori italiani di questi anni uno dei più credibili e tra i pochi dai quali è lecito attendersi un tratto di distinzione. Ambizioso anche nella mole, il romanzo non delude le attese.
Avevano creduto possibile cambiare il mondo, ora, al mesto tramonto della loro esistenza, i supereroi vivono l’ultimo fatale innamoramento, cui si abbandonano con la speranza stanca di chi è rassegnato alla sconfitta. Solo l’amore li può salvare, ma l’amore, quello stesso amore, finirà per ucciderli. L’abbraccio tanto agognato, una volta raggiunto sarà senza ritorno: un abbraccio mortale.
Se si presta attenzione al titolo, La vita erotica dei superuomini, può accadere di avvertire uno scarto nei due termini, tra ciò che sono e ciò che avrebbero potuto essere: erotica, rispettivamente, e supereroi. Ma in quello scarto c’è già buona parte della storia raccontata da Mancassola. Erotica perché è scelta la dimensione privata, la più intima degli eroi, quella amorosa, dei sentimenti e del sesso; quella che mostra, e siamo al secondo dei due termini, il lato umano, nella sua caducità e solitudine. Come scrive Cesare Pavese, nel suo diario a proposito del suicidio: “Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla”. E così è per i supereroi, e più di tutti per Mister Fantastic, stimato professore, esperto di missioni spaziali, che perde la testa per una giovane astronauta. Superuomini e non supereroi, perché la condizione umana è quella che più interessa a Mancassola. Anche nei supereroi; che si rivelano, oltretutto, un formidabile espediente narrativo: essi assicurano un tratto di originalità e insieme un orizzonte condiviso per il lettore – c’è da scommettere, in molti casi, con nostalgia e favore. E rappresentano pur sempre l’ultima epica dei tempi moderni o forse l’unica possibile, almeno fino a ieri. A dare un tono epico sembra concorrere, forse non per caso, anche l’incipit del romanzo: “Un tempo quello era il centro del mondo”, una New York che sotto il suo cielo accoglie una moltitudine di solitudini, solo all’apparenza anestetizzate. I supereroi, in definitiva, possiamo leggerli come “personaggi dello schermo” per Mancassola: attraverso loro egli racconta le storie che da sempre ama raccontare, e lo fa spogliandoli dello straordinario della loro esistenza, per restituirceli, con sguardo nuovo e penetrante, nella loro nuda ordinarietà.
L’attempato Reed Richards (chiamato con nome e cognome nel romanzo, come del resto Batman, entrambi sottratti all’intangibilità dei loro nomi di battaglia – lui è Mister Fantastic, un tempo capo dei Fantastici Quattro, l’uomo allungabile) è la figura tragica e più dolente, la più umana nelle sue compromissioni con la vita: ha un figlio di cui piangerà la morte. Il racconto del suo struggimento è la parte più intensa e riuscita del libro. Un’altra sezione è dedicata al vecchio Batman, rimasto solo, Robin nel frattempo è stato ucciso, che si gingilla nel suo lussuoso appartamento in incontri sessuali di rara perversione. Mystique, la donna mutante, come tanti supereroi avvizziti ha scelto la televisione: conduce uno show di successo trasformandosi nei più svariati personaggi, da Putin a Mel Gibson. L’epilogo è affidato al vecchio Superman. Una trama oscura vuole la morte dei supereroi, cui giungono dei misteriosi biglietti anonimi di addio. A seguire gli omicidi in serie è un giornalista di origine italiana, la cui storia, insieme a quella della sua strana famiglia, è incastonata al centro del romanzo. Suo fratello, poliziotto, indaga sul disegno criminale che vede morire, uno dopo l’altro, i supereroi di un tempo. La sua presenza nei diversi episodi, in filigrana, conferisce unità all’insieme: particolare che si apprezza nel corso della lettura, anche per le sorprese che è destinata a riservare.
È un romanzo sull’amore e le sue compromissioni: “Non si poteva essere innamorati e mantenere intatta la dignità. Per amare, Reed realizzò, bisognava un poco umiliarsi”. L’amore come umiliazione. Per Batman sarà quella fisica, del suo corpo farà il simulacro di un estenuato narcisismo. E il corpo, la solitudine dei corpi, altra costante della narrativa di Mancassola, è uno dei temi forti del romanzo. Del corpo, come una febbre, è la nostalgia della persona amata: “Sembrava impossibile aver toccato quel corpo. Sembrava impossibile averlo avuto tra le braccia”. I supereroi vivono con disagio il rapporto con il proprio corpo, un tempo invincibile, mostrano di non saperlo gestire. Mister Fantastic si chiede: “Cosa fare di questo corpo per renderlo felice?”.
Marcello D’Alessandra

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AGGIORNAMENTO DEL 1° maggio 2009 – Marco Mancassola parla de “La vita erotica dei superuomini” in un video.

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LA CURVA DELLA NOTTE di Andrea Di Consoli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/08/11/la-curva-della-notte-di-andrea-di-consoli/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/08/11/la-curva-della-notte-di-andrea-di-consoli/#comments Mon, 11 Aug 2008 15:20:32 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/08/11/la-curva-della-notte-di-andrea-di-consoli/ Il protagonista del nuovo romanzo di Andrea Di ConsoliLa curva della notte (Rizzoli) – si chiama Teseo. Un personaggio complesso e paradossale, affetto da una delle più tremende e classiche malattie che può colpire un essere umano: il “mal di vivere”.
Un romanzo che a mio avviso - per la tipologia dei temi trattati – può richiamare alla memoria classici della letteratura italiana del Novecento: quali “Il male oscuro” di Giuseppe Berto e “La cognizione del dolore” di Carlo Emilio Gadda.

Di seguito leggerete le recensioni di Barbara Gozzi e di Francesco De Core (quest’ultima già pubblicata sul quotidiano Il Mattino) che vi porteranno dentro la storia.
In questa nota introduttiva aggiungo soltanto che il “male” di Teseo trae origine da un episodio del passato… quando scopre che sua madre e Rocco – suo grande amico, coetaneo – sono legati da una storia d’amore e sesso.
La curva della notte di Teseo comincia proprio lì. E diventa mortale nel momento in cui Rocco, anni dopo, divenuto nel frattempo un noto cantante, lo va a trovare al Byron (locale gestito dallo stesso Teseo).

Mi piacerebbe discutere del libro e delle tematiche da esso affrontate (come al solito, partendo da alcune domande).
Quale potrebbe essere il rimedio migliore per combattere il mal di vivere - chiamatelo angoscia o depressione, se volete - che continua a mietere vittime forse oggi più di ieri?
Provate a entrare nei panni del personaggio Teseo…
A vostro avviso, Teseo, sulla base di quanto sopra accennato, dovrebbe sentirsi più “tradito” dalla madre o dall’amico Rocco? O da nessuno dei due?
E ora, le già citate recensione di Barbara Gozzi e Francesco De Core.

Massimo Maugeri

LA CURVA DELLA NOTTE di Andrea Di Consoli, Rizzoli, 2008, euro 17, pagg. 202

di Barbara Gozzi

Teseo è un uomo tormentato, annoiato, attanagliato da un ‘male di vivere’ quasi inspiegabile nei suoi tessuti contraddittori, tra alti e bassi feroci e improvvisi.
Due mogli e una figlia alle spalle, un passato da ferroviere poi un locale, il Byron, diventato casa e supporto, passione e peso.
Finché qualcosa stravolge i fragili equilibri di cristallo: Rocco, vecchio amico dimenticato, torna, lo cerca. E prima di morire in un tragico quanto sfuocato incidente, riaprirà le porte di un passato che Teseo aveva chiuso forzatamente, nel disperato quanto inutile tentativo di dimenticare vecchi rancori, tradimenti e quel senso di disgusto e abbandono che, in realtà, ha continuato a perseguitarlo tra gambe aperte e giri di valzer. Perché Teseo non si nega nulla, specialmente i piaceri della carne che lo fanno sentire vivo, riescono a fargli provare ‘qualcosa’ di temporaneo quanto prezioso.
L’ultimo romanzo di Di Consoli mantiene le tinte forti e scure del precedente ‘Il padre degli animali’ ma sposta l’angolazione, la visuale vira e si concentra su un uomo e su un vivere inquieto, selvaggio quasi, tra rimozioni e riprese. E soprattutto dove i sentimenti esistono per riflesso, perché hanno un nome che ogni tanto è necessario pronunciare. Finché il passato torna e con lui i rimescolamenti dell’anima, di quell’anima che sembrava scacciata, sopita o addirittura annientata e invece resiste. C’è. Si svela proprio quando i granelli di sabbia scivolano quasi del tutto, sfuggiti a dita ormai scosse da tremori, invecchiate e incerte. Confuse.
Di Consoli gestisce una prosa potente, lucida, che risente a tratti dell’amore sviscerale per la poesia e ogni tanto ne ‘ruba’ atmosfere, ritmi e approcci.
Ci sono tre diversi livelli narrativi, individuati dai capitoli (comunque sempre brevi, fulminanti) e dai titoli. La stessa cronologia sarà comprensibile solo leggendo, strada facendo. C’è un passato che è remoto, mischiato quasi ai sogni, all’irrazionalità dei pensieri incompleti, dove il tempo ha iniziato a rosicchiarne pezzetti. Ma ci sono anche due strutture presenti che sembrano slegate, assestanti. Sembrano perché non lo sono. In questo romanzo si racconta una storia che non è ombelicale: l’analisi introspettiva di un uomo complesso e controverso. Si tirano fili precisi tra tessuti che sono anche analisi di una società – la nostra, quella che vive oggi seppure con riferimenti precisi al sud – ; e i personaggi sono protagonisti e simboli. Ci sono, dunque, passato remoto, prossimo e presente. Ma l’ordine non è scontato. Tutt’altro. Lo stesso titolo in realtà, mi sembra una traccia rilevante, da seguire per trovare il ritmo giusto, una prima decodifica. ‘Una’ notte si consuma un presente annunciato dalle prime righe, in una curva che si allunga, sale poi scende irrimediabilmente verso il basso, quando ormai ogni personaggio ha recitato la sua parte, incastrando tasselli e sfaldando certezze.
Di Consoli ha capacità espressive non comuni, usa un’aggettivazione mirata e ‘visiva’, ogni nuova scena viene tratteggiata in modo che il lettore ci si ritrovi immerso, tra odori, sapori, umori.

Non ce la facevo più a vivere […] la morte che più non si teme quando si è stanchi, sfiniti, alla fine del deserto; alla fine di una statale che porta nel regno dei vivi che sono già morti.
(pag.63)

Questo parallelismo tra vita e morte, anzi peggio, questo considerare taluni ‘vivi’ come fossero già morti è decisamente pressante, nel corso della narrazione. Teseo sa, sente. E queste sue percezioni incombono, irrompono tra avvenimenti presenti e passati.

Il passato è la nostra vergogna, la palude che ci fa impazzire di risentimento e di noia.
(pag.83)

Rancori dunque per accadimenti mai dimenticati, impossibili da cancellare e allo stesso tempo la noia, quel lento lasciarsi vivere tra il torpore di azioni che scivolano e la sottile depressione verso un futuro che appare piatto.
Solo il sesso, l’atto in sé, sembra scatenare nel protagonista reazioni cercate e mai noiose. Ed è una ricerca continua, un impulso irresistibile, unico a cui Teseo non si sottrae mai, neanche quando si sente avviluppare da trame oscure, a lui avverse. C’è senza dubbio una forte e presente componente sessuale in questo romanzo ma non la definirei erotica, non ci sono manifestazioni di un desiderio che cerca, annusa corpi; bensì tratteggi brevi e precisi di azioni solitarie. E’ un prendere, per Teseo, un dare per riflesso. I gesti sono ripetitivi, non si curano di forme o sostanze. E’ l’atto, come accenno sopra, l’unico vero obbiettivo. Il resto è un contorno spesso inutile, privo di sapore. E lo spiega in più d’un occasione lo stesso Teseo.

Non esiste, il piacere. Esiste solo il dolore di non amare più, o di amare male, come una ferita che non si chiude.
(pag.107)

Poi l’ ‘urlo della mente’ (pag.128) e l’ ‘amore nero’ (pag. 91). Parole chiave precise. Dominanti eppure sussurrate, che quasi si perdono tra racconti e virate.

La curva, dunque, si avvicina alla sua discesa finale e quaranta, cinquanta pagine dalla conclusione, il lettore la avverte, la caduta. Ci si sente dentro. I personaggi stringono, incalzano, i tasselli appaiono e lentamente si uniscono.
Di Consoli non è un autore facile, secondo me. Scrive avvalendosi di simboli, livelli diversi e strutture che sono il frutto di volontà precise. E rallenta forse proprio quando il lettore vorrebbe invece correre verso il finale. Ma è tutto necessario, sotto molto punti di vista. Decodificare non è un processo semplice tanto meno comodo.

In quel momento – senza capire niente – capii invece tutto. Mi andava bene, quello che stava succedendo. “Iole” dissi con la voce spezzata di chi è disposto a morire pur di amare ancora una volta.
(pag.197)

La parola ‘amore’ viene usata con parsimonia per circa centottanta pagine. Appena sussurrata. Poi d’improvviso, a poche pagine dalla fine, diventa un imperativo che si mischia al sesso, all’accettazione. Diventa un elemento dominante. Riempimento e rovina. Causa ed effetto. Mentre la morte, ovunque, resiste, perdura ma in queste ultime pagine pare addirittura meno graffiante, leggermente smussata.

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da Il Mattino del 18/04/2008

Teseo e l’ultima notte di quiete
di Francesco De Core

Se i nomi hanno un senso sulla faccia delle persone, allora Teseo – il protagonista del nuovo romanzo di Andrea Di Consoli, La curva della notte (Rizzoli, pagg. 216, euro 17) – alla fine dei suoi giorni accartocciati nel vuoto uccide il minotauro. Non fuori, ma dentro di sé. Un mostro spietato, sleale, mosso da «un freddo disprezzo, uno svuotamento doloroso». Ecco: «La geografia della mia anima era una malattia che non si poteva guarire». Questa la moneta che riserva al mondo, Teseo. Qualcosa che lo divora, lo inghiotte nel ventre aspro di un destino senza redenzione. E per Teseo – che abita un sud avido di buio, luci al neon, relitti da spiaggia – il destino è un’auto lungo un rettilineo che non finisce mai, è un cuore che scoppia a tradimento come una bomba, è la morte che lascia sul suo petto inerme i segni da scarpone chiodato dei soldati. Teseo perde la vita a brandelli, ispirato e cosciente. Gli ultimi morsi spesi nel furore della condanna, inattesa ma forse sperata. Gioca al rivoluzionario, da giovane, per diluire la fretta di vivere; poi lavora da ferroviere, nel resto di una terra che è meridione, dove «i treni scendono, lenti e rumorosi, nella punta di sabbia dove finisce la nazione, e dove il governo ha piantato una grande bandiera tricolore che il vento ha dilaniato con i suoi morsi»; infine diventa proprietario di un locale, il Byron, sempre più assente dalle azioni quotidiane e distante nei pensieri. È uomo che osserva il mare e gli uomini, Teseo, in un disordine che è di valigia chiusa in fretta. Ama oltre la rabbia e oltre il ricordo. Sembra non avere più nulla da chiedere, perché poi ha poco da offrire. Quando al Byron arriva Rocco, l’amico di gioventù, musicista affermato. E soprattutto l’uomo che amò sua madre di un amore ai suoi occhi innaturale. Blasfemo. Assurdamente tragico. Rocco cede alla colpa antica e all’odio mascherato nell’altrui sguardo, beve con foga, va dritto verso la morte nella carcassa di un’auto che si riduce a poltiglia. Il senso di colpa affonda unghie e denti nella carne molle di Teseo e si compie così la stagione del cupio dissolvi: entra in scena Iole, la conturbante moglie di Rocco, e con lei loschi figuri che squarciano le nebbie del protagonista. Il sesso si fa di tenebra, brucia, va oltre il disincanto di matrimoni finiti per consunzione: risponde a un’ossessione, a un’implosione dell’anima, è sempre più carne e sempre meno amore. Il sud è di pece, ridotto a osso, cartavetrata, rumore di fondo – il sud che Di Consoli sceglie come quinta delle sue storie, riportandoci a certi racconti di Lago negro – un meridione che per Teseo è colorato di «caffè bollente, camion colmi d’asfalto, gelaterie e chiese barocche». Teseo è come un cane sciolto nella terra di nessuno dell’esistenza, popola di incubi i suoi giorni straziati dal distacco e da una passione senza speranza, viene infine abbandonato dal corpo, stremato da un colpo a tradimento prima che la strada curva arrivi a gettare terra sull’ultimo respiro e luce sul viso contratto. Un viso pallido di morte e stupore e nervi slegati dal sangue ormai fermo. Nessuno ha diritto alla salvezza per come ha vissuto dando in pasto ad altri la propria vita, sembra dirci Di Consoli. Gli impulsi più foschi si incastrano nella cornice di una scrittura tesa come corda di violino, dura, secca eppure seduttiva, scandita da immagini piene e taglienti. Alla sua seconda prova con il romanzo, dopo Il padre degli animali, lo scrittore lucano sembra così confermarsi a suo agio nel maneggiare sentimenti terminali, bravo com’è a renderli di pietra con un ritmo intenso e una lingua mai retorica.

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IL TRENO DELL’ULTIMA NOTTE. Incontro con Dacia Maraini http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/05/11/il-treno-dellultima-notte-incontro-con-dacia-maraini/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/05/11/il-treno-dellultima-notte-incontro-con-dacia-maraini/#comments Sun, 11 May 2008 21:40:33 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/05/11/il-treno-dellultima-notte-incontro-con-dacia-maraini/ Ho il piacere di presentarvi il nuovo libro di Dacia Mariani: “Il treno dell’ultima notte” (Rizzoli, 2008, pagg. 432, euro 19).

Un romanzo incentrato sugli abissi dei totalitarismi del Novecento. Un viaggio che va dalla Shoah a Budapest, nel 1956: il periodo della rivoluzione. Un viaggio che diventa ricerca.

Quella che segue è una scheda del libro.

Amara Sironi ha 26 anni ed è incaricata dal suo giornale di una serie di corrispondenze dall’Est europeo. Ma un’altra ragione la spinge verso la Polonia di Auschwitz: l’amico con cui ha trascorso l’infanzia, Emanuele Orenstein, figlio di un ebreo austriaco trapiantato a Firenze, è stato deportato nel campo di Lodz e poi è scomparso. Nel corso del viaggio Amara conosce Hans, figlio di un’ebrea ungherese uccisa a Treblinka, col quale va alla ricerca di Emanuele di cui le resta solo un quaderno di lettere a lei indirizzate, che ha ricevuto in un pacco anonimo dopo la fine della guerra. C’è qualche speranza che Emanuele sia sopravvissuto? E che uomo sarà diventato il ragazzo ribelle e pieno di vita che si costruiva le ali per volare come gli uccelli?

Insieme Amara ed Hans vanno ad Auschwitz, sostano a Cracovia e a Vienna e arrivano a Budapest proprio quando scoppia la rivolta popolare contro l’oppressione dei russi. E mentre rivive, attraverso le lettere di Emanuele, gli ultimi giorni disperati nel ghetto di Lodz, Amara vede abbattersi sull’Ungheria il pugno spietato del totalitarismo sovietico. Il treno per Budapest fonde l’avventura umana di una giovane donna con una riflessione sulle tragedie del Novecento: sono i destini esemplari dei personaggi a dare il senso della catastrofe e dell’abisso, e insieme della speranza di un mondo diverso.

Dacia Maraini in queste pagine rende il suo omaggio, di donna libera e impegnata, al secolo appena trascorso, toccando i nodi centrali, i nervi ancora scoperti di una società che ha sperimentato l’orrore della civiltà e che lentamente prova a risollevarsi. Lo fa regalandoci un personaggio femminile ricco di umanità e verità, una donna capace di superare le paure e le convenzioni per vivere in prima persona, toccare con mano, la tragedia che si consuma in Europa e di cui nessuno è ancora consapevole. Una donna carica di un coraggio che solo il desiderio di conoscenza può ispirare, che diventa simbolo di una passione tutta umana per la ricerca. A queste donne Dacia Maraini ci ha abituati in questi anni, ispirando valori che trovano nell’espressione completa della femminilità tutta la loro carica dirompente. Lo fa, anche in questo romanzo, con la classe e la precisione di una prosa perfetta, armoniosa che ricorda i grandi classici della letteratura mondiale.

Un libro che offre una grande storia. Un libro che apre uno squarcio enorme sulle tragedie del Novecento.

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Credo che la Maraini, al di là delle indiscusse capacità di scrittrice, abbia pieno titolo di raccontare quelle tragedie anche per via delle proprie esperienze di vita.

Riporto questo passaggio della biografia di Dacia: trascorse la sua infanzia in Giappone dove la sua famiglia si stabilì dal 1939 al 1946. Lì, dal 1943 al 1946, la famiglia fu internata in un campo di concentramento giapponese, dove patì estrema fame.

Ho contattato Dacia Maraini, la quale – salvo imprevisti - sarà disponibile a rispondere alle vostre domande.

Per saperne di più sul libro vi invito a vedere la video intervista rilasciata a Daria Bignardi nel corso del programma Le Invasioni Barbariche (cliccate qui).

Cliccando qui avrete la possibilità di leggere il primo capitolo del romanzo.

Per il resto vi propongo queste domande per una discussione di carattere generale

Fino a che punto le grandi tragedie del Novecento sono state metabolizzate?

Che segni tangibili hanno lasciato su quest’epoca super-veloce che si è catapulta sui binari del nuovo millennio?

Che rischi ci sono che le grandi tragedie del Novecento possano riproporsi nel futuro più o meno immediato?

Fino a che punto la Storia riesce a imparare da se stessa?

A voi.

Massimo Maugeri

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Dacia Maraini

Il treno dell’ultima notte

La Scala

cartonato con costa telata

14 x 21,5 cm / pp. 432

19,00 / aprile 2008

 

Ogni treno in fondo viaggia verso il regno dei trapassati.

Emanuele è un bambino ribelle e pieno di vita che vuole costruirsi un paio di ali per volare come gli uccelli. Emanuele ha sempre addosso un odore sottile di piedi sudati e ginocchia scortecciate, l’“odore dell’allegria”. Emanuele si arrampica sui ciliegi e si butta a capofitto in bicicletta giù per strade sterrate. Ma tutto ciò che resta di lui è un pugno di lettere, e un quaderno nascosto in un muro nel ghetto di Lodz. Per ritrovare le sue tracce, Amara, l’inseparabile amica d’infanzia, attraversa l’Europa del 1956 su un treno che si ferma a ogni stazione, ha i sedili decorati con centrini fatti a mano e puzza di capra bollita e sapone al permanganato. Amara visita sgomenta ciò che resta del girone infernale di Auschwitz-Birkenau, percorre le strade di Vienna alla ricerca di sopravvissuti, giunge a Budapest mentre scoppia la rivolta degli ungheresi, e trema con loro quando i colpi dei carri armati russi sventrano i palazzi. Nella sua avventura, e nei destini degli uomini e delle donne con cui si intreccia la sua vita, si rivela il senso della catastrofe e dell’abisso in cui è precipitato il Novecento, e insieme la speranza incoercibile di un mondo diverso.

 

 

Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, narrazioni autobiografiche e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in venti paesi. Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con La lunga vita di Marianna Ucrìa e nel 1999 il Premio Strega con Buio. Scrive sul “Corriere della Sera”. Nel 2006 è uscito nei tascabili Firme Oro il volume dei Romanzi che comprende Memorie di una ladra (1973), Isolina (1985), La lunga vita di Marianna Ucrìa (1990), Bagheria (1993), Voci (1994), Dolce per sé (1997) e Colomba (2004).

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