Pronto?
…
Ehiiii. Sono io.
…
Sto bene. Tu?
…
Ottimo. È sempre un piacere sentirti.
…
Certo che c’è un motivo per cui ti chiamo! Ovvio, no? Volevo parlarti di qualcosa.
…
Sì, mi ricordo della riunione.
…
No, non credo che potremo parlarne stasera. Ecco… penso di non venire stasera.
…
Hai sentito bene. Penso di non venire alla riunione.
…
Penso di non venire alla riunione significa penso di non venire alla riunione. È chiaro, no?
…
La motivazione è più che valida. Era proprio di questo che volevo parlarti.
…
Senti, lo so che vai di fretta. Tu vai sempre di fretta. Comunque… non ci vorrà molto.
…
Ho detto che non ci vorrà molto.
…
N-o-o… stasera non vengo.
…
Senti, è inutile che insisti. Se ho detto che non vengo non vengo.
…
D’accordo. Sarò breve, anzi brevissimo. Allora… hai presente la barca che tengo al porticciolo? Bene, l’altro ieri avevo una giornata libera e ho deciso di scendere in mare. Sai, così, giusto per fare un giro e magari pescare qualcosa.
…
Sì, lo so che il tempo non era dei migliori. Ma…
…
Aspetta, fammi completare. Hai presente quella falla sullo scafo che avevamo riparato il mese scorso? Bene. L’abbiamo riparata di merda.
…
Esatto, ho cominciato a imbarcare acqua.
…
Senti, non sto dicendo che è colpa tua. Perché sei sempre sulla difensiva?
…
Mi fai completare?
…
Mi fai completare?
…
Ho cominciato a imbarcare acqua così ho cercato di rientrare e…
…
Senti, ho capito che hai fretta. Ti chiedo solo un paio di minuti, va bene?
…
C’entra. C’entra perfettamente con la riunione di stasera. E se mi fai completare ti spiego il perché.
…
Allora… provo a rientrare ma il mare è sempre più agitato. E continuo a imbarcare acqua. Così, a un certo punto, decido di tuffarmi. Mi tuffo e… sai che succede?
…
Indovina?
…
No. Non vinco la medaglia d’oro alle olimpiadi. Ti ho mai detto che sei il mago della battuta?
…
Sicuro. Sei divertente quasi come un’infiammazione alle emorroidi.
…
Senti, mi fai completare? Allora… mi tuffo e non mi accorgo che la fune dell’àncora mi si era annodata al piede destro. Capisci? Immagina la scena. Mi sono visto perso. Così provo a nuotare ma non posso perché le onde sballottano la barca e la fune mi tira il piede. Provo a liberarmi dalla fune e non ci riesco. Allora mi metto a gridare e nel frattempo ingurgito acqua e…
…
Cosa? Ma davvero? È sempre sconsigliabile scendere in mare con le acque agitate? Ma sai che sei una persona veramente saggia?
…
Che vuol dire che a te non sarebbe mai successo?
…
No. Silenzio. Non me ne frega niente delle tue strategie di sopravvivenza.
…
Senti, mi fai finire il racconto?
…
Allora… mi metto a gridare come un pazzo. Solo che nel frattempo la barca continua a prendere acqua e comincia a scendere giù. Capisci? A quel punto… guarda, non so neppure se dirtelo perché so che poi mi prenderai per il culo.
…
Ecco… mi è venuto in mente l’angelo custode.
…
Sapevo che avresti riso. Comunque è così.
…
Ma ce la smetti di ridere?L’hai capito che ci stavo restando fottuto o no?
…
Comunque… a un certo punto credo di essermi messo a pregare.
…
Sì, credo all’angelo custode, va bene? Sei contento così?
…
No. Non penso sia ridicolo credere all’angelo custode.
…
A Babbo Natale ci crederai tu, okay? E anche alla befana!
…
Senti, ora basta.
…
Mi fai completare?
…
MI FAI COMPLETARE?
…
Allora… mi metto a pregare l’angelo custode e, ci crederai o no, a un certo punto arriva un tizio.
…
Sì, arriva un tizio.
…
Non ho detto che arriva l’angelo custode. Ho detto che a un certo punto arriva un tizio.
…
Be’, per me è stato una specie di miracolo, va bene?
…
Allora… il tizio prova a liberarmi il piede, ma non ci riesce. Nel frattempo ingurgito altra acqua e vedo che metà barca è già affondata. Poi al tizio viene un’idea. Va sulla barca e nel mezzo della baraonda si mette a cercare qualcosa. Io lì per lì non capisco, così mi metto a gridare di nuovo. Dopo un po’ il tizio riprova a liberarmi e stavolta ci riesce.
( )
Be’, non dici nulla?
…
Te l’ho spiego io come ha fatto. È riuscito a scovare la cassettina degli attrezzi e a tirare fuori un cacciavite con il quale ha fatto leva per sciogliere il nodo della fune.
…
Che vuol dire che ti sembra fantascienza.
…
Certo che è andata proprio così! Come avrebbe potuto liberarmi dalla fune sennò? Con i denti?
…
Sì, la storia è questa e…
…
Aspetta, ci sto arrivando. Se non mi dài il tempo!
…
Allora… il tizio con un po’ di fatica riesce a portarmi a riva. Io mi sento mezzo rincoglionito, però la prima cosa che mi viene in mente è di ringraziarlo. Ovvio no? Così lo guardo in faccia. Per la prima volta lo guardo in faccia e mi accorgo che… be’, sì… è un negro.
…
Hai sentito bene. Un negro.
…
La vuoi smettere di ridere?
…
Senti, l’angelo custode negro lo fai sposare a tua sorella, va bene?
…
No, non me ne sono innamorato. La vuoi smettere?
…
Comunque… a quel punto ho preso il portafoglio, che era inzuppato come il resto, e ho estratto due carte da cinquanta. Sai, volevo sdebitarmi in qualche modo. Così gli allungo le banconote ma lui alza il palmo della mano e dice, no amico. Io dico, perché no? Be’, per farla breve lui mi dice che non vuole soldi da me. Mi spiega che lui avrebbe bisogno di soldi, ma non può accettarli. E mi racconta la sua storia. Dice che un suo fratello è morto annegato nel corso di uno sbarco a Lampedusa e quando ha visto che stavo annegando è come se avesse rivissuto quella scena. Così si è buttato senza pensarci due volte. Allora gli chiedo cosa posso fare per sdebitarmi. Lui mi guarda, mi sorride e mi dice qualcosa tipo: ogni volta che incontri un fratello che ha la pelle diversa dalla tua ed è nel bisogno, se puoi, aiutalo.
( )
Pronto?
( )
Pronto? Ci sei ancora?
…
Bene. Mi fa piacere che adesso cominci a capire.
…
Esatto. Questo è il motivo per cui stasera non parteciperò alla riunione dell’Aclas.
…
Per il futuro non lo so. Ci devo pensare.
…
Senti, non è una stronzata. Non è affatto una stronzata!
…
Va bene. Lo ammetto. Sto pensando di tirarmi fuori dall’associazione.
…
Cosa? Guarda che bastardo ci sarai tu, va bene?
…
Ehi, si può sapere perché ti scaldi tanto? L’associazione contro i lavavetri ai semafori può sopravvivere anche senza di me, no?
…
E allora? Non credo sia rilevante il fatto che io sia uno dei soci fondatori.
…
Senti… lo so perfettamente.
…
Lo so che sono aggressivi e costituiscono una piaga sociale.
…
Lo so che siamo costretti a intervenire perché il Governo se ne lava le mani.
…
Lo so che guadagnano anche cento euro al giorno… esentasse.
…
La vuoi finire? So benissimo che alle spalle c’è la malavita organizzata. Sono tutti miei cavalli di battaglia, questi!
…
Senti, non ho intenzione di trovare nessuna soluzione. Semplicemente l’associazione andrà avanti senza di me perché un negro mi ha salvato la vita e io ho promesso a me stesso che me ne sarei tirato fuori.
…
‘Affanculo ci andrai tu.
…
Non credo proprio che mi sentirò in colpa.
…
Ho detto di no.
…
Va bene. Se un giorno un negraccio con la pistola minaccerà mio figlio davanti a un semaforo per ottenere il permesso di lavare il parabrezza sarà colpa mia. Sei contento così?
…
Va bene. Pensa pure che sono uno che non si prende le sue responsabilità. Va meglio ora?
…
Senti, non è una cosa che meditavo da tempo. Te l’ho spiegato com’è andata.
…
Va bene, scrivi pure una lettera a tutti i soci. Non me ne frega niente. Non riuscirai mai a coprirmi di ridicolo.
…
Cosa? Ah sì? Farai partire la manifestazione proprio sotto casa mia? Brrr… tremo al solo pensiero.
…
Senti, ora stai cominciando proprio a rompermi le palle, eh? Sai che ti dico? Che tutta questa storia dell’Aclas è una vera buffonata.
…
Certo, è facile dare addosso ai poveri disgraziati. E sai una cosa? Tutte le tue idee strampalate e irrealizzabili, tipo tenere in macchina monete arroventate o impiastricciate con l’Attak… be’, sai dove puoi infilartele? Proprio lì. E ti dico un’altra cosa. Sai che farò? Fonderò una nuova associazione.
…
Già, la chiamerò Aflas. Associazione a favore dei lavavetri ai semafori. Qualcuno dovrà pur pensare a tutelare questi poveracci che hanno abbandonato la loro terra e rischiato la vita solo per sperare di sopravvivere.
…
No. Non sono diventato il paladino dei negri. La vuoi smettere di usare la parola negro? È incivile. Gente di colore, semmai. È così che si chiamano. E comunque la maggior parte dei lavavetri è gente mulatta. E a volte ci sono anche bianchi nel mezzo.
…
Slavi, per esempio. Gente dell’est. Hai presente?
…
Cosa? Quand’é che avrei detto che i lavavetri sono una feccia e che feccia è sinonimo di negro?
…
Ah sì? Per te sono negri punto e basta? E se ti dicessi che tu sei uno sporco terrone?
…
E allora? Che m’importa se anch’io sono meridionale.
…
Sai che faccio? Fondo l’Aflas e poi mi piazzo al semaforo vicino casa tua.
…
Esatto. Ti aspetterò al varco per lavarti il parabrezza. E quando ti rifiuterai di fartelo lavare te l’insozzerò con la schiuma. E poi ci sputerò sopra.
…
Ho detto che ‘affanculo ci andrai tu!
…
No, tu!
…
NO, TU!
( )
Pronto?
( )
Pronto?
( )
Ci sei ancora?
Pronto?
Nota di Andrea Di Consoli:
Nel suo racconto “teatrale” e iper-realista, Massimo Maugeri tenta la strada dei buoni sentimenti. Letteratura e buoni sentimenti sono spesso inconciliabili. Maugeri, invece, tenta questa strada.
In questo racconto si parla dei famigerati lavavetri. Il tono è grottesco ed esagitato. Ma la domanda sui buoni sentimenti rimane.
Voi cosa ne pensate?
Mi ero ripromesso di non propinarvi “miei” racconti sul “nostro” blog. Considerate questo come un’eccezione. Si tratta di un raccontino inedito e senza pretese scritto nel dicembre 2005. Mi sono deciso a pubblicarlo online solo perché tratta – in maniera comica e grottesca – un tema spinoso e di forte attualità esploso proprio in questi giorni: quello, appunto, dei lavavetri ai semafori.
Vi sarei grato se poteste dare un occhiata e lasciare un commento… per poi discutere sul tema trattato.
Ringrazio molto Andrea Di Consoli. Alla fine del racconto troverete, infatti, una sua breve nota con la quale vi propone un dibattito di natura letteraria. Insomma, molta carne al fuoco. Partecipate, eh?
Se potete…
L’Italia è un paese molto strano, il nostro ministro degli interni Amato ha detto che finchè non c’è la certezza della pena non si può fare nulla quindi? diamo la colpa ai più deboli, i lavavetri, che non vedono nemmeno una piccola parte dell’incasso della giornata in quanto tutto è gestito da rachet ed organizzazioni criminali. E allora? perchè non si cambia la legge e sopratutto SI APPLICA? perchè nelle altre nazioni le condanne si scontano e nel nostro bel paese le condanne si trasformano in libere uscite, licenze premio, gite fuori porta con rapina e via discorrendo? Non voglio essere qualunquista ma secondo me si può parlare per anni e non si verrà a capo di nulla. Si respira aria di impunità nell’aria e la malavita estera, in principal modo, lo ha capito da tempo e ne approfitta. Per fortuna nella massa di sfortunati che vivono nel nostro paese c’è ne sono tantissimi che riescono a vivere onestamente e dignitosamente compiendo a volte dei gesti eroioci da imitare. Viviamo nel paese più del mondo con leggi più contorte di una matassa aggrovigliata in mezzo ad un cespuglio di rovi. buona giornata
Il racconto mi piace molto. Mantiene suspence e tensione e scioglie solo alla fine. Bello, molto. L’uso ripetuto della parola “negro” e’ una scarica di pugni in faccia per il lettore. E serve, visto l’argomento.
Non penso che le iniziative dure dei sindaci siano corrette, ma non penso neppure che sia giusto lasciare tutto come è oggi (anzi com’era ieri).
Grazie al bliz che hanno fatto ieri a Roma dodici persone sono state denunciate per sfruttamento minorile….
E’ necessario intervenire: non con una dura repressione, bensì con una forte politica sociale.
Il racconto è si grottesco ma poi neanche tanto a volerlo leggere con il tono giusto. Mi è piaciuto l’intento di spiegare per bene, al di là delle continue corse che facciamo tutti. E poi la voglia di cambiare, quella si, può sembrare come dicono taluni ‘una romanzata’ ma sarà poi vero? Che non cambiamo nè cambieremo mai? Anche a me, come a MariaGiovanna, la parola ‘negro’ è rimbalzata in testa. Ed è giusto che sia così nell’intento narrativo e sociale.
Davvero delizioso.
Massimo il racconto mi piace; credevo mi portassi da tutt’altra parte e mi sono ritrovato lì, invece, a lavare vetri. Sai usare bene l’artificio del dialogo e sai trattare con grazia argomenti così delicati che meriterebbero, di certo, maggior attenzione da parte delle istituzioni. E ti parla un Trevigiano che, molto spesso, anche ultimamente, pur amando la propria città si è vergognato non poco di esserlo. Una forte politica sociale, come dice Amina, sarebbe necessaria (anche per altre cose), ma la vedo davvero dura, purtroppo: altro che chiudere un occhio!
Caro Massimo, il tuo racconto è bellissimo. Mi ha fatto sorridere e a tratti ridere. Naturalmente si tratta di sorriso e riso amari, dato il tema trattato. Anch’io, come Maria Giovanna e a Barbara, sono rimasta scossa dall’uso della parola negro. Ma è stata una scossa utile, perché mi ha fatto riflettere sul razzismo serpeggiante che si insinua, ancora oggi, tra le nostre vite e i nostri spazi. Quello detto e non detto.
La negritudine del mondo ancora esiste. La negritudine del mondo è dura a morire e forse non morirà mai.
Infine non sono d’accordo con Luciano sull’aspetto della lunghezza. A me il racconto non pare affatto annacquato, anzi. Mantiene un ritmo rapido e travolgente dall’inizio alla fine. E poi la parte finale è quella che tratteggia le problematiche connesse alla questione lavavetri.
Bravo davvero, Massi.
Smile.
Sarò sincerissimo.
Primo: condivido del tutto ciò che ti ha spinto a scrivere il racconto.
Secondo: il ritmo corre bene e chi legge va avanti spinto dalle parole e dagli avvenimenti.
Terzo: i colpi di scena (almeno fino a un certo punto) sono scanditi con efficacia.
Quarto: la presa di coscienza del protagonista è credibile (anche perchè il salvataggio è solo l’ultima goccia di un processo di maturazione e NON un episodio isolato ed estemporaneo).
Quinto: anch’io avrei mandato a quel paese la persona (chi è? un amico di Borghezio?) che sta dall’altra parte del telefono.
Sesto: ovviamente la tua è una narrazione (per quanto legatissima all’attualità) e non un articolo di giornale o una riflessione politico-sociologica. E allora non entro nel merito della complessità del rapporto tra legalità e integrazione, tra immigrati e lavoro nero, tra sicurezza e xenofobia, eccetera eccetera. Dico solo che la decisione della giunta comunale di Firenze NON è paragonabile a precedenti provvedimenti di altre amministrazioni, ad esempio quella leghista di Treviso. Aggiungo (e concludo) che sono totalmente d’accordo con Cofferati: la sinistra commette un gravissimo e sciagurato errore (che spiana praterie alla peggiore destra) se agli “emarginati” dice: “non posso fare nulla per la tua situazione, perciò chiudo un occhio se infrangi un pochettino la legge”
Ciao Massimo,
complimenti per il tuo ottimo racconto: esilarante e amaro, come ha già fatto notare qualcuno, ma soprattutto di grande attualità.
Peraltro sfiori anche l’argomento dello “sbarco in Sicilia” da parte di africani clandestini. Per cui ne approfitto per postare l’ennesima notizia a riguardo. Che poi è talmente “ennesima” da non essere quasi più nemmeno notizia.
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da Repubblica
=
Palermo, 08:21
CLANDESTINI: 200 SBARCATI ALL’ALBA IN SICILIA
Sono piu’ di 200 i migranti sbarcati sulle coste siciliane nelle prime ore della giornata. Una imbarcazione con 175 persone e’ stata intercettata a 14 miglia a sud di Porto Palo di Capo Passero (Siracusa). A bordo 107 uomini, 50 donne, 18 minori. Il natante e’ stato intercettato dalle motovedette CP 800 e CP 2203 della guardia costiera e da un pattugliatore della guardia di finanza. Poco prima, erano arrivati altri 29 migranti, tra i quali 6 donne, 2 delle quali incinte, e un neonato. Tutti hanno dichiarato di essere eritrei. Sono stati intercettati a 20 miglia a sud-ovest di Capo Passero dalle motovedette CP 888 e CP 2203 della guardia costiera.
=
Fonte: Repubblica.it
http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/2006/rep_nazionale_n_2478715.html?ref=hpsbdx4
Caro MAssimo,
proprio in tempi di celebrazioni letterarie (il 5 settembre a Mantova inizia Festivaletteratura, e Dio solo sa quanto vorrei esserci!) arriva un tuo racconto che, nella sua struttura dialogata, ricorda certe sticomitie tragiche che assumono forza proprio dal loro essere fondate sul confronto vivo, dialettico, di pareri opposti. In questo racconto ognuno dei due interlocutori provoca socraticamente l’altro mostrandogli i punti deboli della propria argomentazione. Significativa la rinuncia del “salvato dalle acque” a spiegare nei dettagli la propria posizione: il suo discorso ha molto di evangelico, assomiglia ad un “kerygma”, che non ha bisogno di argomentazioni e sofismi: sta lì, nella sua luminosa struttura granitica, come pietra d’inciampo per quelli che vogliono continuare a rimanere nella morte. La tecnica letteraria che viene fuori è, in piccolo, la medesima che si dispiega più apertamente nel romanzo, e consiste nella capacità di tenersi in equilibrio fra la convinzione delle idee che si vogliono affermare e il rispetto per chi la pensa diversamente (il “lector in fabula” che coopera alla scrittura dell’opera come lettore implicito, e non solo lui!). Questo rende l’opera fruibile da chiunque, ed è un pregio non piccolo. Spero ci regalerai ancora di questi momenti luminosi e profondi, che lasciano nel cuore la serenità delle cose giuste ma non spengono le domande che l’essere umano continua a porsi.
Gentile Massimo Maugeri,
un’amica mi ha girato l’indirizzo di questo sito.
È la prima volta che la leggo e devo dire che questo racconto mi ha molto colpito e in senso positivo. È una piccola perla e fornisce occasione di molteplici riflessioni. Mi è piaciuto nolto il gioco “parentesi” (uguale silenzio) e “puntini” (voce non udibile dell’altro interlocutore). Ha ragione Andrea Di Consoli nel definirlo “teatrale”. E in quanto tale credo sia dotato di una valenza artistica tutta sua. Forse (e qui la penso in maniera opposta a Luciano / Il ringhio di Idefix) sarebbe stato opportuno allungare ulteriormente la parte finale dando più spazio alla scottante “questione lavavetri”. Non vedo pericoli di annacquamento, visto che il racconto fila liscio e rapido. Questo è il mio parere, ma io non sono un critico letterario.
Ancora complimenti!
Il racconto mi è piaciuto molto, è ben scritto e, soprattutto, è funzionale allo scopo. Forse mi accontenterò di poco. Eppure in questa epoca di complessità stratificate, e proprio per questo apparentemente irrisolvibili, una naturale propensione alla semplicità aiuterebbe. Semplice è infatti la domanda sui buoni sentimenti. Assai più complessa la risposta giacchè è necessario discernere tra ragione e sentimento. La prima si appellerebbe alle leggi, al diritto al lavoro, al dovere di rispettare le norme della nostra società. La seconda non può che sostenere la causa di queste persone che hanno la sola sfortuna di essere nate e cresciute in contesti diversi.
Qui la prima stratificazione fondamentale: è l’ambiente a determinare l’individuo o viceversa ? Quella immediatamente successiva è chi deve subire le conseguenze di individui “mal educati”.
Non mi avventuro in alcuna analisi.
Per mia natura seguo quasi sempre il sentimento senza preoccuparmi troppo delle conseguenze che la ragione sistematicamente paventa. Nella paura si vive male, ma con la paura ci si limita a sopravvivere.
Grazie, Massimo, per il racconto che hai voluto donarci.
Credo che lo scrittore debba essere la voce critica della società. Ed è proprio questa voce critica che ho colto, dietro l’approccio umoristico e grottesco, leggendo questo racconto. Affondare le mani nelle nostre contraddizioni, nelle debolezze, nei limiti, nel contrasto tra ragione e sentimento (cito evento unico), nelle problematiche accese e mal gestite.
Io non lo so se letteratura e buoni sentimenti sono inconciliabili. Ma i sentimenti che traspaiono da questo racconto mi sembrano tutt’altro che buoni: c’è razzismo qui, ipocrisia, incomprensione, scarsa maturità. C’è uno specchio che distorce l’immagine di noi stessi.
Credo che debba essere così. Grazie.
Caro Massimo,
il tuo racconto è interessante ed efficace.
La scrittura diretta. Il passaggio da negro a persona di colore ha dato totale credibilità al personaggio.
Ne segna il passaggio graduale da razzista a ravveduto. Spero che nel tempo dica semplicemente Nero/i che sarebbe meglio.
In Italia è una lotta tra chi lava vetri e chi lava coscienze. Paga sempre il più debole.
(Cfr. il mobbing non è reato penale e siamo gli unici in Europa!)
che bel racconto, caro massimo. davvero! delizioso ed efficace. fa divertire, ma allo stesso tempo ti scalfisce l’anima. non lascia indifferenti. proprio per niente. in poche parole colpisce nel segno. e poi secondo me non è né lungo né corto. va bene così. io al posto tuo non lo toccherei.
riguardo ai personaggi non sono tanto d’accordo con emanuela chiriaco. secondo me il personaggio di cui non ascoltiamo la voce non si è davvero redento. mi dà l’idea di un razzista inguaribile. dal tono delle sue parole la sua mi sembra una presa di posizione temporanea e di circostanza. dentro di lui è razzista e rimane razzista. nessun ravvedimento vero, secondo me. e nessun buonismo. solo ipocrisia. e ha ragione andrea di consoli. la letteratura non è compatibile con i buoni sentimenti.
Bello, benissimo scritto, ottima l’idea della conversazione telefonica in cui “udiamo” una sola voce, quella del protagonista che parla con qualcuno che non sentiamo e che non vuole sentire.
Anche a me è piaciuto tantissimo questo racconto. Condivido le belle parole che hanno scritto gli altri commentatori.
In più sottolineo che l’evoluzione della conversazione prende risvolti inaspettati e l’argomento “lavavetri” si inserisce con vera sorpresa.
C’è questa frase, che poi è una domanda, che mi ha molto colpita:
“Quand’é che avrei detto che i lavavetri sono una feccia e che feccia è sinonimo di negro?”
Non lo so perché, ma mi ha fatto venire i brividi. Anzi, mi fa venire i brividi anche adesso. Evidentemente ha toccato una mia corda nascosta.
Complimenti. E davvero grazie.
PS- E’ la prima volta che leggo un “racconto telefonico”.
Bravo Massimo, si vede però 🙂 che il tuo racconto è un po’ datato. Hai visto come è stato bravo Scapagno 😀 a risolvere il problema a Catania? Vabbè uno deve essere un po’ pratico di rallye per fare adesso quella strada però lavavetri non ne ho visti sulla circonvallazione. Dove sono finiti? Ciao.
Caro Massimo
questo è un bel racconto e l’argomento trattato è uno di quelli che divide le masse creando fratture difficilmente sanabili. Mi capita spesso di parlarne o di sentirne parlare gli altri, ed in ogni caso sembra assistere a due caproni che si difendono a cornate. Forse problemi che riguardano le vite umane andrebbero trattati più con ragionevolezza che con razionalità.
Un approccio razionale è: il fuoco scotta, bene lo spengo e gli giro alla larga.
Un approccio ragionevole è: il fuoco scotta, bene vediamo se riesco a trovare un modo per utilizzarlo senza bruciarmi e ridurne la portata.
Però se usato male porta a roghi e incendi, richiede molta riflessione.
Carlo
Non so se è così grottesco questo racconto. Sicuramente è divertente e ben scritto, e sicuramente riesce a trasmettere un messaggio forte, dietro una certa “ambiguità” (anch’io credo poco ai ravvedimenti, quando si parla del nucleo di una persona, e non degli atteggiamenti)
Direi senz’altro che ci puoi “propinare” tuoi scritti anche un po’ più spesso.
🙂
sabrina
Caro Massimo, dal profondo nord dico che nel tuo dialogo c’è un termine stonato: negro. Quel termine disturba, evoca altri razzismi, che noi, italiani europei , conosciamo solo per informazione politica o conoscenza letteraria. In Italia il termine negro, si declina , per semplicità comunicativa, solo in dialetto. Negro, ricorda Malcom X, le Black Panthers, Angela Davis e George Jackhon. Il nostro stucchevole democraticismo ci ha insegnato ad usare termini diversi, e un nero, per noi del triangolo lecchese, è solo un “senegalese”, e un mediorientale è “semplicemente” un “marocchino”, i ladri, invece sono “albanesi”. Un razzismo etnico, meno monolitico e ricco di sfumature (sic!); aperto ad aggiornamenti ma con una comune caratteristica: gli ultimi sono gli altri, una razza diversa, nemica e dalla quale dobbiamo difenderci.
Mi ha fatto molto piacere leggere il tuo racconto perché tu sei siciliano e, anche se non personalmente, hai un contatto diretto con una realtà tragica, che noi conosciamo solo dai TG. A volte penso a quel mare pieno di morti, di vite spezzate, di sogni e speranze; vedo guanti bianchi monouso e mascherine asettiche, poi penso al sole caldo e potente, che dopo la notte riscalda le vostre bellissime spiagge.
Ciao 🙂
Nota, il tuo racconto funzionerebbe molto bene come commento ad una mostra fotografica
Complimenti per il racconto. Mi pare piuttosto originale.
Mi riallaccio all’ultimo commento, quello della Miriam Ravasio, sulla parola negro. Per fortuna il termine è in disuso perché considerato offensivo è scorretto. Difficilmente qualcuno, oggi, userebbe il termine negro, anche perché si dovrebbe sorbire come minimo le occhiataccie di quasi tutti. Però giorni fa mi è capitato di ascoltare una discussione tra due tali dove uno ha usato la parola negro (il discorso verteva sulla gente di colore che d’estate gira le spiagge a vendere prodotti vari). E a una mia parente, non posso dimenticarlo, l’anno scorso è scappata l’orribile frase: è assurdo prendersela con i negri, anche loro sono persone. Non proprio così, ma qualcosa del genere.
Il problema dei lavavetri però è davvero serio e merita di essere affrontato in maniera analitica. Spero di avere il tempo di tornare qui per scrivere cosa penso in proposito.
Oh io l’ho trovato così carino questo racconto, così credibile. Mi piace molto il “mi fai completareeee” e “negro” piuttosto ci sta bene – ahimè. sono forse un po’ scettica in tema di redenzione. O forse, mi aspettavo ecco da un personaggio del genere, non un’ammissione così franca.
Voglio dire. Un pezzo di merda di quella fatta. se pure se redime, lo smacchi da una parte ma la natura i valori le opinioni ormai lo costituiscono. E’ il tipo che se se redime, non lo dice a nessuno perchè si vergogna… ma il racconto è così carino Massimo, che speriamo che ci hai ragione tu:)
Sono d’accordo con Zauberei, anche secondo me il racconto è credibile così com’è. E senza l’utilizzo del termine “negro” perderebbe molto. Moltissimo.
Smile.
Sarebbe bello se ognuno di noi partecipasse attivamente al cambiamento della società con piccoli gesti individuali. Io non credo ai grandi mutamenti dall’alto se perfino Dio ci ha chiesto di amarlo come amiamo noi stessi e gli altri, con gesti concreti, come quello del Samaritano – il negro dei tempi di Gesù – che aiuta la vittima dei briganti, vittima che altri avevano visto ma non si erano fermati ad aiutare per quieto vivere, per indifferenza o che altro. Non dimanticherò mai che, quando sono rimasta a piedi con l’auto, gli unici ad aiutarmi, spontaneamente e senza speranza di ricopensa, sono stati due extracomunitari che mi hanno comprato cinque euro di benzina e mi hanno aiutato a far ripartire la macchina. Quando ho offerto loro un caffè e una piccola colazione sono rimasti stupiti. “Dio vi benedica”, ho detto loro. Dio ci benedica tutti, bianchi e “negri”. Massimo, grazie per avercelo ricordato! Non sono per i sentimentalismi né per le soluzioni facili, ma con un po’ di cuore e di buona volontà potremmo rendere questa terra un posto più vivibile.
Ehilà Massimo questo raccontino è delizioso e amaro allo stesso tempo. Complimenti da uno che scrittore non è, ma ci vorrebbe anche lui provare…Chissà, prima o poi un raccontino lo tiro fuori pure io e lo propongo a te e agli amici del blog.
Fare il giornalista/critico musicale/musicografo da 24 anni mi comincia un po’ a stancare. Ho voglia di cambiare tema. Sui lavavetri agli angoli delle strade – lo confesso – sono però un po’ arrabbiato anch’io. Qualcuno è gentile e i vetri se non vuoi farteli lavare te li lascia stare…”in pace”, altri no, ed effettivamente sono anche pronti a sputare sul parabrezza per convincerti. Nella mia città (Bari) il fenomeno è assai diffuso e sarebbe proprio il caso di fare una bella ordinanza ad hoc anche da noi! Proprio perchè è sempre la malavita, il racket ad essere dietro quei poveri miserabili in paziente attesa ai semafori. Cari saluti.
Caro Massimo,
il racconto mi è piaciuto e l’ho trovato acre per la tematica sociale trattata e nello stesso tempo ‘linguisticamente’ efficace. Il linguaggio da te usato crea una sorta di contrapposizione\adeguamento tra la coscienza dell’interlocutore e la coscienza del perbenismo sociale. Ipocrisia ed etica sociale vengono resi attraverso una scrittura fresca e ben formulata.
Riguardo l’aspetto sociale del problema trattato mi viene da pensare al fatto che non ci siano ancora leggi e normative adeguate ed efficaci per risolvere questa situazione. Del resto qual è la via più valida da percorrere? Un irriggidimento delle leggi per chi vive nelle condizioni di immigrato al fine di agevolare l’intensificarsi dei rapporti torbidi tra malavita e immigrazione? Oppure essere più elastici, attuando agevolazioni che però potrebbero poi portare ad altre forme di degenerazioni sociali? Qual è la soluzione? Ce ne sono, di soluzioni?
Cari amici,
vi ringrazio moltissimo (di vero cuore, come dico spesso) per i vostri commenti e per il vostro affetto.
🙂
Domani sarò fuori sede e rientrerò nel tardo pomeriggio, ma tra sabato sera e domenica vi prometto che tornerò qui per rispondere a ciascuno dei vostri commenti.
Continuate a dire la vostra sul raccontino, se vi va, e comunicate la vostra posizione sulla “questione lavavetri”.
E poi c’è quella domanda di Andrea di Consoli che aleggia in cerca di risposte:
Letteratura e buoni sentimenti sono conciliabili?
Vi abbraccio.
Ciao Massimo, a me ha un po’ sorpreso il contrasto tra questo racconto e il tuo romanzo “Identità distorte”. Il romanzo era del tutto esente da risvolti umoristici: caratterizzato da toni cupi ed atmosfere orwelliane. Qui il tono è addirittura comico, anche se è una comicità amara. Però sia nel romanzo che in questo racconto sono ravvisabili il ritmo della tua scrittura. Non so se ci sono altri tuoi lettori che sono rimasti sorpresi da questo confronto. In ogni caso bravo e grazie. Aspetto di leggere altre tue cose.
Nancy.
Letteratura e buoni sentimenti sono conciliabilissimi, sono i cretini che non dovrebbero esserlo con nessuna delle due cose. Non è l’intenzione che produce l’estetica. Perciò ci sono opere meravigliose di arcinoti cattivacci, e opere belle di famigerati buonini. La questione è che entrambi non devono fuggire dalla complessità, è sopportare l’implicazione del chiaro scuro – sicchè più ci riescono, più l’opera ha valore, più ravvisare i sentimenti diventa arduo.
Rimane poco da aggiungere… posso, timidamente e da assoluta profana (pessima scrittrice ma grande lettrice), permettermi una osservazione “tecnica” – forse dovrei dire stilistica -? Ok: ho sempre pensato che dal punto di vista puramente tecnico il non plus ultra nel rendere una conversazione telefonica tramite uno solo dei conversatori sia riuscire ad evitare la ripetizione di ciò che dice l’altro…
Sul tema del confronto: penso che letteratura e buoni sentimenti siano senz’altro conciliabili, esattamente come letteratura e cattivi sentimenti…
Mi chiedo: con cosa non si concilia la letteratura? forse davvero solo con la cattiva scrittura.. però poi cos’è cattiva scrittura?
PS il mio primo commento! Ti/vi seguo da un po’ ma fin’ora non mi ero mai azzardata…
Caro Massimo, che bel racconto! Anche secondo me ha una sua originalità. Il ritmo è buono e il dialogo non lascia di certo indifferenti. E poi è sempre difficile conciliare l’umorismo con questioni molto serie: in questo caso la”questione lavavetri” e il “razzismo”. Mi pare che lasci trasparire una certa connessione tra le due “problematiche”.
Intervengo sui punti sollevati dagli altri commentatori.
Per quanto riguarda la lunghezza secondo me va bene così.
Anche a me il “sentire” la parola negro ripetuta più volte ha provocato turbamento, ma penso che questa scelta, forse anche proprio per questo, sia uno dei punti di forza del racconto. Quindi d’accordo con Elektra e Zauberei.
Sono anche d’accordo con Sabrina e in disaccordo con te, caro Massimo. Non è che questo racconto mi sembri poi così grottesco. Al contrario, mi pare molto realista e credibile. Di personaggi come i due “simpaticoni” che parlano al telefono purtroppo ne ho incontrati parecchi nella vita reale. Questo però puoi prenderlo come un complimento.
Riguardo all’ultimo commento, quello di Silvia, dico che secondo me la ripetizione di ciò che dice l’altro, che avrà anche una sua funzione stilistica o tecnica, conferisce comicità al dialogo. In caso contrario la conversazione rischierebbe di sembrare asettica e banale. Sarei curiosa di leggere l’opinione di Massimo su questo punto. Per quanto mi riguarda, invece, sarei stata curiosa di “sentire” anche la vera voce dell’altro conversatore. Ma è una semplice curiosità, non una critica.
Letteratura e buoni sentimenti sono conciliabili? Secondo me, sì. Altrimenti dovremmo arrivare a considerare, partendo dal presupposto che la letteratura è specchio della vita, che nemmeno vita e buoni sentimenti siano conciliabili.
Sulla questione lavavetri: secondo me si “può” e si deve fare “qualcosa”. Nell’interesse di tutti: della collettività e degli stessi lavavetri. Al momento non ho proposte, ma se dovesse venirmi in mente qualcosa la scriverò.
I lavavetri fanno violenza a chi li ha ignorati; è una provocazione violenta.
Lo Stato -che sulla Carta e all’atto- ha il monopolio della violenza per salvaguardare (sulla Carta e basta) i diritti dei cittadini, usa tale violenza per fermare quella dei lavavetri.
Cosa c’è che non va allora?
Tutto il resto; ma nessuno può o deve stabilire cosa il resto sia e così succede che siamo qui a discuterne. Ma restano i lavavetri e la loro provocazione violenta, erbosa ed inestirpabile come non mai.
Al Rinascimento del prima detto Medioevo il tale Erasmus scriveva
di Tolleranza ed elogiava di follia. Oggi un po’ tutti dobbiamo essere
Erasmus, scriviamo di tolleranza, ma poi siamo tutti nervosi. E molto
poco folli.
Caro Massimo,
Il tuo racconto mi e’ piaciuto ma per adesso vorrei soffermarmi sulla tematica specifica che affronti – con encomiabile equilibrio fra comico e grottesco.
In Italia la disoccupazione e’ un dramma terrificante (e lo sta diventando anche nei Paesi ove lo Stato rappresenta realmente i cittadini… perche’ da noi Stato e cittadini sono due rette parallele, si sa, da sempre). E questo perche’ in Italia le Istituzioni non hanno mai il coraggio di intervenire con decisione e buonsenso nelle situazioni critiche.
Nel caso del lavoro irregolare, come quello dei lavavetri e similari, basterebbe che ll Stato, tramite la polizia e gli assistenti sociali, facesse sentire la sua presenza nel territorio della Repubblica, senza procurare ulteriori drammi come i provvedimenti di denuncia o affini, ma:
1) Dando velocemente e senza tante pratiche burocratiche regolare licenza a chiunque svolga tale lavoro, purche’ costui fornisca i suoi reali e fedeli dati anagrafici, insomma gli estremi completi.
2) Stabilendo un regime di tassazione forfettaria, molto contenuta e a cadenza magari mensile, per tutti i lavavetri, i quali dovrebbero pertanto, ogni mese, versare su di un c/c postale tale somma e nient’altro. In cambio lo Stato offrirebbe loro l’assicurazione sanitaria.
3) Indagando seriamente (pedinamenti, fotografie, ecc.) con agenti in borghese per stabilire delle eventuali organizzazioni mafiose alle spalle di tali lavoratori della strada per poter beccare tali delinquenti e incarcerarli, cosi’ liberando i lavavetri da quelle pericolose zavorre.
4) Agendo ”a monte”: la poverta’ di molti – italiani o viventi in Italia – e’ dovuta spesso a degli affitti di locazione (per case sovente modeste) pazzescamente elevati e anche alle esigenze estremamente ”raffinate” che molti datori di lavoro regolare hanno per assumere qualcuno: dunque lo Stato si decida una volta per tutte a stabilire un sussidio di disoccupazione reale e accessibile a tutti gli inoccupati e renda gli uffici di collocamento una realta’ vera e non fittizia.
Queste sono delle soluzioni reali e non chiacchiere, credo. Ma a chi proporle, se non ad un blog letterario?
Saluti Cari
Sergio Sozi
P.S.
Sul tuo bel racconto Massimo, tornero’ presto piu’ avanti.
Ottimo racconto.
Mi è piaciuto per l’idea di affronatare il tema in questo modo sincopato.
Paolo
Non c’è che dire. Il racconto è davvero bello. Penso che scrivere racconti sia difficilissimo, nel senso che è difficile racchiudere una storia in poche pagine o in poche righe. Devo ammettere che leggendolo ho sorriso e sono rimasto sconcertato allo stesso tempo. Bravo l’autore.
Sui lavavetri: la gente li vuole o non li vuole? Credo bisogni partire da lì.
Ciao Massimo,
arrivo in ritardo. Il racconto è bello ed ho intenzione di linkarlo sul mio blog dove ho cercato di affrontare (per modo di dire) il problema. Siamo tutte persone ragionevoli e, se ci mettiamo il cuore, ci ritroviamo tutti a dire la stessa cosa: questi poveri cristi qualcosa devono pur fare per campare. Però resta il problema dell’aggressività, che io essendo donna subisco tutti i giorni in prima persona. Eppure sono una che si serve del servizio dei lavavetri ogni volta che il vetro ne ha bisogno, e li paga anche bene (un euro, 2000 delle vecchie lire, non mi sembra un brutto compenso). Ma non posso dare un euro a tutti i semafori di Roma, non guadagno così tanto. E allora? E allora non lo so, ma l’accattonaggio non fa onore a noi come paese e a loro come individui.
Laura
Sembra uno sketch da cabaret, mi ha ricordato un vecchio numero di Proietti, quello dell’usuraio.
Brillante. Complimenti.
Mi fai completare???? Bellissimo.
Per Sergio:
bentornato! Hai fatto delle vacanze lunghissime…
Ciao, saluti cari, Miriam
Attenzione, che Maugeri è un illusionista! Molti di voi hanno parlato di “dialogo” o “conversazione”. In realtà è solo un monologo, ma costruito così bene che da l’illusione del dialogo. Una piccola magia narrativa. Complimenti.
E dimenticavo di sottolineare gli “effetti acustici” grazie all’uso del corsivo e del maiscolo.
Sui lavavetri dico che personalmente ne ho abbastanza. Che si faccia qualcosa nel nostro e nel loro interesse. Sergio Sozi mi pare che proponga una legalizzazione dell’attività dei lavavetri. Ma abbiamo davvero bisogno di gente che ci lavi i vetri ai semafori o in qualunque altro momento in cui l’auto è ferma?
Mah tra i tanti guai che ci ha un occidentale ricco abbastanza da avecce una macchina franz – non è una di quelle cose che un ci si dorme la notte. Dev’essere perchè ci avemo anche il letto.
Quando la signora Rosa Fazzi nel suo commento parla di connessioni tra razzismo e questione lavavatri ha ragione. Sul Sole di oggi c’è un editoriale di Carlo Trigilia che evidenzia questo punto. In sostanza sostiene che la non risoluzione del problema lavavetri crea insicurezza e che “la crescita dell’insicurezza aumenta la diffidenza verso gli immigrati in generale, sino ad alimentare fenomeni di vero e proprio razzismo”. Credo che abbia ragione. Il problema dev’essere affrontato e risolto. Il resto è demagogia.
Complimenti per il racconto. Molto bello.
Ho l’impressione che la demagogia stia proprio nell’ingigantire una seccatura dandole le dimensioni dell’emergenza sociale. Qualcuno si ricorda chi sono personaggi come Bagarella, Brusca, Santapaola, che dal carcere continuano a dare ordini e investono capitali milionari in attività imprenditoriali e in borsa? Quella è emergenza sociale, perché quando andiamo a comprare un prodotto non sappiamo chi l’ha fabbricato e con quali soldi è stata impiantata l’azienda. Ci accorgiamo se ci pestano un dito del piede, ma non facciamo una piega se ci tagliano una gamba.
Scusate il ritardo, ma rientro solo ora (caspita, quanti messaggi nuovi!).
Seguono i miei contro-commenti 🙂
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@ Cantastorie errante: grazie per l’intervento!
Hai idee concrete da proporre sulla “questione lavavetri”? (proviamo a mettere in comune un po’ di idee, dài).
–
@ Maria Giovanna Luini: grazie, sei molto cara!
P.S. Potete leggere un racconto della Luini nella stessa raccolta Arpanet (concepts moda) dove è stato pubblicato il racconto “Click Jeans” della Gozzi (vedi qualche post fa).
–
@ Luciano Comida:
grazie mille per i complimenti. Ma tu come risolveresti la “questione lavavetri”?
–
@ Amina:
grazie per il commento. Che aria tira a Novara? 🙂
–
@ Barbara Gozzi:
grazie mille, Barbara. Sei un vero tesoro. In bocca al lupo per il tuo ottimo progetto butterfly.
–
@ Alessandro Pedrina, Elektra, Cicerone 2:
grazie mille. Davvero!
–
@ Elio Distefano:
Grazie caro Elio, hai scritto una bellissima recensione. Quasi più lunga del racconto. Un abbraccio.
–
@ Piero Auteri:
grazie per i complimenti e per il suggerimento (proverò a scrivere una versione più lunga del racconto “incrementando” la parte finale.)
–
@ Eventounico:
grazie te, le cose che scrivi mi sembrano condivisibili.
–
@ Anna, Emanuela Chiriaco, Offender, Erika Di Giorgio:
thanks anche a voi. Vi abbraccio.
–
@ Valerio:
Come si va a Bergamo?
Valerio è un mio amico catanese “trapiantato” a Bergamo (dove si trova molto bene). “Scapagno” è un nomignolo del sindaco di Catania: Scapagnini (l’altro nomignolo è Sciampagnini).
Sul discorso circonvallazione: sono stati eliminati i semafori; al loro posto mega-rotatorie. In effetti potrebbe essere una soluzione. La proporrò ai due ceffi dell’Aclas (potrebbero organizzare una manifestazione pro-rotatorie).
–
Per il momento mi fermo qui, ma domani contro-commenterò i commenti degli altri intervenuti.
Ancora grazie.
E continuate a commentare, se vi va.
Eventuali proposte per la questione lavavetri?
Avete letto la proposta di Sergio Sozi? Che ve ne pare?
Racconto molto bello, complimenti all’autore. Ottimo il dosaggio tra comico e grottesco. Intelligente e originale il modo di affrontare il problema lavavetri.
L’approccio comico-grottesco mi fa venire in mente certi racconti di Woody Allen che adoro.
Tra breve Bompiani pubblicherà una nuova raccolta del grande Woody. Non vedo l’ora.
Gentile Massimo Maugeri, congratulazioni per questo “Aclas” che ho trovato bello, incisivo e originale. Sono un’insegnante di lettere in un liceo e volevo chiederle l’autorizzazione a stampare il suo racconto e a proporlo ai miei studenti. Data l’attualità e la particolarità dell’argomento trattato credo si presti molto bene a fini didattici.
La ringrazio molto in anticipo.
Martina Bruno
Non male il racconto, offre una chiave di lettura che spero sia utile a chi vuole ignorare che per mantenere il nostro tenore di vita, se vogliamo continuare a consumare, dobbiamo tenerci l’immigrazione, anche se dobbiamo imparare a governarla. Ma io nel mio blog provo a dare un’altra interpretazione per offrire altri punti di vista spero utili alla discussione. Questo l’inizio del mio post:
Quando con la nostra auto fermi al semaforo, un extracomunitario o un povero, un individuo lontano dalle nostre abitudini, inutile perchè non produce e non consuma (Zygmunt Bauman, Homo consumens), si avvicina al finestrino e ci rivolge la parola, siamo nel bel mezzo di una interessante interazione sociale caratterizzata da una prossimità imposta: siamo nella nostra auto, il nostro spazio privato, in mezzo ad uno spazio pubblico e siamo impossibilitati ad attuare la disattenzione civile. Se non vogliamo farci pulire il vetro dell’auto siamo costretti a comportamenti esagerati che ci fanno entrare in contraddizione, la dove non rifiutiamo ideologicamente a priori qualsiasi contatto. Enfatiziamo gesti e parole, avanziamo con l’auto, tiriamo su il finestrino, ci riconosciamo nelle lamentele degli altri e identifichiamo il lavavetri in una categoria con caratteristiche precise: immigrato, maleducato, pericoloso, parassita della società. > continua …
Aggiungo anche i miei alla lunga lista dei complimenti.
Il commentatore Marvin ha citato Woody Allen. Io non ho mai letto i racconti di Allen, però mi sono incuriosita. Li andrò a cercare.
Io invece ho pensato a Mordecai Richler, che secondo me è uno dei più grandi scrittori nordamericani degli ultimi cinquant’anni. Il tono mordace e l’umorismo cinico e caustico di questo racconto mi ricordano alcuni dialoghi del miglior Richler. Volevo chiedere all’autore del racconto se conosce Richler e se ne è stato in qualche modo ispirato.
Per Salvo.
Anch’io ho letto l’articolo di Trigilia sul Sole24ore ma in tutta onestà mi è parso un articolo scritto da “destra”. E’ l’insicurezza causata dai lavavetri che genera razzismo, o è il razzismo che incrementa l’intolleranza verso i lavavetri?
E comunque non dimentichiamo il problema di fondo: è il sottosviluppo dei paesi del sud del mondo che genera l’immigrazione al nord. Di chi è la colpa?
Dividiamo le cose.
1) Il racconto è ben scritto e sarebbe interessante sentirlo recitare da due voci. Si legge rapidamente e arriviamo alla fine senza accorgersi che abbiamo letto una storia. Il dialogo tiene. Difficilissimo scrivere dialoghi. E questo è tutto dialogo.
2) Questione di merito. Sono d’accordo con il sindaco di Firenze. Mi chiedo perchè ci meravigliamo se viene applicata la legge. In realtà era strano che prima non lo fosse. Se io mi metto a vendere libri senza avere partrtita iva e senza pagare le tasse al governo mi arrestano. Perchè i lavavetri possono esercitare la loro indebita professione ai semafori? Vado spesso a Firenze. Ci sono certi lavavetri che fanno paura. Intimidiscono. Da automobilista e utente della strada sono contento se me li levano dai semafori. Non posso fare l’ipopcrita.
Gordiano Lupi
da Repubblica del 3 settembre 2007
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Concita De Gregorio intervista il sindaco di Firenze Leonardo Domenici
=
di CONCITA DE GREGORIO
=
– SINDACO Domenici, nei giorni della polemica su Cioni sceriffo che arresta i lavavetri lei era in vacanza in Grecia con la famiglia. Se fosse stato a Firenze avrebbe firmato quell’ordinanza?
“Certo che sì. Qualcuno può pensare che sia stata un’iniziativa personale di Cioni? L’ordinanza è stata predisposta in mia assenza ma io l’ho avallata, ero costantemente informato per telefono”.
.
– I consiglieri comunali di Rifondazione sostengono che poche settimane fa c’è stata una riunione di giunta nel corso della quale di lavavetri non si è parlato. Il problema si è dunque manifestato di recente?
“Abbiamo avuto diverse denunce e segnalazioni specialmente di persone anziane e di donne sole. Una signora anziana ha denunciato che in due si sono seduti sul cofano della sua macchina. Ad un’altra si sono fatti attorno e distraendola con la richiesta di denaro le hanno rubato il cellulare. Si è diffuso un atteggiamento violento”.
.
– C’è chi dice che non sia questo il primo problema di Firenze.
“Naturalmente c’è sempre chi dice che il problema è “ben altro”. A chi ci contesta di essere partiti dai lavavetri rispondo che il rispetto della legge comincia dalla vita quotidiana, la legalità si misura nei gesti di ogni giorno. Dire che bisogna piuttosto combattere la mafia o la camorra non ha senso. Io a Firenze la mafia non ce l’ho ma ho comunque una questione aperta che riguarda il rispetto dei principi di legalità, l’accrescimento del senso civico. La micro e la macrocriminalità sono strettamente collegate, nascono nello stesso terreno e si combattono entrambe stabilendo regole che valgono per tutti a partire dai gesti più semplici”.
.
– Il ministro Ferrero dice che non si risolve così il problema dell’integrazione. Da sinistra vi accusano di accanirvi sugli ultimi.
“Invito chi parla delle nostre politiche di integrazione a venire a vedere cosa facciamo in materia a Firenze, ed eventualmente ad assegnare a queste politiche qualche soldo in più in Finanziaria. Non è una cosa di sinistra decidere che di lasciar vivere gli ultimi negli spazi interstiziali della società. Negli angoli, agli incroci. Bisogna che ci siano pari condizioni di dignità e identiche regole per tutti. Lasciarli a lavare vetri perché sono poveretti non è una politica lungimirante né umanitaria”.
.
– Ma sono sfruttati da un’organizzazione, da un racket o che altro?
“Se ci sia o meno un racket non è compito dell’amministrazione comunale stabilirlo. Noi constatiamo che i lavavetri sono molto aumentati di numero, che sono cambiate le loro modalità di approccio un tempo più morbide e che sono sempre più numerosi gli esponenti di certe comunità locali e solo di quelle”.
.
– Quali comunità?
“In prevalenza sono romeni, dunque vede che non è più nemmeno una questione di extracomunitari”.
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– Torniamo al racket. Sono sfruttati da qualcuno o no?
“Se ci sia un racket toccherà alla magistratura stabilire. Con questo non voglio lavarmene le mani, al contrario: dico noi facciamo la nostra parte e le altre istituzioni facciano la loro. L’ordinanza non prevede l’arresto in flagranza ma la denuncia e poi un possibile processo per violazione dell’articolo del codice penale, il 650, che punisce chi non osserva le disposizioni dell’autorità in materia di igiene sicurezza eccetera. E’ uno strumento soprattutto dissuasivo e difatti da quando se ne parla i lavavetri agli incroci sono spariti. Dissuasivo e temporaneo: scade il 31 ottobre. Intanto diamo un segnale, poi cominciamo a lavorare ciascuno nel suo ambito per risolvere il problema in maniera soddisfacente per tutti: per i fiorentini, per i cittadini stranieri, per chi vive la città. C’è bisogno, ne parlavo in questi giorni di nuovo con il ministro Amato, di adeguare le norme ai bisogni. Addirittura di dare un nome a certi comportamenti che talvolta sono reato e tal altra non lo sono ma che hanno in comune la caratteristica di rendere peggiore la qualità della vita di una città”.
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Quali comportamenti?
-“Ci sono i writers di cui parla Prodi, coloro che scrivono sui monumenti, c’è la prostituzione, il commercio e il parcheggio abusivo, i locali notturni e la vendita di alcolici con la conseguenza di sporcizia e ubriachezza. Sono tutte questioni diverse, evidentemente, ma nel loro insieme fanno la vivibilità di un luogo”.
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– Marta Vincenzi vuole applicare a Genova lo stesso articolo del codice penale, il 650, per denunciare e arrestare i clienti delle prostitute.
“Sono assolutamente d’accordo che si cominci a pensare alla prostituzione come di un mercato alimentati dai clienti, e che si affronti da questo punto di vista. Certo ci sono limiti legati alla privacy ma non credo insuperabili”.
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– Il ministro Damiano parla di regolare l’attività di prostituzione.
“Di nuovo si tratta di questo: adeguare le norme ai bisogni, minimizzare i pericoli, distinguere la libertà dall’arbitrio. Ci sarà un modo per farlo, bisogna lavorarci”.
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– Cofferati fu criticatissimo per aver messo un limite alla vendita di alcolici dopo una cert’ora.
“Anche noi a Firenze in certe zone lo abbiamo fatto ma se ne è parlato meno, vedo. A Cofferati è toccata la polemica sulle birre, a noi quella sui lavavetri, spero che a Chiamparino sia risparmiata quella sui parcheggiatori abusivi. Il fatto è che sono tutti temi da affrontare e non farlo è un errore. All’inizio del mio primo mandato mi ero occupato degli ambulanti, anche lì con molte polemiche. Dicono, quelli che sempre si ergono a difesa degli ultimi: c’è un mercato della contraffazione e del contrabbando, è quello che alimenta gli ambulanti e quelli bisogna combattere. Certo, ma non sono io che ho il potere di indagare sul mercato della contraffazione né posso verificare chi e come eventualmente gestisce i lavavetri. Posso però dire che le regole di convivenza in una città valgono per tutti, perciò non possiamo lasciare che agli incroci le auto siano assalite da persone non sempre miti solo perché si tratta di “poveretti”. C’è una soglia di tollerabilità che bisogna tenere presente. Certo che se parliamo di tolleranza preferisco Voltaire a Rudolph Giuliani ma non possiamo ignorare che c’è un limite nella capacità di sopportare. Se mi pesti un piede una volta non succede niente, se ci monti sopra e ci resti cinque minuti mi irrito molto, soprattutto se lo fai nell’assoluta impunità. E’ un tema concreto ma se ci pensa un attimo molto politico. Le conseguenze dell’esasperazione sono visibili in certe regioni d’Italia”.
.
– Firenze non è Vicenza, non era la città dell’accoglienza?
“Lo è. Abbiamo avuto il Social Forum nel 2002, abbiamo decine di migliaia di persone che transitano nelle nostre strade e bisogna che tutti siano nella condizione di continuare a farlo in serenità. Asor Rosa ha ragione a lamentarsi, c’è un problema di manutenzione e di sicurezza delle città ad alta densità di transito che in qualche modo deve essere risolto. Si parla di federalismo fiscale. Il vicepremier Rutelli annuncia in Finanziaria un fondo ad hoc per le città ad alta densità turistica. Qualcosa bisogna pensare: dove il lavoro è maggiore maggiori devono essere le risorse”.
.
– Ma se i lavavetri, decaduta l’ordinanza, dovessero ricomparire?
“Se ne farà un’altra. In fondo si tratta di un’ordinanza leninista”.
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– Leninista?
“Certo. Lenin diceva: il problema è l’analisi concreta di una situazione concreta. Questo stiamo facendo, vorrei far osservare a chi ci critica da sinistra. D’altra parte Lenin diceva anche che l’estremismo è la malattia infantile del comunismo…”.
(3 settembre 2007)
=
Fonte: Repubblica.it
http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/lavavetri/intervista-domenici/intervista-domenici.html
ammetto di essermi divertito un mondo a leggere ‘sta roba. bravo massimo maugeri. tutta la mia stima.
in uno dei commenti leggevo che questo racconto si presterebbe per uno scatch (si scrive così?) televisivo di gigi proietti. io mentre leggevo, invece, pensavo a carlo verdone.
troppo forte!!!!!
ovviamente andrebbe benissimo anche per una performance a teatro, ricollegandomi alla definizione di racconto teatrale di di consoli. in tal caso vedrei bene, oltre a proietti, leo gullotta con il suo accento alla leonida.
mi fai completare?, anzi, mi fai completari?
In uno dei primi spettacoli da solista di Proietti, A Me Gli occhi Please del 1976, c’era questo sketch della telefonata. Naturalmente era un monologo: un usuraio che concordava un prestito e solo alla fine si scopriva che l’usurato era sua madre.
Il racconto di Massimo me l’ha ricordato, ma solo come tecnica narrativa.
grazie per l’indicazione. mi piacerebbe assistere a questa telefonata di proietti nel ruolo di usuraio. immagino sia molto divertente. magari trovo qualcosa su youtube.
si scrive sketch, ok
E’ inutile fare gli ipocriti: gli italiani NON VOGLIONO i lavavetri. Lo dicono i sondaggi. Poi possiamo discutere su tutto.
Il racconto è interessante e ironico. Mi è piaciuto.
A Miriam: ciao e grazie per il ”Bentornato”… non vi libererete mai piu’ di me!
Sulla questione lavavetri:
”Est modus in rebus”. Se si legalizzano i lavori, si rendono anche piu’ civili, ergo: legalizzando i lavavetri, si mette sotto controllo il loro operato e li si puo’ anche rendere meno aggressivi, anzi civili, poiche’ se essi, come propongo io, dovranno pagare una tassa mensile, avranno la necessita’ di non spaventare, anzi di ”addolcire” i clienti. Dunque niente piu’ insulti o sputi sui parabrezza.
Sergio Sozi
Ancora una volta, grazie mille per i vostri commenti.
🙂
–
@ Carlo:
grazie mille. E torna a trovarci
–
@ Sabrina:
grazie cara. Ma ti confermo che vi “propinerò” altri miei racconti molto (ma molto) raramente. Preferisco suscitare dibattiti e dare spazio agli scritti di altri autori, come ho fatto di recente con te con il tuo ottimo “Balene bianche”.
–
@ Miriam, Elektra, Zauberei, Daniela: sulla parola “negro”
Intanto grazie mille. “Quella” parola è molto forte. Per fortuna è in disuso ma temo ci sia ancora gente (come i due cialtroni del racconto) che, magari non in pubblico, la pronunciano quasi con un certo gusto.
Miriam, il racconto è a disposizione per eventuali mostre fotografiche. Ne conosci qualcuna a cui possa servire?
Zauberei… mi fai completareee? (ho notato che questa semplice domanda, posta in quel punto del racconto, ha fatto divertire in molti).
–
@ Maria Lucia Riccioli:
grazie per le tue bellissime parole. Ne approfitto per dire che nel racconto, a mio avviso, i “buoni sentimenti” sono messi in pratica dall’angelo nero: cioè colui che ha salvato il “redento” dell’Aclas. Ma sarà davvero “redento” costui? Devo ammettere che anch’io hoi miei dubbi. Io di un tipo così mica mi fiderei tanto. Ma ne possiamo parlare 🙂
–
@ Alessandro Romanelli:
non hai ancora scritto un raccontooo? Mi sa che sei l’unico in Italia. Fatti sotto, va’. 😉
–
Ragazzi (e ragazze), per ora mi fermo qui perché devo proprio chiudere. Ma continuerò a contro-commentare nei prossimi giorni (non domani, perché sarò fuori sede e rientrerò in nottata).
Intanto, non so se avete visto, c’è online uno “scritto carino” della Ravasio.
Credo che Miriam vi aspetti.
🙂
Lavavetri ottima iniziativa, Clienti intolleranti
Proviamo ad immaginare che il comune cittadino,per esempio Firenze, dia in appalto ad una coop il servizio di “lavavetri” ai semafori, come per il parcheggio ad ore con operatori presenti in città. L’automobilista con il parabrezza sporco finalmente, potrebbe beneficiare di un servizio molto utile a un costo contenuto e l’operatore non tenterebbe di pulire i vetri nitidi o il parabrezza di Clienti non consenzienti. Infine, Noi cittadini benpensanti in generale rifiutiamo le iniziative che provengono da individui “diversi”: lavavetri, venditori di libri, accendini,fazzolettini, presenti nelle strade che per dignità hanno deciso di non chiedere l’elemosina, ma un corrispettivo alla loro offerta di beni o servizi. Questa è la nostra vera natura umana: sopraffare e umiliare la dignità dei più deboli, alimentando inevitabilmente la loro aggressività nei nostri confronti. Accettiamo solo le prostitute nelle strade e anche in questo caso, non distinguiamo la disperazione di giovani vite spezzate,donne, uomini,transessuali, nessuna differenza in questo caso: l’orgasmo è garantito.
Luca
P.S. E’ questa la letteratura dei sentimenti?
Desideravo complimentarmi con l’autore per il bel racconto. Lo girerò ai miei amici per email perché credo che aiuti a riflettere. Grazie.
La rilevazione Ipr-Marketing per Repubblica.it: il 32 per cento del campione propone il carcere per chi sta ai semafori.
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Sondaggio, cresce la voglia di tolleranza zero: Il 70% chiede sanzioni per lucciole e lavavetri
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di CLAUDIA FUSANI
=
ROMA – Voglia di tolleranza zero. Tutti un po’ Rudolph Giuliani – l’ex sindaco di New York che per primo l’ha applicata negli anni novanta – e, per tornare in casa nostra, un po’ Graziano Cioni, l’assessore diessino di Firenze che nella calura agostana ha tirato fuori dal cilindro l’arresto dei lavavetri perchè non rispettano le norme sull’igiene e sulla sicurezza così come prescrive l’articolo 650 del dodice penale. Quando c’è di mezzo la sicurezza, parla la pancia degli italiani, in modo diretto, senza fare sconti al politically correct. A destra, ma anche a sinistra, con buona pace di padri nobili e illustri pensatori.
=
E’ la fotografia che viene fuori dal sondaggio Ipr-Marketing per Repubblica.it che ieri – 3 settembre – ha interrogato un campione di mille cittadini sparsi per età, sesso e area geografica sui più recenti fatti di cronaca politica. Compresa la proposta leghista di sciopero fiscale su cui gli italiani – tutti, a destra e a sinistra – tirano indietro le unghie e dicono no (pur sentendosi fortemente penalizzati dal nostro regime fiscale). Una cosa è pretendere la propria sicurezza. Altro è andare contro lo Stato. Il senso civico è ancora salvo. Pare.
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I lavavetri vanno “puniti” – Il sondaggio affronta i temi del momento. A cominciare dai lavavetri. Per il 72 per cento degli italiani i signori che in un modo o nell’altro, con le buone e a volte con le cattive, ti insaponano il parabrezza a semafori e incroci “vanno puniti”. Una percentuale netta, che schiaccia il 23 per cento dei contrari ad ogni tipo di provvedimento. Di quel 72%, il quaranta opta per “punizioni di tipo economico” e ben il 32 per cento chiede il carcere. All’interno di queste due percentuali, le differenze tra destra e sinistra non sono clamorose. Il 43 per cento di chi fa riferimento alla sinistra e il 46 a quello di destra chiede punizioni economiche. Ben il 22 per cento “guarda” a sinistra e – il 34 % a destra – vogliono addirittura il carcere.
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Multe alle prostitute in strada – Sul tema il sondaggio raccoglie il favore della stragrande maggioranza degli intervistati con percentuali quasi bulgare. In questi giorni, sull’onda dell’esempio Firenze – giunta di sinistra che ha preso una decisione sembrebbe di destra – altri sindaci hanno trovato il coraggio di dire cose che altrimenti avrebbero solo sussurrato. Marta Vincenzi – per esempio – , il neonominato sindaco ulivista di Genova, vuole applicare l’articolo 650 del codice, quello che fa arrestare i lavavetri, per le prostitute. Il tutto sullo sfondo di ministri come Amato e Damiano che dicono di togliere le prostitute dalle strade. E alla domanda se si sia favorevoli o contrari al fatto che il Comune possa “multare le prostitute per strada”, il 67 per cento degli intervistati dice un sì netto. Significativa anche la composizione politica: è favorevole il 48 per cento di chi si dichiara elettore di centrosinistra e l’84 per cento di chi si dice di centrodestra. Il passo logico successivo sembra essere quello di un ritorno alle case chiuse seppur gestite in cooperativa dalle lucciole. La discriminante della domanda infatti è il luogo, cioè “per strada”, e non la prostituzione in sè.
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Writers e graffitari, opinioni diverse – Un’altra emergenza nazionale sembrano essere diventati i giovanotti, a volte anche un po’ in là con gli anni, che armati di bombolette spray colorano muri, vagoni dei treni e palazzi. Negli Usa è arte. Qui dipende da dove l’estro cromatico decide di esprimersi e se lo fa sulla facciata appena restaurata, la rabbia abbuia l’eventuale espressione artistica. Il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, un altro simbolo della sinistra, lancerà oggi la campagna antigraffiti. Anche su questo punto l’opinione degli intervistati è in maggioranza (54%) favorevole alle multe antigraffiti. Con una sorpresa: il 52 per cento di chi si dichiara di centrosinistra e il 62% di centrodestra sono favorevoli. Numeri che sembrano dare ragione all’interventismo antigraffitaro.
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No allo sciopero fiscale – Bossi non convince e non trascina. E per la prima volta in questa panoramica di umori al rientro dalle vacanze vince (43% con netta prevalenza di cittadini di sinistra) chi “non condivide” la proposta della rivolta fiscale. Se si conta poi che il 34 per cento dice di condividerla ma aggiunge subito dopo che “non la metterà mai in pratica”, il progetto leghista viene bocciato su tutta la linea. Segno che il rispetto per le istituzioni è ancora alto. Attenzione, però, a non tirare la corda. Perchè se al di là delle parole prevale il buon senso, non può essere ignorato che il 74 per cento degli intervistati denuncia di “pagare più tasse rispetto ai servizi che riceve”, una percentuale che trova d’accordo l’elettore di entrambi gli schieramenti. Solo il 14 per cento considera equa la bilancia di tasse e servizi. Esiste poi una quota – l’11 per cento – che ammette di pagare meno tasse rispetto ai servizi che riceve in cambio dallo Stato. Molto onesti. O molto evasori.
(4 settembre 2007)
Molto piacevole. Bravo Massimo.
Le faccio tanti complimenti, Massimo Maugeri.
Ho colto qualcosa di pirandelliano nella lettura di questo suo racconto breve.
Nel 1908 Pirandello dedicò un saggio all’umorismo.
Per Pirandello l’umorismo è una sorta di “sentimento del contrario”, che coglie nell’individuo una compresenza di poeta e critico insieme, cioè di colui che sa abbandonarsi al sentimento, ma al tempo stesso con acuta razionalità lo indaga fino in fondo, scoprendone eccessi e falsità, e smascherando quel tanto di artificioso e illusorio che ammanta ogni gesto umano, ogni vicenda della storia, singolare o collettiva che sia.
Credo che in questo racconto lei abbia avuto la capacità di fare proprio questo: smascherare quel tanto di artificioso e illusorio che ammanta l’umano agire.
L’uso del termine “negro” è appropriato. Il termine è bandito nelle comunicazioni pubbliche per via di un manierismo che non trova spazi nelle crepe del pensiero razzista, che pur permane, e che viene espresso in modo grezzo in contesti come quello che lei abilmente descrive.
Continuerò a seguirla con interesse.
Caro Massimo, innanzitutto voglio dirti che penso tu abbia fatto bene a pubblicare questo tuo racconto sul tuo blog: non credo affatto possa rappresentare un volersi porre in primo piano, bensì aprirsi al confronto diretto e immediato con dei lettori. E ritengo che ad uno scrittore (quale, certamente, tu sei) non possa che far bene. Detto ciò, proverò a scrivere brevemente un mio commento, sperando di non ripetere quanto è stato ben sviscerato da coloro che mi hanno preceduto. Intanto, il titolo: appena l’ho letto ho pensato subito ad un racconto di fantascienza (il nome di un pianeta o di un eroe galattico) o ad una sigla di qualche importante e curiosa multinazionale. Quel tanto di “esotico” oltre a suscitare curiosità sull’argomento, intriga moltissimo. Ed effettivamente, leggendo il racconto si viene trasportati in una curiosa realtà (l’altro pianeta), un po’ surreale, costituita da questa singola voce. Il tema: come hanno scritto molti che mi hanno preceduto, il tema è interessantissimo perché molto attuale. A mio avviso, i lavavetri costituiscono forse la presenza più visibile di tutti coloro che per cultura o, più spesso, per bisogno, arrivano nel nostro paese e nella nostra città. Ed è una presenza che urta la nostra vita quotidiana ogni qual volta ci viene detto che ci vogliono lavare i vetri per poter mangiare e magari chi ce lo dice è una giovane madre che si muove tra il fumo delle nostre auto mentre allatta un bambino o è un bambino stesso. Mi viene da pensare che io stesso, alcune volte mi trovo contemporaneamente nella posizione del protagonista del tuo racconto e in quella del suo silenzioso interlocutore: infastidito dall’invadenza dei lavavetri, ma con la pena per quella loro vitaccia e con la consapevolezza della difficoltà di una soluzione. Molto bello (e molto vero!) il momento in cui il protagonista, nel momento di massimo pericolo, pensa all’angelo custode. Forse (ed è l’unico appunto che mi viene) la morale è un po’ troppo diretta ed esplicita: preferisco pensare ad una “conversione” più lunga del protagonista, di cui questo sia solo il primo passaggio. Il mio più grande complimento, però, te lo faccio facendo parlare “l’aspirante cineasta” che è in me: questo tuo racconto è, secondo me, uno stralcio di una possibile (e bella) sceneggiatura. Caro Massimo, ho colto un vivo senso per la drammatizzazione e un’ottima capacità di costruire, attraverso il parlato, l’animo dei personaggi. Complimenti! Non è che ti metteresti a scrivere una scenggiatura? Magari, di un mio film?
Saluti, Gabriele.
Bravissimi, tutti bravissimi, gli intervenuti sull’argomento, solo che forse sarebbe il caso di risolvere il problema lavavetri senza traumi per nessuno (o con pochi traumi per tutti), cosi’ evitando di parlarsi addosso. Sono un tipo pratico, quando ne e’ il caso e le mie proposte le ho lanciate, qui.
A proposito della prostituzione, pero’, e’ un altro paio di maniche: quella andrebbe sradicata perche’ non e’ un lavoro ma una schifezza. Il metodo pero’ e’ lo stesso: proporre degli impieghi onesti alle ”lucciole”, ovvero proteggerle dagli sfruttatori e reinserirle nella normalita’ lavorativa, bandirle dalle strade, multare i clienti e arrestare i ”papponi”. Qui ci vuole la mano pesante con tutti tranne che con loro. Basta che la si pianti con il ”casino generalizzato” in Italia: siamo gli unici in Europa a sembrare una Nazione di immorali orgiaioli!
Sergio Sozi
L’ultima notizia, uguale a decine di precedenti, è che gli autori di quel mostruoso delitto di due anziani custodi, seviziati per ore, sono due albanesi e un romeno. Il paese è pieno da anni di bande feroci che depredano senza pietà peggio che nel medioevo. Testimonio personalmente che, per fare un esempio, le strade che vanno nelle campagne del torinese sono piene di poveracce, anche minorenni, che vengono accompagnate al ‘lavoro’ con pulmini dalla peggiore canaglia di sfruttatori. Così come posso purtroppo riferirvi che un mio collega ha avuto la moglie che, andava ai 50 su una uno, ammazzata da un albanese che ha perso il controllo di una Mercedes rubata. Come reagiscono i nostri governanti (di qualunque colore) a tutti questi misfatti ? Colpendo i lavavetri! Bravo Maugeri, intervento ben scritto e opportuno.
Ah, dimenticavo qualche domanda retorica:
cosa fanno i Tutori dell’Ordine, da noi?
Il 90 % lavora in ufficio e gli altri fermano i ragazzotti delle discoteche.
Cosa fa lo Stato se gli chiedi di costruire piu’ carceri perche’ ce n’e’ un BISOGNO REALE?
Emette un indulto.
Cosa fa un cittadino quando bisogna risolvere un problema con rapidita’ e giustizia?
Piagnisteo o provocazione, mai proposte fattive.
Ecco. Eccoci. Forse e’ vero che ”Tale principe tale popolo”.
Sergio
Ho letto questo racconto con molto interesse e mi sono divertito. Se l’Aclas esistesse davvero penso proprio che mi ci iscriverei, e non sarei il solo. non se ne può più.
ma bene, mi “allontano” per un po’ e guarda che mi perdo! complimenti, massimo: mi sono divertito un mondo a leggere questo racconto. prova a farlo recitare a qualcuno, non necessariamente proietti o verdone.
poi realizzi un video e magari ce lo posti, che ci divertiamo.
per Sergio: a proposito di assegni…
Un invalido, con limitazione al lavoro riconosciuta all’85%, non riceve una pensione minima ma un assegno di 271 euro mensili, che può integrare con altri lavori (rigorosamente autonomi) la cui remunerazione non deve però superare i 3.500 euro all’anno, altrimenti l’assegno viene revocato.
………tira tu le conclusioni
ciao, Miriam
racconto carino e interessante. molto bravo.
una domanda: non hai paura che te lo freghino? chi garantisce i tuoi diritti d’autore?
Grazie per i nuovi commenti. Tornerò più tardi. L’intenzione è “contro-commentare” ognuno dei vostri interventi.
Ci riuscirò, dovessi impiegarci un mese. 😉
@ Sabina Corsaro:
grazie mille per la tua bella minirecensione. Per quanto concerne il discorso “soluzioni” penso che in modo o nell’altro bisogna trovarle.
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@ Nancy:
grazie. Anche per la pubblicità al romanzo. 🙂
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@ Zauberei:
ti ringrazio per i tuoi molteplici commenti.
–
@ Silvia:
(“A Silvia” mi ricorda qualcosa… mah!).
Cara Silvia, grazie per essere intervenuta. Ti invito a “tornare” altre volte.
Sono d’accordo con te. In una conversazione telefonica (dove ascoltiamo una sola voce) meglio evitare che uno dei personaggi ripeta “troppo” quello che dice l’altro. Quando capita di scrivere un dialogo/monologo telefonico all’interno di un racconto lungo o un romanzo, dove già hai avuto modo di introdurre i personaggi, presentarli, accennare storia e intrecci, è molto più semplice. In questo caso il racconto coincide con la telefonata, quindi bisogna “arrangiarsi”. Ma è anche vero, come ha sottolineato Rosa Fazzi che questa sorta di eco alla “il gatto e la volpe” rende un po’ più comica la conversazione.
Torna a commentare, dài.
–
@ Rosa Fazzi:
grazie per tutto (vedi anche risposta a Silvia)
Compiti per casa: riscrivere la conversazione telefonica inserendo “la voce” dell’altro personaggio. 🙂
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@ Giulio Prosperi:
grazie per la tua opinione.
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@ Sergio Sozi:
ti ringrazio per “l’encomiabile equilibrio fra comico e grottesco” tributato al racconto.
Grazie pure per la proposta (che mi pare ragionevole) e potrebbe essere oggetto di dibattito a parte.
–
@ Paolo Cacciolati:
“modo sincopato”? Sì, mi piace come definizione. Grazie
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@ Mauro Tosto:
grazie anche a te per i complimenti.
–
Per ora mi fermo qui. Ma riprenderò. Fino alla fine.
Ancora grazie a tutti e buona notte 😉
dai, massimo, pubblica altri racconti online. mi piacerebbe continuare a leggere altre cose tue “a sbafo” 😀
molto carino, si legge con facilità. L’argomento di attualità contribuisce ad alzare l’attenzione e i dialoghi sono proponibili al pubblico. Magari ci aggiungessi una descrizione di scenografia et voilà lo spettacolo. Ma la facciamo l’associazione, dico davvero!!
Il racconto è bello e divertente e butta alcol sulla ferita.
Doverosi e sentiti complimenti a te Massimo Maugeri.
Però alcuni commenti non mi hanno esaltata.
Non ci credo. Ma davvero c’è gente che vorrebbe un’associazione come questa Aclas del racconto?
Il racconto è carino e aiuta a riflettere.
Secondo me il punto focale è il seguente: sui sondaggi antilavavetri, qual è la percentuale di razzismo? e quale quella determinata da legittimo fastidio?
Secondo me bisogna pensarci un attimo, e seriamente, senza dimenticare che tanti dei nostri avi sono andati in America del nord e del sud a fare i lustrascarpe.
Con colpevole ritardo.
@ Laura Costantini e Franz:
grazie mille
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@ Gcanc:
grazie per i tuoi molteplici interventi. Pagherei non so quanto per vedere Gigi Proietti che interpreta questo umile testo
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@ Salvo e Marvin:
grazie davvero. Marvin citare il grande Woody mipare un po’ eccessivo. Ma grazie di cuore.
–
@ Martina:
non solo l’autorizzo a stampare il racconto e a utilizzarlo come meglio crede (ne sono onorato), ma l’invito a invitare i suoi studenti a visitare questo blog. C’è uno spazio dedicato a loro: si chiama “Gioventù librante”
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@ Duccio:
grazie. E in bocca al lupoper il tuo blog
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@ Elvira e Mario:
grazie anche a voi. Elvira, Richler è un grandissimo mi fa piacere che tu abbia colto delle connessioni (speriamo che il buon Morderai non imprechi dal luogo in alto da dove ci guarda).
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@ Gordiano Lupi:
Grazie mille Gordiano. Poi ti pago. Metti in conto, eh? 🙂
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Mi fermo qui. Ma poi continuo.
Ci potete contare! 😉
te lo auguro davvero 😉
http://www.youtube.com/watch?v=Kzp5hz6pvDQ
Grazie Gcanc, mi hai fatto un bellissimo regalo. 🙂
Eccezionale “la telefonata” di Gigi Proietti (ma l’avete vista?).
A questo punto (dato che non si sa mai)…
… egregio signor, dottor, avvocat, ingegner Gigi Proietti: qualora si trovasse a passare da queste parti sappia che il testo di questa sorta di racconto intitolato “Aclas” è a sua disposizione. Ci pensi, eh?
😉
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Nei prossimi giorni riprenderò ad contro-commentare.
Che racconto carino! Proprio bello. Però l’interesse sui lavavetri mi pare che stia scemando, o è una mia impressione?
Immediato, surreale, cinico, esasperato ed esasperante, intelligente, originale, arguto, sottocutaneo, angosciante, divertente. Basta o proseguo?
Enrico Gregori
Leggo solo ora questo racconto. Non sono prodiga di aggettivi come il signor Gregori. Dico solo: troppo forte! Sinceri complimenti.
Grazie ancora a tutti.
Non sono ancora riuscito a concludere i contro-commenti (come promesso). Ma lo farò. Statene certi.
Grazie molte per l’autorizzazione concessa. Porterò il racconto in classe, lo leggerò assieme ai miei studenti e ne faremo oggetto di discussione.
Auguri per tutte le sue attività.
Riprendo i controcommenti (nella speranza di non commettere pasticci).
–
Grazie mille ai Ciceroni, a Mark e a Serpico per i loro contributi.
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Un enorme grazie anche a Luca e Silvia.
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@ Loredana Lipperini:
Grazie di cuore Loredana. Un abbraccio.
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@ un po’ timido online:
Grazie mille al quadrato. Soprattutto per l’immeritato accostamento a Pirandello. Wow!
–
@ Gabriele Montemagno:
grazie per tutto Gabriele: per quanto concerne ipotesi di sceneggiature ne abbiamo già parlato e ti ho detto di sì.
Sulle “conversioni repentine” ci sarebbe tanto da dire: basti pensare a quella di San Paolo, che forse è la più celebre. Ribadisco però quanto scritto sopra. Secondo me il protagonista non è davvero redento. L’impressione che si ha è che questa sua retromarcia nei confronti dei lavavetri non sia davvero sentita. È piuttosto un modo per sdebitarsi nei confronti del suo salvatore. Un’alternativa ai 100 euro che “l’angelo nero” non ha voluto accettare. Poi nel proseguio della conversazione telefonica la sua posizione diventa ancora più netta per “contrasto” con chi sta dall’altra parte del cavo. Per ripicca, potremmo dire.
O forse no. Forse si è davvero redento, chi lo sa? In fondo è un personaggio paradossale. L’unica cosa certa è che i “buoni sentimenti” sono messi davvero in pratica solo dal salvatore.
Un abbraccio.
–
Non finisce qui, eh?
Una delle cose più divertenti e allo stesso tempo tragiche che abbia letto negli ultimi tempi. Complimenti all’autore.
Arrivo tardi, lo so, ma credimi l’ho letto due volte e mi son letta pure tutti i commenti… Continuare a pensare a cose intelligenti da scrivere, in questo periodo, non aiuta ;o)
Perchè dici che non posterai altre tue cose? Questo blog si presta invece! Sono convinta che letto da attori bravi e veri sia ancora meglio. Mi piacerebbe leggerne altri, come ti ho detto a voce. Perdonami solo se non riuscita ancora a richiamarti, ma sono sotterrata di arretrati esistenziali. Lo farò prestissimo, però!
ti abbraccio e, se non si è capito, mi è piaciuto!
Elisabetta
Racconto carinissimo, a trovarli de racconti così. L’ha già detto quarcuno e lo ripeto pur’io. ‘Sto racconto è perfetto per Carlo Verdone. Troooppo forte!
Nun ce credete? Guardate qua http://it.youtube.com/watch?v=C0_4w4gJ4Is
Sono in ritardo con i “controcommenti”.
Vi chiedo scusa, ma non posso non rispondere subito a Elisabetta Bucciarelli, la quale ha trovato il tempo di scrivere qui nonostante i problemi che ha avuto.
Grazie, sei molto cara (ma per telefono ti avevo chiesto di non perdere tempo qui).
Scrivi: “Sono convinta che letto da attori bravi e veri sia ancora meglio.”
Elisabetta, se me lo dici tu ci credo.
–
Dovete sapere che Elisabetta, oltre a essere una brava scrittrice di narrativa, è anche autrice di cinema e teatro. E di dialoghi e attori se ne intende.
Tanto per fare un esempio ha curato l’edizione italiana del film “La ragazza con l’orecchino di perla” scrivendo i dialoghi e dirigendo i doppiaggi. Mica male no?
A leggere il racconto più i commenti ci vuole mezza giornata 🙂
Mi pare che è stato detto tutto.
Anche da parte mia tanti complimenti all’autore. Il racconto rappresenta l’esempio narrativo di un testo che riesce a far sorridere pur trattando un argomento difficile , complesso e controverso; e al tempo stesso induce alla riflessione. Non è facile trovare testi così.
Signor scrittore, guardi che pretendo un controcommento anche per me! 😉
Pensavo di scrivere qualcosa su questo bel racconto, ma mi accorgo dai commenti che è stato detto praticamente tutto.
Mi sono divertito a vedere i video su You Tube di Gigi Proietti e Carlo Verdone. Come ha scritto la Elisabetta questo racconto interpretato da attori bravi e veri sarebbe ancora meglio.
Scusate, sono in netto ritardo con i “controcommenti”, lo so.
Per adesso ringrazio gli ultimi eroici commentatori: Lorella e Maurizo.
Ringrazio anche gli altri. TUTTI. Di vero cuore.
In un’epoca dai toni urlati e gridati dove la violenza pare sia l’unica molla ispiratrice, non è facile descrivere una buona azione.
Lei ha saputo farlo senza ampollosa retorica e con uno stile colloquiale che ben si presterebbe ad un atto unico.
Con stima.
Maria Luisa Papini Pedroni
Carissima dottoressa Papini Pedroni, la ringrazio molto per l’affetto e ricambio la stima.
A presto
ciao, sono una ragazza di 14 anni. questo racconto è molto bello. fa ridere, ma lascia qualcosa dentro. a me è rimasto questo messaggio: chi è nel bisogno è più propenso ad offrire di chi vive nell’abbondanza. grazie.
cinzia
Sono io che ringrazio te, piccola Cinzia.
Scusate, ma non mi ci raccapezzo più tra tutti questi commenti.
Sicuramente ci sarà stato qualcuno che non ho citato e ringraziato (come Enrico Gregori, Maurizio, Ernesto, Lucrezia, Viviana e Carmen).
Grazie a tutti.
🙂
Caro Massimo, sono tornato da poco dalle vacanze e ho letto il tuo racconto.
Ti faccio i miei complimenti: è divertente, originale, e fa riflettere. E contiene quella giusta dose di “morale” che fa sempre bene.
E’ quello che io definisco “fiaba moderna”.
Per quanto riguarda la parola “negro”, anch’io all’inizio sono rimasto un po’ interdetto, ma poi mi sono ricordato che pure Emilio Salgari, che era sempre dalla parte dei negri e degli oppressi, la usava tranquillamente nei suoi romanzi.
Sì, sì. Mi è piaciuto proprio tanto.
Complimenti!
Sergio Rilletti
Un sentito e affettuoso ringraziamento allo scrittore Sergio Rilletti (alias “Mister Noir”). Grazie per le tue belle parole. Davvero! 🙂