IN MEMORIA DI PAOLO BORSELLINO
Il 19 luglio del 1992, moriva Paolo Borsellino. Dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, si era recato insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove viveva sua madre.
Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell’abitazione, con circa 100 kg di esplosivo a bordo, deflagrò al passaggio del giudice, uccidendo anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, ferito mentre parcheggiava uno dei veicoli della scorta.
In memoria e onore di Paolo Borsellino – eroe italiano e vittima della mafia – dedichiamo questo spazio di Letteratitudine, rimettendo in primo piano questo post pubblicato originariamente nel 2010 e dedicato alla sua figura.
All’interno del post, in cui ragionavamo anche sul senso e sul valore della memoria, c’è un bel racconto della scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono.
Massimo Maugeri
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FUOCHI D’ARTIFICIO
I pochi gesti che compio stamattina non hanno niente a che fare col buio. Sono gesti intagliati in un sole che assorbe tutto.
Apro il balcone mentre alle mie spalle lei dorme ancora. Conosco la piega che prende il lenzuolo tra i due seni, l’arsura che le si incolla sulle gambe e le fa spostare il ginocchio in su. Non ha mai saputo che la osservo per ore mentre dorme, e neanche i miei figli lo sanno, perché il sonno è un segreto che può violare solo chi ama, ma di nascosto, senza farsene accorgere. Sarebbe come rubare l’anima mentre si acquatta e impigrisce, e io non ho mai saputo sottrarre niente a nessuno. Non ora, poi, che la notte è un nemico che mi inchioda solo poche ore, e insiste a trasformarsi in una veglia perpetua e piangente, che consumo bevendo caffè, lucidando i ricordi e assestando gli ultimi colpi a queste carte.
Nei primi tempi le impilavo ovunque, in spiaggia, tra le sdraio che lei ha sempre voluto di fronte, a specchio, per guardarmi lavorare. E in bagno, dove lasciavo che la sigaretta mi pencolasse consumandosi da sola, sbriciolando cenere e saliva. Poi, col tempo, ho preso a selezionare. Pochi documenti, scelti col fiuto di un presentimento.
Ma questa mattina non cederò ai presentimenti. Scenderò in mare con la barca. Slitterò piano sulle onde.
Il giornale lo comprerò prima. All’edicola sotto casa, da solo.
Non voglio che i ragazzi mi accompagnino. Fa caldo, ed è una bella domenica. Che stiano a letto ancora un’ora.
Citofoneranno alle nove, come al solito. E come al solito vedrò avvitarsi sulla mia ombra la loro, tesa come un legaccio.
Li osservo cingermi a cerchio, fare scudo sul niente.
La calma ci fa paura più di ogni altra cosa, più del traffico che esplode a mezzogiorno, o più dell’autostrada che cuoce imbrumandosi di un odore greve, di spazzatura.
A volte ne ridiamo. Fingiamo di essere sulla volante solo per gioco, o per una vacanza, dice qualcuno. E se la sirena urge sul cielo, ci cantiamo sopra, azzardiamo una barzelletta.
Siamo bravi a distrarre la morte.
Giovanni ci sapeva fare più di ogni altro. Non faceva scongiuri ma sosteneva con una punta di orgoglio che nessuno, ormai, muore così. Coi fuochi d’artificio che bombardano l’aria. E intanto accarezzava la borsa porta documenti, faceva schioccare la serratura con due dita. Salta in un secondo, diceva. Ma non rideva più.
La barca è pronta. Solo un giro nel porto ho detto, ma seguendo i gabbiani che si inarcano verso gli scogli. Voglio vederli planare.
Intanto a casa le melanzane friggono sull’olio. Lei sa rosolarle perfettamente, lasciando che la crosta che le circonda crocchi tra le labbra. Mi ama silenziosamente questa donna china sulla padella, che non chiede niente se non vedermi tornare.
La cingo da dietro e le bacio la nuca, i resti delle melanzane ancora tra i denti.
Vado a riposare, le dico, e nel sorriso che adesso copre coi capelli, leggo tutti questi anni. Ti sveglio alle quattro, risponde. E io sussulto. E’ come se contasse alla rovescia.
L’ultimo abbraccio glielo do sull’uscio di casa. I ragazzi già mi aspettano con la portiera aperta, le pistole d’ordinanza sotto le camicie estive.
Bacio di fretta anche i miei figli perché ultimamente so che il tempo è spigoloso, tende trappole e salta segnali.
E poi. Mia madre mi aspetta. Avrà messo la vestina nera, come la chiama lei. Le calze, anche se è luglio.
L’agente scelto mi dice: aspetti dottore, lei rimanga qui che citofono io.
Mia madre è pronta già da mezz’ora, e posso quasi vederla rispondere sì scendo, tremare un poco sulle gambe, sovrapporsi al viso di mia moglie, e dei miei figli, i loro occhi che inondano adesso questa macchina, le melanzane che ballano sull’olio, la barca che pedina gabbiani.
Allora è vero, era un conto alla rovescia, anche se non è come immaginavo, non è un boato, piuttosto un respiro lungo a scuoterci, e lapilli che infestano l’aria, e poi i balconi delle case, e l’agente scelto che viene spinto in avanti, mentre di tutto quello che credevo di ricordare non resta che questa stanchezza forse un po’ perplessa e triste, nomi, una data, un luogo, fuochi d’artificio, come diceva Giovanni.
Via D’Amelio, 19 Luglio 1992. Paolo Borsellino.
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Cari amici,
come ho già scritto sul post, altre volte abbiamo sfiorato il tema della “memoria”.
In questo “spazio” vorrei riaprire la discussione approfittando di una ricorrenza di cui, per il momento, preferisco non dire nulla per non rovinare lettura del contributo che seguirà questa mia breve introduzione.
“Memoria”, dunque… da intendersi più che altro come “memoria collettiva” (finalizzata alla acquisizione di maggiore consapevolezza e coscienza civile).
Seguono alcune domande formulate con l’intento di stimolare la discussione…
Che rapporto c’è tra trascorrere del tempo e consapevolezza?
Il tempo acuisce la capacità di imparare dal passato o diluisce i suoi insegnamenti?
Può l’arte essere una risposta?
Può la letteratura, che è anche memoria, elaborare il passato per creare una consapevolezza “eternata”, duratura?
Siete d’accordo con le seguenti citazioni?
a) “Noi siamo il nostro passato” [di Henri Bergson]
b) “Siamo voce, siamo vene, arterie, vasi linfatici, caverne polmonari, velenosa bile, laborioso fegato, paziente cuore (…). Siamo tutto questo, e con tutto attraversiamo il tempo, che ci maltratta, ci prende a schiaffi e qualche volta ci concede una carezza o la forza di sorridere, ma ben più spesso la consapevolezza dell’estrema vicinanza a una soglia che ci divide da ciò che non riavremo più e da ciò che non saremo mai”. [di Antonio Tabucchi]
Vi sentite più vicini al pensiero di Bergson o a quello di Tabucchi?
Siete a conoscenza di altre citazioni sulla “memoria” da proporre come contributo a questa discussione?
Il “contributo” che trovate sul post è stato predisposto, dietro mia richiesta, dalla scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono.
Ne approfitto sin da subito per ringraziarla.
(Grazie, Simo… davvero eccezionale).
Simona (compatibilmente ai suoi impegni) mi darà una mano ad animare e a moderare la discussione (che rientra nell’ambito della rubrica da lei curata “Letteratura è diritto, letteratura è vita“.
Qualche riferimento al concetto di “memoria collettiva”…
Secondo la definizione dello storico Pierre Nora, la memoria collettiva è “il ricordo, o l’insieme dei ricordi, più meno consci, di un’esperienza vissuta o mitizzata da una collettività vivente della cui identità fa parte integrante il sentimento del passato”.
–
Pierre Nora, «Mémoire collective», in Jacques Le Goff (curatore). La nouvelle histoire, Paris: Retz, 1978, p. 398
Il termine «memoria collettiva» fu coniato negli anni venti del Novecento da Maurice Halbwachs in contrapposizione al concetto di memoria individuale.
–
Maurice Halbwachs, “I quadri sociali della memoria”, 1925
Per stasera temo che dovrò chiudere qui…
Auguro a tutti voi una splendida domenica sera e un buon inizio settimana.
Bellissimo il post e l’articolo di Simona Lo Iacono.
Per quanto riguarda la memoria sono d’accordo con la citazione di Henri Bergson: siamo il nostro passato.
E infatti quando perdiamo la memoria di noi stessi, di ciò che è accaduto e di ciò che siamo stati siamo ben poca cosa.
Il tempo, poi, è uno strano elemento. Può acuire la capacità di imparare dal passato o può diluire i suoi insegnamenti.
Ma forse il problema non è il tempo, ma come noi ci rapportiamo ad esso.
E penso che l’arte e la letteratura possano contribuire a formare memoria e consapevolezza, anche nell’ottica della crescita della coscienza civile.
Grazie ancora e buona estate a voi.
Il racconto di Simona è struggente, dolcissimo, tanto che in una prima lettura veloce pensavo l’avesse scritto davvero Paolo Borsellino prima di morire. Che dire? In questo giorno che la memoria viene profanata. L’eterna lotta tra il Bene e il Male non si risolverà mai. E gli uomini giusti continueranno a cadere per le cause di tutti. I peggiori a imperversare. Credo sia normale che tutto ciò avvenga, fa parte della natura umana. Se no non ci sarebbe stata data capacità di discernimento. I più avidi, i più spietati continueranno ad occupare le poltrone del potere e a utilizzarlo per il loro beneficio personale, per le ricchezze effimere di questa terra. E più saranno ebbri del loro potere, più diverranno ciechi, più si allontaneranno dal piacere di gustare i piccoli sapori della vita. L’altro giorno ho fatto una passeggiata a Pantalica, c’era un caldo torrido, poi sono andato a dissetarmi ad una sorgente. Mai acqua mi è sembrata più benefica. Dissetarsi alla sorgente è una fortuna che ben pochi possono permettersi. Non ci sono vini pregiati che reggano il paragone. Questi sono i piccoli piaceri della vita. La memoria è labile, gli uomini continuano a commettere gli stessi errori ed orrori. Dopo lo sterminio degli ebrei le guerre sono continuate, in Jugoslavia i vicini di casa si sterminavano per una assurda guerra di etnie, poi ce ne sono state altre ed altre ancora. Gli uomini di intelletto creano cose belle attraverso le loro opere, sensibilizzano le coscienze, ma ben pochi sono in grado di recepire, la stragrande maggioranza preferisce lasciarsi ipnotizzare dai ciarlatani di turno attraverso quel sonnifero per le masse che è diventata la televisione.
Sono d’accordo con Bergson, in una visione della vita assai pragmatica. Noi siamo il nostro passato e mentre lo diciamo già accumuliamo un mattone del nostro vissuto. Se non fosse così, se non avessimo la memoria di ciò che siamo stati, brancoleremmo nel buio, inconsapevoli di dove siamo e di dove andremo. Del resto, per chi ha letto i miei libri questa mia opinione non sarà certamente una sorpresa ed il male dell’attuale umanità sta proprio nell’ignoranza del suo passato. Che sia bello, che sia brutto, siamo noi e la consapevolezza di ciò che abbiamo fatto, oltre a testimoniare che esistiamo, può consentirci di procedere con logica verso il futuro.
“Che rapporto c’è tra trascorrere del tempo e consapevolezza?”
Il tempo, così come frazionato, è un’invenzione umana e del suo scorrere siamo consapevoli solo quando guardiano l’orologio, quando il sole tramonta, quando, guardandoci allo specchio, ci accorgiamo che nel nostro viso ci sono segni indubbi che il ciclo della vita prosegue inarrestabile.
“Il tempo acuisce la capacità di imparare dal passato o diluisce i suoi insegnamenti?”
Dipende, da individuo a individuo e da società a società. Il grande benessere e la grande povertà, cioè chi ha la convinzione che anche il futuro sia prospero e chi invece sa di non avere futuro, hanno imparato poco e quel poco è subito dimenticato.
“Può l’arte essere una risposta?”
No, perchè l’arte non è mai una risposta, ma una domanda.
“Può la letteratura, che è anche memoria, elaborare il passato per creare una consapevolezza “eternata”, duratura?”
La letteratura può aiutare a ricordare e quindi a rendere consapevoli del trascorrere del tempo, ma questo vale fino a quando le opere sono letterarie e non la spazzatura in cui sovente oggi ci si imbatte.
Massimo ho di nuovo il collegamento via ADSL!
@Montagnoli.
Ci stavamo domandando che fine avessi fatto.
Pensavamo ti avessero portato in qualche casa di cura per anziani
@Salvo: prima l’assenza dell’ADSL, poi il caldo afoso mi hanno obbligato a stare lontano. Ma ora ci sono e non raccolgo la battuta: si è un po’ rinfrescato ed è inutile scaldarsi…
Caro Massi,
grazie per la meravigliosa opportunità che mi hai dato di dare voce alla memoria.
Credo che l’arte non solo recuperi la memoria ma abbia anche una funzione attualizzante dell’esperienza passata. Credo cioè che solo attraverso l’arte la memoria potenzi l’esperienza. E che riviva, si riannodi alla carne, al respiro, al corpo di chi ci ha preceduto. Che ci faccia sentire che il sangue risale nelle vene, che ripercorre ogni nostra cavità puntando al cuore. Dritta. Fiocinante. Fino a farci provare dolore.
E’ solo col dolore, infatti, che si crea consapevolezza.
Un abbraccio serale a tutti e un pensiero di puro dolore in questa veglia tra il 18 e il 19 Luglio.
@Salvuccio, Renzo…un bacio.
Ciao a tutti ed un saluto particolare a Massimo Maugeri.
L’opera di Simona sembra veramente scritta da Paolo Borsellino
(come dice Salvo Zappulla).
Non potrò più pensare a quell’evento senza collegarlo a “fuochi d’artificio”,
perchè la lettura di quei gesti banali della quotidianità mi ha consentito
di percepire consapevolmente l’uomo e tutto quel dolore.
Grazie Simona.
Carissimo Massimo mi sento di voler rispondere agli interrogativi
di questa discussione, seppure già risolti dagli altri intervenuti, perchè ne sono
sempre stato coinvolto e perchè -vedi il caso!- anche poco prima
di leggerti, rumorosi, affollavano le mie orecchie.
Condivido quanto detto dagli altri, ma mi concedo la libertà di aggiungere
il seguente ragionamento.
Da un punto di vista diretto, in misura proporzionale alla consapevolezza
che riusciamo ad avere di noi stessi, noi siamo “il nostro passato”.
La risposta non è più così semplice, però, quando questa consapevolezza manca o non è affatto precisa e, magari (e per semplificare), ci ritroviamo da qualche parte, in qualche tempo, e pensiamo di essere li grazie al destino, o per sua colpa; pur sempre e solo con l’unica preoccupazione di salvaguardarci, di tenere per noi, di essere ciò che pensiamo o vogliamo.
Si, certo, oggettivamente tutti siamo “il nostro passato”, anche se inconsapevolmente.
Ma questo essere inconsapevole come può far si che siamo pienamente ciò che siamo
se non ne abbiamo coscienza.
E’ dunque logico dedurre, piuttosto, che “Siamo voce, siamo vene, arterie, vasi linfatici, caverne polmonari, velenosa bile, laborioso fegato, paziente cuore (…). Siamo tutto questo, e con tutto attraversiamo il tempo, che ci maltratta, ci prende a schiaffi e qualche volta ci concede una carezza o la forza di sorridere, ma ben più spesso la consapevolezza dell’estrema vicinanza a una soglia che ci divide da ciò che non riavremo più e da ciò che non saremo mai”.
Ciò è vero e lo è ancor più quando spostiamo l’osservazione di noi, affidandola ad altri.
Le cose così, ovviamente, peggiorano.
Come può il resto del mondo capire chi siamo, se noi stessi il più delle volte non ne abbiamo
consapevolezza alcuna?
Rare volte siamo vermaente riconosciuti.
Riepilogando:
1.ciascuno di noi ha un’idea di se stesso (giusta o sbagliata che sia), pur sempre mutevole, o perfettibile.
2.Per il resto del mondo siamo, labilmente, ciò che ciascun individuo che entra in contatto con noi crede di capire o sapere di noi; e questa opinione può cambiare da soggetto a soggetto, o anche nello stesso soggetto da momento a momento.
Chi siamo, dunque, se non l’espressione plurima di come ci vediamo o ci vedono, moltiplicata per la sua mutabilità, come efficacemente chiarisce Antonio Tabucchi.
Per dirla con mie parole, così di certo “non siamo”.
Ricordare i grandi, però, certamente è farli esistere,
perchè loro si “sono”.
E sono ancora attraverso la memoria, la consapevolezza e la coscienza civile.
Concludo con un mio breve scritto attinente.
OSSESSIONE
Om
Et creavit Deus hominem ad imaginem suam!
Sono stato sempre ossessionato dalla possibilità di uscire dal mio corpo,
senza limiti, ne misure.
Per volare alto nei cieli, privo d’ali, proprio niente.
Senza biglietto d’aereo.
Mi hanno detto che alla fine di ottobre è possibile far questo, uscire dal proprio corpo,
basta un amuleto.
Un amuleto per volare, libero nel cielo come non sono stato mai.
Senza limiti, sentirmi l’Universo sulla pelle, esserne contenuto e contenerlo.
(6 ottobre 1996)
Buona notte a tutti.
Il racconto di Simona é struggente. Sono ancora colpita dalle immagini che , come un film, mi ha fatto scorrere nello spazio visivo interno. Mi suggerisce subito una osservazione pertinente alla domanda posta ” può l’arte contribuire….”
Si l’arte può. Basta pensare al potere della parola scritta nel rievocare eventi, descriverli, esplicitare significati.
La memoria collettiva. Certo si potenzia attraverso l’arte. letteratura o arti visive. e le citazioni proposte portano a fare considerazioni sul tempo, Tabucchi o Bergson? Entrambi perchè il tempo ha una dimensione complessa e mutevole che non si lascia afferrare. E la memoria poi, a mio avviso , ha una valenza molto soggettiva e si carica di meccanismi che affondano nel subconscio.
Sulla coscienza civile invece andrebbe aperto un dibattito che ci porterebbe lontano; credo che solo la cultura, e quindi l’arte..può formare una coscienza civile.
Palermo, mezzo flop marcia ‘agende rosse’. “Su via D’Amelio non tutti vogliono verità”
Cara Simona Lo Iacono,è sempre un piacere leggerti!
La memoria collettiva si perde nel tempo,forse,quella individuale di memoria è poca cosa per alcuni se confrontata con tante altre di maggior spessore e esperienza di vita, esercitate da soggetti privilegiati o soltanto più dotati e preparati a riconsiderare e a trasmettere in parte tutto lo scibile umano:chi produce arte in genere e tutti gli insegnanti di ordine e grado scolastico;fatta salva,comunque, l’onestà intellettuale di entrambi i soggetti chiamati in causa.
E poi in assenza di valori e di etica, come ai giorni nostri, stiamo rischiando pesantemente anche sul piano di una coscienza civile sia individuale,sia collettiva,manifestata con piena consapevolezza – forse!?
Luca Gallina
P.S. Vi porto tutti nel mio cuore – questa è parte della mia memoria!
post bellissimo. splendido il racconto di simona lo iacono. anche è parso di sentire nelle orecchie la voce di paolo borsellino, mentre leggevo. una vera gemma. bravissima!
riguardo alle domande di massimo penso questo.
la consapevolezza e la coscienza civile vanno coltivate con ogni mezzo, con ogni strumento.
e non credo che possa esserci consapevolezza senza memoria.
e il tempo? acuisce la capacità di imparare dal passato o diluisce i suoi insegnamenti?
bella domanda.
non credo esista una risposta univoca. temo che l’uomo difficilmente impara dal passato. la storia lo dimostra. non a caso si parla di corsi e ricorsi storici.
ma non bisogna scoraggiarsi. e qui entra in gioco l’arte, compreso la scrittura.
l’arte può contribuire a far accrescere la consapevolezza e anche la coscienza civile. può farlo con una forza privilegiata, con la capacità di incidere nell’anima.
il racconto di simona secondo me fa questo.
riguardo alle citazioni, sposerei entrambe.
siamo il nostro passato, ma il tempo ci avvicina a una soglia che ci divide da ciò che non riavremo più e da ciò che non saremo mai.
ciao a tutti.
Davvero toccante il racconto di Simona Lo Iacono.
Mi piace molto anche l’impostazione del post. Proverò a rispondere alle domande più tardi o stasera.
x Massimo Maugeri
Una curiosità sulla scelta dell’immagine del post. Che collegamenti ha con i temi trattati?
@ Simona ti sei rovinata! Un bacio (mezzo a testa) a me e a Salvo…
Salve, ricordava Sciascia in Nero su Nero che il nostro è un paese senza verità e senza memoria! Il bellissimo post di Simona mi induce ad una riflessione: a cosa servono i ricordi vacui, i cerimoniali inutili, le commemorazioni stantie, se la memoria (della vita di Falcone e Borsellino) non riesce a generare – come dimostrano ancora le cronache del nostro tempo – comportamenti leali, onesti e virtuosi? Poi, credo che sì, la letteratura possa essere anche uno strumento di memoria: recupero e conservazione di una storia, di una epopea, di una lingua …
Un saluto a tutti. Emilio Sarli.
Simona, il tuo racconto è emozionante. Bravissima.
Per ora mi limito a questo, poi torno.
Un abbraccio. Anche a Massimo, naturalmente. E un saluto a tutti.
In effetti, Simonuccia, Renzo non ha tutti i torti. Va be’ che c’è crisi, ma uno sforzo in più potevi farlo. Caso mai ne dai uno intero a me quando vengo a Siracusa, poi ci penso io a portare la sua metà a Renzo
@ Salvo: ti sei preso un colpo di sole?
Caro Massi, come sempre la nostra impareggiabile Simona, adotta una penna di fuoco per scalfire le anime ignave e dormienti e non solo…
Lei è davvero il nostro orgoglio! Personalmente prediligo
la citazione di Henri Bergson, mi sembra più calzante.
Segnalerò l’attuale dibattito sul mio blog . Sperando di poter tornare, trascrivo per la nuova stimolante discussione, un bel pensiero di S.S. Papa Benedetto XVI, dal titolo – Senza memoria non c’è futuro:-
“Sì, la memoria storica è veramente una marcia in più nella vita, perché senza memoria non c’è futuro. Una volta si diceva che la storia è maestra di vita! La cultura consumistica attuale tende invece ad appiattire l’uomo sul presente, a fargli perdere il senso del passato, della storia; ma così facendo lo priva anche della capacità di comprendere se stesso, di percepire i problemi, e di costruire il domani”
Un caro saluto a te e agli amici. A presto.
Tessy
Memoria, consapevolezza e coscienza civile su Paperblog
http://it.paperblog.com/memoria-consapevolezza-e-coscienza-civile-61487/
“CI NI VOLI TEMPU…” questa canzone di Vincenzo Spampinato,(nella mia Bacheca oggi, 19 Luglio..) nelle sue semplici strofe esemplica il concetto di tempo, ma è pregnante ed esaustiva…Le immagini corredano e disturbano…emotivamente.
Poca poesia e molta aderenza alla realtà e tuttavia..poesia!
Splendido lo scritto di Simona anch’esso turbante nella sua suggestiva dolcezza.
Grazie a Simona, a Massimo.
Marlene
Il tempo acuisce la capacità di imparare dal passato o diluisce i suoi insegnamenti?
“Il mondo dei vecchi, di tutti i vecchi, è il mondo della memoria… alla fine tu sei quello che ricordi… il pozzo della memoria a un’età come la mia è ormai tanto profondo che non riesco più a giungere sino in fondo, anche perché la luce per illuminarlo è diventata sempre più fioca”. Sono parole di Norberto Bobbio.
E’ vero, il tempo accresce i ricordi, ma soprattutto a me sembra che li selezioni. Forse la memoria è bugiarda proprio perché selettiva. Ma allora lo è anche la storia, quella con la S maiuscola che studiamo sui libri. E la Letteratura.
Un tempo e non molto tempo fa c’era solo questa Storia e questa Letteratura. Oggi c’è anche una memoria collettiva in continuo divenire, così smisurata che diventa impossibile trattenerla dentro i limiti di un cervello umano o dei libri stessi. Non diventerà né Storia né Letteratura, ma non è da liquidare come cosa di poco conto. Anche noi in questo blog ne siamo un frammento. Il toccante “Fuochi d’artificio” di Simona Lo Iacono ne è un frammento. Possiamo raccontare l’esperienza vissuta per condividerla, per “tenerla in memoria” e sottrarla così alla precarietà del ricordo individuale, al buio di un cassetto o alla polvere di uno scaffale. Perché alla fine sopravvive solo quel che diventa patrimonio comune. Il resto è “della stessa materia di cui sono fatti i sogni” e di cui sono fatti gli uomini.
Anna Maspero
Bellissimo racconto (grande Simona!), bellissimo post.
Le domande sono stimolanti, come sempre.
Mi intriga in particolare quella sul tempo: Il tempo acuisce la capacità di imparare dal passato o diluisce i suoi insegnamenti?
E’ davvero difficile rispondere a questa domanda.
Propongo questa citazione: « Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più. »
(Sant’Agostino nelle “Confessioni”.)
…ho un ricordo di aver letto una frase che mi ha molto colpito, mi pare dicesse (non ricordo le parole esatte..) quando dimentichiamo i nostri sbagli siamo condannati a ripeterli (e lo stesso vale per gli errori-orrori della storia) quindi la memoria è indispensabile per non ripetere gli stessi errori.
Quindi non possiamo dimenticare questi orrori, non possiamo far finta di niente, dobbiamo far si che questi ricordi ci spingano a fare qualcosa, a promuovere ben altri comportamenti e non a fare solo vuote commemorazioni.
E l’arte, la letteratura, la pittura, con la loro spendida capacità di toccare il nostro cuore, di far vibrare certe corde intime, di rivivere certe emozioni hanno un grande potere di non cancellare la memoria, da individuale di trasformarla in collettiva. Pensiamo a cosa avremmo dell’Olocausto ora che i protagonisti stanno scomparendo senza Primo Levi, o Anna Franck o film come Schlinder’s List o La vità è bella…..uno sbiadito ricordo su un libro di scuola!!
scusate l’anonimo in realtà non voleva esserlo, mi è scivolata la mano!
Grazie, Simona, per questo racconto sobrio e toccante insieme.
Vorrei regalarvi queste parole che ho ricopiato da GUERRINO IL MESCHINO di Gesualdo Bufalino, libro che l’autore dedica a un mitico paladino. Durante la scrittura del testo, però, accade qualcosa.
CHIUSO PER LUTTO
(23 maggio 1992; 19 luglio 1992)
Basta così, giù il sipario, non me la sento stasera.
Si chiude. Vi rimborso il biglietto.
Lasciamo Guerrino per un bel po’
a sbrogliarsela con le tenebre
sul ciglione dell’abisso.
Gli farà bene vegliare anche lui
in questa Notte d’Ulivi della Sicilia…
Sicilia santa, Sicilia carogna…
Sicilia Giuda, Sicilia Cristo…
Battuta, sputata, inchiodata
palme e piedi a un muro dell’Ucciardone,
fra siepi di sudari in fila
e rose di sangue marcio
e spine di sole e odori,
sull’asfalto, di zolfo e cordite…
Isola leonessa, isola iena…
Cosa di carne d’oro settanta volte lebbrosa…
No, non verrà Guerrino a salvarla
con la sua spada di latta
a cavallo di Macchiabruna…
Nessun angelo trombettiere
nel mezzogiorno del Giudizio
suonerà per la vostra pasqua,
poveri paladini in borghese,
poveri cadaveri eroi,
di cui non oso pronunziare il nome…
Non vi vedremo mai più sorridere
col telefono in una mano
e una sigaretta nell’altra,
spettinati, baffuti, ciarlieri…
Nessuna mano solleverà
la pietra dei vostri sepolcri…
Nessuna schioderà
le bare dalle maniglie di bronzo…
Forse solo la tua, bambino.
Carissimi,grazie infinite per aver letto il mio “Fuochi d’artificio” e grazie per aver rivissuto, con esso, l’ultima giornata di Paolo Borsellino.
Andò proprio così: volle scendere in barca a fare un giro prima che la spiaggia si affollasse. Volle comprare il giornale da solo senza avvertire la scorta, perchè i “suoi” ragazzi potessero riposare almeno la domenica. Volle accompagnare la madre e andarla a prendere personalmente sotto casa. Baciò sua moglie e lei, vedendolo andare con la borsa porta documenti gli disse: sembri Giovanni.
Fece tutto sapendo che il tempo gli forzava addosso i suoi battiti, che la paura che rotolava sulle costole e fra l’arsura dell’assolatissima canicola di luglio non poteva più essere ingannata da alcuna tregua.
Scelse di amare la sua famiglia normalmente, incidendo nella memoria questi gesti, gli ultimi, quelli che sono sopravvissuti a tutto e che – per questo – posso raccontare.
Questo resoconto è il frutto di coloro che sono sopravvissuti, dell’agente che si salvò perchè volle andare a citofonare alla madre di Borsellino e risparmiare al “suo”giudice quella discesa dalla macchina, solitaria e pericolosa. Della moglie che rammentò la sua ultima traversata in barca. Dell’amico che con lui spianò alla chiglia dello scafo una strada, un frammento di pace e ristoro. Un dono, un piccolissimo dono di quiete.
Ecco. Forse la memoria può nutrirsi anche di cose così. Di desideri su appannanti scirocchi, di baci non dati, di addii preannunciati e finanche di melanzane che ballano sull’olio trasudando una quotidianità pronta a spezzarsi, già sulla soglia.
Può nutrirsi dei pensieri su un figlio che dorme, su una donna amata che sa aspettare, su carte impilate malamente e su processi accatastati tra la polvere di fascicoli.
Forse la memoria è questo pietoso resto che non si rassegna a morire.
Salvo e Renzo: due baci (uno per uno) 🙂
E poi bacissimi a : Tessy, Morena, Maria Lucia, Stefania, Vale, Anna, Marlene, Emilio Sarli,Matteo , Laura , Teresa Sinno e al carissimo Pietro Aglianò.
@ Simona: ecco, dato che hai riparato adesso posso dire che il tuo racconto è veramente bello, non enfatizzato – per quanto di motivi ce ne sarebbero – e perciò tremendamente efficace, una stilettata a un’Italia che dorme e si dimentica o vuole dimenticare.
Un vecchio racconta: c’era una volta…
Così la tradizione orale ha cosparso di magia il futuro. Ha acceso speranze, ha fortificato ciò che già era accaduto. Ha permesso salvezza. salvezza dal pericolo delle dittature, dal ripetersi di grandi errori.
c’era una volta un soldato, c’era una volta una fanciulla, c’era una volta un Paese, un Re, un giovane eroe… il passato viene colato in una fusione preziosa, un po’ si attinge dai fatti, un po’ si crea magia di parole.
c’era una volta la guerra, racconta Rigoni Stern e tu da quelle memorie, non permetterai che si ripeta.
La memoria è il corredo necessario per la vita, l’aiuto, la spinta, che possiamo donare ai nostri figli.
Che tutte le piccole Storie dei Grandi Uomini riescano a penetrare per sempre nella memoria rovesciandosi dentro le nostre vite.
Bravissima Simona Lo Iacono.
bravo anche tu, Massimo, per l’importante argomento affrontato.
francesca
Penso a questi uomini che hanno dato la vita, la loro unica vita, per l’alto senso dello Stato che possedevano. E penso a questa Italia dilaniata da un branco di lupi famelici che ormai ha superato qualsiasi decenza. E mi domando se davvero ne valeva la pena. Ci sono nemici dichiarati dello Stato, coloro che scelgono liberamente di porsi dalla parte dell’illegalità, scelgono di fare i mafiosi, i camorristi, i delinquenti. Non accettano di sottostare alle leggi e le infrangono. In qualche modo sono nemici dichiarati con cui intraprendere una lotta. Ma ci sono quelli più subdoli, molto più pericolosi, coloro che si infiltrano tra le istituzioni, si danno una parvenza di onorabilità per minare lo Stato dall’interno, sgretolarlo nella sua credibilità, rendere le cariche che ricoprono semplici maschere carnevalesche. Sono anche i più vili perchè non hanno il coraggio di schierarsi a viso aperto. Tra un politico corrotto e un mafioso penso abbia molta più dignità quest’ultimo.
@Salvo: condivido pienamente.
@Renzo. Grazie fratello, ho sempre saputo che sei un ragazzo intelligente.
grazie simona per il bellissimo scritto, ricordare questa data è ricordare ed immergermi in un pezzo della mia vita, pieno di sogni.
è vero noi siamo il nostro passato, lo portiamo dentro e piano piano si mescola con il nostro presente, e poi ritorna a volte nel nostro futuro. il passato ci da memoria di noi, di come eravamo di quello che volevamo, da soli ed insieme ad altri, ci dà ragione dei nostri sogni, dei nostri valori.
Paolo borsellino, un giudice, questo era per me, un modello cui ispirarmi, prima che diventasse per me un uomo, un uomo di fede, un uomo di giustizia, un uomo di legge, un uomo di famiglia. quando partecipai al convegno delle chiese di italia che si tenne a Palermo qualche anno dopo, la sua morte, conobbi personalmente la moglie, fui ospite della sua parrocchia, conobbi il suo parroco, e visitai il centro dedicato a lui per giovani e minori, e lì in quei luoghi e tra quelle persone sentii il passato che diventava vivo, la morte che era diventata vita, ed aveva forse avuto un senso, sentii il ricordo delle sue parole, la memoria dei suoi discorsi, ed è lì cercai di immaginare la sua vita, di pensare con i suoi pensieri, di sentire ciò che sentiva lui, e di come aveva amato, la moglie i figli, la sua palermo la sua sicilia il suo amico giovanni ed oggi che è il 19 luglio ho rivissuto tra le tue parole tutto questo …. grazie
nicoletta
Molto commovente e ispirato il racconto di Simona. La consapevolezza d’ogni gesto quotidiano. La bellezza. A occhi aperti, quieti e attenti. Fin sulla soglia, un’ulteriore soglia.
Gaetano
Il tempo e la consapevolezza sono alleati in età giovanile, quando tutto è una scoperta e non si vede l’ora di crescere per sapere di più e capire, nemici in vecchiaia quando ci si avvicina alla meta e si vorrebbe tornare indietro per riafferrare quello l’ignoranza di prima, legato ad un’incosciente giovinezza.
Il tempo è un maestro benefico per la mente, un distruttore per il corpo. In questa dicotomia si riassume il dramma di ogni uomo.
Non siamo soltanto il nostro passato, ma un impasto di presente e passato, siamo puntini nell’universo, trascinati dalla sorte alla quale possiamo opporci, limitatamente alla nostra natura mortale e al nostro fragile corpo di carne e sangue.
Nessuna citazione da ricordare, non mi ricordo mai niente da citare, anche se apprezzo molto il valore storico della memoria.
Ho scritto un romanzo in cui un personaggio estemporaneo e non umano, Gabrina, esalta la memoria, spero di riuscire a pubblicarlo, un giorno.
Maria Antonietta
non ho conosciuto personalmente borsellino né falcone. ma ho conosciuto molta gente “nel mirino”. è trascorso parecchio tempo e posso permettermi di fare una piccola rivelazione. sono stato anche io “nel mirino”. casa sotto sorveglianza, familiari e parenti sonno scorta senza che lo sapessero. io non lo avevo detto, per non farli preoccupare. basta. non voglio e non devo aggiungere altro, anche perché detesto essere autoreferenziale. lo dico solo per esternare che, chi vive in una simila condizione, trova più terribile il guardarsi da chi ha vicino che da chi può agire dall’esterno. è una “non vita” che ti fa desiderare di scomparire, soprattutto per non costituire pericolo per gli altri. onore a borsellino e a falcone, e a tanti altri che hanno vissuto una “non vita” fino alla inesorabile morte. grazie simo, grazie massimo.
Bravo Enrico, questa testimonianza ti fa onore.
Consapevolezza: è questa la parola chiave del rapporto col tempo e che tutti noi che qui ci incontriamo conosciamo, abbiamo. La fregatura del mondo è questa, sempre la consapevolezza, che la gran parte di coloro che viaggiano con noi nel tempo non ha. Tutti gli intervenuti hanno usato questo concetto, perché chi legge, chi scrive, deve averlo per forza, per potersi fermare, almeno un attimo, nel flusso costante del tempo, per dare e ricevere qualcosa di duraturo. Chi non legge, non è capace di fermarsi col pensiero, non sa cosa vuol dire consapevolezza e non capisce che siamo solo l’anello di una catena, sempre più fragile perchè gli anelli precedenti, non riconosciuti, si spezzano e spariscono per sempre nel vortice del tempo. Ma la consapevolezza, come il leggere e lo scrivere, si può e si deve insegnare: bisogna ritornare a una scuola e a una società che insegni agli ignoranti, invece di esaltarli, e permetta di rinsaldare la catena che sola ci permette di riconoscerci come anelli e ci dà la soddisfazione di tramandare quanto è costato la fatica e la consapevolezza di tanti come noi. Altrimenti non rimarranno che residui di anelli rotti, inutili.
Caro Massi,
grazie davvero per questa importante occasione di ricordo.
Devo salutarvi tutti e darvi un arrivederci a domani, ringraziandovi infinitamente per i nuovi commenti che ho letto (grazie in modo particolare a Enrico e Nicoletta).
Non ho frasi sulla memoria da postare, caro Massi…oggi è stata una giornata di processi e udienze e non ho avuto il tempo di selezionarne qualcuna. Domani lo farò con piacere. Ma ciò che questa sera mi affiora alle labbra e al cuore è questo:
“Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”.
un bacio di buona notte
Simo
Carissima Simo,
sono io che ringrazio te (e di cuore) per la disponibilità che sempre mostri.
Ti rinnovo i complimenti per il bellissimo racconto e ti auguro di trascorrere una notte serena dopo la stancante (e caliente… considerata la temperatura di questi giorni) giornata di processi e udienze.
Davvero bella, la frase evangelica che proponi.
Un bacio di buonanotte a te.
E grazie mille a tutti gli intervenuti.
@ Renzo Montagnoli
Bentornato!
E in bocca al lupo per il tuo nuovo contratto ADSL. ;-))
Ne approfitto per salutare e ringraziare Anna Maria, Salvo Zappulla, Pietro Aglianò…
E ancora grazie a Teresa Sinno, Laura, Luca Gallina, Matteo, Emilio Sarli…
@ Matteo
Caro Matteo, mi scrivi: “Una curiosità sulla scelta dell’immagine del post. Che collegamenti ha con i temi trattati?”
–
L’immagine riproduce un famoso dipinto di Magritte: “La memoria” o “La mémoire” (1948, 60×50 cm, olio su tela, collezione dello Stato belga).
Ti riporto questa nota…
Si tratta di un’opera nata da una riflessione riguardante la statua, una cosa inanimata che ha sembianze simili a qualcuno che ha vissuto una vita, una storia e una durata nel tempo. In questo modo vediamo che alla testa rappresentata, con occhi chiusi e un lieve sorriso, l’unica cosa che gli resta della vita di un tempo è una macchia di sangue. Alla sua sinistra ci sono una sfera bianca (un sonaglio) e una foglia accartocciata. Questo tema il pittore lo ha riproposto più volte in diverse versioni, ma sempre con la testa in gesso affiancata da altri elementi, quasi a formare una natura morta. In una versione del 1942 la testa è posta su uno sfondo desertico ed è accompagnata sola da un sonaglio, mentre la replica del periodo “in pieno sole” (1945) la pone tra una mela ed un bicchiere d’acqua, su un muro, ciò sembra indicare una posizione precisa assunta dalla statua, tra la vita e la sua assenza.
Proprio tra vita e morte si colloca il percorso della memoria, una persistenza che vive di cose passate, defunte. Altro fatto interessante è la macchia di sangue che potrebbe appartenere al statua stessa, oppure potrebbe non appartenergli… uno schizzo di sangue dovuto a una storia successa e a cui la statua ha assistito silenziosamente. Infine quest’opera è un richiamo all’opera “Canto d’amore” dechirichiano, e riguardo ciò, nel 1938, Magritte disse: “Nel 1910 de Chirico gioca con la bellezza, immagina e realizza ciò che vuole: dipinge il Canto d’amore, in cui si vedono riuniti un guanto da boxe e il viso di una statua antica… E’ una nuova visione, nella quale lo spettatore ritrova il suo isolamento e intende il silenzio del mondo”.
Saluti e ringraziamenti anche a: Morena, M.Teresa Santalucia Scibona (la dolce Tessy), Anna, Marlene, Vale, Stefania, Maria Lucia Riccioli, Francesca Cenerelli, Nicoletta Di Maria, Maria Antonietta Pinna, Gianmario.
Un saluto e un ringraziamento speciali a Enrico Gregori per la sua testimonianza.
Ci sono anche giornalisti che hanno pagato con il sangue il loro coraggio… ricordo per tutti Giuseppe Fava.
Prima di chiudere vi lascio uno spunto su una figura a cui, nell’antica Grecia, era affidata una sorta di istituzionalizzazione della memoria.
Si chiamava “Mnemon”.
Il termine mnemone (gr.: μνήμων, colui che ricorda o colui che rammenta) contraddistingueva un’istituzione del diritto arcaico dell’antica Grecia: inizialmente, gli mnemoni erano figure alle quali, in mancanza della scrittura, era demandato il compito di “ricordare” il passato, registrandolo nella propria memoria, a beneficio delle decisioni legali che su quelle “registrazioni” dovevano basarsi.
Attraverso simili figure, depositarie di una “memoria vivente” passava una sorta di istituzionalizzazione della memoria collettiva, in funzione della sua importanza sociale. Anche in seguito, con l’evolversi della società, e con l’espansione della scrittura, questa funzione sociale non perse importanza: il ruolo dei mnemoni mutò in quello di archivisti.
Auspico che questa discussione possa continuare.
A tutti voi, una serena notte.
L’arte interpreta la realtà riflettuta, seppure modificata o avvilita o sognata. Non può prescindere dal passato, che la genera.
Noi siamo il nostro passato, io sono il nostro passato.
La radice indoiraniana di “memoria” è mérmera, cruccio. Eh!
Molto bello il testo di Simona Lo Iacono.
Sulle due citazioni, direi che sono imparagonabili.
Bergson è uno dei pochi giganti del pensiero contemporaneo, dietro quel suo “noi siamo il nostro passato” c’è una meditazione di inaudita profondità sullo spirito come durata fluente e continua, slancio vitale la cui scomposizione in immagini statiche è più alienazione che autentica conoscenza (di lui andrebbe letto almeno il “Saggio sui dati immediati della coscienza”, un libro capace di rifondare integralmente l’idea stessa di psicologia).
Tabucchi è uno scrittore non disprezzabile ma molto sopravvalutato. La sua è una metafora abusata: la coscienza ridotta all’istantaneità di una prua che fende uno spazio alieno. Ma il tempo è la coscienza stessa, se ha il coraggio di rifiutare l’oggettivazione spaziale.
Incorniciare ricordi è il modo migliore per alienarli da sè. Per questo le celebrazioni sono consolanti, e ai funerali possono presenziare tranquillamente anche i mandanti di un omicidio.
La letteratura e l’arte sono la più forte ed autentica memoria. “Lo scrittore ricorda per tutti quelli che vogliono dimenticare” affermava Alberto Moravia. Credo che sia relamente così. Non c’è documento d’archivio o fonte storica di altro genere che possa eguagliare il senso storico che deriva dalla memoria artistico-letteraria. Del resto Schliemann non ha forse scoperto il sito della città di Troia sulla base di quanto scritto sull’Iliade, in barba a tutta l’archeologia accademica ufficiale? Circa le due citazioni, preferisco quella di Bergson. E’ la memoria, e il senso che ad essa viene dato, che definisce il senso del nostro quotidiano vivere.
“Nella contingenza dell’immediato esserci noi siamo, in quanto esistenza, entità storiche e non l’espressione particolare di un universale.
Questa storicità significa pienezza e unione. Tra noi ed essa c’è rapporto di identità. Ma noi la trascendiamo nella misura in cui, mediante la ragione, diveniamo consapevoli del suo carattere. Pur preservando la nostra storicità, possiamo, grazie alla ragione, ritornare alla nostra origine sovrastorica.
Prigionieri della storicità, privi della ragione, noi ci troviamo chiusi nell’esistenza, poiché non ci rendiamo autenticamente conto della sua storicità. Solo l’intervento della ragione può portarci, quasi traendoci in alto, alla piena coscienza della nostra storicità e prepararci così un luogo che, in verità, non ci è familiare, ma in rapporto al quale ci scopriamo qui, nel presente, maggiormente a casa nostra, perché un legame ci congiunge a esso.”
(Karl Jaspers – Ragione e antiragione nel nostro tempo – Trad. it. di Giulio Saccomanno)
Cara Simona, ancor prima di leggere il titolo di questo recente articolo, non so come mai ma mi sei venuta in mente, ed ho parlato di te ad una mia amica che abita a Milano, le ho detto che in Sicilia la verità la cercano e la vogliono in pochi, il rischio è l’esilio, il quale non avviene necessariamente fuori dalla regione…
Poi Renè Magritte, il pittore che sublimava l’inconscio, e la sua statua ferita. Poi il disgustoso sfregio di due giorni fa avvenuto a Palermo alle statue di Falcone e Borsellino, due capolavori in bronzo realizzate dallo scultore Tommaso Domina il quale, guarda caso, era passato di lì qualche ora prima dello scempio. Domina dovrà restaurare le bronzee figure al più presto, rimetterle al loro posto, attorniate da quel silenzio e da quell’omertà che non ha visto niente e non ha sentito nessuno, neppure i negozianti che erano in loco. Che strano. Eppure erano appena oltrepassate le nove del mattino quando hanno deciso che l’Arte non avrebbe dovuto testimoniare a favore della giustizia, forse perchè alla loro vista “qualcuno” è rimasto internamente turbato. . . Miiiiii…….. sembravano veri!
Signori e Signore (brava Stefania) non esiste la Storia Universale senza la storia dell’Arte, questo avviene nell’unione dell’opera d’arte con le civiltà di turno, che cosa sono gli Egizi senza la piramide di Cheope, i Greci senza i teatri antichi, i Romani senza il Colosseo, pensare al Rinascimento Raffaello o Leonardo sarebbe come perdere il senso dell’evoluzione, e via così. Ma concludo che Palermo è la Kalsa, è le opere di Federico II di Svevia, è il liberty, ed anche è le statue di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone posizianate al centro della città e della storia.
Personalmente propongo un cospicuo numero di queste statue da mettere ad ogni angolo della città, statue giganti che raffigurano anche altri morti ammazzati come il giudice Livatino o il generale Dalla Chiesa.
Il racconto di Simona è veramente bello e commovente, il sottolineare le piccole cose del quotidiano di un uomo che sa nel suo intimo che quelle stesse cose gli sono infinatamente preziose perchè non scontate è un insegnamento per tutti noi- oltre all’immenso impegno civile del magistrato-.L’argomento trattato nel post è interessantissimo, utilizzo una connessione non proprio stabile perciò non so quanto potrò intervenire, ma ho letto con grande piacere sia il bellissimo racconto di Simona che tutti i commenti degli intervenuti.Non saprei dire quale delle citazioni sia più sentita da me, forse entrambe.Naturale dire e sostenere che la memoria siamo noi stessi, è la nostra storia e che senza storia non esiste identità, di singolo e di popolo.Quindi ricordare e far sì che si rinnovi il ricordo nel presente è l’impegno civile di chi il presente lo vive per far sì che il futuro abbia senso per chi non ha vissuto il passato.Continuità fra il pensiero di ciò che è stato e di ciò che si è fatto, nel bene e nel male, è la bussola del cammino del singolo come della collettività.Però leggo nella memoria anche qualcosa di non del tutto positivo e cioè quella parte di ricordo che nel tempo sbiadisce proprio perchè si allontana dal vero e si arricchisce o si impoverisce di ciò che la mente umana gli apporta o gli leva.Questo è l’inganno della mente umana che può compiersi nella memoria singola come in quella collettiva, perciò la memoria non va trattata come qualcosa di astratto, di avulso dal contesto in cui si è sviluppata, ma va letta e interpretata per quello che si nasconde in essa, il suo insegnamento morale.Così il ricordo si fa storia degli uomini e luce per il cammino del futuro.
Grazie a Massimo che mi induce sempre a riflettere con la sua sensibilità e gli argomenti proposti, un grazie speciale a Simona che leggo sempre con grande ammirazione, una buonanotte affettuosa a tutti.
Pensare al Rinascimento senza Raffaello o Leonardo sarebbe come perdere il senso dell’evoluzione, consapevoli di cosa fosse una prospettiva…
Henri Bergson, sono d’accordo con lui, così come nella vita personale del singolo uomo è valido il principio della Storia Universale, ovvero ogni stagione si differenza dalla precedente poichè, in un certo senso, e pur restando nella ciclicità, avvengono profondi cambiamenti.
Poi cosa resta se non l’immortalità dell’opera.
Massimo, Simona,
che efferatezza quella accaduta il 19 luglio del ’92, e che presagio triste del tempo venuto dopo, pervaso da un’ indifferenza che si è alimentata via via con altre efferatezze, altri fatti, nuove consapevolezze tristi.
——-
Il tempo prepara le opinioni e le credenze delle folle – scrive Gustave Le Bon nel libro “Psicologia delle folle” (1895). E la loro memoria, aggiungo.
Ne consegue che certe idee realizzabili in un’epoca non lo sono più in un’altra, prosegue Le Bon.
Già, perché il tempo accumula l’immenso residuo di credenze, idee, pensieri, testimonianze orali e scritte e lo dissipa nel volgere di pochi anni, con gli strumenti sofisticatissimi che il potere possiede. Lo dissipa diluendone la consapevolezza, il vigore ideologico, l’efficacia nella coscienza individuale e collettiva.
D’altronde, le idee (la memoria) sono figlie del passato e madri del futuro, sempre – però – schiave del tempo.
Cordialmente.
Buon giorno a tutti!
Grazie infinite per gli altri commenti. Un abbraccio speciale alla dolcissima Francesca Giulia, al caro Ausilio, a Valter Binaghi, Teseo, Patrizia Morelli, Rossella, Gabri.
Molto bella questa frase di Ausilio:
“…D’altronde, le idee (la memoria) sono figlie del passato e madri del futuro, sempre – però – schiave del tempo…”
Trovo verissima la tua affermazione, caro Ausilio, laddove tra l’altro metti in luce quanto quegli eventi anticipassero il futuro.
Secondo te in che modo possiamo leggere nel presente le premesse di ciò che accadrà?
A mio avviso solo cercando – onestamente – la verità.
D’altra parte l’etimologa stessa della parola “consapevolezza” passa per la necessità del sapere, del conoscere: cum – sapere.
Credo che per la medesima via debba passare la memoria. Mi piacerebbe, cioè, che fosse: “memoria della verità”.
Ecco perchè il legame tra memoria e arte, memoria e scrittura è imprescindibile. Perchè l’arte è una delle vie per svelare la verità su noi stessi. Come diceva Sciascia: “La letteratura è l’unica forma di verità possibile”
Non è forse inutile ricordare quanto i greci fossero consapevoli che l’atto della smemoratezza è di vitale importanza per chi uccide.
Avvenne ad esempio in Grecia nel 403 ac quando Trasibulo cacciò da Atene i trenta tiranni. Dopo questa vittoria le parti stipularono un patto e delle regole, una delle quali era la “amnesia”, la non memoria. Chi ricordava i mali del passato era cioè punito come colpevole.
Era proibito ” mnesikakèin ” ossia ricordare, rievocare il male.
La punizione era la morte.
Un buon proseguimento di giornata a voi tutti!
Grazie Simona per il bellissimo scritto e grazie a tutti per l’occasione di arricchimento e crescita che state offrendo attraverso i vostri commenti.
Il ricordo, la coscienza di ciò che è stato………..tutte cose strettamente legate alla realtà in cui viviamo. Se così siamo…è anche per tutto ciò che è accaduto. E solo attraverso la memoria possiamo dare corpo e consistenza alla verità. Simona! Condivido pienamente che tutto ciò passa anche attraverso l’arte in tutte le sue variegate espressioni ed in particolare fra tutte la scrittura. E questa verità non può fare a meno di commuovermi se ripenso alla tenerezza di un uomo come Borsellino che ancora oggi ci ricorda che la forza e la tempra di un uomo non possono prescindere dalla sua capacità di saper amare.
Grazie ancora Miss iuris
Il racconto di Simona è talmente bello, e talmente “in tema” (come lo è questo post per chi sente la necessità di ricordare, per chi vuole ricordare), che non mi sento di aggiungere altro.
Se non che chi ha invece cercato di imporre la dimenticanza (mi riferisco a chi ha devastato il monumento a Falcone e Borsellino appena posto, proprio nel giorno della memoria) ha raggiunto l’effetto contrario.
Loro saranno dimenticati, una volta morti, non certo Falcone e Borsellino!
Grazie Simona, grazie Massimo.
Quanto alla relazione tra letteratura e memoria vorrei fare una piccola considerazione (forse banale) che proprio il breve ma esemplare racconto di Simona mi suggerisce.
Chi mette la memoria per iscritto può fare storia, biografie, memoriali, ma non necessariamente letteratura.
Letteratura è rendere vita ai personaggi (veri o di fantasia che siano) proprio grazie alla descrizione dei gesti quotidiani, delle piccole cose di ogni giorno, dei pensieri anche apparentemente sciocchi attraversano per attimi le loro menti. Questo li rende vivi, e talvolta eterni. Borsellino resta un eroe, per ciò che dice e dirà la Storia. Ma Simona ce lo fa anche amare, e questo, forse, ci fa anche commuovere e ce lo fa rimpiangere ancora di più. Questa è la forza della letteratura.
C’è uno scrittore che amo enormemente, tedesco vissuto a lungo in Inghilterra, dove ha insegnato (dai primi anni ‘70) ed è è morto nel 2001: W.G. Sebald.
Sebald non riusciva ad accettare la generale rimozione che il popolo tedesco (e in gran parte la cultura tedesca) aveva fatto degli anni terribili del nazismo, dell’olocausto e dei devastanti bombardamenti subiti alla fine della guerra (recepiti come una giusta espiazione?). Su questo argomento potete leggere la sua interessante “Storia naturale della distruzione” (Adelphi 2004).
Ma anche negli altri libri (Gli emigrati, Gli anelli di Saturno, Austerliz, Vertigini, Il passeggiatore solitario-quest’ultimo dedicato a Walser, e il piccolo poema Secondo Natura) la memoria (e le “vertigini” che ne possono derivare) è il fulcro attorno al quale ruota tutto ciò che scrive. E le parole si fondono con le immagini (fotografie in b/n raccolte o scattate dallo stesso Sebald) che sono presenti in grande numero in tutti i suoi testi, e ne fanno parte necessaria ed integrante, simulacri della memoria stessa, ma muti e vuoti se non fossero accompagnati dalle parole.
Dalle immagini e dalle ricostruzioni di vite (perlopiù vere, talvolta inventate come in “Austerliz”, suo unico romanzo in senso classico) attraverso piccoli gesti, piccoli accadimenti apparentemente senza senso, ogni sua narrazione si fa viva, reale, e acquista profondo significato.
Nella memoria è la vita, la nostra, quella di chi ci è caro, quella di chi ci ha preceduto e senza dei quali non saremmo noi (o saremmo altro). Nell’oblio c’è la perdita di qualsiasi senso, e ciò somiglia molto alla morte.
Vorrei esprimere le mie modeste riflessioni sulle domande poste da Massimo.
Personalmente ritengo che Bergson abbia ragione . Trovo invece l’osservazione di Tabucchi tremendamente autentica ma dettata dalla consapevolezza dell’impotenza umana. Il passato non torna, d’accordo, ma la memoria è ciò che lo eterna e lo proietta in una dimensione che diventa vitale per l’uomo. Affermare di essere il nostro passato non vuol dire rifiutarsi di essere figli del proprio tempo, o rimanere prigionieri di ciò che è stato per sempre (come il perfectum latino) e pertanto non ripetibile; ma significa dar voce a ciò che di perpetuabile può esserci nell’uomo o ciò che di esemplare può valere per sempre. La memoria è un flash back che ti ricarica le pile per leggere il presente e decodificare l’evoluzione di una società , di un pensiero, di un atto apparentemente nuovo e “originale”. Quanto alla letteratura , io credo che essa viva di memoria e affidi ad essa il compito di eternare il senso della vita , gli errori da non commettere, la sacralità della parola e la dignita dell’uomo ad essa legata. L’uomo è la parola: ce lo ha insegnato Cristo; ce lo hanno perpetuato i liberi pensatori, lo hanno dimostrato gli uomini che credono nell’Idea . La poesia vince di mille secoli il silenzio (ossia l’assenza di memoria) diceva Foscolo;,Consolo sostiene che in Letteratura non si è mai innocenti (c’è sempre la memoria di altri dietro l’angolo); Calvino , sornione ci ricorda ch un classico è un libro che non passa mai di moda; Bufalino sostiene che la scrittura come memoria ti consente di non morire e di rivivere il bellissimo riessere. Sono solo alcuni esempi che dimostrano come l’uomo senza memoria è come una macchina senza carburante. Peccato che adesso , nell’era degli internauti e del Progresso “virtuale” abbiamo perso la memoria delle parole, sostituendola con il mito dell’immagine. Forse chi dilania le statue di chi non esiste più vuole vanamente distruggere la memoria che rende vitale l’idea che in fondo vale la pena di continuare a lottare per guardare avanti
Prima di tutto, un particolare saluto, dopo un anno o più d’assenza, a tutti i letteratitudiniani e in particolare a Massimo, che non smette mai di presentare temi che risuonano come un richiamo di coscienza per tutti coloro che ancora se ne servono.
Il tema è troppo profondo e importante, da non intervenire con un mio modesto commento.
Cos’è il tempo, se non il senso di percezione dell’uomo. Basta pensare ai disparati concetti che ogni individuo ha di esso. Ognuno di essi è adattato al suo caso personale, e quindi anch’esso variabile nel tempo, che così vede trascorrere davanti a lui, ad eccezione dei casi, dove non vedendo prospettive buone per il futuro, si rifugia nel suo passato.
Ritengo quindi il tempo paragonabile allo stato d’essere, sia in senso fisico che d’animo.
Non è l’avanzare dell’età che ci costringe a stringere i tempi, impegnandoci di più a riesaminare i risultati ottenuti nella nostra vita, e lo fa come per ammonirci o rallegrarci secondo del nostro grado di sensibilità, istruzione e condizione sociale?
Se un adolescente ha una percezione diversa del tempo di un adulto o anziano, dipende dal suo grado di bramosia di crescere per scoprire la sua vita, mentre l’adulto la affronta con più calma e a volte rassegnazione. L’anziano, invece, ha o dovrebbe aver imparato ad accettarla, non potendo più mutare un gran chè in meglio.
Io, personalmente, mi trovo in entrambe le considerazioni poste da Massimo; mi sembra che entrambe vogliano affermare lo stesso concetto partendo, però, da una presa di posizione differente.
Il susseguirsi del tempo è secondato dal susseguirsi delle mutazioni che ognuno sente di dover affettuare in sé, come seguendo una legge naturale creata con lo scopo di essere cosciente d’essere e d’agire.
Mutare, per divenire e infine essere, è il fondamento dello stato percettivo dell’uomo.
In questo sipario di diversità delle occasioni che ci si offrono, giova curare il proprio stato psichico, perché è soprattutto da esso che sorgono le malattie, in forma di malvagità d’ogni sorta e che sono in grado di recare danni immensi a tutta l’umanità.
L’articolo di Simona, che saluto particolarmente, è veramente delicato e struggente. Leggendolo e ben conoscendo le sue elevate qualità di scrittrice, mi sono continuamente domandato come il firmatario dell’articolo, Borsellino, abbia potuto assumere il suo stile, uno stile imparagonabile per la delicatezza e sensibilità, dolcezza e grazia espressiva, da riuscire a impressionare ed attirare il lettore nel suo mondo fiabesco di bontà e grazia anche quando trattasse temi violenti e brutali.
In questo senso, ritengo l’arte capace di mutare le persone nel meglio e infine di riuscire a migliorare l’Umanità, indicandole l’unica via da prendere per garantirle un futuro, servendosi del passato come fonte d’esperienza fatta dalla quale poter riconoscere gli errori e come rimediarli.
Di nuovo, cari saluti a tutti, e in particolare a Massimo e Simona per l’occasione offertami d’intervento.
Lorenzo
Il tempo di certo non cancellerà alcuna impronta, soprattutto quelle lasciate da quanti si sono attivati, donando anche la vita, per affermare quei valori ancestrali che il tempo amico ha trasmesso a tutti gli umani.
E gli uomini di dignità li hanno amati subito e sposati senza porsi alcuna domanda, ma con la consapevolezza che essi erano e saranno eterni.
ilarì
Anch’io saluto tutti i letteratitudinari, e massimo che non sento da tempo, ma per colpa mia, che sono costituzionalmente disorganizzato.
C’è una dimensione sociale della memoria che va rispettata e valorizzata. Difficile non condividere le due citazioni, comunque compatibili fra loro. Ne trascrivo un’altra, non di Bergson nè di Tabucchi, che mi piace molto, e forse cambia un po’ strada.
“Quello che per un istante conosciamo in modo pieno e irriflesso diventa confuso e incomprensibile se gli gettiamo addosso la catena del pensiero per farne un possesso duraturo” (Musil – I turbamenti del giovane Thorless)
@ Simona Lo Iacono
Giustissimo, Simona.
Personalmente credo anche che la ricerca della verità sfugga sempre alle malefatte del tempo e agli strumenti che il potere utilizza per assecondarle.
Ti rinnovo l’amicizia e la stima.
Simona cara, solo un saluto veloce al volo in questa mia caotica giornata di preparativi. Alle nove di questa sera, come ogni mese, l’ennesimo pullman mi riporta in Sicilia, terra di smemoratezze ma pure di insegnamenti, terra di sangue, di morti ammazzati ma pure di poeti e di artisti sublimi. E’ forse una contraddizione che ci portiamo scritta nel sangue. Il tuo testo è splendido, e come sempre le tue parole mettono i brividi. E’ davvero interessante la riflessione che ci spingi a fare, e trovo molto belli pure i versi riportati da Maria Lucia, direi strazianti. Simona cara, grazie come sempre di questa attenzione e di questo coraggio nell’esprimerti con libertà e con passione, due doti oggi alquanto rare. Un saluto a Massimo e a tutti i lettori…
Splendida la citazione da Musil che riporta Paolo Colagrande, cui vanno tutta la mia stima e la mia ammirazione. Grazie ancora, un abbraccio…
Gentile Paolo Colagrande,
grazie di aver riportato l’ottimo citato di Musil, uno dei miei autori preferiti. Mi preme aggiungervi una mia interpretazione personale, che sarebbe come affermare: La verità assoluta è irraggiungibile, ma se non cercassimo di raggiungerla ritorneremmo nell’era dello stato primitivo.
Disonestà e onestà, malvagità e bontà sono attributi del nostro stato naturale. Dal loro confronto percepiamo di essere e riceviamo lo stimolo di dover agire.
Non illudiamoci di poterli eliminare, fondendoli in un forma che alla fine risulterebbe irrazionale e incontrollabile.
Il compito dell’uomo cosciente è quello di mantenere l’equilibrio tra di loro, e non più.
È più facile cambiare corrente, fazione che mantenersi in quella scelta per bontà d’animo, dopo tante inevitabili sconfitte ricevute.
Lo stato del male definisce la nostra situazione terrena, mentre quello del bene ci aiuta a sopportarlo. È solo nel continuo confronto che percepiamo il senso di crescere fino a non temere più nulla.
In questo senso ci eleviamo al divino e comprendiamo questa vita, e la accettiamo come un compito affidatoci per uno scopo finale giusto e necessario.
Grazie e saluti.
Lorenzo
Vorrei aggiungere alle osservazioni , tutte da me condivise, una riflessione sulla consapevolezza. Credo che per raggiungere “consapevolezza” , il tempo debba fermare la sua corsa , debba cambiare ritmo. La citazione di Paolo Colagrande (Musil…i turbamenti del giovane Thorless) sottolinea quel ” vivere in modo pieno”, e a mio avviso, suggerisce una percezione che porti ad un respiro interno , promosso dalla emozione e dalla ragione, per giungere alla conoscenza. e allora la memoria si attiva e non permetterà di cancellare quel vissuto . Quindi credo che sia l’emozione che porti alla conoscenza e al ricordo. e solo l’arte sa azionare questa leva. teresa sinno
Poetico e toccante il racconto di Simona Lo Iacono i cui fuochi d’artificio evocano una tragedia che sta passando quasi nell’indifferenza, nel silenzio delle coscienze di un popolo aduso a consumare notizie e fatti incessantemente e a non interiorizzare.
La storia non insegna, diversamente non si spiegherebbe il perpetrarsi delle nefandezze.
Solo l’arte nelle sue forme di bellezza e verità può migliorare l’umanità.
Grazie infinite a Carlo, che mi ha toccato il cuore. E a Miss iuris, Daniela , Lorenzo (bentornato!), Ilarì3 e al carissimo Luigino. Grazie infinite alla belezza delle parole di Paolo Colagrande, a Teresa Sinno e ad Albertina della Maddalena.
Condivido le parole di Carlo sulla differenza tra la storiografia e la letteratura e sul diverso ruolo della memoria. Che non è solo quello di selezionare, ma anche di farsi cambiare dagli eventi attraverso la pietà.
Se ciò non accadesse, la memoria non sarebbe altro che un infinito archivio senza emozione, che non distnguerebbe un dato da un altro. Una babele sotto la quale periremmo, perchè il semplice atto del ricordare non ci salverebbe se non fosse accompagnato dal dolore, dalla scoperta in noi stessi di un’assonanza col destino dell’altro.
Se, insomma, la memoria non ci identificasse, attraverso un viaggio che deve farsi nostro.
Ne approfitto per salutare Simo, che è on line.
Ancora grazie di tutto.
🙂
Ne approfitto per ringraziare e salutare i nuovi intervenuti: Valter Binaghi (ciao, Valter), Patrizia Morelli, Teseo, Rossella, Francesca Giulia, Luigi La Rosa, Carlo, Lorenzo (bentornato!), Teresa Sinno, Albertina della Maddalena, Ilarì, Daniel, Ausilio, Miss Iuris…
Grazie mille a tutti.
A questo proposito c’è un racconto di Borges molto bello che si intitola “Funes el memorioso”.
Funes è un uomo che non può dimenticare nulla e, poiché non può dimenticare, non ha ricordi, ma una folla sterminata di ritagli della realtà che vive.
Dice Borges: “non ricorda soltanto il bicchiere su un tavolo, ma vede tutti gli acini dei grappoli d’uva, che formano la pergola che sta sopra il tavolo, ricorda tutto il tessuto che ha visto, quel bicchiere in quel modo specifico: ricorda, quindi, i singoli atti, istante per istante”.
Una memoria che, cioè, cataloga senza impennate di sdegno, di paura, di commozione.
Che non ha nostalgia per l’altro, che non lo cerca, che non sente pressare nel cuore l’esigenza di stanare, tra i mille ricordi possibili, quello che può suscitare una pietosa e fragile somiglianza.
In sostanza la memoria di Funes non serve, perchè non ha anima, nè consapevolezza.
Ciao Massi,
ci siamo incrociati. Conoscevi questo racconto di Borges?
Un saluto speciale a Paolo Colagrande, che è stato ospite di Letteratitudine con “Fìdeg”: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/09/05/fideg-di-paolo-colagrande-recensione-di-andrea-di-consoli/
–
Complimenti per il nuovo libro edito da Rizzoli, Paolo:
http://www.ibs.it/code/9788817037679/colagrande-paolo/dioblu.html
Cara Simo, no… non conoscevo questo racconto di Borges.
Oppure sì, e me ne sono dimenticato.
Può darsi che “Massi el smemorato” abbia dimenticato “Funes el memorioso”.
🙂
Scherzi a parte, Simo. Credo che questo racconto di Borges sia molto significativo…
Grazie di cuore per averlo evocato e citato.
Spero che la discussione possa proseguire…
Intanto vi saluto.
Domani sarò a “Leggere fa male”: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/07/06/concetto-al-buio-leggere-fa-male/
(Fate un salto, se siete da quelle parti).
Lascio la discussione nelle mani della nostra ottima Simona.
E auguro a tutti voi, Simo in primis, una serena notte.
🙂 🙂 🙂
Una buona notte, Massi el smemorato. E una buona e serena notte a tutti voi!
Volevo suggerire a tutti di leggere queste pagine:
http://violapost.wordpress.com/2010/07/19/mio-padre-e-morto-sorridendo-di-manfredi-borsellino/
http://www.rainews24.it/it/news.php?newsid=143146
Si tratta della memoria più dolce: quella dei figli.
E ancora qui: gocce di memoria.
http://frammentidistoria.myblog.it/archive/2010/06/10/manfredi-borsellino.html
E, infine, un saluto serale a coloro che più di ogni altro raccolgono la memoria: i poeti.
—–
Il Poeta raccoglie i dolori e sorrisi
e mette assieme tutti i suoi giorni
in una mano tesa per donare,
in una mano che assolve
perché vede il cuore di Dio.
Ma la città è triste
perché nessuno pensa
che i fiori del Poeta
sbocciano per vivere molto a lungo
per le vie anguste della grazia.
Alda Merini, da “Alla tua salute, amore mio”
Buona e felice notte a tutti!
MEMORIA, CONSAPEVOLEZZA E COSCIENZA CIVILE.
Il titolo è molto interessante anche per la sequenza dei tre termini, ovvero il “ricordo” degli avvenimenti ti invita alla “presenza intellettiva” che può trasformarsi nel bisogno di “doversi impegnare”. In questo caso in questioni di carattere sociale e quindi di responsabilità civile.
In questi passaggi memoria-consapevolezza-coscienza mi sembra di aver letto fra gli illustri commenti che per qualcuno è necessaria la pietà, per altri la rimembranza cerebrale, per altri basta un attimo per conoscere in modo pieno e irriflesso . . .
quel che vi chiedo è: basta l’evidenza intellettiva di un fatto o un sentimento di pietas nei confronti dello stesso per cambiare le cose? Non pensate che si debba quantomeno giungere ad un sentimento di coscienza morale per avere una sana repulsione a volte anche di sè stessi?
ROSSELLONA
Manca l’assunzione di responsabilità!
Tutti colpevoli, nessun colpevole:non basta ricordare l’olocausto o altre tragedie dolorose per mettere a tacere la propria coscienza – si trovino i veri colpevoli altrimenti tutti Noi dovremo pagare! Come stiamo facendo dovendo riconoscere che non esiste una reale coscienza civile collettiva, ma conflitti d’interesse forti molto più subdoli di ragionamenti morali elevati,forse!?
P.S. Certo è solo una provocazione:ma siamo partiti dalla strage di Via d’Amelio che è anche un fatto politico oltre che etico-morale – facendo emergere anche la differenza tra “evento delittuoso locale – Sicilia – o Nazionale:il delitto Moro è da considerare d’interesse più nazionale rispetto alla strage di Via d’Amelio ?……………..dal punto di vista politico oppure, i magistrati Borsellino e Falcone servitori dello Stato sono stati abbandonati al proprio destino dallo Stato nazionale? Personalmente ho sofferto molto per gli avvenimenti atroci accaduti sia come coscienza civile,sia come memoria storica e di questo ho piena consapevolezza.
Luca Gallina
L’uomo non è del tutto colpevole, poiché non ha cominciato la storia; né del tutto innocente, poiché la continua. – Albert Camus, L’uomo in rivolta
Per quanto attiene alla ” coscienza civile”, io credo che non basti conoscere e sentire un avvenimento o un fatto storico per attivare tout-court la coscienza civile, per di più collettiva.
Perchè si possa parlare di coscienza civile credo che ci sia bisogno di una cultura di sostegno. Si deve avere coscienza dei propri diritti, assumere un comportamento consono a questi, sentirsi chiamati in causa in quanto facenti parte di una comunità, e assumere una posizione nei confronti del fatto individuando le responsabilità e non accettando di rimanerne schiacciati come membri di una comunità in cui si è parte attiva. teresa sinno
Caro Luca, ciao e ben ritrovato.
Hai mille ragioni quando scrivi che “la morale” si muove su piani molti alti e che basterebbe l’impegno civile da parte della gente, ed ancora quando accenni ad un panorama nazionale fatto di intrighi e collusioni.
Pur non riferendomi a te direttamente (ho avuto occasione di fare la tua conoscenza e di capire che uomo sei), mi potresti spiegare che impegno civile hanno avuto, per esempio, i milanesi a sostegno, ancora una volta, della questione siciliana? Dall’Alpe alle Piramidi dal Manzanarre al Reno leggiamo tutti quanti i giornali – non abbiamo forse assistito ad uno squallido scenario fatto di ponti fra Milano e Palermo a cominciare dalla rapida espansione di Milano 2? tu sai molto bene che l’imprenditoria settentrionale spesso si serve della “pappatoia del sud”, fondi, capitali, c’è un inarrestabile andrivieni fatto di viaggiatori sud-nord e viceversa che fanno oculatamente i propri interessi. Da sempre. E te lo dico a ragion veduta.
CONSAPEVOLMENTE tutti sappiamo che i “Don Abbondio” di fronte all’impegno civile sono tanti: ci sono i milanesi che, pur essendo a conoscenza di intrighi e collusioni, tacciono, poiché nei tunnels sotteranei la verità colpirebbe duro la loro economia, ci sono i siciliani che, per non rischiare la pagnotta, mantengono l’omertà. Il principio è uguale per entrambi, consapevoli più che altro dell’undicesimo comandamento e cioè quello di farsi di fatti propri, con la variante che per chi vuol avere un briciolo di stipendio, in meridione è votato a vita al suo santo patrono, il quale basa il suo potere su ragnatele clientelari che si diramano dal messo comunale all’assessore, dalla segretaria all’imprenditore, dall’infermiere al direttore sanitario, chi non ci sta è pregato di andarsene. Si, ma dove, visto che anche l’ex ministro Maroni con il primo governo Berlusconi ha imposto un decreto legge dove, se il quadro-dirigente della Fiat di Termini Imerese, licenziato per motivi contingenti, presentandosi con la valigia in mano (non più di cartone legata con lo spago e con dentro i pomodori, ma firmata pi quadro come ultimo acquisto del suo ultimo stipendio e con dentro libri da leggere) non può ottenere alcun nuovo impiego richiesto se non ha la residenza a Milano. E il siculo/a molto consapevolmente: – Scusate, ma come posso avere una fissa residenza senza prima avere un lavoro …! –
E gli addetti consapevoli della sua disperazione, della mafia, della disoccupazione, di Marchionne, del caldo e delle marcie deserte a favore di via d’Amelio, delle statue sfregiate Falcone Borsellino, della Fiat di Termini oramai ai minimi termini, del fantastico ponte sullo stretto e di altri “ponti” meno fantastici, della nostra cultura, delle nostre valigie pesanti, delle nostre croci e lacrime, consapevoli di tutto quanto, rispondono: – dottore, lei ha ragione, ma la legge sul federalismo è una legge nazionale, si procuri l’amicizia, faccia in modo di sembrare un abitante di Milano . . . Se l’imprenditore vede che lei è di qui, non deve risolvere tanti problemi, il suo spiccato accento siciliano prima o poi passerà . . .
Con questo esempio sono scesa su una delle tante problematiche che affiggono questa terra, l’ho fatto lucidamente e ben consapevole di tutto un sistema che soprattutto sfregia l’anima degli onesti.
Rossella
“Coloro che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripaterlo”
G. Santayana
Errata corrige: “a ripeterlo”
Cara Rosella,ho molto apprezzato il tuo intervento e anche quelli precedenti;e devo riconoscere che ho scritto a seguire sotto la tua legittima indignazione:come ai vecchi tempi!Non posso credere che una persona comune come me non possa sentirsi impotente di fronte alle collusioni operandi sotto i nostri occhi,qualcuno mi ha suggerito di valutare di possedere una cultura adeguata,e disperarmi pensando alle famiglie dei caduti per strage di tutti questi anni. Ma chi deve risarcire le perdite Umane!Certo,dal punto di vista morale. Allora,preferisco fare outing riguardo la mia inadeguatezza e ignoranza ad affrontare questi temi: e stringere forte,forte,in un sincero abbraccio i superstiti che non si possono e devono accontentare della “questione morale”.Mentre sono d’accordo che l’arte in genere e nella fattispecie la letteratura debba essere super-partes riguardo le questioni reali:perché sporcarsi le mani! E’ come dire che la libertà civile è un diritto sacrosanto,ma come potranno i soggetti più deboli esercitarla, in piena autonomia, senza che nessuno dica loro in chi e cosa credere,forse!?
Cara Rossella,come vedi,con l’età forse divento più ingenuo o più ignorante:possibilmente un uomo semplice e onesto intellettualmente.
Tant’è.
Luca
Grazie Massimo per la scelta di questo tema.
Il passato collettivo che diventa memoria l’ho udito da casa mia e per caso in essa non ci sono anch’io.Mi sono affacciata al balcone e dopo il boato ho visto il fumo che s’innalzava dalle ceneri, ho sentito l’odore dell’innocenza e il puzzo delle anime malvage.
Ero, inoltre per caso, anche vicina all’autostrada quando l’altro nostro eroico Giudice fu mirato dai novelli Atridi.
Avevo bisogno di parlargli, di impadronirmi del dolore collettivo, partecipare allo sdegno generale e gli ho scritto una poesia pubblicata in Documenta 2000 “Poeti siciliani e non” e di cui trascrivo alcuni versi.
……………….
Da questi suoni tragici
ci muoviamo confusi
lsciando nelle retrovie
i mostri che sempre più piccoli si fanno
mano mano
che come aquile leggere
ci libriamo verso l’eternità.
……………….
Ecco ritrovare il senso dei pensieri confusi
il desiderio lontano
che dal fondo del mondo tende a risalire in superficie
e mentre credo di andare nel futuro
m’accorgo
che il mio cammino è nel passato
nell’universo della mia progenie
dove luce e tenebre mi scopro.
Bella la pagina di Simona Lo Iacono soprattutto perchè evidenzia come l’eroismo sia legato alla quotidianità ma la trascende se da essa s’invola il caldo dell’amore.
grazie Simona, racconto bellissimo!
grazie Massimo, e grazie a tutti gli intervenuti. sono presente, leggo, sempre più interessata, anche se non commento, perché dovrei ripetere ciò che ha scritto Zappulla, Renzo, Laura… insomma tutti, preferisco leggere chi lo esprime meglio di me.
e anche questo è memoria.
Carissimi,
grazie infinite per queste osservazioni, e per la passione civile di Luca e Rossella. Riscalda il cuore vedere che ci si interroghi con sdegno, con dolore, con il cuore.
Credo che la pietà sia solo l’inizio del viaggio. E che la consapevolezza, e quindi la coscienza civile vadano pazientemente educate, formate, curate.
Credo anche, però, che si dovrebbe tornare alla profonda convinzione dell’importanza dell’esempio, dell’impatto profondo che il comportamento individuale di coloro ai quali è rimessa responsabilità giuridica, politica, sociale, può avere sulla collettività.
Ricordo di aver sostenuto il concorso in magistratura nel 1994 a soli due anni dalla morte di Falcone e Borsellino.
Quello che ci mosse, che spinse molti di noi a fare il magistrato, e che motivò me per prima, fu il loro esempio. Il dono di sè. L’innocenza offerta.
Quella pietà iniziale, cioè, fece un viaggio. Si innestò nella coscienza perchè divenne “esemplare”. E ci educò semplicemente con la sua forza, ci formò senza parole, senza bandiere, senza proclami.
Un abbraccio speciale e commosso a Cristina e a Mela Mondì.
Grazie a Giuseppe per la citazione.
E un grazie a Teresa Sinno, di cui condivido totalmente il pensiero.
Caro Massi,
so che sei impegnato a Bocca di Magra, in seno alla manifestazione “leggere fa male”
Ti auguro una bellissima e indimenticabile serata, ringraziandoti sempre con tutto il cuore dello spazio offertomi.
Buona serata a tutti!
Cara Simona,ti ringrazio,sei riuscita a farmi commuovere perché sei una persona esemplare!Lo penso veramente e lo sottoscrivo,se me lo consenti.
L’assunzione di responsabilità, quindi, pesa come un grosso macigno che può sopportare solo chi si fa carico del bene comune con grande spirito di sacrificio e consapevolezza che solo attraverso il buon esempio in tutta coscienza deve operare con giustizia et equità :allora io ci sto!
Non dovete sentirvi soli,Noi tutti vi sosterremo ……………………così immagino sia stata offerta solidarietà ai tuoi maestri e colleghi magistrati: è per questo ,forse,che io continuo a disperarmi civilmente e impotente, avendo scelto di vivere una vita responsabile e da persona perbene in famiglia e nella società da molti,troppi anni oramai.
Con affetto e stima,
Luca
P.S. E pensare che quando mi sono laureato in legge ho dovuto abbandonare il sogno di diventare magistrato perché c’era troppo da studiare e così non ho sostenuto nemmeno l’esame di stato per esercitare;in compenso sono diventato in seguito un business-man e ora rimpiango di………………..
Cara Simona,
tu hai il potere di commuovermi anche quando fai un discorso, come dire, “normale” . Davvero toccante il tuo intervento che palesa come sei arrivata a fare il magistrato. E’ l’esempio, ci dici , quello che trasmette il messaggio; e io aggiungo che si fa cultura. Ed è questo il nocciolo della questione morale…. l’esempio. Più che le parole contano i fatti…si dice , ed è vero..proprio vero. Ecco perchè la politica non ci convince e certi politici non fanno ” breccia”. Ma io non dispero perchè penso che in alto c’è molta spazzatura, ma intorno a noi, a ben vedere, c’è tanta gente che nel quotidiano dà esempio di coscienza civile, nel silenzio di una vita “normale”. E tu, permettimi di aggiungere, ne sei un esempio.
A Rossella e Luca,
Mi scuso se per brevità mi rivolgo a entrambi,
carissimi non potete immaginare come sia importante sentirvi. L’indignazioe e l’impotenza ci accomuna ma vi voglio dire che, ciò detto, come ho avuto modo di esprimere a Simona, a noi tocca contagiare nell’ambito in cui agiamo e ci muoviamo…prima o poi il sistema che tutti conosciamo si palesa come iniquo e insostenibile : ciascuno deve fare la sua parte e il lievito farà il resto…..
Carissimi Teresa e Luca,
un abbraccio affettuosissimo a entrambi e grazie infinite per le vostre parole.
Caro Luca, anche l’impegno in famiglia è una vocazione e un meraviglioso modo per raccogliere l’esempio di chi si offre per amore. Anzi. Credo sia il banco di prova più importante e decisivo per la formazione dei cuori e delle coscienze.
Un bacio serale
E’ quindi importante anche la memoria famigliare, come seme da cui affiora l’identità, e la consapevolezza delle origini, della storia che ci ha preceduto.
Anzi, credo che risalire a quel prima formi e scolpisca, determini la nostra predisposizione all’altro, perchè l’incontro non è che un’apertura cui l’anima si prepara fin dalla primissima percezione di se’ e del proprio passato.
Nel bellissimo “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg, il recupero è prima di tutto della parola, delle espressioni usate in famiglia, degli idiomi, dei neologismi, delle invenzioni identificanti e comprensibili solo in casa.
Ecco. E’ così che si forma la coscienza. Conservando e consegnando. Un’eredità che evoca appartenenza e, quindi, profondo amore per il familiare. E poi per l’altro. E poi per ogni uomo.
In attesa del rientro di Massi,una buona e stellata notte a tutti! 🙂
Bellissime parole quelle di Simona sull’importanza di gettare un seme in seno all’ambiente familiare, credo che in ogni piccolo ambito personale si formi la coscienza civile degli uomini e che atti di amore, di lealtà, di dignità morale che sembra non siano visti da alcuno, invece sono quei mattoni della grande casa di tutta l’umanità. Grande stima e onore ai grandi uomini e donne che agiscono alla luce di ruoli chiave nella nostra vita, ma il pensiero dolce e di gratitudine va a coloro che spesso lavorano in silenzio credendo nella virtù della onestà e educando nella famiglia, nel lavoro, nella società civile. In silenzio, pensando erroneamente che è inutile e vano lo sforzo quotidiano spesso sotto il peso delle aggressioni di una vita che è contro ogni nostro principio più puro,poi però basta un incontro, virtuale, umano,di sguardi,di parole, anche solo un sorriso incontrato per strada che ci dice che non siamo soli a fare e a pensare secondo coscienza.E’ il non sentirsi soli che fa la forza delle persone che credono che le cose possano essere cambiate.Poi quella forza sarà il cambiamento.
Grazie Simona,e un grazie a tutti gli amici che passano da qui.
A Massimo un grazie speciale!
buona notte
Buona serata a tutti. Mi conforta che siamo in tanti ad avere l’urgenza di vedere ristabilita la legalità nel nostro Paese.
Ho lavorato tanti anni nella scuola e so che essa è uno dei luoghi più significativi per la formazione della coscienza civile.Però voglio evidenziare la funzione della PIAZZA.
Sono convinta che la formazione della coscienza, al cui posto oggi si incontra spesso il vuoto dove si accatasta di tutto, come su è stato detto parte dalla famiglia, nella scuola si analizza e nella Piazza si struttura.
Parlo della Piazza nel senso concreto della parola, di quella piazza teatro di violenza durante tutto lo scorso secolo ed anche oggi.Parlo di Piazze come quella della stazione di Bologna o come quella di Partinico dove Sciascia impianta la storia de “Il giorno della civetta”.
Quel che si vede e si fa nella Piazza incide profondamente nella coscienza di ciascuno di noi poichè l’agorà è per sua intrinseca natura un luogo di formazione. In essa l’uomo riconosce di essere padrone della parola e lì accoglie i primi sintomi di riflessione.
Tra i mediatori culturali la Piazza occupa il primo posto anche perchè essa è il luogo accessibile a tutti , intellettuali ed analfabeti, quindi come per sua intrinseca destinazione è lo spazio della condivisione, quello che permette la rottura degli egoismi e obbliga al confronto.
Ma la piazza non è soltanto questo: è l’utero della collettività. Il luogo dove emerge l’unicità e l’ UMANITA’ del sentire e del vivere . E noi di questo abbiamo bisogno:scoprire la nostra natura umana.
Dobbiamo far vivere l’agorà reale,e spegnere per qualche ora quello virtuale. Incontrarci, ripopolare le Piazze….ripulie le panchine soprattutto del sangue versato….
Grazie a tutti. Vi voglio bene.
Sono di nuovo qui. Perdonate l’assenza…
Ci tengo sin da subito a ringraziare Simona (sia per il racconto, sia per l’aiuto volto ad animare la discussione).
Un caro saluto e un ringraziamento a tutti i nuovi intervenuti nella discussione: Rossella, Luca, Giuseppe, Teresa, Mela, Cristina, Francesca Giulia.
E grazie anche all’Anonimo/a che ha rilasciato il commento del 23 luglio 2010 alle 7:29 pm.
Il bene è ricambiato.
🙂
Per quanto mi riguarda (nell’eventualità in cui qualcuno avesse altro da aggiungere), la discussione rimane aperta…
L’AQUILA E LO SCARABEO
Un’aquila dava la caccia a una lepre e questa, in mancanza di qualcuno che potesse aiutarla, appena vide uno scarabeo, l’unico essere vivente che la sorte mettesse sulla sua strada, lo supplicò di soccorrerla. L’insetto le fece coraggio e quando vide l’aquila avvicinarsi si mise a pregarla di non portargli via la sua protetta.
Ma l’aquila, piena di disprezzo per le sue piccole dimensioni, divorò la lepre sotto i suoi occhi. Da quel momento lo scarabeo, memore dell’offesa ricevuta, prese a sorvegliare giorno e notte i nidi dell’aquila e, ogni volta che quella deponeva le uova, librandosi in alto le faceva rotolare finché non si rompevano. Infine l’aquila, perseguitata dovunque, si rifugiò da Zeus (si tratta infatti di un uccello a lui sacro) e lo pregò di procurarle un luogo dove potesse covare in piena sicurezza. Zeus le permise di deporre le uova nel suo grembo, ma lo scarabeo, che aveva visto ogni cosa, formò una palla di sterco, si alzò in volo e, quando fu sopra il grembo del dio, la lasciò cadere. Zeus volle scuotersi di dosso lo sterco, ma, appena si alzò, inavvertitamente fece rotolare via le uova. Dicono che da allora nel periodo dell’anno in cui vivono gli scarabei le aquile non covano.
La favola insegna a non disprezzare nessuno, poiché non vi è chi sia tanto debole da non potersi un giorno vendicare, se offeso.
(Esopo – Favole – Trad. it. di Cecilia Benedetti)
Bella, la favola, Teseo. Grazie.
Caro Massimo,
la mole di lavoro che so affrontando in questi giorni mi costringe solo a risponderti brevemente in parte e non come vorrei ma
ecco:
Preferisco Bergson e
Un paio di citazioni sulla memoria che mi convincono:
La memoria è tesoro e custode di ogni cosa, Cicerone
La fantasia altro non è che memoria o dilatata o composta, Giambattista Vico
a presto
p.
In questo momento non ho molto tempo per rispondere a tutte le domande, tornerò nei prossimi giorni se sarà ancora possibile lasciare commenti su quest’argomento…intanto comincio col dire che sono molto d’accordo con la citazione di Tabucchi, più che con quella di bergson, poiché ritengo sia limitativo pensare che noi siamo il nostro passato, nel senso che ci lasciamo condizionare solo da ciò che ci ha costituito e formato…credo che tutto ciò ci determini senz’altro come persone, ma certamente anche le esperienze quotidiane ci condizionano assai fortemente, e si mescolano con il nostro vissuto
Cara Sara,
intervieni pure quando vuoi. La discussione rimane aperta…
Un saluto e un ringraziamento anche a Patrizia.
parole scivolano di pietra in fiore
armi di rabbia
sorrisi di gratitudine
memoria del perdono
poi più in la
tutto cede
e un uomo muore di silenzio trafitto
grazie a Simona e a Massimo
Il giorno che saremo larve
assediate da glitter e fuochi d’artificio
a nascondere il nero
(perfino il grigio sembrerebbe offesa
a pagliacci liftati)
quel giorno portatemi una luce
un’azione di pace ardita
fatta di barricate di pensiero almeno
e ditemi che pagine di secoli
bui
non hanno spento fame e sete
di fratellanza vera.
Ma se vedrete il gioco dal rovescio
se scoprirete i nodi del potere
occulto e sommo
al vertice i padroni della terra
troni di sangue a incombere sui miti
sulle manovalanze e sui perduti
che già solo nel nascere
serviranno da schiavi
turlupinati dalla dea procace
di culi e tette a fare da bandana
a consumare ciechi come talpe
il gheriglio di noce cerebrale
allora disponete la mia stella
sotto mucchi di terra
o gettatela in mare
ch’io non veda i miei figli prigionieri
i loro sogni infranti
gli amici diventare ombre fugaci.
Ch’io non abbia timore di parlare
e mi riduca a spolverare frasi
tra libellule e rose – arresa al marcio –
chinata per viltà.
c’è uno spazio tra il grazie a simona e Massimo, e la poesia.
nel commento non è stato evidenziato.
cari saluti a tutti.
Mia carissima Cristina…
che dire?
Solo grazie a te, a te che cogli tra libellule e rose la pietà e l’amore.L’arrendersi all’umanità, innamorati – forse pazzamente – di essa e per questo pazzamente, furiosamente ostinati a pensarla salva, a volerla salva, nonostante le stelle sfaldino a volte su noi briciole stanche.
Un bacio serale che brilla forte di gratitudine.
E un grazie di cuore anche a Enrico.
Bergson-Tabucchi-Maugeri,Simona lo Iacono.
Di tutto un pò si deve trattenere.Per ricordarci un’origine buona o una radice infettata,consapevoli che,dare memoria viva di quella “goccia bianca al cuore” (Eluard) resta un dovere per ricreare noi e la Storia ferita senza illuderci d’imparare dagli errori nostri e da quelli che ci hanno preceduti cercando individualmente di elaborarli (gli errori) attraverso una “umana pietas” che confronta il vecchio col nuovo che si relaziona con gli altri nell’essenzialità di un sentimento civile riemerso nuovo nell’oblio di ogni cosa superata e di cui si è strappato maschera e cipria,nel’intuizione che di noi (veri) ben poco resterà se non il BENE fatto e spinto dall’esercizio di una coscienza critica e rigorosa che ha intravisto l’ideale di un “meglio di noi” affidato al cosmo.
DOVERE nostro è far pulsare la vita, “imitandola”, ciò che il valore dei GRANDI (Borsellino-Falcone) ci lasciarono consapevoli di “quel” dietro l’angolo, amaramente fieri che “andare avanti” si doveva nell’UNICA alternativa concessa dalla loro coscienza.Simona lo Iacono.che RINGRAZIO per averne dato testimonianza pubblicando una VERITA’ DI UN’INARRESTABILE TEMPO che NON avrebbe salvato un Uomo ma fatto vivere oltre il Tempo,il suo spirito,ha reso un tributo alla Storia degna del ricordo di un suo figlio amatissimo.
Concludo con un capoverso di P.P.Pasolini “Chi fui? Che senso ebbe la mia presenza in un tempo che questo film rievoca ormai così tristemente fuori tempo?” E lui consapevolmente sapeva che presto avrebbe dovuto consegnarsi a quel tempo che sentiva finito.
Ringrazio TUTTI,contenta d’aver perso una corsa al fresco e in attesa di me dando la priorità a un’ opportunità offerta per omaggiare la memoria dei grandi.Mirka Bonomi (Bianca 2007)
In “Fuochi d’artificio” Simona Lo Iacono è riuscita a tingere di languore ciò che ha trattato. Una mano leggera che sfiora tutto ciò che tocca. Il corpo della donna addormentata, il saluto ai figli, gli agenti di scorta, la madre, i gabbiani che solcano il cielo, il profumo delle melanzane, che friggono. Lui, discreto nei sentimenti, che pare camminare in punta di piedi tra coloro che ama e loro che in punta di piedi entrano nel suo respiro, che si fa quasi silenzio, per accoglierli. Lui che non perde mai di vista la realtà e che vuole conservare ogni momento di tutto ciò che ama, perché sa di avere poco tempo. Pennellate di un pittore e non soloparole, in cui sono incluse parole, sentimenti, emozioni.
Maria Rita Pennisi
Grazie mille a Enrico, Cristina, Bianca e Maria Rita.
E sempre grazie, ovviamente, a Simona.
ricambio il bacio, Simona carissima, augurando a te a Massimo e a tutti gli amici una serena notte.
@ Cristina-Simona-Massimo
Nella poesia si riesce a volte a cedere alle illusioni di poter migliorare questo mondo.
Nella realtà si versano lacrime di dolore e disperazione nel constatare che ci siamo ancora una volta illusi. Eppure prelibiamo di restare in questa ipnosi di speranza nella quale sentiamo operare la forza di un bene richiestoci dall’Alto.
Mi fervore e dedizione vogliamo servirlo e ne facciamo senso della nostra vita. È come un elevarsi in una sfera d’innocenza originale, l’essere reduce da un’epoca lontanissima, ma ancora presente e agente in chi abbia imparato ad amare il prossimo seguendo il senso vero dell’amore, a perdonare chi non lo abbia ancora trovato riconoscendo al suo confronto la propria percezione del bene. Perdono e ringraziamento sono gli elementi base della percezione dell’uomo, in un mondo che a stento cerca di ritornare alla sua origine.
Saluti cari.
Lorenzo
Ho riletto meglio i commenti di questo post, in particolare quelli di Simona, e mi sento davvero di ringraziarla, per la sua testimonianza fornita sia attraverso il racconto che tramite le parole scritte nei suoi commenti. Sono d’accordo soprattutto con la sua frase in cui afferma che la coscienza si forma “consegnando e conservando”. Servono sempre i testimoni che ci aiutino a non dimenticare, e a testimoniare a nostra volta a coloro che abbiamo accanto! Grazie Simona, e grazie Massimo per la possibilità che ci dai sempre di confrontarci su argomenti così importanti per tutti noi.
Grazie mille a Cristina, Lorenzo e Sara.
Grazie di cuore a voi tutti che ancora passate di qui. E un abbraccio affettuoso e commosso a Sara.
Notte di stelle.
Simona
Caro Massimo,
ho letto con piacere alcuni stralci sulla memoria di un grande uomo come Paolo Borsellino che, insieme a Giovanni Falcone e a sua moglie, è un santo, più un martire dello Stato. Amo, però, ricordare che anche nel campo della scienza e non solo della giustizia, dell’arte, del giornalismo e della letteratura la Sicilia ha avuto esempi unici. Penso a Ettore Majorana. E non mi dilungo oltre neanche su di lui. E’ un paese triste, penso, quello che ha bisogno di eroi per difendere la civiltà, questo è quello che penso e che ricordo pensai in quel afoso luglio del 1992. Ma la letteratura mi sembra assente da questo impegno. E soprattutto mi sembra sempre più lontana dalla responsabilità che gli scrittori dovrebbero custodire. E mi pare che questo nodo di Gordio sia sempre più un argomento tabù nel nostro paese.
A tutti buona estate
Marco Ciaurro
@ Marco Ciaurro
Caro Marco, grazie per essere intervenuto. Tra i caduti per mano della mafia mi piace ricordare l’importantissima figura del giornalista/scrittore Giuseppe (Pippo) Fava, assassinato nella mia città (Catania).
È vero… la letteratura pare meno impegnata rispetto alla questione delle mafie e della criminalità organizzata. Da questo punto di vista Sciascia ha lasciato un vuoto (anche se per la verità i romanzi che hanno a che fare con la ‘ndrangheta – quelli dei giovani Rosella Postorino e Vins Gallico, per esempio – e sulla camorra non mancano… superfluo citare Saviano).
Ma forse bisogna anche fare i conti con i cambiamenti della criminalità organizzata moderna… che uccide di meno e investe di più in attività economiche (in maniera illecota, ovviamente) di varia natura.
In tal senso mi pare illuminante questa intervista che mi ha rilasciato il magistrato Antonio Laudati (nell’ambito della mia trasmissione radiofonica “Letteratitudine in Fm”): http://www.rhprogrammi.com/letteratitudine/puntata%2011%20giugno/letteratitudine_puntata11giugno.mp3
Ecco… forse questo tipo di criminalità organizzata colpisce un po’ meno l’immaginario di scrittori e lettori… da qui la “penuria” di fiction e l’aumento della pubblicazione di testi di saggistica.
Siamo tre cose: tutto quel che del passato ricordiamo, tutto quel che scordiamo e tutto quel che siamo e siamo stati senza esserne coscienti.
Arrivo solo adesso a leggere il pezzo FUOCHI D’ARTIFICIO di Simona Lo Iacono; non altrettanto invero ho fatto – spero non me ne vogliate – con i 170 e più commenti. Doverosamente registrata la qualità intrinseca della scrittura: “vedrò avvitarsi sulla mia ombra la loro”, “Siamo bravi a distrarre la morte”, “il tempo è spigoloso, tende trappole e salta segnali” solo a mo’ di esempio, mi pare di cogliere, anche dal preambolo di Massimo Maugeri, che lo spirito della proposta miri non tanto alla memoria in sé, alla nuda rievocazione di quelle pur importanti pagine dell’album della nostra storia, quanto piuttosto ad interrogarsi sulla funzione sociale che la memoria può ricoprire, ovvero all’“ufficio” di trasferire agli altri, nello spazio e nel tempo, quelle esperienze che ci hanno segnato come collettività, dell’inesausto perseguimento della composizione del puzzle della verità e, perché no, nella rielaborazione scritta di essa, alla Letteratura. A Simona Lo Iacono, a Massimo Maugeri e a tutti il mio cordiale saluto, Marco Scalabrino.
Carissimo Marco,
grazie infinite per il suo passaggio qui e per aver detto questa frase importante:
“interrogarsi sulla funzione sociale che la memoria può ricoprire, ovvero all’“ufficio” di trasferire agli altri, nello spazio e nel tempo, quelle esperienze che ci hanno segnato come collettività, dell’inesausto perseguimento della composizione del puzzle della verità e, perché no, nella rielaborazione scritta di essa, alla Letteratura”.
Un affettuoso abbraccio
@ Marco Scalabrino
Grazie anche da parte mia, caro Marco.
Sarò breve Massimo, e saròllo cioè perchè in realtà io non divrei commentare questo post, ma così saluto te e tutta la brigata.
Diròllo
Diròllo Diròllo
Ma io ecco, Pasolini ecco, io Maremma prosopopea LO DETESTO! Io detesto proprio il mondo concettuale, l’atteggiamento mentale una serie di vezzi della sinistra che ha portato lui. Alla domanda per me fondamentale – che capisco non cambierà la vita de nessuno, lo vorresti a cena coll’amichi tua? Manco a li cani!
Detto questo – a me il Pasolini cinemino piace molto. Amo moltissimo il suo Vangelo. Gli riconosco grandissima e meritata importanza, a tratti riesco a leggerlo volentieri.
Naturalmente massimo rispetto per i pasolonisti oltranzisti, e anche per quelli moderati, abbasta che quando cominciano co “Pasolini diceva” non mettano al seguito anche un sospiro di rammarico colla pausa teatrale…
Niente tolgo il disturbo:)
Ehm… Zaub? Credo che tu abbia sbagliato post(o). :-))
Immagino che volessi intervenire nel post dedicato a Pasolini…
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/11/01/trentacinque-anni-dalla-morte-di-pasolini/
Poco male: copincollo il tuo intervento lì.
PER PAOLO BORSELLINO, VENT’ANNI DOPO: 19/7/1992 – 19/7/2012
Cari amici,
vent’anni fa, il 19 luglio del 1992, moriva Paolo Borsellino. Dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, si era recato insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove viveva sua madre.
Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell’abitazione, con circa 100 kg di esplosivo a bordo, deflagrò al passaggio del giudice, uccidendo anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, ferito mentre parcheggiava uno dei veicoli della scorta.
In memoria e onore di Paolo Borsellino – eroe italiano e vittima della mafia – dedico questo spazio di Letteratitudine, rimettendo in primo piano il post intitolato “Memoria, consapevolezza e coscienza civile”, pubblicato due anni fa e dedicato alla sua figura.
All’interno del post, in cui ragionavamo anche sul senso e sul valore della memoria, c’è un bel racconto della scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un suo messaggio, ha dichiarato: “Si sta lavorando e si deve lavorare senza sosta e senza remore per la rivelazione e sanzione di errori ed infamie che hanno inquinato la ricostruzione della strage di via D’Amelio. Si deve giungere alla definizione dell’autentica verità su quell’orribile crimine che costò la vita a un grande magistrato protagonista con Giovanni Falcone di svolte decisive per la lotta contro la mafia“.
Auspico che le parole di Napolitano trovino riscontro in tempi brevi.
Lascio questo spazio a vostra disposizione nel caso in cui voleste lasciare un commento, un ricordo, un messaggio dedicati alla figura di Paolo Borsellino.
Purtroppo, essendo fuori sede, nei prossimi giorni non avrò la possibilità di intervenire.
Ne approfitto, dunque, per ringraziarvi in anticipo e per salutarvi con affetto.
Buon fine settimana a tutti e… a presto!
Caro Massi,
grazie per aver ricordato Paolo Borsellino attraverso questo racconto.
Vent’anni dopo il suo sacrificio è ancora struggente, e il caldo che respiriamo ci riporta ancora una volta a quella deflagrazione senza cuore, a quelle ore di sangue, di morte, di impotenza.
Vorrei ricordare che questa sera alle ore 20,00 qui a Siracusa, in seno all’Ortigia film festival, avamposto Maniace, verrà ricordato Paolo Borsellino e i ragazzi della scorta.
L’evento, sostenuto dall’associazione nazionale magistrati, sarà caratterizzato dalla proiezione di cortometraggi e documentari.
Il luogo, tra i più suggestivi del centro storico, inserito nel quartiere ebraico della giudecca, si aprirà a una commemorazione sentita e partecipata.
Vorrei lasciare qualche citazione di Borsellino.
Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola. (citato in Giuseppe Ayala, Chi ha paura muore ogni giorno, Mondadori)
La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
(Tratto da un discorso di Paolo Borsellino ai cittadini siciliani. La registrazione originale è presente anche nella fiction prodotta da TaoDue film e trasmessa da Mediaset “Paolo Borsellino”)
Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.
(da L’agenda rossa di Paolo Borsellino)
Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.
(citato in Lavinia Farnese, Borsellino, eroe borghese in prima linea contro la mafia, la Repubblica, 17 luglio 2006, p. 53)
Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo.
(citato in Lirio Abbate, Peter Gomez, I complici. Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano, da Corleone al Parlamento, p. 36)
Grazie per l’opportunità. Saluti cari a tutti.
Il racconto di Simona è una piccola gemma incastonata tra i ricordi, ricordi di un passato che è ancora troppo presente e corre sulla pelle come il brivido di una leggera scarica elettrica. E’ davvero bellissimo, cara Simona. E da siciliana penso di capire con quale cuore l’hai scritto.
Il tempo acuisce la capacità di imparare dal passato o diluisce i suoi insegnamenti? chiede il nostro Massimo.
Dipende, mi viene da dire. Dipende da chi siamo, dal rapporto che abbiamo con noi stessi. Imparare dal tempo, e dal nostro passato, è percorso faticoso e lento. Io sono una persona “di pancia”, che dal passato ha molto appreso e molto dimenticato. E penso sia giusto così, il tempo che scorre è evoluzione, e cambiamo con esso.
Per Paolo Borsellino, per il suo sacrificio, mi rimbalza in mente una frase che forse ha citato qualcun altro (ma ho letto solo i primi commenti, pardon): “Chi non ha paura di morire, muore una volta sola”.
Ecco, qui dentro c’è tutta l’essenza di un uomo che rimarrà per sempre nella memoria.
Baci a Massimo e Simona
Un paese che genera eroi destinati a diventare martiri e’ un paese malato.
La speranza e’ che nel futuro nessuno debba piu’ piangere sui corpi di grandi uomini, come Falcone e Borsellino, devastati dalle barbarie.
Spero di non essere in ritardo per dire: GRAZIE PAOLO BORSELLINO!
CHIUSO PER LUTTO
(23 maggio 1992; 19 luglio 1992)
Basta così, giù il sipario, non me la sento stasera.
Si chiude. Vi rimborso il biglietto.
Lasciamo Guerrino per un bel po’
a sbrogliarsela con le tenebre
sul ciglione dell’abisso.
Gli farà bene vegliare anche lui
in questa Notte d’Ulivi della Sicilia…
Sicilia santa, Sicilia carogna…
Sicilia Giuda, Sicilia Cristo…
Battuta, sputata, inchiodata
palme e piedi a un muro dell’Ucciardone,
fra siepi di sudari in fila
e rose di sangue marcio
e spine di sole e odori,
sull’asfalto, di zolfo e cordite…
Isola leonessa, isola iena…
Cosa di carne d’oro settanta volte lebbrosa…
No, non verrà Guerrino a salvarla
con la sua spada di latta
a cavallo di Macchiabruna…
Nessun angelo trombettiere
nel mezzogiorno del Giudizio
suonerà per la vostra pasqua,
poveri paladini in borghese,
poveri cadaveri eroi,
di cui non oso pronunziare il nome…
Non vi vedremo mai più sorridere
col telefono in una mano
e una sigaretta nell’altra,
spettinati, baffuti, ciarlieri…
Nessuna mano solleverà
la pietra dei vostri sepolcri…
Nessuna schioderà
le bare dalle maniglie di bronzo…
Forse solo la tua, bambino.
GESUALDO BUFALINO
il commento n. 200 per tributare paolo borsellino, con la speranza che venga fatta luce sulle troppe ombre che ancora gravitano su questa strage.
Grazie di cuore a tutti per i vostri commenti.
Un saluto speciale a: Simona (grazie a te, Socia), Filippo, Silvia (ciao, Silvietta), Livio, Annamaria, Maria Lucia, Giacomo.
Gentile Massimo,
mi preme manifestare tuttora la mia forte solidarietà ai familiari del giudice Paolo Borsellino e a tutti coloro che, nelle istituzioni e nella società civile, si prodigano per combattere o contrastare duramente, con coraggio, una delle più nefaste e vergognose piaghe della nazione italiana.
Un caro saluto.
Grazie mille, caro Ausilio.
Sei molto caro… come sempre.
Un saluto affettuoso a te.