Duecento anni fa, esattamente il 7 febbraio del 1812, nasceva a Portsmouth (in Inghilterra), Charles John Huffam Dickens, meglio noto come Charles Dickens: uno dei romanzieri più noti e letti della storia della letteratura mondiale.
Non solo scrittore, ma anche giornalista e reporter di viaggio, Dickens ha dato alle stampe opere celeberrime: da Il Circolo Pickwick a Oliver Twist, da David Copperfield a Tempi difficili.
Vorrei che, nello stile di Letteratitudine, costruissimo insieme una pagina dedicata a questo grande romanziere britannico (morto a Gadshill, il 9 giugno 1870) considerato come uno dei padri (o addirittura il fondatore) del cosiddetto “romanzo sociale”.
Ancora una volta, dunque, vi invito a intervenire per “comporre” insieme un “tributo letterario”, con la speranza che questo post possa trasformarsi in occasione per meglio conoscere Charles Dickens e le sue opere (magari con l’auspicio di rileggerle o leggerle per la prima volta).
Chiedo a tutti di contribuire lasciando un ricordo, un’impressione, una citazione, un brano estrapolato da un romanzo, informazioni biografiche… e quant’altro possa servire a ricordare Dickens e la sua produzione narrativa.
Per facilitare la discussione, pongo alcune domande (pregandovi di fornire le vostre risposte):
1. Che rapporti avete con le opere di Charles Dickens?
2. Qual è quella che avete amato di più?
3. E l’opera di Dickens che ritenete più rappresentativa (a prescindere dalle vostre preferenze)?
4. Ritenete che le opere di Dickens siano ancora attuali?
5. Tra le varie “citazione” di (o su) Dickens di cui avete memoria (o che avete avuto, o avrete modo di leggere)… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?
6. A duecento anni dalla nascita, qual è l’eredità che Dickens ha lasciato nella letteratura mondiale?
Come sempre, vi ringrazio in anticipo per la vostra partecipazione.
Massimo Maugeri
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AGGIORNAMENTO DEL 07/2/2012
Aggiorno il post inserendo la notizia dell’imminente pubblicazione del romanzo incompiuto di Charles Dickens, “Il mistero di Edwin Drood” (Gargoyle books, € 17, pp. 360, traduzione di Stefano Manferlotti). Il libro sarà disponibile in libreria a partire dal 1° marzo.
Riporto, di seguito, la scheda del libro inviatami dall’ufficio stampa della Gargoyle…
(Massimo Maugeri)
Il giovane e facoltoso Edwin Drood, prossimo alle nozze con Rosa, sparisce in circostanze misteriose. Lo zio Jasper, anch’egli innamorato della ragazza, comincia a indagare. Edwin Drood è stato assassinato? E se sì, da chi?
È intorno a questo interrogativo che si sviluppa – e avviluppa – il romanzo, complicando quella che, solo in apparenza, risulta essere una trama gialla delle più classiche.
Ben presto, infatti, la vicenda si infittisce di intrecci, le pagine si affollano di personaggi equivoci, di situazioni e luoghi che hanno il gusto dell’esotico e in cui aleggia una coltre di fumo d’oppio.
La suspense cresce e il lettore si trova coinvolto in un complicato e audace gioco intellettuale, raccontato con uno stile inedito in cui, però, ritornano le caratteristiche tipiche della scrittura di Dickens, quali l’eccezionale capacità di affabulazione e la straordinaria resa realistica, evidente nei ritratti di certi tipi umani e nelle descrizioni di alcuni personaggi minori (come quelle del venditore all’incanto e sindaco Mr. Sapsea, del filantropo Mr. Honeythunder, del cupo muratore Durdles e del suo aiutante “Deputy”).
Ma l’enigma, alla fine, rimane insoluto e la scomparsa avvolta nel mistero.
Molte le congetture fatte nel corso del tempo, molti gli scrittori che hanno tentato di mettere la parola fine alla vicenda o che ne hanno proposto delle rielaborazioni letterarie (a volte anche piuttosto riuscite come nel caso di Drood di Dan Simmons, 2009).
Anche in Italia, Fruttero & Lucentini, ne “La verità sul caso D.”, si sono messi sulle tracce Edwin Drood, chiamando a indagare i più grandi investigatori della letteratura e ipotizzando che il ragazzo sia una sorta di alter ego dello scrittore. Ultimo omaggio quello della BBC, che proprio nei giorni scorsi, per festeggiare il bicentenario, ha trasmesso una serie in due puntate, commissionando il finale a Gwyneth Hughes, grande esperta in trasposizioni di gialli per la televisione.
Gli adattamenti cinematografici invece sono stati quelli di Arthur Gilbert (1909), Herbert Blaché-Tom Terriss (1914), di Stuart Walker (1935) e di Timothy Forder (1993).
Non sapremo mai come Dickens avrebbe voluto concludere il suo romanzo, la morte improvvisa ne ha reso per sempre sconosciute le intenzioni, lasciando in compenso a noi lettori la possibilità di fantasticare.
Nota al testo: A tutt’oggi quella di Stefano Manferlotti rimane la ricostruzione filologica di maggiore autorevolezza, per integrità e fedeltà al testo dickensiano. Si tratta della prima traduzione italiana in assoluto; redatta sulla base del manoscritto originale (attualmente esposto all’interno della mostra “Dickens and London”, in corso nella capitale britannica) e corredata di un apparato critico agile quanto prezioso, è arricchita in appendice del cosiddetto “Frammento Sapsea” (quattro pagine in cui si introduce il personaggio di Mr. Sapsea prima della sua investitura a Sindaco di Cloisterham). Questa parte, che non era stata inclusa da Dickens nel testo – chissà se lo avrebbe fatto in futuro –, è tra i documenti recuperati e inseriti da John Forster nella sua celebre biografia di Dickens (Life of Charles Dickens, 1872-1874). Manferlotti si è premurato di riportarla per rendere il suo lavoro il più possibile completo. La traduzione, uscita per la prima volta nel 1983 per i tipi della Giuda, ha vinto, due anni dopo, il prestigioso Premio Monselice; dopo essere stata a lungo fuori catalogo, l’editore Gargoyle ne ripropone la pubblicazione in una versione aggiornata.
Cari amici,
duecento anni fa, esattamente il 7 febbraio del 1812, nasceva a Portsmouth (in Inghilterra), Charles John Huffam Dickens, meglio noto come Charles Dickens: uno dei romanzieri più noti e letti della storia della letteratura mondiale.
Non solo scrittore, ma anche giornalista e reporter di viaggio, Dickens ha dato alle stampe opere celeberrime: da “Il Circolo Pickwick” a “Oliver Twist”, da “David Copperfield” a “Tempi difficili”.
Vorrei che, nello stile di Letteratitudine, costruissimo insieme una pagina dedicata a questo grande romanziere britannico (morto a Gadshill, il 9 giugno 1870) considerato come uno dei padri (o addirittura il fondatore) del cosiddetto “romanzo sociale”.
Ancora una volta, dunque, vi invito a intervenire per “comporre” insieme un “tributo letterario”, con la speranza che questo post possa trasformarsi in occasione per meglio conoscere Charles Dickens e le sue opere (magari con l’auspicio di rileggerle o leggerle per la prima volta).
Chiedo a tutti di contribuire lasciando un ricordo, un’impressione, una citazione, un brano estrapolato da un romanzo, informazioni biografiche… e quant’altro possa servire a ricordare Dickens e la sua produzione narrativa.
Per facilitare la discussione, pongo alcune domande (pregandovi di fornire le vostre risposte)…
1. Che rapporti avete con le opere di Charles Dickens?
2. Qual è quella che avete amato di più?
3. E l’opera di Dickens che ritenete più rappresentativa (a prescindere dalle vostre preferenze)?
4. Ritenete che le opere di Dickens siano ancora attuali?
5. Tra le varie “citazione” di (o su) Dickens di cui avete memoria (o che avete avuto, o avrete modo di leggere)… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?
6. A duecento anni dalla nascita, qual è l’eredità che Dickens ha lasciato nella letteratura mondiale?
Come sempre, vi ringrazio in anticipo per la vostra partecipazione.
Prima di chiudere, aggiungo che la pubblicazione di questo post è stata stimolata dall’amico scrittore e giornalista de Il Messaggero Enrico Gregori, che mi ha ricordato per sms la data della ricorrenza.
Grazie, Enrico!
Auguro a tutti una serena notte.
Un libro interessante al riguardo, ormai vintage, e credo introvabile, considerando che andò esaurito.
Per la prima volta tradotto in Italia: “Canto di Natale, reading”, ovvero la versione che Dickens scrisse per la lettura in pubblico.
Traduttore Paolo Maria Noseda, illustratore Roberto Di Costanzo, introduzione di Sante Maurizi, ex tipi Azimut.
Dickens.
Se penso al narratore per eccellenza, penso a lui. Se non sbaglio fu anche piuttosto criticato dagli intellettuali dell’epoca.
Invidia? Forse.
Rimane uno dei più grandi.
Addirittura fino alla metà degli anni ’50 del secolo appena trascorso, era considerato dai critici un autore per ragazzi. Si tratta invece di uno dei massimi scrittori di tutti i tempi, che godette del successo di pubblico sin da giovanissimo.
Troverete un mio contributo su alcuni romanzi, qui:
http://www.bartolomeodimonaco.it/online/?p=639#06
Ben hai fatto Massimo a ricordarlo.
Grandissimo Dickens. Sono una sua fan dagli anni dell’adolescenza. Un colosso della letteratura mondiale e assolutamente immortale. Affascinante!!!
un gigante della letteratura. ha scritto libri che hanno letto intere generazioni. e da cui hanno tratto film importanti. ne escono sempre di nuovi, di film tratti dai romanzi di Dickens.
Ogni anno rileggo A CHRISTMAS CAROL… fiaba potente e dolce insieme.
1. Che rapporti avete con le opere di Charles Dickens?
Amo Dickens e vorrei approfittare dell’anniversario per riprenderlo… un narratore nato, un fiume di narrazione, una scrittura ironica e visiva, piena di sentimento ma non sentimentale, grandissimo!
2. Qual è quella che avete amato di più?
“A CHRISTMAS CAROL”, ma anche “GREAT EXPECTATIONS”, cupissima, tremenda, capolavoro assoluto.
3. E l’opera di Dickens che ritenete più rappresentativa (a prescindere dalle vostre preferenze)?
Credo i classici DAVID COPPERFIELD, OLIVER TWIST…
4. Ritenete che le opere di Dickens siano ancora attuali?
Sicuramente. Lo testimoniano film e cartoni animati, da Disney a Polanski. Un genio come lui ha ancora moltissimo e sempre da dire.
5. Tra le varie “citazione” di (o su) Dickens di cui avete memoria (o che avete avuto, o avrete modo di leggere)… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?
Ve ne ricopio una nei prossimi giorni che incarna la mia idea di scrittura.
6. A duecento anni dalla nascita, qual è l’eredità che Dickens ha lasciato nella letteratura mondiale?
Intanto il romanzo “popolare” con lui passa da feuilleton ad opera vera e propria. La sua è un’eredità non solo di storie, ma anche di sguardi. Sui poveri, sui reietti. Sui dimenticati. Ma sempre con un filo di speranza, con lo sguardo volto verso qualcosa che trascende le miserie umane.
essendo indisciplinato (non)rispondo in ordine sparso e come capita. ritengo dickens uno dei più grandi narratori della letteratura. narratore, sottolineo. che per me è più che scrittore. infatti, ammesso che possa essere considerato il padre del romanzo sociale, la società che dickens descrive è ambiente, colore e personaggio tra i personaggi. in dickens è sempre la storia a essere protagonista, quindi il contesto sociale emerge spontaneamente insieme ai personaggi e alle vicende e mai come in una sorta di trattato o di saggio. canto di natale è un gioiello che fa storia a sé. i romanzi che ho letto sono david copperfield, oliver twist, il circolo pickwick e la bottega dell’antiquario. quest’ultimo è anche quello che potrei considerare il migliore. un capolavoro assoluto… per me, ovviamente
“Non amare Dickens è un peccato mortale: chi non lo ama non ama nemmeno il romanzo”.
(Pietro Citati)
anche google festeggia dickens http://www.google.it/logos/2012/dickens-2012-HP.jpg
obbiettivamente, diciamolo, dickens è il maestro dei narratori.
Cosa pensava Dickens degli scienziati a lui contemporanei?
Domani – oggi – alle 11 a radio3scienza Franco Buffoni racconterà Le Cronache di Mudfog
«Vi racconto il mio prozio»
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A duecento anni dalla nascita «Dickens è un autore ancora attualissimo. La natura umana è stata la sua fonte di ispirazione»: la testimonianza della trisnipote Lucinda Anne Dickens Hawksley
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«L’Italia lo ha ispirato moltissimo». Esordisce così Lucinda Dickens Hawksley, trisnipote di Charles Dickens cui ha dedicato una ricca biografia appena uscita in Gran Bretagna (Charles Dickens, Lucinda Dickens Hawksley, Andre Deutsch Ltd). E non importa che per rispondere ad Europa debba sfidare l’oceano, trovandosi letteralmente – durante l’intervista – su una nave in mezzo al mare.
Lucinda, al di là del suo nome non si arrende di fronte a nulla. È una degna erede di Charles Dickens, uno dei simboli della letteratura britannica che il 7 febbraio prossimo avrebbe compiuto 200 anni. «Dickens è ancora oggi attualissimo – spiega – perché ha raccontato dell’essere umano in modo umano, dei sentimenti e dei fallimenti nei quali ognuno di noi anche nella nostra epoca può riconoscersi. È stato inoltre un filantropo e un giornalista impegnato socialmente, un intellettuale moderno».
L’Italia è stata una parentesi importante della sua vita. «Tra il 1844 e il 1845 l’autore di David Copperfield si trasferì ad Albaro, vicino a Genova, con sua moglie Catherine – racconta adesso Lucinda – sognava di scrivere nello stesso luogo che aveva ispirato Byron». La ricerca di un’espressione più alta della scrittura insieme ad una natura non matrigna ma complice, estranea al freddo e ai rigori degli inverni londinesi permettono così a Dickens di allargare i suoi orizzonti. «Da questo lungo e intenso viaggio nel vostro paese – prosegue la scrittrice – avrebbe poi tratto Pictures from Italy e all’Italia si sarebbe in parte ispirato nel suo Little Dorrit. Ma atmosfere, colori, sapori, si sarebbero avvinghiati per sempre alla sua scrittura senza più lasciarne la presa. «Sono rimaste molte lettere dell’epoca spedite proprio dall’Italia – racconta la discendente – brulicano di vita. Ad un certo punto Charles arriva anche a dire che vorrebbe rimanere in Italia. Ma la moglie Catherine, che sentiva una forte nostalgia di casa, lo convinse a rientrare».
In Italia Dickens non sarebbe mai più tornato, “tradendo” successivamente il nostro paese con la vicina Francia dove lo scrittore avrebbe trascorso più di una vacanza. Ma la forza vitale del nostro paese gli sarebbe per sempre rimasta nel cuore. «Il Dickens che ho tentato di ricostruire nel mio libro – spiega adesso Lucinda – è un Dickens più vicino al lettore comune, meno “tradizionale”. Dalla sua morte, il 9 giugno 1870 a Gadshill, sono oltre un centinaio le biografie e migliaia i paper di ricerca usciti per raccontare il “personaggio Dickens” che insieme a Shakespeare è uno degli autori britannici più studiati nel mondo. E proprio quando sembra che tutto sia davvero stato detto il testo della Hawksley riesce, adesso, ad aggiungere qualcosa di nuovo. «Credo che la forza di questo mio lavoro sia la sua interattività».
Il volume, in virtù anche della parentela dell’autrice con lo scrittore, è, infatti, ricchissimo di materiale biografico, facsimili di lettere, foto di manoscritti – viene riportato perfino il testamento – così come biglietti da visita e fotografie di famiglia inedite. «Tutto questo materiale fa sì che il lettore interagisca con i documenti rendendo Dickens più accessibile e popolare nel senso migliore del termine. Uno scrittore per tutti». Dal mito insomma alla realtà.
Il ritratto di Dickens si arricchisce di tanti dettagli che dalla monodimensione della ricostruzione biografica lo trasformano in un personaggio in carne ed ossa. «Il mio prozio adorava camminare, e poteva farlo per ore e ore. Non solo di giorno ma anche di notte. Soffriva infatti d’insonnia soprattutto quando lavorava sulle trame dei suoi libri e non riusciva ad andare avanti. Allora sbatteva la porta di casa alle spalle e se ne andava per le vie di Londra per schiarirsi le idee».
Già, Londra. La città che la sua scrittura ha magistralmente interpretato ma anche trasformato in modo quasi cinematografico, portandone in primo piano le ombre e i miasmi. «Quello con Londra per Dickens è stato un rapporto di amore e odio – spiega adesso Lucinda –. Da bambino viveva nel Kent, una regione che rimase per lui tutta la vita il simbolo della felicità. Londra invece servì a far cadere il velo dell’esistenza mostrando la nudità del dolore».
È qui che suo padre fu arrestato per debiti ed è qui che cominciarono le pagine più nere della sua vita. A 12 anni, infatti, il piccolo Charles è costretto, per aiutare le misere entrate familiari, a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe, la Warren’s Blacking Warehouse».
Da Londra si sarebbe riscattato più avanti, contrastando la forza centripeta e divoratrice dei bassifondi con la forza centrifuga della sua scrittura. Che apriva varchi, costruiva distanze per allontanarsi dal male con intelligenza e lucidità. «Di certo Londra è stata cruciale per lui – spiega Lucinda –. Qui avrebbe trascorso la maggior parte della sua esistenza e da qui avrebbe tratto un’ispirazione profonda per tutta la sua produzione letteraria». I suoi bassifondi, i quartieri malfamati brulicanti di vita e dolore, tutto questo prende forma in maniera a volte teatrale nella scrittura di Dickens. «È stato capace di inventare circa duemila personaggi in tutta la sua carriera. Scriveva le storie in modo teatrale, ricorrendo frequentemente al dialogo diretto. La sua energia creativa sembrava davvero inesauribile perché era la natura umana ad ispirarlo».
Peccato solo che proprio nell’anno delle sue celebrazioni il museo a lui dedicato a Londra chiuderà ad aprile per lavori di restauro. «È una decisione ridicola – ammette Lucinda che è nel board dei direttori – ancora non riesco a spiegarmi come sia stato possibile».
(Maria Zuppello)
Se avessi un briciolo del talento di C. Dickens potrei aspirare al successo di Ken Follet.
caro massimo, io ho messo “il mio sassolino” qui:
http://letteredalucca.wordpress.com/2012/02/07/omaggio-a-charles-dickens/
ciao!
Bel post, Massimo. Bella iniziativa. Mi permetto di inserire qualche dato biografico su Dickens.
Charles John Huffam Dickens, (Portsmouth, 7 febbraio 1812 – Gadshill, 9 giugno 1870), è stato uno scrittore, giornalista e reporter di viaggio britannico.
Noto tanto per le sue prove umoristiche (Il Circolo Pickwick) quanto per i suoi romanzi sociali (Oliver Twist, David Copperfield, Tempi difficili), è considerato uno dei più importanti romanzieri di tutti i tempi, nonché uno dei più popolari.
Secondo di undici figli, nasce a Landport, presso Portsmouth, da John Dickens, impiegato all’Ufficio Stipendi della Marina britannica, e da Elizabeth Barrow. Nel 1815, quando Charles ha tre anni, la famiglia si trasferisce a Londra. Due anni dopo, un nuovo trasferimento, stavolta a Chatham (Kent). Qui egli riceve la prima educazione, alla scuola del figlio di un pastore battista. Passa il tempo libero all’aperto impegnato in voraci letture. Più tardi racconterà delle sue vivide memorie riguardanti l’infanzia e della particolare memoria fotografica che lo aiutò a dar vita alle sue finzioni. Nel 1823, la famiglia Dickens, assai impoverita, è costretta nuovamente a trasferirsi a Camden Town, allora uno dei quartieri più poveri diLondra.
Nel febbraio 1824, John Dickens viene imprigionato per debiti nella prigione della Marshalsea. La famiglia, con l’eccezione di Charles, lo segue in carcere (così come permetteva la legge). Il futuro scrittore va a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe (la Warren’s Blacking Warehouse), dove rimane probabilmente fino all’estate (il dubbio resta, data la reticenza dello scrittore sull’argomento). Ad ogni modo, il 28 maggio il padre viene rilasciato, forte di un accordo con i creditori. Charles può quindi tornare agli studi alla Wellington House Academy.
Dopo qualche anno la situazione economica della famiglia migliora, grazie anche ai soldi ereditati dalla famiglia di suo padre.
Anche quando John Dickens viene liberato dalla prigione, la madre di Charles, a quanto pare, non lo ritira immediatamente dal lavoro in fabbrica, perché questa apparteneva ad un suo parente. Dickens non le perdonò mai questo comportamento. Il risentimento per la propria situazione e le condizioni della classe operaia divennero nel tempo il tema principale dei suoi lavori.
All’età di quindici anni entra nello studio legale Ellis & Blackmore come praticante, con buone prospettive di diventare avvocato, ma la professione non gli piace e quindi inizia a studiarestenografia. Nel frattempo, comincia a frequentare i teatri londinesi, abitudine che non dismetterà mai, assistendo a diversissimi generi, dalle tragedie shakespeariane alle farse e alle operette musicali. Nel 1828, abbandonato lo studio legale, si impiega presso Charles Molloy e svolge attività di stenografo presso alcuni tribunali e uffici legislativi. Pian piano, sorge in lui l’ambizione di diventare cronista parlamentare.
Tra il 1830 e il 1831 si innamora di Maria Beadnell, figlia di un funzionario di banca. Nel 1833, l’indifferenza della ragazza determina una rottura. Nel 1832 inizia a collaborare con l’agenzia The Mirror of Parliament (“Lo Specchio del Parlamento”), fondata da uno zio. Nello stesso periodo diviene cronista del quotidiano della sera The True Sun, potendo così stabilirsi da solo in Cecil Street e meditando di divenire attore. Il 1º dicembre 1833 pubblica anonimamente il suo primo bozzetto sul Monthly Magazine. Nell’agosto del 1834 viene assunto come cronista dal Morning Chronicle. È in settembre che, sotto lo pseudonimo Boz, pubblica il primo di quei bozzetti di vita urbana che diverranno poi gli Sketches by Boz. Questa sua prima opera nasce proprio dal suo lavoro di giornalista, che gli aveva permesso di viaggiare in tutta la Gran Bretagna.
Nel febbraio del 1836, l’editore John Macrone pubblica in volume la prima serie degli Sketches by Boz. La seconda serie esce in dicembre.
Nel 1836, in aprile, comincia in dispense mensili a pubblicare sul Morning Chronicle il primo romanzo. L’editore è Chapman and Hall e il romanzo si intitola I quaderni postumi del Circolo Pickwick (The Posthumous Papers of the Pickwick Club): il libro lo rende in breve assai famoso nel panorama della narrativa inglese.
Nel frattempo il 2 aprile 1836 sposa Catherine Hogarth, figlia del direttore del giornale. A settembre debutta il dramma The Strange Gentleman, adattato da un suo bozzetto. A novembre, cessa la sua collaborazione con il Morning Chronicle. A dicembre debutta l’operetta The Village Coquettes, di cui Dickens ha scritto il libretto. Il 25 dicembre del 1836 conosce John Forster, che diverrà il suo primo biografo.
Sempre nel 1836 accetta di lavorare come scrittore presso il Bentley’s Miscellany, occupazione che conserva fino al 1839. A gennaio del 1837, con il primo numero della rivista, esce la prima puntata di Oliver Twist. Il 2 gennaio è nel frattempo nato il primogenito, Charles Culliford Boz, mentre ad aprile la famiglia si trasferisce nel quartiere londinese di Bloomsbury, al 48 di Doughty Street. La casa ospita anche Mary Hogarth, cognata sedicenne di Dickens, che muore in maggio. Lo scrittore rimane assai colpito dalla scomparsa di Mary, tanto che non riesce a terminare Il Circolo Pickwick prima di novembre (l’ultimo fascicolo venderà 40.000 copie).
Nel 1838 lavora alla rielaborazione delle memorie del clown circense Joseph Grimaldi. Il 31 marzo appare il primo fascicolo del Nicholas Nickleby, mentre l’ultimo fascicolo esce in ottobre. A dicembre, la famiglia Dickens si trasferisce al numero 1 di Devonshire Terrace, nei pressi del Regent’s Park.
Ad aprile del 1840, Dickens si avventura nella pubblicazione del periodico settimanale Master Humphrey’s Clock, edito da Chapman and Hall. Uscirà fino al gennaio 1842 e in esso verranno pubblicati La bottega dell’antiquario e Barnaby Rudge, quest’ultimo in uscita mensile.
Nel marzo del 1841, pubblica una lettera aperta sui maggiori quotidiani in cui si dichiara estraneo ai debiti contratti da chiunque utilizzi illecitamente il suo nome (riferendosi, in concreto, al padre). In giugno visita la Scozia. Barnaby Rudgeviene concluso in novembre, durante un periodo di convalescenza, dopo una recente operazione. Nel frattempo, progetta un viaggio negli Stati Uniti.
Il 4 gennaio 1842 parte con la moglie per gli Stati Uniti, dove, ormai scrittore conosciuto, visita Boston, New York, Philadelphia, Washington, Richmond. In Virginia rimane disgustato dalla diffusa condizione di schiavitù in cui versano molti uomini. Il viaggio tocca anche Pittsburgh, Cincinnati, Saint Louis (quest’ultima raggiunta a bordo di un battello a vapore, lungo il fiume Mississippi).
Tra il 1844 e il 1845 soggiorna a lungo a Genova e ha occasione di visitare diverse altre città italiane, fra cui Roma, Napoli e Mantova. Il resoconto di questi viaggi costituirà il materiale per il suo libro Pictures from Italy. Fu nella lunga tappa genovese, nell’estate del 1844, che scrive Le campane (The Chimes).
Fa quindi ritorno in Inghilterra, dove si impegna a dare vita ad un giornale liberale, impegnato per l’abolizione delle leggi protezionistiche sui prodotti agricoli. Nel 1846, in gennaio, esce, frutto di questo intento, il primo numero del Daily News, i cui principi guida sarebbero stati miglioramento, progresso, educazione, libertà religiosa e civile, legislazione equa. Dopo soli 17 numeri si dimette però dall’incarico di direttore, lamentandosi di essere circondato da incapaci.
Il 1848 è turbato da gravi questioni familiari e da grandi litigi nella cerchia degli amici, ma Dickens conduce comunque in porto il progetto di un giornale periodico battezzato Household Words, con l’intento di mescolare la narrativa e la polemica contro i mali del suo tempo. Il primo numero esce nel 1850; i progetti di risanamento edilizio londinese ne subiscono l’influenza. In esso cita il funestoterremoto che colpì la Basilicata nel 1857.
Tra il maggio 1849 e il novembre 1850 viene pubblicato, a cadenza mensile su un giornale di proprietà di Dickens, il romanzo David Copperfield; l’idea di un’opera scritta in prima persona fu suggerita allo scrittore dall’amico e confidente John Forster. Nell’opera a fondo autobiografico si possono riconoscere personaggi e situazioni che lo stesso Dickens aveva conosciuto e vissuto in prima persona.
Nel 1850, inoltre, progetta e mette in scena insieme a Lord Bulwer Lytton un testo teatrale di ambientazione settecentesca, Not so bad as we seem. La moglie si ammala ed una figlia muore improvvisamente. Nel biennio 1855-56 vive a Parigi durante l’inverno, trasferendosi in estate presso Boulogne. I rapporti con i familiari si vanno, intanto, deteriorando.
Nel 1858 si separa definitivamente dalla moglie, inserendo un annuncio sui giornali e accusandola di non aver mai saputo badare ai figli e alla famiglia, nonostante inizialmente fossero felici; Dickens continua comunque a mantenerla e mette a sua disposizione una casa in cui possa vivere; è lì che morirà dopo venti anni. Georgina, la sorella di Catherine, si muove in suo aiuto e nascono voci secondo cui Charles è romanticamente legato alla sorella.
L’infelicità nel rapporto coniugale di Dickens si palesa anche quando, nel 1855, egli si reca ad incontrare Maria Beadnell, il suo primo amore che, pur essendo sposata, sembra cada in fallo nel vedere il romantico ricordo che Charles ha di lei.
Nel 1859 fonda il periodico All the Year Round, che ottiene uno strepitoso successo grazie ad un ricco nobile dell’epoca: ne vengono infatti vendute circa 10.000 copie.
Il 9 giugno 1865 viene coinvolto nell’Incidente ferroviario di Staplehurst. Nell’incidente, sei carrozze del treno sul quale Dickens viaggia cadono da un ponte in riparazione; l’unica carrozza di prima classe che rimane sul ponte è proprio quella in cui si trova lo scrittore. Rimane sul posto per assistere i feriti, per poi ritornare nella sua carrozza a salvare i manoscritti dell’opera incompiuta Our Mutual Friend. Nonostante ne esca incolume, non sarà mai in grado di cancellare dalla sua mente tale disgrazia.
Dickens cerca di evitare le inchieste sul disastro per non far scoprire il motivo del suo viaggio: era infatti di ritorno dalla Francia dove era andato a trovare l’attrice Ellen Ternan, la donna che gli aveva fatto dimenticare Catherine e con la quale aveva già una relazione prima di arrivare alla separazione definitiva.
Negli ultimi mesi del 1865 si reca ancora in America per un giro di letture delle sue opere. Il suo stato di salute peggiora giorno dopo giorno. Alla fine gli viene diagnosticato un attacco di paralisi. Nel1868 continua il suo tour di letture in America, leggendo a Philadelphia, New York, Baltimora e Washington, e incontra Andrew Johnson, presidente degli Stati Uniti; nell’anno successivo ha già ultimato 72 delle 100 letture pubbliche che aveva intenzione di fare, ma il suo medico, Francis Beard, gli consiglia vivamente di cessare le letture, pena gravissimi danni al suo fisico. La raccomandazione del dottore sortisce un buon effetto e le condizioni di Dickens migliorano. Tuttavia nel 1870, anno della scrittura di “Il mistero di Edwin Drood”, del quale aveva però già parlato l’anno precedente al suo amico e biografo John Forster, aumenta la frequenza dei fastidi ad un piede e l’8 giugno è colto da uno svenimento causato da un’emorragia cerebrale. Il giorno seguente muore alle ore 18.10, esattamente a cinque anni di distanza dal disastro di Staplehurst.
Il 14 giugno è sepolto nell’abbazia di Westminster, nella quale il suo cadavere viene portato da un treno speciale, nell’angolo dei poeti (Poets’ Corner), accanto a Henry Fielding, cui egli si “ispirò”, come ad altri autori, per la creazione del romanzo sociale.
La sua vita è stata raccontata da John Forster nel libro The Life of Charles Dickens (Londra, 1872-1874).
A Dickens è stato intitolato il cratere Dickens, sulla superficie di Mercurio.
Considerato uno dei maggiori autori inglesi del suo secolo, egli è ritenuto dalla critica il “fondatore” del romanzo sociale, ovvero che tratteggia la vita dei ceti sociali economicamente svantaggiati e denuncia situazioni di sopruso e pregiudizio, per la creazione del quale “unì” due correnti narrative dell’Ottocento, ovvero quella picaresca, seguita da scrittori come Henry Fielding e Daniel Defoe, e quella più romantica e sentimentale, cui aderì, per esempio, Laurence Sterne.
I ROMANZI DI DICKENS
Il Circolo Pickwick (The Posthumous Papers of the Pickwick Club) (1836)
Le avventure di Oliver Twist (The Adventures of Oliver Twist) (1837-1839)
Nicholas Nickleby (The Life and Adventures of Nicholas Nickleby) (1838-1839)
La bottega dell’antiquario (The Old Curiosity Shop) (1840-1841)
Barnaby Rudge (1841)
Martin Chuzzlewit (1843-1844)
Dombey e Figlio (Dombey and Son) (1846-1848)
David Copperfield (1849-1850)
Casa desolata (Bleak House) (1852-1853)
Tempi difficili (Hard Times) (1854)
La piccola Dorrit (Little Dorrit) (1855-1857)
Racconto di due città (A Tale of Two Cities) (11 luglio, 1859)
Grandi speranze (Great Expectations) (1860-1861)
Il nostro comune amico (Our Mutual Friend) (1864-1865)
Il mistero di Edwin Drood (The Mystery of Edwin Drood) (non portato a termine) (1870)
I RACCONTI DI DICKENS
Il naufragio della Golden Mary (The Wreck of the Golden Mary) (1856)
Canto di Natale (A Christmas Carol) (1843)
Le campane (The Chimes) (1844)
Il grillo del focolare (The Cricket on the Hearth) (1845)
La battaglia della vita (The Battle of Life) (1846)
Il patto col fantasma (The Haunted Man and the Ghost’s Bargain) (1848)
Perdersi a Londra (Gone Astray) (1853)
Passeggiate notturne (Night Walks) (1860)
Mugby Junction (Mugby Junction) (1866)
Caro Massimo, un contributo su Dickens non può mancare da chi ama la Letteratura.
Rispondo alle tue domande:
1) Dickens è stato uno dei primi autori letti durante la mia infanzia-adolescenza: ho iniziato dalla lettura di David Copperfield, in due consistenti volumi che divoravo ogni sera con avidità.
2) Inevitabilmente ho amato molto D. Copperfield, perché la prima lettura, o quella che accompagna la tua adolescenza, ti lasciano una sensazione che poi non ritrovi più a distanza di tempo: magari poi c’è l’analisi più rigorosa, il bagaglio più gremito, ma non c’è più la libertà e la genuinità della lettura candida e innocente (per dirla come direbbe Gombrich).
3) L’opera più rappresentativa non so, mi verrebbe in mente Oliver Twuist, per questa sua natura di denuncia sociale e per la descrizione impeccabile della perfieria, proprio negli anni in cui Londra era divisa in due, sia nel suo paesaggio rurale e urbano, sia socialmente. Ma forse è sempre in David Copperfield che si racchiude l’attenzione per l’individuo con le sue avversità, il candore oggetto di inganni, di sfruttamenti ed in più la ricerca dell’ispirazione letteraria e il senso della Scrittura.
4) Le opere di Dickens, come diceva Maria Lucia (che saluto affettuosamente), sono sempre attuali. E, non solo per le giovani generazioni (infatti come altri dicevano nei loro commenti, Dickens non è un autore per ragazzi, è un autore chiaro, comunicativo, di una semplicità ed essenzialità che viene colta da chiunque e penso che l’autore autentico sia quello che può essere capito e letto da tutti e sono solo da una cerchia ristretta). Dickens denuncia l’offesa della persona, della dignità e le ingiustizie dei potenti a danno dei più deboli: come potrebbe mai essere superato tutto ciò?
5) Ce ne sono tante, ma credo che sia questa quella a cui mi sento più in sintonia: “Ci sono corde nel cuore umano […] che sarebbe meglio non fare vibrare.”, con tutta la serie di interpretazioni che ne derivano…
6) Sull’eredità di Dickens: senza dubbio, molti critici e studiosi lo hanno oltretutto scritto, l’influenza del romanzo popolare che lui proponeva si vede nei romanzi della grande letteratura russa, non ci si allontana molto in termini di periodo, ma Gogol, Tolstoj, risentono di quello che è stata la sua capacità di ‘ritrarre’ in modo impeccabile i vizi e le virtù delle classi sociali.
Grazie Massimo per lo splendido argomento a cui hai dato vita.
Sabina
Diari di viaggio
America (1842)
Impressioni italiane (1846)
——–
Giornali
All the Year Round
Household Words
p.s. c’è stata una u di troppo in Oliver Twist ;))
Caro Massimo, le notizie inserite sono di fonte wikipedia. Nella speranza di aver fatto cosa gradita, mando un caro saluto a te ed agli amici del blog.
Ciao.
Margie
Ciao Sabina Corsaro. Sono belle le tue risposte
Ciao Margie, grazie! E le tue informazioni inserite molto utili 🙂
Happy birthday Charles Dickens, 200 today and still the greatest English storyteller.
“falli ridere, falli piangere, falli aspettare”. è il giorno di charles dickens in tutto il mondo – e anche a radio 3
Mio buon Maugeri,
bravo a ricordarsi di Dickens.
Anche perchè lui l’amò molto, la nostra Italia, e ci visse osservandone gli incanti e le brutalità.
Ammirò Genova e la costa che , sottilissima, la avviluppava alla montagna. Ammirò Pisa, Roma, Siena. Viaggiò e ci descrisse spesso impietosamente, cogliendo segni di barbarie in uno stato che – pure – era culla di re, e che sonnecchiava sotto i fasti del passato.
Ecco quel che dice, ad esempio, di Piacenza, Parma, Modena, Bologna e Ferrara. «Che strano dormiveglia, mezzo triste e mezzo delizioso, è il passaggio attraverso questi luoghi addormentati che si crogiolano al sole! Ognuno, di volta in volta, appare il luogo del mondo più ammuffito, triste, dimenticato da Dio!»
E di Roma : «degradata e decaduta, che giace addormentata sotto il sole tra un cumulo di rovine»
Pisa e Siena: «Non c’è niente di più bello al mondo della strada costiera tra Genova e La Spezia».
Della Torre di Pisa: «Come la maggior parte delle cose collegate nelle loro prime associazioni con i libri di scuola, è troppo piccola. L’ho sentito profondamente».
Lascia l’Italia immalinconito dalle sue infinite possibilità.Da tanti gioielli lasciati a macerare nel fango…
«Lasciate che ci congediamo dall’ Italia, con tutte le sue miserie e le ingiustizie, affettuosamente, con la nostra ammirazione per le bellezze, naturali e artificiali, di cui è piena fino a traboccare, e con la nostra tenerezza verso un popolo, naturalmente ben disposto, paziente e di temperamento mite. Anni di abbandono, oppressione e malgoverno hanno operato per cambiare la sua natura e fiaccare il suo spirito; gelosie miserabili… sono state il cancro alla radice della nazionalità… ma il bene che era in esso c’è ancora, e un popolo nobile può, un giorno, risorgere dalle ceneri. Coltiviamo la speranza»
E già, dottor Maugeri. Quanta attualità in certi scrittori.
Coltiviamo la speranza.
Il suo sempre affezionato
Professor Emilio
Incredibile! Intutto il mondo è un tripudio/ovazione per Charles Dickens. Onore al merito, alla faccia dei suoi detrattori dell’epoca.
Complimenti a letteratitudine per questo post.
E dimenticavo, mio buon Maugeri.
Dickens fu ammaliato da tanti esuli italiani, non ultimo «il divino» Mazzini. Tanto che appoggiò fortemente nel 1841 la scuola fondata all’Hatton Garden di Londra da Mazzini per i bambini italiani vittime della tratta degli immigrati, dove ambientò la casa di Fagin in Oliver Twist .
Dunque, anche in Oliver Twist vi sono notevoli nessi con la nostra terra.
Felice giornata a tutti dal vostro
Professor Emilio
(A dispetto della neve che cade in tutta Italia qui si passeggia godibilmente, specie in via Etnea. Non pare tempo di inverno, in Sicilia. Dickens dimenticò forse le bellezze del mare nostro, di queste scaglie che si intravedono tra vampeggi del vulcano e terra. Dimenticanza fatale, a mio modesto dire…)
mi trovo molto in linea con quanto detto da enrico gregori.
le parole del prof emilio, come sempre, non passano inosservate.
ringrazio margherita: con i tuoi post mi hai “costretto” a leggere la biografia di dickens. se avessi lasciato solo il link a wikipedia non l’avrei letta. ben fatto. grazie.
piu’ tardi rispondo alle domande (spero).
ciao
Caro Massimo, cari tutti. Buongiorno!
Che bello questo post dedicato a Dickens!
Provo a rispondere alle tue domande.
1. Che rapporti avete con le opere di Charles Dickens?
*
Ottimi. Dickens è stato uno dei primi autori “importanti” che ho avuto la possibilità di leggere. Ero ragazzina quando lessi per la prima volta Oliver Twist
2. Qual è quella che avete amato di più?
*
Rimango molto legata a Oliver Twist, proprio perché è uno dei primi romanzi che ho letto. Quindi l’opera di Dickens più amata per me è proprio questo libro.
3. E l’opera di Dickens che ritenete più rappresentativa (a prescindere dalle vostre preferenze)?
*
Dovendo scegliere il libro più rappresentativo, a prescindere da “influssi nostalgici”, propenderei per David Copperfield. Questo libro contiene uno dei personaggi più importanti e noti della storia della letteratura, ma anche una trama fortissima che mantiene immutato tutto il suo lavoro. Un libro, questo, che mi sento di consigliare vivamente a chi ancora non l’avesse letto.
4. Ritenete che le opere di Dickens siano ancora attuali?
*
Sì. E infatti vengono ancora stampate, acquistate e lette. Gli autori continuano a metterle in vendita con formati e traduzioni differenti. E continuano ad essere acquistate!!! Anche se molte di queste opere, oggi, sono disponibili gratuitamente in rete.
Scusate, intendevo “gli editori continuano a metterle in vendita”
5. Tra le varie “citazione” di (o su) Dickens di cui avete memoria (o che avete avuto, o avrete modo di leggere)… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?
*
Ci sono corde nel cuore umano […] che sarebbe meglio non fare vibrare.
(da Barnaby Rudge)
6. A duecento anni dalla nascita, qual è l’eredità che Dickens ha lasciato nella letteratura mondiale?
*
La certezza che le storie buone e ben scritte sopravvivono. Che certe storie rimangono impresse nella nostra mente e nel nostro animo. Che di autori come Dickens, oggi se ne sente un po’ la mancanza.
Amelia, il problema e’ che le opere di Dickens che trovi online hanno traduzioni d’epoca, francamente illeggibili.
Ti faccio un esempio. Questo e’ l’incipit de Il Circolo Pickwick nella traduzione di Federigo Verdinois del 1888
“Il primo raggio di luce che viene a rompere ed a fugare le tenebre nelle quali pareva involta l’apparizione dell’immortale Pickwick sull’orizzonte del mondo scientifico, la prima menzione officiale di quest’uomo prodigioso trovasi negli statuti inseriti fra i processi verbali del Circolo. “
Questa versione e’ gratis online… ma, bleah!
Caro Giorgio,
quello che sostieni è giusto. Però potrei obiettare dicendoti che quelle traduzioni, pur essendo datate, hanno un loro fascino. Del resto l’inglese di Dickens rimane quello. Mica viene aggiornato. O no?
Non sono molto d’accordo, Amelia. La lingua originale e’ una cosa, la traduzione e’ un’altra.
La traduzione, voglio dire, e’ sempre una trasposizione, un adattamento del testo originario. Tanto vale leggerla secondo il linguaggio corrente.
Il genio umoristico di Dickens è legato al suo senso morale. La sua comicità si esprime al massimo della forza quando scopre nuovi peccati. (George Orwell)
Dickens narra con tale precisione, con tale minuziosità, da costringerci a seguire il suo sguardo ipnotizzante. Non aveva lo sguardo magico di Balzac […], ma uno sguardo tutto terreno, uno sguardo da marinaio, da cacciatore, uno sguardo di falco per le piccole cose umane. – Ma sono le piccole cose – disse egli una volta – che formano il senso della vita. (Stefan Zweig)
Egli aveva uno spirito grande e pieno d’amore e la più forte simpatia per le classi povere. Provò sicuramente i migliori sentimenti e sentì la necessità di un’unione tra le classi, sperando che questa avesse luogo. E io prego perché ciò accada al più presto. (Regina Vittoria)
Vi è una fondamentale spietatezza dietro il suo stile traboccante di sentimentalismo. (Franz Kafka)
Dickens attaccò le istituzioni inglesi con una ferocia senza precedenti all’epoca. Eppure, riuscì a farlo senza farsi odiare, e, soprattutto, a farsi apprezzare e lodare dalle stesse persone che aveva criticato, in modo da divenire egli stesso una istituzione nazionale. (George Orwell)
La cosa bella di Charles Dickens è che ogni riga del suo romanzo è carica di ironia. (Roman Polanski)
Prendo tutti i giorni il rimedio che l’incomparabile Dickens prescriveva contro il suicidio. Consiste in un bicchiere di vino, un boccone di pane e di formaggio e una pipa di tabacco. (Vincent Van Gogh)
Nel caso di Dickens i valori sono nuovi. Gli autori moderni si ubriacano ancora del suo vino. Con lui […] non occorre corteggiamento, non c’è esitazione. Ci arrendiamo alla voce di Dickens: tutto qui. Se fosse possibile, mi piacerebbe dedicare cinquanta minuti di ogni lezione a meditare, concentrandoci in silenziosa ammirazione, su Dickens. (Vladimir Nabokov)
Se mi venisse chiesto di indicare nell’arte moderna dei […] modelli dell’arte superiore, religiosa, proveniente dall’amore di Dio e del prossimo, indicherei nella sfera della letteratura […] le novelle, i racconti, i romanzi di Dickens: Tale of two cities, Chimes e altri […] (Lev Tolstoj)
Cari amici, ringrazio tutti per i commenti e per i contributi.
Ringrazio di nuovo Enrico Gregori, che – come ho già precisato – è il “responsabile” della pubblicazione di questo post.
E grazie mille anche agli altri amici che sono intervenuti, a partire da: Adriana Merola, Riccardo Sanno, Bartolomeo Di Monaco, Delia Morea, Marino…
E grazie pure a: Maria Lucia Riccioli, Seby, Radio3, Aldo, Lettere da Lucca, Margherita, Sabina Corsaro…
Un grande ringraziamento anche al prof. Emilio… e pure a: Giorgio, Giacomo Tessani, Amelia Corsi…
Sarebbe bello inserire o linkare gli articoli che i giornali di oggi hanno dedicato a questa importante ricoreenza letteraria…
Ho aggiornato il post inserendo la notizia dell’imminente pubblicazione del romanzo incompiuto di Charles Dickens, “Il mistero di Edwin Drood” (Gargoyle books, € 17, pp. 360, traduzione di Stefano Manferlotti). Il libro sarà disponibile in libreria a partire dal 1° marzo.
Ho riportato, sul post, la scheda del libro inviatami dall’ufficio stampa della Gargoyle…
Per oggi chiudo qui.
A tutti voi, una serena notte.
Tra i libri di Dickens preferisco “Un canto di Natale”. Bellissimo!
In che cosa consiste il passaggio dall’infelicità alla felicità? Quale la differenza tra la percezione di un mondo ostile e separato da sè al coinvolgimento in quel mondo e all’attivazione per migliorarlo, usando i propri mezzi e i propri talenti? Quale il segreto per cambiare la percezione di sè e degli altri? La storia di Natale ci dice che il passaggio, il segreto, la differenza stanno nella trasformazione di sè, nella perdita delle corazze (che nascono da dolori), nell’apertura del cuore verso l’anima del mondo che smantella l’ego e dispone ad una visione più ampia e complessa. La mediazione dei “fantasmi” è il riconoscimento che la realtà si annuncia in diversi modi e possiede molte dimensioni, di cui la maggior parte è invisibile agli occhi. Il Natale è allora occasione e simbolo di questa apertura: un varco di luce, un’opportunità per vedere quello che la mente, da sola, non può capire.
Sono d’accordo con Gabril. Il canto di Natale è il miglior scritto di Dickens. Peccato che la maggior parte delle trasposizioni cinematografiche non rendano giustizia a quel racconto!
Volevo dire un’altra cosa. C’è uno Scrooge dentro ognuno di noi. Inutile negarlo. Quel racconto, forse, ha la capacità di farcelo vedere. Sta a noi, poi, riconoscerlo e provare ad operare il cambiamento.
@ Giorgio
In definitiva penso che non ci sia nulla di male a voler leggere Dickens nelle nuove traduzioni. L’importante è leggerlo! 😉
Buon compleanno Dickens!
La Gran Bretagna ha guidato le celebrazioni internazionali per i 200 anni dalla nascita di Charles Dickens, un monumento della letteratura che la Bbc stima frutti all’economia di Londra ben 335 milioni di euro all’anno. Una bella rivincita per l’autore di “Tempi difficili”, snobbato dalla critica vittoriana e ora invece omaggiato come uno dei piu’ grandi romanzieri di tutti i tempi.
Portsmouth, la sua citta’ natale, gli ha dedicato una parata, mentre il principe Carlo e sua moglie Camilla erano alla guida delle celebrazioni all’abbazia di Westminister, a Londra, dove hanno deposto una corona di fiori sulla nuova lapide inaugurata sulla tomba dello scrittore.
Durante la funzione religiosa, hanno letto frammmenti delle sue opere l’attore Ralph Fiennes e Claire Tomalin, la biografa del romanziere che lascio’ 15 opere, di cui l’ultima incompiuta.
Anche Google ha voluto ricordare la ricorrenza con un doodle ad hoc che, con disegni in tonalita’ seppia, celebra le diseguaglianze sociali, caratteristiche dei personaggi delle novelle di Dickens come “Oliver Twist” e “David Copperfield”.
Non vorrei sembrarvi venale, o popolo di Letteraritudine, ma il Grande burattinaio, come era chiamato in modo spregiativo per i suoi personaggi considerati privi di profondita’ psicologica, e’ diventato un’autentica industria per la Gran Bretagna, a cui frutta 3,5 milioni di euro dalle vendite dei libri, 40 dagli adattamenti del suo lavoro per la tv e per il cinema, e cifre ben piu’ alte con il turismo, grazie ai visitatori che affollano mostre e musei a tema.
E poi: marketing e gadget a tutto spiano.
Oh yeah!
Il nome di Dickens è ancora ben presente sulle porte di pub e negozi di curiosita’, non manca nelle feste di Natale, sugli asciugamani e sulle tazze da te’ e caffe’ e ha ispirato anche alcuni produttori di birra.
Il cinema? la Tv?
Sono davvero pochi i personaggi del romanziere che non sono stati presi in considerazione dal grande e piccolo schermo. A cominciare dal primo, Samuel Pickwick, protagonista dei viaggi della raccolta di racconti pubblicata nel 1936: in Italia ebbe successo la versione televisiva (Rai 1968) e una serie televisiva fu mandata in onda anche dalla Bbc.
L’opera piu’ conosciuta dello scrittore, quella delle struggenti avventure di Oliver Twist, uno dei primi esempi di romanzo sociale, furono trasferite sul grande schermo nel 1948 da David Lean (Le avventure di Oliver Twist) ma la versione piu’ conosciuta risale al 2005, regia di Roman Polanski. Nel 2002 Douglas McGrath ha girato un film sulla storia di Nicholas Nickleby, il giovane protagonista del terzo romanzo di Dickens.
Qualcuno dirà: vabbè, ora finisce pure nei cartoni animati.
Oh yeah!
L’anime giapponese “La piccola Nell” (1979) riproduce le gesta della giovane antiquaria protagonista del quarto romanzo (La bottega dell’antiquario).
Dimenticavo!
Il romanzo storico Barnaby Rudge ispiro’ un film muto del 1915 con Tom Powers e una serie tv della Bbc.
Anche Martin Chuzzelwit e’ stata citata dal grande schermo nel 1912 e ispiro’ una serie tv nel 1994. Un film muto e due mini-serie li ha guadagnati Dombey e Figlio mentre David Copperfield e’ stato ripreso dal regista Simon Curtis, per poi comparire in diverse serie televisive. La Piccola Dorrit e’ stato trasformato in un film dal Christine Edzard nel 1998, mentre nel 1995 Jack Conway ha realizzato una pellicola con Racconto di due citta’, secondo romanzo storico di Dickens, ambientato tra Londra e Parigi. Grandi speranze e’ arrivato a cinema nel 1946 grazie a David Lean. E per finire, Canto di Natale, una delle opere di Dickens piu’ rivisitate. Jim Carrey, nel 2009 con “A Christmas Carol” (l’avete visto?), ha portato sullo schermo la storia di Ebenezer Scrooge e dei suoi fantasmi, che sono anche stati trasformati in fumetti!!!
Grande vecchio Dickens!
Ciao Letteraritudine. Stammi bene.
Ciao Massimo. Domani, se riesco, la inserisco io un po’ di rassegna stampa dickensiana.
Vado pazza per quello sfigato di David Copperfield, ma il Circolo Pickwick è troppo forte.
I romanzi di Dickens sono ancora attuali?
Domanda retorica, la tua.
Certo che sì, altrimenti non staremmo qui a parlarne. Altrimenti tutta la stampa internazionale non avrebbe versato fiumi di inchiostro per celebrare il grande Dick.
Vi invitiamo a scaricare il podacst di RADIO3SCIENZA del 07/02/2012
LA BOTTEGA DELLO SCIENZIATO- Anche Charles Dickens andava matto per la scienza?
http://www.radio.rai.it/podcast/A42415675.mp3
Caro Massimo, come promesso ti linko un po’ di rassegna stampa sui 200 anni dalla nascita di Dickens. Mi sono organizzata con la mia amica Lorenza per una specie di staffetta. Siamo andate insieme a caccia di notizie sul web.
Comincio io.
Su La Stampa: Dickens in Italia sull’orlo del vulcano
http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/441523/
Su Panorama (Blog): Charles Dickens e l’incompiuto: Il mistero di Edwin Drood
http://blog.panorama.it/libri/2012/02/07/charles-dickens-e-lincompiuto-il-mistero-di-edwin-drood/
Su MyTube di Enrico Franceschini: Il più amato personaggio di Dickens
http://franceschini.blogautore.repubblica.it/2012/02/06/il-piu-amato-personaggio-di-dickens/
Su Repubblica/Bologna: così la dotta Bologna ricorderà Charles Dickens
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/02/04/news/cos_la_dotta_bologna_ricorder_charles_dickens-29310909/
Su Corriere della sera: Dickens: un regalo per Monti
http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=77873402
Su Ansa: Capolavori e inediti
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/02/03/visualizza_new.html_73874265.html
Su L’Unita: Buon 200° compleanno Charles Dickens
http://www.unita.it/culture/buon-200-compleanno-charles-dickens-1.378334
Su Euronews: Charles Dickens compie duecento anni
http://it.euronews.net/2012/02/07/charles-dickens-compie-duecento-anni/
Su Rainews24: Festa per Dickens con il principe Carlo
http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=161434
Passo il testimone a Lorenza. Ciao.
ciao Vale, ciao Massimo. Scusate il ritardo. Sono felice di partecipare a questa iniziativa. Ecco quel che sono riuscita a trovare.
Su Repubblica: le foto della commemorazione
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2012/02/07/foto/dickens-29481485/1/
Su “Il Sole24Ore”: Google ricorda Charles Dickens (e l’Inghilterra vittoriana)
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-02-07/google-ricorda-charles-dickens-112904.shtml?uuid=AaQzrGoE
Su “Il Messaggero”: Duecento anni fa nasceva Dickens, il mondo lo celebra
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=180074&sez=EVENTI
Sul magazine di Sky, un articolo con i trailer dei film più famosi ispirati ai libri di Dickens
http://mag.sky.it/mag/cinema/2012/02/07/charles_dickens_anniversario_trasposizioni_cinematografiche.html
Su Il Corriere Nazionale: Dickens,una vita per i suoi lettori
http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2012/2/7/CHARLES-DICKENS-L-esperto-ecco-il-racconta-storie-che-sovrasta-tutti/240254/
Su Il Giornale: il mondo visto da Dickens
http://www.ilgiornale.it/cultura/dai_bassifondi_paradiso_il_mondo_visto_dickens/07-02-2012/articolo-id=570894-page=0-comments=1
Su Il Giornale: Tutti (o quasi) festeggiano il vecchio Charles
http://www.ilgiornale.it/cultura/tutti_o_quasi_festeggiano_vecchio_charles/07-02-2012/articolo-id=570893-page=0-comments=1
un saluto a tutti.
Credo che Dickens debba essere considerato uno dei massimi scrittori dell’800, e che i suoi temi e i suoi personaggi siano ancora attuali in quanto universali ed eterni, anche se poi è da ammirare la sua capacità di dipingere (con una critica non priva di ironia) proprio la società inglese della sua epoca.
Come dimenticare Oliver Twist, Davide Copperfield, o i membri del Circolo Pickwick? Ma forse ancora più di loro sono i “cattivi” i personaggi che risultano meglio dipinti, quelli che con più forza si fissano nella memoria: penso a Uriah Heep, al vecchio Fagin, e poi soprattutto allo Scrooge del “Canto di Natale”, la figura alla base del disneyano Zio Paperone (proprio ‘Uncle Scrooge’, nell’originale).
Ebenezer Scrooge è stato anche la fonte ispirativa di uno dei miei raconti più recenti, “L’ultimo Natale di Ebenezer”, nel quale l’ho immaginato in punto di morte, nuovamnte roso dai dubbi.
Se vi può far piacere lo potete leggere qui, in questa strenna natalizia curata e pubblicata on-line come ogni anno da Morena Fanti, coautrice (con Marco Freccero) di un altro racconto della stessa raccolta dove anche lei reinventa un più moderno Scrooge:
http://issuu.com/scriveregiocando/docs/scriveregiocando2011
Saluti
certo che un dibattito così fa proprio venir voglia di rileggere Dickens. bravi tutti. ciao
Personaggi memorabili, storie capaci di raccontare la società e le sue contraddizioni. Questa la forza di Dickens, rimasta intatta dopo quasi due secoli.
Tra i miei preferiti, Il circolo Pickwick e Oliver twist. Ammetto di non aver mai letto David Copperfield (ho visto il film, ma so che non vale).
Mi piacerebbe parlare del circolo Pickwick (pubblicato nel 1836). fu il primo romanzo di Dickens. Uno dei piu’ belli, secondo me.
fu pubblicato a fascicoli, come molte altre opere dell’epoca, sia di Dickens che di altri autori. La pubblicazione dei fascicoli divenne, secondo Oreste del Buono e altre fonti, una sorta di evento: nelle famiglie, nei cortili, si aspettava che chi ne aveva i mezzi comperasse il fascicolo e lo leggesse a chi non ne aveva la possibilità.
Dickens, con umorismo e sagacia, inventa un ritratto eccentrico e nostalgico di un’Inghilterra di un’epoca umana e cordiale, immagine che verrà capovolta nei successivi romanzi, più drammatici, che rappresenteranno invece tutto il cinismo della società del suo tempo.
Dickens lascia alla Letteratura. la voce della parola; le sue pagine sono scritte per essere ascoltate. Canto di Natale è addirittura musicale, l’offerta dello Spirito Natalizio nell’epoca nuova dell’industria e dei conseguenti mutamenti sociali. David Copperfield è l’odissea dell’omino che, tale resta, schiacciato e vilipeso sottomesso al fato e alle azioni degli altri, se il suo percorso è orfano d’amore illuminazione e un poco di follia. E’ David che scappa e affronta da solo il lungo viaggio verso un approdo, che allo stato delle cose era soltanto una vaga idea :la zia e il suo mondo.
Saluti a tutti voi, miriam.
Sono d’accordo con quanto ha scritto sopra Miriam Ravasio. Penso anch’io le stesse cose.
Qualche altra piccola curiosità su Il circolo Pickwick.
Fu pubblicato in 19 puntate distribuite in 20 mesi; l’ultimo fascicolo fu di doppia lunghezza e costò due scellini. In lutto per sua cognata, Mary Hogarth, Dickens mancò il numero del maggio 1837. I fascicoli venivano solitamente pubblicati alla fine del mese.
Non tutti sanno che Il circolo Pickwick ebbe una storia alquanto tormentata: i primi due numeri comprendevano quattro illustrazioni di Robert Seymour e da 24 pagine di testo; dopo il suicidio del disegnatore, quest’ultimo fu sostituito da Robert William Buss per il terzo fascicolo e la composizione dei numeri fu cambiata in due illustrazioni e 32 pagine di testo ognuna. Tuttavia, Buss non piacque e fu così sostituito a sua volta da Hablot Knight Browne per il quarto fascicolo; egli continuò a lavorare per l’autore per ben 23 anni.
Poi il libro fu così popolare che molti altri artisti continuarono a creare disegni per esso senza il permesso dell’autore.
@ Massimo Maugeri, @ Cavallo di Ferro
Ciao. Mi fa piacere che venga riproposto “Il mistero di Edwin Drood”. Il finale incompleto di questo romanzo ha stimolato la fantasia di tanti. sono stati giustamente citati Fruttero & Lucentini, sempre nel 1980, hanno indagato sulla scomparsa di Edwin, con il loro La verità sul caso D., in cui i più grandi investigatori della letteratura sono chiamati a risolvere il caso. Di certo l’ipotesi del duo di scrittori, esposta da Hercule Poirot, è affascinante e fantasiosa: Edwin rappresenta lo stesso Dickens, anch’egli morto in circostanze misteriose.
Altra cosa…. Lo scrittore inglese Leon Garfield nel 1980 ha tentato di trovare un finale a Il mistero di Edwin Drood, dando alle stampe una nuova versione dell’opera completa dei capitoli mancanti.
Nel fumetto “Martin Mystere” nn. 77-78 “La regina degli gnomi”- “Il ragazzo prodigio” (agosto-settembre 1988)- si parla ampiamente del romanzo. Un bambino stranamente molto sapiente, si immagina e scriva una fantasiosa e ben riuscita fine del celebre libro di Dickens, nel quale Neville Landless avrebbe drogato grazie all’oppio Rosa, minandole la sua capacità di pensiero. Jasper si rivela quindi il vero tutore della ragazza, che conoscendo i suoi disturbi psichichi la protegge da eventuali brutte figure che potrebbero portare a pensare che sia pazza. Addirittura Jasper assolda un attore, che non è che Ditcher. Alla fine Nevile, scoperto, si suicida e Ditcher, sposa una Rosa ormai guarita, della quale si era innamorato, come se fosse davvero stato Edwin Drood.
Nel 2009 lo scrittore statunitense Matthew Pearl pubblica il romanzo di ambientazione storica “Il ladro di libri incompiuti” in cui la sorte del romanzo incompiuto di Dickens si intreccia con quella del suo autore. Nello stesso anno anche Dan Simmons ha scritto il romanzo dickensiano Drood.
Questo per dire di quanto sia consistente il peso di Dickens anche nell’immaginario artistico/produttivo degli altri narratori.
per Antonella: non conoscevo questa storia delle illustrazioni, un’informazione preziosa sul rapporto parola-immagine e la sua evoluzione. Da illustrazione che evoca a supporto della parola scritta a scrittura che si “offre” alla libera interpretazione di una nuova forma d’arte. Comunque…il lavoro degli artisti (verso il consenso) è sempre un percorso irto e tribolato 🙂
Infatti, Miriam. Ancora una volta d’accordo con te.
Ciao a tutti. Mi intrometto per scrivere due parole su “Oliver Twist” (o “Le avventure di Oliver Twist”) secondo me il romanzo più rappresentativo di Dickens. Anche questo fu pubblicato a puntate e anche questo conteneva illustrazioni. Per la precisione apparve in prima edizione a puntate mensili sulla rivista Bentley’s Miscellany, dal febbraio 1837 all’aprile 1839, con illustrazioni di George Cruikshank.
Come considerazioni particolari, si potrebbe dire che Oliver Twist fu il primo romanzo in lingua inglese ad avere come protagonista un ragazzo e uno dei primi esempi di romanzo sociale, a cui qualcuno ha già fatto riferimento negli altri commenti. C’è anche, altra caratteristica, una rappresentazione fortemente anti-romantica della vita dei delinquenti e dei poveri, cosa del tutto inedita per l’epoca.
Secondo me anche qui, come in David Copperfield possono ravvisarsi elementi autobiografici dell’autore.
Cari amici, grazie di cuore a tutti per i nuovi commenti…
Un ringraziamento speciale a Vale e a Lorenza per la rassegna stampa.
Grazie mille a: Gabril, Mariella, Robert Denaro, Radio3, Carlo S., Cinzia…
Un caro saluto e ringraziamenti anche a: Fabio, Antonella Gigli, Miriam Ravasio, Ivan, Annamaria.
Ancora grazie a tutti.
Spero ci sia ancora qualcuno disponibile a dirci qualcosa su Dickens e sui suoi libri.
Una serena notte.
Buona giornata a tutti. Sono appena stato intervistato da SBS, una radio/televisione nazionale australiana proprio sul bicentenario della nascita di Dickens e su questo nostro post. 😉
http://www.sbs.com.au/
Buona giornata a tutti!
Bravo Massimo. Complimenti!
Intanto sto iniziando a rileggermi Oliver Twist.
Perché Dickens è così amato? Perché io amo Dickens?
È il genere di domanda a cui non è mai facile rispondere. Di regola una preferenza estetica è qualcosa di inspiegabile, oppure è talmente corrotta da motivi extraestetici che si finisce per domandarsi se per caso l’intero corpus della critica letteraria non sia un gigantesco ammasso di fandonie. Nel caso di Dickens un’ulteriore complicazione viene dalla sua familiarità. Dickens infatti è uno di quei «grandi autori» che ci vengono propinati in dosi massicce sin dall’infanzia. È un fatto che all’epoca scatena ribellioni e conati di vomito, ma in seguito può sortire gli effetti più disparati […]. Difficile dire quante volte si pensa veramente a uno scrittore, persino a uno scrittore che si ama; ma dubito fortemente che chiunque abbia sul serio letto Dickens possa vivere una settimana senza ricordarsi di lui in contesto o nell’altro. Che lo si approvi o no, Dickens è lì, come la colonna di Nelson in Trafalgar Square. In qualsiasi momento ecco che ci viene in mente una qualche scena o un personaggio che magari appartengono a un libro di cui non ricordiamo neppure il titolo. Le lettere di Micawber! Winkle sul banco dei testimoni! La signora Gamp! La signora Wititterly e Sir Tumley Snuffim! La locanda della signora Todgers! (George Gissing disse che quando passava di fianco al Monument non era l’incendio di Londra che gli veniva in mente, ma la locanda della signora Todgers). La signora Leo Hunter! Squeers! Silas Wegg e il declino e decadenza dell’impero russo! La signorina Mills e il deserto del Sahara! Wopsle che recita Amleto! La signora Jellyby! Mantalini, Jerry Cruncher, Barkis, Pumblechook, Tracy Tupman, Skimpole, Joe Gargery, Pecksniff… e avanti di questo passo. Non è un elenco di personaggi, è un mondo. E neppure un mondo esclusivamente buffo, perché di Dickens si ricordano anche la morbosità e la necrofilia vittoriana, e le scene a tinte forti: la morte di Sikes, la combustione spontanea di Krook, Fagin nella cella dei condannati, le donne che sferruzzano intorno alla ghigliottina. Sono tutte scene che si sono impresse con straordinaria forza persino nelle menti dei lettori meno interessati. Un artista di varietà può (o almeno poteva fino a poco tempo fa), andare in scena a impersonare Micawber o la signora Gamp con la ragionevole certezza d’esser capito, anche se nemmeno uno spettatore su venti ha mai letto un libro di Dickens fino in fondo. Persino coloro che si fanno un vanto di disprezzarlo lo citano senza rendersene conto.
(dal saggio di George Orwell in appendice a Tempi difficili)
Nasceva 200 anni fa a Landport, secondo di undici figli, Charles John Huffam Dickens. Da ragazzo sognava di diventare cronista parlamentare e considerava l’ipotesi di fare l’attore: diventò invece il più grande scrittore dell’Inghilterra vittoriana, e uno dei padri della letteratura di tutti i tempi.
Diversamente da quanto accadeva per molti autori dell’epoca, ignorati in vita e celebrati postumi, Dickens conobbe presto un grande successo grazie agli Sketches pubblicati su varie riviste con lo pseudonimo di Boz, e, pochi anni dopo, con l’esordio-capolavoro Il circolo Pickwick. In 34 anni di attività scrisse 20 romanzi (di cui uno, l’ultimo, restò incompiuto) e decine di racconti. E ogni nuova pubblicazione, raccontano le cronache dell’epoca, era un evento.
Scrittore popolare allora, oggi maestro della letteratura, modello eternamente citato e termine di paragone sempre chiamato in causa, Charles Dickens non smette di influenzare scrittori e artisti di ogni epoca.
Ecco alcune delle sue opere, pubblicate nel catalogo Einaudi:
Oliver Twist è il secondo romanzo di Dickens, pubblicato a puntate dal 1837 al 1839, e resta forse uno dei più celebri. Seguendo le avventure del piccolo Oliver, cresciuto in un ospizio, maltrattato in un’impresa di pompe funebri, reclutato a Londra da una banda di ladri, l’autore ci regala uno straordinario affresco di un Paese e di un’epoca.
È del 1841 Barnaby Rudge, tradotto per Einaudi da Fernanda Pivano. Un’altalena di situazioni comiche, satiriche, drammatiche, affettuose e patetiche, macabre e truci, che nell’accuratezza della ricostruzione storica conduce il lettore attraverso orrori e redenzioni, dando vita a un grandioso affresco appassionante e commosso.
Scrive la Pivano nella sua introduzione: «Il genuino, autentico Dickens, tenero come Cowper, scherzoso come Goldsmith, si trova soprattutto nel sorriso con cui l’autore contempla gli orrori creati dalla sua immaginazione. Nel sorriso con cui canzona bonariamente la “pulizia grande” delle massaie e l’epico sciorinamento di cibi sulle tavole imbandite. Nel sorriso che in questo inglesissimo scrittore dell’intimità della home, si vela di pianto soltanto nel veder distrutto da un incendio quel “grande altare in cui anche i peggiori di noi ripongono talvolta il culto del cuore e a cui i migliori offrono atti di eroismo che farebbero arrossire anche i templi antichi”. Il sorriso, in una parola, che doveva fargli concludere questa truculenta storia con le parole: “questo non è poi un mondo tanto disprezzabile nonostante tutti i suoi difetti”».
Nel 1843 Dickens scrisse Canto di Natale, il più celebre racconto natalizio di tutti i tempi. In realtà fu solo il primo di una serie di racconti dedicati alla festività, attraversati da temi sempre diversi – dall’altruismo come missione al sacrificio in nome dell’amore, dalla dignità di ogni creatura alla necessità della memoria – ma accomunati dalla stessa irripetibile magia.
David Copperfield, pubblicato tra il 1849 e il 1850, è stato tradotto per Einaudi da Cesare Pavese. Che scrive: «David Copperfield è senza dubbio il romanzo di Dickens dov’è piú estrosa la caratterizzazione e piú gustosa la futilità dell’intreccio. […] Lo stupore – la poesia – che in Dickens si sprigiona davanti a ogni nuovo incontro umano, a ogni bizzaria e singolarità della folla, trova nel tono autobiografico una coerenza fantastica, specialmente nelle pagine sull’infanzia, che salda ogni figura, ogni macchietta, nell’ambiente dei fatti. Fin che dura l’infanzia e il ricordo, la storia del piccolo David ha uno sviluppo ed egli vive in un mondo costruito dalla fantasia. Sono pagine indimenticabili e ciascuno di noi (non so lode piú grande) ritrova nel racconto la propria esperienza segreta».
Scritto e pubblicato a dispense tra il 1852 ed il 1853, Casa Desolata è considerato uno dei primi esempi di detective stories. Storia e satira di una causa legale che si trascina da tempi immemorabili, è al contempo raffinata descrizione della società londinese di metà Ottocento e affascinante romanzo «nero».
Tempi difficili (1854) è uno dei grandi romanzi della maturità di Dickens, una macchina travolgente in cui ricorrono gli ingredienti consueti della sua scrittura, ma con in piú un tono di favola che stempera gli eventi in chiave comica. Nonostante il consueto successo di pubblico, il libro divise la critica più per questioni sociali che letterarie: a emergere era infatti una visione piuttosto polemica nei confronti dei sindacati, e un profondo pessimismo sul divario tra operai e industriali dell’epoca.
Ma è con il romanzo successivo, La piccola Dorrit, che il grande scrittore inglese si scagliò con più forza contro la società vittoriana, e concepí un potente apologo su povertà e ricchezza.
Nel 1860 Dickens concepì la sua opera più sofisticata. Straordinario romanzo di formazione, drammatico è affascinante, Grandi speranze conta più di 250 adattamenti teatrali e cinematografici. L’ultimo, diretto da Mike Newell, arriverà in sala quest’anno, e vedrà Helena Bonham Carter nei panni di Miss Havisham, e Ralph Fiennes nel ruolo di Magwitch.
Il nostro comune amico, del 1864, è socondo molti il vero capolavoro dickensiano, quello che lo consacrerebbe, insieme a Shakespeare, massimo autore della letteratura inglese. «Un capolavoro assoluto, d’invenzione come di scrittura», ha detto di questo libro Italo Calvino. E riteneva che tra tutti i libri dickensiani, questo avesse l’incipit più memorabile. Comincia così:
All’imbrunire il Tamigi è livido e fangoso, e la marea si arrampica lungo i sostegni dei ponti. Nella corrente una barca rasenta chiatte, relitti e tronchi: ai remi, intabarrata in un mantello scuro, c’è una fanciulla dal volto d’angelo; a prua, un uomo con lo sguardo da avvoltoio raccoglie i cadaveri che il fiume restituisce…
Infine, è del 1870 Il Mistero di Edwin Drood, il giallo incompiuto di Charles Dickens: il 9 giugno di quell’anno lo scrittore morì prima di aver scritto e pubblicato le puntate finali che avrebbero svelato la soluzione del mistero. Da allora molti scrittori hanno provato a risolvere il caso, raccogliendo gli indizi seminati da Dickens nel testo per arrivare allo scioglimento finale. Ci hanno provato anche Fruttero & Lucentini in La verità sul caso D., reclutando i più celebri investigatori della letteratura dii tutti i tempi: Holmes e Dupin, Padre Brown e Maigret, Marlowe, Wolfe, Poirot & Compan… È nato così un geniale «cruciverba indiziario» dove il Mistero di Charles Dickens e l’inchiesta di Fruttero & Lucentini si sviluppano, s’intersecano, si completano con un effetto di doppia suspense assolutamente irresistibile.
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Su http://www.dickens2012.org, tutti gli eventi internazionali legati alle celebrazioni del bicentenario.
Charles Dickens è uno vero scrittore di razza. ln collegio, da giovane adolescente ribelle, divoravo i suoi romanzi. Come non amarlo?
Per me era un modello da seguire. Quante lacrime ho versato sulle tristi pagine di Oliver Twist, per tutte le ingiustizie e i maltrattamenti che subiva in quell’ odioso ospizio. Sarebbe bello rileggere le opere maggiori con l’esperienza della maturità.
Ringrazio Massimo, Enrico e tutti coloro che hanno postato gli interessanti
contributi di approfondimento.
Tessy
discussione bellissima e ricca su uno dei miei autori preferiti, Dickens, letto da ragazza e ripreso in età matura.
concordo con l’opinione di Teresa Santalucia. molti di noi hanno letto Dickens da ragazzi e si sono fatti una certa opinione. magari ricordiamo quelle storie con nostalgia. però vi assicuro che rileggendole con un ampio bagaglio di letture alle spalle e tutta un’altra cosa. molte sfumature si colgono con maggiore consapevolezza.
penso che accoglierò il consiglio di lettura della nuova pubblicazione de “Il mistero di Edwin Drood” (gargoyle), anche perchè questo libro non l’ho mai letto. spero di non rimanere delusa dall’assenza di finale. cioè, pur essendo consapevole che la storia ad un certo punto si interrompe, spero di non rimanere troppo “sospesa in aria”. non posseggo grande fantasia. di solito mi affido, appunto, a quella degli scrittori.
se dovessi scegliere un libro/manifesto di Dickens, forse sceglierei Oliver Twist. si tratta di un libro dove c’è “tutto-Dickens” e credo che sia uno dei libri di Dickens più letto e conosciuto dai lettori.
l’eredità maggiore? storie immortali: grandi personaggi, trame forti, ambientazioni complete, descrizioni sociali convincenti.
non so se tra i viventi esistono ancora scrittori capaci di narrare così.
Di Dickens ho letto e riletto il celeberrimo Canto di Natale e nulla più. A casa ho una versione di David Copperfield, ma sono sempre stato scoraggiato dall’eccessiva lunghezza.
leggendo una pagina alla volta si fanno fuori i tomi di mille e piu’ pagine. forza sandro b.
Grazie a Giacomo. Il consiglio è giusto e non troppo difficilmente applicabile. Da oggi attacco Copperfield.
Grazie Ornella, condivido pienamente il suo giusto pensiero.
Mi scuso per la brevità, sale la febbre…. e devo andare a letto.
A presto spero, un saluto ancora al sapore di neve!
Tessy
Ciao a tutti, faccio ancora in tempo a dire la mia su Dickens? Spero di sì.
Prendo spunto dalle domande e rispondo.
1. Che rapporti avete con le opere di Charles Dickens?
Più che buono. E’ uno degli autori che ricordo con maggiore nostalgia per via delle letture che mi ha “donato”.
2. Qual è quella che avete amato di più?
Oh, Il canto di Natale, gente. Come molti di voi. Una di quelle storie che ti rimane dentro per giorni, dopo averla letta. E anche dopo averla riletta.
3. E l’opera di Dickens che ritenete più rappresentativa (a prescindere dalle vostre preferenze)?
Forse “Tempi difficili”. Sì, scelgo questo anche per il titolo che mi pare molto appropriato ed in linea con questi nostri tempi.
4. Ritenete che le opere di Dickens siano ancora attuali?
Ogni opera che riesce a presentare personaggi vivi e credibili, in contesti sociali altrettanto vivi e credibili, rimane attuale. Le opere di Dickens sono così.
5. Tra le varie “citazione” di (o su) Dickens di cui avete memoria (o che avete avuto, o avrete modo di leggere)… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?
Questa già citata da Enrico Gregori: “Non amare Dickens è un peccato mortale: chi non lo ama non ama nemmeno il romanzo”.
(Pietro Citati)
6. A duecento anni dalla nascita, qual è l’eredità che Dickens ha lasciato nella letteratura mondiale?
Storie meravigliose e memorabili che continuano a essere punto di riferimento per i lettori, ma anche per gli scrittori.
E’ questa l’eredità che lascia ogni grande scrittore.
Sono felice che su questo post continuino a giungere commenti.
Grazie per lo “Speciale Einaudi”. E grazie ancora una volta a: Vale, Ornella, Tessy, Sandro B., Marco Vinci (sei perfettamente in tempo!).
Per quanto mi riguarda, il 2012 è l’anno del bicentenario della nascita di Dickens. Potete sbizarrirvi a scrivere commenti su questo post almeno fino a dicembre… 😉
Ciao. Probabilmente sono in ritardo, perché il dibattito non ha portato nuovi frutti. Pero’ mi piacerebbe parlare di due libri di Dickens che sto leggendo. Si tratta di “grandi speranze” e “tempi difficili”. Forse due dei migliori. Mi piacerebbe parlarne, ammesso che ci sia ancora qualcuno interessato.
Ciao Lucrezia. Nei giorni scorsi ho comprato “Grandi speranze” in versione ebook (offerta irrinunciabile). Per dire che mi interessa.
Grazie Cinzia. Io ho comparto tutti e due i titoli. In cartaceo però. Non riesco a leggere in ebook. Ho pensato che questi due titoli fossero tra loro collegati, vista la crisi economica finanziaria e sociale che stiamo vivendo. Sono tempi difficili i nostri, e per andare avanti abbiamo bisogno di grandi speranze.
Lucrezia, ma hai letto Oliver Twist e David Copperfield? I due da te citati vengono dopo, nel senso che se non hai mai letto Dickens secondo me è meglio partire dai due più celebri.
Certo che li ho letti. Twist e Copperfield rientrano nel mio bagaglio di letture. Questi altri due sono meno famosi come romanzi/Dickens ma altrettanto rappresentativi secondo me.
Lucrezia, non sei affatto in ritardo.
La parola “ritardo” qui a Letteratitudine non esiste. Grazie per il tuo commento… e grazie a Cinzia e Matteo per le risposte.
–
p.s. dicci qualcosa in più su “Grandi speranze” e “Tempi difficili”, se ti va!
Scusate il ritardo. Mi era ripromessa di farlo, ma sono “tempi difficili” (per restare in tema).
Volevo contribuire al dibattito fornendo informazioni proprio su “Tempi difficili” di Dickens, che sto leggendo. Spero di farlo nell’arco della mattinata.
« Ora quello che voglio sono i Fatti. A questi ragazzi e ragazze insegnate soltanto Fatti. Solo i Fatti servono nella vita. Non piantate altro e sradicate tutto il resto. Solo con i fatti si plasma la mente di un animale dotato di ragione; nient’altro gli tornerà mai utile. Con questo principio educo i miei figli e con questo principio educo questi ragazzi. Attenetevi ai Fatti, signore! »
(Charles Dickens, Tempi difficili)
Per cominciare.
“Tempi difficili” fu pubblicato per la prima volta nel 1854. Il libro è uno dei tanti romanzi di critica sociale pubblicati nello stesso periodo, come “Nord e Sud” di Elizabeth Gaskell, ed è finalizzato ad evidenziare le pressioni socio-economiche che molte persone stavano subendo.
Una prima considerazione da fare è che il romanzo non è ambientato a Londra, ma a Coketown (letteralmente “Città del carbone”), un’immaginaria città industriale.
Il romanzo è stato criticato in bene e in male da molti critici tra cui F.R. Leavis, George Bernard Shaw, e Thomas Macaulay, soprattutto per l’atteggiamento critico di Dickens nei confronti dei sindacati e per il suo pessimismo riguardo al divario tra proprietari di industrie capitalistiche e gli operai sottopagati durante l’epoca vittoriana in Gran Bretagna.
Da quello che ho letto in giro, pare che Dickens abbia scritto “Tempi difficili”per tre “motivi”:
1. ragione economica
2. ragione didattica
3. ragione di critica sociale.
In quel periodo le vendite del suo periodico Household Words erano in ribasso, così decise di pubblicare il romanzo a puntate sulla rivista nel tentativo di aumentarne le scarse entrate.
Per quanto riguarda le ragioni didattiche, Dickens voleva fare satira sugli utilitaristi che descrive in una lettera a Charles Knight come persone che “vedono solo cifre e medie, e nient’altro”.
Voleva anche fare una campagna in favore della riforma delle condizioni di lavoro. Prendendo ispirazione dalle esperienze vissute nella propria infanzia, Dickens era deciso a “dare il più duro colpo di cui sono capace” in nome di quelli che lavorano in condizioni così orribili.
Sull’ambientazione del romanzo: una citazione.
« Coketown, verso la quale si recavano Gradgrind e Bounderby, era un trionfo di fatti: in essa non c’era nemmeno l’ombra di fantasia […]. Era una città con mattoni rossi o, per meglio dire, di mattoni che sarebbero stati rossi se fumo e cenere lo avessero permesso: così come stavano le cose, era una città di un rosso e di un nero innaturale come la faccia dipinta di un selvaggio; una città piena di macchinari e di alte ciminiere dalle quali uscivano, snodandosi ininterrottamente, senza mai svoltolarsi del tutto, interminabili serpenti di fumo. »
(Parte della descrizione di Coketown, in “Tempi difficili”)
……..
Come ho già detto prima, il libro è ambientato a Coketown perché all’autore non era stato permesso di menzionare il nome reale della città in cui si svolgono i fatti narrati, Preston, vicino a Manchester, la quale era stata visitata da Dickens il 28 gennaio del 1854 e i cui scioperi lo avevano interessato.
Egli aveva poi visitato di persona alcune fabbriche a Manchester all’inizio del 1839 ed era rimasto atterrito e allibito dalle dure condizioni di lavoro degli operai.
Nel romanzo gli utilitaristi sono uno degli obiettivi del sarcasmo di Dickens.
Cos’era l’utilitarismo?
Era una delle scuole di pensiero prevalenti nell’Inghilterra vittoriana. Jeremy Bentham fu il padre di questa filosofia che si basava sui “fatti” ed escludeva l’importanza dei valori morali e spirituali, nonché delle emozioni. Si tratta di una visione che abbraccia il principio secondo cui la promozione del benessere sociale dev’essere l’obiettivo finale per l’individuo e la società in generale, una posizione che è meglio sintetizzata dalla frase: “la più grande quantità di felicità per il più grande numero di persone”. Dickens era allibito dall’egoismo insito in questa filosofia, combinato col materialista laissez faire del capitalismo nell’educazione dei molti bambini del tempo e nel costume industriale.
Nell’interpretazione di Dickens, la prevalenza dei valori utilitaristi nelle istituzioni educative promuoveva il disprezzo tra i proprietari di industrie e i lavoratori, creando giovani adulti disabituati all’immaginazione e dando troppa importanza ai fatti a spese di passatempi creativi.
….
Tornando ai nostri giorni, mi viene in mente “la politica del fare”.
Vi ricorda qualcosa?
Un’altra considerazione importante riguarda l’uso delle statistiche.
L’uso strumentale delle statistiche era un argomento su cui Dickens espresse grande rabbia.
Dickens non sminuì l’uso così massiccio delle statistiche per scopi riformativi e sanitari, ma dimostrò come queste informazioni potessero essere soggette a falsificazioni ed abusi col proposito di soggiogare e creare statistiche basate su una precisa classe sociale. Nicholas Coles precisa nel suo libro “The Politics of Hard Times: Dickens the Novelist versus Dickens the Reformer”, che Dickens era
« contro le statistiche come forma di conoscenza della società, un modo per conoscerla che necessariamente creava l’oggetto della relativa conoscenza in particolar modo – in questo caso la classe operaia e le sue condizioni di vita – e che detta i metodi di approccio ad esso. Sono le statistiche che Michel Foucault chiamerebbe una tecnologia disciplinare di conoscenza, come meccanismo per sorveglianza e la moderazione morale e politica. »
Dickens era anche contro l’uso potenzialmente ingiusto delle statistiche per giustificare l’ineguale distribuzione della ricchezza. Uno dei molti casi in cui nel romanzo un personaggio legato all’utilitarismo tenta di indottrinare qualcuno che continua ad avere una “tenera immaginazione” appare nel nono capitolo: alla domanda su quale fosse il primo principio dell’economia politica, Sissy, una giovane studentessa, risponde “Fare agli altri quello che vorresti gli altri facessero a te”; il signor Gradgrind vede questo innocente fraintendimento della Regola d’Oro per la regola dell’egoismo come assurdo e osserva, scuotendo la testa, che “la faccenda si è messa male”: così la critica che Dickens muove all’economia estende la critica alla statistica come un’altra forma di conoscenza mirata al potere, piuttosto che conoscenza compassionevole.
……
Dato che viviamo in un’epoca fortemente centrata sulle statistiche (e sui sondaggi), anche da questo punto di vista “Tempi difficili” offre interessanti spunti di riflessione.
Dickens sosteneva l’importanza dell’immaginazione nella vita di tutti i giorni per non ridurre la vita a una collezione di fatti materiali e analisi statistiche. Durante l’interrogazione di Sissy all’inizio del romanzo, nel capitolo intitolato non a caso La strage degli innocenti, le viene chiesta la definizione esatta di cavallo che lei non sa dare. La darà il suo compagno Bitzer: “Quadrupede, erbivoro, quaranta denti, cioè ventiquattro molari, quattro canini e dodici incisivi. La muta avviene in primavera; nei paesi umidi cambia anche le unghie. Zoccoli duri che però richiedono la ferratura. Età riconoscibile dai segni della bocca”.
Nella scuola dell’utilitarista Gradgrind agli alunni viene insegnato che non si può mettere carta da parati raffigurante cavalli, perché nella realtà i cavalli non camminano sulle pareti, e non si possono mettere dei tappeti raffiguranti dei fiori, perché i fiori nella realtà non si calpestano. L’educazione in cui vengono enfatizzate materie dove i fatti hanno importanza primaria, come la matematica e le scienze statistiche, a scapito di materie puramente artistiche come la letteratura, la poesia e la musica è l’obiettivo di Dickens. Sissy è la vincitrice morale del romanzo, ma non ha lottato per arrivare al suo lieto fine, è semplicemente la vita che le ha dato ragione.
Secondo Dickens l’onestà e la prosperità non andavano sempre di pari passo. Questa teoria è rappresentata nel romanzo dallo scontro tra Bounderby e l’operaio Stephen Blackpool, in particolare quando Blackpool si rifiuta di sottostare al potere del sindacalista Slackbridge intuendone le cattive intenzioni e il rapporto che intercorre tra lui e Bounderby (che però non vengono mai palesate nella storia, anche se la critica al sindacalismo faceva parte della denuncia delle cattive condizioni di lavoro degli operai), subendo così il licenziamento. Nessuno in realtà sospetta di lui quando è il principale indagato per la rapina alla banca di Bounderby.
Nella speranza di non avervi tediati auguro buona giornata ai lettori del blog.
Grazie mille per i tuoi commenti, cara Lucrezia.
Forse sarete interessati alle nostre iniziative su Dickens:
Conferenza: http://www.comune.venezia.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/54091
Mostra: http://www.minicizotti.it/index.php/2012/01/14/bicentenario-di-charles-dickens/
Grazie mille per i vostri link e per la conferenza su Dickens.
Ho il piacere di comunicarle che, nel Museo del PRECINEMA di Padova, è in corso una Mostra dal titolo :” DICKENS IN ITALIA”, che, considerato l’alto interesse del pubblico, verrà prorogata fino al 30 dicembre 2012.
Nell’ anno del bicentenario della nascita di Charles Dickens abbiamo voluto dedicargli questo omaggio !!!
@ Laura Minici Zotti
Grazie mille per l’intervento e benvenuta a Letteratitudine!
E tanti complimenti per la mostra dedicata a Dickens.
a proposito di Dickens, e di Simmons, vorrei segnalare questo articolo
http://totanisognanti.blogspot.de/2010/10/drood-1-il-disastro-staplehurst-9.html che ho trovato interessante…
Grazie per il tuo intervento, Paola.