VIVA LA LIBERTÀ
di Roberto Andò
con Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Michela Cescon, Valeria Bruni Tedeschi, Anna Bonaiuto
Recensione di Ornella Sgroi
«Essere o non essere, questo è il problema. È meglio esserci come se fossimo già spariti o sparire del tutto per tornare a essere?». Una domanda che, innescata sull’eterno dubbio amletico, farebbero bene a porsi i politici italiani. Di ogni partito e colore.
Nell’attesa di una loro presa di coscienza, che purtroppo nella realtà tarda ad arrivare, ci ha pensato Roberto Andò a fare di quell’interrogativo la scintilla e insieme la sintesi del suo ultimo film, “Viva la libertà”, tratto dal romanzo “Il trono vuoto” (Bompiani) che è valso al regista siciliano il premio Campiello Opera Prima 2012. Nuova linfa per il genere del cinema politico italiano, reinventato in chiave di favola filosofica che tocca da vicino la realtà dei fatti e le speranze dei cittadini. Con acuta leggerezza. E con sorprendente originalità di pensiero.
Mettendo da parte i toni accusatori, rancorosi o rassegnati dei film più critici nei confronti dei partiti di maggioranza che hanno governato nella storia più recente, “Viva la libertà” affronta infatti il tema politico in una chiave nuova, puntando sulla capacità della gente di ritrovare lo slancio verso un cambiamento possibile e invitando l’opposizione a fare autocritica sulla propria latitanza, per non avere esercitato quel ruolo attivo che avrebbe dovuto assumere. Roberto Andò immagina, dunque, che il “trono vuoto” sia quello del leader del più importante partito di sinistra (Toni Servillo), sparito nel nulla dopo aver appreso che l’indice di gradimento dei propri elettori è sceso sotto il 17 %. Rifugiatosi a Parigi da una vecchia fiamma (Valeria Bruni Tedeschi), Enrico Oliveri lascia così in gravi ambasce il partito, la moglie (Michela Cescon) e soprattutto il suo più fedele collaboratore (Valerio Mastandrea), costretto a ripiegare sul fratello gemello dell’onorevole, appena dimesso da un ospedale psichiatrico e con un trascorso da filosofo. Ma sarà proprio la sana follia, schietta e poetica, dell’impostore a riconquistare la fiducia dell’elettorato, sollecitato a colpi di Brecht a fare i conti con la propria coscienza, unica alleata possibile per conquistare un vero cambiamento.
In questo viaggio incrociato nell’esistenza di due fratelli, identici nell’aspetto ma non nella personalità, Roberto Andò segue con eleganza e garbo l’evoluzione psicologica dei due personaggi opposti, affidandosi ad un attore come Toni Servillo che riesce a misurare ogni singola sfumatura dei suoi due ruoli (sottolineati anche dai temi musicali di Marco Betta) calibrando la sua, altre volte straripante, forza espressiva. Con una visione d’insieme che, strada facendo, gli permette di ricongiungere i tratti caratteriali dei due gemelli in un personaggio unico e complesso. Impossibile da identificare, almeno sul finale, con l’uno piuttosto che con l’altro. Persino per il fedele segretario interpretato da Valerio Mastandrea, che si conferma – se mai ce ne fosse stato bisogno – uno degli attori italiani più interessanti e capaci del nostro panorama cinematografico.
Tra metafore e scene memorabili – come l’incontro nella sala dei mappamondi tra il Presidente della Repubblica e il finto onorevole, in cui Servillo recita la fatidica domanda amletica, o il tango ballato a piedi nudi con la Cancelliera tedesca – “Viva la libertà” scorre leggero e potente allo stesso tempo. Grazie anche ad una regia delicata che serve gli attori, un cast splendido diviso tra pubblico e privato, mentre aleggia lo spirito e il desiderio di un nuovo corso affidato più all’essenza della cultura che alla cultura dell’apparenza.
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[La puntata radiofonica di Letteratitudine in Fm con Roberto Andò… su “Il trono vuoto”]
Leggi l’introduzione di Massimo Maugeri
Il trailer del film
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