LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Stefano Turconi http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 LE RAGAZZE DEL PILLAR di Teresa Radice e Stefano Turconi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/11/24/le-ragazze-del-pillar-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/11/24/le-ragazze-del-pillar-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/#comments Sun, 24 Nov 2019 16:58:06 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8352 Sull’onda lunga di Lucca Comics & Games 2019, dedichiamo il nuovo post della rubrica di Letteratitudine intitolata “Graphic Novel e Fumetti” al volume “Le ragazze del Pillar” di Teresa Radice e Stefano Turconi (Bao Publishing)

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Sotto le lenzuola di Plymouth

Teresa Radice e Stefano Turconi tornano con Bao e uno spinoff appetitoso e piccante dedicato alle Ragazze della Casa Pillar to Post. Le Ragazze del Pillar, un viaggio come di consueto fra emozioni, poesia e segno

“Va’ dai poeti. Essi ti parleranno nel modo più perfetto delle creature più pure” William Wordsworth

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articolo di Furio Detti

Non c’è verso. Questo spinoff ci piace più del già splendido *Il Porto Proibito*, sarà perché più guascona, scanzonata e audace – in tutti i sensi – pare la storia delle “ragazze” del Pillar to Post, il postribolo di Plymouth su cui questa volta fa perno la vicenda; sarà perché agilissima è la narrazione divisa in capitoletti da romanzo d’appendice – ognuno dedicato a una delle splendide e coraggiose ninfe che si dedicano al piacere e agli intrighi del porto; sarà perché i personaggi sono ancora scolpiti e definiti con un’umanità, una grazia e una profondità che trascolorano senza intoppi o sforzo dalla storia di Teresa Radice alle matite e ai colori di Stefano Turconi; sarà perché *Le Ragazze del Pillar* è nel suo piccolo un assai ben congegnato fumetto.

Tornano i poeti nel testo di Teresa Radice, ma con meno affettazione dell’opera prima, la graphic novel *Il Porto Proibito*, di cui comunque gli affezionati possono tornare a respirare a pieni polmoni la salmastra e libera atmosfera nel ricordo di Rebecca, la cui presenza maestosa e intrepida abita le camere della casa di piacere, ormai affidata a Amy, e alle cure collettive di Josephine, Cinnamon, June, Lizzie e alla “protezione” del gigante buono chiamato Tane. Per chi invece è nuovo alle storie marinaresche del duo Radice-Turconi, la sorpresa sarà ancora maggiore: non ci sono solo sensualità e erotismo, apprezzatissimi, ma scorrono l’avventura da romanzo ottocentesco, l’umorismo di una “sit comedy” marinaresca e l’intrigo di una storia più grande affidata alla saggezza del Capitano della “Last Chance”, Yasser Allali, impegnato in una battaglia dolorosa ma inevitabile.

Il punto di forza sono i disegni di Turconi, che si aprono su maestosi paesaggi, davvero mozzafiato e costruiti con perizia architettonica (per tutto le tavole di pag. 27, 66, 122 e 129), la ricostruzione minuziosa e cinematografica della cittadina di Plymouth, che già da soli valgono a parer nostro l’acquisto del volume; va da sé che le scene di gruppo e di interni sono accurate e coinvolgenti, la resa volumetrica e luminosa è una gioia per lo sguardo. Se poi la sceneggiatura non solo regge il confronto ma ci regala una serie di emozioni previste e non scontate, *Le Ragazze del Pillar* sembra un buon avvio per una miniserie di qualche volume. Di cui non vediamo l’ora di vedere un possibile proseguimento.

Perché sì, come in una serie sceneggiata, ci si affeziona terribilmente a queste donne libere e volitive, alle loro resistenze quotidiane, alle loro trovate e sinanco alle loro debolezze e meschinità (poche, va detto – forse qui sta il difetto che potremmo trovare nella narrazione). Ogni personaggio non invade il campo, ma la vicenda è frutto della Plymouth risvegliata coralmente attraverso queste vignette, fino all’accurata e minuziosa appendice dedicata al costume e alla marineria dell’Inghilterra del primo XIX secolo. Senza svelare alcunché navighiamo con l’occhio nelle sensuali e vivaci vicende di questa comunità di donne attive nel mestiere più popolare sulla terra, appassionandoci ai colpi di scena, alle malizie, alla simpatia dei piccoli furfantelli che gravitano intorno ai moli inglesi. La storia purtroppo è avara di inquadrature a pieno campo su alcuni personaggi – dei quali intravediamo solo le future sfide – ma in compenso introduce molti volti nuovi nell’universo romanzesco di Turconi e Radice.

Un acquisto necessario per un volume che riprenderete più e più volte, attratti anche dalla bellezza molto concreta di alcune delle Ragazze.

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Teresa Radice – Stefano Turconi

Le Ragazze del Pillar

Bao Publishing, 2019

ISBN 9788832733303, 145 pag.

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Le ragazze del Pillar. Vol. 1 - Teresa Radice,Stefano Turconi - copertinaLa scheda del libro: “Le ragazze del Pillar” di Teresa Radice e Stefano Turconi (Bao Publishing)

Teresa Radice e Stefano Turconi tornano con un volume che riapproda a Plymouth, il luogo dov’è nata la storia che li ha resi famosi in tutto il mondo: Il porto proibito. Ritroviamo le atmosfere della cittadella, e scopriamo subito cos’è cambiato e cosa è rimasto, entrando nelle vite delle ragazze che animano il bordello, quel Pillar to Post che da sempre è crocevia di storie di terra e di mare.

Ogni storia si concentrerà su una delle ragazze e sarà autoconclusiva, ma ciascun episodio contribuirà a costruire il mosaico narrativo più ampio di una storia lunga, destinata a dipanarsi negli anni, armonicamente. In questo primo volume, l’arrivo di un aiuto inaspettato per le ragazze, e l’interesse di un giovane scienziato per una di loro saranno gli elementi scatenanti delle due avventure, indipendenti ma interconnesse, che danno inizio a questa nuova saga.

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Di seguito: alcune tavole dell’opera

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NON STANCARTI DI ANDARE di Teresa Radice (ai testi) e Stefano Turconi (ai disegni) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/03/07/non-stancarti-di-andare-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/03/07/non-stancarti-di-andare-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/#comments Wed, 07 Mar 2018 14:30:57 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7731 graphic-novel-e-fumettiQuesto post unisce due rubriche di Letteratitudine: A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri) e “Graphic Novel e Fumetti“.

L’occasione ci viene offerta dalla pubblicazione di un ottimo graphic novel pubblicato da BAO Publishing e realizzato da Teresa Radice (ai testi) e Stefano Turconi (ai disegni). Il volume si intitola: Non stancarti di andare. Di Teresa Radice e Stefano Turconi ci eravamo già occupati con riferimento a “Viola Giramondo” (Tunué) (qui la recensione di Furio Detti).

Non stancarti di andare è un romanzo grafico intenso sul senso dell’esistenza e della distanza, che attraversa più generazioni. Una storia per distruggere le barriere, per imparare ad amare senza riserve.

I protagonisti sono Iris e Ismail.

Iris inizia a mettersi comoda nella casa di Verezzi, in Liguria, mentre il suo amato Ismail torna a Damasco per sistemare le ultime faccende prima di trasferirsi definitivamente con lei. Separati da un destino violento e imprevisto, Iris si scopre incinta mentre Ismail lotta per tornare in Italia, bloccato dalla grave situazione in Siria, dove alla lotta tra milizie governative e forze ribelli si affianca l’avanzata dei gruppi fondamentalisti.

Di seguito, il tandem letterario tra i due autori (che ringrazio di cuore per la disponibilità e l’entusiasmo con cui hanno accettato il mio invito).

Massimo Maugeri

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Teresa Radice: Eccoci qua. “Non stancarti di andare”, edito da BAO Publishing, è in libreria da tre mesi, è stato un viaggio lungo cominciato oltre dieci anni fa in Siria e non ancora terminato, perché questo è il momento degli incontri coi lettori, delle chiacchierate sulla storia, dei perché e dei percome. In tanti ci hanno chiesto da dove è venuto questo libro, spingendoci spesso a parlare del passato ma, ora che ci penso, nessuno ci ha mai domandato di quel che resta in noi ora che il libro ha preso la sua strada. Di quel che di questa storia ci è rimasto addosso e dentro, ecco. A distanza di 3 mesi dall’uscita (e per te a soli quattro mesi dal termine della lavorazione ai disegni – io, con la sceneggiatura, avevo finito un po’ prima), c’è un personaggio che ti è rimasto più appiccicato di altri? Qualcuno per cui provi particolare nostalgia?

Stefano Turconi: Un po’ tutti, credo.  Dopo così tanto tempo passato assieme è difficile separarsene. Anche se, in realtà, da disegnatore non ti stacchi mai davvero da un personaggio: ogni volta che fai una dedica su un libro disegni uno di loro, quindi, a conti fatti, mi sa che ho disegnato molte più volte Iris e Ismail da quando il libro è finito che non prima, nelle tavole. In ogni caso i personaggi che mi mancano di più credo siano Iris e Maite, per un motivo banale in realtà: lo sapevo già prima, ma lavorando a questo libro mi sono accorto di quanto sia stimolante disegnare la “quotidianità”, un dialogo tra due persone in auto, o su una veranda una sera d’estate. Il fumare una sigaretta, o bere una birra, cose semplici che si fanno tutti i giorni, gesti banali, ma che, da disegnatore, devi rendere “interessanti”, giocando con i gesti o le inquadrature. Per molti aspetti è più facile disegnare una scena d’azione che non una scena in cui due persone prendono un caffè al bar parlando del tempo. Tu, invece, cosa mi dici in proposito?

Tere: Io, con le storie “grandi” (cioè quelle che ci occupano per anni, che sono vere e proprie navigazioni che assorbono ogni cosa che facciamo, che si tratti di pesare la frutta al supermercato o portare i bimbi a scuola) faccio sempre parecchia fatica a “staccarmi”. Tre mesi sono troppo pochi per aver cambiato completamente orizzonte… anche se parte di me già respira le atmosfere del progetto nuovo e il mio cuore ha riconosciuto nei compagni di strada del prossimo romanzo grafico una consonanza di battiti. Complice il fatto che in tanti ci stanno chiamando a raccontare “Non stancarti di andare”, sento Iris, Ismail, Maite, Tiz, Lucio e Saul ancora tutti attorno a me. E forse quello da cui faccio più fatica a separarmi è proprio Saul, che poi è il cardine del libro, colui dal quale tutto è partito, dal quale la storia di tutti gli altri è scaturita, come i cerchi nell’acqua quando getti un sasso. E’ per raccontare Saul che questo fumetto è nato, è l’essere stati toccati da Saul – e dalla realtà da lui creata al Monastero – che in un modo o nell’altro ha cambiato la vita delle persone del libro… e ha cambiato la nostra. Le vicende di tutti gli altri continuano idealmente oltre l’ultima pagina, il lettore può immaginarsele come vuole, ma quella di Saul ci rimane addosso nelle sue parole, nei suoi gesti, sospesa nell’attesa. E nella speranza. “Le ribellioni si fondano sulla speranza”, dicono in Star Wars. E come pulsa forte la ribellione al Monastero, che rende affollato il deserto e fa parlare tra loro persone di lingue diversissime, azzerando le distanze pur mantenendo le diversità!
A proposito, ricordo quanto ti sei basato sulle nostre foto per ricostruire quegli ambienti e tutto il lavoro di documentazione fatto sulla calligrafia araba. E siccome so quanto sei pignolo e maniaco delle verosimiglianze e ho ancora in mente le vele cancellate e rifatte mille volte per il nostro graphic novel precedente, “Il Porto Proibito”, uscito nel 2015 sempre per BAO, ti chiedo: a libro finito, c’è qualcosa su cui oggi rimetteresti mano?

Ste: Un sacco di cose! Sono ancora totalmente convinto di tutte le scelte di colorazione, di atmosfere, di inquadrature, non si tratta di questo. Si tratta dei “refusi”, degli errori nel disegno: un collo troppo lungo, una sproporzione tra le persone e le auto (le auto sono la mia “bestia nera”, non le so disegnare e sono cosciente che non imparerò mai!) un braccio storto, una testa troppo grande o troppo piccola, le classiche cose di cui ti accorgi quando è troppo tardi… Non sono molte, per fortuna, e in ogni caso non rivelerò mai pubblicamente in quali vignette si trovano…
E io invece ti chiedo: c’è stata una scena o un dialogo che hai scritto e riscritto più volte? Qualcosa di cui non eri mai soddisfatta? Qual è stata la parte del libro più difficile da scrivere?

Tere: Oh, ce ne sono state tante! Ma ricordo di aver cancellato almeno una decina di volte il dialogo tra Iris e Ismail a Istanbul, quando discutono di religione: c’erano cose che Iris sentiva fortemente il bisogno di dire, concetti che desiderava condividere con Ismail per costruire con lui un ponte che azzerasse le distanze, per trovare un comune modo di sentire che li avvicinasse al di là delle differenze. Ma le parole le scappavano, erano sempre troppo rozze o inadatte o approssimative. O rischiavano di ferire, di offendere, di scandalizzare… eppure quelle cose scalpitavano per essere dette. A essere onesta, temevo che qualcuno se la prendesse per quel suo discorso sconsolato su “forse il male sta nelle religioni…”, e invece un sacco di lettori hanno trovato echi di loro difficoltà in quelle di Iris e, al posto di schiaffi, abbiamo ricevuto abbracci.
E poi c’è la lettera finale del libro, quella al nostro bimbo, che in realtà aveva lo scopo di raccontare al lettore il perché di questa storia e il perché proprio ora: ci ho messo sei mesi a scriverla, lo sai. Dal giorno del suo quinto compleanno alla consegna del materiale per la stampa. Ci stavo proprio male, su quelle righe: cercavo il modo di spiegargli, quando si fosse imbattuto nel libro da grande, quello che provavo in quel momento di grida e muri. E quello su cui desideravo che lui e sua sorella posassero gli occhi, invece. Volevo farlo “dal lato illuminato della strada”, come avrebbero cantato i Pogues, ma di colpo attorno era tutto buio e non faceva che peggiorare e faticavo a trovare appigli: “Potrete mai assolvere, amore minuscolo, questi adulti che tanto faticano ad essere all’altezza del futuro che vorrebbero per voi?”. Che strazio è stato!
Ma visto che parliamo di figli, di speranze, di sogni… facciamo un gioco, dai. Si dice spesso in giro, di noi due, che siamo “i fumettisti a zonzo”: quelli che girano il mondo e che dai viaggi tornano con carnet zeppi d’immagini e parole (questo è vero!) e poi, da quelle immagini e parole, con tempi e modi ogni volta diversi, ecco che scaturiscono storie.

Ste: E a volte i lettori ci hanno addirittura attribuito viaggi che in realtà non avevamo mai fatto: è successo con l’India di “Topinadh Tandoori”, o con gli Stati Uniti, o con Istanbul…

Tere: Vero! Succede anche con le citazioni: capita che i lettori colgano, tra le nostre vignette, omaggi a film o libri che in realtà magari non conosciamo affatto! Però, tornando ai viaggi, in effetti praticamente tutte le nostre storie più importanti vengono da incontri con luoghi e realtà più o meno lontane, vissute insieme. Allora ti chiedo: quali posti metteresti in cima a una lista di luoghi da esplorare per ambientarci nuove storie? Il mio top della lista lo sai: l’Uzbekistan. Samarcanda prima di morire. Non so che razza di storia potrebbe venire da lì… ma sono sicura che ce ne sia già almeno una che sonnecchia in attesa di essere scovata…;-)

Ste: Difficile dare delle priorità, quindi via con la lista: Mongolia (sogno di andarci da sempre, da quando vidi “Marco Polo”, lo sceneggiato della RAI, negli anni ‘80), e poi il Sudafrica, la Patagonia, le Svalbard! Tutti posti facili da raggiungere, economici.;-) … Ma forse al primo posto metterei (dando un indizio a chi cerca informazioni sul prossimo libro) la Russia. In Carelia ci siamo già stati, ma mi piacerebbe tanto vedere Mosca, e Jasnaja Poliana (la tenuta di Tolstoj) e magari arrivare a Vladivostok sulla Transiberiana. Lì di storie ne troveremmo parecchie, secondo me. Tanto sognare non costa niente…

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Teresa Radice e Stefano Turconi nascono entrambi nella Grande Pianura, a metà degli anni ’70… ma s’incontrano solo nel 2004, grazie a un topo dalle orecchie a padella e a una pistola spara-ventose. Lei, per vivere, scrive storie; lui le disegna. Si piacciono subito, si sposano l’anno seguente. Scoprendosi a vicenda viaggiatori curiosi, lettori onnivori e sognatori indomabili, partono alla scoperta di un bel po’ di mondo, zaino e scarponi. Dal camminare insieme al raccontare insieme il passo è breve. Le prime avventure a quattro mani sono per le pagine del settimanale Disney “Topolino”: arrivano decine di storie, tra le quali la serie anni ’30 in 15 episodi Pippo Reporter (2009-2015), Topolino e il grande mare di sabbia (2011), Zio Paperone e l’isola senza prezzo (2012), Topinadh Tandoori e la rosa del Rajasthan (2014) e l’adattamento topesco de L’Isola del Tesoro di R.L.Stevenson (2015). Nel 2011 si stabiliscono nella Casa Senza Nord – a 10 minuti di bici dalle Fattorie, a 20 minuti a piedi dal Bosco, a mezz’ora di treno dal Lago – e piantano i loro primi alberi. Nel loro Covo Creativo, i cassetti senza fondo straripano di progetti: cose da fare, posti da vedere, facce da incontrare. Nel 2013 esce Viola Giramondo (Tipitondi Tunué, Premio Boscarato 2014 come miglior fumetto per bambini/ragazzi, pubblicato in Francia da Dargaud). I frutti più originali della loro ormai decennale collaborazione hanno gli occhi grandi e la testa già piena di storie. I loro nomi sono Viola e Michele.

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VIOLA GIRAMONDO, di Teresa Radice e Stefano Turconi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/02/03/viola-giramondo-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/02/03/viola-giramondo-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/#comments Sun, 02 Feb 2014 23:29:10 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5854 VIOLA GIRAMONDO, Teresa Radice – Stefano Turconi

La nuova puntata della rubrica GRAPHIC NOVEL E FUMETTI è dedicata al volume “Viola Giramondo” di Teresa Radice – Stefano Turconi (edito da Tunué). Ecco, di seguito, la recensione del nostro Furio Detti.

Massimo Maugeri

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[L'introduzione di GRAPHIC NOVEL E FUMETTI]

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Scappo col Circo! L’avventura di “Viola Giramondo” e della traboccante umanità dell’Arte

di Furio Detti

Occorre una santa maestria oppure una penna fortunata per recensire qualcosa di bello e commovente senza essere stucchevoli. Pertanto spero di essere perdonato se non riuscirò a parlarvi di “Viola Giramondo”, uscito dalle matite di Stefano Turconi e dalla penna di Teresa Radice, senza fallare.
Intanto, difficilmente ho riscontrato tanta sintonia, armonia, fra una sceneggiatrice e un fumettista. I panorami visivi di Turconi, il vibrante e luminoso turbinare delle sue matite, spiegherebbero già da soli come il libro sia stato, nel giorno del 22 gennaio 2014, il fumetto per ragazzi più venduto sul portale Amazon.it. Se poi il testo attraversa con graziosa intensità Gibran, Shakespeare, Thoreau, Terzani, Magris, Al-Rumi, Keats, Rilke e in chiusura Dag Hammerskjoeld (Nobel per la Pace), raccontandoci l’avventuroso viaggio di un circo immaginario fatto di molti uomini e (per fortuna!) pochissimi animali… il gioco è fatto!
Fantasticare in questo circo dei sogni sull’incontro magico tra la protagonista e alcuni grandi dell’arte, della musica e della cultura, come Tolouse-Lautrec e Dvořák, incontrarsi e emozionarsi con gli immaginari e esuberanti artisti del Cirque de la Lune e le letture dei classici, dalle Mille e una Notte in su… non può che essere buona lettura. Semplicemente. Non si potrebbe dire di più e di meglio senza esagerare. Viola Giramondo, figlia della donna cannone e di un entomologo col nome da pittore è una protagonista vera, perché vere sono le riflessioni che fa, i sentimenti che prova, le reazioni alla giornata, perché autentico è ogni turbamento che nasce dalla sua personale esplorazione del mondo: «Forse ho la testa fra le nuvole perché, come quelle, sono costantemente in viaggio, e mi capita di non sapere dove mi porterà il vento… ma mi affido …e mi fido, c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire se il tuo punto di vista si trova a cambiare di continuo.» Questo nomadismo gioioso è il fil rouge che guida la narrazione della Radice e le visioni di Turconi.
Nonno Tenzin, il burbero ma a suo modo generoso Arsène, padrone del circo, il frizzante amichetto Samir e altri compagni occasionali, come l’ispirato Hiawatha, giovanissimo indiano capace di parlare agli animali, sono personaggi intensi, descritti con sicurezza e decisione, forse carenti – se proprio vogliamo – di qualche “chiaroscuro” che non avrebbe affatto guastato. Chiaramente siamo in un fumetto per bambini e giovanissimi, ma sentiamo comunque la mancanza di una dose di cattiveria e ambiguità in più: questi piccoli eroi sono troppo “buoni”, troppo perfetti, e quindi alla fin fine (anche) un po’ stereotipati. Questo è l’unico limite che si riscontra. Sarebbe bello se persino il fumetto di genere osasse di più, rappresentando, pur nella trasfigurazione narrativa e simbolica della fiaba o del racconto avventuroso, un mondo più vero, una realtà un tantinello più scomoda, complessa, sfaccettata. Tant’è. Viola di certo non guasta con il suo comprensibile, acerbo, candore. Forse solo nonno Tenzin sembra meglio calibrato nella sua incontenibile saggezza, in lui l’eccesso di coerenza disturba meno. Anche Samir, innamorato di Viola, ma senza ammetterlo, è credibile e concreto.
Graficamente parlando, il secondo terzo della storia, “Sinfonia d’Autunno” sarebbe da solo premio all’acquisto: i panorami della foresta e dei campi sono splendidi. Turconi ha un tratto agile, vivo, libero dal disneysmo che pure poteva – per comprovata esperienza nella scuderia – proporre. Gran scelta. Gli scorci urbani non sono da meno, deliziosissimi e perfettamente funzionali alla narrazione, mai meramente decorativi. La composizione delle tavole però non apre a sperimentazioni, nessuna scelta ardita neanche nell’impaginazione. Si poteva osare, anche qui come per la caratterizzazione, di più.
Viene veramente voglia di lasciare le proprie abitudini e certezze per seguire i carrozzoni variopinti del Cirque de la Lune, lungo le strade di Parigi, Venezia, Calcutta, Lhasa, o al riflesso dei fiumi indiani, all’ombra delle foreste canadesi. Ci piace pure molto – di questi tempi non stupisce – l’enfasi data a uno spettacolo di quasi soli artisti. Niente leoni o tigri strappati alla foresta, ma un più domestico serraglio. Da animalista apprezzo perlomeno lo sforzo. “Viola Giramondo” è davvero una festosa celebrazione della diversità, della vita, del meraviglioso. Tunuè ha fatto centro anche stavolta. In particolare raccomanderei la toccante conclusione di “Ritorno a casa”, in cui si scopre finalmente qualcosa sui personaggi e sul loro passato con inevitabili lacrime e un epilogo intenso, stracolmo di poesia.
Per questo lo spettacolo convince, appassiona, ci prende. Si applaude perché alla fine vincono l’arte, il colore, la storia, che vorremmo destinata a crescere, espandersi, continuare. Io ci spero, spero che questo volume sia solo il primo di una lunga e fortunata serie. Eppure, se anche mi restasse in mano l’ultimo biglietto, troverei ancora così bello tornare ogni volta, con gli anni, in questa avventura e udire la voce trillante della trapezista squillare dall’alto del tendone: «Mi chiamo Viola Vermeer, papà olandese, mamma francese, cittadina del mondo.»

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Teresa Radice – Stefano Turconi, Viola Giramondo, Tunué 2013
ISBN 978 88 97165 78 1 –  126 pagine

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