Al Lingotto si festeggia la cifra tonda. Già. Vent’anni non sono mica pochi.
Sinceri auguri e complimenti agli organizzatori!
Quest’anno non salirò. Preferisco seguire l’evento a distanza, rimanendo buono e cheto dalle mie parti.
Però consentitemi di dedicare alla XX edizione della Fiera Internazionale del libro di Torino (che si svolgerà dal 10 al 14 maggio) questo post. Tutti i frequentatori di Letteratitudine sono invitati ad alimentarlo. È ovvio che sarebbe interessante leggere i commenti di chi avrà la possibilità di varcare i cancelli ed entrare nella bolgia libresca; ma saranno altrettanto graditi gli interventi di tutti coloro che avranno voglia di dire semplicemente la loro. Scrivete considerazioni, commenti, segnalazioni di qualunque tipo purché, s’intende, connessi alla Fiera.
Di seguito potete leggere un mio articolo che scrissi e pubblicai su un magazine letterario in occasione della diciannovesima edizione. Ho il vago presentimento che parte delle considerazioni scritte allora potrebbero riciclarsi per commentare la Fiera di quest’anno.
Un caro saluto!
Considerazioni sulla 19^ Fiera Internazionale del libro di Torino
di Massimo Maugeri
Le cifre sono da record e il direttore, Ernesto Ferrero, ha colto tutte le occasioni possibili per esternare la sua incontenibile soddisfazione. Intanto sono aumentati gli editori presenti (che hanno raggiunto la ragguardevole quota di 1.263 unità), mentre i visitatori hanno sfiorato il tetto delle 300.000 presenze. Gli incontri sono stati più di 800 e hanno coinvolto all’incirca 2.500 relatori. Secondo Ferrero (come è riportato in una delle note divulgate dall’ufficio stampa della fiera), il successo del 2006 nasce da una combinazione di fattori: "La qualità del programma, la convinzione degli editori, la straordinaria copertura mediatica, perfino la bellezza degli stand". .
Anche gli espositori pare abbiano esternato grande soddisfazione. Ci basiamo ancora sulle informazioni divulgate dal succitato ufficio stampa: "In quest’edizione della Fiera abbiamo venduto il 25% in più rispetto all’anno scorso. Era da tanto che non registravamo un dato così importante" afferma Renzo Ginepro, direttore commerciale di Adelphi, il cui titolo più venduto è "David Golder", il nuovo romanzo di Irène Némirovsky. "Siamo ancora più soddisfatti che nella passata edizione" esclamano i responsabili dello stand Einaudi. Per lo Struzzo il libro che ha ottenuto maggior successo è "La differenza cristiana" di Enzo Bianchi. Fabio Volo con il suo "Un posto nel mondo" è campione di incassi allo stand di Mondadori, dove sono tutti contenti per l’esito della Fiera e da buoni milanesi non risparmiano la battuta: "È ormai un appuntamento consolidato bisogna fare i complimenti ai torinesi che sono riusciti a non farsela portare via". "La Fiera è più ricca, ci sono più stand e più incontri" fanno eco allo stand Rizzoli, dove Paulo Coelho è lo scrittore più gettonato. Pollice in su anche presso lo spazio Feltrinelli: qui i più venduti sono "Tre metri sopra il cielo" e "Tutto il Grillo che conta”. Più 20% di venduto rispetto allo scorso anno per Giunti Editore: tra i titoli più richiesti, "Atlanti di Voyager" di Roberto Giacobbo. Prima volta a Torino per il neonato Gruppo Mauri Spagnol, formato da Garzanti, Longanesi, Guanda, Corbaccio, Ponte alle Grazie, Vallardi, Tea, Nord, Pro libro e Salani: lo stand ha visto come campioni di incassi i libri di e su Tiziano Terzani. Per finire, un gradito ritorno dopo sei anni di assenza: Mursia. "La Fiera è cambiata in meglio. Agli organizzatori riconosciamo il merito di svolgere ruolo importante per la diffusione della lettura – affermano i responsabili della casa editrice. E ancora: "La Fiera ha tolto la polvere ai libri e ne ha fatto uno spettacolo vivo". In cima alla vendite per Mursia, il "Il manipolatore di sogni" di Dario Camillotto. Soddisfazione, in alcuni casi, anche da parte della piccola editoria. Salta all’occhio quanto sostenuta dalla Pendragon: "Abbiamo venduto il 75% in più dell’anno scorso".
Ma lasciamo le cifre e abbandoniamoci a considerazioni personali; anche perché sono molte le cose che ti possono capitare nel corso di una megakermesse di libri come quella di Torino.
Ti può capitare, ad esempio, che nel corso del viaggio d’andata (sul volo Catania – Torino, via Roma) all’aeroporto della capitale si verifichi un problema all’impianto idraulico del velivolo Alitalia dove ti hanno appena fatto imbarcare e che il tuo disappunto si unisca, con casuale cacofonica concomitanza, a quello della persona che ti siede accanto (nella fattispecie un distinto signore di una certa età che ti pare di aver visto da qualche parte ma non ricordi dove). A quel punto ti può capitare che ti facciano scendere e ti rispediscano al gate in attesa dell’arrivo di un nuovo aereo. Magari perdi quasi due ore, però nel frattempo hai la possibilità di conoscere Corrado Augias e di scambiare con lui un paio di battute. Poi ti fanno risalire, ti rituffi in poltrona e accanto a te vedi accomodarsi il distinto signore di prima. Solo una volta atterrati a Torino, però, dopo che il distinto signore ti saluta garbatamente e si allontana, lo riconosci: era Asor Rosa.
La prima volta che metti piede nei locali della Fiera ti può capitare di doverti districare, con un certo imbarazzo, in mezzo a una fiumana di ragazzini ipereccitati che sembrano provenire da ognidove e da ogniquando (appunto per i visitatori della prossima edizione: evitare la giornata dedicata alle scuole!). E lo fai cercando di non soccombere al peso elencotelefonichesco del volume che ti hanno appioppato all’ingresso contenente la lista degli espositori con informazioni annesse. Così caracolli tra uno stand e l’altro compulsando il programma al fine di identificare luoghi, date e orari di conferenze e tavole rotonde che più si confanno ai tuoi interessi. Ce n’è per tutti i tipi e per tutti i gusti, con il coinvolgimento di tutti gli spazi appositamente adibiti all’interno del Lingotto: Sala Gialla, Sala Azzurra, Sala Blu, Sala Rossa, Sala Bianca, Sala Arancio, Caffè letterario, Spazio autori A, Spazio autori B, Piazza Italia, Spazio per i libri, Arena Piemonte. Provi a memorizzare la planimetria della fiera che trovi stampata alla fine della brochure. La fissi, la ri-fissi, la ri-ri-fissi. Poi però rinunci perché se provi a recarti, senza aiuto della guida, alla Sala Rossa finisci con il ritrovarti dinanzi alla Sala Blu e se qualcuno ti domanda a bruciapelo dove si trova Piazza Italia ti viene istintivamente di rispondere: “All’interno del padiglione 2”, anziché del padiglione 3. Ti rassegni, allora, a camminare con programma e planimetria in tasca (che è sempre bene avere a portata di mano anche perché – a dire il vero – la scelta del convegno “giusto” non è impresa da poco considerando che, spesso, gli eventi che ti interessano sono programmati alla stessa ora).
Di tanto in tanto decidi di andare in giro miscelandoti tra i visitatori e gli operatori che vagolano da un capo all’altro della fiera come formiche impazzite. Lo fai scegliendo percorsi alternativi, forse inconsapevolmente ispirato da cacofonici sottofondi capaci di causare un fastidioso senso di ottundimento. In un modo o nell’altro, però, ti ritrovi sempre allo stesso dannato punto. E ti viene il sospetto che qualcuno, esperto in stregoneria applicata agli itinerari, ti abbia inflitto la maledizione (ineludibile e angosciosa) della circolarità dei percorsi libresco-culturali.
Nell’ambito delle tue peregrinazioni ti può capitare di imbatterti nello stand della Fazi e notare una ragazza bassina dal visino d’angelo e dai molteplici ruoli: dà informazioni sui libri, firma autografi, si fa fotografare e… batte cassa. “Nove euro e cinquanta, grazie”, dice. Si chiama Melissa P. e non si capisce bene se sia un’impiegata schiavizzata o la padrona della baracca.
Ci sono altre cose che non ti sono del tutto chiare. Non capisci – ad esempio – perché la gente si affanni ad accalcarsi con particolare ostinazione all’interno degli stand dei grandi editori per trovare gli stessi identici libri disponibili in ogni comune libreria o negli ipermercati. Non solo. Vedi uscire da quegli spazi sovraffollati uomini, donne e bambini con buste ricolme di volumi e sorrisi indecifrabili non di certo attribuibili ad alcuna sorta di sconto o agevolazione. Perché i grandi editori si guardano bene dal praticare sconti alla Fiera del libro di Torino. Solo i piccoli (e alcuni dei medi) hanno spinto la loro generosità in direzione di sconti rivolti per lo più a libri che hanno tutta l’aria di meritarsi l’appellativo di “invendibili” o di “mere scorte di magazzino”.
C’è di tutto, dicevamo, alla kermesse libresca torinese. Dai convegni di alta letteratura agli incontri popolari, dalle tavole rotonde di addetti ai lavori ai ritrovi adolescenziali; come quello ha coinvolto un cospicuo nugolo di ragazze trepidanti e l’autore del già citato bestseller “Tre metri sopra il cielo”; autore che – con un disdicevole gioco onomatopeico – potremmo etichettare come rappresentante principe della letteratura “mocciosa”.
Poi ti possono capitare anche vicende alla “what if… ?” (cioè “Cosa succederebbe – o cosa faresti – se… ?”). Può accadere – per esempio – che un noto scrittore (e amico), nel corso di un convegno che si svolge durante la mattina del secondo giorno di Fiera, ti sussurri a un orecchio: “Pare sia morto Garcìa Màrquez”, e che tu risponda: “Caspita! Che terribile notizia”, e che lui commenti: “Be’, che era malato si sapeva da tempo!”. Poi inizi a riflettere e a considerare che con la dipartita di Garcìa Màrquez viene meno uno degli ultimi pezzi della letteratura con la elle maiuscola e che è un vero peccato che l’ultimo libro (che stai leggendo proprio in quei giorni) del grande autore colombiano, “Memoria delle mie puttane tristi”, non sia altro che – paragonato alle opere precedenti – una triste puttanata. E il senso di sconcerto ti rimane anche ore dopo, quando scopri che la notizia della morte del premio Nobel era un balla bella e buona.
Passano le ore e i giorni e all’improvviso ti ritrovi all’aeroporto per tornare a casa. Pensi sia il momento giusto per fare una sorta di bilancio dei tuoi quattro giorni torinesi senza farti condizionare dal sopravvenuto senso di nausea per la folla e per qualunque cosa assomigli a un libro. Arrivi alla conclusione che, in fondo, non è che la Fiera abbia aggiunto chissà cosa alla tua vita. Ma sai già che, all’avvicinarsi della ventesima edizione (che si svolgerà tra il 10 e il 14 maggio 2007) la tentazione del ritorno sarà troppo forte. Anche perché il paese ospite sarà la Lituania. Non te ne frega nulla, ma è bene cominciare a lavorare sulle motivazioni a giustificazione del futuro viaggio.
Ci vado. Lunedì. Aspettative? Nessuna, temo la confusione. Uno degli obiettivi è la presentazione di Francesca Mazzucato (“Confessioni di un alcolista”, Giraldi editore – ore 13, Spazio Autori Calligaris B).
Salve,
sono Cicerone 1. Ieri Umberto Eco ha, di fatto, inaugurato la ventesima edizione della Fiera del Libro di Torino con una “lectio magistralis”. Segue il testo del suo intervento.
A presto.
Fonte: Repubblica.it
http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/spettacoli_e_cultura/fiera-torino/fiera-torino/fiera-torino.html
LA REPUBBLICA
SPETTACOLI & CULTURA
La “lectio magistralis” dello scrittore alla Fiera internazionale del Libro di Torino.
La manifestazione si apre oggi al Lingotto fino a lunedì 14 maggio.
Vi racconto le avventure di un bibliofilo e dei suoi libri
di UMBERTO ECO
TORINO – Anni fa, quando a Torino si è aperto il Salone del libro, non ricordo se per qualche anno o solo per il primo, c’era anche una sezione antiquaria. Non so quanto gli antiquari, in un salone frequentato da un pubblico che abitualmente va in cerca di cose contemporanee, abbiano venduto, e se siano stati loro a decidere di non venire più oppure se la direzione del salone non li abbia più invitati.
Ricordo solo che mi era molto dispiaciuto perché, quando c’erano, ho visto intere scolaresche percorrere il loro settore e soffermarsi davanti a vetrinette con incunaboli o altre edizioni di pregio, e guardare incantati quei reperti mai visti, quelle incisioni sorprendenti, quei capolavori di tipografia. (…)
Cos’è la bibliofilia? Narra la leggenda che Gerberto d’Aurillac, papa Silvestro II, il papa dell’anno mille, divorato dal suo amore per i libri abbia un giorno acquistato un introvabile codice della Farsaglia di Lucano, promettendo in cambio una sfera armillare in cuoio. Gerberto non sapeva che Lucano non aveva potuto terminare il suo poema, perché nel frattempo Nerone lo aveva invitato a tagliarsi le vene. Cosicché ricevette il prezioso manoscritto ma lo trovò incompleto. Ogni buon amatore di libri, dopo aver collazionato il volume appena acquistato, se lo trova incompleto lo restituisce al libraio. Gerberto, per non privarsi almeno di metà del suo tesoro, decise di inviare al suo corrispondente non la sfera intera, ma solo mezza.
Trovo questa storia mirabile, perché ci dice che cosa sia la bibliofilia. Gerberto voleva certamente leggere il poema di Lucano – e questo ci dice molto sull’amore per la cultura classica in quei secoli che ci ostiniamo a ritenere oscuri – ma se fosse stato solo così avrebbe richiesto il manoscritto in prestito. No, lui voleva possedere quei fogli, toccarli, forse annusarli ogni giorno, e sentirli cosa propria. E un bibliofilo che, dopo aver toccato e annusato, trova che il libro è monco, che ne manca anche solo il colophon o un foglio di errata, prova la sensazione di un coitus interruptus.
Certo ci sono bibliofili che collezionano a soggetto e persino leggono i libri che accumulano. Ma per leggere tanti libri basta essere topo di biblioteca. Il bibliofilo, invece, anche se attento al contenuto, vuole l’oggetto, e che possibilmente sia il primo uscito dai torchi dello stampatore. A tal segno che ci sono bibliofili, che io non approvo ma capisco, i quali – avuto un libro intonso – non ne tagliano le pagine per non violare l’oggetto che hanno conquistato. Tagliare le pagine al libro raro sarebbe come, per un collezionista di orologi, spaccare la cassa per vedere il meccanismo.
L’amatore della lettura, o lo studioso, ama sottolineare i libri contemporanei, anche perché a distanza di anni un certo tipo di sottolineatura, un segno a margine, una variazione tra pennarello nero e pennarello rosso, gli ricorda un’esperienza di lettura. Io possiedo una Philosophie au Moyen Age di Gilson degli anni cinquanta, che mi ha accompagnato dai giorni della tesi di laurea a oggi. La carta di quel periodo era infame, ormai il libro va in briciole appena lo si tocca o si tenta di voltarne le pagine. Se esso fosse per me soltanto strumento di lavoro, non avrei che a comperare una nuova edizione, che si trova a buon mercato. Potei persino impiegare due giorni a risottolineare tutte le parti annotate, riproducendo colori e stile delle mie note, che cambiavano durante gli anni e le riletture. Ma non posso rassegnarmi a perdere quella copia, che con la sua fragile vetustà mi ricorda i miei anni di formazione, e i seguenti, e che è dunque parte dei miei ricordi. (…)
Ci sono i bibliofili e ci sono i bibliomani. Per stabilire una linea di confine tra bibliofilia e bibliomania farò un esempio. Il libro più raro del mondo, nel senso che probabilmente non ne esistono più copie in libera circolazione sul mercato, è anche il primo, ossia la Bibbia di Gutenberg. L’ultima copia circolante è stata venduta nel 1987 ad acquirenti giapponesi per qualcosa come otto miliardi – al cambio di allora. Se ne venisse fuori una prossima copia, non varrebbe otto miliardi, bensì ottanta, o mille.
Dunque ogni collezionista ha un sogno ricorrente. Trovare una vecchietta novantenne che ha in casa un libro che cerca di vendere, senza sapere di che si tratti, contare le linee, vedere che sono 42 e scoprire che è una Bibbia di Gutenberg, calcolare che alla poveretta restano solo pochi anni di vita e ha bisogno di cure mediche, decidere di sottrarla all’avidità di un libraio disonesto che probabilmente le darebbe qualche migliaio di euro (e lei ne sarebbe già felicissima), offrirle centomila euro con cui essa si rimpannuccerebbe estasiata sino alla morte, e mettersi in casa un tesoro.
Dopo di che, cosa accadrebbe? Un bibliomane, terrebbe la copia segretamente per se, e guai a mostrarla perché solo a parlarne si mobiliterebbero i ladri di mezzo mondo, e dunque dovrebbe sfogliarsela da solo alla sera, come Paperone che fa il bagno nei suoi dollari. Un bibliofilo, invece, vorrebbe che tutti vedessero questa meraviglia. Allora scriverebbe al sindaco della sua città, gli chiederebbe di ospitarla nel salone principale della biblioteca comunale, pagando con fondi pubblici tutte le enormi spese di assicurazione e sorveglianza, e consentendogli il privilegio di andarla a vedere ogni volta che desidera, e senza fare la coda. Ma che piacere sarebbe quello di possedere l’oggetto più raro del mondo senza potersi alzare alle tre di notte e andarlo a sfogliare? Ecco il dramma: avere la Bibbia di Gutenberg sarebbe come non averla. E allora perché sognare quella utopica vecchietta? Ebbene, il bibliofilo la sogna sempre, come se fosse un bibliomane. (…)
C’è poi la biblioclastia. Ci sono tre forme di biblioclastia, la biblioclastia fondamentalista, quella per incuria e quella per interesse. Il biblioclasta fondamentalista non odia i libri come oggetto, ne teme il contenuto e non vuole che altri li legga. E’ il caso dei roghi o dell’incendio della biblioteca di Alessandria che (secondo una leggenda che ormai è considerata falsa) fu messa fuoco da un califfo seguendo il principio che o tutti quei libri dicevano la stessa cosa del Corano e allora erano inutili, o dicevano cose diverse e allora erano dannosi.
La biblioclastia per incuria è quella di tante biblioteche italiane, così povere e così poco curate, che non di rado diventano luoghi di distruzione del libro; perché c’è un modo di distruggere i libri lasciandoli deperire o facendoli scomparire in penetrali inaccessibili.
Il biblioclasta per interesse distrugge i libri perché vendendoli a pezzi ne ricava molto più che vendendoli interi. Quanto conviene sfasciare un libro completo? In un catalogo su Internet trovo che una mappa tratta da una delle prime edizioni della Cosmographia di Sebastian Münster (1570) viene offerta a 1200 euro.
Ora la Cosmographia ha una quarantina di vedute di città a doppia pagina, 14 carte geografiche a doppia pagina, più una novantina di legni nel testo. Senza calcolare che i prezzi possono variare a seconda se la mappa o veduta è a pagina semplice, doppia, e ripiegata più volte, e che si vendono persino le pagine coi piccoli legni nel testo, voliamo basso e, fissando una media di mille euro solo per ogni mappa o veduta a doppia pagina, raggiungiamo la cifra di 50.000 euro circa. Ora vedo su cataloghi recenti che un Münster completo può valere anche 30.000 euro, ma se si è fortunati non è impossibile averne una copia decente per 20.000 euro.
Dunque, se si sfasciasse oggi una Cosmographia 1570, spendendo 20.000 euro se ne incasserebbero 50.000. Conviene, no? Naturalmente la copia completa che apparirà successivamente sul mercato, diventata più rara, costerà il doppio, e il doppio costeranno le tavole sciolte. Così in un colpo solo si distruggono opere di incommensurabile valore, si costringono i collezionisti a sacrifici insostenibili, e si accresce il prezzo delle tavole singole.
Il bibliofilo raccoglie libri per avere una biblioteca. Una biblioteca non è una somma di libri, è un organismo vivente con una vita autonoma. Una biblioteca di casa non è solo un luogo in cui si raccolgono libri: è anche un luogo che li legge per conto nostro. Mi spiego. Credo che sia capitato a tutti coloro che hanno in casa un numero abbastanza alto di libri di vivere per anni con il rimorso di non averne letti alcuni, che per anni ci hanno fissato dagli scaffali come a ricordarci il nostro peccato di omissione. A maggior ragione accade con una biblioteca di libri rari, che talora sono scritti in latino o addirittura in lingue ignote, e inoltre un libro antico bellissimo come oggetto, e con belle immagini, può essere anche noiosissimo.
Però ogni tanto accade che un giorno prendiamo in mano uno di questi libri trascurati, incominciamo a leggiucchiarlo, e ci accorgiamo che sapevamo già tutto quel che diceva. Questo singolare fenomeno, di cui molti potranno testimoniare, ha solo tre spiegazioni ragionevoli. La prima è che, avendo nel corso degli anni toccato varie volte quel libro, per spostarlo, spolverarlo, anche soltanto per scostarlo onde poterne afferrare un altro, qualcosa del suo sapere si è trasmesso, attraverso i nostri polpastrelli, al nostro cervello, e noi lo abbiamo letto tattilmente, come se fosse in alfabeto Braille. Io non credo ai fenomeni paranormali, ma in questo caso il fenomeno è normalissimo, certificato dall’esperienza quotidiana.
La seconda spiegazione è che non è vero che quel libro non lo abbiamo letto: ogni volta che lo si spostava vi si gettava uno sguardo, si apriva qualche pagina a caso, qualcosa nella grafica, nella consistenza della carta, nei colori, parlava di un’epoca, di un ambiente. E così, poco per volta, di quel libro se ne è assorbita gran parte.
La terza spiegazione è che mentre gli anni passavano leggevamo altri libri in cui si parlava anche di quello, così che senza rendercene conto abbiamo appreso che cosa dicesse (sia che si trattasse di un libro celebre, di cui tutti parlavano, sia che fosse un libro banale, dalle idee così comuni che le ritrovavamo continuamente altrove).
In verità credo che siano vere tutte e tre le spiegazioni. Tutti questi elementi messi insieme “quagliano” miracolosamente e concorrono tutti insieme a renderci familiari quelle pagine che, legalmente parlando, non abbiamo mai letto.
Naturalmente il bibliofilo, anche chi colleziona libri contemporanei, è esposto all’insidia dell’imbecille che ti entra in casa, vede tutti quegli scaffali, e pronuncia: “Quanti libri! Li ha letti tutti?” L’esperienza quotidiana ci dice che questa domanda viene fatta anche da persone dal quoziente intellettivo più che soddisfacente. Di fronte a questo oltraggio esistono, a mia scienza, tre risposte standard. La prima blocca il visitatore e interrompe ogni rapporto, ed è: “Non ne ho letto nessuno, altrimenti perché li terrei qui?” Essa però gratifica l’importuno solleticando il suo senso di superiorità e non vedo perché si debba rendergli questo favore.
La seconda risposta piomba l’importuno in uno stato d’inferiorità, e suona: “Di più, signore, molti di più!” La terza è una variazione della seconda e la uso quando voglio che il visitatore cada in preda a doloroso stupore. “No, ” gli dico, “quelli che ho già letto li tengo all’università, questi sono quelli che debbo leggere entro la settimana prossima. ” Visto che la mia biblioteca conta cinquantamila volumi, l’infelice cerca soltanto di anticipare il momento del commiato, adducendo improvvisi impegni.
Quello che l’infelice non sa è che la biblioteca non è solo il luogo della tua memoria, dove conservi quel che hai letto, ma il luogo della memoria universale, dove un giorno, nel momento fatale, potrai trovare quelli altri hanno letto prima di te. È un repositorio dove al limite tutto si confonde e genera una vertigine, un cocktail della memoria dotta. Ecco il contenuto virtuale di una biblioteca: “Monsieurs les anglais, je me suis couché de bonne heure. Tu quoque, alea! Licht, mehr Licht ber alles. Qui si fa l’Italia o si uccide un uomo morto. Soldato che scappa, arrestati sei bello. Fratelli d’Italia, ancora uno sforzo. L’aratro che traccia il solco è buono per un’altra volta. L’Italia è fatta ma non s’arrende. Ben venga maggio, combatteremo all’ombra. Tre donne intorno al cor e senza vento. L’albero a cui tendevi la nebbia agli irti colli. Dall’Alpi alle Piramidi andò in guerra e mise l’elmo. Fresche le mie parole nella sera pei quei quattro scherzucci da dozzina. Sempre libera sull’ali dorate. Guido io vorrei che al ciel si scoloraro. Conobbi il tremolar, l’arme, gli amori. Fresca e chiara è la notte, e il capitano. M’illumino, pio bove. Alle cinque della sera mi ritrovai per una selva oscura. Settembre, andiamo dove fioriscono i limoni. Sparse le trecce morbide, una spronata, uno sfaglio: questi sono i cadetti di Guascogna. Tintarella di luna, dimmi che fai. Contessa, cos’è mai la vita: tre civette sul comò”.
(10 maggio 2007)
Sono stata anch’io alla diciannovesima edizione, tra il pubblico, (in piena bolgia del week end) e ora mi ritroverò tra i relatori, nella ventesima edizione.
Non so bene cosa aspettarmi, oltre che di perdermi (come ho fatto l’anno scorso del resto, e come farei per i prossimi dieci anni a venire, probabilmente, se scegliessi di ritornarvi…): qualcosa ho scritto qui.
http://balenebianche.splinder.com/post/12033721/Torino%2C+un+anno+fa
Però faccio voto di tornare, a fiera conclusa, a raccontare come è andata.
Intanto, in tema di segnalazioni, mi permetto di infialarci questa:
Venerdì 11, alle ore 12.00, sarò alla Sala Arancio, coinvolta in una tavola rotonda sul “mestiere di scrivere” e di altre ossessioni…
Ciao e a presto!
A me non dispiacerebbe immergermi nella bolgia libresca (l’articolo di Massimo dà una chiara idea ), ma mi sa che proprio non potrò. Tanti auguri a Sabina C. per la conferenza e a Francesca Mazzucato per la presentazione. Fateci sapere com’è andata: mi rivolgo anche a Maria Giovanna.
Sicuramente, peccato per me non essere alla fiera gli altri giorni, ma aspetto con ansia lunedì’.
Maria Giovanna se ti interessa Francesca Mazzucato ti ricordo che presenterà anche la collana declinato al femminile, qui info
http://declinatoalfemminile.blogspot.com/ e il suo libro Magnificat Marsigliese, qui una parte del primo capitolo http://caffestorico.blog.kataweb.it/caffe_storico_letterario/2007/05/magnificat_mars.html#trackback
Imbarazzo. Totale. L’istinto mi dice di risponderti, Francesco, proseguendo un dialogo carino, ma il mio disprezzo per il dubbio anche remoto di adulazione imporrebbe il silenzio. Pazienza. Vado avanti. Ho letto tutto su Magnificat Marsigliese e l’ho comprato, aspetto che arrivi. Ho letto di Francesca tutti i libri che ho trovato, ormai da mesi. Mi piace molto. Nella prefazione di Daria Bignardi a “Le donne che leggono sono pericolose” ho visto che le donne hanno il “vizio” di vantarsi per le proprie letture. Vizio abominevole, ammesso che sia vero. Oltretutto uscirsene in un blog frequentatissimo a dire “sono una lettrice appassionata di Francesca Mazzucato” e’ tradire un mio intimo piacere. Quello appunto di leggerla senza mettere fuori i manifesti. Ci siamo capiti. Credo.
MariaGiovanna, credo non ci sia nulla di male nel dire che sei una lettrice appassionata della Mazzucato. Io l’ho conosciuta attraverso questo blog e mi sto avvicinando alla sua scrittura. Anch’io penso sia molto brava.
Stile che taglia la pelle.
@ Maria Giovanna, Francesco ed Elektra:
Ritengo che la mia cara “Dirimpettaia” sarà molto contenta di questo vostro scambio di opinioni (scherzi a parte, ha ragione Elektra: nulla di male nel “confessare” le proprie predilezioni letterarie, soprattutto se… “lo stile taglia la pelle”).
@ Sabina e Maria Giovanna:
mi raccomando; attendo le vostre sincere impressioni.
In bocca a lupo a Sabina Campolongo (la “balena bianca” della letteratura italiana) per la sua conferenza.
@ Cicerone 1:
grazie mille. Va bene segnalare (e riportare articoli), però preferirei commenti e considerazioni se possibile.
Amo molto la scrittura di Francesca Mazzucato (che infatti collabora anche per Historica).
Mi ha gentilmente spedito il suo nuovo libro che leggerò a breve, poi vi farò sapere.
dovrei andare alla fiera sabato. vi saprò dire.
certo, maugeri, che la foto della fila chilometrica che hai messo a fine articolo non invoglia molto.
Oggi, 10 maggio, 31 gradi sotto un sole africano: forse per questo sono arrivati al Salone in pochi, rispetto al 2006 e molti ragazzini già caracollanti saranno finiti…al forno. Gli Editori presenti sono ancora aumentati e gli eventi sono talmente tanti che ho perso quelli che mi ero segnato finendo per trovarmi a un incontro sulla nuova poesia israeliana senza neanche conoscere la vecchia, il che mi ha fatto sentire troppo intelligente. Lo stand della Lituania, che metto al pari della poesia israeliana, mi ha invece fatto sentire troppo basso, nonostante sia 1.80. Perdonate la battuta di un mio amico (noto scrittore) che guardando da sotto in su una stangona lituana biondissima ha commentato ‘pensa portarla in Lettonia’. Ci siamo scontrati con: il grande direttore Ezio Mauro (ma è piccolissimo)e lo chansonnier Gianmaria Testa (con enorme custodia chitarra). Gli stand più curiosi uno dove era esposta una tazza (quella del cesso si intende) corredata di centinaia di rotoli e un altro dove ragazzini scalmanati giocavano al calcetto da tavolo. Di positivo, oltre alla quiete, l’Editore Aragno che ha il coraggio di pubblicare gli archivi del Warburg Institut e le ricerche di Aby Warburg. Ricordo che Nino Aragno ha già fatto altre imprese notevoli, come la pubblicazione di tutte le lettere del Petrarca. Lo stand era, ovviamente, vuoto,come ha rilevato Maugeri si accalcano tutti nei più noti (forse perché pensano che dove c’è calca… si mangia meglio?). Ho scritto troppo, pertanto mi firmo… Catilina.
Commenti come quelli di Gianmario Ricchezza aiutano a immaginare la fiera e le atmosfere che si respirano.
Grazie!
Confermo la gran confusione.
Mi sembra abbastanza simile all’anno scorso.
In effetti le considerazioni scritte nel suo articolo possono essere utilizzate anche per questa edizione della fiera.
Saluti.
Ho sempre sognato di visitare la Fiera del libro; ho anche elaborato una strategia per l’accesso e la deambulazione. Ora, dopo aver letto il resoconto di Massimo, mi sento in pace. Rinuncio, per ora e per sempre: faccio il voto di non andarci. Vi aspetto qui, sul blog, comodamente seduta davanti al computer. Aspettando le vostre impressioni mi chiedo: se per fare una parete grande ci vuole un pennello grande;forse, per aumentare il numero dei lettori, ci vuole la bici?
Cara Miriam,
invece io spero che tu prima o poi un’occhiata alla fiera del libro di Torino riesca a darla. È vero che è caotica e affollata, ma in fondo anche questo è il suo fascino. E poi il livello di conferenze e convegni “offerto” è davvero alto.
A me, ti dico la verità, un po’ dispiace non esserci. Anche perché è un’occasione unica per incontrare, concentrati in un unico luogo, diversi amici scrittori e giornalisti.
In ogni caso, no; per aumentare il numero dei lettori non ci vuole mica la bici. Ma il mezzo a due ruote non motorizzato ha un fascino antico e immutabile… un po’ come il libro. Non trovi?
P.S. Miriam, lo anticipiamo che nei prossimi giorni Letteratitudine aprirà una nuova rubrica? Ne sai qualcosa?
Di che si tratta Massimo, possiamo saperlo o è una sorpresa?
Francesco, preferisco lasciare la parola a Miriam.
Se è una sorpresa credo proprio che sarà una bella sorpresa.
Bene, aspetto con molta curiosità.
Domani parto per Torino. Vado al museo egizio con mio figlio. Alla fiera del libro non ci vado, c’è il mio editore (Stampa Alternativa). Basta e avanza!
Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi
Massimo: penso di sì!Che si possa dire.
Miriam
E allora, Miriam, accennaci tu che cosa ci proporrai – con cadenza periodica – in questo spazio.
Dimenticavo di segnalarvi che alla Fiera del libro sarà presente anche Roberto Alajmo in veste di conferenziere.
Di seguito le informazioni
Ore 14:00 Domenica 13
Caffè Letterario
Confini gastronomici: la Sicilia e il mondo arabo. Roberto Alajmo incontra Lilia Zaouali
Cicerone 2 segnala: Wilbur Smith alla Fiera del libro di Torino
FONTE: La Stampa.it
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/fieradellibro/200705articoli/2899girata.asp
12/5/2007 (9:1) – IL PERSONAGGIO PIU’ ATTESO
Wilbur Smith, 73 anni, alla Fiera del libro 2007
“Ora Torino è una very chic-town”
La sorpresa dello scrittore: in 5 anni sparita la città grigia e industriale
Approda al Meridien stanco morto, (è in giro per l’Europa da una settimana e ha 73 anni), ma con un sorriso contagioso sulle labbra. Scarica personalmente il suo trolley dal baule della Dedra familiare e imbocca la bussola di vetro. E’ lui la guest-star della Fiera del Libro. I suoi fan lo hanno atteso per tutta la giornata davanti all’hotel. E l’ufficio stampa della kermesse ha ricevuto decine di telefonate per chiedere lumi sulla – segretissima – ora d’arrivo. Così tutta la giornata è scivolata via. Ed erano le 19 passate quando Wilbur Smith, l’autore più letto dagli italiani, arriva al Lingotto. Ha a disposizione pochi minuti, lo aspetta una cena fra amici al ristorante «La Barrique» di corso Dante. Poi oggi all’una andrà da «Mina», a pochi passi dal Salone. Perchè oltre ad amare la scrittura e il suo pubblico, l’autore de «Alle fonti del Nilo» è anche una buona forchetta. Non veniva a Torino dal 2001. E qui scatta la notizia, mediata dalla sua gentile assistente che ormai lo segue da anni e lo capisce con un solo sguardo.
– Allora mister Smith, “what about Turin”, che ne è di Torino, dopo cinque anni? Le è parsa cambiata?
«Ma certo. Mi è parsa davvero molto più chic ed elegante. Che ne è dell’industrial town, la città della Fiat che non sapeva nemmeno che cosa fosse il turismo? Deve però darmi più tempo per giudicare sul serio. Sono arrivato da mezz’ora. E ho soltanto visto che cosa c’è sulla strada che dall’aeroporto conduce qui al Lingotto».
– Che cosa l’ha colpita di più del poco che ha visto?
«Mi è piaciuta tanto Porta Palazzo che ho trovato irriconoscibile. E’ tutto più curato, più ricercato. Poi ho dovuto informarmi con i miei collaboratori sulla storia di questa città. Avevo intuito da certa sua architettura che si tratta di un’ex capitale, e che qui c’è stato un regno. Spero di avere il tempo di documentarmi e girare un po’…».
– Che cosa si attende da questa Fiera?
«Intanto è la prima volta che visito un salone del libro italiano. E sono molto, molto ansioso di vedere come è stata organizzata. Poi non vedo l’ora di incontrare il mio pubblico, stringere loro le mani, raccontare dal vivo come nasce un’opera e, perchè no, la mia passione per l’Egitto.
– «Già, l’Egitto. L’appuntamento clou è fissato per domenica, quando visiterà il nuovo allestimento di via Accademia delle Scienze. Se lei manca dal 2001 si sarà perso il riallestimento di Ferretti».
«Infatti non vedo l’ora di visitarlo. Mi hanno detto che è molto seducente e non ho dubbi che per me lo sarà più che per gli altri».
– Sarà insomma come entrare nel suo ultimo romanzo che è già in testa a tutte le classifiche.
«Mi auguro di sì. Mi attendo molto da quel museo, e dal rapimento che potrò vivere visitandolo. Certo, per uno scrittore il massimo è far rivivere l’atmosfera dei faraoni sulla propria pelle anche soltanto leggendo…».
– E adesso, disfatte le valigie che fa?
«Spero di mangiare un buon piatto di agnolotti».
Non vorrei fare la lagna, però un bell’evento come quello di Torino da noi non succede. Perché? Io sono nata e vivo a Siracusa e a parte le rappresentazioni classiche e qualche associazione a seconda dei casi eroica o furba non c’è altro… Una bella fiera letteraria ci vorrebbe proprio… Anche per fare sentire meno disperati noi aspiranti autori sudisti!!! C’è una fiera dell’editoria siciliana, ma niente di entusiasmante.
Speriamo in tempi migliori…
Io ci sono stata ieri.
E’ vero che c’era parecchia confusione, però per chi ama i libri e gli eventi letterari è un’occasione imperdibile. Bella atmosfera.
Rispondo.
Fra poco, da lunedì, su questo sito si aprirà una nuova rubrica: “L’occhio alato, storie di disumanizzazione scolastica”. Il titolo s’ispira all’immagine dell’anima in movimento di Platone; un occhio alato e un auriga che guida una pariglia di cavalli ( Fedro 246 a-b). Le pagine del mio “manuale di educazione all’immagine” saranno lo strumento (un semplice mezzo) per avviare un confronto con i lettori del blog. Un dibattito aperto volto ad originare un’azione collettiva che sappia unire, nella riflessione, proposte per progetti e nuovi interventi. Ringrazio Massimo Maugeri per l’occasione offertami e nei limiti delle mie capacità, prometto, a tutti i lettori, il mio impegno e la mia disponibilità. Ci rivolgeremo a tutti, agli studenti, agli insegnanti, ai bibliotecari…agli intellettuali, perché, questo sarà anche uno spazio per individuare iniziative, per proporre azioni intergenerazionali, da presentare ad enti ed istituzioni; un nuovo cammino, un recupero funzionale.
Grazie a tutti e a rileggerci.
Rieccomi, come promesso. Ciò che riguarda la mia presentazione, le mie impressioni e i miei problemi di orientamento potete leggerlo sul mio blog. (non mi sembrava il caso di copiaincollare il tutto…)
Più in generale, ho controllato da Fazi e Melissa P non c’era, quest’anno si vede che han deciso che potevano permettersi una stagista. 🙂
Il “giorno degli studenti” l’ho beccato in pieno ma la fiera era comunque vivibile.
I bagni delle donne sono sempre più affollati di quelli degli uomini, (ma perchè mi chiedo? Gli uomini hanno vescica più resistente, o tempi di svuotamento più rapidi o che altro??) così come gli stand dei grandi editori sono sempre più affollati di quelli dei piccoli.
Ho assistito alla presentazione della collana di Francesca Mazzucato, “Declinato al femminile” e confermo, se ce ne fosse bisogno, che il tutto (e lei) è stato all’altezza delle mie rosee aspettative.
Ho scoperto che ci sono libri di esordienti messi sul mercato da piccoli editori al prezzo di 21 (ventuno!) euro, il che mi ha un po’ spiazzata, ho scoperto che la Sala Arancione non è climatizzata e che la guida distribuita all’ingresso è fatta con i piedi.(entrambe le scoperte a mie spese…) Ho scoperto che ci sono persone che vanno alla fiera con i propri manoscritti da “piazzare” (io ovviamente non ci avevo pensato) il che confermerebbe l’impressione che in Italia ci siano più scrittori che lettori ovunque.
Ho ammirato sinceramente e profondamente la signora Welby ospite di Fahreneit.
E se mi viene in mente altro, tornerò. 🙂
Giorno 12 ore 16 che bello, il piazzalone assolato è vuoto nei suoi 400 metri…per forza, ci saranno almeno 50 persone per cassa (e sono 8) pigiate all’ombra dei teloni. Dentro poi…però non è così intasato come l’anno scorso. In compenso oggi ci sono incontri importanti.Da uno stand giungono strani cori: è quello della regione Sardegna dove una ventina di monofonici pseudo-pastori in rosso e bianco intonano nenie. Butto un occhio sui libri:’Fraseologia gallurese’e ‘Il Condaxi Cabrevadu’ (Boh? Cabre saranno le capre, li picuri? Doppio Boh). Uno scrosciante applauso copre tutto. Nello stand vicino sta parlando, sul soffocamento delle donne nell’Islam, Ayaan Hirsi Ali, autrice de L’infedele. Affascinante, lei e la sua intelligenza, è la dimostrazione di come la luce della cultura vince le tenebre della ignoranza. Per Miriam: si può girare e devi venire la prossima volta, anche per vedere questo eccezionale esempio di riutilizzo di ambiente industriale. Oggi, alto livello, troppe le cose perse. La chitarra del bravo e ironico Giorgio Conte mi attira in disparte, verso un editore nuovo di zecca, Excelsior 1881 che sta per pubblicare (dopo 300 anni)il gesuita Baltasar Graciàn, che potrei definire esagerando un misto tra Ratzinger e Voltaire. Complimenti. Segnalo, anche per la grafica oltreché per il coraggio, il piccolo editore Di Renzo di Roma. Catilina.
Ben fatto Miriam! Vedrai che ti leggeranno in tanti.
@ Sabrina: grazie mille per i tuoi preziosi commenti. Se ti venisse in mente altro sai che da queste parti sei la benvenuta.
@ Gianmario (Catilina) Ricchezza, nostro corrispondente da Torino. Grazie davvero.
Credo che li picuri significhino le pecore.
Io alla fiera del Libro sono stata ieri, ci vado da qualche anno ma concordo con chi pensa che sia sempre la stessa storia: è una gran kermesse, un mercatone iperaffollato, a parte la mia personale curiosità per alcuni piccoli editori che difficilmente sono reperibili altrove, per il resto trovo assurdo andare lì per comprare libri delle grandi case editrici reperibili ovunque, e per quanto riguarda incontri e conferenze sono davvero troppi, impossibile fisicamente e mentalmente seguirne più di un paio al giorno senza andare in overdose, spesso poi ce ne sono addirittura tre o quattro alla stessa ora…
Credo che gli organizzatori si siano fatti prendere un po’ la mano in questo.
L’anno prossimo non credo tornerò, nno ne vale la pena.
Sono appena tornata dal mio secondo giorno di full immersion nella bolgia libresca, quest’anno ancora più grande, per la presenza del padiglione Bookstock, dedicato ai gggiovani, dove la sottoscritta ha passato le mattine con l’ingrato compito di inculcare ai bambini l’amore per la scrittura, e Torino Comics con la sua folla di nerdissimi appassionati di fumetti & co.
Per il resto niente di nuovo, tanta gente, soprattutto all’Einaudi e all’Autogrill, e qualche incontro notevole, per esempio, non ancora segnalato negli altri commenti, quello con Aleida Guevara.
Domani sto a casa e sono contenta.
Grazie anche ad Annamaria e a LB.
A che cosa serve la Fiera del Libro di Torino?
Prova a rispondere Stefano Salis sul Domenicale del Sole24Ore (cfr. pag. 39 di “Domenica” de “Il Sole24Ore del 13 maggio 2007).
“La Fiera del Libro serve da enorme libreria. La più grande d’Italia, per quattro giorni, nella quale gironzolare, vedere le novità, ripescare i tioli di catalogo che nelle librerie “fuori” dalla Fiera faticano a trovare posto (soprattutto per gli editori più piccoli, questa del catalogo sembra essere una risorsa). (…)
In più i lettori non chiedono nemmeno più lo sconto e pagano per entrare: un paradosso abbastanza inspegabile in un Paese dove i libri stentano a ritagliarsi uno spazio stabile nella vita delle persone.”
ho fatto una gita a torino in giornata sabato
certo, era la mattina peggiore, e quindi non mi ha stupito la ressa…
al salone ci vado dal 1999
per un paio di anni come standista, poi come ufficio stampa e organizzatrice degli eventi (le presentazioni), e infine come autrice
quest’anno, per la prima volta, sono andata semplicemente come MAMMA!
non vorrei deludere chi non lo frequenta abitualmente, ma il salone (da poco FIERA ed è un o’ triste) è un evento pochssimo considerato dalle grandi case editrici
l’aspetto più interessante, a mio avviso, è la presenza dei piccoli editori, generalmente tutti riuniti nel padiglione 1 (da sempre è così): l’avventore/cliente può finalmente dunque vedere le novità della piccola editoria che difficilmente raggiungono le librerie (causa: i costi della distribuzione, che strozzano i piccoli editori) e le vede tutte insieme…
aspetti negativi: la bolgia, sì, è tremenda
e inoltre, il biglietto: ho trovato assurdo far pagare ai profesisonali (docenti universitari e scrittori) 5 EURO per l’ingresso
inoltre, da un paio di anni il biglietto vale come ingresso UNICO: cioè se metti un solo piedino oltre le porte del lingotto, ti tocca rifare la fila per entrare di nuovo
il nuovo padiglione 5 (dedicato ai fumetti) era sotto un tendone senza aria condizionata (e mio figlio mi ci ha tenuto un’ora a caccia di manga!)
considerazioni generali: da mamma e quivis de populo è stata una gran delusione
per fortuna che ho incontrato vecchi amici, ho scambiato un po’ di chiacchiere con editori e scrittori che non vedo spesso… ma poi, all’una, sono scappata dal lingotto, ho mangiato una pizza in centro e ho visitato il museo egizio…
ecco, presa così la gita a torino ha avuto un senso, altrimenti, senza un libro da presentare, non penso che ci tornerò di nuovo
cordialmente,
isabella rinaldi
Suggerimenti per chi non è mai venuto alla Fiera e non conosce Torino che mi permetto di dare come organizzatore di visite di amici soddisfatti: Consiglio due giorni, prenotate (almeno due mesi prima)l’Hotel Gran Mogol, in centro (via Guarini doppia 90) sarete a un tiro di schioppo dal Museo Egizio e dal Museo del Cinema (di livello internazionale e imperdibili) nonché dai bar Baratti e Milano e San Carlo tra i più belli d’Europa (colazioni deliziose croissant e cappuccini e ambiente. Con un solo tram (1)a 200 metri (davanti stazione) sarete al Salone che consiglio di raggiungere per il primo pomeriggio, eviterete molte scolaresche. Così al mattino potrete fare le visite ai musei (non vi interessassero i già citati, andate a Palazzo Reale o al Museo dell’Automobile). In zona Fiera all’una mangiate alla Osteria Fiat (davanti)10 fissi o alla nuova città del cibo Eataly (cinque snack a tema 9/10 e bottiglie dei migliori piemontesi)sarete di umore migliore e avrete le calorie per tirare a sera.Inoltre potrete vedere il Lingotto (8th Gallery e salire su (panorama)alla pinacoteca Agnelli, solo 15 quadri ma di gran valore). A chi vuol mangiare in centro consiglio Da Mauro, via Santa Teresa (30). Tutti i citati sono, a mio parere di habitué, i migliori prezzo-qualità. Al 2008.
@ Isabella Rinaldi
Isabella cara, sapevo che saresti andata (anche se non ne avevamo parlato). Ti ringrazio, oltre che per il commento e le impressioni anche per le “dritte” da addetta ai lavori. Dal canto mio mi ero dimenticato di “avvisare” che è del tutto inutile entrare alla foera con dei manoscritti/dattiloscritti in borsa. Magari riuscite a beccare qualche editor o il direttore editoriale (o letterario) disposto a prendere in mano il vostro lavoro, ma è quasi matematico che vada disperso o finisca nel cestino. Credo sia inevitabile in quella bolgia.
@ Gianmario Ricchezza.
Ancora grazie Gianmario: ti nomino inviato speciale di Letteratitudine alla Fiera del libro di Torino del 2008.
@ Cicerone 3
Thanks. Il buon Stefano Salis è spesso tirato in ballo in questo blog.
FIERA DEL LIBRO 2007 – “LA FIERA DEI RECORD” (by Cicerone 2)
Fonte: La Stampa:
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/fieradellibro/200705articoli/2946girata.asp
Raggiunti i livelli massimi in fatto di affluenza e indotto. Ferrero e Picchioni: “Siamo molto soddisfatti”
TORINO
La«Fiera dei record»: record di visitatori, di vendite, di ospiti. Così viene definita la Fiera del Libro di Torino a poche ore dalla chiusura. A confermare la battutra sono le cifre: 300.000 visitatori stimati (il numero conclusivo sarà reso noto in serata o al più tardi domani mattina), circa 35 milioni di euro l’incasso dell’indotto della Fiera. Il presidente e il direttore della Fiera, Rolando Picchioni ed Ernesto Ferrero, manifestano apertamente la loro soddisfazione. In particolare tra i visitatori: oltre 80.000 hanno preso parte ai vari convegni, circa 30.000 gli studenti dalle elementari alle superiori, a migliaia provenienti da fuori Piemonte.
A pochi ore dal tradizionale taglio della torta che chiude la kermesse al suo ventesimo compleanno e annuncia l’edizione 2008, i dati parlano di un aumento del 5-6% delle vendite di volumi presso quasi tutti gli espositori (i maggiori editori hanno registrato un aumento anche del 20%) con un fatturato di oltre 5 milioni di euro, mentre 5 milioni e mezzo è il fatturato della Fiera, «cifra – viene detto – da moltiplicare prendendo in considerazione gli incassi di bar, paninoteche, self service, pizzerie, ristoranti.
Molta soddisfazione tra gli stand di Mondadori, Einaudi, Bollati Boringhieri, Marsilio, Laterza, Feltrinelli, Newton Compont, De Agostini. Minime le critiche, per lo più fra i piccoli editori penalizzati rispetto ai grandi, ma comunque in gran parte con pareri positivi pur non avendo sempre pareggiato i conti tra costi e guadagni.
(14 maggio 2007)
I VELENI DELLA FIERA (by Cicerone 2 – reloaded)
Fonte: La Stampa
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/fieradellibro/200705articoli/2954girata.asp
Soria: poco autorevoli. Ferrero: non compriamo nessuno
EMANUELA MINUCCI
TORINO
Se esistesse un vocabolario degli uomini, alla voce Ernesto Ferrero starebbe scritto: uomo di eccezionale cultura, mite, elegante, dotato di grande fair-play. Eppure c’è qualcuno (e non è neanche un personaggio a sorpresa) che è riuscito ad avvelenargli il gran finale della Fiera del Libro che si è chiusa ieri sera: quest’uomo è Giuliano Soria, il patron del premio Grinzane. E’ bastata una sua dichiarazione ai giornali per trasformare anche il presidente della kermesse Picchioni in un Rolando furioso. Ora si dirà: il solito duello fra i più tradizionali duellanti della cultura subalpina. E invece no, stavolta è una dichiarazione di guerra bella e buona. Una svolta, della serie niente sarà più come prima, maturata ieri all’ora di colazione, negli uffici di presidenza. A scatenare l’indignazione della coppia Ferrero & Picchioni sono state due righe al vetriolo rese da Soria ai giornali del mattino: «Cosa manca ancora a questa fiera?», gli ha chiesto un cronista. E lui: «Deve guadagnare ancora qualcosa in autorevolezza».
Apriti cielo. Di fronte a un caffè e a un succo d’arancia Ernesto Ferrero decide lucido, in accordo con Picchioni, che la misura è stata abbondantemente colmata: «Noi non abbiamo bisogno di lezioni al capitolo autorevolezza e tanto meno da chi riesce a mettere insieme autori decenti soltanto dietro compenso». E ancora: «Noi non abbiamo mai avuto bisogno di pagare i nostri ospiti. E parlo di gente come Dario Fo e Wilbur Smith. Noi non dobbiamo attrarli con delle somme travestite da premi…».
Parole forti, che paiono nascere da un colpo di rabbia momentaneo. Ma non è così. Perché dopo aver confidato a un pugno di cronisti in mattinata di non poterne più dei colpi bassi di Soria, i vertici della Fiera decidono di rendere ufficiale la rottura durante la conferenza stampa del pomeriggio. E Ferrero ci va giù ancora più pesante: «Noi non abbiamo bisogno di comprare la nostra autorevolezza utilizzando premi finti perché abbiamo troppo rispetto del denaro pubblico». Uno schiaffone, accompagnato dagli applausi del pubblico. E Giuliano Soria come replica a queste accuse? In prima battuta dice di essere stato travisato. «Quando parlavo di autorevolezza io mi riferivo semplicemente al fatto che quando si lavora sulla grande quantità la qualità un po’ ci perde, ma è fatale. Adesso siamo qui a festeggiare un bel traguardo non capisco il motivo per cui ci si debba attaccare alle parole…». Sì, però uno scontro, e anche con qualche colpo basso, c’è stato, o no? «Guardi mi creda – minimizza ancora Soria – queste polemiche nascono soltanto perché in Fiera circolano molti giornalisti. Siete voi che soffiate sul fuoco e create i retroscena in vitro».
Poi aggiunge: «Posso capire che dopo cinque giorni di superlavoro siano tutti un po’ nervosi, ma questo è un bel giorno non roviniamocelo». Tutto è bene quel che finisce bene: la Fiera è finita, andate in guerra.
(15 maggio 2007)
Se posso, cari amici, io evito sempre di intervenire nel pieno delle discussioni e ”mi tengo la coda”.
In appendice a tutte le opinioni sulla Fiera 2007, appunto, e sulla scorta dell’esperienza diretta fatta da mia moglie Veronika Simoniti, potrei solo augurarmi che in Italia migliorino le abitudini generalizzate e le testate cultural-librarie nazionali (vedete: manca un settimanale cartaceo tutto dedicato ai libri; sono finiti i caffe’ letterari delle tradizioni cittadine; a scuola, per strada e in televisione si parla troppo poco di Letteratura italiana. Ebbene, cosa aspettiamo a creare quanto manca o a rinverdire le tradizioni in disuso? Gli italiani hanno bisogno di libri come quotidianita’, non di eventi saltuari!). Insomma: spero che a qualcuno verra’ in mente che e’ ora fatta perche’si ritessa la trama artistico-scrittoria del Paese, in maniera da evitare di fare una sola megafesta torinese ogni anno. Una festa che, una volta finita, lascia le cose come stavano prima.
Stesso discorso per Benigni con Dante: ne sono felicissimo, Dante va bene sulle piazze, tra i ragazzini che pensano alle figliole accanto a loro e viceversa, mentre Benignaccio stimola e concede ”benignamente” al volgo un po’ di pubblico eros per il Sommo. Ma bisogna rimettere Dante sulle scrivanie degli italiani, far si’ che tutti ne leggano i versi quotidianamente, con umilta’, calma e attenzione.
Questa e’ la scommessa vera, di fondo: far LEGGERE gli italiani, non tanto VENDERE loro i libri a tutti i costi, solo perche’ esiste un’industria che deve esser mantenuta coi suoi varii addetti e ”fiancheggiatori interessati” (giornalisti, insegnanti, ecc.).
Dunque, non basta fare le grandi adunate. Gli americani le fanno, noi non dovremmo, no no no. Altrimenti i poeti s’arrabbiano e si sentono presi in giro. Dal cielo scagliano saette, lo sapete?
Sergio Sozi