Dicembre 22, 2024

88 thoughts on “DIECI ANNI DALLA MORTE DI GIUSEPPE PONTIGGIA

  1. Dieci anni fa, infatti (per l’esattezza il 27 giugno 2003), Giuseppe Pontiggia moriva nella sua Milano a causa di un collasso circolatorio mentre era ancora in piena attività.

  2. Pontiggia era nato a Como, il 25 settembre 1934.
    La sua attività letteraria di Pontiggia è stata molto intensa (già a partire dalla sua collaborazione con la rivista d’avanguardia “Il Verri” diretta da Luciano Anceschi) nonostante il “vincolo” dei primi anni dovuto all’impegno assorbente del lavoro in banca. Da tale attività lavorativa (e dalla frustrazione che ne derivò), Pontiggia prese lo spunto per la scrittura del suo primo romanzo autobiografico “La morte in banca” (1959). Nel 1961 decise di lasciare l’impiego in banca e si dedicò all’insegnamento serale e alla letteratura.

  3. Come ho scritto sul post, nonostante la prematura scomparsa, la produzione letteraria di Pontiggia è molto ricca. Ricordiamo le seguenti opere di narrativa (oltre al già citato romanzo “La morte in banca”): “L’arte della fuga“, (Adelphi, 1968 – di recente riedito da Mondadori); “Il giocatore invisibile” (1978); “Il raggio d’ombra” (1983); “La grande sera” (1989 – Premio Strega); “Vite di uomini non illustri” (1994 – Premio SuperFlaiano); il suo libro più celebre “Nati due volte” (2000 – Premio Campiello e Premio Società dei Lettori Lucca-Roma); “Prima persona” (Mondadori); “Il residence delle ombre cinesi” (2003, postumo).

  4. E non bisogna dimenticare nemmeno l’attività saggistica, che ha dato vita a: “Il giardino delle Esperidi” (Adelphi, 1984); “Le sabbie immobili” (Il Mulino, 1991); “L’isola volante” (Mondadori, 1996); “I contemporanei del futuro: viaggio nei classici” (Mondadori)

  5. A dieci anni dalla scomparsa, nella tradizione di Letteratitudine, mi piacerebbe ricordare questo nostro scrittore con il vostro indispensabile contributo. Dedico dunque questo “spazio” alla memoria di Peppo Pontiggia, anche con l’auspicio di contribuire a far conoscere questo autore a chi non avesse ancora avuto modo di accostarsi alle sue opere.

  6. Chiedo a tutti di contribuire lasciando un ricordo, un’impressione, una citazione, informazioni biografiche… ma anche link ad altri siti e quant’altro possa servire a ricordare Pontiggia e la sua produzione letteraria. Seguono alcune domande volte a favorire la discussione.

  7. 4. Tra le varie “citazione” di Pontiggia di cui avete memoria (o che magari avrete modo di leggere per questa occasione)… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?

  8. Di Pontiggia ricordo bene quel bellissimo libro che è “Nati due volte”. Un romanzo autobiografico dove racconta il percorso dell’autore tra i binari della tetraparesi spastica di cui è affetto il figlio.
    Un libro che consiglio a tutti di leggere, perché è schietto e ironico, forte e leggero, sincero e incisivo.

  9. Vorrei contribuire riportando alcune citazioni di Pontiggia sul tema della disabilità.
    Fonte: ItaliaLibri, Milano, 4 dicembre 2000

  10. Il problema dell’handicap lo vivo in maniera diretta da 31 anni da quando è nato mio figlio ma avevo sempre escluso di farne un racconto autobiografico perché non ho interesse per la mia autobiografia perché penso che l’autobiografia, almeno nel mio caso, mi renderebbe schiavo mentre il romanzo mi rende libero.
    (Giuseppe Pontiggia)

  11. Il voyeurismo televisivo ha raggiunto dei vertici impensabili perché la tendenza al guardare nell’intimità degli altri è tipicamente umana. L’uomo ha una forte curiosità per l’intimità altrui anche perché sorprende l’uomo nella sua spontaneità, l’uomo che non sa di essere osservato.
    (Giuseppe Pontiggia)

  12. In generale, la donna è più solida, è più seria nei sentimenti. L’uomo ha la tendenza a giocare, a concepire l’amore come un gioco e non solo l’amore fisico ma l’amore nel suo significato più complesso. La donna invece investe nei rapporti, con più responsabilità, se stessa. Non dico che sia sempre così ma spesso è così.
    (Giuseppe Pontiggia)

  13. Molte volte il disabile è commiserato e con ciò discriminato proprio da quelli che hanno paura di riconoscersi in lui, direttamente o indirettamente.
    (Giuseppe Pontiggia)

  14. Noi da un punto di vista antropologico siamo certamente disabili a vivere nel mondo e nella società in cui viviamo perché lo confermano medici, psicologi, il nostro corpo, la nostra psiche si è plasmata in un ambiente che è radicalmente diverso da quello in cui noi viviamo e l’evoluzione della società ha proceduto molto più rapidamente dell’evoluzione della specie.
    (Giuseppe Pontiggia)

  15. Seguire, anche in ogni pagina, in ogni frase, in ogni parola, la verità del linguaggio, penso che determini nel lettore un coinvolgimento che nasce dal proprio rispecchiamento in ciò che dice lo scrittore.
    (Giuseppe Pontiggia)

  16. Grazie a Giuseppe Pontiggia.
    E grazie dell’opportunità di espressione che questo spazio online offre.
    Ciao.

  17. Amo moltissimo Pontiggia!
    E il libro del mio cuore è “Nati due volte”.
    Non solo per la narrazione della diversità, ma per la presa d’atto – serena, composta – che siamo tutti compresi in quel mistero della differenza….
    “Quando Einstein, alla domanda del passaporto, risponde ‘razza umana’, non ignora le differenze, le omette in un orizzonte più ampio, che le include e le supera. È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione, nega la differenza”. (G. Pontiggia, Nati due volte)

  18. “Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita. Questa almeno è la mia esperienza. Non posso dirvi altro”.

    (Giuseppe Pontiggia, “Nati due volte”, capitolo “La sfera di cristallo”).

  19. Un grande Pontiggia! Sicuramente oltre al già citato “Nati due volte” io amo particolarmente “Vite di uomini non illustri”, piccolo capolavoro in cui la brevità non toglie ma aggiunge alla capacità di immaginazione del lettore.
    Diciotto le vite di personaggi inventati raccontate in poco spazio con pennellate precise che lasciano un’apertura verso il non detto. Immenso essere scrittore con brevi tratti e lasciare un segno profondo di ogni vita dipinta. Lo consiglio a chi per caso non lo avesse letto.

  20. Mario Monicelli nel ’95 trasse un film ispirandosi alla lettura di un racconto tratto da Vite di uomini non illustri, interpretato da Margherita Buy, Philippe Noiret, lello Arena ed altri. Si chiamava “Facciamo paradiso” ma non fu accolto in maniera accogliente da grossa parte della critica.

  21. Vi inserisco un paio di frasi interessanti dette da Pontiggia:”Il terrore della pagina bianca?E di quella scritta?”
    “Parliamoci chiaro”. Ho sempre temuto questa frase, che non è mai un invito alla trasparenza, ma l’apertura delle ostilità.

    geniale quest’ultima , no? 😉

  22. E forse ho risposto anche alle domande di Massimo! Come citazione l’avrete capito adotto l’ultima.
    “parliamoci chiaro” cosa potrei dirvi ancora?

  23. Anch’io sono un lettore di “Nati due volte”. Ma colgo l’occasione di questo richiamo commemorativo lanciato da massimo maugeri per leggere qualche altro libro di Pontiggia.

  24. Ciao a tutti!!!
    Contribuisco alla discussione fornendo qualche piccola integrazione biografica su Pontiggia.

  25. Pontiggia nasce da una madre attrice dilettante e da un padre funzionario di banca, e trascorre l’infanzia a Erba, nella campagna brianzola. In seguito, dopo la morte prematura del padre (1943), la famiglia si sposta a Santa Margherita Ligure e poi a Varese, infine definitivamente dal 1948 a Milano.

  26. Pontiggia, mosso da innata propensione allo scrivere e da un desiderio irrefrenabile di conoscere l’universo attraverso i libri, probabilmente ereditato dal padre bibliofilo, scopre lo stile come felicità del linguaggio attraverso la lettura adolescenziale di Guy de Maupassant. Ultimato il liceo classico con due anni di anticipo, per necessità familiari e con grande senso di sacrificio comincia a lavorare in banca, e al contempo collabora – come già detto – fin dalla sua fondazione (siamo nel ’56) con la rivista d’avanguardia “Il Verri” diretta da Luciano Anceschi. La rivista Il Verri annovera tra gli altri anche Umberto Eco, Nanni Balestrini.

  27. Contemporaneamente completa gli studi universitari e nel 1959 si laurea all’Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi sulla tecnica narrativa di Italo Svevo. Lo stesso anno pubblica il suo primo romanzo autobiografico “La morte in banca”, frutto d’una profonda insoddisfazione per la sua esperienza lavorativa e per un mondo che considera frustrante, pieno di adulti che non sono maturi. Grazie all’incoraggiamento di Elio Vittorini, che gli consiglia di dedicare più tempo alla narrativa, nel 1961 lascia l’impiego in banca e si dedica all’insegnamento serale.

  28. Il tempo libero consente a Pontiggia di approfondire letture, interessi ed esperienze in molteplici direzioni. Pontiggia inizia una collaborazione proficua con alcune case editrici: con Adelphi per la quale pubblica nel 1968 L’arte della fuga, e con la Arnoldo Mondadori Editore con la quale collabora, sin dal primo numero del 1961, curando l’Almanacco dello Specchio, ampliando la sua attività di saggista e di critico e occupandosi di autori classici, quali Ausonio, Macrobio, Sallustio, Lucano, Bonvesin de la Riva, Francesco Guicciardini e anche di autori moderni e contemporanei (come Manzoni, Verga, Collodi, Morselli, Saba, Sinisgalli, Porta, Ruffilli ecc.).

  29. Nel 1978 pubblica con Mondadori il romanzo “Giocatore invisibile” che tratta d’una polemica feroce tra due filologi: il tema gli era stato suggerito da una lettura su una rivista di studi classici. Nel 1983 il tradimento di un infiltrato in un gruppo clandestino comunista sarà il filo conduttore del romanzo “Il raggio d’ombra”. Negli anni ottanta organizza una serie di incontri tenuti presso università e teatri italiani, incentrati sul linguaggio della prosa.

  30. Pontiggia inizia a pubblicare raccolte di saggi di scrittura piacevole e arguta: “Il giardino delle Esperidi” (1984), a cui fanno seguito “Le sabbie immobili” (1991), “L’isola volante” (1996) e “I contemporanei del futuro: viaggio nei classici” (1998). Nella narrativa riesce a cogliere brillanti successi, di critica come di pubblico, vincendo tra l’altro il Premio Strega nel 1989 con “La grande sera”, il Super Flaiano nel 1994 con “Vite di uomini non illustri”, il Premio Chiara alla carriera nel 1997, infine il Premio Campiello nel 2001 con “Nati due volte”, romanzo fortemente autobiografico da cui è stato tratto il film “Le chiavi di casa”. Durante questo periodo felice, riesce a prestare attenzione a suoi vecchi lavori, ampliando o ripubblicando alcuni dei suoi precedenti libri.

  31. Bravo, dottor Maugeri!
    Pontiggia fu intellettuale finissimo, delicato, attentissimo alle cose d’anima.
    Perse prestissimo il padre e per mantenere la famiglia si impiegò in banca! Ma ne soffriva e riuscì comunque a perseguire la strada della letteratura.
    Di suo figlio parlò solo in “Nati due volte” e pochissimi anni prima di morire.
    Un atto ultimo e necessario, che restituì voce alla differenza, alla minorità, alla difficoltà.
    Mi compiaccio per la scelta di questa rubrica.
    Il suo sempre affezionato
    professor Emilio

  32. Oltre al film citato di Gianni Amelio, da “Vite di uomini non illustri” Mario Monicelli trae il film “Facciamo paradiso”, mentre nel 1989 il musicista Marco Tutino scrive Due arie per soprano e pianoforte su due testi di Pontiggia.

  33. Mi permetto un post personale, che probabilmente interesserà soltanto a me, spero che non sia del tutto fuori posto. Ho letto tutto Pontiggia in interminabili viaggi di treno ai tempi dell’Università. Per più mesi i pendolari si vedevano comparire davanti un giovanotto con in mano un pesante libro blu scuro, ricolmo di foglietti che sbucavano dalle pagine, con la copertina un po’ ammaccata, le pagine solcate da sottolineature e scritte così strette che forse neanche lui riusciva più a leggerle: quel tizio ero io e il libro era il Meridiano di Pontiggia. Tra pendolari, alla fine, ci si riconosceva più o meno tutti: io ero l’unico studente, per lo più erano impiegati, ingegneri, lavoratori. Qualcuno mi avrà anche invidiato, perché vedere che uno riesce a sprofondare a tal punto nella lettura di un libro da dimenticarsi talvolta di scendere alla sua fermata, può anche suscitare invidia, perché è davvero difficile al giorno d’oggi avere passione per qualcosa, soprattutto per qualcosa di così inattuale come la lettura. Sinceramente anche io, tornassi indietro, mi guarderei con invidia. Oggi è molto più difficile perdersi così ingenuamente in un libro, seguire le parole di uno scrittore come fossero la rivelazione di verità nascoste. Certo Pontiggia invogliava a farlo. Non erano le sue storie a catturarmi: era la verità che luccicava dietro gli aforismi che disseminava nei dialoghi, nelle descrizioni. Capivo poco della realtà, all’epoca, (oggi anche meno, probabilmente), ma certe frasi di Pontiggia mi sembravano dare un senso a ciò che non capivo: l’incertezza si placava in forme cristalline, dove idee scoppiettanti erano accostate in compostezza classica. Per molti mesi non ho letto che Pontiggia: poi mi sono ribellato (arriva sempre il momento in cui ci si deve ribellare alle proprie passioni) e non l’ho più letto. Sono tornato a leggerlo dopo qualche anno: mi è sembrato, allora, uno scrittore grande, ma non così grande come il mio entusiasmo giovanile me lo faceva apparire. È la sorte, credo, degli autori che divoriamo da giovani. Quando si torna a loro, li troviamo diversi: in realtà non sono cambiati loro, siamo cambiati noi.

  34. Massimo, grazie per la possibilità di ricordare uno scrittore come Pontiggia, che ho conosciuto tramite Silvana La Spina che ne aveva grandissima stima.
    Il libro che mi è rimasto nel cuore è NATI DUE VOLTE, intensissimo, mai melenso, doloroso ma asciutto.

  35. Grazie!
    L’iniziativa e i commenti sono molto interessanti…
    complimenti a Letteratitudine!

  36. Intanto un saluto di benvenuto a Diego e un grazie di cuore per il suo interessantissimo commento.
    Benvenuto a Letteratitudine, Diego!
    E grazie per il tuo intervento.

  37. E ancora grazie alla cara Francesca, a Marco Fanni, a Margherita, al prof. Emilio, a Maria Lucia, a Renata, agli amici del Premio Italo Calvino.
    Grazie di cuore a tutti!

  38. La scala mobile sale al terzo piano tra scale che discendono, gradini che spariscono in alto tra le luci, pavimenti che si allontanano ai due lati, la folla che circola lentamente nel brusio.
    «Ti piace?» gli chiedo in un orecchio, alle spalle.
    «Sì» risponde senza voltarsi.
    Aggrappato con la sinistra al corrimano di gomma, si lascia cadere indietro, sentendo che ho le braccia aperte.
    Sto curvo in avanti per sorreggerlo. Quando arriviamo in cima e i gradini di ferro scompaiono nella feritoia, si arrovescia con le spalle.
    «Non avere paura!» gli dico, sollevandolo a fatica perché non inciampi.

  39. «Parliamoci chiaro.» Ho sempre temuto questa frase, che non è mai un invito alla trasparenza, ma l’apertura delle ostilità.

  40. Quando Einstein, alla domanda del passaporto, risponde ‘razza umana’, non ignora le differenze, le omette in un orizzonte più ampio, che le include e le supera. È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione, nega la differenza.

  41. Riconoscere la diversità non è razzismo. È un dovere che abbiamo tutti. Il razzismo però deduce dalla diversità degli altri uomini la diversità dei diritti. Noi invece pensiamo che i diritti siano gli stessi per tutti gli uomini.

  42. Ricordo una giovane fisioterapista, che aveva paragonato lo sforzo dei bambini disabili, nell’affrontare una scala, a quello dei vecchi. «Capite adesso?» ci diceva. Noi facevamo cenno di sì, ma in realtà i vecchi sulle scale ci erano altrettanto estranei.

  43. Voi dovete vivere giorno per giorno, non dovete pensare ossessivamente al futuro. Sarà una esperienza durissima, eppure non la deprecherete. Ne uscirete migliorati. Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita. Questa è almeno la mia esperienza. Non posso dirvi altro.

  44. lessi anch’io “nati due volte” quando uscì. ho provato a cercarlo nella mia libreria, ma non lo trovo più. sto seriamente valutando di acquistare il meridiano mondadori.

  45. Dei numerosi libri scritti da Pontiggia mi ha colpito soprattutto “La morte in banca”, scritto giovanissimo, tra il ’52 e il ’53, per testimoniare ai lettori il mondo complesso, labirintico della banca e l’umanità lacerata e alienata dei personaggi che la compongono.
    Apprezzato da Vittorini, come si è detto, venne pubblicato, integrato di un capitolo e insieme con altri cinque racconti nei “Quaderni del Verri” di Anceschi.
    Mondadori lo pubblicò nel ’79, nella collana “Scrittori italiani e stranieri”, con parecchi altri racconti tra cui “Lettore di casa editrice”, ironico-amaro e penso famoso, dove un lettore editoriale non riconosce, tra le pile di manoscritti da giudicare, una traduzione di “Delitto e castigo”, concludendo che il suo autore non è privo di qualità, “ma non è per ora pubblicabile”.
    Caro Massimo,
    Pontiggia è un nome che rimarrà – credo – nella storia della letteratura contemporanea per il modo profondo, scarno, quasi scolpito, di tratteggiare le vicissitudini umane, cogliendone ogni “dettaglio”, ogni emozione, anche la più recondita.
    Cordialmente, A. B.

  46. ciao massimo,
    devo per forza rispondere alle domande?
    io ho molto amato Pontiggia, è stato uno dei miei maestri, perché chi scrive in italiano si rifà a maestri italiani. e come dalla ortese ho imparato l’allucinazione, il surreale, da Pontiggia ho imparato il reale. per me nati due volte è un enorme punto di riferimento, e non per l’argomento trattato ma per come è trattato. per l’uso della lingua, con quel registro finto basso ma coltissimo, come se lo tenesse a bada- anzi: sicuro lo teneva a bada-, e le sciabolate al sistema quando si rappresenta in scuola, in ospedale, sulla propria pelle.
    posso piangere se penso alla scena finale, quella di lui che lo guarda oramai adulto dalla finestra, perfetto contrappunto a quella iniziale delle scale mobili. io penso che sia un capolavoro per i comune lettore e un manuale( a lui non sarebbe dispiaciuto, così convinto dell'”insegnabilità” della scrittura…) per chi scrive.
    spero di averti risposto e dato il mio contributo, e grazie per aver proposto questo ricordo.
    valeria parrella

  47. “Non facciamo che passare da un’età decisiva ad un’altra”. Giuseppe Pontiggia (La grande sera).
    E’ questa la citazione di Peppo che ho inserito nel mio romanzo “Una raggiante Catania”.
    Ricordo ancora la telefonata straziante di dieci anni fa, con la voce singhiozzante, del mio amico poeta Antonio Di Mauro che mi annunciava la triste notizia: “Peppo non c’è più…ci ha lasciati…”. Io stavo per prendere un volo per Londra, e la mia permanenza di un mese divenne buia e triste come i cieli della Cornovaglia. Antonio ci aveva fatti conoscere nel 1990, nella biblioteca di Aci Bonaccorsi che lui dirige, Pontiggia era lì per presentare il suo capolavoro “La grande sera”. Mi trattò con benevolenza, generosità ( è lo scrittore più generoso che io abbia mai conosciuto), iniziando ad elargirmi consigli preziosi, incoraggiamenti con la serietà che lo contraddistingueva. Io, allora aspirante autore, devo sicuramente a Peppo la mia perseveranza nello scrivere (senza di lui avrei smesso…). Mi diceva di coltivare la pazienza, la virtù degli eroi, perchè prima o poi le mie qualità si sarebbero imposte.
    Egli è diventato mio amico, mio mèntore, mia guida ed è grazie a lui che continuo a credere nella letteratura autentica, quella che ci emoziona e ci fa scaldare i cuori.

  48. Sono andato a riprendere il Meridiano di Pontiggia: non sapevo più dov’era, l’ho cercato a lungo. Alla fine l’ho trovato dietro a una fila di altri libri: era messo in fondo, quasi nascosto, se ne stava lì con altri ricordi. La foto di Pontiggia mi guarda con quel sorriso tra il sornione e il triste, affilato eppure ammorbidito da una sorta di superiore consapevolezza. Tra le pagine spuntano i pezzettini di carta con cui ero solito segnarmi i punti dei libri che più mi interessavano. Il Meridiano di Pontiggia li ha ancora tutti e mi stupisco di quanti siano. Rileggo alcune di quelle pagine, verificando se ancora oggi mi colpiscono le frasi che mi colpivano un tempo. Mi imbatto in aforismi di lancinante lucidità, che in genere partono da conoscenze comuni e poi, nel brevissimo giro di un punto o di una virgola, le ribaltano, suscitando una sorpresa intellettuale mai fine a se stessa, in quanto ha lo scopo di sforzarti a riflettere, di guardare il reale con occhi nuovi. Il mondo, negli aforismi di Pontiggia, è scomposto, abissi di pensiero si spalancano e talvolta non osi guardarci, per paura di cosa ci troverai. Il tutto è fatto in poche righe di una compostezza formale simile a quella di certi latini che amava tanto: il contrasto tra la forma “classica” della frase e il pensiero mobilissimo, audace, talvolta sconvolgente, che vi si nasconde, è forse la ragione dell’effetto straniante che molta prosa pontiggiana suscita. A questo rifletto mentre scorro le sottili pagine del Meridiano ed è strano rileggere pagine lette anni prima, ripercorrere i pensieri pensati anni prima, ritornare nel vortice di idee progetti letterari in cui era facile perdersi allora. I libri della nostra vita servono anche a questo: a ricordarci cosa siamo e cosa più non siamo, cosa fummo e cosa non fummo. Non tutti i libri possono, non tutti gli autori. Pontiggia può.

  49. Volevo ringraziare Diego per il suo ultimo post.
    Oggi andrò in libreria a regalarmi il Meridiano dedicato a Pontiggia.
    Sarà la mia lettura dell’estate!!!

  50. Ho comprato ‘Nati due volte’ di G. Pontiggia dopo aver seguito questo forum.
    Sono arrivato a metà libro e non me ne sono pentito.
    Anzi ci tengo a ringraziarvi tutti.
    Ciao.

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