Novembre 21, 2024

250 thoughts on “IL BLOCCO DELLO SCRITTORE E QUELLO DEL LETTORE

  1. Cari amici, sono molto lieto di poter avviare questo post e la discussione che (spero) ne seguirà.
    Credo che i temi proposti siano interessanti e stimolanti e che ci coinvolgano un po’ tutti.

  2. Prima di andare avanti mi preme ringraziare l’amico Stefano Salis della redazione del domenicale del Sole24Ore per aver messo a disposizione l’articolo “penne in panne”, autorizzandomi a pubblicarlo qui.
    Grazie, Stefano!

  3. Bene…
    Come ho scritto sul post molti di noi letteratitudiniani siamo scrittori o aspiranti tali. Di certo siamo tutti lettori.
    Il tema proposto ha a che fare principalmente con la “scrittura” e con gli ostacoli che è possibile incontrare nel confrontarsi con la pagina bianca.

    Vi riscrivo, di seguito, le “domande del post”…

  4. Nell’articolo di Stefano Salis si accenna alle esperienze di vari scrittori italiani nei confronti del cosiddetto blocco dello scrittore: Alessandro Piperno, Giuseppe Genna, Nicola Lagioia, Carlo D’Amicis, Elena Loewenthal, Paolo Giordano, Patrick Fogli, Giorgio Vasta, Ernesto Ferrero, Antonio Scurati, Giulio Mozzi, Andrea Vitali.

  5. Di più: vi è mai capitato, per un certo periodo di tempo, di non riuscire più a leggere? E in caso affermativo… come siete riusciti a superare “il blocco del lettore”?

  6. Caro Massimo, il cosiddetto blocco dello scrittore secondo me esiste, a volte subdolo e “mascherato”, sia per chi è costretto a scrivere in modo da mantener fede a un contratto sia per chi scrive soddisfacendo un impulso o una necessità interiore, talvolta addirittura vitale.
    Personalmente, ne sono spesso vittima dopo aver scritto magari trenta pagine (di narrativa, saggistica e anche reportage), insoddisfatto di quanto avevo scritto perché inappropriato o superfluo rispetto alla “scaletta” e ai potenziali lettori.
    Cos’ho fatto, allora?
    Se ero impegnato in una narrazione, mollavo tutto e iniziavo o riprendevo l’esposizione di una ricerca sul campo, dal momento che faccio ricerca sociale dai tempi dell’università. E viceversa.
    Ma come esiste il blocco dello scrittore, così esiste il blocco del lettore. Blocco inteso – però – come rifiuto dell’opera, specie se disattende le aspettative o le promesse contenute nei risvolti di copertina, nelle recensioni o nelle motivazioni elencate ad esempio nei premi vinti, dato che il libro, soprattutto se di narrativa, viene sovente propagandato, anzi “pompato” oltre ogni limite per incentivarne l’acquisto.
    Detto questo, mi permetti, Massimo, di citare un altro saggio di Margaret Atwood concernente il mondo della scrittura, specie le motivazioni allo scrivere? Lo consiglio sia agli scrittori d’ogni genere sia ai lettori. S’intitola “Negoziando con le ombre” ed è stato pubblicato da Ponte alle Grazie nel 2002. E’ una miniera di notizie, consigli e aneddoti.
    Buona giornata!

  7. @Caro Massimo, per eludere il blocco dello scrittore il consiglio di Margaret
    Atwwood che mi è più piaciuto, è quello di assaporare un quadretto di cioccolata nera e voluttuosa, che buona! Ora vado subito a provare… e se
    l’ispirazione non dovesse fluire? Pazienza, almeno la mia giornata sarà dolce e ricca di endorfina…. Sai che faccio, amabile uomo del sud?
    Te ne mando un quadratino virtuale, così non ti fa male…!
    ed anche un bacio perugina…. Smack!
    dalla Tessy impertinente, birichina…

  8. A mio parere la Atwood ha risposto bene: lasciar perdere al momento. Poi ognuno deve fare ciò che più gli è congeniale, ossigenarsi con una bella passeggiata (o con una bella lettura, come dice Scurati). Per me il blocco è identico a quello della memoria: inutile affannarsi a ricordare, magari un nome; quando sospendiamo lo sforzo, magari ore dopo, il cervello lo ricupera dai suoi archivi in modo naturale. Ecco, forse il blocco avviene perché, per il nostro inconscio, stiamo facendo qualcosa al momento non gradito, a scapito di altre istanze naturali. Mi sembra sia così anche per cose agli antipodi, come l’amore, e occorre capirlo. Chiediamoci se non è meglio una pagina in meno (scrivere non deve essere un obbligo) ma meglio scritta.

  9. Bel tema, Massimo. Per pudore, comincio dalle mie avventure di lettore.

    – Blocco del lettore: quando sto dietro alla rifinitura delle bozze divento ipersensibile e le mie insicurezze (stilistiche, perfino grammaticali) si amplificano. Tutto allora mi suona storto, inappropriato, e non solo in ciò che ho scritto, che mi sembra tirato via, ma anche nei libri che sto leggendo, anche nei classici più inattaccabili – perché ne leggo sempre tre, quattro alla volta, ahimè, e lo so che non è una bella cosa, ma non so fare altrimenti. Leggere allora diventa una sofferenza, una condanna a un fare le pulci forzato, una specie di editing insensato, che mi toglie ogni gusto. Guai anche per i compiti dei miei allievi che mi passano tra le mani in quei periodi.

    – Blocco del lettore numero due: per sfinimento, per disamoramento, per sopraggiunta curiosità di altri libri, quanti libri abbandono prima di essere giunto alla fine? Non è bello, lo so: ma spesso mi accontento del sapore dei libri, delle immagini che restano, e della persistente e potente sensazione della scoperta iniziale. In fondo, mi dico per giustificarmi, che importa come va a finire il libro? (Ma non mi convinco: il senso di colpa per la mancata conclusione della lettura lo sento, eccome). Paradossalmente, abbandono più facilmente i libri (parlo di romanzi) che sono costruiti apposta per incatenare il lettore: di quanti gialli non ho mai saputo il colpevole, pur essendomi goduto le premesse e una prima parte di intreccio? di quante avventure ho seguito con passione la preparazione, e poi via via ho abbandonato lo sviluppo, magari per dedicarmi a un saggio di linguistica o di narratologia (letto fino all’ultima parola)?

    – Blocco del lettore numero tre: i libri scritti male, sciatti, ammiccanti, poco sorvegliati. Non c’è niente da fare. Non ci riesco. Mi incupisco.

  10. Carissimo Signor Maugeri,
    a mio avviso il blocco delo scrittore nasce quando si hanno troppe aspettative su ciò che si scriverà. A questo proposito lessi un paio di anni fa una magnifica testimonianza di Isabelle Allende che – in preda a una crisi creativa dopo il grandissimo successo de “La casa degli spiriti” – raccontò un episodio legato alla stesura del suo secondo libro.
    Ebbene, era tanta l’ansia di replicare il primo risultato che – seduta alla scrivania – non faceva che ripetersi: “Devo scrivere un libro bellissimo”.
    Ma poichè non riusciva a buttare giù neanche una parola, decise di cambiare prospettiva e di abbassare gli standard di rendimento.
    Si ricompose, si fece un bel caffè e si dispose innanzi alla macchina da scrivere.
    Si disse: “Devo scrivere un libro bruttissimo”.
    E da allora non si è più fermata.
    Sempre affettuosamente suo,
    Professor Emilio

  11. Cari amici tutti,
    e un affettuoso saluto personale e dolcissimo alla meravigliosa @M. Teresa Santalucia Scibona (Terry sono colpevole d’inedia, avevo il blocco dell’epistolare, sigh…).

    Credo che se si debba vivere di scrittura il fantomatico blocco è una tragedia. Più ci si siede alla tastiera e più ci si rialza, poi si va in giro per blog e con giochi di rimandi a cui il web ti porta, puoi trovarti a studiare la morfologia del Macchu Picchu senza che te ne freghi una mazza.
    Se, viceversa, hai un lavoro che ti da’ da mangiare e altri impegni, il blocco diventa un rilassamento e una vacanza e comprendi che, se non hai niente da dire, meglio non dirlo.
    E’ la sindrome dell’assenza il blocco?
    Il non essere presenti sulla scena? Il non riuscire a soddisfare le voglie degli amici che ti chiedono: “Dai mi mandi qualche tua primizia?”
    Lo scrittore è un po’ narciso, scrive per essere letto, quando, come nel mio caso, scrive per divertirsi e rileggersi (ho una moglie che può testimoniare, ha telefonato 2 volte allo psicanalista e 3 all’avvocato divorzista perchè mi ha beccato a ridere a crepapelle davanti al pc, credendomi in chat con qualche zoccola, mentre invece rileggevo le mie “cose”…), ebbene, il blocco non è un problema e anzi è salutare.
    Ma amici miei, io sono border-line tra un lettore e un vero scrittore, faccio poco testo, ho solo un grande avvenire, dietro le spalle.
    Comunque “il blocco” non esiste, esistono autori che non hanno idee in quel momento, se ne facciano una ragione, anche una doccia, ma se si sentono sporchi.
    Salve Massimo, e come diciamo a Napoli: “Tienimi presente”.

  12. Partirei dal blocco del lettore, se non altro perché ritengo che non si possa essere scrittori se prima non si legge.
    Fino a un po’ di tempo fa, anche se un libro mi era ostico, mi imponevo di finirlo. Per varie ragioni. Innanzitutto, interrompendolo, mi sembrava di far torto a un autore (di qualunque fama godesse) che comunque si era impegnato a scrivere. Poi c’era sempre “in agguato” la speranza che prima o poi, magari alla fine, il libro potesse (sor)prendermi.
    Poi è subentrato un altro ragionamento che, tutto sommato, mi pare più logico. Ossia ritenere che, se un libro non fa per me, non è in alcun modo detto che il libro medesimo sia brutto o mediocre. Quindi, ormai, abbandono tranquillamente. Magari anche riconoscendo la grandezza dell’autore. E’, ad esempio, ciò che mi è successo con “A un cerbiatto somiglia il mio amore” di David Grossman. Intorno a pagina 200 mi sono arreso pur considerando lo scrittore israeliano un gigante della letteratura. Però non fa per me. Considero, per esempio, altrettanto gigantesco Paul Auster e questo, tranquillamente, lo divoro.
    Ci sono poi libri che ho abbandonato per il semplice fatto di considerarli (soggettivamente, per carità) delle cose a dir poco di ordinaria amministrazione se non delle bufale. Per esempio “Il cacciatore di aquiloni”.
    Quanto al blocco dello scrittore, credo che possa capitare a tutti e in forme diverse. Per cui ogni metodo (ma anche un non-metodo) funziona a seconda della personalità di chi scrive.
    Personalmente (ma è una mia visione delle cose) non vado a pesca di ispirazione sdraiandomi sul letto nella stanza buia. In questa situazione, bene che va, mi addormento. Le idee mi vengono vivendo normalmente, osservando la normalità delle cose che mi girano intorno. Credo che non esista ispirazione migliore della vita.
    Quanto ai consigli degli scrittori, e in particolare a quelli della Atwood be’, qualcosa dovevano pur dire. Però un romanzo come “Il racconto dell’ancella”, la Atwood ha potuto scriverlo perché è un’autrice straordinaria. Chi non ha il suo talento, a forza di quadretti di cioccolata, il massimo che possa ottenere è di farsi venire la diarrea.
    Poi ci sono alcuni che, del blocco dello scrittore, se ne impipano giustamente.
    Se hanno la faccia giusta, presentano il manoscritto monco o una minchiata qualunque e l’editor di turno glielo riscrive dall’inizio alla fine. A volte il colpo riesce talmente bene che magari il libro vince anche un prestigioso premio. Ma questa è un’altra storia. Anzi, la solita storia che non vale più la pena di scrivere e nemmeno di leggere.

  13. Mi capita di abbandonare un libro dopo poche pagine: questo è l’unico blocco del lettore che conosco. Se un libro non mi prende, se sento il linguaggio artificiale e costruito, lo abbandono. Ci sono milioni di libri che non ho ancora letto; perché perdere tempo con un libro che non mi sta dando nulla, neanche divertimento?
    Il blocco dello scrittore (scrivente, nel mio caso) lo conosco molto bene. Ci sono giorni, anche molti a volte, in cui non riesco a scrivere anche se il testo a cui sto lavorando mi prende molto. Allora abbandono tutto e faccio altre cose, compreso il mangiare cioccolata come suggerisce la Atwood, e riprendo la scrittura solo quando mi sento di farlo. Probabilmente sono tempi necessari all’elaborazione dei pensieri.
    A volte mi butto in un altro progetto e dopo poco mi vengono nuove parole.

  14. Il blocco del lettore esiste, altroché. Ho passato momenti in cui non riuscivo a tenere un libro tra le mani, pur amando la lettura. Sarà stato forse per stanchezza, non so. Ma l’idea di leggere mi faceva venire il mal di testa. In quei casi mi affido ad attività che non comportano impegno celebrale: vedere la Tv su tutto.
    Ciao.

  15. La sindrome del blocco dello scrittore mi ha colpita sin dalla nascita. Infatti non ho mai scritto una riga di scrittura creativa.
    Se dovessi mangiare cioccolata come consiglia la brava Atwood, credo che esploderei.

  16. il blocco dello scrittore è quanto di più sano. :))
    invece l’industria culturale costringe molti a sfornare mediocrità.
    credo che ci vogliano sempre delle pause di riflessione, anche lunghe, per ricaricarsi.
    ovviamente il blocco può essere anche patologico, come può succedere a un uomo al primo incontro con una donna molto desiderata.
    l’unica soluzione è rilassarsi:)
    il blocco del lettore non l’ho mai conoscuto. basta andare col naso a terra per librerie, a caccia. si trova sempre qualcosa quando si seguono le proprie piste mentali.

  17. Bel post.
    Non essendo scrittrice quello del blocco dello scrittore non rientra tra i miei problemi.

  18. Il blocco del lettore esiste?
    Secondo me sì, ma su singoli libri e non in generale come può essere per il blocco dello scrittore.
    Io credo che se un libro non piace deve essere abbandonato a prescindere dai motivi. Cose belle da leggere non mancano mica.

  19. Tra le risposte degli scrittori consultati mi è molto piaciuta quella di Andrea Vitali.
    Mi è piaciuto anche il punto 1 del decalogo della Atwood.

  20. Cari amici,prima di tutto mi piace da morire l’immagine che ha messo Massimo per il post in questione, mi ha fatto immediatamente ricordare le parole di Flannery O’Connor sul fatto che quando si scrive un romanzo “i denti marciscono, i capelli cadono….” insomma la fatica e l’assorbimento totale nella scrittura lasciano trascorrere il tempo sullo scrittore e a quanto pare quello dell’immagine di Massimo ne ha trascorso parecchio…. :-)Perciò forse il consiglio della Atwood non è male:un pezzetto di cioccolata potrebbe assicurare la sopravvivenza fisica dello scrittore, a patto che sia almeno del 70% fondente,il bianco e al latte mi fa schifo!
    Leggendo tanti nomi di scrittori veri mi vergogno un pò a parlare dei miei blocchi di esperimenti di scrittura…diciamo che sto annusando il percorso!Direi però che,come ha detto già qualcuno,qualche blocco è necessario,rappresenta una pausa,un ripensamento,una riflessione che ci può dare l’opportunità di guardare le cose con un maggior distacco emotivo e migliorarle se il caso o cestinarle.Diffiderei di chi non abbia mai un blocco,sarebbe un non mettersi mai in discussione e con le certezze non si cresce.Meglio però se il blocco arriva a percorso intrapreso,perchè almeno l’idea è partita e ,magari deve essere soltanto indirizzata in altro modo.Credo inoltre che molte volte lo scrittore continui a scrivere anche se non lo fa materialmente,insegue ed elabora una storia nella testa,la metabolizza,ci crea intimità,se esiste qualcosa di forte in ciò che la sua mente e il suo cuore sta elaborando verrà fuori anche in punta di penna.Dunque ben vengano gli espedienti più adatti ad ogni personalità per staccare la spina e fare qualcosa di pratico lontani dal foglio,un pò di ginnastica casalinga con la musica,una sonatina al pianoforte,io consiglio anche di riordinare un cassetto poco frequentato nell’ultimo periodo: si scopriranno un sacco di cose conservate- spesso inutilmente- ma che ci faranno fare un viaggio in situazione del passato che potrebbero portare stimoli all’immaginazione.
    per quanto riguarda la lettura,sì, spesso mi è venuto il blocco su qualche pagina,ma superati gli anta ho concesso a me stessa un approccio meno dittatoriale con i libri,se non mi prende tanto lascio un pò sul comodino e leggo una cosa di altro genere,tipo da poesia a narrativa a saggio,poi riprovo in altro momento e se non va proprio lascio perdere.Mi sono divertita a leggere “Come un romanzo” di Pennac, ho apprezzato il paragrafo dove dice”Il diritto di saltare le pagine”.Sacrosanta verità,impariamo a concedercelo senza sensi di colpa,in fondo la lettura deve essere prima di tutto un piacere,non una pillola da ingoiare!
    saluti a tutti

  21. Blocco dello scrittore e del lettore… Interessante…
    Per quel che riguarda il primo blocco mi è capitato e parecchio. Devo confessare che mi fa sentire molto arida dentro; lo supero in una maniera particolare: con la musica! Infatti, quando trovo un cd che mi appassiona e la sua musica mi fa volare con la mente, pian piano tale blocco cessa. Naturalmente non si può essere monotematici e ogni tanto bisogna pure cambiare cd, perchè quello precedente mi ha fatto dire e scrivere tutto. Quello è il momento in cui comincio a sentirmi arida perchè non sono di facili gusti musicali!
    Per quel che riguarda il blocco del lettore, posso solo dire che è una brutta bestia e che lo sto provando in questo periodo (un periodo che ormai va avanti da ben dieci mesi). Molti libri in sospeso, forse a causa dei molteplici impegni, spero solo che Macondo possa aiutarmi a superarlo.

  22. Caro Massimo, mai sofferto del blocco dello scrittore, personalmente, e ho invece sofferto molto spesso del blocco di non trovare l’editore. Sai che ne ho cambiati tanti e nessuno mi pareva quello giusto: adesso mi sono accasato con Salani e mi sembra un matrimonio ragionevole. La pagina bianca, invece, non mi ha mai terrorizzato. Veramente mai, grazie a Dio!
    Un abbraccio, Francesco.

  23. Ci sono lunghi, lunghissimi periodi di blocco. Io ne passo frequentemente, e li rispetto. Perché per me significano che è arrivato il momento di assimilare. Il blocco arriva, per me, quando non ho più niente da dire, e se mi mett a scrivere divento banale. A parte la storia dell’autocensura, scrivere è un atto magico, in cui superi te stesso e se ti rileggi provi piacere, come se avessi dimenticato ciò che hai scritto. Ebbene, il blocco io lo utilizzo diventando una spugna, assimilando cioè stimoli: libri, passeggiate, nuovi incontri. Vorrei condividere con le persone che ne soffrono un ottimo consiglio che ho trovato di recente in qualche articolo la cui fonte non rammento: chi scrive deve alimentarsi di cinema, teatro e musica: film, spettacoli e concerti. Non c’è niente di meglio per nutrire la mente, per far propri i ritmi di uno spettacolo, di una pellicola. Il film in particolare sono ricchissimi di spunti, per quanto mi riguarda. Ne vado ghiotto. Quello che mi blocca di più invece è il dover cercare l’editore giusto.

    Nicola Castellini

  24. Da appassionata di scrittura o autrice dilettante, come mi definisco, posso dire che il blocco dello scrittore è un momento in cui l’ispirazione se n’è andata in ferie lasciando la sua casa sottosopra e quindi l’autore per un periodo più o meno lungo di tempo è costretto a fare le pulizie pasquali. A riflettere un pochino su quello che già ha fatto, a rivedere i programmi futuri, a spolverare nuove idee e archiviare le vecchie. Più che un blocco vero e proprio, come ha già ben descritto chi mi ha preceduta, è un momento intenso di sobollimento cerebrale che in pratica non sfocia in nulla di concreto, almeno per me, ma serve a preparare il terreno per una nuova semina (non di cipolle :-)) come dice Scurati ma di idee. Non è proprio un black-out totale perchè ogni tanto qualcosina sfugge dalla penna o dalla tastiera ma il solo pensiero di sedere alla scrivania e confrontarsi con il cursore lampeggiante sul foglio bianco del computer mi crea una specie di “un’ansia da prestazione” (lasciatemi passare l’impropria definizione) che mi porta a non concludere nulla. Personalmente cerco di non preoccuparmi visto che nessuno mi obbliga a scrivere per forza e resto in attesa che l’ispirazione si ricordi di me mandandomi, magari, una bella cartolina da qualche luogo esotico e nonostante l’appetito da tigre del bengala evito la cioccolata per non trasformarmi, nell’attesa, in un supplì (o un arancino, se Massimo lo preferisce) con le braccia.
    Per il blocco del lettore, invece, a periodi ricorrenti, mi accade di provare repulsione alla sola vista di libri o copertine quando ho fatto indigestione di letture. Mi spiego meglio: in alcuni periodi leggo senza sosta appena posso e anche più libri insieme finchè raggiungo la misura di “troppo pieno” che fa scattare l’allarme e inserisce il conseguente blocco che può durare da qualche giorno ad alcuni mesi. Poi, smaltita la sbornia, riparto a leggere con più entusiasmo di prima. Diverso è il caso di quando mi capita un libro che non mi piace, in questo caso non provo un vero e proprio blocco ma solo noia e quindi per evitare di addormentarmi vado in un negozio di libri usati e lo scambio.
    Una virtuale stretta di mano a Massimo e a tutto questo simpatico consesso.

  25. solo per complimentarmi. bellissimo il post, l’immagine scelta e l’idea stessa del dibattito.
    e complimenti a tutti gli intervenuti.
    davvero molto interessante.

  26. Blocco dello scrittore: pensavo fosse una sorta di mito. Lo scrittore sofferente dinanzi alla pagina bianca, che si rosicchia le unghie. Lo scrittore in un tunnel senza via d’uscita, che si rosicchia le unghie. Fuori, per le strade, la vita: e lui, lo scrittore, che si costringe in casa, si lega alla sedia, non risponde più alle chiamate, in attesa dell’idea. Intanto, si rosicchia quel po’ di unghie rimaste.
    Però, certo, può capitare – a chi scrive di mestiere, immagino, a chi scrive romanzi classificabili in un genere che richieda un’architettura implacabilmente solida, a chi tenta il botto o ha appena fatto il botto e non deve deludere le attese.
    Esiste un blocco grammaticale, stilistico? Non è questione di idee – quelle vengono – è questione di parole. Di periodi. È opportuno quel contorcimento ipotattico, all’inizio di un paragrafo, o non scoraggerà i lettori che già son pochi? E quella tal parola, suonerà preziosa o pretenziosa? Eccoli, i miei blocchi. Buttar giù una versione provvisoria risolve spesso l’impasse – basta ricordarsene poi, che era un tassello posticcio.
    La Atwood dà dei consigli pratici che rivelano un piacevole understatement (parafrasando: “ragazzi, è scrittura, non sarà la fine del mondo, pigliate un po’ di cioccolato, domani andrà meglio”).
    Concordo con molti di essi: in particolare con la pratica fertilissima del darsi alla lettura (quante idee vengono, ad aprire libri altrui!).
    E non è detto che il blocco sia un male. Ripartire da lì cambiando direzione (lo dice la Atwood,a ppunto). Ho una mia versione di questa strategia: pensare a ogni capitolo come a un primo capitolo (io, l’ho detto a proposito delle mie abitudini di lettore, amo soprattutto i primi capitoli – e anche i secondi, via).

  27. il blocco dello scrittore non so neanche che cos’è… visto che non mi è capitato mai di scrivere niente di rilievo… ma per quel che riguarda il blocco del lettore, hai voglia te!… decine e decine di volte… sui romanzi avventurosi o dalla trama interessante non ho mai avuto problemi… sui classici o libri impegnati invece… ma probabilmente il blocco è dovuto al mio personale interesse per alcuni tipi di libri rispetto ad altri… buona giornata!

  28. a me è capitato di “rimanere vittima”del blocco della lettrice, di fronte ad un libro che ritenevo troppo importante, quasi definitivo :i fratelli Karamazov. devo dire che ancora non sono riuscita a riprenderlo. Mi mette in soggezione, ho paura di non essere all’altezza!
    per quel che riguarda i lunghi periodi senza leggere, in genere mi capita dopo aver letto qualcosa di tremendamente noioso (l’ultima volta è successo quest’estate con La signora delle camelie). Per ritrovare l’energia e il buon umore leggo Camilleri e tutto si sistema!

  29. Allora
    in un certo senso io ci ho tarmente er blocco dello scrittore che non ho più scritto, apparte il blog dico. Ci ho una decina di racconti che dovevano essere conclusi e presentati e invece ora ci sono i ragni. A voja a Atawood, il mio problema è proprio a monte – io non so inventare un bel niente, io mi riracconto e basta – il che lo faceva anche Flaubert, ma mi sa che c’è qualche differenza. Mi sento con le mani mozze ecco, mi sento miope. E’ quasi una cosa etica.
    Almeno un blog, non pretendo che mi si paghi.
    In ogni caso io sono per la cioccolata di modica – alla cannella.

    Non conosco il blocco del lettore. Sono arrogantissima con i libri, per cui poi essere anche il ficherrimissimo, Joyce per dire, ma per me se devi annate a ripone, ci vai. Non leggo per dovere leggo come si mangia la suddetta cioccolata di modica, non ho obblighi etici. Vado avanti finchè mi da gusto.

  30. Il blocco del lettore esiste, ed è per me sacrosanto. Tra i diritti del lettore c’è quello di non finire un libro, di leggerne metà, di sbocconcellarlo. A me è capitato con un premio Nobel per la letteratura. Ho comprato un suo libro sull’onda delle entusiastiche recensioni e per il Premio, ma non sono riuscita ad andare oltre le prime 5 pagine. Mi sono anche forzata, sperando che fosse solo un intoppo nell’avvio, ma non ce l’ho ancora fatta. Forse non sono matura per la lettura di quel libro, ogni tanto lo guardo e penso che mi piacerebbe sapere cosa contiene, cosa mi perdo, ma il libro o lo stile o l’argomento me alieno mi rifiutano. Per il blocco dello scrittore, per circa dieci anni ho abbandonato la penna, le mie poesie, i miei diari, sopraffatta dall’urgenza del quotidiano. Sono stata male, l’ho capito dopo, che mi mancava qualcosa. Poi, urgente e dirompente, è tornata la voglia, direi quasi l’imperiosa necessità di scrivere. Forse se non scriviamo è perché quello che scriveremmo non ci pare adeguato alla lettura di chi vi si accosterà, oppure perché semplicemente non abbiamo nulla da comunicare. Altra cosa sono gli scrittori professionisti soggetti alle leggi del mercato e dell’editore che pressa con le consegne. Ma non appartengo a questa categoria, nel bene o nel male scrivo perché amo scrivere.

  31. Mi piace il consiglio di Scurati: Potrà suonare scontato, o forse desueto, ma secondo me il blocco della scrittura si smuove con la sua gemella: la lettura. Se non si riesce a scrivere, niente di meglio che leggere.

    Un consiglio che per me vale doppio: se non risco a scrivere, leggo. Se non riesco a leggere, scrivo.

    Ho attraversato un lungo periodo di blocco sia della scrittura che della lettura. Un blocco motivato. Avevo (avevamo, io e Lory) scritto tantissimo negli anni tra il 1979 e il 1987. Poi la vita ci ha in qualche modo allontanate: lei si è sposata ed è diventata madre, io mi sono concentrata sulla ricerca di un lavoro. Quando sono riuscita ad accedere al dorato (si fa per dire) mondo del giornalismo, lo sforzo della scrittura professionale mi ha inaridito la vena creativa. E poi non c’era Lory al mio fianco. Iniziai a scrivere un romanzo, arrivai a buon punto, il materiale era buono, ma devo ancora portarlo a compimento (lo farò a breve perché mi sono volontariamente messa nella situazione di doverlo finire). Anche la lettura languiva. Il tempo non bastava mai e c’era l’entusiasmo per il giornalismo, la frenesia della notizia. Ero giovine 🙂

    Poi la tempesta è passata. Con Lory ci siamo ritrovate a metà anni ’90 e la volontà di riprendere a sognare e quindi a scrivere ha vinto tutte le difficoltà. Naturalmente è tornata anche la necessità di leggere, tanto e di tutto. Oddio, ho acquistato da tempo Guerra e Pace con l’intento di colmare la lacuna. Ma c’è sempre qualcosa di più attraente da leggere ;-P

  32. Salve, approdo su queste pagine da lettrice, non avendo mai scritto altro che scarabocchi su fogli sparsi senza alcuna intenzione o velleità letteraria.
    Premetto subito che è passato davvero tanto tempo da quando ho sentito “mio” un libro. Ho letto storie piacevoli, divertenti, avvincenti e toccanti, ma i libri, o per essere precisa i romanzi, che mi hanno toccata nel profondo risalgono quasi tutti a letture di gioventù.Li ho riletti in diversi fasi della mia vita, e ogni volta la mia sensibilità di donna e di lettrice ne ha tratto nuove emozioni, ne ha dato altre interpretazioni, ne ha ricevuto ulteriori arricchimenti.
    Il blocco del lettore credo sia l’equivalente di quello che ci capita quando si fa una nuova conoscenza e si capisce istintivamente che non si ha voglia di approfondirla. Questo non rende la persona in questione una pessima persona, le sue qualità intriseche non si mettono in discussione, semplicemente non la “sentiamo” amica…quindi ritengo legittimo abbandonare un libro se dopo venti pagine non parla alla nostra anima, anche se critici,insegnanti,esperti affermano che “va letto”…Continuare a cercare però si…iniziarli, lasciarli,riprenderli,abbandonarli definitivamente o ritrovarli sotto una pila di scartoffie,aprirli a caso, leggerne qualche frase.La vita ci cambia e cambia anche la nostra percezione.

  33. Per il blocco dello scrittore mi pare ottimo il consiglio di farsi una lunga passeggiata, preferibilmente con il proprio cane: essere gratificati dal suo sguardo felice in un parco è una grande iniezione di autostima. E inoltre, camminare in un luogo che ci piace prima ci svuota, poi fa affiorare le intuizioni e infine dipana la matassa dei pensieri.
    Altrettanto valido (mi riferisco al lavoro editoriale ‘professionale’, non alla ‘scrittura creativa’ che non pratico) è il metodo “culinario”. Mettersi ai fornelli è formidabile per sviluppare la creatività. L’atto del “creare” con le mani, riempirsi di odori, godere dell’aspettativa di una cena gustosa è un mix che funziona particolarmente bene quando si è nella fase di ideazione.
    Per il blocco del lettore, può essere utile rileggere libri che si sono molto amati in passato e che sono penetrati nelle nostre vene, insomma gli “amici” di una vita. Loro ti prendono per mano, ti rassicurano, ti cullano i pensieri, ti accompagnano verso la riconciliazione… Nel mio caso, per esempio, un Saramago di 20/25 anni fa.

  34. Post delizioso… già pavento la cioccolata! Ma proprio in Quaresima me la dovete nominare?
    Gli scrittori citati non fanno altro che dirci questo: rispettare la nostra natura. Lo scrittore non è una macchina per far soldi anche se il mercato glielo imporrebbe… Il libro è come una gravidanza: impianto, crescita, maturazione… sono fasi che non si possono saltare accelerare forzare. E tra una gravidanza e l’altra un poco di fiato ci vuole! L’humus dev’essere di nuovo pronto e fertile perché una nuova storia prenda vita.
    I miei blocchi sono soprattutto questi: gli snodi narrativi e gli impacci stilistici – perché REM TENE, VERBA SEQUENTUR ma anche il contrario: spesso la storia c’è ma mancano le parole per raccontarla o un paragrafo stona, non è fluida la pagina, il tono non tiene… oppure siamo ferratissimi linguisticamente, armati e pronti alla battaglia ma narrativamente non abbiamo la storia da raccontare.
    Personalmente sono in fase di revisione e più leggo più mostri trovo.
    Far sedimentare, creare un distacco fisico e mentale dalla pagina.
    Tornarci a mente serena, ascoltare musica, nutrirsi di cinema, teatro, conversazioni con amici ed estranei, imparare a fare qualcosa di nuovo.
    I blocchi dello scrittore spesso corrispondono a snodi della sua vita, quella vera. E una volta sciolto un nodo reale, anche quello narrativo spesso trova soluzione. E viceversa. La vita si vive E si scrive.

  35. temo che il “blocco del lettore” esista davvero. e temo che sia più sviluppato del “blocco dello scrittore”.
    non si dice che in Italia ci sono più scrittori che lettori?
    😀

  36. Caro Massi…la foto dello scheletro con Snoopy alle spalle per me è un’opera d’arte!!! Bravissimo!!!
    C’è genio e ironia, in questa immagine, forza, contrasto…Ed è anche, credo, la chiave giusta per interpretare l’impegno creativo…Il gioco.
    Per me una delle dimensioni più belle della scrittura è il gioco. Smontare e rimontare, scardinare, assestare, innalzare pinnacoli, tetti, arcate. E’ come quando contemplavo i “Lego” e mi concedevo una casa impensabile nella realtà, dove la base toccava il cielo e il suolo galleggiava in aria.
    Ecco…prima ancora di pensare, credo che uno scrittore si debba divertire come un bambino, annodare l’impegno a un moto ludico, gioioso, dirompente dell’esistere.
    Quando si dimentica il gioco, quando affiora uno sforzo che non si concilia con quella dimensione di assoluta e feroce libertà, ecco….credo che qualcosa si rompa…e che – attraverso il blocco – il nostro cuore voglia dirci qualcosa. Per esempio, fermati. Per esempio, assapora questo solo anello di inchiostro per il semplice gusto di contemplarne la bellezza, di goderne l’incanto, per un unico motivo: amarlo. Fermati. Non pensare a un risultato, non cercare di riempire vuoti a tutti i costi.
    Dimentica questa pagina che non sconosce la fatica ma vuole restituirtela sanata. Dimentica il tempo, i desideri, e finanche te stesso.
    Ricordati, scrivendo, che devi farlo solo per esistere.

  37. Mi sono trovato spesso, come in questo periodo, fermo ad entrambi i blocchi. Negli anni, come tutti, ho imparato a conoscermi ed ho capito che quei blocchi sono momenti di “accumulo”, fasi nelle quali il vuoto serve a dare un valore alla mancanza. Da essa parte il desiderio di cimentarsi nella lettura e nella scrittura. La lettura è la mediazione di un’altra anima con la mia, la scrittura la mediazione di me solo con tutti gli altri che avranno voglia di leggere. Non mi preoccupo, dunque, pur soffrendo disperatamente l’urgenza della scrittura. Mi salva l’interesse per la saggistica quale naturale complemento alla narrativa. Imparo. Solo facendo ciò riesco a trovare un interstizio, un spazio nel quale lasciar sedimentare un sogno. In questo modo travalico la mia angusta realtà e riesco a proiettarmi in un altrove che posso solo desiderare. La scrittura nasce da tale desiderio. La lettura ne è il diletto iniziale e la fonte ad un tempo. Senza di esse è grande il senso di solitudine.

  38. mi piacerebbe avere il blocco dello scrittore: vorrebbe dire che se vado in panne lo sono, lo nacqui. io scrivo da un po’, ma non per la carta stampata, salvo il racconto comparso su auroralia. fino a lì avevo scritto parecchio, buttato via di più. adesso scrivo per me come prima ma un po’ meno per me e il mio cassetto. mi blocco praticamente tre settimane al mese. non ho tempo, mi necessitano calma e mente sgombra da tutto il resto, che è veramente troppo, per far spazio alle parole. le idee ci sono, pure troppe, però le parole devono essere “quelle” e non altre. così o scrivo che tutto fila via liscio (pur eliminando, tornando indietro, spostando in continuazione): fila il tempo, galleggio nella stanza assieme alla tastiera. oppure non scrivo affatto. non mi pongo nemmeno il problema di farmi tornare lo stimolo. non c’è, non mi preoccupo. c’è, mi metto a scrivere. mica lo faccio con uno scopo, in fin dei conti. sono abbastanza libera e disincantata.
    per quanto riguarda la lettura: anche qui: ho una pila di libri sul comodino fresca fresca, un’altra sulla scrivania, qualcosa ancora incartato. eh, ‘a bella! e quando pensi di…? eppure spariscono in un paio di settimane. altre volte un solo libro se ne sta là un mese e più e non c’è verso. ma non per colpa del libro: per colpa del tempo e della mente giusta. d’altra parte per lavoro devo leggere saggi e romanzi e poesia comunque, che vivo con un atteggiamento diverso da quelli che scelgo perché mi hanno fatto gli occhioni e le moine e i sospiri sugli scaffali. c’è lettura e lettura. come con il cibo: mi fa lo stesso mangiare come una lupa per tre mesi e poi dimenticarmi di mangiare regolarmente per altri tre. non ingrasso prima e non dimagrisco poi: resto sempre robusta uguale. scrivere leggere mangiare e altro, lo stesso. mi devo far vedere da uno bravo perché vivo ugualmente senza avvertire blocchi e partenze. ma è perché non sono scrittrice, non sono lettrice. chi lo sa?

  39. al decalogo della Atawood io aggiungo una altra regola fondamentale: SOPPRIMERE I ROMPI OO!! amici, parenti, telefoni, figli\e, mariti, amici dei figli\e, alunni, colleghi, datori di lavoro, cani, gatti, galline, uccellini che cantano e non si sa che c’hanno da canta’. Pure i pesci rossi, che pure se stanno zitti poi arriva il marito e dice: hai messo il magime ai pesci?
    @massimo
    l’immagine è fantastica! c’ha un che di familiare… almeno per me…

  40. Scrive Patricia Highsmith nel suo libro “come si scrive un giallo” alla voce: intoppi.
    “Gli intoppi grossi capitano nella seconda metà del libro, e possono provocare degli arresti disperati, di giorni e giorni e settimane. Ci si sente intrappolati, con le mani e il cervello legati, con i personaggi paralizzati e una storia che muore….”
    Il blocco esiste eccome e il terrore della pagina bianca è sempre in agguato.
    E come potrebbe non essere così se, per dirla alla Rosa Montero “scrivere romanzi implica avere il coraggio di completare l’immane percorso che ti tira fuori da te stesso e ti consente di vederti nel convento, nel mondo, nel tutto.”
    E allora, come per tutti gli intoppi, ognuno trova la sua personale strada per superarli.
    Cioccolata? Si perchè no? Se questo può ridare la forza di metterci in gioco. Perchè questo fa ognuno di noi quando scrive. Sia che si sia scrittori o aspiranti tali o sedicenti tali, quando ci blocchiamo abbiamo perso la forza di spenderci. Abbiamo lasciato che mandrie di pensieri pascolanti desertifichino le nostre pagine.
    Ancora più pernicioso è il blocco del lettore, ma di quello abbiamo una dimensione precisa che ha come unità di misura la pila di libri che stazionano sui nostri comodini. E il decalogo del lettore di Pennac ci viene in aiuto e ci assolve. W Pennac, ma interroghiamo anche noi stessi.
    Un bacio e una buonanotte a tutti, a Massimo che propone sempre nuovi e stimolanti argomenti di conversazione. A Simona e Maria Lucia (ci vediamo dopodomani a Siracusa). A Francesco che non soffre del blocco (ma lui comunque è un grande professionista) e a Laura.

  41. Avete mai sentito parlare del cosiddetto “blocco dello scrittore”?
    Vi è mai capitato di rimanerne vittime?

    Essendo uno scrittore, lo conosco bene. Ma quando mi camita non mi sento una “vittima” del blocco. Lo considero una pausa necessaria nel processo di scrittura, un momento in cui le idee si rifiutano di lasciarsi trasportare sulla pagina perché hanno bisogno di un altro po’ di tempo per assestarsi e trovare una strada.

    Come avete fatto a superare la crisi creativa? Avete metodi da proporre (o da condividere)?

    penso, tormento mia moglie con una quantità di domande, leggo cose attinenti a quello che scrivo e cose che non c’entrano nulla. dopo due o tre giorni di blocco scrivo comunque, magari un capitolo diverso da quello in cui sono bloccato, una scena marginale o altro, senza forzare ma senza neppure perdere troppo tempo. Se il blocco riguarda un personaggio, scrivo la biografia di quel personaggio (anche se poi non entrerà nel romanzo, solo per conoscerlo meglio).

  42. vete mai sentito parlare del cosiddetto “blocco dello scrittore”?
    Vi è mai capitato di rimanerne vittime?

    Essendo uno scrittore, lo conosco bene. Ma quando mi camita non mi sento una “vittima” del blocco. Lo considero una pausa necessaria nel processo di scrittura, un momento in cui le idee si rifiutano di lasciarsi trasportare sulla pagina perché hanno bisogno di un altro po’ di tempo per assestarsi e trovare una strada.

    Come avete fatto a superare la crisi creativa? Avete metodi da proporre (o da condividere)?

    penso, tormento mia moglie con una quantità di domande, leggo cose attinenti a quello che scrivo e cose che non c’entrano nulla. dopo due o tre giorni di blocco scrivo comunque, magari un capitolo diverso da quello in cui sono bloccato, una scena marginale o altro, senza forzare ma senza neppure perdere troppo tempo. Se il blocco riguarda un personaggio, scrivo la biografia di quel personaggio (anche se poi non entrerà nel romanzo, solo per conoscerlo meglio).

  43. Un caro saluto a Mavie e Simona, al caro Francesco che non soffre di blocchi beato lui…
    🙂
    Bene ha fatto Mavie a parlarvi di due libri che conosciamo bene…
    LA PAZZA DI CASA di Rosa MOntero e COME SI SCRIVE UN GIALLO di Patricia Highsmith – che comunque non scrive solo di gialli.
    Due libri spiritosi e ricchi di dritte per scrittori e lettori…

  44. Io non soffro di blocchi e paure delle pagine bianche; i pesci rossi se danno fastidio li metto in padella, idem per uccellini, cani e gatti. Scrivere non mi comporta alcuna fatica, anche perché sono diventato scrittore per puro caso, credo unico nel suo genere: un bel giorno mi sono visto recapitare un pacco, apro e cosa ci trovo dentro? cosa ci trovo dentro? (indovina Lepora): un anello d’oro? No! un diamante? Nooo!!! Una penna!!! Sissignore. Una penna elettrica che scrive da sola. Basta inserire la presa nella corrente, proporre l’argomento, dirigere la punta verso il foglio e vengono giù fiumi di parole, senza alcuno sforzo da parte mia. Anzi, mentre la penna scrive, posso tranquillamente distrarmi, rifarmi il trucco, ravvivarmi i capelli, tagliarmi le unghie, recitare il rosario.

  45. Per il momento ci tengo a ringraziarvi ancora.
    Ne approfitto per invitarvi a leggervi reciprocamente.
    C’è qualcuno tra i commenti pervenuti che vi ha colpito particolarmente, con cui vi sentite più in sintonia (o, viceversa, con cui vi sentite “lontani”)?
    Ditelo al vostro uomo con la camicia celeste

    Non so perché, ma stasera – mentre scrivo – mi sento un po’ denutrito e con Snoopy alle spalle.
    😉

  46. Ricordo ancora i due blocchi di domande…

    Avete mai sentito parlare del cosiddetto “blocco dello scrittore”?

    Vi è mai capitato di rimanerne vittime?

    Come avete fatto a superare la crisi creativa?

    Avete metodi da proporre (o da condividere)?

  47. Con quali degli scrittori citati nel’articolo di Salis vi sentite più in sintonia (in merito, ovviamente, al tema del “blocco dello scrittore”)?

    Quale dei “punti” proposti dalla Atwood vi sembra più convincente?

  48. Esiste un “blocco del lettore”?
    Vi è mai capitato di arrestarvi, per un motivo qualunque, dinanzi a un testo che giudicavate importante senza riuscire a completarne la lettura?


    Di più: vi è mai capitato, per un certo periodo di tempo, di non riuscire più a leggere? E in caso affermativo… come siete riusciti a superare “il blocco del lettore”?

  49. Adesso vado a posare queste stanche ossa sopra un letto.
    (Qualcuno vuole togliermi questo accidenti di Snoopy dalle spalle?… la “s” di “spalle” è voluta: non è un refuso.)
    😉

    Una serena notte a tutti… vi auguro sogni d’oro e percorsi di scrittura e di lettura “sbloccati”.

  50. nel mio piccolo vorrei partecipare anch’io. sono stata vittima del blocco dello scrittore nel momento in cui ho cominciato a scrivere nell’ottica della pubblicazione a seguito di un accordo con un editore.
    il blocco di cui parliamo ha dunque una valenza psicologica ed è assimilabile, secondo me, alla cosiddetta ansia da prestazione.
    per liberarsene bisogna pensare alla scrittura allo stato puro, cioè come atto creativo slegato da altro.

  51. il blocco del lettore è altra cosa. su un singolo libro, può dipendere dal fatto che il libro in questione non ci piace. se generale, può essere dovuto a semplice stanchezza.
    rimedi? leggere un bel fumetto, poi tutto passa.

  52. PER FORTUNA NON CAMPO DI SCRITTURA….perchè i blocchi mi capitano tante di quelle volte che mi avrebbero licenziata subito!!!

    Scherzi a parte, io scrivo per puro piacere da quando avevo 7 anni! Racconti, fiabe, novelle, romanzi….(tutto o quasi nel cassetto). Però ricordo soltanto UN VERO BLOCCO lunghissimo, quando per i 5 anni dell’università non riuscii più a buttare giù nemmeno un rigo.
    Poi ho ripreso piano piano, dicendo a me stessa:
    “Evita di fare piani, schemi o programmi. Scrivi solo una pagina al giorno. E vedi come si sviluppa man mano”
    Così ho fatto e…………FUNZIONA!!!

    Certo adesso mi capita di avere blocchi di 3 giorni, di una settimana….ma facilmente superabili.
    Gli scrittori veri non li invidio per nulla!!!!!

  53. Ciao Massimo!
    Spulciando le blogroll dei blog che frequento ho scovato questo tuo spazio davvero interessante! Verrò spesso a trovarti 🙂

    Anche io ho uno spazio tutto mio: mi piace cimentarmi in piccole recensioni dei libri che leggo, soprattutto perchè mi piace “dire la mia” 😛

    Che ne diresti di uno scambio di link?
    Aspetto tue notizie sul mio blog 🙂

    A presto e ancora complimenti!
    Lisa

  54. L’immagine è bellissima e rende perfettamente l’idea, mantenendo quel sottile vero di ironia che consente di ridimensionare la tragedia.
    Ecco, secondo me è proprio il “ridimensionamento”, la strategia migliore per evitare il blocco.
    Ehi, gente, è scrittura. Mica si tratta di attraversare le sabbie mobili!

  55. Mai conosciuto il blocco del lettore, tranne la volta in cui mi si è bloccato il lettore cd. Ma credo che stiamo parlando di altro. 🙂

  56. Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (Marcel Proust)

  57. Lo scrittore non è una ‘scelta di carriera’,come il medico o il poliziotto. Più che sceglierlo,vieni scelto,ed una volta constatato che non sei adatto a fare nient’altro,ti devi preparare a percorrere per il resto della vita una strada lunga e difficile. (Paul Auster)

  58. Il ruolo dello scrittore è quello di suscitare nel lettore la simpatia verso quei personaggi che ufficialmente non hanno diritto alla simpatia. (Graham Greene)

  59. E’ facile, dopo tutto, non essere uno scrittore. La maggior parte della gente non lo è e gli accadono solo piccoli inconvenienti. (Julian Barnes)

  60. No, io non sono uno scrittore. La sola vista di un foglio di carta bianca mi disanima. (Georges Bernanos)

  61. Uno scrittore non sceglie i suoi argomenti, sono questi ultimi a sceglierlo. (Mario Vargas Llosa)

  62. Scheletro, uomo delle tenebre, resuscitato e insieme morto irreparabilmente, doppiamente esperto di morte, rifiutato dal tempo, autore di libri inesistenti, sbagliati, impossibili, io, lo scrittore. (Giorgio Manganelli)

  63. Nella speranza di essere stato utile e di non essere andato troppo fuori tema, mando un caro saluto a tutti (uomini in camicia celeste e non).

  64. Caro aforismato grazie delle belle citazioni!Mi permetto di aggiungere con alcune particolarmente sentite:

    Scrivere è sempre nascondere qualche cosa in modo che poi venga scoperto.
    Italo Calvino
    L’arte è magia liberata dalla menzogna d’essere verità.
    Theodor Adorno
    Se volete fare gli scrittori, ci sono due esercizi fondamentali: leggere e scrivere molto. Non conosco stratagemmi per aggirare queste realtà, non conosco scorciatoie.
    Stephen King On Writing
    Si scrive per essere diversi. Chi imbroglia scrivendo rimane ciò che comunque è.
    Elias Canetti

  65. Se le parole non vengono c’è ben poco da fare. Si può tentare, ma spesso il risultato è pessimo. Meglio lasciar perdere e provare quando i pensieri nascono di nuovo. Le librerie sono colme di pessimi esempi di scrittori con un un blocco creativo, che tuttavia erano costretti a consegnare qualcosa.

    Piuttosto il blocco del lettore mi interessa, perché ne ho avuti diversi e, per certi aspetti, ancora ne ho. Cosa faccio? Mi accanisco, in modo da competere con chi scrive e capire se posso tirare fuori qualcosa di utile, da me e dallo scrittore.

    saluti
    Giancarlo

    http://www.giacobino.net

  66. A proposito del blocco dello scrittore, deidererei conoscere la vostra opinione riguardo a questo.
    La scrittura creativa deve essere più il frutto di uno spontaneo atto creativo, o più quello derivante dalla propria volonta?
    Non è che il blocco dipende anche dal fatto che la scrittura si orienta più o meno verso il puro atto creativo (o verso l’atto che nasce da uno “sforzo di volontà”)?

  67. Ciao Sonia,
    direi che se è scrittura creativa nasce dall’ispirazione e l’ispirazione è volare con la mente, è fantasia, è libertà e come tale risente degli umori e malumori dell’autore e quindi ad un certo punto la penna può incorrere in momenti di “stanca” o di “bonaccia”, insomma, un blocco fisiologico. Se invece nasce da uno “sforzo di volontà” allora potrebbe darsi che l’autore, ad un certo punto della sua vita letteraria, non abbia più nulla da dire, non trovi più il piacere di scrivere, si senta oppresso dal dover consegnare “il temino” al suono della campanella e da qui il blocco per rifiuto o magari per esasperazione o per protesta, un blocco “patologico” oserei dire.
    Cordialità

  68. Blocco dello scrittore? Certo che ne ho sentito parlare, lo sto vivendo. Ma il mio non è un blocco creativo, nel senso che di idee che mi frullano nel cervello ne ho anche troppe, è il maledettissimo lavoro che mi blocca e mi impedisce di ritagliarmi uno spazio per sfogare i pensieri.

  69. @ Ausilio Bertoli
    Grazie per averci raccontato la tua esperienza, caro Ausilio.
    E il saggio della Atwood (sulla scrittura) – “Negoziando con le ombre” – lo cercherò senz’altro.
    Se le ombre non puoi vincerle, è bene negoziare con loro.

  70. @ M.Teresa Santalucia Scibona
    Cara Tessy,nel tuo precedente commento sei più dolce del solito. :-))
    Grazie per il quadretto di cioccolata nera e voluttuosa e per il bacio perugina.
    Ma grazie, soprattutto, per le splendide poesie che ci offri.

  71. @ Gianmario
    Caro Gianmario, interessante il parallelismo tra il blocco dello scrittore e quello della memoria.
    Immagino la frustrazione di uno scrittore bloccato, che si scopre anche smemorato. 🙂

  72. @ Claudio Morandini
    Sei riuscito, addirittura, a individuare tre livelli di blocco del lettore (ma quale, tra i tre, è da ritenersi il più grave?).

    Dalla tua descrizione di “scrittore bloccato”, invece, emerge la figura di uno scrittore con le dita scorticate.
    Proponi come rimedio il “darsi alla lettura”. E se lo “scrittore bloccato” è anche preda del blocco del lettore?

  73. @ Francesco Di Domenico – Didò
    Caro Didò, secondo me la tua ironia riesce a salvarti da qualunque tipo di blocco. Riuscire a ridere e a far ridere, secondo me, è una specie di panacea.

  74. @ Emilio
    Caro prof, bentrovato!
    Non c’è dubbio: più alte sono le aspettative, più alto è il rischio che vengano disattese (con la conseguente frustrazione).
    Ottimo, l’esempio della Allende.

  75. @ Enrico Gregori
    Caro Enrico, grazie per il tuo lungo intervento.
    Tu, oltre a essere scrittore sei anche giornalista.
    Secondo te l’aver svolto (o svolgere) il mestiere di giornalista, può aiutare a superare il “blocco”?

  76. Un saluto affettuoso a Marina Torossi, Vera e Amelia Corsi (e a tutti coloro che hanno commentato dopo di loro).
    Per stasera (per quanto riguarda questo post, almeno) mi fermo qui.
    Tornerò a intervenire domani.

  77. Caro Massimo, è da tempo che non commento i tuoi ottimi post. se ho mai avuto il blocco dello scrittore? ma certo! come diceva la Yourcenar mi è capitato di “affogare nella disperazione dello scrittore che non scrive”…il bello è che la Yourcenar era alle prese con le Memorie di Adriano, mentre io al massimo scrivo sul mio blog! rimedi per sbloccarsi? oltre a mollare per un po’ la tastiera del pc, dedicandomi ad altro e lasciando spazio alla fantasia e alle emozioni che possono venirmi a trovare all’improvviso, salvandomi dall’incubo della pagina vuota o di un racconto non ancora soddisfacentemente terminato. blocco del lettore? anche quello mi è capitato talvolta…alcuni romanzi dopo le prime pagine rivelatisi deludenti, prolissi o eccessivamente sanguinolenti, li ho abbandonati al loro destino sugli scaffali della mia libreria. un solo rammarico, non aver avuto la costanza di condurre la lettura ostica fino in fondo, ma d’altronde se non si legge per piacere e per svagarsi allora perchè torturarsi gratuitamente? auguro a tutti i lettori del blog un sereno fine settimana!

  78. Stavo leggendo un libro sul blocco dello scrittore, poi l’ho mollato perché è sopravvenuto il blocco del lettore.
    🙂

  79. @ uomo con la camicia celeste
    Provare a dare una risposta per ogni commento è o da eroi o da pazzi. 🙂
    A proposito : ti è mai venuto il blocco del blogger?
    🙂

  80. Qual è il più grave dei miei blocchi da lettore, mi chiedi, Massimo: vediamo. Quello da ipersensibilità da correzione di bozze è per fortuna passeggero, dura giusto le settimane “calde”. Del blocco per eccesso di lettura (troppi libri, troppo invitanti) invece non guarirò mai. Ma qui solennemente affermo che, accanto ai libri che non finirò mai, ve ne sono molti che gusto fino all’ultima parola, e senza sforzo, e senza provare delusione. Il più grave dei tre blocchi, temo sia l’ultimo (per me lo è). I libri scritti male. Fossero libri inutili e scritti male, non mi porrei nemmeno il problema, li lascerei lì, negli scaffali della libreria, o in biblioteca, anzi zitto zitto li nasconderei sotto altri libri più degni. Ma la rabbia che mi viene, quando ad essere scritto male è un libro che affronta un tema importante! Il nervoso che mi prende, quando una trama che potrebbe essere accattivante è resa sfocata da una lingua approssimativa, o da una traduzione mediocre!
    Quanto al blocco dello scrittore: ne ho parlato perché, appunto, mi trovo sotto bozze, e mi sento ipersensibile ad ogni minuzia stilistica, retorica, grammaticale. Per questo lo scrivere mi sembra caratterizzato da una sorta di sofferenza rimuginante, che blocca appunto, sulle virgole, sulle maiuscole, sul cursus, che so – oltre che sulla caccia alle ultime incongruità. Se invece mi trovassi nella fase esaltante e un po’ irresponsabile della prima stesura, racconterei solo della bellezza dell’inventare storie, della sorpresa del veder crescere spontaneamente le vite e i caratteri dei personaggi. È in quella fase che la lettura si rivela un mondo fertile – la lettura e la vita reale, certo: allora si è tutto orecchi e tutto occhi, non ci si lascia sfuggire nulla, e tutto sembra facile.

  81. Io la vedo un po’ come Giancarlo: tutta la letteratura è costituita da persone che soffrono del blocco dello scrittore. Ma direi di più, a mio parere chi non è un po’ bloccato non è nemmeno un vero scrittore bensì un semplice grafomane.
    Bisogna essere un po’ bloccati, come dire, tenersi, altrimenti si rischia di diventare illegibili. Scrivere poco per me è il trucco, farlo soltanto quando ti scappa veramente, quando ci si sta “scrivendo addosso” come accade con la pipì.
    Il blocco del lettore mi viene quando intuisco che lo scrittore è appunto un logorroico, in quel caso lo mollo senza nessun problema. Finisco soltanto i libri che costituiscono una vera scoperta da condividere, a volte la scoperta è poesia, talvolta è paura, raramente piccoli bagliori di luce. Questi i libri che porto a termine. Non amo i libri di genere. I gialli ad esempio mi annoiano, li trovo (tranne in casi rarissimi) non abbastanza rappresentativi delle pulsioni umane. Ma qui sto andando fuori tema quindi mi blocco, appunto, lascio il resto della pagina bianca.

    Baci a tutti

  82. @ Susanna
    Con il blocco del blogger ci convivo giornalmente.
    Lo supero così: vado a fare una passeggiata, tenendo in mano il libro che desidero leggere da tempo, mentre penso di scrivere una lettera; poi, sognando di andare a dormire, ingurgito cioccolata, rimuginando sul mio libro in progress e cercando di non arrabbiarmi con me stesso.
    Per incoraggiarmi cambio tempo verbale, cambio la persona, cambio il genere.
    Cambio tutto.
    Ma mi ritrovo sempre dentro una camicia celeste.
    Che sia la mia forza, o la mia camicia di forza?
    😉

  83. Torno a rileggere i commenti facendo un balzo indietro e giungendo a quello di Francesca Giulia.

    Carissima Fran, il tuo riferimento alle parole di Flannery O’Connor sul fatto che quando si scrive un romanzo “i denti marciscono, i capelli cadono…” mi pare perfetto! E perfettamente in linea con l’immagine del post.
    Grazie mille.

  84. Si è fatto tardi, ma nei prossimi giorni avrò modo di interagire con tutti gli altri amici che hanno lasciato un commento.

    p.s. Vi preannuncio che questo post rimarrà in primo piano almeno fino a metà settimana prossima.

  85. Nella prossima puntata di Letteratitudine in Fm, avro modo di parlare di questo post e “del blocco dello scrittore”. Avrò come ospiti: Jacopo De Michelis (editor narrativa italiana della casa editrice Marsilio) e Catena Fiorello.
    Discuterò con loro di questo tema, ma anche di molte altre cose.

  86. ciao a tutti. Per quel che mi riguarda, devo dividermi tra scrittura giornalistica e scrittura creativa. Praticamente l’una l’opposta dell’altra… In entrambi i casi mi trovo spesso a dover fare i conti con la pagina bianca e, manco farlo apposta, le idee più brillanti mi vengono in mente nei momenti meno opportuni (mentre sto guidando, in piena notte, nella vasca da bagno etc.) quando non ho a disposizione qualcosa su cui scribacchiare per non dimenticare. Ho comunque constatato che lo strumento migliore è il classico taccuino (block notes, moleskine o vecchia agenda) su cui appuntare tutto a mano. In un secondo momento – ossia quando affronto la pagina al pc – ricopio pari pari tutte le note scritte in precedenza sul cartaceo, mescolo ben bene e come per magia esce il pezzo per il giornale o il racconto per il concorso letterario.
    Simpaticissimo il decalogo della Atwood (Massimo, mi concedi un copia incolla sul mio blog?) della quale condivido specialmente i punti 3 e 5!!!
    buona domenica

  87. Il blocco delle scrittore? Si, anche io ne sono stata vittima e il mio segreto è sempre stato quello di uscire tutto il giorno e osservare ogni particolare con attenzione.
    Alla sera ripensavo alla giornata trascorsa, agli oggetti, agli avvenimenti e alle situazioni che più mi avevano colpita, le fissavo nella mente e poi andavo a dormire.
    Al risveglio, come per magia, avevo tantissime idee, le parole erano già in me e non avevo che lasciare scrivere la mia mente.

  88. Interessante. Personalmente ho vissuto un blocco del lettore un anno fa: mi faceva imbufalire! Prendevo in mano un qualsiasi libro, grande o piccolo, di narrativa o saggio, ma nulla fissavo la prima pagina per un po’ e poi richiudevo la copertina. Ho risolto gettandomi sui fumetti di Hugo Pratt. Così mi sono letta tutti i racconti di Corto Maltese e senza accorgermene avevo ripreso a leggere.

  89. Per quanto riguarda invece il blocco della scrittura, ahimé, nel mio caso capita l’opposto: ho così tante storie in testa da voler scrivere, che a me manca piuttosto il tempo per farlo. Ad esempio sono due o tre mesi che cerco assolutamente di trattenermi dall’iniziare un nuovo libro. Dopo averne pubblicati quattro, ne ho già scritti, infatti, altri tre… Inoltre mi trovo in un periodo in cui ho pochissimo tempo, ancora meno di prima, almeno fino a giugno, e devo quindi cercare di resistere fino alla scadenza degli impegni che già mi occupano tanto… In altre parole sto cercando di impormi da sola un blocco… ma è davvero faticosissimo…

  90. @Massimo e altri in riferimento alle belle e dure parole della O’Connor sulla fatica dello scrivere vi inserisco proprio il pezzo di brano della scrittrice dove c’è molto altro,interessante per tutti gli aspiranti autori e per i lettori.

    Ci si lamenta sempre che il romanziere moderno non nutre speranze e che il mondo da lui dipinto è insopportabile. L’unica risposta è che chi non nutre speranze non scrive romanzi. Scrivere un romanzo è un’esperienza terribile, durante la quale spesso cadono i capelli e i denti marciscono. Mi manda sempre in bestia chi insinua che scrivere narrativa sia una fuga dalla realtà. È invece un tuffo nella realtà ed è davvero traumatizzante per l’organismo. [..] Chi è senza speranza non solo non scrive romanzi ma quel che più conta, non ne legge. Non ferma a lungo lo sguardo su nulla, perché gliene manca il coraggio.” (pag.52-53),
    Se ne desume da queste breve carrellata che non esistono norme o procedimenti precisi che trasformano una persona in qualcuno che sa scrivere (sottintendendo lo scrivere bene) bensì è la pratica, l’osservazione, lo scavare con le mani nude, l’aver paura anche di quello che c’è dentro se stessi ma il non rifiutarlo, anzi, il tirarlo fuori piano piano, con rispetto e precisione. Poi le parole, il centro del mondo scrivente.
    Né deriva che non esiste una tecnica da scoprire e applicare che rende possibile scrivere. Se frequentate una scuola dove si tengono corsi di scrittura, dovrebbero insegnarvi non a scrivere, ma piuttosto i limiti e le potenzialità della parole, e il rispetto a loro dovuto. “ (pag.57)
    tratto da “Nel territorio del diavolo” di F.O’Connor

  91. …e ancora questo che mi crea un brividino lungo la schiena:
    La narrativa riguarda tutto ciò che è umano e noi siamo fatti di polvere, dunque se disdegnate d’impolverarvi non dovreste tentare di scrivere narrativa” (pag. 45).
    saluti cari

  92. Il territorio del diavolo non è solo un saggio sulla scrittura, è un libro fantastico,ci si ritrova nelle parole, nella passione dell’autrice,passione vera come se lei stessa fosse fra le pagine in carne e ossa,come se leggessimo di una passione amorosa che non è soltanto quella della scrittura ma è quella dello sguardo vorace di vita,del soffio che nutre il nostro spirito del vivere.
    per chi non lo avesse letto,correte a comprarlo è un piccolo libro prezioso.

  93. @ Paolo Cacciolati
    Ciao, Paolo. Il blocco del commentatore è un’altra “tipologia” che dovrebbe esser presa in considerazione. Magari dedicherò un apposito post… ma bloccherò i commenti. :-))

  94. @ Paola
    Deliziosa l’idea del block notes, così come quella della “scrittura manuale” come rimedio al blocco della scrittura al pc.
    Ma certo che puoi copincollare il decalogo della Atwood! :-))

  95. Chiedo scusa c’è un pezzettino quello non virgolettato, che non è fatto dalle parole della O’Connor ma dell’articolista che aveva commentato il brano.Tutto il resto è parte del libro.
    grazie

  96. @ Manuela Mazzi
    Credo che Hugo Pratt e Corto Maltese siano un buon rimedio contro molti mali.
    (Buona parte dei frequentatori di questo blog amano le storie di Pratt).

    Per quanto riguarda riferito alla scrittura… be’, hai ragione… non sarebbe male se ogni tanto bloccassero chi (persone) e cose (situazioni) che rubanoil tempo alla scrittura. ;-))

  97. mi riallaccio a quel che dice Paola.
    è vero, le idee vengono spesso quando non si ha tempo o quando si è impegnati a fare qualcosa di faticoso.
    incredibile quanti racconti ho scritto “mentalmente” facendo sci di fondo. arrivata davanti al pc, niente :)) non mi ricordavo che brandelli come quelli di un sogno che non si riesce a ricostruire…

  98. Concordo con Marina… con la differenza che se sciassi sarei una scrittrice al traumatologico!
    🙂
    Francesca Giulia, che belle le parole che riporti! Flannery O’Connor è una scrittrice straordinaria e se non l’hai fatto ti invito a partecipare alle discussioni del blog a lei dedicato…
    Conoscevo quelle citazioni grazie a Luigi La Rosa. Condivido in pieno. Scrivere è un impegno preso con la realtà il mondo il futuro (IO).
    Cara Diletta, scrivere è gettare il proprio sguardo sul mondo e regalare agli altri ciò che abbiamo visto. Brava, continua così.

  99. riguardo al mio blocco in qualità di lettrice, beh… capita quando il libro non prende! Ne ho un paio sul comodino che ormai hanno fatto la polvere ma che proprio non voglio metter via né tantomento riprendere da dove li avevo lasciati: “Mondo senza fine” di Ken Follet e “Lolita” di Nabukov

  100. Caro Massi,
    ecco un altro aforisma per il tuo scheletro…..
    «Scheletro, uomo delle tenebre, resuscitato e insieme morto irreparabilmente, doppiamente esperto di morte, rifiutato dal tempo, autore di libri inesistenti, sbagliati, impossibili, io, lo scrittore.»

    Giorgio Manganelli
    ——-
    Bacio!

  101. Cara Simo, bellissimo l’aforisma di Giorgio Manganelli. Si addice proprio al post.
    E grazie per aver apprezzato l’immagine che ho “confezionato” per la discussione…

    Aggiungo quest’altro aforisma (è stato scritto di recente):
    “Dimentica questa pagina che non sconosce la fatica ma vuole restituirtela sanata. Dimentica il tempo, i desideri, e finanche te stesso.
    Ricordati, scrivendo, che devi farlo solo per esistere”
    .
    Di chi è?
    😉

  102. @ Nicola Castellini
    Grazie per il tuo intervento, caro Nicola.
    Metto in evidenza questo passaggio: Non c’è niente di meglio per nutrire la mente, per far propri i ritmi di uno spettacolo, di una pellicola. I film in particolare sono ricchissimi di spunti, per quanto mi riguarda.

  103. @ Cinzia Baldini
    Cara Cinzia, grazie anche a te per il tuo intervento. Mi piace mettere in evidenza questa tua frase: “Personalmente cerco di non preoccuparmi visto che nessuno mi obbliga a scrivere per forza e resto in attesa che l’ispirazione si ricordi di me”.

    C’è il rischio, a volte, (lo chiedo in generale a tutti) che ci si senta “obbligati” a scrivere?

  104. @ Francesca Varagona
    Cara Francesca, nel tuo commento ci dici: “Sono stata male, l’ho capito dopo, che mi mancava qualcosa. Poi, urgente e dirompente, è tornata la voglia, direi quasi l’imperiosa necessità di scrivere”.
    Continua a scrivere, cara Francesca… scrivere per “se stessi e basta” è una delle opportunità che nessuno può toglierci.

  105. @ Laura Costantini
    Cara Laura, bella questa tua frase: “se non riesco a scrivere, leggo. Se non riesco a leggere, scrivo”.
    Scrittura e lettura a braccetto, che si sostengono l’un l’altra…

  106. @ Anne
    Cara Anne, grazie per il tuo commento e benvenuta a Letteratitudine!
    Certo, non sempre è facile sentire come “nostro” un libro che stiamo leggendo. Quando accade, però… wow!

  107. @ Paola
    Cara Paola, molto interessante la proposta del “rimedio culinario” (cioè impegnarsi tra i fornelli e preparare prelibatezze) come rimedio conto il blocco dello scrittore.
    Non sei l’unica, sai?
    Poi ti dirò perché…

  108. Per stasera chiudo citando questa frase (forte) di Maria Lucia Riccioli: Lo scrittore non è una macchina per far soldi anche se il mercato glielo imporrebbe… Il libro è come una gravidanza: impianto, crescita, maturazione… sono fasi che non si possono saltare accelerare forzare.

  109. Ricordo l’appuntamento di domani sera con “Letteratitudine in Fm” su Radio Hinterland (intorno alle 21:20).
    Parlerò di questo post e “del blocco dello scrittore”. Salvo imprevisti ascolterete le opinioni di Jacopo De Michelis (editor narrativa italiana della casa editrice Marsilio) e Catena Fiorello.
    Discuterò con loro dei temi di questo post, ma anche di molte altre cose.
    Vi ricordo che Radio Hinterland è ascoltabile (oltre che in Fm, nel milanese) via internet da qui:
    http://www.radiohinterland.com/streaming/radiolimpia.asx

  110. @ Maugeri Maugeri, oggi sei più …sfizioso di ieri.. invece del blocco dello scrittore, vorrei il blocco degli anni… si sono ammucchiati l’uno sull’altro, senza che me ne accorgessi, mamma come sono tanti, ora anche la mente vacilla e va in blocco…sembra la mia caldaia! E come soleva dire l’impareggiabile Francis Scott Fitzgerald :-
    “Non si scrive per dire qualcosa, si scrive perché si ha qualcosa da dire”. Stamani, ben per voi…, non ho molto da raccontare, cosi saluto…..
    @ la celestiale dottoressa Simona, la futura editrice Maria Lucia Riccioli,
    il fantasmagorico Didò e tutti gli amici del colorato villaggio globale
    Letteratitudinense. Vi lascio un ultimo suggerimento :-
    ” Se vuoi diventare ricco scrivendo, scrivi quel tipo di cose che leggono quelli che muovono le labbra quando leggono” – Don Marquis
    Tessy

  111. Bello ritrovare tutti gli amici di Letteratitudine, e attorno al… capezzale della malattia più temuta, il blocco.
    In questa mia non lunghissima esperienza, cinque anni o giù di lì, niente blocchi ancora. Anche se devo dire che una cosa è scrivere per piacere, mettere giù le storie che ti vengono per come ti vengono, un’altra è farlo per contratto: direi che scadenze, obbligo di tema, necessaria sequenzialità sono un bel bromuro, per la scrittura.
    Sono un fortunato, ben consapevole di esserlo, quindi mi rendo conto che sembra assurdo dirlo: però ricevere mail e telefonate educate e discrete, con un “come va?” e un “c’è tempo, ancora, ma non dimenticarti di noi” spesso creano obblighi morali che ti allontanano dalla voglia di scrivere.
    Non si può parlare di blocco vero e proprio, uno avrebbe da scrivere e tanto; ma la libertà di scegliersi il progetto, quella è fondamentale.

    Per quanto riguarda la lettura, mai avuto blocchi. Essendo tra quelli che quando cominciano un libro lo devono finire per forza, debbo stare attento nelle scelte, soprattutto per i testi lunghissimi; ma se devo lamentare qualcosa è la mancanza di tempo.

    Mi piacerebbe vivere in un Paese in cui uno scrittore, se pubblicato e con un medio successo, possa fare lo scrittore di mestiere. Con tempo e forze a disposizione, senza dover fare i conti con una decina d’ore di reclusione al giorno. Il vero blocco, caro Massimo, è quello. Riprendere a scrivere a venti ore di distanza, con diverso umore e diversa stanchezza, inficia il valore unitario dello scritto. Almeno per me.

  112. C’è blocco e blocco. Quello iniziale è il più duro: hai una storia in testa ma non ti decidi a metterci mano finchè la cosa (e non dico solo la trama), non la vedi con una certa perspicuità e coerenza, al punto da farne una scaletta di capitoli. Prima di questo non mi ci metto, perchè in passato mi è capitato di infilarmi in vicoli ciechi che non avevi previsto e lì è dura uscirne.
    Poi c’è il blocco durante: la storia va con una sua coerenza, ma ti accorgi che la tua scrittura si fa debole, piatta. Lì serve un tonico, qualcosa che ti rimetta il pepe al culo. Può essere smettere, fare altro, ma anche leggere: il mio rimedio è il mio scrittore preferito, John Fante. Uno dei suoi libri riletto in due giorni o un racconto riletto in un’ora, mi ridà l’appetito e il tono per scrivere bene.
    Infine c’è la revisione. Io scrivo un’ora al pomeriggio e poi mi prendo un’ora di notte per rivedere le due pagine, per cui in teoria alla fine c’è poco da rivedere. In realtà ci sono difetti di scrittura che sono difetti di visuale, difetti di sguardo, e quindi difetti d’uomo. Quando ti accorgi di quelli non puoi eliminarli in un attimo, è peggio che smettere di fumare. Bisogna che ti rivolti come un guanto e faccia quelle esperienze che ti mancano per affrontare con la sincerità della letteratura (che ha poco a che vedere con il realismo) la questione cui stai solo girando intorno.
    In generale ho molte più idee di quelle che ho trasformato in romanzi (nove, di cui sei già pubblicati e due entro l’anno), e sono pure pigro. La storia deve prendermi a calci in culo e costringermi a scriverla. Però devo anche dire che non ho mai lasciato niente a metà. Ho un grosso progetto su cui mi sono fermato ma solo perchè ora non ho il tempo lungo (un anno almeno) che mi serve per scriverlo. I tempi della vita non coincidono con quelli della scrittura, se uno ha una famiglia e fa un altro mestiere, e questo può somigliare a un blocco, ma in realtà è tutta un’altra storia. E’ che la vita vera non sta in pagina.

  113. Non mi siedo mai davanti al pc senza sapere almeno larvatamente cosa scrivere. Quindi il blocco dello scrittore, quando capita, è diluito nel tempo, e per fortuna nel frattempo faccio anche altre cose, tipo vivere.
    Lo risolvo di solito sdrammatizzando. Pensando che, se anche mi venisse il blocco totale delle sinapsi, il mondo andrebbe avanti ugualmente, e davanti alle librerie non si creerebbero comunque file di lettori impazienti.

  114. Caro Massimo

    il blocco dello scrittore è reale, a volte c’è una ragione facile (una scadenza obbligatoria, troppe aspetttative), alle volte è più profonda, ti possono influenzare le opinioni degli altri, il mercato, il successo o l’insuccesso. Ho molti amici scrittori e c’è chi soffre moltissimo quando scrive, chi si sente Proust, chi si sente un artista e chi affronta la pagina come un ragioniere affronta le partite Iva. Scrivere è un lavoro come un altro, nella maggior parte dei casi, e non sempre ben pagato. Io appartengo a quella specie che è felice quando scrive, soprattutto quando scrive, che tra vivere e scrivere, preferisce scrivere, perciò non c’è blocco possibile, smetti soltanto sei sei morta. E ho semre l’impressione di essere un mezzo di qualcos’altro, di storie che a mia insaputa, mentre dormivo, chissà, sono già scritte da qualche parte, in un cassetto segreto. A un certo punto vogliono essere raccontate e io non faccio nessuna fatica. Anzi, è bellissimo. Io ho un blocco di tipo diverso: quello della pubblicazione. Quando ho finito di scrivere, devo costringermi a fare tutto quello che viene dopo: l’agente, l’editore, le discussioni sul titolo, le presentazioni, eppure è una parte molto importante. La scrittura è sempre più mestiere, industria, marketing, spettacolo: lo dimostrano i casi editoriali, il genere letterario dell’esordiente, la corsa al bestseller. Perciò penso che il blocco sia evitabile soltanto in due casi: quando si scrive per se stessi e quando si scrive per mestiere, come un buon giornalista che nelle sue tre cartelle deve mettere il chi, il dove, il come e il quando e il perchè, e il giorno dopo è tutto dimenticato.

  115. Non temo la pagina bianca più di quanto un’ape tema il cielo. Le storie che racconto mi abitano, i personaggi che, attraverso la mia scrittura, si raccontano sono, per me, concreti al limite della schizofrenia. Scrivere per me non è, e non sarà mai, un mestiere, ma una grande liberazione, un privilegio, un volo. Ho la fortuna di condividere settimanalmente l’avventura della scrittura con un gruppo di amici – la Fronda – coi quali scriviamo su un imput comune e ci confrontiamo con grande partecipazione e divertimento. La mia aspirazione non è mai stata FARE lo scrittore ma ESSERE uno scrittore: una tensione idealista che è motivo di vita. E tuttavia vivere, appunto, è più importante che scrivere, o meglio,è inerente e imprescindibile alla scrittura.

  116. Ah… per quel che riguarda il blocco del lettore: cos’è? (:-)))) Sono una lettrice onnivora. Ma con l’età della ragione mi concedo il piacere di leggere solo quello che da subito mi accalappia. Non ho più tanto tempo….un saluto e un grazie a massimo che ci invita sempre a esprimere pareri su argomenti che interessano chi scrive e chi legge.

  117. Ciao Massimo,
    non credo tanto che esista il blocco dello scrittore, quanto piuttosto il blocco degli scrittori. Nel senso che, essendo le vie alla scrittura diverse, lo sono di conseguenza anche gli ostacoli che si frappongono.
    Nel mio caso il momento più oscuro arriva non quando sono alla ricerca di un’idea, ma proprio quando la trama e i personaggi cominciano ad affollarmi la mente, e diventa terribile nel momento in cui la vicenda è ormai praticamente completa. Quando insomma è il momento di scriverla.
    Perché la scrittura è in definitiva, come la lettura, null’altro che una condizione schizofrenica autoindotta. O, se vogliamo, il più potente degli stupefacenti leciti. Leggendo si esce per qualche ora dalla propria vita, scrivendo si fa lo stesso ma per dei mesi. La tua vita diventa quello che stai scrivendo; tutta la realtà scompare oppure viene piegata alle esigenze della narrazione. Da adesso in poi, per un tempo indefinito, non esisterà niente altro al di fuori della storia che devi raccontare, ti trasferirai lì dentro come un emigrante in paese straniero: non capirai più le lingue di quelli che ti parlano, non riconoscerai più i paesaggi che ti circondano, sarai solo in preda all’angoscia di finire il tuo compito per poter tornare.
    Attenzione, non c’è nulla di romantico in tutto questo, né di demiurgico: il processo è più simile al lavoro di un contabile che deve quadrare i conti di un bilancio: non può interrompersi né prestare attenzione a niente altro prima di aver finito, pena il dover ricominciare da capo ogni volta.
    A questo punto il mio io si ribella, cerca di resistere all’annientamento che sente avvicinarsi. Traccheggia, inventa scuse per rinviare, spia il telefono in attesa di uno squillo salvifico, si oppone con tutte le forze contro la porta che si sta chiudendo. Perché sente che per un qualche tempo morirà, soffocato da altre vite più potenti della sua perché libere da tutti i condizionamenti della realtà. E nello stesso tempo cade preda di un’ansia sempre più violenta, consapevole che il tempo passa inesorabile e che il passaggio alla scrittura, quanto più rimandato, tanto più sarà violento e frenetico. Edgar Allan Poe ha descritto magnificamente qualcosa di simile nel Demone della perversità, se qualcuno ha voglia di approfondire la questione.
    Mi succede lo stesso ogni volta che devo partire: il giorno prima precipito nello sconforto e nella depressione più profondi. Riempire una valigia significa lacerare una continuità, decidere quale parte di me morirà nei prossimi giorni, che cosa di me perderò separandomene. E poi inaspettatamente, quando sono riuscito a trascinarmi all’aeroporto, improvvisamente il mondo si illumina: come quando le prime parole scendono sulla carta. E allora sembra impossibile che tutto questo sia mai avvenuto.
    Quanto ai modi per superare questo passaggio doloroso, vorrei davvero conoscerli: ma temo che non esistano. Nella mia esperienza ce n’è uno solo che qualche volta funziona: ipnotizzare il proprio io con qualche pratica mantrica, in modo da renderlo meno reattivo: per esempio ascoltando più volte lo stesso brano musicale, oppure rivedendo fino all’esasperazione un film: con me ho notato che funzionano bene i B-movies, soprattutto i vecchi horror Universal e le storie di dischi volanti in genere. Ma a volte, ahimè, fanno cilecca anche loro.

  118. Caro Massimo,
    credo che il blocco dello scrittore esista.
    Come diceva un mio amico copywriter, il panico che nasce da una serie di fogli bianchi, non a caso, si chiama blocco.
    Bisogna però distinguere tra le tante forme che assume questa inevitabile fase del processo creativo. Dico inevitabile perché non credo che sia una patologia, ma una necessaria fase dialettica, cui di solito – almeno si spera – segue un rinnovvato slancio produttivo.
    Le varie forme, secondo me.
    1. Il blocco da metabolizzazione. Non si sta scrivendo niente, non si hanno progetti in elaborazione, non si sa quando se ne avranno. Questo, a mio modo di vedere, è il blocco propriamente detto. Non c’è maniera di sapere quanto durerà. Anche anni in alcuni casi. L’importante è non pensare che non si stia facendo niente. L’inconscio sta lavorando alle nostre spalle, immagazzinando dati, concetti, pensierini, frasi, temi, ambienti, tipi, in attesa di un corto circuito che metta in collegamento qualche miliardo di sinapsi sparse a formare un nucleo di idea su cui si possa cominciare a lavorare. Il modo migliore per abbreviare questo periodo è non pensarci. Fare dell’altro: leggere, vedere gente, pulire il frigo, andare a donne eccetera; ognuno sa cosa è meglio per sé. Più si smania per scrivere, meno l’ispirazione arriva. Gli zen dicono che il desiderio crea distanza. E’ vero. Qui si tratta di fare dell’altro con l’obiettivo di ricominciare a scrivere: una sorta di volizione al di sotto della soglia della volontà. Concetto complicato, ma non so spiegarlo meglio di così.
    2. Il blocco da costipazione. E’ un tipo di blocco molto fastidioso che, di solito, coglie nella seconda metà di una storia, quando si dovrebbe cominciare ad andare a parare da qualche parte, ma il plot agonizza, soffocato dalla magmatica esuberanza delle tante cose da dire che non si sa come disciplinare. Se ne esce in due modi: se è un blocco leggero, lavorandoci, lavorandoci, lavorandoci; se è un blocco più grave, smettendo di scrivere per un po’ e, possibilmente, scrivendo dell’altro. Chi ha la fortuna di avere una rubrica su un giornale o qualche articolo da finire può dedicarvisi con impegno, in attesa che il carburatore ingolfato si disingolfi da solo.
    3. Il blocco da perdita di interesse. Sicuramente il più pericoloso e penoso; per fortuna è anche il più raro. Capita, a volte, che dopo un certo numero di pagine – di per sé anche buone, persino molto buone – chi scrive perda interesse per la storia e, magari, cominci a pensare alla prossima che vorrebbe scrivere. Per esperienza, in questo caso conviene smettere ai primi significativi sintomi di essere entrati in questa fase, questa sì patologica. Meglio smettere subito, fino a che è ancora una libera scelta, piuttosto di dover smettere obbligatoriamente per impossibilità a continuare. Il risultato è lo stesso: la storia si blocca, ma se l’avete scelto può darsi che, se vi va di culo, l’interesse possa rinascere dalle ceneri, se invece siete andati fino in fondo, fino a completa consunzione, quella storia è persa per sempre. E’ un po’ come con le storie d’amore (quelle nella vita, non quelle sulla carta): meglio avere dei buoni ricordi che dei cattivi rimpianti.
    4. Infine c’è il blocco da sospetto, detto anche blocco virtuale. E’ una variante estremamente insidiosa, perché può passare inosservata, arrivando persino a convincere l’autore di non esistere. Chi è che aveva detto che la più grande astuzia del diavolo è di riuscire a convincerci della sua inesistenza? Capita che certi manoscritti siano apparentemente finiti, in certi casi anche da anni: la storia si regge, i personaggi hanno la giusta profondità, le ambientazioni vi sembrano convincenti, eppure c’è qualcosa, e non sapete bene che cosa, che ancora non vi convince. Avete l’impressione che non sia ancora finito-finito, ma non avete la minima idea di che cosa manchi. Allora lo lasciate lì a decantare. Due mesi, sei mesi, un anno. Intanto scrivete dell’altro. Un altro romanzo o due. Poi lo riprendete. Ci rilavorate. E alla fine siete da capo. E’ migliorato, ma di nuovo avete la sensazione che manchi qualcosa. Ma cosa? Boh! E via così, ad libitum. Dopo anni di questa pantomima potreste arrivare a credere che in fondo quel libro sia davvero finito e che la sensazione che mancasse qualcosa fosse solo una vostra fisima. E potreste anche arrivare a decidere di licenziare il malloppo e darlo in pasto al prossimo. Resistete. Ho letto da qualche parte che i libri non si finiscono, si abbandonano quando non si può farne a meno. Ecco, se ancora non vi sentite di abbandonarlo a cuor leggero, forse non dovete ancora farlo. Nel frattempo cercate di abbandonarne degli altri.
    Per quanto riguarda il blocco del lettore, per pietà nei confronti di chi mi legge. in un prossimo post.

  119. Vedi, Massimo, non è facile rispondere alla tua domanda inserita nel post con cui mi hai risposto, cioè non è semplice spiegarlo: non è che ci si sente “obbligati” a scrivere è che i personaggi o le storie che ti ronzano nella mente spesso ti fanno venire i “rimorsi di coscienza” se non li fissi subito sulla carta. Mi succede, spesso, quando creo una storia, di avere anche altre cose pratiche e contingenti da fare, ma mi sento talmente obbligata, talmente costretta, talmente desiderosa di proseguire la scena o il racconto che “devo” mettermi alla tastiera e scrivere altrimenti vago per la casa come un’anima in pena e non riesco a concludere nulla. E’ quasi come un piacevole obbligo morale, una forma di simpatica tirannia e di giocosa costrizione morale, che mi tiene sveglia fino alle ore più assurde della notte e non mi crea stanchezza, al contrario quando riesco a mettere il punto, almeno per quel giorno, mi sento rilassata ed in pace con il mondo.
    Altro genere di obbligo è quello della consegna di un lavoro in scadenza di cui ho avuto solo un’esperienza ed è stata talmente negativa che mi auguro di non ricaderci più! Quello non è un obbligo creativo ma una tortura vera e propria, una goccia cinese che serve solo a innervosirti, a complicarti la vita e che a lungo andare ti conduce (almeno nel mio caso) dritto dritto al tema iniziale di questa discussione: il blocco dello scrittore.
    Un abbraccio circolare a tutti.

  120. Ciao Massimo,
    molto interessante l’argomento che hai proposto.
    Se mi è mai capitato di restare bloccata davanti a una pagina bianca? No. Mai. Perché in caso di pericolo c’è sempre il mio taccuino che mi salva. E’ lì, infatti, che nel corso della giornata (e talvolta della nottata)annoto pensieri, dubbi, riflessioni, le ragioni di un percorso narrativo piuttosto che di un altro. Il taccuino cammina in parallelo con la storia che sto scrivendo, diciamo che è lo scartafaccio. In quelle pagine – con la grandissima libertà che mi viene dal sapere che resteranno precluse ad occhi estranei – mi permetto qualunque azzardo: è come compiere acrobazie con la consapevolezza di avere sotto di sé una rete di protezione. Nel taccuino scrivo di tutto: dalle frasi ascoltate per strada (o sull’autobus, o nella sala d’attesa del medico, alla posta, al bar)all’abbozzo dei caratteri, alla descrizione minutissima degli ambienti, ai frammenti di sogno, agli improvvisi sbocchi di gioia o di malinconia… Insomma, un diario che contiene la vita nelle sue multiformi espressioni. Ed è lì che vado a cercare la soluzione del dubbio, la ragione di un silenzio che non so decifrare.

  121. Grazie Massimo per avermi ringraziato 🙂 e grazie molto ad Andrea Baldini, se posso sbilanciarmi direi che ho trovato il suo intervento illuminante. Quello della volizione nell’arte è un argomento che mi appassiona da sempre. Bravo Max, bravi tutti, gran belle testoline.

  122. Distinguerei due tipi di blocco: quello che ti prende prima di inziare a scrivere una storia, e quello che ti prende durante la stesura.
    Il primo tipo è il più serio, sia nel senso che è potenzialmente più grave, sia nel senso che ha più significato. In fondo, per quanto mi riguarda, il blocco fondamentale che ho attraversato e superato nel corso della mia vita è durato più di 30 anni: il tempo che mi ci è voluto per decidermi a mettermi per la prima volta di buzzo buono a una scrivania e provare a scrivere una storia. Avrei potuto non superarlo mai. Non credo sarebbe cambiato qualcosa nella storia della letteratura, ma la mia vita avrebbe preso un’altra piega. Un blocco di questo genere, sia pure in forma ridotta, mi prende ogni volta che finisco un romanzo. Per molti mesi, a volte per un po’ di anni, non so decidermi a iniziarne un altro: tutte le idee che mi vengono in mente mi paiono o troppo complesse per le mie possibilità o troppo poco. L’unico rimedio che ho trovato è l’attesa: non farsi prendere dall’ansia e vivere, ciò che uno scrittore – quando è confinato nella propria stanza a star dietro alla propria stantuffante ispirazione – non può fare più di tanto (quindi il blocco è anche conveniente, se ci si pensa bene). Avere fiducia che prima o poi, come è accaduto in passato, la scintilla giusta passerà attraverso i tuoi occhi e ti spingerà a seguirla. E se poi non sarà così, pazienza: vorrà dire che ciò che potevamo scrivere lo si è già scritto. Certe volte bisogna rassegnarsi.
    Il secondo tipo di blocco a me prende di solito verso i due/terzi della storia che sto scrivendo, quando la maggior parte delle cose che volevo scoprire raccontando quella storia sono emerse e già intravedo il finale: l’energia allora mi abbandona, tutto mi pare già visto, già detto, e mi sembra inutile andare avanti. Allora lascio lì il romanzo per alcune settimane, leggo, cammino, guardo film, e cerco di pensare il meno possibile a ciò che ho lasciato nel cassetto, o nel computer. Quando mi decido a rileggere, di solito, ciò che ho scritto mi colpisce e mi provoca una certa dose di sorpresa: l’energia allora come d’incanto torna, e ce la faccio a finire il libro.
    Naturalmente a volte tutta questa saggezza non ce l’ho: smanio, mi arrabbio, mi deprimo, mi dispero. Ma così facendo, mi sono accorto con l’andar del tempo, allontano ancor di più il superamento del blocco.

  123. Veramente bellissime le interviste, Massi. Mi è piaciuta molto Catena Fiorello quando ha detto di avere scritto un libro di donne rivolto agli uomini. La letteratura vive di questi scambi di sguardi, di necessità ribaltate, di infiniti rinvii di emozioni e parti.
    Credo che il blocco dello scrittore possa essere superato anche così: cambiando prospettiva.
    Un bacio a te, Massi, per la meravigliosa capacità di domandare e ai tuoi ospiti per quella mostrata nel rispondere.
    Sogni d’oro a tutti.

  124. sì concordo con Simona,belle interviste di natura differente,in teressante quella di De Michelis e intima e confidenziale quella con Catena Fiorello che ha toccato temi molto sentiti intimamente .Cambiare prospettiva dice la cara Simona ed io non posso che essere d’accordo.Quante volte oltre alla scrittura, nella vita può essere salvifico uno sguardo nuovo,scoprire un profilo mai visto prima, una via non considerata, e da lì ripartire o rinascere. Le idee come le persone,i sentimenti le storie la vita stessa, tutto potrebbe assumere un altro significato se solo riuscissimo a concedere a noi stessi il coraggio di un cambiamento di prospettiva,potremmo restare stupiti dalle nostre stesse capacità e da ciò che la vita può offrirci se sappiamo guardarla con benevolenza.
    grazie Massimo della bella compagnia.
    una buona notte a tutti

  125. Cara Simona, cara Francesca Giulia… grazie di cuore a entrambe per seguirmi anche in questa avventura radiofonica. Grazie davvero.
    Nei prossimi giorni ci sarà la possibilità di ascoltare (o riascoltare) le suddette interviste in podcast.

    In riferimento al post, come avrete sentito, Catena Fiorello ha dichiarato di aver superato il “blocco dello scrittore” iscrivendosi a un corso di cucina… mentre Jacopo De Michelis – dal suo punto di vista di editor – ha riferito che non sempre lo scrittore ha un rapporto così intimo con il suo editor da ammettere che un eventuale ritardo della consegna di un manoscritto sia imputabile a un “blocco”.

  126. Ne approfitto per ringraziare di cuore gli amici scrittori che hanno dato il loro contributo alla discussione intervenendo nel corso della giornata…-

    (Un saluto alla dolce Tessy).

  127. @ Maurizio de Giovanni
    Caro Maurizio, grazie per essere intervenuto.
    Tra le altre cose scrivi: “Mi piacerebbe vivere in un Paese in cui uno scrittore, se pubblicato e con un medio successo, possa fare lo scrittore di mestiere. Con tempo e forze a disposizione, senza dover fare i conti con una decina d’ore di reclusione al giorno. Il vero blocco, caro Massimo, è quello. Riprendere a scrivere a venti ore di distanza, con diverso umore e diversa stanchezza, inficia il valore unitario dello scritto”.

    Ah… sapessi come ti capisco…

  128. @ Valter Binaghi
    Caro Valter, grazie mille anche a te per il tuo intervento.
    Mi piace sottolineare questo passaggio che è al tempo stesso “vero” e “divertente”: “In generale ho molte più idee di quelle che ho trasformato in romanzi (nove, di cui sei già pubblicati e due entro l’anno), e sono pure pigro. La storia deve prendermi a calci in culo e costringermi a scriverla”.

    Io, al momento, sono in attesa di una storia che mi prenda a calci… 😉

  129. @ Roberto Alajmo
    Grazie per il tuo contributo, Roby.
    Scrivi: “se anche mi venisse il blocco totale delle sinapsi, il mondo andrebbe avanti ugualmente, e davanti alle librerie non si creerebbero comunque file di lettori impazienti”.

    Se ti venisse il blocco totale delle sinapsi (cosa che, per fortuna, non avverrà mai) sarei pronto a organizzare uno sciopero nazionale e a invadere il Centro del libro che sta avviando Gian Arturo Ferrari.

  130. @ Roselina Salemi
    Roselina cara, grazie a anche a te per tuo intervento.
    Che bello questo passaggio: “Io appartengo a quella specie che è felice quando scrive, soprattutto quando scrive, che tra vivere e scrivere, preferisce scrivere, perciò non c’è blocco possibile, smetti soltanto sei sei morta”.

  131. @ Giulio Leoni
    Grazie per il tuo corposo intervento, Giulio.
    Interessante la partica dell’autoipnosi (per superare il blocco) indotta attraverso la visione di B-movies e roba simile. Proverò senz’altro. :-))

  132. @ Andrea Ballarini
    Caro Andrea, il tuo non è un commento… ma un saggio!
    “Il blocco da metabolizzazione”, “Il blocco da costipazione”, “Il blocco da perdita di interesse”, “Il blocco da sospetto”…
    Be’, ci si potrebbe scrivere un libro! ;-))

  133. @ Tea Ranno
    Cara Tea, grazi di cuore anche a te per essere intervenuta. “Il metodo del taccuino”… potrebbe essere il titolo di un romanzo, che ne dici?

    P.s. In verità sarei proprio curioso di scoprire cosa nasconde il tuo taccuino magico ;-))

  134. @ Valerio Aiolli
    Caro Valerio, grazie mille anche a te per aver condiviso con noi l’esperienza dei “tuoi blocchi”.
    Perfettamente d’accordo quando scrivi che smaniarsi, arrabbiarsi, deprimersi, ecc. allontana ancor di più il superamento del blocco.

  135. Prima di salutarvi, però inserisco nella discussione le opinioni che altri due amici scrittori mi hanno fatto pervenire per mail.
    La prima (caustica e divertente… e anche un po’ vera) è di Antonio Pascale. L’altra, ugualmente divertente, è di Girolamo De Michele.
    Le riporto nei commenti di seguito (a loro nome).

  136. Caro Massimo, ho letto il dibattito e però non ho niente da dire. Cioè, magari ci fossero blocchi negli scrittori, sarebbe un fenomeno proficuo. Non vedo blocchi, vedo un diluvio di intelligenza, dovunque ti giri, tra facebook e blog, leggi cose intelligenti, citazioni colte, aforismi, spiritosaggini. Dunque, dov’è il blocco? Non ce l’abbiamo. Nessuno. Forse di fronte all’intelligenza si può solo opporre la stupidità, o la stanchezza che è solo una faccia della stupidità. Non essere all’altezza è il miglior modo per crescere.
    Ciao.

  137. Il blocco dello scrittore? Caro massimo, magari… il fatto è che, al contrario, prendo troppi impegni, mi venisse un blocco per annullarne qualcuno 🙂
    Scherzi a parte no, davvero non saprei che dire: nel 2009 mi sono intenzionalmente preso un anno di sospensione (come nel 2006, dopo aver scritto “Scirocco”), per depurarmi dalla scrittura dei due libri del 2008 e cominciare a pensare al prossimo, anzi, ai prossimi due. Poi ho accettato di scrivere un libro sulla scuola, che sto per terminare, e questo spiega perché mi si vede poco sui blog.

  138. Caro Massimo, grazie come sempe per gli spunti interessanti che ci regali. Sì, il blocco dello scrittore esiste, e l’ho sperimentato sia nella mia piccola, personale esperienza, che in quella di tanti scrittori amici coi quali mi confronto. Io credo che scrivere sia – per citare la Montero – come ballare un valzer, per cui in certi giorni hai la sensazione di volare, in altri invece i tuoi piedi non vogliono saperne di muoversi e sembrano ancorati al suolo. Io credo che l’artista viva soprattutto di stati d’animo, di istanti, di epifanie fugaci – i miei sono mutevolissimi, e seguono l’umore e le ombre delle giornate. Anche se poi, la regola non vale per tutti. Francesco Costa, ad esempio, sostiene di non aver mai sofferto del blocco dello scrittore. La sua vitalità lo salva. In ogni caso, l’importante è non perdere mai la rotta, la direzione, la necessità del proprio lavoro. Una barca può anche fermarsi in mezzo al mare – l’importante è avere la consapevolezza di ripartire, di riprendere la navigazione e di non smarrire mai la rotta. (In scrittura succede pure questo, tuttavia). Un romanzo si compone nel tempo, e occupa spazi grandi della vita. Sono previsti e considerati anche i momenti di stasi, le pause intermedie che a volte possono durare mesi. In generale ritengo che non esistano regole assolute e generali valide per tutti. Nel mio caso, ci sono giorni in cui non riesco proprio a lavorare, soprattutto quando sono particolarmente inquieto. Ma poi ci sono giornate che volo sulla tastiera. E’ tutto relativo. Ma discuterne è bello, piacevole, importante, anche per capire cosa pensano gli altri. Grazie della ricchezza degli spunti e dell’impegno. E grazie pure di aver inserito il link del mio nuovo neonato blog. Un abbraccio, caro Massimo, a presto…

  139. Caro Massimo,
    circa il “blocco dello scrittore” posso dirti quanto segue.
    E’ un problema che non ho mai veramente avuto, salvo agli inizi di un
    romanzo, che ritardo per trovare l’esordio giusto, e in certi capitoli che
    non sembrano andare da nessuna parte.
    In quei casi mi fermo e rileggo o modifico i capitoli precedenti. Ciò mi
    concede una pausa e mi ridà la spinta.
    Va però tenuto presente che io sono uno scrittore di romanzi “d’avventura” o “di genere”. “Scrittore fluviale” per definizione. Immagino che per un autore di Letteratura Alta i problemi di blocco siano frequenti.
    Per me no, ma lasciatemi vivacchiare nel mio angolino. Sono uno scrittore di serie B, e fiero di esserlo.

  140. Caro Massimo, sono stata male perché non sapevo fino in fondo cosa volesse dire per me la scrittura. Il privarmene non è stato voluto, sono semplicemente stata attirata e coinvolta da tante incombenze quotidiane che mi hanno riempito la giornata (lavoro, figlio, casa…) Poi ho compreso che questo spazio mio, la riflessione la lettura ma soprattutto la rielaborazione anche in forma poetica di quanto vivo stava rubandomi il sonno, perché non riuscivo a trovare un momento per fermarmi e per quello che veramente da sempre amo fare, cioè giocare con le parole. Adesso ho ripreso la penna in mano, e la tastiera, e grazie a fb e a siti come il tuo riesco nuovamente a interagire, mi sento viva, libero la fantasia, fotografo i momenti quotidiani che mi colpiscono con le poesie o con racconti brevi, mi libero di tanto peso de dovuto, necessario tran tran. Grazie di aver risposto al mio post, cercherò – tempo permettendo – di intervenire ancora e ti faccio i complimenti per gli spunti interessanti che ci proponi.

  141. Caro Massimo, non mi è mai capitato di soffrire del “blocco dello scrittore” per il semplice motivo che prima di arrivare alla scrittura vera e propria il romanzo me lo sono già scritto “dentro”. Non ho rimedi da proporre proprio perché prima d’ora non mi sono mai posto il problema.

  142. Intuisco cos’è il blocco dello scrittore, come s’intuisce cos’è una malattia che non si è mai avuta. L’ho temuto, per tutta la vita, e ho cercato di impedirlo nel modo che dirò. Scrivo i testi narrativi solo di mattina, fino alle 13, perché di mattina ho una lingua e di pomeriggio ne ho un’altra, come da settembre a maggio ho una lingua e da giugno a settembre ne ho un’altra. La lingua che ho di mattina e nei mesi freddi è completa, l’altra si riduce al 65 %: perdo molte accezioni, mi si restringe il lessico. Ho tradotto Mallarmé e ho visto il suo “terrore per la pagina bianca”. Io l’ho combattuto impedendomi di avere mai una pagina bianca. Quando arrivano le ore 13 e sto scrivendo e sono in vena e ho un flusso di idee, immagini, parole, non lo esprimo tutto, ma l’interrompo dopo una virgola: lo riprenderò il giorno dopo. So cosa devo scrivere dopo quella virgola, ma lo tengo per me. Ci dormo sopra. La mattina dopo parto da lì, e quella partenza rimette in movimento tutto un treno di vagoni. Faccio sempre così. È come guidare una macchina difficile da mettere in moto: l’astuzia sta nel non spegnerla mai.
    Ferdinando Camon

  143. Blocco dello scrittore? Purtroppo sì.
    Ma può essere dovuto a due fattori: il libro che sto scrivendo oppure io. Il primo caso: m’è capitato con un romanzo per ragazzi, NON FARE IL FURBO, MICHELE CRISMANI: avevo ficcato il protagonista in un pasticcio tale che non sapevo più come farcelo venir fuori. Dopo aver tentato e ritentato delle soluzioni narrative, la trama era ingrippata. Finchè ne ho parlato col mio amico Alberto Ongaro (scrittore che stimo tantissimo). Lui si definisce “un meccanico di storie”. E infatti, discutendone insieme, m’ha proposto una soluzione a cui non avevo pensato. L’ho adottata al libro. Che è uscito con l’esplicito ringraziamento ad Alberto. Insomma, se si è bloccati può aiutare un occhio esterno.
    Il secondo caso: se il blocco dipende da me, devo aspettare che passi. Ma intanto continuare a scrivere altro, ogni giorno, come sempre (lettere, blog, articoli per giornali, email, appunti), senza as-so-lu-ta-men-te tagliare i ponti con la SCRITTURA.
    DUE PAROLE ANCORA SUL BLOCCO DEL LETTORE: orribile senso di inappetenza, accompagnato da un vago disgusto. E poi una domanda che ci si fa: “passerà? Oppure verrò risucchiato nella palude stigia dei non-lettori?”
    Cosa fare? Posso dire ciò che faccio io: insisto. Leggo ogni giorno, inizio uno, tre, cinque, dieci, trenta libri, che anoressicamente abbandono dopo poche pagine, privo di interesse. O al massimo con un vago barlume di curiosità che dura qualche minuto o un’ora o fino al giorno dopo.
    Ma non mi arrendo e continuo. finchè, di colpo, trovo (o MI trova) il libro giusto (o il più adatto in quel momento). E il blocco scompare.

  144. Caro Massimo,
    Credo che a volte ci siano dei blocchi, delle false partenze davanti alle quali occorra fermarsi.
    Non è scontato nemmeno che si debba scrivere per tutta la vita, come ha detto Mozzi.
    Nella mia piccola esperienza posso dire di aver avuto numerosi blocchi e numerose false partenze.
    Davanti a questi posso solo fermarmi e vivere, dedicarmi ad altro, aspettare il momento giusto con la
    consapevolezza che potrebbe anche non arrivare.
    Non è detto che anni di silenzio nella carriera di uno scrittore non abbiano un valore.

    Paolo Mascheri

  145. E’ sorprendente quanto più facilmente ci si “sblocchi” quando si ha a che fare con una scadenza pressante. Almeno, a me capita così, ma dal confronto con altri scrittori è emerso che meno tempo si ha a disposizione, più la fantasia galoppa.
    Il blocco vero e proprio non mi è ancora arrivato, e ci mancherebbe, dopo soli sei romanzi scritti. Ad ogni modo, contrariamente a quanto comunemente si crede, l’ispirazione non viene dal cielo. La si cerca, con i sistemi più coercitivi. Talvolta, posso trovarmi davanti a un nodo che non riesco a sciogliere, anche se il vantaggio di un’opera di narrativa è che puoi sempre portare la vicenda dove vuoi tu. Quando il ramo che ho scelto minaccia di seccarsi, posso passare anche ore, o addirittura giorni, a guardare fisso il muro o lo schermo bianco, non aspettando, ma CERCANDO l’idea. Come? Esplorando le varie opzioni, ricreando nella mia mente le immagini della scena che sto descrivendo, o se non ho ancora la scena, dei soli protagonisti che interagiscono tra loro, e provando vari tragitti finché non trovo quello giusto. E’ un processo molto faticoso e logorante (non a caso, Tolstoj diceva “La penna va intinta nel sangue”): talvolta mi forzo a stare in piedi, o in una posizione scomoda, oppure non vado al bagno anche se mi scappa la pipì, pur di costringermi a partorire un’idea che considero efficace, magari bocciandone a decine, prima. E’ per questo che nelle conferenze preciso sempre che per fare lo scrittore, oltre al talento, e forse prima ancora di esso, ci vuole forza di volontà…
    Certo, mi rendo conto che se qualcuno mi osservasse, penserebbe che sono un alienato che non fa nulla tutto il giorno…

  146. Caro Massimo,
    naturalmente anch’io, come tanti, ho subito il blocco dello scrittore. Molto più di rado invece, fortunatamente, mi ha colpito il blocco del lettore. In questo caso si tratta di solito solo di un problema di dissintonia col libro scelto, o di un particolare bisogno – quasi di esigenza – di leggere un certo tipo di storia in un determinato momento.

    Le tecniche suggerite dalla Atwood mi sembrano tutte efficaci.

    Il primo consiglio è in fondo il migliore: fare altro, distogliere il pensiero, mettere in movimento il corpo.
    Per molti anni io ho fatto altri lavori, oltre a scrivere storie, e anche senza volerlo ero costretto a lasciare la scrivania e “staccare”, talvolta dopo intere giornate trascorse a scrivere e cancellare, bloccato su poche righe o perfino su una sola riga. Ho così sperimentato più volte come sia efficace lasciar perdere e fare altro (nel mio caso, era il lavoro che mi consentiva di vivere). Naturalmente ovunque si vada – a spasso col cane o in piscina – conviene tenere a portata di mano un bloc notes, per appuntarsi le eventuali illuminazioni, piccole o grandi che siano, che si possono ricevere in regalo.

    Oggi il mio mestiere principale è diventato inventare e scrivere storie, e a volte devo impormi con forza di lasciare la scrivania. Per fortuna ho un cane che non vede l’ora di giocare con me, e anche un orto e delle piante da curare. E questa è davvero un’ottima cosa.

    Anche quello di scrivere “altro” è, almeno per quanto mi riguarda, un ottimo consiglio. Spesso il raggirare il censore che è in me, e che con spirito critico osserva quel che scrivo da sopra la mia spalla, è un modo per sfuggire al suo giudizio paralizzante. A volte è sufficiente cambiare il carattere (da new roman a courier, per esempio) e pensare: “va bene, per oggi niente romanzo, solo appunti”, per sbloccare l’immaginazione e la creatività.

  147. @ Valerio Evangelisti
    Grazie di cuore per tuo intervento, caro Valerio. Permettimi di augurare, a beneficio mio e di tutti i tuoi numerosi lettori, che la tua “fluvialità” permanga sempre. :-))
    Un abbraccio

  148. @ Massimo Carlotto
    Grazie anche a te, Massimo. Dici che prima di arrivare alla scrittura vera e propria il romanzo te lo sei già scritto “dentro”. Mi viene in mente che, da questo punto di vista, uno scrittore non smette mai di lavorare.

    Chi era il celebre autore di quell’aneddoto in cui, guardando dal balcone di casa, lo scrittore in questione diceva alla moglie che… stava lavorando?
    (Domanda rivolta a tutti).

  149. @ Ferdinando Camon
    Carissimo, il suo commento è particolarmente gradito. Mi colpisce questa affermazione. “Quando arrivano le ore 13 e sto scrivendo e sono in vena e ho un flusso di idee, immagini, parole, non lo esprimo tutto, ma l’interrompo dopo una virgola: lo riprenderò il giorno dopo”.
    Credo che qualcuno, invece, quando beneficia di quel flusso di idee non si stacca dalla sedie finché non le trasferisce sulla carta.
    Grazie ancora di cuore.

  150. @ Luciano Comida
    Grazie anche a te, caro Luciano.
    L’idea che possa esistere un “un meccanico di storie” (mi riferisco a Alberto Ongaro) è assai intrigante.
    Si potrebbe scrivere un romanzo e intitolarlo “Il meccanico di storie”. Certo, se poi – per via di un blocco – rimanesse incompiuto sarebbe un paradosso. 😉
    Grazie mille, Luciano (e… forza Michele Crismani!).

  151. @ Paolo Mascheri
    Grazie, caro Paolo. Credo che, tutto sommato, (lo hanno detto anche altri) “fermarsi a vivere” sia – a prescindere – presupposto essenziale anche per la scrittura.
    Un abbraccio.

  152. @ Andrea Frediani
    Caro Andrea, mi sa che tu – tra i vari intervenuti – sei uno dei più duri con te stesso e con la tua scrittura.
    Riprendo questo tuo “passaggio”: E’ un processo molto faticoso e logorante (non a caso, Tolstoj diceva “La penna va intinta nel sangue”): talvolta mi forzo a stare in piedi, o in una posizione scomoda, oppure non vado al bagno anche se mi scappa la pipì, pur di costringermi a partorire un’idea che considero efficace, magari bocciandone a decine, prima.
    Ammiro la tua grande forza di volontà.
    Grazie di cuore per il tuo intervento e in bocca al lupo per la prossima uscita del nuovo romanzo che hai concluso in questi giorni (ne parleremo senz’altro).
    – – –
    P.s. Messaggio per tutti. Se mentre scrivete su Letteratitudine vi scappa di la pipì… andate pure, eh…
    Non mi assumo nessuna responsabilità nei confronti delle vostre vesciche 🙂

  153. @ Giampiero Rigosi
    Caro Giampiero, grazie mille anche a te.
    Anche nel tuo caso (così come per Tea Ranno e qualcun altro) diventa molto utile il ricorso al bloc notes (o al taccuino).
    Salutaci tanto il tuo cane e in bocca al lupo per la storia che stai scrivendo.

  154. Prima di provare a “tirare le somme”, attendo qualche altro eventuale intervento.
    Ne approfitto intanto per ringraziare e salutare: Eventounico, Giorgia, Zauberei, Lucy, Alice, Mavie Parisi, Alfredo Colitto, Salvo Zappulla… che erano intervenuti nei giorni scorsi.
    Grazie mille a tutti.
    (Spero di non essermi dimenticato nessuno… nell’eventualità, chiedo venia).

  155. Nessun blocco, semmai il contrario. Il lavoro editoriale che mi impedisce di scrivere, così come me lo impediva il tradurre, un lavoro che ho smesso qualche anno fa.
    Quando si fa editing e si traduce ci si cala nello stile di un altro, e non è possibile alternare questi lavori con la scrittura propria.
    Allora bisogna programmare, portarsi avanti con i lavori e tenersi qualche mese per sé, senza altre intromissioni.
    Io poi sono molto lento nella scrittura perché torno molto spesso sulle singole frasi e su ogni parola. Ciò nonostante ho sempre tre o quattro scritture aperte, che alterno. E lì posso, perché è comunque scrittura mia. Se una storia che sto raccontando pretende di fermarsi, l’accontento e passo a un’altra.
    Peccato che a un certo punto torni l’urgenza del lavoro editoriale, che spesso arriva quando non ho ancora terminato nessuna delle scritture in corso.

  156. Ciao Snoopy…eehhmm, Massimo, bentrovato e ciao a tutti.
    Per come la penso io, sia lodato il blocco unico (scrittori e lettori) perché almeno ci consente di riflettere: 1) su quanto stiamo per consegnare alla carta e (ci si spera sempre, no?) ai “posteri” (con buona pace di tutte le editorie tradizionali e online); 2) su quanto stiamo per leggere, e non sembri troppo scontata questa affermazione. Purtroppo, sappiamo tutti quante tonnellate di pagine esistono e sono infamanti, non solo per la buona letteratura, ma pure per il senso comune. Ho dato uno sguardo veloce ai commenti, dal principio, e mi piacerebbe confrontarmi con tanti, però è impossibile. Personalmente credo che sia inutile elargire consigli per superare blocchi vari, funzionano “ad personam” , il lavoro creativo si nutre di piccoli riti che ognuno ricava dalla propria storia e concordo con l’atteggiamento di Enrico Gregori (un bel pò di commenti …sopra), che quando si sente fiacco di idee o di voglia non fa proprio niente. Vive, e aspetta di afferrarle di nuovo. Possibilmente senza consegnarsi all’ansia di far parte dello “scriptorificio” italico. Caro Massimo, spero tu mi permetta di salutare gli esperti Massimo Carlotto e Valerio Evangelisti, a parte che li apprezzo molto, ma hanno raccontato qualcosa, del loro piacere di scrivere, che sento molto vicino. Piccoli riti, manie, alterazioni di frequenza come li si voglia chiamare: pure io prendo la penna “all’ultimo tuffo” quando non devo cercare nessuna ispirazione, perché è venuta già lei nella mia testa. In caso di qualche defaillance, beh…rileggo quanto ho già scritto perché qualcosa da rivedere si trova sempre.
    Ah, l’editoria on line.
    Non so, mi piace la linea tradizionale
    Bon apres-midi a tout le monde
    MAril

  157. Sempre io.
    Avrei una curiosità caro Snoopy: se potessi sapere la data del compleanno e la m isura, sarebbe mio piacere mandarti una bella camicia (celeste???).
    Maril

  158. Gentile Massimo,
    a questo punto della mia vita l’unica cosa che mi desta qualche preoccupazione è il blocco del sistema cardiovascolare.
    Per il resto proprio non saprei che dire.
    Sii felice, per intanto.
    MM

  159. Caro Massimo, proprio di corsa, non riesco a leggere tutti i messaggi, ma dico la mia.
    Il blocco dello scrittore? Lo considero una cosa molto salutare. A volte è necessario non scrivere e domandarsi perché non ci si riesce.
    Se mi capita non ne faccio un dramma. Aspetto che passi.
    Francamente, il decalogo della Attwood mi sembra cosa non interessante. Forse andrà bene per chi è costretto a scrivere e rispettare scadenze. Ma quelli come me, commercialmente ininfluenti, non c’è editore che spinga a farli lavorare. Anzi, ho l’impressione che non scrivendo faccia loro un piacere.
    Insomma, se non scrivo, ho tempo per leggere o per fare altre cose. Tutto sommato non è un male.
    Ciao.
    Filippo

  160. Ce l’ho. Sempre: il blocco dello scrittore. Libro dopo libro. Poesia dopo poesia. Ho la storia, l’immagine, ma all’inizio non ho la parola: mi sembra di non essere all’altezza della pagina bianca; di sporcarla vanamente. E aspetto. Dei mesi a volte. Poi, imprevedibilmente, leggi qualcosa, incontri qualcuno, guardi svagatamente un paesaggio, cucini, o appena sveglia interroghi lo specchio, e scatta -per parafrasare Blanchot- il “cominciamento”. E il precipitare dentro, furiosamente, nella scrittura, in una concentrazione che non ammette fraintendimenti e distrazioni.
    Questo, sistematicamente mi accade, caro Massimo.
    Ma appartengo a una scuola di pensiero -in verità un po’ passatista- che non accetta condizionamenti commerciali, editoriali, tematici, interventi dall’esterno, editor.
    Un abbraccio, Maria

  161. Bella foto. Il blocco del lettore mi capita quando ho troppe rotture di scatole, quando la testa è impegnata in cose noiose e tristi. Non c’è libro che tenga: dopo le prime due righe già penso ai fatti miei. Neanche Topolino o Tex Willer riescono a distrarmi…

  162. Caroooo Massimo. A quanto pare ognuno ha un rapporto personale con la pagina bianca e reagisce in maniera diversa. Una volta un mio amico editore mi disse: “Li vedi quei pacchi di carta che ho appena comprato? Finchè rimangono bianchi costano un sacco di soldi, dopo che qualcuno vi ha scritto sopra non valgono più nulla”.
    Forse qualche blocco in più non sarebbe poi un dramma per l’umanità.
    Come Maurizio Maggiani (grande) alla mia età comincio a temere ben altri blocchi (che capitano sempre più spesso) facendomi rimediare figure meschine. Meglio non entrare nei particolari.

  163. Ciao, Massimo,
    forse perché scrivo poesie, non ho mai questo blocco. Scrivo soltanto quando i versi si fanno presenti, come se si affacciassero alla mente. Ho per questo fogli e penne sparsi dappertutto e quando arriva quella frase, quel seguito che fluisce, lo scrivo subito.
    Poi trascrivo sulla tastiera del pc.
    Quando ciò non avviene non sforzo, mi dedico alla lettura e ad altre forme d’arte.
    Penso però che scrivere un romanzo o un saggio sia diverso, richiede sicuramente un impegno costante. E quindi può capitare il blocco, magari proprio nel momento che la storia presenta diverse possibilità di svolgimento.
    Buona giornata a te e a tutti gli ospiti.

  164. Se arriva il blocco, non c’è niente di meglio che passare ad un altro argomento. Scrivere più libri al contempo è un’ottima terapia. Storna dal blocco e rivivifica lo spirito creativo.
    Buongiorno Massimo… ti sto seguendo da un po’ di tempo.. i miei complimenti… si vede che ci metti l’anima.
    http://blog.biblioiconoteca.it/

  165. scrivere ho bisogno della massima concentrazione, che raggiungo col silenzio e l’isolamento. Se non sono concentrato, non riesco a scrivere. Il mio problema è far durare la concentrazione il tempo di scrivere cinque sei cartelle e poi riprenderla quando serve. Cosa sempre complicata, perché tendo alla distrazione e non ho trovato ancora un cerimoniale propizio per la bisogna. Mi è capitato di far passare quelche mese prima di riprendere la scrittura di un’opera. Diverso il caso se debbo scrivere un articolo o un breve testo divulgativo: mi spiccio in fretta. In ogni caso non penso di avere ricette per superare il blocco dello scrittore, male di cui soffro.

  166. @ Luigi Bernardi
    Grazie per averci raccontato la tua esperienza di scrittore, Luigi.
    E grazie anche per l’ottimo lavoro editoriale che svolgi presso l’editore “Perdisa”. Su Tuttolibri (de “La Stampa”) di oggi ne parla in termini assai lusinghieri Mirella Appiotti.

  167. Grazie anche a te, Maril. Mi dicono che Snoopy non ama particolarmente le camicie e che comunque non indosserebbe mai una camicia celeste perché… troppo inflazionata. :-))

  168. @ Maurizio Maggiani
    Grazie per essere intervenuto con questo commento divertente, Maurizio. Anzi, nella fattispecie il “grazie di cuore” ci sta proprio bene.
    Auguro al sistema cardiovascolare tuo, e di tutti noi, grande fluidità. 😉

  169. @ Filippo Tuena
    Grazie per essere intervenuto, Filippo. Se fossi un editore ti farei pressioni per spingerti a scrivere… te le faccio comunque, da semplice lettore dei tuoi libri… :-))

  170. @ Maria Attanasio
    Grazie anche a te, cara Maria. Ti auguro (e mi auguro) che il “cominciamento” sia sempre generoso con la tua bella scrittura.
    E complimenti per il tuo sito web.

  171. @ Domenico Seminerio
    Grazie anche a te, caro Mimmo. Nel tuo caso il rischio di “blocco” è connesso al livello di concentrazione (che i “ritmi” della vita di oggi, peraltro, fanno tutt’altro che favorire).

  172. Snoopy… l’eterno bloccato! Non è mai riuscito ad andare più in là del suo incipit: chissà quale sarebbe il medoto giusto per sbloccarsi…

  173. Ricordo di aver avuto un serio blocco dopo l’uscita del mio primo libro, “Navigazioni di Circe”. Era andato tutto così bene e in modo superiore alle mie aspettative che mi sembrava potesse bastare per il resto dei miei giorni. Ma l’editore chiedeva un altro libro e io non avevo nemmeno mezza idea. Cominciai a stare veramente male. Come ne uscii? Mi aiutò il poeta Andrea Zanzotto. Mi disse semplicemente: «Resta in ascolto» e indicò con un gesto magico l’aria che ci circondava e poi fece il segno del silenzio avvicinando l’indice al naso e dicendo: «Sssst». Mi fece capire che dovevo smettere di preoccuparmi delle attese degli altri, del successo o cose del genere. Dovevo invece restare in ascolto di me stessa e della mia interiorità. Da lì scaturiscono le storie quando viene il momento, quando è veramente necessario raccontarle. Se no, è meglio tacerle.

  174. Massimo carissimo, vedo solo ora, tra voli aerei da panama city e esperienze di vita non del tutto comode, questo post…
    Ecco, potrei dirti / con una battuta/ che per uno scrittore il viaggio in mondi esotici / vissuti da avventurieri e non da turisti/ aiuta a costruire tracce, memorie, ombre, di storia (o storie) riempiendo una sorta di cassaforte magica da cui attingere, tra verita’ e menzogna romanzesca, una volta soli davanti alla famosa pagina bianca. Perche’, come disse Antonio Machado, (e cito a memoria, scusandomi per le eventuali inesattezze) ”Caminante non hay cammino, il camino se hace al andar.

  175. @ Davide Barilli
    Caro Davide,
    grazie anche a te per essere riuscitoa intervenire. Sono certo che questo tuo nuovo viaggio ti fornirà spunti preziosi per nuove storie.

  176. …due giorni fa avevo scritto: “Se arriva il blocco, non c’è niente di meglio che passare ad un altro argomento. Scrivere più libri al contempo è un’ottima terapia. Storna dal blocco e rivivifica lo spirito creativo.”

    Aggiungo: …e comunque, all’interno della narrazione si può invece, modificare il blocco e superarlo 1) aggiungendo o introducendo un personaggio nuovo; 2) guardandosi intorno nel luogo narrativo dove ci si è fermati per scoprire quali possibilità di sbocco ci siano (siamo dentro il paesaggio? che cosa vediamo, sentiamo, e i profumi?); 3) stimolare alla regressione i personaggi nel senso che i personaggi raccontano la storia all’indietro (forse ci è sfuggita una delle pulsioni primarie originali che vivevano all’inizio e, durante lo sviluppo narrativo, l’amnesia non ci permette di continuare perchè abbiamo sottintesa la pulsione – rimossa – così bene che all’empasse non ne siamo consapevoli.

    Grazie a te, Massimo, per il bellissimo spazio
    Anto

  177. Grazie mille a te, cara Antonella. Guarda che, ormai, ti considero letteratitudiniana (difficilissimo da pronunciare) acquisita.
    Ti aspetto anche nei nuovi dibattiti…
    😉

  178. Del decalogo della Atwood faccio miei i punti uno e dieci: farsi un piccolo regalo (anche medio) e fare qualcosa con le mani, i piedi, comunque non con la testa sono due antidoti straordinari. Giocare a cambiare i tempi a freddo mi sembra più complicato e improbabile: può capitare di aver sbagliato il punto di vista, ma mutarlo è una cosa che va pensata, non tentata. In genere comunque non soffro di questo morbo tremendo che è l’orrore della pagina bianca o non abbastanza nera: dieci anni di giornalismo nei quotidiani mi hanno addestrato a usare al meglio il poco tempo che ho per scrivere e non lo butto certo fissando lo schermo. Piuttosto spengo e leggo. Ma se sono impegnata su una storia vado sempre avanti, anche se in modo non regolare, a volte dieci righe a volte dieci pagine. Può capitare che passi qualche giorno, anche qualche settimana senza scrivere, ma il lavoro continua dentro la testa, e anzi, questi tratti di passaggio sono importanti quanto l’atto fisico di digitare sulla tastiera. Tra gli autori che hanno risposto a Salis io sto con Mozzi: ci sono tante cose da fare là fuori, e i libri sono frutti per molti versi imprevedibili che maturano a tempo debito, che è sempre anche il tempo giusto. Quanto al blocco della lettura, grazie al cielo non mi è mai capitato di sperimentarlo: sarebbe un ben triste giorno, quello in cui non trovassi attorno a me nemmeno un libro da scoprire. In casa ci sono sempre almeno una decina di acquisti recenti che aspettano solo di essere aperti. E semmai, comunque, si può sempre rileggere.
    Un saluto a tutti.
    b

  179. @ Beatrice Masini
    Cara Beatrice, grazie di cuore per essere intervenuta.
    Mi permetto di evidenziare questo passaggio del tuo commento: dieci anni di giornalismo nei quotidiani mi hanno addestrato a usare al meglio il poco tempo che ho per scrivere e non lo butto certo fissando lo schermo. Piuttosto spengo e leggo. Ma se sono impegnata su una storia vado sempre avanti, anche se in modo non regolare, a volte dieci righe a volte dieci pagine.

  180. caro Massimo, vivo più di blocchi che di scrittura. Faccio fatica a essere costante, disciplinato. Aspetto. Le cose che ho scritto vengono fuori forse più da questi lunghi blocchi che dalle ore passate al computer. Posso dire, per il lavoro di questi mesi, che c’è stato un blocco lunghissimo: un’estate e oltre di domande, dubbi, piccole angosce. Come se le parole avessero indetto uno sciopero e non fossero disposte a interromperlo. Cos’era accaduto? La storia sembrava girare a vuoto, senza più necessità. E un po’ è stata – pensa – una storia d’amore che cominciava a chiarirmi quanto fossi fuori strada. Però nei blocchi succedono cose più interessanti che nelle mattinate spese a scrivere, forse. Succede che viaggi, ti guardi intorno. Leggi. E pensi a come sono belli i libri non scritti. “E tu sai come mi costi infrangere questo patto segreto con me stesso e rendere scritte e visibili, e dunque presenti, parole che esistevano solo aeree, leggere, alate e imprendibili, e libere di essere non essendo, proprio come il pensiero. E come diventano perentorie qui sulla carta, e quasi volgari, e grasse, con l’irrimediabile arroganza delle cose che sono.” (Antonio Tabucchi, Si sta facendo sempre più tardi). Dice il personaggio, in questo racconto di Tabucchi, a proposito di un proprio libro: “A non scriverlo ci impiegai quattro mesi esatti, da maggio ad agosto, per la verità avrei potuto non scriverlo anche prima, se avessi avuto più tempo a disposizione, ma le mie giornate, allora, erano occupate con tutt’altre cose, purtroppo”.

  181. Il blocco dello scrittore?
    Sì, mi è capitato tante volte. Non c’è un solo rimedio. Dipende. Se il blocco è quello della prima pagina, allora butto giù un incipit (il primo che mi viene in testa, purché abbia una sua risonanza), con cui fare i conti per avvicinarmi progressivamente alla soluzione che desidero attraverso aggiustamenti vari e lenti. Qualche volta funziona, ma non sempre, però trovo utile avere una piccola traccia su cui lavorare. Un’altra possibilità di sblocco, ma più spesso a lavoro in corso, è quello di assecondare una musica interiore non ancora messa a fuoco, leggendo una pagina del mio libro preferito, i Malavoglia, che per me agisce un po’ come una sorta di Mistermuscolo, di stralavandino. La cosa, qualche volta, ha lo stesso effetto con altri libri che mi piacciono, più spesso con testi poetici. Copiare può essere un buon metodo, cioè trascrivere una frase che ti piace da un libro amato, e aggiustarla via via per poi abbandonarla completamente. A me capita così. Se ho altre idee, mi faccio vivo di nuovo.
    Ciao
    Paolo

  182. solo un’esperienza, durissima, quella della pagina bianca, negli anni 90.
    mi alzavo, mi sedevo alla scrivania ( andavo ancora a penna ) e guardavo la pagina bianca. i primi due giorni una frase e poi piú nulla, una settimana intera a guardare il bianco e a pensare che nulla era adatto a romperlo, l’autocensura che non mi permetteva neppure di pensare perché neanche i pensieri erano degni di essere creati per eventualmente trasportarli altrove. poi dopo quella settimana, come un animale che esce dalla tana guardingo… ora scrivo anche troppo, e quello della pagina bianca mi sembra un altro animale, geologicamente altro.

  183. @ Paolo Di Stefano
    Caro Paolo, grazie anche a te. E grazie per i suggerimenti.
    Questa frase – “i Malavoglia, per me agisce un po’ come una sorta di Mistermuscolo, di stralavandino” – mi fa fatto sorridere di gusto. :-))

  184. Quando comincio a scrivere ho già tutto molto chiaro nella testa, altrimenti non provo neanche a scrivere.
    Il blocco del lettore, invece, è una brutta bestia. E non quello riferito a un singolo libro, quello non è un blocco ma una mera questione di gusti o stati d’animo. Il blocco vero e proprio è quello di cui non ti accorgi se non dopo anni: inizialmente capisci che hai solo sfogliato libri e non hai trattenuto granché, poi finisci per ridurre le letture un po’ alla volta. Infine fai digiuno e ti rimane solo una specie di saudade della lettura, in attesa di tempi migliori. Sai che staresti meglio leggendo, i libri che fanno per te ci sono, sei tu a non esserci. Non so proprio come se ne esce, non in tempi brevi. La strada è lunga e faticosa.

  185. Un caro saluto a Paolo Di Paolo… ce la farai, dai!
    🙂
    Che bella la citazione di Tabucchi… c’è un’eleganza e un pudore nobile nel non dire.
    Paolo Di Stefano: che piacere ritrovarla qui… “I Malavoglia” sono l’epos dei siciliani e della narrazione nostrana, dalla nenia e dal ritmo inconfondibili. Spero che le facciano da Mister Muscolo per sempre!

  186. Mi aggrego in ritardo, in quanto impegnato su altro forum, cioè quello vampirico. Mai sofferto in vita mia di “blocco dello scrittore” detto anche “sindrome della pagina bianca”, bensì di problema opposto: inflazione di idee che litigano sulla pagina, il che mi ha spinto a infinite ripuliture della pagina stessa. Un grande musicista jazz ha detto: il problema non sono le note, né il loro numero, ma le pause tra nota e nota, cioè il ritmo dei silenzi. Un famoso fumettista ha detto dal canto suo: il problema non sono le vignette, ma le cesure tra vignetta e vignetta. In epoca di iper-scrittura, in cui dilagano tra l’altro scrittori non-leggenti, la pagina bianca non è una malattia, è un antidoto.

  187. Massimo Maugeri mi scuserà se partecipo a questa discussione in gravissimo e colpevole ritardo. Tuttavia E.M. Forster diceva che la storia è in movimento, mentre l’arte è immobile. Quindi i dibattiti ineteressanti hanno il diritto e la bellezza di protrarsi in un non-tempo affascinante. Non ho mai sofferto del blocco dello scrittore. Parafraso Conrad dicendo che io “scrivo” anche quando guardo fuori dalla finestra. Mettere le idee sulla carta è per me solo un lavoro finale. La trama la devo avere tutta in testa prima. Interessantissimo è invece il blocco del lettore. Ne ho sofferto spesso (ne sto soffrendo anche in questo momento). Non ne ho mai compreso le ragioni. Forse overdose da parola scritta. Una cosa interessante che ho sempre notato (forse incipiente invecchiamento cerebrale? Forse rifiuto psicanalitico? Non saprei dire) è la presenza nella mia vita di alcuni libri che ho letto, ma dei quali non ricordo assolutamente nulla. Un esempio? Il buon soldato di Ford Madox Ford. Forse dovrei entrare in analisi.

  188. Eccomi qua ,molto in ritardo, e dopo lunga assenza principalmente da me stessa, a mandare un saluto a Massimo e a Letteratitudine, sperando che queste mie poche parole possano riconciliarmi con la scrittura.Perchè dopo essere stata salvata fin da tempi lontani(dalla mia adolescenza) e forse da prima, mi sento addosso una sorta di irrealtà che mi accompagna , perchè sono lontana dalla scrittura. Ma poichè di amore si tratta( per la scrittura) so con certezza che questo non avrà fine e che sicuramente,mi ritroverò con i miei amati fogli bianchi e la mia penna(perchè cosi’ voglio riprendere a scrivere) Ho sperimentato in questo periodo di assenza da me stessa un modo particolare di rivolgermi alla scrittura che trovo nel post di Angelo Ricci” parafrasando Conrad che si scrive anche guardando dalla finestra”. Cosi’ ho scritto,pensando di essere diventata pazza:accompagnando la mia quotidianità con la scrittura dell’immaginario….
    Grazia Nobile

  189. Il blocco delo scrittore… non mi sento una scrittrice, però credo che una storia vada ascoltata, aspettata e non cercata. Certo, immagino che chi ha la fortuna di essere pubblicato e magari ha il fiato di un editore sul collo, abbia anche la sfortuna di non poter aspettare! Pro e contro…
    Comunque credo nell’ammonimento di Bukoski “don’t try”.
    I motivi? Forse è che le storie hanno una loro vita completamente indipendente dalle nostre menti e dalle nostre penne. Sono come figli: le mettiamo al mondo ma poi vanno per la loro strada. Ci son giorni in cui non spiccicano parola, e giorni in cui ti riempiono la testa di racconti. Non credo ci siano rimedi, a parte l’attesa.
    Il blocco del lettore. Qui mi sento più a mio agio perché lettrice lo sono e mi ci sento. E di questo blocco ho patito di recente. Come ha scritto anche qualcun altro a mettere a k.o. un buon lettore credo siano le preoccupazioni quotidiane… anche in questo caso non credo sia il caso di forzarsi a leggere qualcosa, ma aspettare che arrivino tempi migliori…

  190. Il “blocco dello scrittore” è ciò che caratterizza lo scrittore vero da quello estemporaneo, allo stesso modo di come un blocco intestinale dice che l’intestino c’è, si tratta solo di liberarlo. Che credete, persino il Padreterno ce l’ha avuto il blocco. Quando creò l’universo iniziò malaccio, con un pianetuncolo che gli si infestò subito di pidocchietti antibiotico-resistenti. All’inizio si sentì frustrato e, per guarire, le provò tutte: pestilenze, cavallette, morti di primogeniti, arrivò persino ad allagare tutto, ma niente. Quelli resistevano imperterriti. La Sua frustrazione si trasformò presto in scoraggiamento, poi in rabbia che lo indusse a suggerire la manipolazione dell’atomo ad alcuni biechi figuri, ghignando all’eventualità del quasi certo e disastroso epilogo. Non successe molto più di una manciata di botti che a Lui, da dov’era Lui, parvero un trick track di capodanno. Alla fine desistette e abbandonò quel sistema stellare in un cassetto cosmico di risulta. In fondo, anche Dio qualche cagata l’ha scritta, ma non ne ha fatto certo una tragedia anzi, quel fallimento gli ha permesso di continuare il Suo lavoro, migliorandolo di brutto. È per questo che noi umani siamo gli unici esseri benpensanti dell’universo intero, e che non ne sono stati impastati altri.

  191. In realtà il blocco dello scrittore è analogo all’intervallo infinitesimale che distanzia la potenza dall’atto; è simile ai blocchi di partenza sui quali i piedi di un centometrista incantano i tendini impedendo una partenza anticipata da squalifica. Il blocco è la benedizione dello scrivere, perché costituisce l’unica prova della consistenza di una vita che anela a sperimentare, prima di dover appoggiare affermazioni non sostenibili. Il blocco l’ha avuto persino il Cristo sulla croce, quando si lasciò scappare quel “Padre, perché mi hai abbandonato?”, ma la risposta del Padre non si fece attendere. Ringraziamolo questo benedetto blocco, perché senza la sua presenza ci convinceremmo di essere degli scrittori divini.

  192. Il blocco del lettore è, poco sorprendentemente, antagonista a quello dello scrittore, e inizia quando l’altro finisce, altrimenti non sarebbe più un blocco, ma solo una pausa. Mentre il blocco dello scrittore assomiglia al motore di un camion che non è più collegato al serbatoio di carburante, quello del lettore sta nel capo reclinato del camionista, addormentato alla guida del mezzo che, obbedendo alla retta della stupidità, non considera la possibilità di curvare quando gli è offerta dalla strada.

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