GRAPHIC NOVEL E FUMETTI: l’introduzione di Massimo Maugeri
IO LE PAGO, di Chester Brown (in appendice: La “Partitura” di Madame Turquoise)
Il Puttaniere Filosofico
Chester Brown e le ragazze-squillo, per una rivoluzione contro l’amore romantico.
di Furio Detti
Mi piace pensare a Io le pago, dettagliata e stimolante esplorazione del sesso mercenario per la penna di Chester Brown, come al pronipote pacifico dei pamphlet filosofici del Settecento, in particolare della letteratura sadista; benché il sadismo non c’entri assolutamente.
Il libro edito da Coconino Press, con la sapida prefazione di Robert Crumb, non avrebbe forse bisogno di ulteriori convenevoli: non solo è una lettura di spessore, ma è una lettura soprattutto onesta, diretta, schietta, lucida sulla società e sulle necessità sessuali dell’individuo. Proprio per questo non solo è piacevolmente discutibile fra adulti, ma risulta particolarmente fresco e appropriato in un’epoca che apparentemente ha sdoganato ogni possibile tabù – a eccezione della professione di nazismo e della pedofilia – e che sembra ormai tutto sommato convivere con prostitute e “puttanieri”.
In Italia probabilmente c’è chi ancora indulgerebbe alla malizia del comico nel presentare un simile argomento, credendo a torto di rendere più simpatico un testo forte; ma dal “freddo” Canada anglofrancese Chester – “Chet” – Brown ci offre un approccio non solo molto rigoroso e, a suo modo, sostanzialmente coerente (sostanzialmente: ci sarà più di una sbavatura su questo fronte, come vedremo), ma un contenuto profondo, del tutto in linea con uno stile grafico secco, didascalico – senza noia – essenziale, documentaristico. In questo senso Io le pago potrebbe persino essere accostato, se non per intensità, sicuramente per tipologia, al celebre graphic journalism di autori come Art Spiegelman, Guy Delisle, Joe Sacco, per dire i più famosi – ricordando anche un bravo e altrettanto asciutto Flavio Montelli (Goodbye Bukowski).
Io le pago è la storia di un amore quietamente finito e di una soluzione dura, ma possibile, al dilemma delle relazioni uomo-donna (1): la scelta del sesso mercenario.
Chet Brown ci racconta la sua carriera di “puttaniere” e soprattutto ci mette a parte delle sue considerazioni umane, sociali e politiche. In una gabbia immutabile di otto vignette per tavola, fotogrammi rigorosi di un film d’interni con qualche passeggiata nel parco, osserviamo, spettatore partecipe ma mai invadente, la vita amorosa, relazionale, affettiva di un cliente di prostitute. A dispetto del luogo comune che presuppone la vacuità del sesso a pagamento Chet Brown non solo descrive non senza una fredda e quasi invisibile ironia le reazioni sconvolte e meravigliate di amici e parenti, ma anche una realtà vibrante, viva, umana, spesso taciuta, come quella delle case-appuntamento con squillo. La delicatezza e il rispetto con cui Brown, da vero documentarista, tratta il suo “materiale umano” risalta proprio nella scelta di non “inquadrare” in viso le prostitute. L’unico volto messo a nudo è quello del protagonista-autore. Che ci mette veramente la faccia (p. 281) a riprova della sua “certezza d’innocenza”. Per quanto il segno stilizzatissimo di Brown possa rendere davvero opinabile il riconoscimento e ogni fisiognomica, la scelta è una precisa richiesta della controparte. Per questo rispetto, termine mai così etimologicamente calzante, il viso inespressivo di Brown non solo si fa maschera per riflessioni intime, ma raccoglie e trasmette come un testimone fedele le parole e le confidenze delle prostitute con cui si intrattiene. Il protagonista diventa canale di trasmissione di qualcosa di più vasto delle sue magnagne sentimentali, amorose, relazionali. Il chiaroscuro netto, quasi inciso, fa sembrare Io le pago un film neorealista e l’apparente mancanza di emozioni, espressioni e di espressionismo della storia, unitamente al didascalsimo di certe conversazioni, è largamente compensata dalla profondità tensiva della scoperta di un modo alternativo di concepire il sesso e i bisogni fondamentali. Occorre solo la pazienza di non limitarsi alla confezione.
Certo, come ricorda lo stesso Brown in citazione, Io le pago non è un fumetto facile. Intanto perché va a scalzare parecchi ciottoli fermi sotto cui si muove un sottobosco di convinzioni radicate, personali e spesso impantanati pregiudizi. Lo fa non solo con amici e fidanzata – memorabile è il personaggio di Seth, voce del buonsenso non sempre accolta con favore dal protagonista – ma anche e soprattutto col lettore, senza ipocriti infingimenti anche con le sue stesse ninfe ispiratrici.
Qui il dialogo è davvero uno strumento filosofico a cui il disegno è organicamente asservito. Non scomoderemo Platone, ma Io le pago rende onestamente omaggio a questo modello speculativo e formativo.
Del resto le sorprese non finiscono quando il fumetto – un fumetto che si era aperto col più tempestoso e problematico “Possiamo parlare?” della propria fidanzata – si conclude dopo 227 tavole con la “morale” del protagonista: “Quindi far sesso a pagamento non è un’esperienza vuota, se paghi la persona giusta.”
Io le pago infatti ospita a seguire un minuzioso trattatello sulla legalizzazione della prostituzione. È adesso che riprendiamo l’analogia con la trattatistica del Settecento per andare a sviscerare quella che per noi è la parte migliore dell’opera: la Postfazione e le Appendici. Brown, come fece De Sade, approfitta del tema caldo per affrontare di petto la politica e la società, la visione delle relazioni umane: propugna la completa depenalizzazione della prostituzione, rifiutando ogni intervento esterno regolatore della società come dello stato – nel più puro stile libertarian – e si fa alfiere di un mondo alternativo, futuribile, in cui non solo la prostituzione sarà accettata, ma sarà ritenuto comune e normale il sesso a pagamento come forma di socializzazione tra adulti consenzienti. Uno per uno i capisaldi e le obiezioni che ruotano intorno al sesso mercenario – autodeterminazione, schiavismo, sciovinismo, maschilismo, oggettivazione sessuale, retorica Gay, femminismo, bigotteria, tabù sessuali e sanitari, problemi religiosi, aspetti socioeconomici e diritti civili sono smantellate, o perlomeno affrontate di petto dall’autore, non sempre da capisaldi rigorosi (particolarmente debole come impianto è la sua critica all’obiezione sulla “commercializzazione del sacro”, p. 248) ma di certo mediamente stimolanti. Il trattatello riprende certo le conversazioni affrontate a mo’ di siparietti – o intermezzi “filosofici” – ampliandole e corredandole di un certo apparato critico e bibliografico.
Se come è ovvio la critica di Brown va a colpire la tesi del divieto di prostituzione, più interessanti risultano i confronti con altre realtà, altrettanto considerate negativamente da Brown, in cui la prostituzione è regolamentata e normata dalla legge, come il Nevada (pag.248). Più specifica è l’obiezione di Brown anche alla tassazione della prostituzione, qualora legalizzata: nessuna ingerenza dello Stato. Da notare che qui Brown adduce a parziale giustificazione la sacralità dell’atto sessuale, altrove contestata (altro punto debole della sua trattazione). Rigorosa è anche l’attenzione dedicata da Brown agli amici-interlocutori, fra cui l’illustratore Seth (Gregory Gallant) e alle loro considerazioni, non sempre concordanti con l’autore. Ultima chicca: la serie di “note” al fumetto che illustrano e specificano con dovizia di particolari e narrazioni accessorie quanto non leggibile nelle vignette. Una sorta di “commento del regista”. Non sarà accessorio dire che la Coconino ha svolto un’egregia opera di adattamento, traduzione e cura editoriale, a partire dal titolo italiano (l’opera originale ha un titolo concettualmente più ambiguo: Paying For It).
A dirla tutta e concludere, non sarà accademicamente ineccepibile, eppure Io le pago non sfigurerebbe affatto nella bibliografia di qualche corso “intelligente” di sociologia e diritto. Magari anche solo per accendere un dibattito pubblico, sereno, aperto, contributivo e specifico sul tema del consumo/mercato sessuale.
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Chester “Chet” Brown
Io le pago. Memorie a fumetti di un cliente di prostitute.
Introduzione di Robert Crumb.
Coconino Press, 2012
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In appendice:
Intervista a un’esordiente dell’erotismo a fumetti italiano
La “Partitura” di Madame Turquoise
Il sesso degli angeli ha un’interprete gentile
Per Letteratitudine intervistiamo Madame Turquoise, una fumettista sotto pseudonimo che ha pubblicato la sua prima storia lunga a fumetti esordendo con un erotismo completamente diverso dal solito e un tratto particolarmente fresco. Una piccola crisi di coppia si risolve con un aiuto soprannaturale, con sorpresa incrociata. Quando la tenerezza racconta l’erotismo senza perdere di sapore.
– Ci ha colpiti, senza troppi giri di parole, l’erotismo tenero e quotidiano del vostro fumetto: tu e André Delattre siete riusciti a sprigionare, liberare, un erotismo senza esibizion(ismo), privo persino della più leggera ironia ma non per questo meno fresco, naturale e complice; come ci siete riusciti, come è nata l’idea?
Ho voluto disegnare Partitura notturna su sceneggiatura di André, cercando da subito un’intenzione comune. C’era sintonia tra me e lo sceneggiatore. L’idea iniziale invece è nata nel modo più banale: André ha avuto fra le mani un mio disegno, non proprio erotico, ma femminile e ammiccante, neppure troppo sfacciato. È rimasto colpito e mi ha proposto di realizzare qualcosa insieme. Così è nata l’idea di una storia sexy e molto gentile.
– L’erotismo è un genere nuovo per te? Qual è stato il tuo percorso nei comics?
Breve e recentissimo, perché io nasco come illustratrice e pittrice e non avevo mai affrontato prima di adesso un’opera lunga a fumetti – in fondo parliamo di un volume di 50 pagine per 47 tavole. Partitura è stata letteralmente la mia prima storia lunga a fumetti. Ho trovato quindi molto bello cimentarmi con una storia del genere anche se c’è stata da parte mia un po’ di resistenza all’idea, almeno inizialmente. [Ride] Posso parlare di “esordio lungo”?
– Hai affrontato il tema del sesso con imprevedibile eleganza… Hai mai avuto richieste in tal senso dall’editoria?
Grazie. Ho cercato di rappresentare la sessualità con un approccio sentimentale, che non ho mai trovato nel fumetto erotico o glamour finora edito, tantomeno nella pornografia, per quanto non intenda certo denigrare alcuno di questi generi. Se parli di Slowcomix, ossia il nostro editore, posso garantirti che è stato solo per merito di questa casa editrice che Partitura – in quanto volume praticamente autoprodotto – ha visto la luce. Si è trattata di una scelta coraggiosa anche perché Slowcomix ha deciso di esordire col cartaceo senza aspettare di sondare il terreno con media meno economicamente rischiosi, intendo il web. Lavorare da subito con un autore mi ha fatto sentire come una modista, impegnata a trovare l’eleganza attraverso un laborioso processo di “taglia e cuci”. In questo senso Slowcomix, che ha – a differenza di me – una lunga esperienza nel fumetto, è stata professionale e sensibile: in redazione e altrove ho incontrato tante persone che mi hanno elargito consigli preziosi.
– Te la sentiresti di cambiare genere? Hai altri progetti in vista? Che genere di storie vorresti raccontare adesso?
Oddio, non so. Vediamo… anche se non mi sento pronta per una vera e propria graphic novel, mi tenterebbe un’altra storia lunga: di pirati, per esempio; oppure un racconto intimista sul concetto romantico di “viaggio”, un approccio sentimentale e psicologico al tema ma senza trascurare anche l’aspetto fisico, avventuroso, come nelle storie di Hugo Pratt. Con Partitura di certo ho superato il mio “blocco del fumettista”. Certo è prematura per me l’idea di lanciarmi in una graphic novel, perciò non so proprio cosa mi riserbi il futuro, anche a breve termine.
– Quali sono state le tue fonti di ispirazione come autrice? Hai parlato di Pratt…
Beh ovviamente non penso assolutamente di poter arrivare a tanto: come pittrice e illustratrice comunque mi ispiro a un po’ di tutto. Cerco sempre di non fermarmi a un solo stile, ma provo a sperimentare, cambiare. A costo di dirti un’eresia, non sono mai stata una fan di Pratt. Mi piacciono molto i suoi acquerelli, ma qui si ferma il mio interesse, pur ritenendolo un maestro del fumetto.
– Grazie per questa rapida chiacchierata.
Grazie a voi.
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André Delattre – Madame Turquoise
Partitura notturna
Prefazione di Erika Lust
Slowcomix, 2013
(1) , Senza escludere ogni possibile combinazione, comunque.
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