1. Che rapporto avete con i consigli?
2. Preferite darli o riceverli?
3. Meglio i consigli dei parenti o quelli degli amici?
4. E poi… secondo la vostra esperienza, i consigli sono più un atto di “carità” o di “cattiveria”?
Ne discutiamo insieme prendendo spunto dal divertente romanzo sull’arte scrittoria (e non solo) di Angelo Orlando Meloni intitolato “Io non ci volevo venire qui. Breve manuale di autodistruzione per il conseguimento della felicità” pubblicato dalla casa editrice Del Vecchio.
Vi riporto un passaggio tratto dalle prime pagine del libro:
«Chi non ha paura di un buon consiglio?
Io per esempio ho paura. Molta paura. evito di darli e di riceverli, e se li ricevo mi sforzo di dimenticarli. Quando non li dimentico, poi, cerco di applicarli male. Come vi potrà confermare più di un buon samaritano, dedicarsi ai problemi degli altri è uno sport pericoloso, perché il sonno della nostra indifferenza genera mostri e, in casi sventurati, un consiglio può generare addirittura “artisti”».
Un libro divertente, dicevo… ironico e autoironico, che rientra a pieno titolo nell’ambito della cosiddetta letteratura dell’ironia.
Di seguito, avrete la possibilità di leggere la recensione firmata da Salvo Zappulla e un assaggio del testo (un ulteriore assaggio potrete gustarvelo da qui).
Alla discussione parteciperà lo stesso Angelo Orlando Meloni, con il quale avremo modo di approfondire la conoscenza di questo suo romanzo.
Massimo Maugeri
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IO NON CI VOLEVO VENIRE QUI di Angelo Orlando Meloni
Del Vecchio editore, 2010 – pagg. 128 – euro 14
recensione di Salvo Zappulla (nella foto)
Angelo Orlando Meloni ha innato il senso del paradosso, come tutti i genialoidi riesce ad avere una visione deformata della realtà che lo circonda, manipolarla a piacimento secondo i propri gusti e la spigliata fantasia per servirla, sotto forme di originalissime storie, nei suoi libri. Un autore dotato di raffinato senso dell’umorismo, disposto a giocare con le sue idiosincrasie, le paure, le fobie in una serie di gag irresistibili. Non ci si annoia di certo a leggere “Io non ci volevo venire qui” (Edizioni Del Vecchio, pagg. 118, €. 14,00). Angelo è uomo dalla fervida immaginazione e dallo spirito indomabile, riesce a trasformare in satira irriverente qualsiasi argomento tratta. Il suo è umorismo scoppiettante, i suoi personaggi bislacchi e improbabili, coinvolti in situazioni surreali, pirotecnici commedianti degli equivoci, strappano il sorriso anche a uno che ha già ricevuto l’estrema unzione. Un’ umanità sgangherata, adorabile nella sua vacuità e sventatezza, composta da furbastri e aspiranti tali, che null’altro può pretendere, se non di essere assolta per legittimo impedimento. Si ride, a volte di gusto; altre con un velo di malinconia. Ma si riflette anche, sui personaggi che Angelo presenta: bizzarri, pirotecnici, millantatori. Profondamente umani e profondamente vulnerabili. Determinati a conquistare il mondo e già nati perdenti. Riuscire a coniugare ironia e letteratura, senza scadere nelle barzellette, è proprietà dei grandi scrittori e non vi è dubbio che Meloni sia uno scrittore di razza. Si può ricavare un romanzo gradevolissimo prendendo spunto dai piccoli fatti quotidiani? Sì, se l’idea viene a un autore dotato di esplosiva scrittura, disposto a mettere in gioco se stesso con spietata ironia, consapevole di voler infrangere la barriera dell’appiattimento, del quieto vivere, del chinare il capo rassegnati all’inerzia, per far emergere contraddizioni, prepotenze e malcostume. Un libro attualissimo, una sorsata di acqua fresca, a tratti delirante, estasiante, spumeggiante, esplora territori narrativi in grado di fare vibrare corde disperatamente umane.
A questo punto mi chiedo (tutto il mondo si chiede) chi è Angelo Orlando Meloni (foto accanto): un nuovo Messia venuto a illuminare i popoli? Un Woody Allen che ha subito un trauma cranico? Il pronipote di Fantozzi, perennemente afflitto da cefalee? Uno spermatozoo andato a male che involontariamente ha imbroccato la volata giusta, classificandosi primo suo malgrado?
O turista ignaro che ti aggiri cinguettando per le vie di Ortigia, o giapponesino, cinesino armato di cinepresa che ti addentri per le stretti calli di via Maestranza; giunonica svedese dallo sguardo ammaliante, il volto solare e le tette al vento, che ti godi lo scirocco di Corso Umberto, non ti soffermare con le tue zummate solo sulla fontana Aretusa e l’Orecchio di Dionisio ma riversa l’attenzione su quel tizio dal viso scarno, abbandonato in un angolino buio, sofferente e anemico come uno che ha appena subìto il salasso da un vampiro di passaggio. Non è lì per chiedere l’obolo, sta meditando, sta creando, sta confabulando con i folletti magici della sua mente. Immortalalo, un giorno potresti essere orgoglioso di raccontarlo ai nipotini. Geni si nasce o si diventa? Forse il segreto è racchiuso tra le pagine di questo libro.
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Brano estratto dal libro IO NON CI VOLEVO VENIRE QUI di Angelo Orlando Meloni
FAMMI UN’ALTRA BIRRA
Un giorno, alle elementari, la maestra vi dice: – oggi facciamo le frasette a fantasia.
Santa donna. però quel giorno le cose non vanno per il verso giusto. l’essere che sta forgiando i vostri destini fa una pausa a effetto e aggiunge: – Mi raccomando, stavolta dovete usare la parola
“lungamente”.
non l’avesse mai detto. ricordi ancora la faccia del tuo compagno di banco.
Terrore puro.
C’è chi dice rassodi la buccia.
C’è chi dice prepari alla vita.
C’è chi non è della stessa idea.
La parola “lungamente” per voi bambini è peggio di un UFO.
«Tirò il pallone lungamente» è il meglio che riesci a cavare dalla tua penna. Uno sforzo creativo devastante e infelice negli esiti, in quella giornata nella quale in molti sperimentate il fallimento.
Il tuo migliore amico diventa rosso magenta, vira sul blu cobalto nel tentativo di inseguire l’ispirazione, scrive: «Il papà ha comprato la macchina lungamente» e sviene a pelle di leone sul pavimento mentre consegna il compitino. Un giorno forse diventerà il paroliere di Carmen Consoli, ma per ora non riesce a convincere la maestra.
Gli avverbi!
Se gli insegnanti più scafati li usano per oscure ragioni pedagogiche, i redattori delle case editrici e gli insegnanti di scrittura creativa li temono come la peste, a causa del loro potere proliferante. Peggio dei conigli. Peccato che per insondabili motivi sia ASSOLUTAMENTE impossibile farne a meno.
Mettiamoci l’anima in pace, è inutile domandarsene la ragione, meglio, molto meglio non lasciarsi ossessionare dalla lunghezza degli avverbi e vivere tranquilli, senza chiedersi troppi perché.
IMPROVVISAMENTE un infingardo potrebbe sentire i nostri lamenti e mettersi in testa di darci un consiglio.
Ma se gli avverbi sono inevitabili, lo stesso non si può dire dei consigli. Non dovremmo né darne né riceverne. Lo so che è difficile resistere, ma la grandezza dell’uomo è tutta qua. La forza senza controllo è niente.
Chi non ha paura di un buon consiglio?
Io per esempio ho paura. Molta paura. evito di darli e di riceverli, e se li ricevo mi sforzo di dimenticarli. quando non li dimentico, poi, cerco di applicarli male. come vi potrà confermare più di un buon samaritano, dedicarsi ai problemi degli altri è uno sport pericoloso, perché il sonno della nostra indifferenza genera mostri e, in casi sventurati, un consiglio può generare addirittura “artisti”.
Ecco perché se un nostro amico sbatte le ciglia e ci mette il suo cuore in mano, l’unica soluzione è quella di fare il finto tonto. Dissimulare, mentire, nascondersi, darsi alla macchia ogni qual volta sentiamo quell’arietta freddina che accompagna la domanda: «secondo te, cosa dovrei fare?».
Certo, non tutti sono in grado di cambiare discorso come un politico preso in castagna. Non tutti possiedono faccia da culo e calma glaciale. Non tutti riescono a mimetizzarsi nella folla fino a scomparire. Ma non facciamoci prendere dal panico. Non sto dicendo che se un amico o un’amica mettono il loro cuore nelle nostre mani dobbiamo stenderli con un uppercut o sparire come un ninja in una nuvola di fumo. Questo, in casi estremi. Il più delle volte sarà sufficiente ordinare una birra e offrire una sigaretta.
È infatti innegabile che fumo e alcol, se pure da evitare al fine di una vita tutta fitness, possiedano qualche pregio di tutto rispetto.
Altrimenti, perché l’uomo ci si dedicherebbe da secoli? Il rapido susseguirsi di boccali e sigarette sembra fatto apposta per sviare l’attenzione fino a che, a causa del mal di testa, avremo dimenticato il problema e il relativo consiglio. A quel punto non ci resterà che accompagnare a casa il nostro compare e sospirare di sollievo. e per di più il compare dormirà sodo, annientato dalla sbornia, credendo che la vita è bella. Certo, non possiamo trascurare l’eventualità che un bicchiere di troppo causi l’effetto opposto. La facile eccitazione tipica delle birre irlandesi, per non parlare del surriscaldamento causato da un paio di gin tonic, potrebbero far perdere la trebisonda anche a un signor spock. Ed è storicamente accertato che i consigli più nefasti siano stati dati in seguito a epocali bisbocce.
– Che facciamo con quei rompicoglioni dei parti, Giuliano? – chiesero all’imperatore dopo un brunch di dodici portate.
– Armate la flotta, ragazzi. – Ma forse il divo Giuliano voleva dire: «fammi un’altra birra».
È per questo che a me, se mi scappa un consiglio, viene subito da aggiungere: – non mi prenderai sul serio, vero?
Ed è un sollievo sentirsi rispondere: – fossi matto.
Da “Io non ci volevo venire qui” di Angelo Orlando Meloni
pagg. 10-11
© Del Vecchio editore – Diritti riservati
Ed ecco un nuovo post che (credo e spero) ci terrà compagnia per qualche giorno mettendoci di buon umore…
Ma credo offra, anche, l’occasione per una delle nostre solite “riflessioni”.
Il tema che vi propongo è quello dei… consigli.
Anche se questo libro di Angelo Orlando Meloni ne affronta (in maniera intelligente e divertente) tanti altri.
Li scopriremo nel corso del dibattito, anche grazie al supporto di Salvo Zappulla (che ringrazio per la recensione che potete leggere sul post).
Salvo Zappulla, dall’alto del suo approccio umoristico, mi darà una mano ad animare la discussione.
Devo dire che mi sono molto divertito a leggere questo romanzo di A.O. Meloni… ma al di là di questo mi ha convinto la qualità della scrittura, la genialità di alcune “trovate” umoristiche, e la scelta tecnica di adoperare la “seconda persona” per tutta la durata della narrazione.
Scelta rischiosissima, ma… il risultato finale è davvero buono.
Mi ricordo che anche Roberto Alajmo, nel suo romanzo “La mossa del matto affogato” aveva utilizzato la stessa tecnica. Anche lì la narrazione procedeva con l’uso della “seconda persona”. Anche in quel caso l’esito finale è stato ottimo (anche se il tono della storia è un po’ più tragica e meno umoristica di quella del romanzo di cui discutiamo qui).
Vi ricordo il link con la discussione dedicata a quel libro. http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/08/07/la-mossa-del-matto-affogato-di-roberto-alajmo/
Torniamo a “Io non ci volevo venire qui”.
A proposito: ho dimenticato di presentare Angelo Orlando Meloni, che comunque interviene nelle discussioni letteratitudiniane utilizzando anche il diminutivo di “Ang”.
Lo presento nel commento a seguire…
Angelo Orlando Meloni è nato a Catania nel 1973 e vive a Siracusa. Ha scritto una raccolta di racconti, Ciao campione, pubblicata da Limina edizioni. “Io non ci volevo venire qui” è il suo primo romanzo. Altri racconti, interventi e recensioni sono apparsi nelle riviste “Nuova prosa”, “Stilos”, “Mono”, nell’antologia Il primo bacio fa schifo e nelle pagine on line di “Terranullius” e “FaM”. Aggiorna saltuariamente un blog di colore verde come l’ecologia, la benzina e la speranza: http://www.speraben.splinder.com
Per introdurvi ulteriormente in “Io non ci volevo venire qui” vi scrivo la scheda del libro.
(commento a seguire).
“Io non ci volevo venire qui. Breve manuale di autodistruzione per il conseguimento della felicità” di Angelo Orlando Meloni (Del Vecchio editore)
–
Io non ci volevo venire qui è l’autobiografia immaginaria – in chiave comica – di una persona priva di qualsiasi talentaccio, che vorrebbe vivere una vita tranquilla e che cercherà con tutte le sue forze di fuggire dalle sirene dell’arte. Una confessione aperta, che fa rivivere al lettore una incredibile serie di esperienze pseudo–artistiche, vissute tra compagnie teatrali di quartiere, scalcagnate scuole di scrittura, musicisti post–rock con la puzza sotto il naso e viaggi della speranza alla ricerca della fama. Lo specchio fedele di quello che accade quando l’istruzione di massa crea quale suo imprevedibile sottoprodotto un esercito di poeti e chitarristi anziché di scienziati. Una rassegna di episodi dissacranti, che si evolve non solo come un esilarante manuale per la conquista della felicità, ma diventa un vero e proprio romanzo di (de)formazione. Una sorpresa via l’altra, saremo alle prese con “la sindrome di Forrest Gump”, “il teorema del cavaliere” e la “maledizione del manoscritto perduto”, capitolo dopo capitolo, fino all’ultima, illuminante disavventura, che ci farà scoprire «perché il pubblico delle letture dantesche ha sempre quell’espressione beata sulla faccia».
Vi riporto al tema del blog riproponendovi questo “passaggio” tratto dalle prime pagine del libro di Angelo:
–
Chi non ha paura di un buon consiglio?
Io per esempio ho paura. Molta paura. evito di darli e di riceverli, e se li ricevo mi sforzo di dimenticarli. quando non li dimentico, poi, cerco di applicarli male. come vi potrà confermare più di un buon samaritano, dedicarsi ai problemi degli altri è uno sport pericoloso, perché il sonno della nostra indifferenza genera mostri e, in casi sventurati, un consiglio può generare addirittura “artisti”.
Da qui, le domande sui consigli.
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1. Che rapporto avete con i consigli?
2. Preferite darli o riceverli?
3. Meglio i consigli dei parenti o quelli degli amici?
4. E poi… secondo la vostra esperienza, i consigli sono più un atto di “carità” o di “cattiveria”?
Per stasera mi fermo qui.
Vi ricordo che dal 1° ottobre comincia la fase finale del Letteratitudine book award 2010: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/09/20/letteratitudine-book-award-2010/
Siete tutti invitati a partecipare.
Questo blog è in continua ascesa: dopo Calvino, Meloni. Ora ci si aspetta Dante Alighieri, poi possiamo anche chiudere e vivere di rendita per i prossimi cento anni.
A tutti voi, una serena notte…
Un saluto di “ben arrivato” a Salvo. ;-))
E di nuovo buonanotte a voi.
be’, grazie, Massimo,
un saluto anche a Salvo Zap da parte dell’Alighieri, e un ideale abbraccio a tutti quelli che vorranno partecipare alla discussione.
we rock!!
Angelo.
e attenzione ai consigli.
Molto interessante questo post. Ho letto i brani di Angelo Meloni e mi sono piaciuti. E’ un tipo di umorismo intellettuale che mi piace, che mi fa sorridere. E’ vero che ha un che di fantozziano, e secondo me Paolo Villaggio è un genio.
Il tema dei “consigli” è molto intrigante. Provo a rispondere alle domande, per dire come la penso io.
1. Che rapporto avete con i consigli?
Piuttosto buono. Siamo animali sociali, viviamo a contatto l’un con l’altro e non possiamo prescindere dalle relazioni verbali. I consigli rientrano in questo ambito.
2. Preferite darli o riceverli?
Non saprei. In genere i consigli li do solo se mi vengono richiesti, mentre a volte li ricevo ‘a prescindere’.
3. Meglio i consigli dei parenti o quelli degli amici?
Anche qui, non saprei. Ci sono parenti e parenti, e amici e amici.
Però i ‘consigli fastidiosi’ dei parenti sono quelli che scocciano di più, almeno per me.
4. E poi… secondo la vostra esperienza, i consigli sono più un atto di “carità” o di “cattiveria”?
Nè l’uno, né l’altro. Sono ‘atti sociali’, come dicevo prima.
Una domanda per A. O. Meloni.
Chi è , secondo te, il lettore tipo di questo libro? Chi ti piacerebbe che fosse?
Ciao a tutti.
io penso che senza consigli si vivrebbe senz’altro meglio. molto spesso più che consigli sono vere e proprie intromissioni nelle altrui sfere personali.
auguri ovviamente all’autore del libro. stasera mi leggerò con calma i brani.
ho proprio bisogno di una lettura umoristica o di qualunque altra cosa mi tiri un po su.
Rispondo subito alla domanda di Amelia Corsi, e invero è una facile risposta, ma anche l’unica possibile senza prodursi in infingimenti retorici.
Un libro ha i lettori che si merita, quelli che si cerca, quelli che riesce a convincere. Non esiste una categoria di lettori a cui questo libro è rivolto, perché in ultima analisi si tratta di narrativa, e quindi è rivolta a tutti.
Personalmente sono molto contento ogni qual volta mi arriva una lettera, un’impressione, una suggestione da uno dei lettori del libro, che ringrazio tutti per la generosità e l’intelligenza.
Grazie per la risposta. A presto.
@ Angelo Orlando Meloni
Complimenti ed auguri per il libro.
Lei come risponderebbe alle domande sui consigli poste da Massimo Maugeri?
@aurelio: l’attitudine di certe persone a dare sempre consigli è stata una delle molle che mi hanno fatto scrivere il libro, insieme all’accademichese dei testi universitari, a certe esperienze a certe letture a certe evidenze (almeno, per me tali). Detto questo, aggiungo, detto tra noi, che io temo sempre il momento in cui un amico, un cugino, un semplice conoscente da una discussione e via cambia espressione, ordina un cicchetto, accende una sigaretta, magari ti mette una mano sulle spalle, fa una boccata degna di Bogart e quindi, zac!, ti consiglia di non demordere, di non mollare mai, di crederci e cose del genere.
è lì che in genere si decide il nostro futuro…
Sono molto incuriosita dal libro di Meloni. E sui consigli ci sarebbe tanto da dire.
Massimo, come mai non hai pensato di mettere qualche citazione come hai fatto altre volte?
Sui consigli ce ne sono tante. Ne metto alcune io.
Come acque profonde sono i consigli nel cuore umano, l’uomo accorto le sa attingere.
(Salomone)
Consiglio di nemico è tradimento.
(Vincenzo Monti)
I consigli sono fatti per non essere seguiti, bisogna ascoltarli e poi fare tutto il contrario. Non riesco a darli perché mi sentirei una ridicola dispensatrice di saggezza, non riesco a riceverli perché non li seguo. I parenti di solito danno consigli dettati dal puro buon senso, pillole di saggezza formato rottura di scatole, suggerimenti assolutamente saggi in teoria ma inapplicabili nella vita pratica. Gli amici sono più epicurei, magari al tuo stesso livello e quindi dispensano consigli maggiormente ancorati alla realtà transeunte, il problema è che guardano le cose dal loro punto di vista, mai dal tuo. Idem per i regali, ti tegalano sempre quelle cose che servirebbero a loro, che userebbero loro ma di cui tu non sai che fare.
Cattiveria e carità si alternano nei buoni consigli in una mistura micidiale in cui inconsapevoli ansie, paure, condizionamenti morali e Super-Ego la fanno da padrone. Ne esce fuori una cattiveria indotta da pregiudizi e punti di vista falsati che, nella maggior parte delle volte, non ha niente a che vedere con la cattiveria pura, ma che è peggiore nella sostanza perché subdola e mista ad un senso di sovrannaturale pietà che pone il consigliere ad un livello “superiore” rispetto al poveretto che viene così inopportunamente “consigliato”.
I peggiori consigli comunque, quelli che assolutamente non possono essere sopportati in alcun modo, sono quelli “non richiesti”. Insistenti, invadenti, saccenti, nascondono un desiderio di autodistruzione, un blandire per ottenere di essere uccisi dall’amico o dal parente “consigliato”. Certe volte è meglio un sincero nemico ad un amico che come un ineffabile divinità propina buoni consigli.
Domanda consiglio a chi ben si corregge.
(Leonardo Da Vinci)
I vecchi amano dare buoni consigli per consolarsi di non poter più dare cattivi esempi.
(François de la Rochefoucauld)
Il saggio muta consiglio, ma lo stolto resta della sua opinione. (Francesco Petrarca)
In generale, si chiedono consigli solo per non seguirli o, se si seguono, è per avere qualcuno da rimproverare per averli dati.
(Alessandro Dumas padre)
In tempi di scarsi denari abbondano i consigli.
(Riccardo Bacchelli)
Non datemi consigli! So sbagliare da solo. (Leo Longanesi)
@ Maria Antonietta: ottima analisi sui “consiglieri”, mi sento di concordare.
@ Vale: strepitoso il Longanesi di “Non datemi consigli! So sbagliare da solo”.
E ce ne sarebbero molti altri, Angelo 🙂
ne scrivo qualcun altro.
Non v’è nemico peggiore del cattivo consiglio.
(Sofocle)
Un buon consiglio diamolo sempre a qualcun altro. È l’unica cosa da farne giacché non è di nessuna utilità per noi stessi.
(Oscar Wilde)
Credo basti così per ora. Ciao a tutti.
volevo chiedere a Meloni se in questo libro ci sono elementi autobiografici.
un’altra domanda è questa : l’ironia è una caratteristica della sua scrittura od è limitata a questo libro?
@ Vale: grandiosa anche questa di Wilde: Un buon consiglio diamolo sempre a qualcun altro. È l’unica cosa da farne giacché non è di nessuna utilità per noi stessi.
@ Giacomo: nel libro si alternano situaizoni reali ma rimasticate ad altre completamente inventate. come ho già detto, però, a una persona che mi faceva la stessa domanda, attenzione a cercare di capire quali sono reali e no, perché a volte la realtà sa essere molto più grottesca di tante invenzioni romanzesche. venendo alla seconda domanda: amo molto la letteratura comica, l’ironia, il grottesco, il surreale. Ma anche altri generi e stili. Leggo di tutto, in effetti.
Un caro saluto a tutti gli intervenuti anche da parte mia. Vedo che Angelo fa già da mattatore: educato, compìto, colto. Sta mostrando l’aspetto peggiore di sè, quello del bravo ragazzo. Ma non lasciatevi ingannare, in realtà è una mente perennemente in fermento capace di cogliere qualsiasi sfumatura dell’atteggiamento umano e renderla materia letteraria. La battuta sul ritratto della contessa Marzotto (Marzotto?) nuda, che si riveste per l’imbarazzo mi ha ricordato il miglior Campanile. Sono questi lampi geniali che contraddistinguono lo scrittore di razza: la verve, l’originalità, la capacità di dissacrazione. Ma non è solo un fatto di semplice ironia. Angelo, sotto l’apparente levità, riesce a rivelare verità nascoste, scava a fondo sulle debolezze umane, fa risaltare tic nevrotici, mode effimere, falsi valori propri della società contemporanea. Mi ricorda molto anche Luca Goldoni. Goldoni è di una profondità straordinaria e te la porge con naturalezza
Molto interessante anche l’intervento di Maria Antonietta Pinna, nota criminologa. Per chi ancora non lo sapesse Maria Antonietta sta studiando il caso di Angelo, sta cercando di introdursi nei meandri della sua mente per cercare di risalire all’origine della sua (quella di Angelo) predisposizione al crimine, capire qual è la molla che lo spinge a spiattellare sui muri le zanzare. Una vera e propria guerra di liberazione. In Sicilia le zanzare si sono estinte.
Ben vengano i consigli. Un sano atto di umiltà accettarli, ma anche una grande opportunità riceverli. Quanto a darli, se non richiesti, mai.
ciao Massimo, buona giornata!
Liz
sui consigli mi piace molto la citazione che ha scritto Vale – I vecchi amano dare buoni consigli per consolarsi di non poter più dare cattivi esempi – di François de la Rochefoucauld
Una domanda all’autore del libro sul titolo, Io non ci volevo venire qui. Dov’è che non vuole venire il protagonista del libro?
Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli quando non può dare il cattivo esempio.
(Fabrizio De André)
😉
@ Salvo Z: egregio Zappulla,mla guerra per la liberazione dalle zanzare procede a gonfie vele, a volte basta leggere solo qualche passo più noioso di qualche libro molto noioso e sopravvalutato per indurle all’autodistruzione sul muro.
🙂
@ katia: il titolo del libro fa riferimento metaforicamente al suo contenuto, e il posto dove non vuole trovarsi il protagonista corrisponde a questo nostro mondo malato di un surplus di artisticità, dove tutti sono artisti, chitarristi, poeti, designer, installatori, attori, cantanti eccetera; dove tutti strimpellano e la notte sognano di partecipare ad Amici o di essere intervistati o di poter far chissà che senza possedere non solo il necessario talento ma anche la necessaria volontà per affinarlo e farlo sbocciare; da questo presupposto si sviluppa il romanzo attraverso una serie di disavventure, ma per sapere esattamente “dove” il protagonista non voleva proprio andare a finire, bisogna leggere il romanzo fino all’ultimo capitolo. E non posso certo rivelare qui il colpo di scena.
😉
@Meloni.
E’ vero che durante un tuo viaggio all’estero (Canarie per l’esattezza) hai dichiarato in un’intervista: “L’unico vero grande scrittore siracusano sono io, gli altri sono tutte scartine, mi fanno un baffo. In particolare Salvo Zappulla, Stefano amato, la Lo Iacono e Vittorini compreso. E anche Maugeri, se fosse di Siracusa. Non negare, ho le prove. Ho un documento firmato dal Ministro di Santa Lucia.
@ Zap: Esimio dott. uff. lup. mann. Zappulla, mi duole dirlo ma lei è un taroccatore di documenti. Al limite posso aver detto in località piazza Santa Lucia di essere più bravo come scrittore di Dongo il cane astigmatico e di Zeppo l’allegro facocero ubriacone.
Lei deve avere qualche cattivo consigliere.
🙂
@Signori frequentatori del blog.
Vedete, come si scatena? Occorre saperlo punzecchiare nella maniera giusta. Angelo è un tipo particolare, si camuffa dietro una cortina di apparente fragilità, con quell’aria da eterno sfigato, ma in realtà è un vulcano, basti vedere il giro di amicizie che ha, la stima che riceve, le recensioni positive che ha ottenuto il suo romanzo. E’ un pesce-calamaro che spruzza inchiostro per disorientare gli avversari. Spesso gli telefono, quando ho necessità di contatti umani, e le sue risposte hanno la capacità di tirarmi su il morale. Lui telefona rare volte, e se lo fa utilizza il 488 per risparmiare.
“Angelo, che fai di bello?”
“Niente, Salvo, cosa vuoi che faccia? Sono qui che mi sto riscaldando la minestrina avanzata di ieri”.
Incredibile! Sembra Totò in Miseria e nobiltà. Lui naturalmente rappresenta la miseria.
Oppure: “Angelo, non ti sei ancora vestito?”
“No Salvo, devo aspettare che rientri mio fratello e si spogli lui”.
“Angelo, che cazzo c’entra tuo fratello?”
“Abbiamo un unico paio di pantaloni e dobbiamo fare a turno. Per fortuna lui fa il portiere di notte e dorme durante il giorno”.
Ancora miseria e nobiltà. In questo caso lui incarna la miseria più nera.
I nostri avi in Sicilia solevono dire : i cunsigghi sunu comu l’acqua s’ana
ddari quannu su circati. Come dire in italiano : i consigli si danno su richiesta degli interessati così come quando ci viene richiesto un bicchiere d’acqua fresca. Meditate gente…..
@ Zap: min faccia capire, lei rappresenterebbe la nobiltà? perché signori si nacque eccetera e lei si ricordi che sta pur sempre parlando con un poeta autoconclamato mica da ridere.
le “consiglio” di farsi un sereno ma severo esame di coscienza. e ora per favore non mi disturbi e lasciamo parlare i gentilissimi lettori.
ah… dimenticavo, la aspettano in piazza Santa Lucia per il poetry slam con Zeppo l’allegro facocero ubriacone.
# mirko g.: “i cunsigghi sunu comu l’acqua s’ana
ddari quannu su circati”, sagge parole. ed è proprio dall’insana abitudine del dare consigli a iosa e soprattutto a gratis, senza che siano richiesti, che è nata l’idea del mio libro tragicomico.
Caro Angelo, bentornato (da protagonista) per discutere insieme di questo tuo libro.
Scusami se sarò laconico (ma, come scrivevo nell’altro post, ho la febbre addosso).
Ne approfitto per salutare e ringraziare genericamente tutti gli intervenuti per i loro commenti (magari nei prossimi giorni vi ringrazierò uno per uno).
Continuate a rispondere alle domande, se potete…
E ponete al nostro Angelo Orlando Meloni in merito a “Io non ci volevo venire qui”.
A tutti voi, una buona notte.
Io non riesco a dare tanti consigli; non mi sento in grado di farlo, perché sento di averne bisogno io per prima. Infatti, tendo maggiormente a seguire quelli che mi vengono offerti e a metterli anche in pratica in maniera discreta. E, secondo la mia esperienza, generalmente i consigli che mi vengono dati sono buoni, specialmente se vengono dalle persone che mi vogliono bene e mi conoscono veramente, come i miei familiari e i miei amici più stretti.
In genere, non credo sia crudele dispensare consigli, soltanto bisogna farlo sempre in maniera disinteressata, senza porsi su una sorta di “piedistallo” come a dire “quello che dico io è l’unica cosa che vale”. E tenendo conto anche del fatto che bisogna sempre, infine, lasciare una persona libera di scegliere.
ben detto, Sara, osservazione ragionevole.
saluto anche Amelia, di nuovo, per il suo riferimento a Paolo Villaggio, anche secondo me è geniale.
e buonanotte a tutti.
@Angelo e @salvo…..i con-sigli sono come i com-menti sul blog,esigono, come recita l’etimo, la presenza del “cum”, al di là dei modelli interpretativi(il pio consiglia la carità, il laico, solo se intelligente,si astiene).Erga, dato che ESSERE é stare con e per gli altri,nel consiglio offerto io misuro la statura del ricevente.Se abbocca, é un ebete;se sta in guardia,dimostra capacità critica.Bisogna discettare non su chi formuli un giudizio ma su chi lo riceva.Diversamente tagliamo anche il blog.(purtroppo manco della brillante vivacità discorsiva che vi connota e che apprezzo molto).Leggerò il libro. M’incuriosisce.Lucia
Preferisco essere nella condizione di non aver bisogno di ricevere consigli, dunque per me è meglio darli.
Ci-ao Lu-ci-a. Grazie per l’ottimo intervento, profondo e sottile come sempre. Ma perché parli a rate? Hai fatto venire il sin-sin-ghio-zzo anche a me (li mortacci!!!).
E allora signori, vogliamo stimolare il Meloni a sbottonarsi? Ne vedrete delle belle. Stiamo parlando di un grande della letteratura, mica di un Calvino qualsiasi.
Una domanda ad Angelo la voglio rivolgere io: spesso, a torto secondo me, il romanzo umoristico viene considerato letteratura minore. Scrittori geniali come Achille Campanile (e ci metto anche De Crescenzo) non hanno ricevuto grandi consensi dalla critica. Cosa ne pensi? Cos’è per te la letteratura?
Prima di tutto un grande saluto a Salvo e complimenti per la sua spumeggiante recensione al libro che sono certa sarà altrettanto scoppiettante e ricco di spunti.
@Ang intanto un grande in bocca al lupo per il tuo romanzo, poi da quello che leggo, far ridere lasciando pensosi porta in sè sempre un fondo di malinconia, un pò come le rilfessioni del grande w.Allen e altri grandi che portandoci al sorriso ci fanno anche intravedere ciò che potrebbe tristemente accadere se non prestassimo maggiore attenzione alla vita.Esiste una “preoccupazione” nascosta fra le righe della tua ironia?Se sì, quale?L’indifferenza crescente fra noi esseri umani,la sfrenata ricerca di forme di talento soltanto di facciata, o la frustrazione di non sentirsi parte di un gioco di immagine?
La letteratura sottile dell’ironia quando è buona letteratura, come di certo nel tuo caso- ti leggerò presto- vuol sempre dirci qualcosa di più partendo da un punto di vista apparentemente solo divertente ma in realtà molto autentico che parla di noi.Cosa ti premeva di più raccontare in questa storia?
per quanto riguarda i consigli, adoro darne, ne farei pacchetti e regali sotto l’albero,richiesti e non, ho un banchetto come quello di Lucy Van Pelt e aspetto amici e parenti, il tutto per una modica cifra,talvolta pratico anche un comodo tre x due!Unica richiesta è che non li seguano veramente e che facciano di testa loro!Diciamo che a parte gli scherzi,non vedo nulla di male nell’interessarsi ai problemi altrui a patto che ci sia una conoscenza di base un’intimità e un’empatia.Spesso la curiosità verso le vite di altri,sincera curiosità, mi spinge a farli parlare molto di se, così poi il consiglio s’apre come una rosa al vento ma una volta dato non è più mio, ognuno lo interpreterà a proprio modo e sembrerà che sia stato partorito da lui.
per me stessa ne chiedo di rado e soltanto a chi posso aprire il mio cuore completamente, cerco di rivolgermi alla Francesca saggia anche se talvolta è difficile scovarla perchè l’altra Francesca la imbavaglia e la rinchiude da qualche parte.Lotte intestine…..
….mi alleno a praticare una sorta di ermeneutica del consiglio…..così senza togliere valore agli altri che lo chiedono o non lo chiedono ma magari hanno già dentro di se la risposta! 🙂
Grazie Francesca, sei gentilissima.
Non si può semplificare un argomento così importante con un”sì” o con un “no”.Io ho 80 anni e vi posso assicurare che nella vita di consigli ne ho ricevuti tanti e tanti ne ho dati: Quelli dei familiari sono sempre da prendere in considerazione e quelli degli amici (amici,amici) se nascono spontanei durante il racconto di un problema,perchè non accettarlo?Di alcuni consigli ricevuti, che mi hanno aiutato a risolvere,ho un ricordo continuo ed un’immensa gratitudine per quell’amica che ha saputo consigliarmi:di lei ricordo anche come era vestita nel momento in cui mi aiutava.
Cito il grandissimo De andrè:”si sa che la gente da buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente da buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio…”Ho sempre pensato che sia la presunzion e dell’ignorante e dellìarrogante a far dispensare consigli…
Concordo con le belle parole di Elena, non credo affatto che si possa affermare con sicurezza che dare consigli sia appannaggio della presunzione o dell’arroganza, quando esiste sincerità e vero sentire, quando esiste il desiderio di manifestare affetto e intimità perchè non prendersi la responsabilità di aiutare a vedere più chiaro?un consiglio se nasce da buoni propositi di empatia e di vicinanza non ha presunzione non vuole sostituirsi alla volontà dell’altro, soprattutto se è stato richiesto.In quel caso c’è fiducia,c’è un appello cui è giusto dare ascolto quando si vuol bene ed è “ignorante” ignorare e lavarsene le mani.Altra cosa è parlare a vanvera e con superficialità.
un caro saluto alla signora Elena.
Il miglior consiglio è quello che ciascuno può dare a se stesso, se questo consiglio casualmente coincide con quello di qualcun altro, parente, amico o nemico, ben venga, altrimenti meglio ignorarlo. Chi ci conosce meglio di noi stessi? Un consiglio senza conoscenza, anche se dettato da buona fede e amicizia, può essere deleterio per chi lo riceve e per chi lo propina come se fosse una medicina.
Quindi la cosa migliore sarebbe seguire il detto socratico “gnosce te ipsum” e vi assicuro che non si finisce davvero mai di imparare e si possono scoprire lati nascosti e insospettati.
Chi da consigli è come uno psichiatra divorziato che aiuta i pazienti a risolvere i loro problemi coniugali.
@Maria Antonietta”Quindi la cosa migliore sarebbe seguire il detto socratico “gnosce te ipsum”…..
vero!!!…ma ci stai dando un consiglio?! 🙂
Solo per dire che in fondo tutti siamo portati a dare consigli anche se non apertamente ,forse perchè ci piace l’idea di non dare l’impressione di propinare consigli. E poi mica è vincolante un consiglio?Qualche volta è anche peggio non darne perchè è un atteggiamento che non da pareri nè prende posizioni a riguardo di un problema proposto.Insomma “in medio stat virtus” regoliamoci senza ansie come ci sembra opportuno in quel momento ma senza diventare “Pilateschi”.
Vi consiglio di non seguire consigli.
Ergo, diffidate di chi vi dà consigli.
🙂
M.A.Pinna. Ben detto. Conoscere se stessi è già un’ impresa, figuriamoci se possono farlo gli altri per noi. Socrate però mica era uno che si faceva solo gli affarucci suoi, consigliò a suo nipote Socrates di lasciare il Brasile per andare a giocare nella Fiorentina, rimediando figure meschine.
@salvo…il mio sguardo(a proposito del tema dibattuto)si ferma sul “cum”,sull'”insieme”; e perciò sottolineo il com-mento. Si tratta di una leggerezza letteraria che, perché leggera, risulta vulnerante e suscita attenzione. Ti ho risposto in modo soddisfacente a proposito del mio singhiozzo?Sicuramente non é un belato. Ciao e complimenti per la nota al libro.
Immancabilmente…simpaticissima la recensione di Salvo Zappulla.
Assolutamente… da leggere il libro di Angelo Orlando Meloni.
Dunque, complessivamente… seguire il consiglio del recensore.
In quanto ai consigli da dare, me ne guardo bene. se insistono premetto che è solo come farei io, che sono ancora alquanto svitata.
Da chiedere preferisco pareri tecnici.
A quelli sperimentali ci penso io.
L’esperienza mi ha insegnato più dei consigli, “specialmente” quando le conseguenze sono state nefaste.
Cari saluti a Massimo e a tutti gli intervenuti.
Maria Antonietta Pinna è autrice del saggio “Dalle galee al bagno”, edizioni Armando Siciliano , un percorso dettagliato nella storia, nella storia degli uomini sottomessi ad altri uomini. Vittime e carnefici procedono per vie parallele accomunati dalla stessa sorte ingrata. Maria Antonietta in questo suo libro di esordio, ci fa conoscere tutti gli aspetti aberranti sui sistemi di detenzione e di pena dal XVI secolo fino al carcere da guerra. Uomini costretti a remare fino allo sfinimento, immersi nei loro stessi escrementi, torturati e seviziati fino alla morte. Allora non c’era la legge sul legittimo impedimento a tutelare i malfattori, che spesso non erano malfattori ma semplici persone cadute in disgrazia o invise ai potenti. E’ stupefacente scoprire aspetti della natura umana così perversi, il piacere subdolo degli aguzzini nell’infierire con compiaciuta crudeltà nei confronti di esseri inermi, impossibilitati a difendersi. E tutto in nome di una legalità completamente astrusa e illusoria. La detenzione non come strumento di recupero teso alla rieducazione del condannato ma quale coercizione e annientamento dell’individuo. I prigionieri mangiavano una volta al giorno, solitamente all’imbrunire per non vedere cosa avevano nella scodella: il rancio del marinaio era costituito da galletta, impasto di acqua e farina condita da aceto per coprire il gusto di marcio, da qui il nome rancio, ossia rancido, acido. Dormivano nelle panche legati, e soffrivano dello scorbuto, malattia che insorge per carenza di vitamina C. Il vino era molto apprezzato dai forzati e pur di averlo erano disposti a sottoporsi alle umiliazioni peggiori, persino a lasciarsi sodomizzare. Questo saggio di Maria Antonietta mi ha portato in un mondo a me sconosciuto, come addentrarsi nelle viscere dell’inferno e scoprirne gli orrori, tastarli con mano pagina dopo pagina. Un libro ben curato, con numerose illustrazioni e riferimenti. Ne consiglio la lettura a quanti desiderano qualche volta volgere lo sguardo al passato e seguire passo dopo passo le conquiste dell’uomo verso la civiltà. Se c’è qualche frequentatore del blog in attesa di finire in galera, può essere molto istruttivo. Ma dove è finito Angelo? mi sa che hanno arrestato lui.
@ Ma sicuro, cara Lucia, lo sai che ogni tanto mi piace scherzare. Conosco il tuo spessore intellettuale.
Un abbraccio.
@Vale ah ah, ben detto. 🙂
Un caro saluto anche a Cristina, e grazie per la simpatia, che ricambio.
Detesto i dispensatori di consigli gratuiti, e cerco sempre di evitare di chiederne, preferendo sbagliare da solo.
Mi terrorizza poi il sentirmeli chiedere. In genere, per non sbagliare, consiglio sia una cosa che il suo contrario.
Sono molto affidabile.
Fantastico Carlo!Il consiglio ambivalente è un’ottima scappatoia.
Però non capisco, sento molti che sono terrorizzati dai consigli, a me incuriosisce molto sentire come e cosa consigliano le persone, si capisce molto della natura di chi abbiamo di fronte ascoltando che genere di consiglio sta dando o sta richiedendo.E’ come se uno entrasse nei punti di vista degli altri, insomma il consiglio può essere visto anche sotto forma di una relazione costruttiva di conoscenza, intanto uno ascolta e uno parla poi ognuno fa di testa propria ma io lo vedo come un confronto senza pericoli di sorta.Mica danno un premio o una multa per il consiglio giusto e quello sbagliato!
La discussione si fa animata…vi consiglio di partecipare tutti!!! 🙂
vi ringrazio tutti quanti per i commenti, la discussione sui consigli ferve, e vedo e leggo tanti spunti interessanti, tante osservazioni su cui vale la pena di riflettere. alla fine fine, il “conosci te stesso”, che era anche il motto, per così dire, dell’oracolo di delfi, rimane nei secoli come il miglior consiglio che sia mai stato escogitato.
Miei cari amici di Letteratitudine, e grazie ancora per i vostri commenti, personalmente continuo a diffidare dei consigli, ma ciò non toglie che alle volte possano essere utili. certo è che nell’attuale congerie bisogna distinguere i consigli dati solo come effusione del proprio debordante ego e quelli schietti, e forse efficaci, disinteressati e infine quelli innocui (questi ultimi sono i miei preferiti). certo, è un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo, e noi siamo qui per questo.
A proposito di consigli innocui, mi hanno consigliato di iscrivermi a un corso di ballo latino americano, di recente.
è stato molto facile, la sera della prima lezione, rimanere a casa a spararmi un film e mangiare una bella pizza.
A Salvo Zap, che chiede di Campanile, rispondo che secondo me è stato un grande scrittore. la diffidenza nei confronti dei libri “leggeri” c’è sempre stata e come ogni forma di pregiudizio superato dai fatti è diventato – penso – in più occasioni una maniera per alzare un muro e difendere coi i denti il proprio territorio. Personalmente, trovo che alcuni libri di Campanile, come Il povero Piero o Agosto, moglie mia non ti conosco, siano irresistibili.
(e potremmo anche parlare di Wodehouse, altro grandissimo scrittore).
Insomma, sarà anche vero che il riso abbonda nella bocca degli stolti, ma anche i pregiudizi in quella dei bacchettoni.
p.s.
geniale il consiglio ambivalente.
certo, c’è il rischio che il consigliato metta in atto entrambe le procedure, con esiti catastrofici o quanto meno contraddittori.
p.s. II
ancora mille grazie a tutti voi per gli interventi puntuali intelligenti e spassosi.
Mah, non credo che il malcapitato li metta in pratica entrambi. Ritengo rimanga troppo frastornato da una risposta di questo tipo, ci rimugini sopra chiedendosi che cosa avrò voluto dire in fondo, e alla fine mi mandi a cagare. Con somma gioia per il mio pigro intestino. O a quel paese (musica: Sì, viaggiare,…).
Difficilmente comunque me ne chiederà un altro.
visto che siamo in tema di consigli…. tempo fa un certo tipo che di nome fa Salvo Zappulla, mi disse: ti consiglio un libro. Si chiama Io non ci volevo venire qui, eccetera. Poi, dopo qualche giorno, di nuovo: ti posso consigliare un libro? e di nuovo lo stesso titolo. E poi la terza, la quarta volta… Non so se sia demenza senile, o se ha sbattuto la testa e questo gli provoca amnesie a breve termine. Poi ho letto la recensione che ha scritto, sempre il tipo in questione, e devo ammettere che nonostante la demenza senile le recensioni le sa scrivere ancora bene. Mi sa che seguirò il suo consiglio, almeno lo tengo buono per un po’.
😀
p.s. @ angelo: in realtà lo leggerò perchè sei molto simpatico e penso che il tuo libro lo sia altrettanto… però non lo diciamo al recensore, lasciamogli la convinzione che lo leggo perchè me lo ha detto lui…
ciao!
Alla cara Francesca Giulia rispondo che forse il mio atteggiamento (e quello di chi non ama i consigli in genere) è dettato dal prendere le cose con (forse eccessiva) serietà. Un consiglio dato da una persona fidata è come se mi impegnasse a seguirlo, specie se richiesto espressamente. Quello che tu dici riguardo all’entrare nei punti di vista degli altri calza a pennello con lo scambio di opinioni, attività che pratico con piacere. Ma un consiglio, secondo me, è qualcosa di più serio (e responsabilizzante).
Poi bisognerebbe distinguere tra i consigli dati nelle materie sulle quali si possa vantare una certa competenza da quelli di chi a volte crede, anche in buona fede, di averne senza in realtà possederne un briciolo, o di chi si improvvisa tuttologo, e sono quelli più temibili.
E prendendo spunto da quanto scrive Giorgia (incuneatasi tra i miei 2 precedenti commenti) potrei proseguire il precedente discorso facendo l’esempio di Zappulla: non seguirei mai i suoi consigli di lettura come non comprerei da lui neanche un’auto usata.
Potrei fare un’eccezione però nel caso di questo libro.
E questo è un altro esempio: uno dei miei tipici consigli ambivalenti!
🙂
PS: Salvo, naturalmente scherzavo!
Però l’auto usata non me la proporre!
Caro Carlo, dici bene ma forse io al contrario mi diverto a prendere poco sul serio certe questioni e quindi sono poco seria!:-)
…però muoio dal ridere a sentire un tuttologo che dispensa consigli a destra e a manca, ad es. quando prendo il taxi e dobbiamo decidere che strada prendere per non trovare traffico- ehm a Napoli….- io godo a chiedere “E voi che consigliate?No, no, mi affido al vostro consiglio!”. Tanto lo so che o decide lui o io rimarremo imbottigliati lo stesso!
E’ chiaro che prendo alla leggera solo questioni di poco conto…per quelle importanti prendo soldi in cambio di consigli, il mio modello è Lucy Van Pelt.
un caro saluto a te , e alla fortissima Giorgia!
cara Giorgia, va bene così, lasciamo che il buon S. Z. si illuda di aver fatto centro con il suo “consiglio”.
caro Carlo, se vuoi un consiglio, io avrei giustappunto un’auto usata da vendere…
🙂
p.s. con ritardo @ maria antonietta pinna, di cui leggerò senza dubbio il libro, ché l’argomento è assai interessante.
pure io voto il consiglio ambivalente di carlo!!! è la tattica giusta, così non si scontenta nessuno. l’altra tattica è il consiglio autoispirato, nel senso che se uno ti chiede un consiglio alla fine gli dici esattamente quello che vuole sentirsi dire.
tempo fa, quando ero all’università (cioè giusto qualche mese fa) per gioco cominciai a leggere le carte. le leggevo agli amici e però giravo intorno finchè non capivo cosa voleva sentirsi dire. e funzionava, erano sempre tutti contenti.
p.s. ciao francesca giulia, che piacere ritrovarti!
Ma che carucci Giorgia e Carlo S. Carlo, la macchina comprala da Angelino, ché lui è una garanzia, la sua va a pedali, non inquina e non consuma benzina. E soprattutto non si sposta di un millimetro. Con Giorgia ho un conto in sospeso, la grande Giorgia Lepore, scrittrice e archeologa che quando trova un teschio, il teschio le dice: “Oh ma che brutta faccia! ma come sei invecchiata!. Giorgia in estate mi ha invitato nella sua città, a Martina Franca. Non avessi mai accettato. C’è una statua di padre Pio vicino casa sua, tutte le volte che vi passavo davanti, la cara Giorgia mi costringeva a genuflettermi e ha recitare il rosario. Se no non mi avrebbe fatto entrare in casa suo, scomunicato come ero. Avrò recitato tremila rosari nell’arco di 5 giorni e ho ancora un tremendo mal di schiena.
Eccola. Basta nominarla e riappare. Peggio degli agenti delle tasse. Devo fornirmi di peperoncini
Ho fatto un paio di refusi nel primo intervento. Ma si capisce lo stesso che sono intelligente, vero?
I consigli sono come i conigli: hanno il telefono con la tastiera blu.
–
(Ciao Salvo, e tanti auguri ad Angelo Orlando Meloni per il suo libro; e spero infine che la mia indicazione sui consigli sia di fondamentale utilità per l’umanità tutta.)
Ciao Gaetano, il tuo intervento mi consola, anche tu cominci a perdere colpi. Non si sta poi così bene in quella casa di riposo. Un giorno o l’altro verrò a trovarti.
Salvo, cos’è in fondo un po’ di mal di schiena in confronto alla salvezza dell’anima?
Ben misera cosa!
(Pensa a questo, e i castighi eterni riservati ai disonesti quando mi vorrai proporre la macchina. Non fosti tu del resto a rivisitare l’inferno con il sommo poeta?).
Carissimo Angelo,
finalmente riesco a connettermi dopo disavventure che ti racconterò (per farne materia del tuo prossimo libro!)…
Come ti ho già detto, e come mi piacerebbe che anche i lettori sapessero, il tuo libro ha una leggerezza che incanta e che sottende una profonda riflessione sulla realtà.
Non è facile far sorridere denunciando, senza nascondere a se stessi certi malesseri che serpeggiano sotto la crosta, o le apparenze di una età dorata, imbrillantinata ed esultante, dietro la quale si aggirano silenzi interiori.
Si tratta della grande lezione dell’ironia come scelta per raccontare il mondo, come voce narrante del mistero dell’uomo. Proprio come diceva Kierkegaard: “Dalla mia più tenera età, una freccia di dolore si è piantata nel mio cuore. Finché vi rimane, sono ironico – se la si strappa, muoio”
Ecco perchè il fatto che il protagonista del libro non sappia dare nè ricevere consigli ne fa un antieroe perplesso e audace, che alle capacità del mondo attuale di dare risposte, bardandosi di certezze granitiche, di lapidari giudizi o di luoghi comuni vestiti di saggezza, oppone il coraggio del dubbio, o anche del non avere a tutto una propria tesi da opporre, semplicemente conscio del fatto che il mistero è già alle porte, e che sondarlo con la sicurezza di scelte perfette vuol dire forse anche profanarlo, sentirne la ferita con meno dolore, o perderlo in un affollato presente fatto di immagini satinate, di apparenze incuranti della verità e della fragilità umana.
Ecco allora che i personaggi di Angelo svolazzano ribaltando i canoni del mondo, i codici decifratori del succeso, i paradigmi dell’ “uomo riuscito”. Sono fuoricorso, musicisti che sognano la grande occasione, aspiranti registi che forano aspettative e tempi, scrittori che tengono chiuso nel cassetto il manoscritto della propria vita, quello che considerano un best seller (e che nessuno pubblica). Un esercito del senso del contrario, o della sana (e inusitata) normalità che sfida le ricette mondane e che sentiamo molto vicino al cuore. E che, è il caso di dirlo, salutiamo con sollievo, con simpatia e – forse – con quella nostalgia che ci accomuna gli uni agli altri quando ci riconosciamo fallibili, timidi, non necessari.
Angelo Meloni, insomma, riporta al centro l’uomo, come lo riportavano alla memoria e all’anima certe sconclusionate riflessioni di Totò, che sovvertiva e impigliava in quel sorriso l’amarezza della vita quando non ci somiglia, quando non palpita della nostra umanissima inesperienza, del nostro essere comunque inadatti a viverla e a sondarne le strapiombanti altezze.
Un elogio dell’uomo comune, finamente, ma talmente vivace e brillante, talmente vivido, sornione e metafisico, da farne un ideale compagno di viaggio e di (dis)avventure.
Carissimo Angelo, grazie di cuore per averci ricordato le nostre radici sbalestrate e perplesse, il nostro andare confuso, dinoccolato, traballante e di averlo fatto…senza averci dato alcun consiglio!
Un bacio della buona notte da
Simo
mi dispiace riabassare il livello dopo questo magnifico intervento, ma, cara simona, quando parli di “radici sbalestrate e perplesse” e di “andare confuso, dinoccolato e traballante”, sembra proprio che tu ti riferisca a salvo zappulla mentre si aggirava quest’estate per le strade di martina franca… non è che per caso angelo si è ispirato a lui?
Giorgia, può essere…
🙂
Angelo, sono contenta che qui a Letteratitudine si parli e si scriva di leggerezza, quella calvinianamente intesa.
Tu riesci a parlare dei massimi sistemi facendoci sorridere e di questi tempi non è cosa da poco. ASSOLUTAMENTE. E senza dare né ricevere consigli.
🙂
Confesso che stasera avrei voluto salutare tutti con una battuta ma dopo aver letto i vostri commenti mi riesce meno facile.
Grazie, Simona, per la tua profondissima lettura, e grazie a Maria Lucia, “decisamente”; grazie a tutti voi, a Giorgia, al bravissimo Salvo (passato il mal di schiena?) e a tutti quelli che hanno commentato prima, cioè stamattina e ieri.
allora, mumble mumble, nei prossimi giorni mi toccherà dire qualcosa di molto intelligente, come minimo, per far bella figura… compito non da poco, visti tutti i vostri commenti.
Mi auguro che il libro possa piacervi e stimolarvi, io son qui pronto a rispondere a tutte le vostre domande e dubbi e prometto, come è stato chiaro fin d’ora, che mai verrò sfiorato dall’idea di anche solo provare a dare un consiglio a qualcuno. Parola di giovane marmotta.
A Francesca Giulia Marone rispondo che il mio non era un consiglio, infatti indicavo la cosa migliore per me che non è detto sia la cosa migliore per gli altri. Era in pratica un autoconsiglio, l’unico accettabile secondo me. Sono un rospo numero 2. Ossia ci sono due tipi di rospi, quello convinto di essere un principe e quello convinto di essere un rospo. Se il primo indagasse la sua vera natura, forse rimarrebbe deluso, allora per lui sarebbe meglio vivere in maniera surreale, prigioniero delle proprie illusioni. Il rospo numero 2 invece avrebbe tutto da guadagnare dall’introspezione perché magari potrebbe scoprire qualcosa di buono, tanto peggio di un rospo non potrà mai essere.
Naturalmente per quanto riguarda gli altri non potrei essere in grado di definire che rospi sono, quindi mi tengo il rospo ed evito di dare consigli, ognuno può fare da solo e se sbaglia tanto peggio per lui.
Ringrazio Salvo per il “nota criminologa”, mi chiedo ancora nota a chi, ma questo è un mistero che si risolverà col tempo.
Sono contenta che Angelo voglia leggere il mio libro, anche perché io leggerò il suo.
@Giorgia. Tua mamma doveva essere una gran brava donna, nonostante la predisposizione a commettere qualche peccatuccio di troppo.
@Pinna. Un rospo? Ho sempre pensato che fossi una piattola
@M.A.Pinna …il mio era semplicemente un modo di scherzare sull’argomento con leggerezza, poi è naturale che ognuno può sentirsi l’animale o il rospo che vuole con o senza consigli.
Tuttavia mi pare, in generale, che spesso quest’idea del dare o ricevere consigli sia troppo demonizzata”può essere deleterio” “dietro c’è presunzione e arroganza”, ma per il mio modestissimo e rospissimo pensiero.Penso alle diverse etimologie della parole, fra cui mi piace associare il significato di consiglio come adunanza di persone deliberanti, consultazione.Ma anche come fa qualche vecchio glossario che spiega la parola Cons-ilere con il fare insieme silenzio come se si aspettasse la parola altrui. Mi piace pensare al consiglio che una persona anziana potrebbe dare ad uno giovane su esperienze di vita già vissute, mi piace l’idea della figura in alcune civiltà antiche in cui si va da una saggio, uno esperto,qualcuno in cui crediamo che in buona fede può donarci qualche consiglio.A prescindere dunque dal conoscere se stessi che è un campo in cui non bisognerebbe mai credersi esperti perchè forse senza lo specchio di come ci conoscono gli altri noi non saremmo mai in grado di avere una corretta percezione di noi.Non si smette mai di interrogarsi,dunque a far bene e a sbagliare si fa sempre di testa propria ma non vedo grossi danni a chiedere un consiglio o a darne se fatto con attenzione cura e rispetto, e amore.Mi hanno commossa le parole della signora Elena che a 80 anni ricorda la sua amica nell’atto di darle un- importante evidentemente sentito- consiglio della sua vita. Qualche volta proprio credendo di poter fare a meno degli altri, di alcuni altri e del loro consiglio, viviamo nella presunzione di poter risolvere la vita da soli.Io mi sono consigliata spesso con le poche persone che amo e non per questo mi sono sentita meno capace di conoscere me stessa o di affrontare la vita, ho elaborato, riflettuto e poi deciso con la mia testa ma se avrò bisogno e la vita me ne presenterà occasione chiederò ancora con umiltà consiglio a chi potrebbe darmene. E con infinito rispetto cercherò di darne a coloro che si affideranno a me per un consiglio.Fatto con consapevolezza è un atto di amore per il prossimo.
un caro saluto e una buona giornata a tutti
Belle le parole di Francesca Giulia. Condivido.
Sui consigli mi pare si stia estremizzando, in un senso e nell’altro. Insomma, mi pare si stia dando a questo termine più importanza di quanto in effetti ne abbia. Un consiglio non è una sentenza espressa da un tribunale. Si dà, si riceve, a volte con superficialità, altre per sentirsi a posto con la propria coscienza. Chi non ha mai consigliato al proprio figlo: “Vai piano con la macchina” ben sapendo che il disgraziato non lo metterà in pratica. Così se va schiantarsi si sentirà doppiamente in colpa. Io personalmente li trovo fastidiosi e se mi capita che uno mi metta la mano sulla spalla dicendomi: “Smettila di fumare, ché il fumo fa male”, la prima volta subisco, la seconda lo mando a quel paese.
Cosa presuppone un consiglio del genere? Che il tizio in questione ne sappia più di me in materia di malattie causate dalle sigarette? Che io sia così sciocco da non rendermi conto dei rischi che corro? Che lui sia più saggio di me? L’uomo non è un essere razionale, e non sempre fa le cose che ufficialmente è giusto fare, altrimenti avremmo una società perfetta, noiosa, schematizzata, dove nessuno sgarra di una virgola. E allora penso che ogni azione dipende dal nostro carattere, dalla nostra unicità, che (per fortuna) fa di ogni individuo un’isola. Maria Antonietta, per come la conosco io, ha un carattere tendenzialmente ribelle, addirittura anarchico, preferisce andare dritto per la sua strada accumulando esperienze, giuste o sbagliate che siano, ma senza interferenze esterne. Francesca forse è una persona che ama una maggior vita sociale, circondarsi di affetti con cui interagire. Diverse maniere di accostrasi alla vita. Io la penso così, e se riesco ad avere l’approvazione di Vale, giuro che oggi mi faccio prete e comincio a dispensare consigli e acqua santa.
Salvo, ti approvo.
Però -e te lo dico solo per il tuo bene- “Smettila di fumare, ché il fumo fa male”!
🙂
@Angelo Orlando Meloni
Tanti complimenti per questo libro.
Tra le cose che ha detto c’è una cosa che mi sta a cuore e riguarda il fatto di sentirsi artisti quando non si possiede il talento, e soprattutto quando non ci si impegna nemmeno a far fruttare quel poco di talento che si ha. Mi viene in mente la Corrida di Corrado, dilettanti allo sbaraglio.
Volevo chiedere, a lei ed a tutti : il fatto di pretendere in alcuni casi di essere considerati artisti senza volersi sforzare a lavorare sul proprio talento, se lo si possiede, è un segno dei tempi o una caratteristica umana di sempre?
Carissimi,
torno a parlarvi del libro di Angelo, sottolineando la valenza tutta letteraria e interiore del “non dare consigli”, che si inserisce nell’ambito di una sottilissima e lucida analisi dei nostri tempi. Non si tratta quindi del consiglio nel senso stretto del termine, ma di un atteggiamento generale verso una realtà prodiga di risposte, ansiosa di darne più per ostentare se stessi che pensando al bene dell’altro, virulenta nel contagio del dover apparire a tutti i costi “qualcosa” o “qualcuno”.
E’ quindi una farsesca risposta a test psicologici e psicoattitudinali a cui veniamo sottoposti dai rotocalchi, a statistiche e numeri, a cornici entro le quali muoversi per essere riconosciuti.
Angelo rivendica un essere fuori dal coro che non è irriverente (mai) nei confronti dell’altro, ma stralunato, mistico. Non a caso, il titolo del testo è proprio “Io non ci volevo venire qui”, ma una volta che in questo mondo siamo costretti a starci, meglio farlo senza prendersi troppo sul serio, e – di conseguenza – attribuendo anche alla propria capacità di dare consigli un distacco interiore e umilissimo, di chi, in fondo, non riesce a percepirsi davvero sicuro di essere stato collocato al posto giusto.
Non si tratta quindi di inadeguatezza, ma di dolorante riflessione sulla realtà interiore e sociale, in tempi in cui appare più che mai urgente, anche attraverso il sorriso, sventrare le apparenze, ristabilire un sano contatto con la nostra umanità, con la nostra connaturata impotenza a essere, veramente, noi stessi tra il clangore delle voci, tra il velame del palco e del tendone dietro il quale siamo spesso costretti a inscenarci.
Io per esempio non ho mai capito questa gente che va a trasmissioni come la Corrida per riempirsi di ridicolo. A che pro, mi domando?
Carissimo Angelo,
col tuo permesso porgo ai lettori qualche domanda dei tuoi “test”, inseriti qua e là proprio a dispensare …improbabili …consigli.
—-
Ad esempio:
Test numero 2: come sopravvivere a noi stessi (pag 30,di “Io non ci volevo venire qui” ):
Oggi è:
a) un giorno come un altro
b) una meravigliosa occorrenza
c)Venerdì
——–
Domani:
a)Mi ubriaco
b)Scrivo poesie sull’amore perduto
c)Vado a lavoro, porca vacca.
La domanda è: caro Angelo…tu che risposte hai dato????
E poi: ci parli del perchè hai inserito questi test? Ne vuoi riportare altri da porgere ai frequentatori del blog?
@Giorgia … 🙂 🙂 🙂
Buona giornata a tutti!
@Salvo bravo,concordo con quello che hai detto!baci
@Simona Intanto un grande bacio a te, hai fatto bene a riallineare il concetto di consiglio all’interno della tematica del libro in questione,mi piace molto il taglio che ha dato l’autore.Certo, noi discutevamo in maniera leggera sul modo soggettivo di interpretare l’arte del consiglio.Mi è naturalmente simpatico questo protagonista che dice Io non ci volevo venire qui.Penso a quante volte è capitato di dirlo a me stessa, poi mi ricordo che da ragazzina avevo un adesivo sulla mia prima auto- una cinquecento blu- con Paperino che stralunato diceva”Non capisco ma mi adeguo!”. 🙂
un abbraccio
Ciao Vale, 😉
Però Salvo davvero, ti consiglio di smettere di fumare!!!!
Conosco un bel posto dove Franci e Vale potreste trascorrere le vacanze, magari ve lo segnalo piu avanti.
Oggi a Sortino si inaugura la 16° Mostra- Mercato dell’Editoria Siciliana.
Domani, alle ore 18,00 presenteremo il libro “Nel segno del cancro” di Cinzia Spadola, Sampognaro&Pupi Editore, interverranno il Dott Paolo Tralongo e il Dott. Giancarlo Buccheri. Alle 19,30 seguirà la cerimonia di premiazione del Concorso Letterario nazionale città di Sortino. Invito tutti gli amici nelle vicinanze a venirmi a trovare, se non altro per avere l’onore di conoscermi di persona, privilegio che non capita tutti i giorni.
cara francesca giulia marone, anche chi per mestiere sembra dare consigli(psicologi, educatori, sociologi ecc..)in realtà attraverso un percorso molto elaborato legato ad anni di studio, cerca di indurre l’altro a scegliere autonomamente, purtroppo l’empatia di cui parli non è arte di tutti.
Probabilmente un grande cantautore e pensatore come De andrè ha riflettuto molto bene sulla vita prima di scrivere tali parole in un testo.
Concedimi di dirti che parlare di superficialità di chi si astiene dal giudicare e dal dispensare verità che crede a priori giuste sia molto più grave che dire che chi consiglia parte sempre da una posizione di presunzione…altra cosa è saper ascoltare e indurre a riflettere.
I consigli dati da vecchi saggi ed esperti mi ricordano certe fattucchiere che nel mio paese fanno “la medicina dell’occhio” e scacciano il malocchio con sale, acqua e olio che galleggia sulla stessa, mormorano formule sapienziali e sincretiche e pensano di averti salvato la vita.
Le riunioni per propinare consigli suonano come una congiura alle mie orecchie. Mi ricordano due mie cugine con la terza media che, sedute attorno ad un tavolo, mi consigliavano come trovare lavoro, discettando con sapienza e compunzione sulla mia inettitudine.
La bistecca che ho mangiato mi si è messa sullo stomaco.
Salvo, da vera piattola ti dico che se vuoi smettere di fumare bene, se no suicidati pure, l’importante è essere consapevoli e tu sai benissimo che il fumo fa venire il cancro e che morirai tra atroci dolori con la sigaretta in bocca.
Gli psicologi e gli psichiatri danno consigli agli altri nel tentativo di risolvere i propri problemi.
Ho frequentato un Master di Criminologia e vi assicuro che gli psichiatri sono tutti sbroccati, c’era persino chi, per distrarsi, contava le formiche…
p.s. Salvo, non volermene.
Salve a tutti, vedo un’altra serie di commenti belli e bellissimi anzichenò.
evviva!
Dico subito che l’idea di consiglio come “stare con il silenzio” mi garba parecchio, la trovo affascinante.
In quest’affollatissimo mondo di “consigli per gli acquisti” chi non desidera un po’ di silenzio, un chinotto al bar senza che qualcuno metta la mano sulle nostre spalle, ci consigli di smettere di fumare (cosa che comunque non sarebbe male) e poi a tradimento valuti con domande subdole la nostra conoscenza del cinema orientale?
Detto questo, ringrazio di nuovo Simona per la sua splendida lettura del mio libro, che trovo stimolante e arguta.
Ebbene sì, quante volte siamo stati coinvolti e “costretti” con il ricatto morale a partecipare a imbarazzanti convegni, ad assurde riunioni finalizzate a spararla grossa, a libere deflagrazioni dell’ego di individui meno dotati artisticamente di Don Chuck castoro? E questa sensazione di fondo, questo “io non ci volevo venire qui” è forse una parodia di quella sensazione molto più profonda, dell’inadeguatezza di fronte al mondo, all’essere stati scagliati su questa terra?
Il dibattito è aperto.
Ancora, come mi domanda Antonio, penso-credo-suppongo che l’uomo possieda una caratteristica di fondo che lo spinge a mettersi in mostra e a esprimere il suo “io”, un po’ come quel personaggio di Asterix con la lira. Terribile, ricordate?
Dall’altro lato nella contemporaneità è rinvenibile una tendenza, quella di autoproclamarci artisti saltando a piè pari tutte le fasi intermedie.
Un calderone ribollente in cui mi tuffo anch’io, seppure non abbia mai osato paragonarmi a un Palazzeschi o un Landolfi. Un’idea che non mi ha mai sfiorato cervello e cervelletto.
Insomma, da una parte penso che questo “bisogno di espressione” sia una conseguenza inevitabile dell’alfabetizzazione di massa. L’uomo in fondo è una scimmia, imita. Ovvio quindi che in un’era nella quale in molti sappiamo leggere e scrivere una certa (anche enorme) quantità di persone cerchi di esprimersi artisticamente. Entro questo limite il fenomeno è, come dire, fisiologico, inevitabile, auspicabile, democratico. Ma dall’altro lato abbiamo il dato sconcertante in base al quale in Italia il numero dei poeti autoconclamati che pagano le tipografie per stampare i loro versi è superiore al venduto medio dei volumi “ufficiali” di poesia (un dato che ho letto di recente su di un quotidiano).
Un rovello micidiale, un paradosso degno del cretese quando dice che i cretesi mentono. Roba che farebbe girare la testa ad Archimede Pitagorico. Ma non è un gioco filosofico, è la realtà.
Ebbene, se questo amore per la poesia fosse altrettanto reale del mondo nel quale si è incistato come un bug nel mondo di Matrix, le collane di poesia venderebbero molto di più. Lo dice l’elementare buon senso. Se io amo la poesia a tal punto da pagare per pubblicare i miei versi, dovrei essere interessato anche alla poesia di quelli che, per così dire, “ce l’hanno fatta”; se non altro per vedere che aria tira e per confrontarmi eccetera. E invece qui il meccanismo s’inceppa.
E va tutto a catafascio. Ed è stato per questo che, senza aver l’ardire di considerarmi uno scrittore, un poeta laureato, ho deciso di scrivere questo mio librettino che spero vi strappi una risata, anche se amara, pieno zeppo di avventure e di tante strampalate teorie sulla “vita, l’universo e tutto quanto”.
e anche di test, come ricorda Simona.
(a proposito, se ne scriverò qualcun altro, non mancherò di “postarlo”)
p.s.
infine, sulla “Corrida”, pur condividendo a grandi linee il pensiero di Antonio, non mi sento di additare quel programma caciarone nel quale però il gioco era chiaro: non prendersi sul serio. Lì nessuno era convinto di essere un artista, be’, quasi nessuno… ma l’ho sempre visto come una trasmissione innocua, secondo me la parte oscura della forza si annida altrove.
@Bufano e Pinna mi rendo conto della limitatezza del mezzo e forse dell’infelicità delle mie personali espressioni a riguardo.
Non ho mai detto che dare consigli significhi dispensare verità o giudicare, e mi riferivo naturalmente alla nostalgia del ricordo di quando anche i consigli di un anziano che ti vuol bene valevano qualcosa.Comunque chiudo qui, non mi pare di essere più in tema con la discussione e penso profondamente che io non sia stata capace di esprimere il mio punto di vista molto molto meno “presuntuoso” e netto di altri.
De Andrè è stato un grandissimo e lo ammiro e lo ascolto ancora con emozione ma qualche volta le canzoni necessitano anche di un’interpretazione più elastica non sono mica la Bibbia.Quella gentile signora Elena che aveva raccontato di come ricordasse bene la sua amica che le aveva dato un consiglio importante nella sua vita mi ha fatto molta tenerezza e mi piaceva ricordare che non tutti i consigli sono dati con presunzione o intenzione di giudicare o “perchè non si possano più dare cattivi esempi” per dirla alla De Andrè.
sinceri saluti
Un augurio all’autore del libro.
@Angelo Orlandi Meloni, – Io volevo venire qui -, sul blog, ma al solito sono arrivata in ritardo e ho rischiato di non conoscere un pirotecnico scrittore e di perdere le sue meravigliose battute fulminanti.
Domani, segnalerò il Suo ameno libro nel mio sito sez. ” Freschi di stampa”
A proposito di consigli, nell’ usurato stupidario, ho trovato questo motto di FiNLEY PETER DUNNE, che, credetemi, fa proprio al caso mio:-
“ Molte persone, che non saprebbero dire come arrivare dal droghiere all’angolo, verranno ascoltate con rispetto quando l’età ne avrà danneggiato ulteriormente il cervello”
@ Gli amici cari e preziosi, Simona, Maria Lucia, Cristina, Massi, Salvuzzo (mio adorato recensore su “Notabilis” di ottobre) e tutti gli altri compagnucci della parrocchietta, se però il consiglio non Vi fosse piaciuto, potreste sempre liberamente pensare:-
“ Aveva poche idee in testa, ma in compenso ben confuse
” MARK TWAIN.
A presto, su questo luminoso schermo!
Tessy
Mi è piaciuto molto l’intervento dell’autore del libro, e a giudicare dall’arguzia che utilizza nelle sue analisi, se uno più uno fa due, il libro che ha scritto dovrebbe essere interessante e divertente insieme.
Riguardo l’editoria a pagamento sono perfettamente d’accordo con lui. Un business che non serve a niente e a nessuno e deprime arte e cultura. Il solo pensiero di pagare per pubblicare quello che scrivo mi mette addosso un’infinita tristezza.
Idem per la Corrida, c’è di peggio, in fondo se un povero Cristo vuole dare se stesso in pasto al pubblico ludibrio, faccia pure, il danno non è consistente.
Stiamo uscendo fuori tema? Non credo, in fondo il libro di Meloni parla della vita stessa, se ho compreso bene, la vita è una concatenazione di eventi, da un consiglio alla Corrida il passo è breve per quanto strano possa sembrare.
p.s. I consigli più perniciosi e devastanti sono quelli dati “per il tuo bene”.
Nel silenzio c’è un’armonia universale. Persino Pitagora coglieva nel silenzio il moto segreto e infinito dei pianeti.
Scusate l’assenza, ma ieri non ero proprio in condizioni per intervenire.
Intanto ne approfitto per ringraziare tutti per i commenti pervenuti.
@ Francesca Giulia
Cara Fran, io ho colto perfettamente il senso del tuo discorso e come sempre ho apprezzato la tua intelligente leggerezza. 🙂
–
A proposito… non sarebbe male aprire un sito dal nome qualcosa.com 😉
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Ma, bada bene, non è un consiglio.
In effetti sapevo che una questione apparentemente innocua come “il dare e ricevere consigli” avrebbe potuto dato origine a una disscussione belle e animata come questa…
Passo ai ringraziamenti di rito…
Grazie mille per essere intervenuti a: Amelia Corsi, Stefania Orsini, Aurelio, Vale…
@ Maria Antonietta Pinna
Grazie mille anche a te. E complimenti per il tuo libro che sembra davvero interessante (Salvo ha fatto bene a parlarne).
E grazie a: Giacomo Tessani, Liz, Katia, Anna Maria, Mirko Garofalo, Sara, Lucia Arsì, Elena, Francesca Giulia, Elena, Giorgia, Maria Lucia, Carlo, Gaetano…
@ Simona
Cara Simo, grazie per le tue preziose indicazioni su questo libro di Angelo. So che tu l’hai letto con grande interesse e attenzione… e l’hai molto apprezzato (come del resto si può riscontrare dai tuoi commenti).
E ancora grazie a: Cristina, Francesca Bufano, Antonio, Tessy (sempre splendida)…
E ovviamente grazie a Salvo Zappulla e a Angelo Orlando Meloni.
Spero di non aver dimenticato nessuno.
Nell’eventualità, chiedo venia…
In effetti, per non incorrere nel rischio di gaffe, tempo fa qualcuno mi aveva consigliato di evitare di ringraziare tutti (uno per uno).
Io l’ho ringraziato, e gli ho consigliato di consigliare a Salvo di smettere di fumare (e di mettergli rigorosamente la mano sulla spalla).
😉
Vedo che la discussione prosegue sempre più frenetica. Angelo nel suo intervento ha snocciolato una carrellata di argomenti interessantissimi, che poi sono gli stessi temi trattati nel suo libro: l’editoria a pagamento, l’Italia dei tanti scriventi e dei poche lettori, i corsi di scrittura. Mi rendo conto che partecipare a un dibattito senza aver letto il libro diventa impresa ostica, ma io che l’ho gustato fino all’ultima pagina, ne ho percepito i messaggi sottili e le provocazioni lanciate dall’autore, sono avvantaggiato rispetto agli altri e non ho dubbi sul fatto che definire romanzo umoristico “Io non ci volevo venire qui” sarebbe estremamente riduttivo. Angelo ne ha per tutti, sberle a destra e a manca su ciò che di poco chiaro ruota attorno alla carta stampata (e non solo); scudisciate nei confronti di tutto quanto possiamo definire sottobosco culturale. A tal proposito vorrei chiedergli cosa ne pensa dei corsi di scrittura, se li ritiene utili, e se li ha mai frequentati.
Ps. Ciao cara Tessy, sei sempre splendida
Ps2 La Fiera del libro sta andando una schifezza, manco un libro venduto. In compenso ho quattro standiste che mangiano come lupi siberiani, fanno avanti e indietro a rifornirsi di panini con la porchetta e lasciano tutto da pagare sul mio conto. Se tutto va bene, sono rovinato.
Caro Salvo, riuscire a vendere libri – in generale – è tutt’altro che facile. Dalle nostre parti, aihmé, l’impresa è ancora più ardua.
A proposito di corsi di scrittura, segnalo un vecchissimo post di Letteratitudine (del 2006) con interviste a Antonella Cilento e Luigi La Rosa: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2006/12/21/scuole-di-scrittura/
@ Angelo
In uno dei primi commenti di questo post, ho scritto: mi sono molto divertito a leggere questo romanzo di A.O. Meloni… ma al di là di questo mi ha convinto la qualità della scrittura, la genialità di alcune “trovate” umoristiche, e la scelta tecnica di adoperare la “seconda persona” per tutta la durata della narrazione. Scelta rischiosissima, ma… il risultato finale è davvero buono.
–
A proposito della scelta tecnica dell’uso della “seconda persona”, desideravo chiederti: è stata meditata (hai fatto magari alcune prove, prima), oppure è stata immediata (istintiva)?
E per quale ragione hai effettuato questa scelta?
A tutti, una serena notte e uno splendido sabato mattina.
Comunque, scherzi a parte, volevo congratularmi con A.O. Meloni. Le parti del libro che ho lette sono di qualità. Ci sa fare, il ragazzo.
I consigli vanno dati quando richiesti e con cautela, quindi anche per riceverli bisogna attendere che vengano richiesti. Bisogna ascoltare i consigli di tutti ma poi elaborarli con il nostro modo di pensare. Ognuno con i propri consigli può darci valore aggiunto.
francesca giulia marone certamente non si può generalizzare io ho detto la mia attraverso una citazione punto e basta.
non credo sia il caso di infervorarsi tanto.
Non amo i consigli, tutto quì, ma anche se ho una opinione negativa di chi ne dispensa sono aperta alla possibilità che esistano sane eccezioni, inoltre capisco pur non condividendo la tua opinione al riguardo.
Francesca Bufano, in effetti non è consigliabile infervorarsi sul tema consigli. 🙂
Ma scherzi e faccine a parte stiamo discutendo con un minimo di vivacità. Non mi pare che Francesca Giulia si sia infervorata. Nemmeno tu d’altra parte.
Del resto avere opinioni diverse è sano.
Io ribadisco la mia : Siamo animali sociali, viviamo a contatto l’un con l’altro e non possiamo prescindere dalle relazioni verbali. I consigli rientrano in questo ambito.
Questo secondo me.
Però se incontro qualcuno che so che non ama ricevere consigli me ne guardo bene dal darli.
siamo quello che siamo e la vita a volte è molto più complessa di quanto possa apparire .Hai ragione confronto, scontro, sono alla base di ogni relazione, io, comunque difendo l’individualismo e la libertà per quello non amo pensare che altri sappiano cosa è megliio per me.
Infervorarsi????!!!!
boh.Io ho trattato l’argomento con assoluta leggerezza,ma evidentemente “passa” altro.Concordo con Amelia- ciao Amelia-,accidenti non mi sembrava tanto grave dare o non dare un consiglio nella vita o…sul web.
saluti
Dico la mia sui consigli.
Per quanto mi riguarda li accetto solo dalle persone che so che mi vogliono bene. Magari il consiglio potrebbe essere sbagliato, ma in quel caso sarei certo che si tratterebbe di un errore in buona fede.
Accettarli non significa che poi li segua.
Complimenti a A. O. Meloni per il libro. E saluti a tutti.
altra cosa: i toni di ironia, leggerezza e vivacità dietro i quali spesso ci nascondiamo celano quella superficialità nella quale sta affogando il mondo.
Va bene l’ironia, ma quando occorre riflettere non bisogerebbe tirarsi indietro.Saper scegliere da soli significa crescere e prendersi delle responsabilità, uscire dalla massa…
Giusto, Francesca Bufano.
Mi sembra un ottimo consiglio.
E sono seria.
L’ironia aiuta a riflettere molto più che l’astio. Mi pare che il libro di Meloni da quello che ho letto qui e se non ho capito male testimoni proprio questo.
@Leo evviva! E’ quello che cerco di dire con serena pacatezza:io non ho mai inteso il consiglio come vincolante,ma per carità rispetto moltissimo chi non ne vuole ricevere nè dare, ma proprio perchè come dice F.Bufano la vita è molto più complessa di quanto può apparire mi metto in una condizione di apertura e cerco di valutare di volta in volta eventi, persone e comportamenti ma rispetto molto la libertà altrui.Ad es-stupido esempio perdonate- se dico a mia figlia “se dovessi andare in motorino con qualcuno mettiti il casco perchè se cadi hai minor possibilità di spaccarti il cranio”,non sto mica obbligando a fare o non fare sto dando un consiglio poi lei potrà di testa sua andare a piedi, in bici senza mani o 200 all’ora senza casco.
Comunque senza differenze di pensiero non ci sarebbe questa grande opportunità di dialogo,e al di là delle facili incomprensioni dettate dalla non conoscenza e dalla limitatezza del mezzo in uso- ad esempio non si ascoltano i toni della voce e non si vedono le espressioni, altrimenti Francesca avresti capito che non sono affatto infervorata,-sono lieta di aver partecipato.
Tessy, credo che verrò dal droghiere con te uno di questi giorni!
🙂
Un bacio grande…
C’è una canzone di Battiato cantata o meglio recitata da Manlio Sgalambro… ACCETTA IL CONSIGLIO. Alla fine dice: “Adesso ti dò un ultimo consiglio. Non accettare mai consigli…”.
è una riflessione, una idea, una constatazione…una semplice opinione,non un consiglio.
Anche se mi piace molto quello che raccontava Francesca Giulia sul valore dei consigli dati da persone di esperienza e valore, con delicatezza e discrezione, senza farli calare dall’alto, senza umiliare chi li ascolta e può decidere liberamente di seguirli o meno.
Di Maria Antonietta mi piaceva il richiamo forte al silenzio.
Penso che un bel tacer non fu mai scritto e che di ciò di cui non si può parlare bisogni tacere, ma le parole hanno un potere terapeutico, consolatorio e salvifico di cui non ci possiamo privare e di cui non possiamo privare gli altri.
Mi pare che quest’ultimo commento di Maria Lucia Riccioli sia illuminante. “Adesso ti dò un ultimo consiglio. Non accettare mai consigli…”
Aggiungo che secondo me che ci piaccia o no tutti anche indirettamente quando esprimiamo un’ opinione finiamo col dare un consiglio.
Questo intendevo con l’altro commento rivolto a Francesca Bufano.
Non ti arrabbiare, Francesca, eh? Lo dico con molta serenità.
Non avevo letto l’ultimo commento della Bufano…..ma ce l’hai con me?!
L’ironia e la leggerezza non sono la superficialità, purtroppo però sono un’arte di comprendere ed assaporare la vita non alla portata di tutti.
@Leo Il libro di Meloni mi sembra intelligentemente ironico e la penso come te,perciò sono molto curiosa di leggerlo.
Si, ma quando dici ‘ quando occorre riflettere non bisognerebbe tirarsi indietro’ di fatto indichi un comportamento da assumere. Quindi anche
E’ partito il commento per sbaglio.
Dicevo, anche quello è un consiglio. E non c’è nulla di male.
Bada bene. Quando un consiglio viene dato con insistenta diventa molestia, non più consiglio. Secondo me la differenza vera sta qui.
quando francesca mi dice che astenersi è da ignoranti mi sembra stia esprimendo un secco giudizio sul mio modo di vedere la questione è per quello che la trovavo infervorata!
No, Francesca Giulia. Credo che Francesca Bufano si stesse rivolgendo a me. Ma va bene così.
Ma no, Francesca Bufano. Seguo Francesca Giulia da tempo. Il fatto è che scrivendo commenti non sempre è facile capirsi. Il rischio di fraintendersi è sempre dietro l’angolo.
non sono arrabiata con nessuno.non ti conosco neppure cara francesca, dico solo che dopo la mia prima opinione la prima ad attaccarla sei stata tu io mi limito a risponderti.
Ma qui non ci si attacca, si scambiano opinioni. Il senso è questo.
Una bella stretta di mano è via, come direbbe Massimo.
Ma mi fermo qui, non vorrei essere tacciata di maugerite acuta.
“Siamo animali sociali, viviamo a contatto l’un con l’altro e non possiamo prescindere dalle relazioni verbali. I consigli rientrano in questo ambito”.
concordo con Amelia, cioè siamo animali sociali (lo hanno detto anche un sacco di filosofi e scienziati, se non erro), i consigli, infatti, sono inevitabili. L’unica è scherzarci su, prenderla con filosofia.
Devo dire subito che ho apprezzato moltissimo la discussione, e le opposte posizioni, tutte espresse con chiarezza e tutte degne di più di una riflessione; e porgo un grazie a Francesca per i suoi contributi e spero di tutto cuore che voglia tornare a salutarci. Un benvenuto a M.Teresa Santalucia Scibona. Mille grazie per il tuo commento e anche a Maria Antonietta; e la pianto qua ché so già dimenticherei qualcuno, cosa che vorrei evitare. Grazie a tutti, di cuore.
Rispondo invece alle domande:
Massimo mi chiede della seconda persona.
Sapevo che era un rischio, ma sebbene all’apparenza sia la più indicata per un libro del genere la prima persona mi ha stufato, almeno per il momento. Continuo a leggere libri in prima persona, ne sono usciti tantissimi, ultimamente, belli e brutti che siano, talmente tanti che in libreria la prima cosa che controllo è proprio questa, se c’è la prima persona.
Di conseguenza l’ho subito scartata per coerenza intellettuale. Ma è un vezzo momentaneo, non un nuovo dogma che ho costituito come credo universale, un giorno cambierò idea. Lo ripeto a scnaso di equivoci, è una scelta momentanea, come quando mangiamo troppi dolci e viene la nausea, come quando a furia di ascoltare i Modern Jazz Quartet viene voglia di ascoltare per qualche giorno le gagliarde schitarrate dei Metallica.
A quel punto però dovevo scegliere senza nascondere la testa nella sabbia; e poiché non esiste la nona persona, mi rimanevano a disposizione la terza e la seconda. Ha vinto la seconda perché il libro ha cominciato “naturalmente” a parlare così, con questo tono a metà tra il serio (una specie di atto d’accusa) e il faceto (la parodia di una requisitoria o di una relazione scientifica); era questa la sua voce, e dopo aver sfogliato la margherita (seconda, terza, seconda, terza…) ho bevuto un bicchiere di chinotto e battuto il pugno sul tavolo (ahi!), la terza persona ha risposto “obbedisco” e si è ritirata in vita privata, e sono andato avanti con la seconda fino alla fine.
Funzionava (anche se non mi piacciono troppo queste metafore, devo dire che… la seconda persona “funzionava”).
Salvo mi chiede dei corsi di scrittura, in effetti ne ho frequentato qualcuno. Mi hanno anche invitato a interventire dall’altro lato della barricata, ma ho fatto presente che avendo scritto solo due libri non posso insegnare scrittura creativa a chicchessia. Tutt’al più posso parlare di regole ortografiche e regole editoriali, una materia meno frizzante del “giochiamo al piccolo Faulkner”, ma molto utile per presentare a una casa editrice un manoscritto leggibile. Ecco, qua sta il punto, un corso di scrittura deve essere tenuto da una persona che si mette al servizio degli altri, che mette in gioco quello che sa.
Poi… il resto si vede.
In linea di massima diffido dai corsi così come diffido dai consigli, ma ho verificato che ci sono molte pregevoli eccezioni. Conosco un bravissimo insegnante di scrittura creativa (forse lo conoscete anche voi…) che fa sognare i suoi studenti per la sua competenza e passione; e questo è bello, mi piace, è forte. Per tornare alla mia esperienza personale, invece, essa è infarcita di meravigliose scoperte, felici intuizioni e clamorosi, imbarazzanti psicodrammi. Situazioni degne del miglior Fantozzi.
Ma è stata utile, perché ho imparato qualcosa (e come poteva essere altrimenti, dal confronto se non siamo teste di legno si impara sempre) e mi ha dato tanti spunti per scrivere questo libro.
😉
Con la chiusura di rito, ripeto: “Usa la forza, Luke”!
p.s. per Salvo Zap
alla fiera del libro che tu organizzi mi dovrai invitare, prima o poi, magari l’anno prossimo; così potrai renderti conto dell’esatta portata del concetto “mangiare a sbafo”.
p.s.
mentre scrivevo la risposta voi continuavate a commentare.
🙂
wow.
ad ogni modo mi rendo conto nel leggere gli interventi che in linea generale si è abituati ad ascoltare opinioni docili, mielose, sdolcinate e possibilmente positive in merito ai rapporti, se sono troppo cinica mi scuso per aver urtato la sensibilità di qualcuno.scusate ancora
p.s. II
ecco, mi ero dimenticato di salutare maria lucia, e chissà che altri ho dimenticato.
I’m sorry.
e anche francesca (forse, ma siete tanti…),
I’m sorry again.
Non sei affatto cinica, Francesca cara. E siamo abituati a ben altro, credimi. Viviamo tutti nell’Italia di oggi.
Carissima Sig.ra Bufano, carissima Francesca Giulia,
il vostro scambio mi sembra il segno dell’importanza della discussione, nonostante l’ronia intelligentissima del testo del signor Meloni (al quale rivolgo tutti i miei più sinceri auspici di una brillante carriera). Mi pare opportuno dire che è buon segno accalorarsi. Vuol dire che è rimasta coscienza, Dio benedica, cuore e passione sia per la responsabilità che ci si assume tacendo che per quella che ci si assume parlando.
E quindi, io direi, brave entrambe a saper stare sia dalla parte di chi sa dare un buon consiglio (con senso del rispetto per i tempi emotivi dell’altro, con dedizione per il suo dolore, se c’è, o per le sue paure) sia di chi non osa deviarne il destino temendo di dare un suggerimento sbagliato , perchè credo che in entrambi questi atteggiamenti ci sia amore per l’essere umano e per la sua grande fragilità.
Ciò che deve far arrabbiare non è questo atteggiamento amorevole (sia in un seno che nell’altro) bensì – credetemi – l’indifferenza.
E quindi, bravissime queste due Francesche che mostrano di lasciarsi comunque interrogare dal mondo interiore di chi sta loro davanti.
Un affettuosissimo saluto anche al caro signor Maugeri, del quale in questi giorni ho sentito la mancanza essendo dovuto andare, come di consueto, a Montecatini terme.
Vivissime congratulazione all’autore (che trovo anticonvenzionale e geniale)
il vostro
Professor Emilio
Professor Emilio le sono grata per le sue parole,conferma di quanto lei sia una persona sensibile ed equilibrata,per me è sempre un piacere leggere i suoi interventi.Per quanto mi riguarda metto passione un pò in tutte le cose che faccio,qualche volta sbagliando qualche volta “sensibilizzandomi” eccessivamente al dialogo,resto sempre grata a Massimo per questo spazio dove trovo non solo compagnia intelligente ma un sano confronto.
un saluto affettuoso a lei e a tutti gli altri amici che partecipano all’attuale discussione, inclusa naturalmente Francesca B.
Grazie a tutti per la appassionata partecipazione a questo dibattito.
Condivido molto l’intervento del prof. Emilio (che ringrazio e saluto con affetto).
Se riusciamo ad appassionarci a discussione come queste è segno di sana vitalità.
Grazie a te, Francesca Giulia, e a tutti gli altri partecipanti.
Senza di voi questo spazio sarebbe vuoto e inutile.
@ Salvo
Come sta procedendo la fiera?
@ Angelo
Raccontaci un po’ dell’editore Del Vecchio.
Come ti stai trovando?
–
Avevamo già avuto modo di discutere del libro della Vanderbeke, qui:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/01/nasce-babelit-incontro-con-birgit-vanderbeke/
E del romanzo di Andrea Ballarini nell’ambito del dibattito sul “romanzo storico”:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/12/13/dibattito-sul-romanzo-storico/
–
Anche i due suddetti libri sono pubblicati da Del Vecchio.
Bene bene, caro Massimo, rientro adesso. Ci siamo ripresi alla grande. Il libro di Angelo sta andando letteralmente a ruba, segno che la pubblicità su Letteratitudine non passa inosservata. La gente entra e chiede: “Avete il libro di Meloni?”.
“Meloni chi?”
“Quello che si sta presentando su Letteratitudine”.
Lo prendono, leggono qualche pagina e scappano via sghignazzando come matti, dimenticando di pagare. Letteralmente a ruba. Si sono già fregati trenta copie.
eeh, ma io l’ho sempre detto, se non puoi comprarlo, rubalo.
saluti anche a Emilio e ringrazio Massimo Maugeri e tutti voi per queta bella settimana.
pardon, per “questa” bella settimana.
🙂
grazie mille ad emilio e anch’io saluto francesca giulia.
trovo meraviglioso poter discutere con persone intelligenti e desiderose di confronto indipendentemente dal ritrovarsi daccordo o meno.
E quindi, io direi, brave entrambe a saper stare sia dalla parte di chi sa dare un buon consiglio (con senso del rispetto per i tempi emotivi dell’altro, con dedizione per il suo dolore, se c’è, o per le sue paure) sia di chi non osa deviarne il destino temendo di dare un suggerimento sbagliato , perchè credo che in entrambi questi atteggiamenti ci sia amore per l’essere umano e per la sua grande fragilità.
Ciò che deve far arrabbiare non è questo atteggiamento amorevole (sia in un seno che nell’altro) bensì – credetemi – l’indifferenza.
Ho fatto copia-incolla delle parole del prof. Emilio, al quale domando: Le è mai capitato nella vita, di ricevere consigli all’apparenza amorevoli che invece celavano indifferenza ? Seguire quei consigli con devozione e ritrovarsi ferito, oserei scrivere danneggiato in maniera molto seria? E se sì, quali sono state le sue reazioni, Lei che scrive di sana passione e sete di giustizia? Non ritiene che spesso sia falsato il rapporto fra la fragilità dell’interlocutore e chi ritiene di fare da guida? Attenzione, la vita degli altri è sacra….
Gentile Rossella,
grazie delle sue care domande. Nella vita sono stato fortunato. Sono stato molto amato. Ho avuto una moglie che rimpiango tutti i giorni e con la quale vivevo un simbiotico scambio d’aria. Sì, forse ci davamo anche consigli …nel senso che l’uno soggiornava nell’altra, e l’uno si arrendeva continuamente alla felicità dell’altro.
Non sono mai stato ferito dalle sue parole, nè da quelle di altri, perchè la felicità risiedeva tutta nel farsi bastare ogni sguardo, nel non sprecarne nemmeno una goccia, quasi preavvertissimo sempre l’immanenza di una separazione.
Quando poi lei è volata via, sfollata, così, tra le dita, lievitata al cielo, ho compreso che quell’amore copriva anche gli sbagli. E che il consiglio, il soccorrere, il precedere, il sentirsi coinvolti nel destino dell’altro, era già la scelta giusta. L’unica possibile per un essere umano.
Ma ripeto. Sono stato molto fortunato. L’indifferenza che ho patito dopo, negli sguardi di chi avrebe preferito per me la casa di riposo, nell’assenza di interesse (fosse esso giusto o sbagliato), nell’essere diventato solo un’ombra – sol perchè pensionato, poco autosufficiente, bisognoso di un sorriso – mi ha fatto preferire l’amore a tutto. All’accortezza, al tatto, all’educazione e alle buone maniere.
Mi interessa solo il cuore di chi mi sta davanti, perchè la verità è che consigli giusti, forse, non ne esistono, e neanche scelte perfette, senza rischi, senza storture. Ma resta, piantato in croce, nel centro del petto, palpitante come cosa viva, vera, assoluta, l’amore di chi ha posato su di noi le proprie carezze con devozione, con urgenza, con perdizione e infinita capacità di affondare nella nostra anima.
Se tra gli esseri umani esiste queso tipo di intimità è difficile che l’uno possa far da guida o da precettore. C’è piuttosto solo un’insopprimibile verità: che non si è due, ma uno.
A questo alludevo nel mio commento, carissima Rossella. A questa mia esperienza senza maestri, senza allievi, senza recriminazioni o successi.
Senza barriere, mia cara.
E senza tempo.
Il suo affezionato
Professor Emilio
Ringrazie anch’io Rosella per le sue domande. Anche perché mi hanno dato la possibilità di leggere questo bellissimo commento del prof. Emilio.
Ora mi spiego meglio. Credo che il dare e ricevere consigli sia un fatto serissimo, da seguire con un osservanza esattamente come il comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”. Un consiglio non ha alcun valore, anzi può diventare addirittura il contrario del suo fine, se non c’è fede nella persona a cui si dispensa, sarebbe più onesto per uno scettico tacere. Lo stesso dicasi per chi ascolta. Generalmente tutto deriva dalle opere e dalle dimostrazioni che si èstati capaci di dare ma, non illudetevi, spesso non bastano neppure quelle, anzi…
Saluti
Rossella
Carissimo prof. Emilio,
credo sia stato davvero fortunato. Avere (o aver avuto) la possibilità di vivere e condividere “una esperienza senza maestri, senza allievi, senza recriminazioni o successi… senza barriere… e senza tempo” non credo capiti nelle vite di ogni essere umano.
Grazie di cuore, prof. Emilio, per avercelo raccontato.
E ogni volta che avrà qualcosa da dire e da condividere (per me… ma non credo solo per me) non sarà mai un’ombra (sol perchè pensionato, poco autosufficiente, bisognoso di un sorriso).
E certo, Rossella. La profondità del rapporto, la fiducia, la lealtà tra gli interlocutori è alla base… anche, e soprattutto, quando ci sono di mezzo i consigli.
@ Angelo
E’ un piacere aver avuto la possibilità di chiacchierare di questo tuo libro.
Adesso rimetterò in primo piano il “Letteratitudine Book Award” (siete tutti invitati a partecipare: potrete contribuire ad assegnare il titolo a uno dei seguenti tre autori: Paul Auster, Ernesto Sabato, Philip Roth): http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/04/letteratitudine-book-award-2010/
Ma considero questa chiacchierata (se volete) tutt’altro che conclusa.
Magari potremmo trovare nuovi spunti per discutere (e conoscere meglio) “Io non ci volevo venire qui” di Angelo Orlando Meloni.
Che bello l’intervento del prof. Emilio. Quanta serenità. Quanta saggezza. E quanta ricchezza d’animo. Sono d’accordo con Massimo: lei è davvero un uomo fortunato perché ha ricordi dolcissimi da cullare e quando si arriva a una certa età i ricordi sono i piccoli tesori accumulati nel corso della nostra vita. Non tutti hanno la stessa fortuna, tante volte si trasformano in rimpianti o ferite che stentano a guarire.
Grazie mille, Salvo.
–
Caro Salvo, avresti altre domande da porre ad Angelo sul suo libro?
Io, intanto, chiudo qui.
Auguro a tutti voi una serena notte e un buon inizio settimana.
Bhe perché no. Ad Angelo vorrei chiedere perché insisteva a farmi il piedino quando gli ho presentato il libro a Siracusa. Non sto scherzando. Ti assicuro, è stata un’esperienza davvero imbarazzante. E c’erano circa duecento persone.
Inoltre lei parla d’Amore prof. Emilio! Senza barriere, senza tempo, senza maestri, senza allievi, senza recriminazioni, senza successi, senza nè tu nè io, amore cosmico, amore libero, grande, talmente grande che dovrebbe avvicinarsi all’Eterno… comprendo, è bellissimo, una dimensione divina della quale a me basterebbe, mi creda prof. Emilio, l’ammissione di una mancanza, o meglio mi basterebbe l’impegno di un limite, che però sia cosciente. Almeno consapevole.
Vuole veramente sapere come la penso?
Viviamo in un epoca dove impera una mancata coscienza dei limiti, a tutti i livelli, politici, amministratori, artisti , professionisti, per poi arrivare alla conseguente perdita di potere, ad una barca senza timone in preda dei flutti, senza rotta, si salvi chi può – grida qualcuno – magari era proprio quello che aveva ordinato di fare così e così e ancora così . . .
Solo per dire che le parole del professor Emilio mi hanno commossa. E tanto.
@ Salvo zap: non ero a fare piedino ma era il cane del custode che si era innamorato della tua caviglia, caro Zappulla.
ma detto questo, abbandono le facezie e devo dire anch’io che le parole del professor Emilio sono state illuminanti, emozionanti, e brillavano con il nitore della verità.
Leggo sempre con grande ammirazione e commozione le parole del prof Emilio,l’ho fatto anche e soprattutto questa volta.Le ritengo un dono per tutti noi che possiamo leggerle,è da ieri che le sento risuonare dentro.Auguro a chiunque una carezza d’amore in un attimo della vita che possa rappresentare poi una forza nell’eternità dei ricordi. Una carezza che possa curare le ferite che si nascondono dietro ogni esperienza dolorosa e necessaria di tutti gli amici che leggo qui.
un abbraccio anche a Rossella che interviene sempre con una intelligente capacità critica che ammiro e che mi lascia pensosa.
Un saluto affettuoso ad Emilio.
I consigli? Una volta ci avevo scritto una poesiola, così:
Cerco una mano
arriva un consiglio
e s’infila al centro di uno sbadiglio.
E poi anche un’altra, per una figlia, nello stesso librino:
Io ti indico il cammino
per favore, non seguirlo.
Poi ti dico la vita
e il destino:
fai solamente finta
di capirlo.