Novembre 23, 2024

594 thoughts on “UN CARNEVALE DA RACCONTARE

  1. Provate a raccontare il carnevale.
    Ripeto gli “spunti” forniti:

    – microracconti sul carnevale (pura fiction)

    – il carnevale nei vostri ricordi d’infanzia e adolescenza

    – il carnevale oggi

    – citazioni di opere letterarie che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con il carnevale.

  2. Per quanto concerne la citazione di opere letterarie che hanno a che fare con il carnevale, ecco la mia:
    Cito “Carnevale a Milano”, opera prima di Raffaele Crovi (recentemente scomparso). Il Romanzo è stato recentemente ripubblicato da Avagliano (nel 2006).

    È il carnevale del 1955. Siamo a Milano. Un gruppo di studenti e operai cerca un possibile ancoraggio, una ragione per vivere. Fa freddo e si beve cognac per scaldarsi e per darsi coraggio. Sergio, il protagonista, ama una ragazza di Genova, però la distanza lo ferisce. I giovani di “Carnevale a Milano”, primo romanzo di Raffaele Crovi, trascorrono le proprie serate in latteria. Cercano una strada, una scossa risolutiva, ma perdono tempo come si perde sangue. Sono giovani degli anni Cinquanta, la radiografia interiore del “boom economico”. Si prendono e si lasciano in continuazione, sono maliziosi eppure impotenti, si fanno compagnia fumando sigarette. È una Milano nevosa, quella di Crovi, una Milano in cui è possibile nascondersi.

  3. Il Carnevale è una ricorrenza densa di fascino perché il tema della maschera, dell’apparire altri da se stessi, credo sia alla base stessa di molte manifestazioni artistiche, a partire dal teatro. Tutto questo preambolo per dire che non mi viene in mente una citazione. Ci penserò su, intanto però voglio raccontare il carnevale della mia infanzia.
    Quando io ero bambina (cioè l’altro ieri :-P) non si navigava certo nell’oro e un costume di carnevale costava troppo per le magre finanze della mia famiglia. Quindi alla mia prima richiesta di potermi mascherare, mia madre fu costretta a rispondere acquistando il costume più economico che riuscì a trovare. Io sognavo di sfoggiare abiti ricchi di pizzi e crinoline, volevo mascherarmi da dama, principessa, regina, fata, insomma qualcosa che prevedesse una lunga ed ampia gonna e qualcosa di sbrilluccicoso in testa. Quando mia madre aprì la scatola, mi trovai davanti una casacca col cappuccio e un paio di pantaloni completi di ghette: era un costume da esquimese!
    Ora, di sicuro era originale, ma a me sembrava di essermi mascherata da maschio e la cosa non mi piaceva neanche un po’. Dovetti fare buon viso a cattivo gioco e lo dimostrano le foto che mi ritraggono immusonita accanto a mia cugina paludata in un costume da Maria Antonietta con tanto di parrucca incipriata. Passa un anno, io cresco a dismisura e si ripresenta il problema. Mia madre si rende conto che il costume da esquimese non mi entra più, ma i soldi sono quelli che sono. Ci viene in soccorso una vicina che mi presta un costume da contadina magiara. E’ un passo avanti, perché ha la gonna, non lunga fino ai piedi, ma è già qualcosa. In testa ho una specie di crestina adorna di fiocchetti, sulla camicetta bianca c’è un gilet coloratissimo. Sono quasi soddisfatta, ma ancora una volta non mi godo la festa perché mi esplode un ascesso ad un dente che mi trasforma in una contadina magiara con metà faccia gonfia come una zucca. Quello che non mi aspetto è che, mentre passeggio con i miei genitori in mezzo ai bambini mascherati, un piccolo bastardo dotato di clava di plastica (quelle che fischiavano quando colpivano, oggi credo non si usino più) pensi bene di prendere la mia guancia gonfia e dolente a bersaglio di quello che a lui sembra uno scherzo spassoso. Ho pianto tutto il mio dolore e la mia rabbia (adesso che ci penso è da allora che non mi fido più tanto dei maschietti). Ma la riscossa era alle porte. Passa un altro anno ed avviene il miracolo. Mia madre si mette d’impegno e mi porta a scegliere un costume degno di tale nome. Il risultato è un abito fa-vo-lo-so, tutto rosa, con un cappello a tesa larga. E’ una rivisitazione del costume di Rossella O’Hara in Via col vento e io mi sento bellissima. Mia zia mi passa due etti di eye-liner sulle palpebre, rossetto, fard sulle guance, neo strategico e sono pronta. Il mio papà mi scattò tante di quelle foto che mi sentivo veramente una diva, con la mia crinolina e gli sguardi invidiosi delle altre bambine. Avevo chiesto alla mamma se era possibile abbinare al costume una clava, magari in tinta, per essere pronta ad ogni evenienza. Lei mi spiegò che Rossella O’Hara non avrebbe mai colpito nessuno e che nella manina leggiadra poteva al massimo brandire una borsettina colma di coriandoli. Mi sono adattata ma a tenere lontani maschietti emuli di Fred Flintstone in quella, come in molte altre occasioni, bastò una delle mie famose occhiate fulminanti.
    Laura

  4. Per me il Carnevale, proprio con la C maiuscola è quello degli anni ottanta: trasgressione, scemate e nullaggini ristoratrici (leggiamo anche salvifiche). Prima, come adesso, era solo una ricorrenza per bambini: abitini, cortei e piccole feste scolastiche. Ultimamente, almeno da noi, non si contano le iniziative delle Pro-Loco che appaltando ad altri, organizzano divertissement per adulti e piccini; con le città ricolorate di luci e performance, ma anche rievocazioni storiche (non si perdono mai l’occasione). Ma lo spirito del Carnevale non c’è , perché non c’è più niente da trasgredire e quindi la ricorrenza, le cui origini sono religiose, scorre via come un normale giorno di ordinario consumo.
    Negli anni ottanta, invece, fu tutto diverso; uscivamo dalla cupezza dura degli anni di piombo e improvvisamente, almeno quelli della mia generazione, scoprimmo il piacere del lasciarci andare. Così tutti gli ex, maoisti, trotzkisti, anarchici, ecc, ritrovarono un po’ gli anni persi e la leggerezza di una gioventù, che per certi versi, ci era stata rubata.
    Qui, dove abito, organizzavamo feste “sociali” nei luoghi pubblici dei comuni. Erano feste per adulti che iniziavano alle dieci di sera e continuavano poi, con libere gestioni e varianti, fino al mattino. E il giorno dopo, anzi nel tardissimo pomeriggio, ci si riuniva in piccole comitive per “l’interpretazione” (e aggiornamento) dell’accaduto. Il rituale durò qualche anno e poi tutto finì, ognuno riprese le sue abitudini e il business, perché quegli anni furono, per fortuna, anche quelli del lavoro creativo ed economicamente riconosciuto.

  5. per me il carnevale è la scena finale di ‘les enfants du paradis’ di carné, 1945, dove il protagonista vaga disperato alla ricerca di lei nella folla festante e mascherata.
    ”garance.. garance..”
    terribile.
    se invece volete un nanetto, posso raccontarvi che io e il mio compagno ci siamo conosciuti ad una festa mascherata in cui io, in giornata no come poche, e avendo marciato a gin tonic da parecchio, ero vestita da mucca e stavo smadonnando per la presenza di un posto di blocco che mi impediva di andarmene se non volevo rischiare la patente fino alla terza reincarnazione. lui era travestito da guerriero di pelouche, una specie di brancaleone di più di un metro e novanta, e mi ha fatto ridere un sacco..

  6. per me il carnevale era veramente n’incubo. A tutt’oggi non mi sono ancora emancipata da questa sensazione de incubo che ci ho al pensiero der carnevale. Se mascherano con tranquillità i regazzini adattati, noantri disadattati vivevamo una situazione problematica.

    Gea, un incipit così è veramente stellare. :)))

  7. Il carnevale in Sicilia affonda le proprie radici nella paura della morte. Bruciare il martedì grasso un “RE Cannalivari”(ossia un fantoccio o un condannato a morte) voleva dire dare alle fiamme i peccati dell’annata ed espiarli.
    Non a caso un rogo celebre legato a questa visione purgante è stato quello di Giordano Bruno , arso proprio l’ultimo giorno di carnevale. Le stesse maschere avevano funzione propiziatoria e si credeva che quelle che girovagavano per piazze e vicoli nei giorni del carnevale non fossero solo umane. Si confondevano piuttosto con ombe e fantasmi venuti su dalle cavità della terra per indicare ai semi la strada da seguire onde trasformarsi in messe.
    Ardere quindi un solo espiatore agevolava i raccolti, aiutava la luna a procedere dritta verso l’equinozio e salvava dalla carestia.
    Ancor oggi la fine del carnevale coincide spesso con l’equinozio di primavera quando la terra si prepara alla nuova stagione di frutti.
    Col tempo la visione agraria e contadina del carnevale è mutata. Ma in molti paesini siciliani resta la tradizione di bruciare un re cannalivari l’ultimo giorno vedendolo sfarinarsi per aria tra lapilli incandescenti.

  8. Ai magnifici film citati già Enrico e Gea, Orfeo Negro e Les enfants du pardis aggiungo il Fellini de I Vitelloni: un indimenticabile Alberto Sordi in maschera che ubriaco reduce da una festa di carnevale si trascina dietro il suo ‘capoccione’. Mi ricorda il senso di vuoto esistenziale che mi prendeva quando venivo trascinato in alcune feste nella mia adolescenza.
    Segnalo poi un quadro (i dipinti mi hanno sempre affascinato sin da piccolo): “Il combattimento fra il Carnvale e la Quaresima” di Peter Bruegel il vecchio, un pittore fra quelli che più amo, uno dei suoi capolavori allegorici, un pezzo di storia dell’arte di questa nostra civiltà che svela il significato di certe feste che noi oggi celebriamo per pura consuetudine, senza un vero senso, senza una ragione profonda.

  9. Auguro a tutti un buon carnevale di divertimenti e leggerezza!
    « Quant’è bella giovinezza,
    Che si fugge tuttavia!
    Chi vuol essere lieto, sia:
    Di doman non c’è certezza »
    (Lorenzo de’ Medici, Canti Carnascialeschi, Canzona di Bacco)

  10. Certo, dall’epoca dei Saturnalia a tutt’oggi di cose ne son cambiate: rischiamo di vedere il Carnevale come qualcosa di astratto dal suo senso – ben espresso da Simona – propiziatorio e magico, oserei dire catartico, cioe’ in fondo religioso (cattolico-pagano).
    Al di fuori di questa ambientazione il Carnevale vale poco, si’… forse comunque sarebbe opportuno almeno ritornare alle tante maschere della Commedia dell’Arte, che gia’ diedero un significato diverso nel ‘500 a questa festa popolare. Un significato piu’ strettamente ”teatrale”: Balanzone, Pulcinella, Stenterello, Colombina… sono personaggi da vedere in giro nelle sfilate e invece oggi vengono sostituiti da improbabili obbrobri di moda filmica o di attualita’ politica e di costume. Peccato. Torniamo ad Arlecchino e Pulcinella. Il loro gusto rinascimentale potrebbe influire positivamente sulla nostra grigia e mediocre fantasia.

  11. Ah! Ramona! Grazie! Tu mi citi il Lorenzaccio! Con gratitudine, rispondo cosi’:
    ”Signor, mirate come ‘l tempo vola,
    et si’ come la vita
    fugge, et la morte n’e’ sovra le spalle.”
    (Petrarca, Canzoniere, CXXVIII, vv.97-99)

  12. Sono reduce da un pomeriggio carnascialesco con i cari Simona e Nanni, Luigi La Rosa e Alessio…
    Siamo stati a Palazzolo a vedere i carri approfittando della bellissima giornata.
    Il post mi ha fatto tornare in mente vari saggi letti sul significato del Carnevale che è un mettere a rovescio leggi e consuetudini per poi tornare nei ranghi e che ha un significato sempre meno significativo man mano che il tempo passa, vista la carnevalizzazione di tutti i tempi della nostra vita. E’ sempre festa, non passa giorno senza che noi possiamo assaggiare in quantità cibi che se andava bene mangiavamo una volta l’anno… senza contare che politici, attori, modelle etc etc hanno reso i loro rispettivi settori lavorativi dei carri allegorici ambulanti pieni di fenomeni da baraccone…
    Rimpiango un po’ le festicciole innocenti della scuola elementare. Io vestita da Olandesina – da taglio! – a giocare con i miei compagni…
    Poi ho iniziato a detestare il Carnevale, associandolo a confusione, scherzi di cattivo gusto, tristezza nel vedere gli altri dimenarsi in nome di un’allegria che non provavo. Premetto che le feste in sé mi provocano tristezza, specie quelle in cui devi divertirti per forza.
    Sarà che abbiamo perso il significato religioso – in senso stretto e lato – di feste e ferie. Tutto è consumismo, voglia di apparire e vedere più che esserci pienamente, far parte veramente di.
    Scusate la botta di pessimismo. Sarà la stanchezza, perché oggi mi sono divertita, davvero!

  13. Allora, Maria Lucia, se ti sei divertita, pensaci: se gli altri sono grigi e volgari, tu non lo sei. Hai dentro di te – e lo condividi coi tuoi compagni di festa – un bambino ancor vivo e carnevalesco! Viva il Carnevale, Maria Lucia! Evviva! Condividiamolo e vogliamoci bene! Il tempo non passa, in fondo, e’ solo un’illusione!
    Sergio

  14. Molto divertente il carnevale di Laura Costantini in versione baby. Premetto che questa festa non mi tocca-oggi- più di tanto, ma da bambina attendevo con ansia il momento in cui mi sarei mascherata da…qualsiasi cosa tranne che da damina, fatina, regina, tanto più se in rosa!! Ho inziato con Arlecchino (a proposito, Massimo, è questa la mia maschera preferita), sono passata a vestirmi da Heidi, da bacio perugina (vestito bellissimo!), da fiore, da carta da gioco, da indiana. L’ultima festa a cui sono andata è stata 13 anni fa, e se oggi me lo proponessero non ne sarei entusiasta.
    Farei un’eccezione per Rio, potrei travestirmi da cozza in mezzo a tutte quelle belle figliole!! 🙂

  15. Non ho mai capito il carnevale, forse perchè ho vissuto a Napoli dove purtroppo il carnevale è soltanto sinonimo di scugnizzi stronzi che gettano uova marce prendendo di mira soprattutto chi, dissennatamente, si era vestito bene.
    Mascherarmi a Carnevale un’altra cosa senza senso, soprattutto per me disabile che, anche se mi vestivo da zorro o da torero o principe persiano, ero comunque facilmente riconoscibile dall’andatura incerta con la quale non c’era mascherata che tenesse, se non quello di mettermi su una sedia a rotelle: celare la mia disabilità con un’altra disabilità, ahahah

  16. Ho ricordi molto dolci dei miei carnevali da ragazza da liceo e da giovane studentessa universitaria. Non è passato molto tempo, ma mi sembra una vita fa.
    A me divertiva vestirmi in maschera con costumi improvvisati. Era anche un modo per far emergere la creatività.
    Tempi dolci e leggeri. Che però sento distanti.
    Qui sopra Ramona ha citato Lorenzo De’ Medici:
    « Quant’è bella giovinezza,
    Che si fugge tuttavia!
    Chi vuol essere lieto, sia:
    Di doman non c’è certezza »
    Che il carnevale sia solo per i giovani?

  17. Per le gentili Signore e Signorine del più meraviglioso blog del mondo:- Se lo desiderate andate a sbirciare nel mio sito e scoprirete quali due uomini dei vostri sogni arriveranno a Siena come Testimonial, a fine febbraio, per la 14° Edizione del Premio Internazionale”S.Caterina d’oro 2008″. Mannaggia, ma perchè sono nata con tanto anticipo? Via, mi sacrificherò e li guarderò da vicino per voi…No, no,non voglio farvi innervosire, ma poichè faccio parte del Comitato Promotore, sarò costretta… persino a cenare con loro…Giuro non è uno scherzo di carnevale! Non mi ammazate. Vi voglio bene.
    Tessy

  18. Una donna allo specchio con Stefania Sandrelli parla del carnevale di Ivrea. E’ un buon film erotico. Vergogna delle vergogne non ricordo il regista…

    Gordiano Lupi

  19. Coraggio Giovanni, non ti abbattere, ricordati che la nostra forza, sta proprio nella nostra debolezza. E poi se si cerca, ogni giorno si può trovare qualcosa di buono o di bello, per cui valga la pena vivere. Ci pensi che ci sono tantissime persone che si affliggono perché non hanno l’abito griffato o perchè il parrucchiere gli ha sbagliato la tintura della chioma ? Ti saluto carissimo e non mollare mai!
    Tessy

  20. lancio una proposta di carnevale da aggiungere a quelle dell’articolo.
    votiamo e eleggiamo il pulcinella d’italia dell’anno 2007.
    senza cattiveria, solo per divertirci.
    si può fare?

  21. Ho appena finito di mangiare un pezzo generoso di pignolata, un dolce tipico che a Messina impazza durante il carnevale. Un miliardo di calorie per etto, ma è buonissimo, metà al limone e metà al cioccolato.
    Allora mi permetto di citare (visto che è un dolce conosciuto anche in Calabria) un passo che ho trovato in internet:

    “Il Carnevale, si diceva, era la festa della trasgressione, dell’illiceità, del superamento dell’atavica fame. Sulla tavola trasbordavano i maccarruni, i zita con ragù di maiale (rassu e mariu), pasta o furnu, polpette che piacevano ai bambini, ma questi aspettavano soprattutto la distribuzione generosa della pignolata. Questo dolce era composto da palline di pasta fritte nello strutto e poi assemblata in mucchietti ricoperti con glassa di cioccolato ed al limone, oppure composto in piccoli coni impastati e ricoperti con il miele e decorati con confettini colorati (napiteddhi) »
    (Giuseppe Polimeni, Quando a Reggio non c’erano i cornetti, Calabria Sconosciuta anno XVI n. 58)

  22. Caro Giovanni,
    se ti guardi bene intorno noterai quanti e quali siano i veri ”disabili”: la gente sovraffaticata dal mantenere o cercare la bellezza o la magrezza a tutti i costi; gli arrivisti che calpesterebbero anche la mamma per mettersi la cravatta in un orribile ufficetto; i maleducati e i nevrotici; gli aggressivi per natura o squilibrio mentale; i teledipendenti; quelli che vivono come nei ”reality show”; quelli che pagano per farsi un libro morto alla nascita da dare solo agli amici.
    Insomma la marea dei forti coi deboli e deboli coi forti, degli ”apparenti a tutti i costi” che non puo’ farti altro che pena. Guardati in giro, Giovanni, e dimmi se dopo ti sentirai ancora ”disabile”. Non credo proprio.
    Tuo
    Sergio

  23. La fantasia va a briglia sciolta dietro le maschere e i costumi più vari, e non fa eccezione per l’etimologia; oggi si usa riportare, come nell’articolo (per il resto interessante) di Defilippi un assurdo ‘carne vale’: ricordo che il ‘vale’ latino è beneaugurale e non poteva essere usato per ‘dimittere’ la carne che era pregiata e desiderata da tutto il popolo (che non aveva certo gozzovigliato prima a base di carne – come facciamo noi- essendo povero). Quindi anche l’orrendo ‘carnem levare’ letto ieri sulla Stampa è fasullo. La quaresima non c’entra. Centra invece il carrus (o carrum) nevalis: carro pieno di neve che nell’alto medioevo si cercava di far bruciare accendendogli fascine sotto; e le fiamme dovevano volgere in fumo la neve, altrimenti vinceva nuovamente l’inverno. La cerimonia popolare allontanava l’inverno ed è confermata dal residuo rimasto nelle feste più popolari, come quella del Re Cannalivari ricordata da Simona, e dai tanti carri o fasci bruciati in tutta Europa. Citazionista.

  24. @Giovanni,
    carissimo Giovanni.
    La mia non vuole essere solidarietà pelosa, ma condivisione autentica.
    Ho avuto anch’io lo stesso tuo problema, non in prima persona, e potresti dirmi “non è la stessa cosa”! Mi accadeva quando il mio fratellino minore, che oggi ha 45 anni, si accorse che vestito da Zorro lo riconoscevano tutti e si spogliava furente gridando “mi chiamano Zorro Zoppo” (la cattiveria dei bambini può uccidere)!
    E la città era la stessa, la nostra Napoli.
    Però ho un ricordo fantastico di un’altro mio grande amico, che vive in carrozzella dalla nascita e che è poi – dalla rabbia – è diventato consigliere comunale e assessore. Bhe, quando Feliciano si incazza a noi vecchi amici ci grida – con immensa autoironia : “Se scendo da questa “gaiola” (e tu sai cos’è, la gabbia degli uccellini) vi abboffo di calci”.
    Ci vuole rabbia Giovanni, rabbia costruttiva.

    Poi ho altro sul Carnevale ma ho le tagliatelle al roatsbeef, ne parlerò dopo (non è mica una minaccia?).

  25. Per Maria Teresa e francesco
    grazie, ma avete travisato, non sono abbattuto, il carnevale mi fa gioiosamente schifo, ecco tutto; se c’è una cosa che mi fa incazzare, è il fatto che la gente trova nell’handicap la causa del mio nichilismo o di qualunque altra reazione negativa.

  26. Se c’è una cosa che fa schifo a me sono quelli che se sentono così carucci e ti guardano con pena se trasporti bombole a ossigeno sedia a rotelle con madre al seguito. Mia madre è “handicappata” e mi diverte come nessun fighetto al mondo. Di sicuro quest’anno non ci travestiremo, siamo già abbastanza curiose così.
    🙂

  27. non zoppicoooooooooooooo, ahahahah, cmq viva il carnevale, ok, così, come si dice a napoli, mi facit sta nu poc quieto. ciao

  28. No, perchè no?
    Potete andare a prenderlo laggiù, su Wikipedia c’è scritto che non è cosa cattiva e…se lo dice Wiki…
    p.s. Fausta come sono? sono più bello di Greg…lui però stà a Roma.

  29. Il carnevale è sostianzalmente travestimento.
    Il travestimento non ha sempre uno scopo umoristico, spesso ci si traveste per apparire “altro”, altro da se, quasi sempre per tristezza, per scacciarla la tristezza. Poi può nascondere cattiveria (sia il Carnevale che la sua performance en travesti).
    Mia nonna mi diceva “…mettiti paura delle botte di Natale e degli allucchi di Carnevale” (abbi paura degli spari natalizi e delle grida carnascialesche). Molti si travestono anche attraverso il web (lego questo tema con il precedente post?), trasmettendo immagini di se teatrali, mai vere. Spesso sono smascherati, sovente la fanno franca e vivono in rete una vita doppia come nella nuova avventura di “Second Life”: è la nuova frontiera il travestimento, come quelle donne che travestite da damine del settecento e innalzando le proprie tettine di seconda misura le propongono con soppalchetti artificiali, in quinta.

    Ciranò è il carnevale triste, il travestimento per amore; lui non ha nulla della sua splendida esistenza da nascondere, è ricco, colto, mascolino con la sua spada, deve però nascondere le sue sembianze; quello che lui crede un’orrida escrescenza, il suo naso e si traveste, usando non un vestito, ma direttamente il corpo di Cristiano de Neuvillette.
    Poi scoprirà, suo malgrado, che il “suo”vestito di uomo era quello che si attagliava alla sua esistenza e al suo amore; muore scoprendo che il travestimento non paga e, dico io…che il Carnevale è una finzione nella finzione, orrenda.

  30. Didò, dunque Cyrano mi lascia una speranza, sia pure tardiva…

    Alcuni anni orsono:

    Lei “Ciao”
    Lui, incazzato e con la scrivania piena di lavori da finire per ieri “Si, ciao”
    Lei “Ho avuto una splendida idea per la festa in maschera”
    Lui, sudando “Dimmi…”
    Lei “Dunque…è una maschera di coppia”
    Lui “Beh, mi sembra una buona idea…ci andiamo insieme” sempre più preoccupato, si allentò la cravatta
    Lei “Quale coppia ti viene in mente ?”
    Lui, con otto telefonate in coda e con altrettante lucine sul telefono “Stanlio e Ollio, Totò e Peppino, Cip e Ciop, Pinocchio e la fatina…una di queste vero ?” si levò anche la giacca
    Lei “No, no, non ci sei…ci vestiamo da Biancaneve e la strega”
    Lui, tentando di salvarsi con una mossa disperata “Ho capito, dobbiamo far ridere, dunque io mi vesto da Biancaneve…”
    Lei “Certo tu vestito da Biancaneve faresti anche ridere, ma vuoi mettere come starebbe bene a me quel vestito e poi ho già chi me lo presta”
    Lui “Quindi, io…”
    Lei “Si, la strega. Non è fantastico ? C’è un piccolo particolare…il vestito devi fartelo. La festa è domani sera e dove lo troviamo un vestito da strega che ti stia bene”
    Lui, ormai rassegnato e completamente in balia del suo destino “Tranquilla. Io stanotte me lo cucio. Domani mattina passo al volo a comprare naso adunco, porro, unghie. Un cestino per le mele dovrei averlo”

    Furono fatte delle foto. Vinsero un premio. E tutti gli dissero che non avevano mai visto una strega così orripilante.

    A distanza di anni, la nipotina gli chiedeva continuamente “Zio Pasquale, tu sei buono vero ?”

  31. Io mi travestii da donna, ma ad agosto.. ecco, un’altra cosa che non capisco è questa: perchè aspettare carnevale se si ha voglia di carnevalate a luglio o a novembre? Essere vincolati dalle occasioni per fare delle determinate cose… ma no!!!

  32. Enrico non si parla mai delle mogli in questi termini… 🙂
    posso solo dirti che se ha accettato di andare in giro con me combinato in quel modo, mi voleva proprio bene

  33. PROCESSO AL CARNEVALE
    In una notte di febbraio le stelle erano tutte affacciate per ammirare la terra che, da lassù appariva bellissima con le sue città illuminate. Mentre Pinocchio meditava tra sé sulla misteriosa bellezza degli astri, un colombo passò a volo, con aria eccitata, gridando: “Lassù è scoppiata una baruffa tra il Mese di Febbraio e gli altri Mesi dell’anno,
    “Perchè tanta eccitazione per una lite?” – chiese Pinocchio stupito, e Arlecchino cortese si fermò per dargli una spiegazione: “La lite è nata da un motivo quanto mai futile: pare che Febbraio, per dispetto, abbia fatto fiorire la mimosa nel più rigido degli inverni. Di qui la lite era arrivata al suo culmine. Si udiva Gennaio gridare: “Con la scusa del Carnevale tu perdi tutto il tuo tempo!”
    “Come? Io perdo tempo? – rimbeccò Febbraio risentito: “Io rallegro gli uomini con le mie musiche, i miei colori”.
    “Sei un inutile fannullone, ecco cosa sei!” intervenne Dicembre indignato.
    Il popolo dei mesi era tutto in fermento, chi avrebbe potuto placare la loro ira?
    “E’ ora di finirma!”
    “Si faccia giustizia!”
    “E’ troppo comodo lasciar lavorare gli altri , con la scusa dei coriandoli e delle stelle filanti; di quattro maschere puzzolenti e chili di cartaccia colorata”.
    “Se fossero uomini farebbero un processo” commentò il vecchio Tempo.
    “Facciamo anche noi un processo” – gracchiò Novembre
    “Siii” – urlò Gennaio.
    Il Tempo acconsentì volentieri a fungere da Giudice.
    Febbraio cominciò la sua esposizione. “Per me creare sogni è un lavoro.Io vado qua e là, raccolgo i desideri di tutti, i pensieri più nascosti, i ricordi più belli e li compongo con fantasia: così nascono le canzoni di Pulcinella, i colori di Arlecchino, le grazie di Colombina, le comiche di Pantalone. E’ tanto triste per certuni la vita…perché non creare nel breve periodo di carnevale un mondo senza ansie?”
    Non appena Febbraio ebbe finito di parlare Gennaio saltò su a dire: “Ciascuno di noi, consapevole del suo ruolo, si mette al lavoro ogni giorno. Noi non possiamo permetterci il lusso di trasgredire qualcuna delle leggi che regolano le stagioni!”.
    Il Tempo, sorridendo, pronunciò la sentenza: ” Da oggi Febbraio farà cadere le foglie, seminerà il grano e lo proteggerà con una coltre soffice e bianca. Durante gli altri mesi impazzerà il Carnevale!”
    A questa sentenza che dava ragione a tutti e a nessuno si levò un coro di proteste.
    Il Tempo che aveva voluto dare una lezione ai litiganti sorrise argutamente. Allora tutti i mesi comprendendo di essere stati burlati chinarono la testa confusi. Impararono a vivere in pace perché capirono che è la varietà che fa più bello il mondo.
    —–

    Maria Luisa Papini Pedroni

  34. Non pensavo che l’avrei fatto, non credevo possibile una cosa del genere: dare di nuovo ragione a Gregori!
    @ Evento: che ci sarebbe di male se le nostre mogli avessero le mirabili proprietà di quelle figliole citate? Certo solo con noi.
    Ma no! Noi 50enni di oggi andavamo sempre in cerca di suorine e oggi ci ritroviamo sposati a delle austere “madri superiori” (parlo per me, l’altra notte ho avuto gli incubi,avevo un rosario sotto la scapola e il piccolo crocifisso, suo pendant, che faceva capolino da sotto il cuscino).
    @Gregò, grazie, divertentissimo il filmato!

  35. a giovanni:se ti travestivi da donna ad agosto nn facevi il carnevale,facevi semmai il travestito.
    a silvia:veramente curioso sentire parlare una siciliana di dolci calabresi.d’altra parte io,che sono calabrese,so fare benissio i cannoli alla siciliana.I nostri dolci sono fatti con materie povere,solo farina,uova vino e miele.eppure sono buonissimi,forse perche’ se avessimo aspettato chi ci passava la canna da zucchero ….
    a evento:bel raccontino di affettuosa vita familiare.Ma perche’ dici:’mi VOLEVA bene davvero’,perche’ a causa del successo come strega ti ha abbandonato in un’orgia sabbatica?
    a enrico:nn essere troppo dissacrante.
    a tutti.baci e a presto.

  36. Buccimpero al Citazionista:
    secondo me hai perfettamente ragione. Pero’ quell’etimologia della ”carne” – che anche secondo me e’ erronea – viene avvalorata da molti, assieme ad altre – fra le quali quella, piu’ credibile certo, del carro di neve ecc.
    Pero’ ricordiamoci che in fondo l’etimologia di ”Carnevale” resta ancora oggi fondamentalmente incerta.
    Ciao
    Il Buccimpero

  37. per Sergio: scherzato quando?
    per m.g. : dico solo che una carnevalata si può fare anche ad agosto, se c’è la voglia. ecchecazzo ahahah scherzo!!!

  38. M.G. è proprio così. Ci ho preso gusto ed ora, in accordo con quello che dice Giovanni, tutte le settimane mi vesto così.
    .
    Sergio, no. Buono è poco.
    .
    Didò, solo-con-noi solo-con-noi…cos’è un passo dei Vespri ?
    .
    Giuà scinne a copp’a cajola e abuffale’pacchere a tutt’e lloro

  39. X Sergio : no, sono spastico, cammino ma in modo abbastanza scoordinato, la causa è un’asfissia neonatale che ha danneggiato i centri motori, lasciando indenne, ahimè, l’intelligenza.

  40. Giovanni,
    posso essere indiscreto e chiederti quali gusti letterari hai? (Scusatemi tutti se vado un po’ fuori argomento).
    Sergio

  41. x Sergio
    Adoro i Fratelli Karamazov (vedi i libri da salvare), mi ha incantato Confessioni di un Borghese di Marai, In culo al mondo di Lobo Antunes, e tanti altri, come faccio a elencarli tutti.
    Amo P. Roth, soprattutto quello del periodo che io definisco “dionsiaco” e m’incazzerei molto se morisse prima di ricevere il Nobel.
    Infine un libro-rivelazione, un vero gioiello che meriterebbe una discussione su questo blog: La meravigliosa avventura di Cabeza de Vaca, scritto da Haniel de Long; LEGGILO!!! ma suppongo che un bibliofilo come non se lo sia fatto scappare.

    se vuoi mandami l’indirizzo dove poterti inviare una mini-raccolta di mie poesie.. ciao

  42. tra l’altro, del libro su citato ho già pronta una recensione, e se Maugeri volesse, gliela potrei mandare e, qualora la ritenesse valida, potrebbe servir per introdurre la discussione

  43. Grazie, Giovanni. E di Calvino… eh eh eh! Ti ricordi l’ardua lotta per metterlo fra i libri imperituri? Ho perso tre chili, in quei giorni: un chilo per annotare tutti i vostri voti e altri due per cercare di capire se io avessi ragione nel ritenere Italo Calvino tanto grande. Alla fine penso di aver fatto bene – mica perche’ Calvino ha ”vinto”, ma perche’ se l’e’ meritato. Sei d’accordo?
    Buonanotte, caro
    Sergio

  44. P.S.
    Ho appena verificato: quel libro di Haniel Long e’ edito da Adelphi. Ma io, seppur sconfinatamente erudito (!!!) non lo avevo mai sentito dire, neanche per interposta persona. Grazie, pero’: la vicenda e’ seriamente accattivante, perche’ trattasi di libera narrazione del Long basata su epistola cinquecentesca originale, mandata da Cabeza al suo re. Una specie di ”romanzo storico”, Giovanni’?

  45. No, niet, nisba, niente Carnevale, non mi piace.
    Ma senza un motivo specifico, così, a pelle, e da sempre.
    Mi offrirei comunque volontario come attento valutatore dei costumi adamitici delle ballerine al Carnevale di Rio, per motivi che non vi sto qui a spiegare.

    Quando ho conosciuto Enrico Gregori, effettivamente si metteva vestiti da donna ma non era granchè neanche così; resta uno dei gloriosi misteri della vita come abbia potuto (ovviamente prima del matrimonio) avere cotanto successo con le fanciulle…
    🙂 un abbraccio, vecchio papero
    gluck

  46. @ m.g.
    credevo che la pignolata fosse solo siciliana, anzi messinese, poi ho scoperto che è tipica anche in calabria e in effetti ho postato quel commento. Però l’idea di aprire una pasticceria con te è inviatante. Non so tu, ma io dopo un mese diventerei un bignè da 100 kg!!
    @ evento
    La giurgiulena te la può fare solo m.g. perchè è calabrese!! io sono specializzata in torte e semifreddi!

  47. Silvia, in zona San Vito Lo Capo ho mangiato del pane al sesamo fatto in casa, ad alto peso specifico (un centimetro cubo equivale a tre chili di pagnotta ciociara), che mi dissero chiamarsi giurgiulena. Il dolce calabrese lo conosco bene.
    .
    Gluck è evidente. Vedendo lui abbigliato in quel modo qualunque donna…si consolava.

  48. Forse un’opera letteraria legata intimamente all’aspetto carnascialesco (l’asino è la figura simbolica che, in alcune culture, rappresenta tale aspetto nell’antichità) è “L’asino d’oro” (o “Metamorfosi”) di Apuleio. Inoltre conservo un ricordo vago d’una scena del libro – letto molti anni fa – d’un processo in un’aula di tribunale con strabilianti travestimenti. Un caro saluto a tutti,
    Gaetano

  49. Io sull’Asino d’oro ho fatto l’esame di Letteratura Latina I°, che nostalgia!!
    ricordo soprattutto una lingua barocca e pomposa, quasi intraducibile; c’è ancora il sangue su quel libo e tante bestemmie a mo’ di chiose e note!!!

  50. allora:per prima cosa :io nn ho mai ne’ sentito nominare,ne’ assaggiato questa giurgiulena o giuggiulena.Presumo ,a questo punto,che la cultura culinaria della Silvia nn si estenda oltre la zona di reggio,dove presumo ,ancora, che la pignolata sia passata dalla sicilia attraverso i gorghi di Scilla e Cariddi.Se poi qualcuno ha detto di aver assaggiato questo dolce a San Vito lo Capo.mi permetto di far notare che la piccola e famosa cittadina,dove fra l’altro si mangia benissimo il cous cous,e si fa il bagno in un mare da far invidia ai caraibi,si trova in provincia di Trapani.e se prima nn ci avevo capito una mazza,adesso le mazze sono almeno due.
    Per quanto riguarda Gaetano e la sua citazione,paragonare l’asino d’oro a un travestimento carnevalesco,nn puo’ che far gridare llo scandalo.
    Infatti Apuleio era un eseguace di una setta religiosa che praticava riti magici e misterici (i cosiddetti misteri eleusini),si dice che i suoi pochi racconti pervenutici,usino un linguaggio simbolico e misterioso ,forse comprensibile ai soli iniziati.Pare che proprio Le metamorfosi,si riferissero a un rito di iniziazione.Per cui lasciamolo riposare tranquillo nella sua tomba,incompreso,ma non declassato al livello di un Goldoni.
    Riguardo al carnevale,l’argomento nn mi affascina piu’ di tanto,nella sua accezione attuale,di festa esteriore e sboccata,pero’ ricordo una tradizione che esiste dalle mie parti.nei piccoli paesi ci si organizza in gruppi,tutti rigorosamente mascherati e irriconoscibili,tranne la guida,e si presentano alla porta di quelli che organizzano feste private,che sono tenuti a farli entrare,possono ballare e mangiare i dolci preparati dalla padrona di casa(nn la giuggiulena,sicuramente)fare scherzi vari.ma se qualcuno viene comunque riconosciuto,e’ tenuto a rivelarsi e deve pagare pegno.Non avete idea di quante situazioni ambigue e boccaccesche,si sono verificate negli anni per questa pratica.Voi nn le immaginate?
    e come fate a fare gli scrittori allora?

  51. Carnevale per me è (era):
    creare i costumi per i miei bambini ( secoli fa) originali che nessuno li avesse mai fatti…e loro orgogliosi di una madre matta così…
    friggere frappe per un esercito.
    fare musica insieme(fracasso, più che altro) con gli amici degli amici dei loro amici…
    ed oggi poter ricordare momenti così.
    Oggi non trovo ragioni per festeggiare. oggi mi allontano da ogni manifestazione carnascialesca, perchè il vero carnevale si sta svolgendo altrove, nei luoghi dove la serietà dovrebbe essere di casa.

  52. Wikipedia ne parla così.
    Il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cristiana (ed in modo particolare in quelli di tradizione cattolica) nel periodo di tempo immediatamente precedente alla Quaresima; i principali eventi si concentrano comunque tra febbraio e marzo.

    I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare l’elemento più distintivo del carnevale è la tradizione del mascheramento.

    Benchè facente parte della tradizione cristiana, i caratteri della celebrazione carnevalesca hanno origini in festività ben più antiche che, ad esempio nelle dionisiache greche e nei saturnali romani, erano espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento degli obblighi sociali e delle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo ed anche alla dissolutezza.

    Etimologicamente la parola carnevale deriva dal latino “carnem levare”, popolarmente tradotto “carne-vale” o “carnasciale”, perché anticamente indicava il banchetto di abolizione della carne che si teneva subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

    In quanto immediatamente precedente alla Quaresima, il periodo della celebrazione varia di anno in anno, mentre la durata della festa può variare a seconda della tradizione dei paesi da una settimana a qualche mese.

    ….

    Storia
    Le prime manifestazioni che ci ricordano il carnevale nel mondo risalgono a 4000 anni fa. Gli Egizi, furono i primi ad ufficializzare una tradizione carnevalesca, con feste, riti e pubbliche manifestazioni in onore della dea Iside, che presiedeva alla fertilità dei campi e simboleggiava il perpetuo rinnovarsi della vita.

    Il carnevale greco veniva celebrato, invece, in varie riprese, tra l’inverno e la primavera, con riti e sagre in onore di Bacco, dio del vino e della vita. Le “Grandi dionisiache” dal tono particolarmente orgiastico, si tenevano tra il 15 marzo ed il 15 aprile, mese di Elafebolione, in Atene, e segnavano il punto culminante del lungo periodo carnevalesco.

    I “Saturnali” furono, per i Romani, la prima espressione del carnevale[1] e gradualmente, perdendo l’iniziale significato rituale, assunsero la chiara impostazione delle feste popolari, i cui relitti sopravvivono nelle tradizioni di varie zone della penisola italica[2], soprattutto nel meridione e nelle Isole.

    Le feste in onore di Saturno, dio dell’età dell’oro, iniziavano il 17 dicembre e si prolungavano dapprima per tre giorni e poi per un periodo più che raddoppiato, corrispondendo all’epoca dell’annuale ciclo delle nostre feste natalizie e, per il loro contenuto, al nostro carnevale.

    Caratteristica preminente dei “Saturnali” era la sospensione delle leggi e delle norme che regolavano allora i rapporti umani e sociali. Donde l’erompere della gioia quasi vendicativa della plebe e degli schiavi e la condiscendenza del patriziato, che si concedevano un periodo di frenetiche vacanze di costumi e di lascivia di ogni genere. Erano giorni di esplosione di rabbia e di frenesia incontrollata, di un’esuberanza festaiola che spesso degenerava in atti di intemperanza e di dissolutezza.

    La personificazione del carnevale in un essere umano o in un fantoccio risale, invece, al Medioevo.

    Ne furono responsabili i popoli barbari che, calando nei paesi mediterranei, determinarono una sovrapposizione, o meglio una simbiosi, di usi e di costumi, assorbiti quindi dalla tradizione locale, che ne ha tramandati alcuni fino ai giorni nostri, mentre altri si sono fatalmente perduti durante il lungo ed agitato andare del tempo.

    La Chiesa cattolica considera il tempo di Carnevale come momento essenziale di riflessione e di riconciliazione con Dio. Si celebrano le Sante Quarantore (o carnevale sacro), che si concludono, con qualche ora di anticipo, la sera dell’ultima domenica di carnevale.

    Il Carnevale ha termine il martedì grasso, giorno che precede il mercoledì delle Ceneri, quando ha inizio la Quaresima. Un’eccezione è data dal carnevale di Borgosesia che prevede un’appendice nei giorni di inizio della Quaresima con la festa detta del Mercu Scurot.

    Quando c’è il carnevale si costruiscono tanti carri quante sono le borgate della citta ed è noto il carnevale in Brasile che dura una settimana consecutivamente.

  53. “Carnevale per me è (era):
    creare i costumi per i miei bambini (secoli fa)”……
    Per chi non lo sapesse o non lo avesse capito bene, Cristina Bove è un antico relitto capace solo di subire colpi di onde nel suo loculo sulla battigia.
    Certo, il cervello le funziona ancora e anche alla grande. Ma sarà per poco. Presto anche lui seguirà il resto nel totale disfacimento.
    A Cristi’, che palle che sei!
    🙂

  54. Enrico, ne convengo, che palle!
    Ma il cervelo, no, quello mi funziona , pure dal loculo. che poi visto così, è in una gran bella posizione, fra onde e battigia, almeno c’è ancora movimento intorno.
    Alcuni cervelli in terraferma invece…possono fossilizzarsi senza accorgersene. Non ti sentire parte in causa, generalizzo.

  55. Enrico secondo me qui molti si stanno travestendo da altri frequentatori assumendone fattezze e modi. Il carnevale ci ha preso la mano.
    .
    M.G. stavo rispondeno a Silvia e, dal momento che lei è siciliana, le facevo un esempo di luogo siciliano dove avevo mangiato quella cosa. Comunque il dolce in questione si faceva molti anni addietro (e non so se questa tradizione è scomparsa) nella provincia di Cosenza per darti un riferimento calabrese. Riguardo al “come fate a fare gli scrittori” è una domanda che mi pongo spesso. Mi sembra un dubbio lecito.

  56. Lavorando, mia cara lafrappa. E come sennò ? Il tempo degli scherzi è finito. Comunque stasera spero di trovare a casa un pò di tue consorelle da spiluccare. Tu hai impegni ? Vuoi venire ?

  57. dai enrico nn srebbe male come sceneggiatura di un delitto.non ti pare?
    accidenti alle poste,anche elettroniche,nn funzionano mai.
    (quando servono ovviamente).COSA C’AZZECCA direbbe di pietro.Lo so io.por…ccc….ttr.
    buona serata a tutti.

  58. Il riferimento ad un mio ricordo d’una scena carnascialesca in “L’asino d’oro” mi ha portato ad un testo di Giampaolo Di Cocco: “Alle origine del Carnevale. Mysteria Isiaci e miti cattolici” (Pontercorboli, 2007). Secondo l’autore uno dei simboli più antichi e magici del Carnevale è l’asino. Da qui
    il suo riferimento, tra gli altri, a “L’asino d’oro” di Apuleio. Ho un ricordo recentissimo invece, a proposito di travestimenti, che mi giunge dalla visione del film di Battiato “Niente è come sembra”. Riassumo in poche parole. Un personaggio si traveste in modo irriconoscibile, durante un giorno qualunque, non legato al Carnevale, e sperimenta “una raro momento di coscienza”. Poi aggiunge: “Il travestimento può essere una vera forma di iniziazione.”
    Ciao a tutti,
    Gaetano

  59. Scusate se torno solo adesso, ma mi è stato impossibile intervenire prima.
    Be’, intanto grazie a tutti voi per i racconti inventati e per quelli relativi alle vostre rimembranze carnascialesche.
    Grazie davvero.
    E grazie anche per le citazioni.

  60. Oggi è il martedì grasso. Io lo passerò rigorosamente in famiglia.
    E voi?
    Raccontate il vostro martedì grasso, se vi va.
    Dove siete? Cosa farete?
    Oppure, se preferite, anziché raccontare dove siete potreste dire dove vorreste essere.
    A me, ad esempio, non dispiacerebbe essere al carnevale di Rio in cima a un carro ricolmo di libri. E io lì, a lanciare volumi tra la folla.
    Be’, non male questa come idea per lanciare un libro, no? Che ne dite?
    Aspetto i vostri racconti da martedì grasso.
    Un caro saluto.

  61. Martedi grasso, Massimo…
    a Napoli si chiamava un tempo “l’urdemo é carnevale”, l’ultimo giorno di carnevale, la gente si travestiva con quattro stracci e lanciava farina allegra, era un tempo bambino, un bel tempo.
    Oggi sembra che ci sfreni a perdere i freni.
    Un mio grande amico, un maestro, Aldo Tramontano, uno dei più bravi stilisti italiani, mi diceva “Francè, la vita è carnevale ogni giorno, perchè mettiamo vestiti per ogni occasione, vedi, io adesso, parlando con te, mi vesto da saggio; parlando coi mie figli indosso un camice da padre e non ho ancora finito di essere figlio, poi tutti questi vestiti coprono quello classico che ho sempre, il vestito da fesso.”
    Non festeggio il martedì grasso perchè precede il mercoledì delle ceneri: meglio “cinquanta giorni da orsacchiotto”, come diceva Troisi.

  62. Massimo te ci hai la tempra del terapeuta di gruppo:)
    Io sto martedi grasso non faccio niente.
    E con ogni probabilità mi piacerebbe fare ancor meno.

  63. @ Zau
    Terapeuta di gruppo o… sfaccendato di gruppo?
    🙂
    Però, dài… magari qualcuno che festeggia (o che vorrebbe festeggiare con le ali della fantasia da qualche parte) c’è. E magari ha voglia di raccontare.
    Chi lo sa?

  64. Io vivo all’estero, dunque non ho fatto niente di speciale: solita vita casalinga (Laura s’e’ vestita da Pippi Calzelunghe e ha festeggiato all’asilo; sabato scorso e’ stata ad un’altra festa pubblica al caffe’ del grande Parco Tivoli). Se fossi stato in Italia magari sarebbe stato lo stesso: il Carnevale odierno mi rattrista, per l’assenza degli arlecchini e pulcinella eccetera della mia infanzia. Senza di loro non voglio festeggiarlo. E’ un attaccamento morboso, il mio, ad un passato che sento vivo nel cuore. Vita che rievocare fa solo tristezza.

  65. P.S.
    Aspetto solo di ricevere da mia madre il vestito da Arlecchino che lei mi cuci’ quando avevo sette-otto anni: se la mia Laura lo indossera’ un giorno mi fara’ rinascere anche in questo, oltre ad avermi gia’ ridato vita nascendo lei stessa.

  66. CARTAPESTA INTERNA
    Un enorme mostro di cartapesta dalle braccia lunghe esibisce una mano destra ricolma di banconote, scatole di viagra, sospensori e parrucchini, mentre dalle dita della mano sinistra pendono tanga, reggiseni e vecchi breviari ormai in disuso, passati dall’altra mano stracarica di cose inutili.
    Alla faccia di chi soffre in silenzio le pene inflitte dagli scandali, su quel carro ridono tutti, baldanzosi, nel costante desiderio di sbandierare il vanto delle conquiste del deretano.
    Onorevoli, prelati, guru, tutori, veline, quelli della parmalat che fine hanno fatto non se ne sa più niente, vabbè il calcio-mercato si sapeva, la chiesa americana deve rendere ancora conto delle sue porcherie culattone e pedofile, all’università gli esami si comprano, all’ospedale devi avere almeno cinque amici medici per non uscire più malato di quando sei entrato, mio fratello che fa l’ avvocato mi ha detto che anche certi giudici prendono buste piene di denaro nelle aule dei tribunali, ma poi è anche abbastanza normale che il presidente della regione abbia avuto a che fare con la mafia, adesso anche le compagnie di navigazione si scopre che truccavano gli appalti, il santone e le dodici limousine, il colonnello, il generale della guardia di finanza s’è fatto il superattico, se vuoi un posto di lavoro lo devi chiedere all’onorevole, le veline hanno tette da urlo, maschi o femmine chi se ne frega tutti sulla strada, vecchi regnanti e casinò, tutti insieme appassionatamente avanzano dentro una nuvola di fumo, con la sfacciataggine di chi l’ ha fatta franca, senza minimamente pensare al suicidio o al ritiro, senza aver pagato di persona la cartapesta interna degli errori commessi sulla pelle degli altri.
    Hanno gettato i loro coriandoli in faccia ai poveri cristi e li prenderesti a pedate quando ti dicono che non bisogna mai avere ripensamenti su quanto è stato fatto, sulle loro politiche e correnti di pensiero, come fossimo pecoroni o mandrie di bovini che passivamente ingoiano gli errori di gestioni che non potevano far niente perché non erano idonei a governare. Come faccio a non fare il bilancio di situazioni da sfacelo, come faccio a non chiedermi chi cazzo ci ha portato a quel punto dove la volgarità delle maschere è più veritiera di un sobrio doppiopetto? Ma pensano davvero che chi osserva gli errori e guarda i risultati da disperazione sia scemo?

  67. bellissimo questo commento di rossella,e visto che anche il mercoledi’ delle ceneri ha svoltato l’angolo,direi che e’ degno di fare da sigillo definitivo di questo post.perche’ io penso che sia riuscita a sintetizzare in modo emblematico e incisivo tutti motivi per cui il carnevale nn ci entusiasma e nn ci prende,e cioe’ perchè nn abbiamo piu’ voglia di ridere,perche’ la farsa,la caricatura,lo sberleffo,il travisamento e il travestimento nn appartiene piu’ al carnevale ma ad una costante ed amara realta’.
    I nostri occhi sono pieni di scandalo,di risentimento e di rassegnazione a tal punto che nulla li volge al riso,Siamo diventati veramente un popolo triste,ma ne abbiamo tutte le ragioni.
    L’unica consolazione rimane allora rifugiarsi nello spirito dei Carnevali passati,se vogliamo parafrasare il famoso racconto di Dickens,come fa sergio,o fantasticare di prendere a prestito la mentalita’ da carpe diem dei brasiliani,come fa Maugeri,e costruirsi un giorno di assoluta estraniazione dal sè,esorcizzando la realtà con un proprio comprensibile e personalissimo sogno di divulgazione culturale ed etica.che mi ha destato una grande e solidale tenerezza.
    Stendiamo dunque un velo pietoso,predisponiamoci a questa quaresima ad oltranza,che nn sappiamo quando finira’,ma nel cui spirito ci ritroviamo molto piu’ agevolmente.
    vi saluto con affetto.

  68. Vi ripropongo il post dell’anno scorso.
    Chi vuole può riprendere a commentare (o a ri-commentare) partendo da qui, per “raccontare” il carnevale:

    – con microracconti sul carnevale (pura fiction)

    – attingendo ai vostri ricordi d’infanzia e adolescenza

    – attraverso citazioni di opere letterarie che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con il carnevale.

  69. Azzardo un incipit, se mi supplicate in ginocchio magari continuo…

    Mi vesto da pirata. Con una benda di traverso, un uncino che lascia intravedere le dita sotto, inganno posticcio lasciato al buon cuore della fantasia. Ho speranza di trovare qualche ragazza allegra, che vaga tra l’ebbrezza alcolica e l’impunità dell’anonimato. Allora eserciterò veramente il ruolo di malfattore e ruberò il mio piacere, mostrandole il mio uncino osceno e ridendo delle mie ferite.
    Pallino mi ringhia contro, anche lui ha capito che sono cattivo. Mi agito in una giravolta e lui si rifugia sotto il divano, vibrando a lungo di quel timore che l’eclisse della verità porta agli animali. Sono un pirata, sono Arlecchino. Sono altro da me stesso, sono tutto e niente. Un’altra giravolta e urto il bordo del letto, con lo stinco. Il dolore mi ricorda che forse non sono davvero immortale. Sollevo la benda e Pallino riconosce il mio sguardo ammaccato, annusa timido col muso.

  70. Carnevale
    Gianni Rodari

    Carnevale in filastrocca,
    con la maschera sulla bocca,
    con la maschera sugli occhi,
    con le toppe sui ginocchi:
    sono le toppe d’Arlecchino,
    vestito di carta, poverino.
    Pulcinella è grosso e bianco,
    e Pierrot fa il saltimbanco.
    Pantalon dei Bisognosi
    “Colombina,” dice, “mi sposi?”
    Gianduia lecca un cioccolatino
    e non ne da niente a Meneghino,
    mentre Gioppino col suo randello
    mena botte a Stenterello.
    Per fortuna il dottor Balanzone
    gli fa una bella medicazione,
    poi lo consola: “E’ Carnevale,
    e ogni scherzo per oggi vale.”

  71. * A carnevale ogni scherzo vale.
    * A carnevale si conosce chi ha la gallina grassa.
    * A carnevale tutto è lecito.
    * A carnevale, il povero va a zappare.
    * Carnevale col sole, Pasqua molle.
    * Fa’ carnevale in maniera di poter fare pure una buona Pasqua.
    * Il carnevale al sole, la Pasqua al fuoco.
    * L’amore di carnevale muore in Quaresima.
    * La gola, il ballo e il gioco in carnevale, vidi ogni anno a qualcuno esser fatale.
    * Le maschere hanno spaccio in carnevale e allor ch’è d’uso più la roba vale.
    * Non c’è carnevale senza la luna di febbraio.
    * Tutti i cibi in Quaresima fan male, a chi abusò di tutti in carnevale.

  72. Mi ricordo una vignetta satirica: CARNEVALE 1920, ambientata a… Montecitorio.
    L’Italia è fortunata, perché ha il re Carnevale come presidente del Consiglio, Arlecchini e Pulcinella in Camera e Senato, e circa 60 milioni di pecorelle come cittadini…

  73. @Massimo, ancora una volta cogli nel segno! Grazie:)
    La figura che hai inserito a fianco all’articolo di Alessandro Defilippi è la stessa della mia tesi di laurea…. Figurati qual è la mia maschera preferita::::)))
    Arlequin et toujours Arlequin…
    Poi leggo l’articolo e aggiungo qualcosa..
    Comunque la Lucia Arsì ha inserito un bell’intervento nell’altro post, a proposito della “discesa agli inferi” ecc… Molto interessante.

  74. Veramente “sogno” di poter andare, almeno una volta, a Venezia per il Carnevale.. Per me il travestimento ha un fascino indicibile ( come la recitazione), non per il puro “divertimento”( perché non mi “diverto” a farmi dare strattoni per strada), ma per il travestimento in sé, l’essere uno che non si è di solito, capovolgere i ruoli, come scrive Defilippi: “L’Ombra, al riparo della maschera, può parlare, agire”.
    Un tempo avevo una grande passione per Pulcinella; ma ho dovuto rinunciare a concentrarmi su questa maschera perché nel teatro francese in effetti la facevano “parlare” pochissimo, quasi nulla ( per la censura- XVII° secolo). Quindi mi sono concentrata su Arlecchino in alcuni autori del XVII° e XVIII° secolo. All’inizio questo ZANNI (= povero facchino affamato), negli spettacoli della Commedia dell’ Arte era un pò volgare, sempre concentrato su bisogni “corporali”; poi, pian piano, dopo un periodo in cui anche nel teatro francese del XVII° secolo conserva una certa “carica” polemica e di totale irriverenza, si “ingentilisce”, fino a diventare, nel teatro di Marivaux, un servo intelligente, ma non più dissacrante. La maschera, allora, serve per i giochi amorosi, “Le jeu de l’ Amour et du Hasard”, e il mascheramneto è una costante, giacchè gli innamorati si travestono da servi per dichiarare il proprio amore.
    Molte informazioni sugli ZANNI nella Commedia dell’ Arte si trovano in un testo che Dario Fo ha dedicato a questo argomento, ma non ho il volume con me e non ne ricordo il titolo.
    Mi rendo conto che l’argomento è molto più complesso di come l’ho esposto qui e che forse neppure è interessante per molti, ma io lo trovo pieno di fascino.

  75. Mi vesto da pirata. Con una benda di traverso, un uncino che lascia intravedere le dita sotto, inganno posticcio lasciato al buon cuore della fantasia. Ho speranza di trovare qualche ragazza allegra, che vaga tra l’ebbrezza alcolica e l’impunità dell’anonimato. Allora eserciterò veramente il ruolo di malfattore e ruberò il mio piacere, mostrandole il mio uncino osceno e ridendo delle mie ferite.
    Pallino mi ringhia contro, anche lui ha capito che sono cattivo. Mi agito in una giravolta e lui si rifugia sotto il divano, vibrando a lungo di quel timore che l’eclisse della verità porta agli animali. Sono un pirata, sono Arlecchino. Sono altro da me stesso, sono tutto e niente. Un’altra giravolta e urto il bordo del letto, con lo stinco. Il dolore mi ricorda che forse non sono davvero immortale. Sollevo la benda e Pallino riconosce il mio sguardo ammaccato, annusa timido col muso.
    Ritorno a essere Marco, quello che ieri voleva farla finita. Pallino ormai ha scoperto il trucco e scodinzola di sollievo. Io scopro un sottile piacere in questo dolore che non passa. Un dolore travestito bene, un dolore di carnevale.
    Ieri mi ha lasciato, dopo due anni d’amore. Quando mi ha detto che voleva pensarci sono rimasto zitto un po’, le ho lasciato alcuni minuti di tempo. Non avevo capito che voleva pensarci per sempre. Soprattutto non avevo capito che voleva pensarci con un altro, proprio quello che l’attendeva di sotto, in quella mercedes che pareva un carro funebre. Ho atteso che uscisse e il suo saluto ha risuonato bene tra le pareti di casa. Un suono di campanelle. Ho riflettuto a lungo, indeciso tra il forno e la finestra. O forse una lametta sottile. Una corda appesa al soffitto. Gas. Vuoto. Corda. Lametta. Pomo, arancio, limone e mandarino.
    Alla fine ho deciso per il letto e per il carnevale. Mi vesto da pirata. Con una benda di traverso e un uncino che lascia intravedere l’inganno, sotto.
    Arrivo alla festa che è già iniziata. Io sono ubriaco da presto, reso ebbro da molti bicchieri di tequila bum bum e alcuni giri di valzer con Pallino. Respiro odore di sudore e divertimento, attraverso il filtro del mio ottundimento alcolico. Più che un pirata sembro uno zombie molesto, in cerca di una necrofila comprensiva. Oppure una giovane fatina appena abbandonata dal suo satiro, un’ape maia in cerca di un fiore da impollinare.

  76. io sono l’ape maia,ma mi si è smagliata la calza così la rete si apre e si slabbra fin su la coscia,vedo la carne bianca che prende spazio e la maschera sul viso non mi copre tutta,ho le ali spezzate le ho rotte uscendo da una mercedes color zafferano,lui mi ha invitata con un gesto da gran gentiluomo, poi mi mi ha spinta fuori per chè non volevo starci in tre.Le lacrime mi hanno otturato il naso,non sento più nulla,cerco,ma non posso sentire profumi,nessun fiore sulla mia traiettoria,solo pirati e orchi senza fate. Ieri avevo uan carrozza e un cocchiere,oggi un calice di merlot neppure troppo pieno,i tacchi alti non mi si addicono,amo il freddo sotto le piante dei piedi come se fossi al mare.Al mare ci andavo con Marco,ho sempre avuto timore di mettere le spalle all’orizzonte,l’ìimmenso mi terrorizza,ho bisogno di guadagnare un muro e guardare avanti. Vado dritta alla festa di carnevale,indietro non si torna,anche se si è smagliata una calza.

  77. comunque non sono io la fatina del tuo carnevale:se avessi incontrato un satiro non mi sarei fatta abbandonare…:-)))

  78. barcollo sui tacchi,annaspo fra sudore e divertimento,ho la bussola rotta,no, l’ho dimenticata nella mercedes color zafferano,accanto agli occhi lì sul sedile posteriore, li utilizzerà come specchietto per le allodole,io ho la maschera come una baccante cieca nel mio carnevale.I passi di chi danza sulle spalle,le cicatrici delle ali strappate, vago in cerca di una mano che lenisca la piaga dell’abbandono,mentre il mio dito scava e cerca i resti. Polvere di stelle fra le ciglia che qualche dio lo volgia. portarmi via da qui.
    ciao da ape maia

  79. Continuo a vederci pelazzi anche tra quelle ciglia che, a parte la polvere, sono piuttosto scimmiesche. Sicura di essere un’ape e non un cavallo?
    Difficile cara apina che trovi un satiro che ti si aggroppi, però se lo trovi dimmelo che accendo un cero, così mi rovini tutta la storia, anche a Pallino gli è venuta la psoriasi dallo stress.
    Sù, sù, vola apina dai, (piccolo aiuto targato 43)

  80. ho provato a scrollarmi da dosso il suo odore,ho indossato i vestiti più nuovi,non mi appartengono.Nulla di me mi appartiene,mi sono estranea,perciò mi sono vestita così e vado al ballo di carnevale. Una folla sconosciuta,io estranea, perdersi non sarà complicato,perdersi sarà naturale.

  81. un uomo che non ha il coraggio di portare avanti le sue idee o non è un uomo o le sue idee non valgono niente.
    ribadisco che sono un’ape e volerò solo quando lo desidererò io,mai a comando,perlopiù scortese…fossi stato un pò più gentile…

  82. Eccerto che ti perdi, hai dimenticato la bussola rotta nella mercedes di zafferano, ricordi? Comunque è vero che nulla di te ti appartiene, anzi, visto che siamo in tema, restituiscimi il portafogli, tanto è vuoto da almeno cinque anni. Per l’odore prova con la candeggina pura, fa miracoli. Magari anche per uso interno, male non fa

  83. portafogli non ne ho, solo fogli da riempire se vuoi,ma scapperebbero dalle tue parole amare…candeggina,sbianca troppo e in me c’è troppo nero,non s’accorda.Per la psoriasi di Pallino consiglio di piazzarlo al sole:i raggi fanno miracoli,altrimenti un raggio laser alessandrite e lo fai dermatologicamente nuovo di zecca!

  84. E comunque cara apettina non deprimerti, lo sai che Einstein ha detto che da quando sarai scomparsa il genere umano non vivrà più di altri quattro anni? Quindi se per caso ti cadesse un frigorifero in testa puoi consolarti perchè noi non ti sopravviveremo a lungo.
    Però a pensarci bene sentirai un pochino l’umido perchè per quattro anni verrò ogni giorno a pisciare sulla tua tombina per tenerti fresca, così che non dimentichi l’odore (a proposito, hai usato la candeggina?)

  85. e chi ti assicura di far parte del genere umano?da come ti esprimi direi di avere dubbi…e se io fossi un’ape regina avrei uno stuolo di operaie pronte a pizzicarti il culo prima che le faccia secche una scavolini intera!
    perciò attenzione a come parli!

  86. Ricorda che non sei un’ape vera, ma ape per un giorno… Quindi quali operaie, quale regina! al limite sei tu un’operaia od operatrice di call center (con tutto il rispetto), te ne ricorderai lunedì al suono della sveglia.
    Allora rimpiangerai le ali rotte e tutto il resto, piangerai le lacrime tristi che seguono il carnevale e continuerai ad avere le calze smagliate, che solo quelle, hai, di calze pulite da mettere.

  87. se non sono vera,non ho sveglia e non ho tempo,perciò non sarai nè tu nè altri a dire fino a quando,non ho mai pianto dopo una festa e faccio la mia figura anche senza calze…tu con la benda e l’uncino in mano non so quanto possa essere elegante…

  88. E comunque non temere per il futuro. Già all’orizzonte si affacciano pigri testamenti biologici e pappe forzate: ti mancherà forse tutto, ma mai il pane e il divertimento sintetico di Sanremo

  89. La tua figura la fai davvero senza calze, potresti grattugiarci il parmigiano, con quelle cosce… Si può essere eleganti anche con una benda, o una bandana, lo insegnano i nostri superiori italici.
    L’uncino, poi, è insuperabile per le caccole ribelli…

  90. ma a mezzanotte la balena non doveva chiudere??
    au revoir
    mi dispiace deludere le tue morbose fantasie ma sotto la maschera di ape maia ho gambe liscissime,potresti farci lo snowboard senza sciolina…
    adieu sir captain, a la prochaine fois,peut etre… :-+

  91. CARTAPESTA

    La sarabanda felliniana si dipanava nella sua malinconica festosità.
    Una piccola processione doverosa e ossequiosa al Carnevale. Trombette, pifferi e organini a stantuffo coprivano le note degli orchestrali, sebbene il maestro si sbracciasse a dirigerli nella versione tango di “Meravigliose labbra”.
    E lui beveva, perché Roberta si è sposata.
    Quando lo invitarono accettò subito. Pagliacci tristi, pensò, come me. Non sarò solo a recitare pantomime tra tappi di spumante che volano per aria come le mie speranze infrante.
    Avrebbe visto maschere allegre e beffarde a coprire volti lugubri, segnati per sempre da dolori indelebili.
    E continuava a bere, perché Roberta si è sposata.
    Beveva e guardava quel cartoncino giallo della partecipazione alle nozze.
    La crisi, il distacco. Tutto lecito e ineluttabile. Ma, perdìo, invitarmi addirittura al tuo matrimonio è troppo.
    Meglio annegare in questo finto baraccone multicolore, meglio seppellirsi tra le grida e i balli di una fasulla festa. Fasulla per tutti, nonostante quelle maschere dal sorriso stereotipato. Cartapesta fuori, cartapesta dentro. Di vero non c’è nulla, se non la rassegnazione a una vita che ci tradisce.
    E bere ancora, perché Roberta si è sposata.

    “Lei davvero lo conosceva?”.
    Un ispettore in impermeabile stonava in quella congerie di costumi colorati ma, in definitiva, era l’unico personaggio reale tra arlecchini e dame.
    Lo avevano trovato quelli delle pulizie, sotto un mucchio di stelle filanti.
    In una mano stringeva il cartoncino della partecipazione alle nozze.
    “Un colpo alla tempia, calibro 22 con silenziatore – disse l’ispettore – Ma in questo frastuono avrebbe potuto anche spararsi una cannonata. Chi lo avrebbe sentito?”.
    Perché lui beveva, ché Roberta si è sposata.
    “Roberta sono io”, disse lei con la sua maschera da Mortisia in mano.
    “Lei?”
    La crisi, il distacco. E quella trovata del cartoncino, la burla delle nozze.
    Uno scherzo di Carnevale che avrebbe dovuto rivelarsi lì, tra le trombette, i pifferi e gli organini.
    Ma lui beveva, perché Roberta….

  92. Enrico:
    ricordo molto bene questo tuo racconto, l’hai postato giusto giusto un anno fa su Noire. Le maschere; le più ingenue ci nascondono il viso, le più sofferte proteggono il cuore, quelle che da sole invadono la mente, da sempre, invece, sono le più tragiche.
    Da voi è già carnevale, per noi no, lo sarà fra otto giorni.
    🙂

  93. @enrico
    un pò triste il tuo racconto, ma bello e in tema.
    Questo è un blog dedicato alla letteratura? Allora ci stava bene questo tuo racconto.
    Cari saluti.

  94. Ho dimenticato di firmare poco fa.
    A proposito di Arlecchino nel teatro, nella letteratura e nell’arte, dimenticavo di nominare Goldoni… ( i cultori della letteratura italiana non se ne sono accorti, menomale).
    Inoltre mi vengono in mente alcuni versi di Guillaume Apollinaire che in ALCOOLS sembra “trasporre” poeticamente i saltimbanchi e gli arlecchini dei quadri di Picasso-rosa:
    “Sui teatrini ambulanti l’arlecchino pallido
    Saluta prima di tutto gli spettatori”
    CREPUSCULE (dedicato a Marie Laurencin), vv 9-10.

  95. Di certo non è una chat, caro Enrico. Le chat hanno altre caratteristiche, rispetto a un blog letterario, mi sembra.
    Le domande sul Carnevale qui sono precise:
    – con microracconti sul carnevale (pura fiction)

    – attingendo ai vostri ricordi d’infanzia e adolescenza

    – attraverso citazioni di opere letterarie che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con il carnevale.

  96. Mi riferivo ai toni della conversazione..che nelle chat sono, come dire, più “familiari”, per definirli in modo gentile… io ti leggo in tempo reale, qui. Ma nelle chat non leggono i tuoi racconti ( forse, non lo so, non le frequento) e neanche i pensieri o le considerazioni sugli scrittori (classici e non).

  97. di Gino Carbonaro
    ……………………………………………….
    Carnevale, da dove deriva? Andando a ritroso nel tempo, e passando da un Carnevale all’altro, si perviene alla medievale Festa dei Folli, e prima ancora a Lupercali, Saturnali e Baccanali romani, poi alle Dionisiache greche; infine, la strada si fa sentiero e si perde nelle foreste della preistoria, ma fa capo a feste che, sempre in primavera, celebravano i popoli arcaici e primitivi.
    In tutte le epoche e in tutti i popoli le feste primaverili sono caratterizzate da gioia, energia incontrollata, violenza, quando uomini e donne, vecchi e bambini, nobili e plebei, monaci e monache, nel periodo di Carnevale modificavano i loro comportamenti e si abbandonavano a gesti che non erano consentiti durante il resto dell’anno.
    A partire dalla Grecia antica, il Carnevale-Baccanale si festeggiava così: tutti mascherati e coperti di pelli di animali, correvano per le strade come invasati impugnando bastoni, staffilando ignari passanti; si introducevano nelle case degli altri, spaventando persone e violando norme e leggi.
    Era uno spazio-tempo, definito “Festino di folli”, durante il quale si invertivano le regole: chi aveva sofferto la fame durante l’anno, ora mangiava; chi era vissuto in economia, a Carnevale sprecava; caprai, pecorai, porcari, servi della gleba, al servizio (notti e ghiôrnu) di principi e signori, potevano ritornare a casa in famiglia per il periodo di Carnevale. Il proverbio siciliano parlava chiaro:“Pasqua e Natali cu’ cu’ vuoi, Carnaluvari cu li tuoi”. E, per la legge della inversione di una realtà che “doveva” cambiare con l’anno nuovo, chi si sentiva schiavo di qualcosa si scatenava; così le donne, chiuse tutto l’anno in casa, uscivano all’aperto correndo gridando come ménadi indemoniate, e nessuno poteva fermarle; chi, infine, era triste si faceva contagiare dalla gioia, perché Carnevale era festa della libertà e del divertimento, che nell’etimo vuol dire per l’appunto “divertere”, cambiare di direzione, trasgredire.
    Era così che anticamente si festeggiava l’arrivo del nuovo anno solare e della primavera, fra baldoria, maschere, travestimenti, unione, aggressività, comportamenti liberi, concessioni al libertinaggio. Carnevale era la festa della libertà per eccellenza. Ed era energia che si sprigionava dalle profondità dell’inconscio e si trasformava in comportamenti esorcistici e propiziatori. Festa piena, totale. La più incontrollabile dell’anno. Festa che nulla ha a che vedere con le festività religiose e civili.
    Sulle licenziosità del passato un documento ci viene dal barone chiaramontano Serafino Amabile Guastella, il quale nel suo “Antico Carnevale della Contea di Modica” riporta la seguente nota: “A Carnevale, anche il convento del Carmine si apriva a feste da ballo, correvano inviti alle più cospicue famiglie; il refettorio, adattato a sala da ballo, si illuminava a giorno, e lì i monaci in maschera si scatenavano nella danza. Qui il padre Priore, saltando come un ossesso, cingeva deliziosamente le spalle a una vispa donzella; lì il padre cellerario, confessore di strettissima manica, si travestiva da Pulcinella e sembrava avere il fuoco ai piedi; colà, ancora, il padre vicario, predicatore efferato contro i vizi del secolo, volava come una rondine. I monaci, insomma, dato un calcio alle tonache e alle cerimonie, approfittando della copertura offerta dalla maschera e dal Carnevale, invitavano le loro amiche e pensavano solo a divertirsi”.
    Dal palermitano Giuseppe Pitré raccogliamo quest’altro documento: “A piedi o a cavallo che fossero, le maschere portavano sempre qualche arma offensiva in mano: una frusta, uno staffile o bastone, con i quali menavano botte a destra e a manca senza guardare a chi o a come (…) e spesso, delle nerbate da orbo fioccavano sulle spalle di qualche sprovveduto passante (…) Era il travestimento stesso a consentire l’abuso, e il Carnevale offriva l’occasione per permettersi tutto ciò che la legge, in altre occasioni avrebbe lasciato impunito”.
    Sino a qualche decennio fa, il Carnevale era temuto. Oggi, malgrado qualche passante si possa ritrovare un vestito imbrattato di schiuma o inzuppato di acqua, il Carnevale è una pallida larva sbiadita di quello che era una volta. Oggi non bisogna aspettare febbraio per celebrare il Carnevale. Ogni fine settimana è Carnevale.

  98. E se vi proponessi qui una “festa in maschera online” (magari per martedì grasso) dove ciascuno di noi può presentarsi dietro una maschera… travestito da un personaggio?
    Prometto che non farò la spia!
    Che ne dite? Ci state?

  99. Allora…
    da questo momento – e fino a martedì notte – chiunque si può mascherare travestendosi da qualcun altro (un personaggio famoso, un personaggio letterario, dei fumetti, del cinema, una maschera classica, un personaggio inventato, ecc.) per partecipare a una carnascialesca festa letteratitudiniana on line.
    Forza, gente!!!

  100. « Quant’è bella giovinezza,
    Che si fugge tuttavia!
    Chi vuol essere lieto, sia:
    Di doman non c’è certezza »
    (Lorenzo de’ Medici, Canti Carnascialeschi, Canzona di Bacco)
    😉

  101. Gaetano, pensa a una bella maschera con cui travestirti. Buona domenica a te e a tutti.
    Se posso parteciperò anch’io… per una volta mi spoglierò dei panni dell’uomo con la camicia celeste.:-)

  102. Potrebbe diventare un supereroe: L’UOMO CON LA CAMICIA CELESTE… ve li immaginate i costumi di Carnevale per i bimbi?
    MAMMA, MAMMA, VOGLIO QUELLO! CON LA L IN MEZZO…

    L sta naturalmente per Letteratitudine, ma la mamma non lo sa…
    Glielo compra e zac!
    Il bambino finisce dentro uno scaffale di libri, con la freccina del mouse sul naso…
    🙂

  103. Massimo Fini ha scritto che oggi il Carnevale non ha senso: siamo tutti bambini capricciosi e ci vantiamo del non rispetto delle regole e dell’anticonformismo di maniera. Forse ha ragione.

  104. Giusto. Non è la disobbedienza di FATHER AND SON di Cat Stevens, le disobbedienze di chi voleva seguire la propria strada.
    Oggi è fico dire no per dispetto, distruggere, offendere, violentare una ragazza per dispetto…

  105. MANY MASKS

    “Dove sono?” si chiese.
    L’altra domanda che affiorò subito dopo sulle labbra lo lasciò del tutto smarrito:
    “Chi sono?”
    In un attimo vide mille luoghi e mille volti. E in un barlume di coscienza capì che stava avvenendo di nuovo. Questa volta l’effetto era straordinariamente moltiplicato. Si trovò nel mezzo d’una ferrovia. Cercò una maschera tra le pietre scure, aguzze. La trovò. Era la maschera d’una donna, forse bella, ma non fece in tempo a distinguerne i particolari, perché volle vedere la luce del cielo. Infine sentì il fischio del treno, e un attimo prima di essere travolto da quel fragore, bisbigliò:
    “Oh, sì, Karenina…”
    Provò ad aprire gli occhi, ma si accorse subito che essi erano già spalancati e non vedevano. Poi comprese che egli era immerso nel buio. Un lontano chiarore di fiamma lentamente gli permise di distinguere qualcosa. Le sue orecchie erano ancora assordate da quel terribile sferragliare. Tuttavia altissime urla umane sovrastarono il frastuono del treno. Portò le mani sul volto e non trovò al suo posto che il vuoto e l’aria umida d’una grotta. Allungò la mano e toccò la maschera. Non riusciva a vederne i tratti, ma i polpastrelli tremanti percepirono una barba. Indossò la maschera. E gli occhi, che si erano adattati a quella oscurità, distinsero alla fiamma d’un fuoco due gambe che penzolavano dalla bocca enorme d’un gigante con un solo occhio.
    “Chi sono?”
    La domanda rimbalzò con urgenza nella sua mente terrorizzata, e mentre già la ragione lo stava abbandonando, la risposta giunse come uno spasmo:
    “Nessuno.”
    E gli mancò il respiro. Cercò il fiato vitale, e un fiotto d’acqua gli riempì la bocca e il naso soffocandolo. Mosse le braccia, le gambe, tutto il corpo e finalmente, tossendo e sputando il liquido salmastro che gli incendiava la gola, riuscì a respirare di nuovo, a galleggiare nel mare in tempesta. Vide una maschera affiorare accanto a sé, appariva e spariva nel gorgogliare d’acque spumeggianti. Indossò quell’ennesimo simulacro. Un suo compagno, prima di essere risucchiato dai flutti, urlò il suo nome, in una estrema richiesta d’aiuto:
    “Robinson!”
    Vide il teschio. Questa volta comprese subito, sospirando profondamente, conservando ancora sulle labbra il sapore del mare. Indossò – quasi per abitudine, in un gesto annoiato – l’elegante maschera che aveva altre volte portato sul viso.
    “Di nuovo quel matto del principe…” pensò.
    Poi sentì il suo nome ripetuto, il richiamo macabro già ascoltato, proveniente dalle sembianze spettrali del padre.
    “Hamlet… Hamlet…mlet… et… et… t… t… ttttttt … ttt… ttt… tititi… titititithithithi…”
    Il frinire d’una cicala lo svegliò.
    C’era un bel sole e il cielo vasto d’un pomeriggio d’estate. L’erba era altissima ed egli si sentiva abbracciato da quello splendore verde.
    “Tutto bene?” frinì la cicala. “Durante il sonno urlavi terrorizzato. Di nuovo quel sogno del commesso viaggiatore, vero? Come si chiamava il tipo?”
    “Gregor Samsa… No, no. Questa volta era ancora peggiore… Ma per fortuna era solo un sogno!” esclamò, facendo poi un lungo sospiro.
    Ruotò il dorso duro e scuro, e muovendo felicemente le dodici zampette, si ritrovò di nuovo in piedi nel suo prato luminoso.

  106. @ Giulio
    Grazie per il tuo spunto, caro Giulio. In effetti si potrebbe ragionare (anche sulla base degli articoli di Defilippi e di quello di Carbonaro inserito tra i commenti) su qual era il senso del carnevale nei decenni – e nei secoli – passati… e qual è il senso oggi.
    (Chi risponde?)

  107. Non so se avete visto, ma ho aggiornato il post.
    Riporto il testo anche qui:

    Aggiorno questo post dedicato al carnevale con una proposta molto stramba.
    Vi invito alla prima “festa in maschera online” della vostra vita. Da questo momento – e fino a martedì notte – chiunque si potrà “mascherare” travestendosi da qualcun altro (un personaggio famoso; un personaggio letterario, dei fumetti, del cinema; una maschera classica; un personaggio inventato; ecc.) per partecipare a una carnascialesca festa letteratitudiniana che avrà luogo qui sul web.
    Si tratta di scegliere un personaggio, “impersonarlo” (appunto) e interagire con gli altri personaggi che parteciperanno all’evento online.
    Lancio un anatema per incitare alla partecipazione: chi non passerà di qui indossando una maschera, prima o poi perderà la faccia!
    Parola di uomo con la camicia celeste.

  108. Ma insomma perdinci, ancora nessuno che partecipa a questa festa, uffa!!! Eppure mi sono impegnato tantissimo, accidenti. Mi ricorda quando da piccolo preparavo tutto per la festa di compleanno e non si faceva vedere nessuno e mi mangiavo tutta la torta da solo… Ci ho messo vent’anni di dieta per smaltire tutto, non fatemi ingrassare di nuovo vi prego vi prego vi prego vi prego!!

  109. Scusate se, al solito, arrivo a dibattito inoltrato ma ho notatosolo oggi questa mail inviatami da Massimo.
    Trovo stimolante la proposta di Massimo:
    una festa in maschera on line! Mi maschero subito allora! Ma prima riporto alcuni ricrdi dei miei canevali.

    Ho sempre avuto un rapporto ambiguo cn questa ‘ricorrenza’, percependo la coesistenza dell’elemento funesto, malinconico, triste (che Simona ci ricorda in rapporto alle sue origni in Sicilia) accanto a quello sornione, festaiolo, impregnato di un’allegria esasperata e quindi solo apparente. Alle feste categoricamente sentivo tantissima solitudine e tristezza dentro, tra tuta quella gente… E’ assurdo , ma credo che per paradosso l’indossare una maschera riporti a galla tutto ciò che vorremmo lasciare da parte, l’allegria richiama sempre il suo contrario, anche per il smeplice fatto disapere chesi sta rimuovendo ciò che è triste.

    Ho sempre indossato un abito in maschera fino ai miei 20 anni circa: spesso, (come Elektra), ero io stessa ad inventarlo, con le stoffe che trovavo nei cassetti o spesso me li cuciva mia madre (io disegnavo e lei magicamente eseguiva):
    sono stata pirata (ovviamente, vedi cognome!), guerriero spaziale, stella della Senna (vi ricordate il cartone animato?), punk, ‘picciotto’ siciliano, bambina cattiva (alla Pippi Calzalunghe), ma anche Cenerentola al Ballo (con un bellissimo abito di velluto bordeaux con ricami pregiati: era stato affittato!).

    Un saluto a tutti! (caro Sergio, appena ho un po’ di tempo ti contatto via mail).

  110. Allora come mia maschera immediata propongo:

    Scarabocchio (è un personaggio, ricordo per i bambini…)
    in base a ciò che viene fuori dalla mia tastiera su queste pagine web, direi che è azzeccato! ;))

    Tra poco interverrò seriamente con due dei miei persnaggi preferiti del mondo teatrale…
    Caro Massimo ti lascio ancora un po’ in sospeso… 😉

  111. Ma dev’essere detto quali sono i mascheramenti? Ad ogni modo ecco il primo. Questa ‘maschera’ dice questo:

    “Caro Massimo per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, non appena spenta la candela, mi si chiudevan gli occhi cosí subito che neppure potevo dire a me stesso: “M’addormento”. E, una mezz’ora dopo, il pensiero che dovevo ormai cercar sonno mi ridestava; volevo posare il libro, sembrandomi averlo ancora fra le mani, e soffiare sul lume; dormendo avevo seguitato le mie riflessioni su quel che avevo appena letto, ma queste riflessioni avevan preso una forma un po’ speciale; mi sembrava d’essere io stesso l’argomento del libro”.

    (Proust, “La strada d Swann”)

  112. L’altro è invece questo:

    “Tu non pensi e non parli come l’uomo di cui possa essere la compagna. Svanita la minaccia, placata l’angoscia per la tua sorte, non per la mia, hai dimenticato tutto. E io sono tornata ad essere per te la lodoletta, la bambola da portare in braccio. Forse da portare in braccio con più attenzione perché t’eri accorto che sono più fragile di quanto pensassi. Ascolta, Torvald; ho capito in quell’attimo di essere vissuta per otto anni con un estraneo…”

    Nora in “Casa di bambola” di Ibsen

  113. Un po’ Proust, un po’ Nora, mi dedico ai mie imegni quotidiani. Sono curiosa però delle altre maschere che parteciperanno a questa simpatica festa.

    p.s. credo che il bello sia dopo questa prima parte citata, improvvisare rivolgendoci l’uno all’altro no?

    Se diventa una cosa carina proporrei a Miriam di farla continuare (dopo che si sarà concluso qui) nello spazio della Camera accanto. Che ne dici cari Massimo e Miriam?

  114. Credo di aver meritato la vittoria di questo Oscar come migliore attrice.
    In ogni caso, sappiatelo: Non mi interessano il successo o la fama. Davvero. Recito perché adoro farlo. E cerco sempre film che mi emozionano. Sono molto, molto fortunata a fare un lavoro che adoro.

  115. A keìt… se non ti interessa il successo ti passo il mio numero di conto corrente, che a me invece interessa assai…

  116. Per Massimo Maugeri (travestimento in maschera).
    Ho detto che non mi interessano il successo o la fama. Non ho detto che non mi interessano i soldi. Faccio l’attrice, ma mica sono scema.

  117. cara kate,è vero che non sei manco sta bellezza,ma hai il culo di recitare con i bellocci di ollivuud,mica mi potresti presentare qualcuno?guarda che io ho un certo portamento e sono moltomolto annoiuata da quel becero di dottore che mi sta nel letto.Sappi che non ci puzza solo il fiato di cipollà di tropeà,ma ci ha la lanugine nell’ombelico come se fosse un lanificio di giacche per uomo!
    salve moi,
    emmà

  118. Giungo a voi e partecipo, sebbene mantenga un alone di impalpabile perplessità. A volte le maschere ci servono per ottenere giustizia. Altre volte per difenderci dalla morte. E vi dico che temo più l’ingiustizia della morte.
    Che cosa è la morte per me? Un grado di più nella calma, e forse nel silenzio.

  119. UN SABATO GRASSO In-VISIBILE

    Uno spettro emerse dalle nebbie che avvolgevano i molteplici strati dei servizi e delle applicazioni. Quello spettro ero io. Randomizzavo incerto fra la gente che danzava attraverso il dominio interno alla circonvallazione, la Jabberwocky Road, dalla Chiesa cattedrale fino alla minacciosa Fortezza Arpanet che domina New Nantucket.

    Hacker, lurker e lamer erano mascherati in modo bizzarro, con la vacua ambizione di creare banner ripugnanti, inverosimili e grotteschi. Folleggiavano intorno a me chimere bifronti, vacche ermafrodite, pegasi dalle penne sgargianti, pseudotartarughe, cavalli-formiche, pulci-sagittari, aerozanzaridi, tapiri, gnu; perfino un grosso catoblepa sembrava ruminare coriandoli e biscotti con la testa pesante schiacciata a terra, sotto la vigilanza esitante di un riflessivo bradipo. Gli emoticons di ippogrifi e manticore si agitavano nell’ombra, chattando.

    Inquieto, mi feci largo fra moltitudini di agenti evanescenti come estensioni pdf, addobbate da un Acrobata delirante per festeggiare un carnevale cyberpunk in Rete. Fluttuavano in aria, inseguendosi per i link del centro; sfioravano portali spalancati come fauci bavose d’alligatori in cerca di cibo; o sparivano alla vista, inghiottiti dalla muraglia di fuoco che si alzava oltre la mole della Cattedrale, solenne rovina più vetusta di una programmazione Cobol.

    Il mio cammino, inizialmente rettilineo, andava via via assumendo un andamento a spirale, come la coda da ratto di una stampa. Indirizzo dopo indirizzo, le curve della via che stavo percorrendo si facevano sempre più numerose e spigolose: fino a quando, dopo l’ennesima svolta, mi trovai all’ingresso di una piazza, immersa nella caligine pulviscolare del plasma di un televisore dimenticato acceso su un canale morto.

    Si stava svolgendo una cerimonia, ma suoni e immagini mi pervenivano in maniera asincrona, indistinta, a tratti, come se stessi scaricando da Internet un file pesante con una connessione inadeguata, troppo lenta, un cinquantasei K di bps al massimo. La scena, animata a scatti irregolari, rappresentava un gruppo di uomini che intonavano una litania a tre voci sul ritmo di tamburi nascosti da qualche parte:

    …Shread of our memories are lying on your grass;
    Wounded words of laughter are graveyards of the past.
    Photographs are grey and torn, scattered in your fields
    Letters of your mem’ries are not real….

    Ballando, seguivano un arcaico protocollo, impostato per tracciare un disegno elicoidale intorno ad una fanciulla, in piedi accanto al pozzo posto al centro della piazza e di cui non si scorgeva il fondo. Il movimento si prolungò per molto tempo; mano a mano che andava avanti, stringendosi intorno alla giovane donna, il canto si alzava più forte, il ritmo tribale dei tamburi si faceva più incalzante. Mi soffermai a rimirare la rappresentazione, ammaliato, mentre percorrevo, quasi senza accorgermene, il lato esterno della piazza. Raggiunsi l’imboccatura di un viottolo. Gli uomini fecero precipitare la ragazza nell’enorme cestino nero. Si sentì un grido disumano, feroce, provenire dalle gole dei danzatori; l’urlo selvaggio mi fece disconnettere dallo stato ipnotico in cui ero caduto, convincendomi a prendere rapidamente le distanze da quel luogo.

    Imboccai il vicolo alla mia destra. In fondo mi apparve la figura di Miranda, tenue come un avatar dipinto da Ingres fra cumuli di database. Vidi l’aidoru infilarsi nella Fortezza, che sorge sui resti di un antico palazzo. Qui, secondo una leggenda locale, secoli prima aveva abitato Asterio Halfbull, discendente da un ceppo di zingari Rom insediatisi nella nostra regione all’epoca della sua inizializzazione. Si dice che costui, tutte le notti di luna piena, inducesse i propri ospiti, i parenti e i servi a officiare sfrenati riti pagani in onore di Hash, un essere infernale partorito dalla sua mente malata. La follia di Halfbull sarebbe giunta al punto di pretendere che ogni orgia si concludesse con il sacrificio di una fanciulla nantuckettese. Quando, una notte, i sicari non riuscirono a soddisfare la richiesta a cui frequentemente avevano in precedenza risposto, Halfbull, colto da un accesso di mania omicida, massacrò inferocito i compagni di efferatezze, trucidò tutta la sua famiglia e, prima di uccidersi, diede fuoco alla casa.

    Una differente versione della storia attribuisce ad un giovane straniero dagli occhi di ghiaccio, di nome Clinteseus Eastwood (secondo alcuni, un essere proveniente da Marte), il fegato di essersi introdotto con un raid nel cuore del covo e di avere sterminato la banda di depravati, facendo infine saltare in aria tutto. Comunque sia andata, sulla spina dorsale di quella architettura maledetta venne più tardi eretta la Fortezza, che ne mantenne la pianta originale: i meandri dove io quella notte mi persi.

    Vagolai per ore e ore, mi parve, in camere umide e malsane, dove rimbombava paurosamente il frusciare delle migliaia di topi e di serpi che andavano a caccia nelle fogne sottostanti, come virus, worm e trojan nell’anima-kernel di un computer infettato. Trascorrevo da un antro all’altro con la tenacia di un Browser scannante ogni singolo file da programma a programma, da cartella a cartella, per trovare quello della mia cibernetica Miranda, che, di tanto in tanto, liberava energia da qualche angolo distante con il fare esperto di un fuoco fatuo elettronico.

    Dopo molti giri e rigiri apparentemente inutili, intravidi la luce di un led. Mi mossi brancolando in mezzo a quelle tenebre naziste e cominciai a camminare a tastoni, non diversamente da un burattino di legno dentro al corpo di un Pescecane, avviandomi un passo dietro l’altro verso quel piccolo chiarore, che vedevo baluginare lontano lontano. Proveniva da una cripta, sopra la porta della quale era posto un crocifisso in legno: ero arrivato alla cappella.

    M’introdussi nella stanza. Il mio occhio fu attratto dall’affresco raffigurante la Caduta degli angeli ribelli a Dio, che si estendeva dal soffitto fino a coprire tutto il pavimento. Ma il dipinto non si limitava ai muri: no, avvolgeva tutto quanto era contenuto nel locale; si insinuava fra le panche e gli inginocchiatoi, impossessandosene; assorbiva l’altare e la coppa di vino sopra appoggiata; in qualche modo inconcepibile, comprendeva le fiaccole e le candele che pure lo illuminavano fiocamente. La cassetta delle offerte, il confessionale, l’ostensorio, il touch-screen a disposizione dei fedeli per avere informazioni sulle opere missionarie in Africa, la mia stessa figura facevano parte integrante dell’affresco.

    Lo sguardo si smarrì fra i demoni giganteschi che affollavano tutti i driver e le memorie disponibili in una turbinosa teoria corale di membra spropositate avvolte da vapori fumosi, fra bagliori di luce vermiglia, verderame e giallo-oro. Il mirabolante intreccio di corpi abnormi e le forti dissonanze cromatiche comunicavano l’idea che lo spazio non costituisce un rigido sistema di relazioni strutturali sussistente nel mondo, né una rappresentazione mentale necessaria dei fenomeni e neppure l’interfaccia utente di un sistema operativo. Mi colpì con sfavillante chiarezza la rivelazione che noi non conosciamo lo spazio, non lo vediamo, non lo ascoltiamo, non lo percepiamo. Siamo in mezzo ad esso, ne facciamo parte, ma non ne sappiamo nulla. Lo spazio forse è solo uno scherzo illusorio di variopinti riflessi luminosi, una continua metamorfosi in cui tutto appare, scorre e si confonde, senza tregua.

    Le pareti intorno a me cominciarono a ruotare, accelerando sempre di più. Avvertii il sinistro scricchiolio che precede il crollo di un Blog oberato da una struttura di post troppo complessa, da un numero eccessivo di commenti fuori luogo, da un template del tutto inconsistente, dall’improvviso florilegio di innumerevoli pop-up. Mi resi conto che dovevo raggiungere subito una porta di servizio. Troppo tardi. Mi trovavo in un ciclopico frullatore dove vedevo gli angeli ribelli, le incredibili maschere, la città, l’universo sprofondare in un unico vortice cosmico. Disegni, xilografie, superfici, profondità, cortecce, strisce di Moebius, pianeti, ordini e disordini, finito ed infinito, innumerevoli specie di animali o di cristalli, di torri e di stelle, si muovevano stravolgendo i fondamenti basilari della stereometria, delle trasformazioni geometriche e della prospettiva; rotazioni, riflessioni, rispecchiamenti, sovrapposizioni e traslazioni scavalcavano ogni limite per farsi, alternativamente, ora figura e ora sfondo di edifici impossibili, di centauri e sirene, fauni e meduse, sfingi e arpie, incroci tra umano e animale, spirituale e carnale, ora acqua e ora cielo, cascate e belvederi, salite e discese, interni ed esterni. Un Astolfo demente aveva aperto il libro magico con il maleficio per mandare in fumo quel mondo, composto la macro e attivato il comando Delete, senza aspettare che io ne fossi uscito.

    Le finestre vennero sprangate; le acque mi sommersero; l’abisso mi aveva divorato; le alghe si erano attorcigliate alla mia testa. Sprofondai fino alle radici dei monti; la terra chiuse le sue sbarre su di me per sempre. Preso da un’orribile vertigine e dalla comprensione di stare precipitando nella perdizione del Nulla, come il pesce che si era ingozzato con Giona violentemente vomitai. E poi fu solo logoff.

  120. Cara Emma, la noia può essere una malattia mortale che non mi appartiene. E sappi che tutti i bellocci di Hollywood farebbero carte false per recitare con me, soprattutto ora che ho vinto l’Oscar.
    Non giudicare la mia bellezza. Tutti sanno che è grande, o meglio… Titanica.

  121. La memoria non mi aiuta: un film in bianco e nero, il carnevale con la folla mascherata, musica popolare e il protagonista che cerca la fuga….
    Oggi come oggi mi travestirei da C.Darwin, una bella barba, l’occhio cisposo e via…a cercare specie in via di estinzione (sapete quali!), ciao

    anna maer

  122. cara kate dalla noia possono nascere stati di caos moooolto eccitanti,io non ho vinto l’oscar ma sono eterna nella mente degli uomini,più di quanto tu mia cara non sarai mai,dimenticata nell’oblio di facce più o meno titaniche.
    p.s.hai qualche consiglio per la lanugine ombellicare del mio triste consorte??

  123. Anna Maria Darwin, alla ricerca dei cetrioli marini ogm della conad, questa mi mancava! Però l’occhio è bello cisposo, questo sì.
    Keit invece è più avara di quel che pensavo, manco un centesimo mi ha elargito. E dire che mi sono dedicato tante volte, sulla sua immagine, alle mie pratiche autoerotiche, ecchecà…
    Figa poi la maschera di marco minghetti dopo che si è impasticcata con le pastiglie dei freni, molto tecno, molto new age… Se trovassi il tasto per il reset gli praticherei sedutastante l’eutanasia, povera bestiolina…
    E pure al conte di montecristo, che mi pare più di mortecristo, dato il tenore dei suoi pensieri…

  124. Dimenticavo la bovary che, come dice il nome, mi pare proprio una gran vacca…

  125. sì sì una gran vacca,bravo e tu con cosa t’impasticchi?con tutta la merda che vomiti dalla tastiera direi che ti serva un idraulico liquido,travestito in maugeri,attento che dalla camicia azzurra ti spuntano un gran paio di corna,coprile bene sennò ti riconoscono tutti!si vede subito che non hai la classe del mauger,sei una patacca!!
    :-)))))))))))))

  126. Emma guarda che io sono un grande scrittore e ciò pure un grande pennello! io sono il VERO maugeri che finge di essere un FALSO maugeri e ti dirò che fingo così bene che non mi riconosco nemmeno io e ogni tanto mi ficco le dita negli occhi ohi che male.
    E poi anche il VERO maugeri cià le corna che gli fanno capolino dalla camicia azzurra, una volta a pamplona ha pure messo sotto un turista olandese, pensa un pò…
    Tu piuttosto fai attenzione che ti banno per sempre da questo magnifico blog che me lo vantano tutti, anche i non vedenti. Anzi vi banno tutti, vi banno, così poi scriverete solo quandolodiròio, solo quandolodiròio!…

  127. @ Massimo Maugeri (travestimento in maschera)
    Smettila, sbruffone!
    Io per indossare la maschera del Maugger ho dovuto pagare 500 euro. Mi hanno assicurato che la vera maschera è questa. Ho anche la camicia celeste con il bollino blu e uno sfondo di libri di cartapesta da applicare sulle spalle.
    Tu dove hai comprato la tua maschera? In qualche bancarella partenopea cazzimma? E’ una patacca. Buttala. E smettila, impostore!!!
    O ti denuncio all’associazione maschere maugeriane doc.

  128. come, 500 euro?! Cazzarola, a me hanno chiesto 750 euro, quei napoletani cazzimmari!
    E non è neppure una maschera originale, si vede che la camicia azzurra è presa dal completo di un italoforzista, che ci ho trovato sulla tasca il testo integrale di “meno male che Silvio c’è”…

  129. La mia è più nuova. Nel taschino c’è perfino l’immagine di Franceschini con la didascalia “Il premier è contro la Costituzione”. Pensa te.
    La tua è vecchia e cazzimma. Buttala.

  130. Neanche da me stesso originale posso travestirmi porca miseria, che figura… Vabbè, ci faccio sopra un paio di patacche di pummarola e faccio Francesco di Domenico mentre porta i mezzi pesanti (ovvero i nani grassi) in giro per Napoli…

  131. Eccome… Ho appena fatto il mio testamento biologico, sappiatelo.
    Nel mio epitaffio voglio che ci sia scritto: “E’ stata colpa di Maugeri!”

  132. C’è una vecchia foto, scattata in un androne. Due mascherine si riflettono sorridenti nello specchio: lei è una francesina primo ‘900, capelli a caschetto, vestitino argento, corto con la vita bassa, un collarino nero con la perla sotto le labbra disegnate rosso fuoco. Lui è un affascinante Arlecchino, alto e dinoccolato. Ridono, vanno a ballare per la prima volta insieme. Carnevale di samba e trenini, mani leggere sui fianchi della francesina per un lento da brividi. C’è questa foto, ancora, mentre due attempate mascherine si rifiutano d’invecchiare a 2000 km di distanza.

  133. Cara Emma Bovary,
    tu sei nell’immaginario maschile, è vero. Ma ti assicuro che lo sono pure io. Con la differenza che tu sei immaginaria, mente io sono reale.
    Non ho consigli per le lanugini ombelicali.
    Ma che vuoi farci? Io sono una (graaaaande) attrice (ho appena vinto l’Oscar!), non un’ombelicale.
    Lo sai che ho esordito sul palcoscenico a soli cinque anni, interpretando la Vergine Maria in una recita scolastica?

  134. Caro Massimo,
    forse non è difficile indovinare il nostro travestimento… Io però non riesco ad individuarti e mi sono persa…. esattamente come si era persa Gretel con suo fratello Hansel….che poi sono finiti insieme nella casetta della strega, invogliati dai dolci…
    “Mi vien l’acquolina pensando alla cantina.. di biscotti con la crema..
    Dev’essere ripiena… Un morso le do, per assaggiarla un pò…”
    ( canzoncina da Le Fiabe Sonore: Hansel e Gretel)

  135. Ma queste donnuccole! Che ci avrete contro le lanuggini dell’amore? O che vogliamo parlare delle vostre ciglia intonacate di mascara, che ogni volta che le sbattete si produce un uragano in Giappone (che siccome hanno farfalle giapponesi che a ogni battito d’ali fanno uragani da noi, alla fine ben gli stà).
    La lanetta nell’ombelico è quanto di più secsi si possa immaginare, fa il solletichino nella pancia quando si fa l’amore, poi se fa freddo non guasta avere un minimo di isolamento termico.
    kèit ed Emma muccary imparate da cinzia, che quando parla non capisce neppure lei quello che dice.

  136. caro mauger-patacca hai gettato la maschera?peccato ora che cominciavo a divertirmi…
    mi rimane sempre la winslet, reale dice lei,e ci credo con quel didietro che si ritrova…scusa kate ma lo dicevi tu in un’ intervista che oramai tie ri abituata a convivere con il tuo..didietro.Peccato però che tu non abbia consigli per la lanugine ombelicale,evidentemente di caprio aveva ben altro da mostrarti…beata te mia cara!io spero solo di reincarnarmi in Sei Shonagon e rivivere ai tempi delle dame di corte dell’antico giappone,dove la notte fra un fruscìo di vesti di seta e un sussurro si scivolava fra le braccia di un principe, senza ricordarne il nome….
    ma di certa sta volta il veleno non lo prendo io,lo becca mio marito nel caffè,e mica si sbaglia due volte nella vita…

  137. gretel ma che carina….attenta però che mi pare facevate na brutta fine tu e quello gnocco di tuo fratello!!potresti finire nel forno del mauger-patacca travestito che mi sa deve essere più brutto di luxuria con la varicella!!

  138. Oh che dolore questo veleno che ho preso nel caffèèèèè… Peggio della moka che fa il Maugeri, ve l’assicuro!
    Ma la prossima volta se lo becca mio marito che io da allora solo tè infrè, che di nuovo non mi frè…
    Caro mauger-patacca tanto non te la dò, la patata (che fa pure rima)

  139. Chi è questa Bovery che si spaccia per me? Ricordate che l’unica Bove certificata con tanto di corna se muà!

  140. questo non si può fareeeeeee!!!sono io emma bovary e la patata la gestisco da me!
    ladro patacca di indentità,prima o poi t’incontro e ti faccio un caffè nero.

  141. Emma Rotary fu Cristina Bove era Emma Vaccary era Francesco Di Domenico fu Massimo Maugeri (travestimento in maschera) ha detto:

    Aiuto un ladro di patateeee… E io che l’ho tenuta bene per tanto tempo, usata pochissimo e bene… Tutto per niente, al ladro, chiamate la polizia, le ronde, i cani da tartufo!!!

  142. er patacca,mi sai tanto di uno che non c’ha la patata ma il cetriolino,e nemmeno buono per flora-quella del riso- ca ti ti ride nfaccia e se ne và…

  143. Priapo Assetato ex Emma Rotary fu Cristina Bove era Emma Vaccary era Francesco Di Domenico fu Massimo Maugeri (travestimento in maschera) ha detto:

    Emma, vieni che ti faccio vedere la mia lanuggine ahaahhahahahahahahah….
    E facciamola, quest’insalatona!…

  144. dai Priapo er patacca io lo so come sono fatti i tipini come te:al mattino siete allegrotti poi si “sgonfia tutto”…..ed io l’insalata la faccio di sera! tiè
    per la lanuggine potresti spedirmi il tutto già in balle grosse più di quelle che metti giù sulla tastiera,così ci rifaccio il materasso….

  145. @ emma bovary
    sì, la strega faceva ingrassare mio fratello Hansel dentro la gabbia perché voleva mangiarselo..poi avrebbe mangiato anche me, ma, se ricordi, alla fine l’abbiamo fatta entrare nel forno ed è rimasta lì..mentre noi siamo scappati… “E camminiam, al bosco attraversiam, la strada è lunga ma..si arriverà… Scusi, bel cigno, ci faccia un segno…la nostra casa dov’è? verso il laghetto ci può portare..su presto Hansel andiam!”
    @alice
    un pezzettino di fungo nella tasca sinistra ded vestitino celeste per crescere e un altro pezzettino di fungo nella tasca destra per rimpicciolire…

  146. I miei costumi carnascialeschi: da piccola l’Olandesina – che all’occorrenza veniva riciclata come contadinella, come sicilianetta…
    A vent’anni o giù di lì, una maschera romantica: un cavaliere veneziano che manco Casanova, una specie di Zorro de noantri, con stivaloni, cappa, spada, cappellone e mascherina merlettata…
    Ultimamente, bambina monella con tanto di grembiulino, zainetto Angelorso originale vintage, pagella, codine etc etc.

  147. M.me Emma,
    non ho mai rinnegato le mie rotondità e non lo faccio oggi. E poi perché dovrei rinnegarle? Non sa che sono nell’immaginario erotico di molti uomini?
    E poi, che le devo dire?
    Io vivo nella celluloide (badi… celluloide, non cellulite) con Di Caprio, lei rimane imprigionata in adulteri di carta.

  148. Gli uomini veramente generosi sono sempre pronti a diventare misericordiosi quando la disgrazia del loro nemico oltrepassa la loro collera.
    La mia collera non è ancora stata oltrepassata.
    Non mi sfidate.

  149. me tapina….cara kate,guardi che se mi introduce nell’ambiente saprò far felice più di un uomo….in fondo la realtà è piena di uomini di carta che prendono fuoco facilmente e si riducono in cenere.

  150. Dietro le vostre mschere scorgo ambizione.
    Ma l’ambizione non s’accorda affatto con la bontà; s’accorda con l’orgoglio, con l’astuzia, con la crudeltà.

  151. Sono nato in un paese della Brianza che comincia per B…..0 , il 23 Maggio
    17.9, le rose già sbocciavano nei giardini lussureggianti. La mia famiglia era povera, mio padre possedeva un campicello e commerciava vendendo la seta. A soli dieci anni, ero ancora un giovinetto, fui portato a Milano dalla zia Anna, sorella di mio padre che era rimasta vedova. Non avendo soldi e volendo studiare, fui avviato al sacerdozio.
    Frequentai le Scuole dei Barnabiti dal 1740 al ’52. La cara zia Anna morì nel 1741 e mi lasciò una piccola rendita per i miei studi religiosi. La mia non era una vera vocazione, io perciò vivevo di rimpianti e sognavo una vita diversa.Quelli, furono anni di nera miseria. Per raggranellare qualche soldino, mi misi a copiare le carte forensi e tra una lezione di retorica e l’altra del Padre Branda, facevo lezione ai nipoti del canonico Candido…. ……G. P…(continua)
    Erudito Don Massimo della nobile stirpe dei Maugeri e voi Messeri, colti
    frequentatori del più esclusivo blog europeo.
    Indovina, indovinello chi si cela nel cestello?
    A proposito, non è uno scherzo, sabato 28 Febbraio p.v. incontrerò quel
    simpaticone di Leonardo Pieraccioni, che è il Testimonial della Fondazione
    Cure 2Chindler e altri 11 super Insigniti…Però quest’anno sono anche più vecchia. Proprio oggi compio…….Presto, presto mascherine datemi un elisir di giovinezza. Oh bellini ma io so di molto giovane dentro!

  152. Salve a tutti… dov’è Netherfield? C’è una festa e io e le mie sorelle siamo state invitate… Dicono che ci sarà anche l’amico del signor Bingley, il misterioso Mr. Darcy…

  153. conte lei parla per doppi sensi….magari il mio sarà un controsenso, ma in un senso o nell’altro vorrei dare un senso alla mia vita e anche al mio incontro con lei,ad incontrarla ha il mio assenso!!

  154. Giuseppe Parini, tanti auguri di buon compleanno!!!
    A Terry un bacio…
    Sono Lizzy Bennet, amo tanto la lettura e il ballo, ho quattro sorelle e tutte e cinque amiamo le feste… specie se ci sono i nostri beniamini, cioè le giubbe rosse del reggimento – Lydia sbava per le giubbe rosse, e pure Kitty! – e Mr Bingley…

  155. Mia cara Emma, in un certo senso credo che abbiamo bisogno di un sensale sensuale e sensato.

  156. cara lizzy,mi dispiace ma darcy non verrà, è rimasto impigliato nella mia sottoveste ballando,perciò le mando il conte di montecristo,un caro saluto, torno più tardi,ora ho lezioni di piano e forte con Lèon!

  157. Thank you a lot, Leo:)
    Ti ho visto recitare in un magnifico “Romeo e Giulietta” quando eri giovane… anche lì c’era un ballo in maschera, ricordi?

  158. Adorata Lizzy, dopo essermi grattato la parrucca, bacerò la tua manina bianca, morbida, affusolata. Invece del poema “Il giorno” comporrò per te “La bellissima di Notte”. Però stasera al ballo, cerca di essere morigerata…. non mi tradire con tutto il Reggimento, solo con gli Ufficiali delle Giubbe Rosse…. Dopo aver puntigliosamente contato i millenni e le rughette del mio pallido volto, Ti benedico mia dolcissima
    Il tuo inossidabile cicisbeo.
    Giuseppe Parini

  159. @ Marco Minghetti, per il suo UN SABATO GRASSO In-VISIBILE

    Da mondi di spazio-tempo circolari dove al limite di universi assoluti esistono multiformi cangianti eterei Philip Kindred e Edgar Allan, e carne e neuroni-psiche di James Graham B. e Gib ‘cyber’, ho trovato un biglietto di Bill, prima dell’esplosione, estratto dalle pieghe della sua “Soft Machine”. Lo lascio per te, un puro granello di polvere nel perfetto dedalo:
    “Lungo un grande fiume verso il porto la città incastratia tra i giacinti acquatici e le chiatte delle banane – La città è un’intricata struttura di bambù in alcuni punti alta sei piani che si protende sulla strada sostenuta da travature sezioni di binari ferroviari e pilastri di cemento armato, una galleria di pioggia calda cade a intervalli di mezz’ora – La gente della costa vaga nella notte calda piena di vapori mangiando gelati colorati sotto le lampade ad arco e conversando con gesti lenti e catatonici punteggiati da un silenzio immobile – Lamentosi gridi di ragazzi vagano attraverso la Notte Dei Giocatori della Vagrant.”

  160. Al Conte Di Montecristo, consiglio certi libri “pulp”, come si dice oggi, libri da sfogliare in tram, letture veloci e senza impegno, letteratura d’evasione intendo.

  161. A Emma Bovary, signora d’altri tempi, di film ormai sbiaditi, del genere “Arsenico e vecchi merletti”, consiglio invece di limitarsi ai vecchi merletti, chè quello scribacchino di Gustave le sta preparando qualche sopresa spiacevole, qualche bevanda non proprio salutare.

  162. Emma Rotary fu Cristina Bove era Emma Vaccary era Francesco Di Domenico fu Massimo Maugeri (travestimento in maschera) ha detto:

    Questa festa diventa troppo affollata: è il momento di arpionare una giovane slava su di giri e dileguarsi verso i piani alti.
    Poi promettere di sposarla e, consumato il fattaccio, dire “vado a prendere un drink, cara” e scambiarsi la maschera col primo che si incontra.
    Satanico!

  163. @ gretel
    è che me so’ persa il vestitino celeste.
    e nun sacce cchiù che ffa’
    @ emma bovery, bovary, alias tutte cose, statte accorta ai giardinieri…

  164. Un saluto disinteressato al caro Lev, grande filantropo (Ehm…avresti 10mila euro da prestarmi? Andrebbe bene anche il corrispettivo in rubli…)

  165. Ad Alice: sarebbe meglio se cambiassi maschera… Quel velo “azzurro” è proprio trasparente…

  166. or ora ho lasciato la corte dei miracoli e accorro a salvare il mio adorato Joffrey de Peyrac, la boccetta di veleno l’ho ancora io e se Roi Soleil non è morto lo deve a me.
    oui, c’est moi
    marquise des anges

  167. Alice, prova a sfiorare la tua maschera, il velo azzurro (o come dite nella vostra dimensione spazio-temporale: prova a cliccare sul tuo nome azzurro…)

  168. Solo in fretta. A che cosa serve il carnevale, oggi?
    Dovremmo inventarne un altro sulla serietà e disciplina, almeno una volta all’anno.
    Mi viene in mente un detto: chi non sa di portare una maschera, la porta alla perfezione.

    saluti
    Lorenbzo

  169. Alice, sì, ma non volevo smarrire lì una delle mie maschere… But no problem, it’s a wonderland!

  170. @many masks adoro i merletti,come faceva a saperlo lei??
    ho una serie di camicine tutte merlettini della nonna…
    @lorenzerrimo mi è sempre piaciuto leggerti,però stavolta te lo devo dì:laissez tois aller…..
    è un gioco, è tutto un gioco,prendersi sul serio non aiuta mica a vivere meglio. 🙂

  171. @alice in wonderland ma quali giardinieri?mica sono la signora solis di desperate housewifes? purtroppo da me giardini non ce ne sono,sigh quanto mi manca un giardiniere… e pure un bel giardino.

  172. Mio caro Parini, allora accompagnatemi voi alla festa, poiché circolano tipi invero strani in codeste lande…
    Chissà perché tarda il mio caro signor Darcy… se si è messo con la Bovary, giuro che scappo con il signor Collins!

  173. oui,j’ai compris,mais on peut toujors changer le final!
    che sia gioco o sia realtà il finale semp’ pò cagnà!
    saluti e baci a tutti

  174. …scusate ho un bel da fare con mister darcy, è da me in gran segreto: si è rotto le scatole di quella pedante di lizzy!!strane coppie…..

  175. Mah, me ne vado a Pemberley… laghetto, megacasa vista cigni e boschetto con cervi… un sogno!
    Lizzy

  176. @lizzy cara brava ,fai bene soprattutto la compagnia dei cervi…mi pare consona al tuo nuovo stato,excuse-moi!

  177. @ Massimo Maugeri (travestimento in maschera)
    @ maschera da Massimo Maugeri
    Chi me lo doveva dire che sarei diventato una maschera di carnevale?
    A questo punto non mi soprenderei se, nel bel mezzo del carnevale di Viareggio o ad Acireale (financo a Rio), vedessi passare – tra quelli dedicati a Obama e Silvio – un carro che trasporta la sagoma gigante dell’Uomo dalla Camicia Celeste.

  178. Avete ragione madame Bovary. Vado a cercarmi una maschera.
    Non prima di aver fatto gli auguri di buon compleanno a Tessy (ho inteso bene?), ringraziato Marco Minghetti per il suo racconto ed essermi inchinato dinanzi alle vostre maschere e alla vostra simpatia.
    Baciamano per lei, madame Bovary.

  179. … pensò che avrebbe fatto meglio a continuare a fare il commesso viaggiatore, tanto clienti e colleghi non se ne sarebbero nemmeno accorti…

  180. grazie a lei,messer maugeri,ultimo highlander gentiluomo del web,partecipare al suo ballo è stato per me una vera vertigine!
    buon nuit a tout le mond!

  181. …strategie femminili,messer maugeri….questo è un mondo che non crea attesa e l’attesa è lo spazio del desiderio…
    au revoir

  182. Son piccino, son carino,
    ma pur sempre Paperino.
    Non ho soldi, né pensione,
    non mi chiamo Paperone.
    Son stressato e faccio yoga
    col cugino Paperoga.
    Se ho problemi cerco aiuto
    ma non viene neanche Pluto.
    Nel mio genio non ho fede,
    al contrario di Archimede.
    Non mi piace far complotti
    come la banda Bassotti.
    C’è chi nasce un po’ sfigato,
    chi è Gastone Fortunato,
    chi di fronte al papatrac
    apre bocca e dice quack.
    Ma sapete che vi dico?
    Io non posso fare il fico,
    ma compenso qualche tic
    quando son Paperinik.
    Tutto il resto a voi lo lascio
    che va tutto a scatafascio.
    Detto questo a voi m’inchino,
    vi saluta Paperino.

  183. Fece un passo di sghimbescio, piegandosi leggermente sulle ginocchia e poggiando la punta del piede destro in avanti, con grazia:
    “Servitor vostro!
    Ma non mi mostro
    ché mi nascondo
    sin nel profondo
    sotto parvenza
    di un’esistenza
    pazza e gioiosa
    ma misteriosa.
    Cosa nascondo
    nel girotondo
    sotto i colori
    che mostro fuori?
    No, non toccate,
    non mi strappate
    il falso volto
    da goffo e stolto!
    Se lo farete
    voi scoprirete
    quel che si cela
    ma non si svela.
    Via il mascherino
    di un Arlecchino
    molto gioviale
    di Carnevale
    non c’è un bambino
    né una fanciulla:
    solo il destino
    del grande nulla.

  184. @alice
    mi son persa per un altro pò… ma mi dici che mio fratello aveva la passione per calderoni e troll? Boh.. mi ricordavo solo che eravamo stati attratti dalla casetta fatta di dolci, io e lui… Mah.
    Vediamo domani..
    Buonanotte a tutti e al nostro Uomo con la Camicia Celeste:):)

  185. Nasconderò il becco sotto una finzione
    di quelle con naso veneziano
    ma non faticherà a trovarmi
    a prendermi per mano
    a fare quack nel dirmi
    che sotto il lucido pastrano
    e seducente come una velina
    si nasconde solo paperina!

  186. Fra segreti e paperini
    passan svelte le mie ore
    ci sentiamo un pò bambini
    non mi serve più il dottore:
    bello già dimenticato nella danza travolgente
    senza far troppo scalpore
    io mi agguanto un bel tenente
    alto bello affascinante
    lui mi sceglie fra le tante,
    del mistero m’invaghisco,
    sogno e immagino un finale,
    ma accidenti è il montecristo!
    maledetto carnevale!!

    bonjour

  187. Se non fosse perché i tuoi occhi hanno color di luna,
    di giorno con argilla, con lavoro, con fuoco,
    e tieni imprigionata l’agilità dell’aria,
    se non fosse perché sei una settimana d’ambra,

    se non fosse perché sei il momento giallo
    in cui l’autunno sale su pei rampicanti
    e anche sei il pane che la luna fragrante
    elabora passeggiando la sua farina pel cielo,

    oh, adorata, io non t’amerei!
    Nel tuo abbraccio io abbraccio ciò ch’esiste,
    l’arena, il tempo, l’albero della pioggia,

    e tutto vive perché io viva:
    senz’andare sì lungi posso veder tutto:
    vedo nella tua vita tutto ciò che vive.

    (Pablo Neruda)

  188. Jane Eyre, mi perdoni, non c’è forse una “é” di troppo?
    “…Non è però una debolezza di cui s’abbia a vergognare, ma qualcosa che sembra tale soltanto su questa nostra terra.”

  189. Evviva il carnevale:
    .) trasforma la miseria neurotica in miseria sana.
    .) 365 giorni di carnevale all’anno e il mondo funzionerebbe meglio.
    .) Chi non ha un ticchio, ha un nido vuoto nella testa.
    .) diavolo mio, diavolo mio, se non mi prendi oggi quando allora?

  190. Ho letto ieri, prima di addormentarmi e incontrare altre impalpabili maschere notturne, i versi allegri e fanciulleschi di Paperino (anch’io ho sempre preferito il papero iellato rispetto a quel saccente di Topolino) e quelli intensi di Versicolor (“Miss Versicolor, I suppose”).
    “solo il destino/del grande nulla.”: questi due versi, insieme alla miriade di svolazzi ipnagogici (!?), mi hanno accompagnato nel sonno.

  191. mia moglie mi dice: oggi è carnevale, hai comprato i krapfen?
    si, rispondo io
    e dove sono?
    li ho già mangiati tutti, a carnevale si può di tutto!
    ed io, mi sgrida, non conto nulla?
    ma si, che conti e le porgo una scatolina ben incartata
    lei la apre e meravigliata del dono esclama:
    Dio mio, che bello, che giorno è oggi?

  192. Adesso mi tocca portare le mie figlie a vedere i carri, non a Palazzolo che fa troppo freddo, abbiamo optato per Avola. Speriamo che non sia troppo traumatizzante per me, che detesto il casino. La cosa che ho notato è questa: “ai miei tempi”, cioè nel secolo scorso, da bambini ci vestivamo sempre con le maschere italiane, poi da zorro, da cappuccetto rosso e poche altre cose. Ebbene, per un motivo sconosciuto all’asilo di mia figlia le maestre hanno raccontato la storia di arlecchino. Lei si è innamorata di questa maschera tipica della tradizione siciliana (scherzo, ovvio) così si è voluta vestire da arlecchino. Ebbene, provate voi, oggi, a trovare un vestito da arlecchino. Nei grandi centri commerciali non esiste, come non esistono le altre maschere italiane, tipo pulcinella etc. Nei negozi, beh, se siete mamme allenate, pronte alla maratona di New York, allora avete qualche possibilità di scovare un fondo di magazzino dimenticato dai carnevali passati, tra uomini ragno, winx, mostri, gormiti, trasformers, barbie, power rangers, goku… l’unica che sembra sopravvivere dalla preistoria da cui provengo è biancaneve, chissà perché. Non mi sono mai sentita così giurassica come questo carnevale, alla ricerca di un arlecchino dimenticato. Come frugare in un abisso. Un po’ ho maledetto le maestre, non potevano limitarsi al più attuale winnie the pooh? Un po’ mi sono sentita infastidita. Possibile che la nostra tradizione sia già così livellata?

  193. mi dissocio dalla risposta di cui sopra frutto di un ladro di indentità,io sono la vera emma bovary enon parlo di albicocche!!
    @conte di montecristo
    avec plaisir,danzerò con lei, ma poichè la stanza è diventata affollata,non vorrei trovarmi senza respiro fra le sue braccia,potrebbe rompere i vetri delle finestre con un colpo a mani nude affinchè io possa respirare l’aria fresca?
    p.s.magari rompa anche la testa di chi finge essere me.
    la vera emma

  194. @sig.bonaventura perchè mai dovrebbe seguirmi?potrei seguire io lei se seminasse qualche milione sulla strada,così distrattamente…

  195. @ Elena Orlando
    E’ d’uopo lasciar in questo Carnevale nome e identità celati, e la maschera che ci è stata in vita affidata scompaia per un giorno, insieme all’altra, ordunque, quella di Lady Chatterley, ormai svelata.

  196. Quaquandando a destra e a manca
    che sian cigni o paperini
    carnevale non ti stanca
    tra palmipedi e pinguini
    ci si becca e si ribecca
    con un gusto arsenicale
    l’albicocca o la bistecca
    mi faranno proprio male
    bevo quindi un canarino
    tra le frasche del giardino.

  197. @emma la falsa
    brutta ladra ed impostora
    ti si legge dritto in faccia
    che non sei neppur signora
    solo finta carta straccia,
    non si copia la mia classe
    nè con cigni nè pinguini!
    l’uccellino ti beccasse
    come mille canarini
    sul didietro e anche altrove
    nel giardino e in ogni dove!!

  198. miei cari cavalieri e dame,dovrò assentarmi per un incontro imprevisto che richiederà tuttaaaa la mia attenzione,perciò sappiate riconoscere l’emma falsa che proverà a prendere il mio posto durante la mia assenza,soprattuttolei,caro conte di montecristo,stia in guardia e non cada nella trappola!

  199. @ Sabina:
    gli uomini sono un po’ come i miei personaggi:

    responsabili dimezzati,
    comprensibili inesistenti
    imbalsamati dentro al castello dei vizi e difetti incrociati!

    Tuo Italo

  200. Emma Bovary, si sieda un momento e apra un bel libro: metta pure comodi i bianchi piedi su una di quelle poltrone stile rococò, che a lei credo piacciano tanto, e si rilassi. Cominci a leggere un libro in cui il protagonista sarà proprio il mio lettore (cioé lei) e lasci alle spalle balli e impegni vari per dedicarsi alla lettura.

  201. @ Emma Bovary
    proprie lei donna di fascino così legata ai soldi! Segua il mio consiglio e mi segua a esplorare altri valori che rimangono nei ricordi.
    Distratto sono sempre stato, ma i soldi li spendo altrove.

  202. Son io Emma la vera
    e tu vile impostora
    io son bella e sincera
    e pure una signora
    tu quindi aspetta e spera
    che arrivi la tua ora
    di far la tiritera.
    È a me che tocca fare
    Rodolphe innamorare

  203. @ emma bovary
    cosa, non gradisce ceste di albicocche? non sa quanto siano dolci e saporite.
    Ah si vede che non è di questo mondo, dove tutto gira su di loro. Non importa ci potremo divertire nel leggere il manuale del buon costume dove tutto ha il suo posto e turno.

  204. @ Italo Calvino
    dica a me queste cose, gradirò poltrona merlettti e abat-jour.
    e una finestra aperta per il barone rampante.
    .
    @ buonaventura
    è stata Emma fasulla a fare le richieste scorrette.
    io non c’entro, i miei debiti non li paga nessuno.

  205. @ emma bovary, alla vera

    cosa vuol farci, mi dispiace per lei. Ma io noto la differenza. Non si senta dunque compresa. E solo che io non ci posso fare niente.
    È carnevale, dove ogni scherzo sembra lecito, ma domani poi facciamo di nuovo giustizia e allora sì che lei risalirà sul suo consueto podio di donna di buon costume. Ed io le invierò una dedica tutta per lei.

  206. @tutti miei cari e meno cari,ben intuite che sono io la vera e domani cadranno le maschere!certo che la seguirò signor buonaventura e con piacere e gran curiosità,ma poi sempre a danzar si và?
    anche l’Italo non mi pare male,e il conte non si può dimenticare…perciò che la strada sia abbastanza ampia per camminarci in felice compagnia…e che il carnevale per tutti più bello sia!
    alla mia copia dico in gran segreto che in cuor suo sa che pari a me mai diventerà!
    je vous embrasse
    emmà l’unica e sola,e chi lo sa!

  207. emma bovary (la vera) o (la verissima) , per tutte le città invisibili!! Mancano ancora 2 ore circa a mezzanotte e le costruzioni e combinazioni di costrutti e ordigni di parole ci solleticano il cervello.
    Continua a interloquire, fallo con te stessa prima e poi inoltrati pian piano nel dialogo noologico con l’altro; non mi sembrerà avventato trovarti avvezza ai colloqui intellettuali dentro il tram urbano o nell’aereo appena preso, in procinto di raggiungere la tua dolce metà.
    L’amore è come un libro: richiama sempre una dialettica inesauribile: autore con lettore, lettore con autore. Fino a mezzanotte fingiti mio lettore.

  208. @ emma bovary (la vera)
    grazie, molto gentile, in compagnia si sta sempre meglio. Certo che anche si danzerà, perché facendolo a un certo punto si vedono le stelle, e chi non le vede non sa danzare.
    Aggiungo una barzelletta.
    Ho sempre cercato la donna ideale.
    E l’hai trovata mi chiede il mio amico.
    No, perché anche lei cercava l’uomo ideale.

  209. ebbene sì sarò quel che sarò,oramai sono in ballo e ballerò…
    con questa felice compagnia s’ottenebra ogni sottil malinconia….

  210. Mie care maschere, grazie per i nuovi interventi. Vi aspetta una notte brava, se volete.
    Ma se il gioco vi piace potrete continuare anche domani. In fondo… cos’altro è la vita, se non una continua mascherata?:-)
    Tuttavia sarebbe bello se – a un certo punto – decidessimo di svelare le nostre identità.

  211. Mi manca molto anche l’abate Faria.
    Qualcuno, per caso, l’ha visto?
    È un personaggio di piccola statura, coi capelli incanutiti pittosto dai pensieri che dall’età, cogli occhi pentranti, nascosti sotto folti sopraccigli grigi, colla barba ancor nera che gli discende fino a metà del petto: la magrezza del visto, solcato da profonde rughe, le forti linee della sua fisionomia, svelano un uomo più atto ad esercitare le sue facoltà morali che le forze fisiche.

  212. ….nu re,nu magistrat, nu grand’ommo,trasenno stu canciell a fatt o punt ca perso tutto a vita e pure o nomm’,tu non t’hai fatt ancora chistu cunt?

  213. Prima di lasciare questa bella festa, ci tengo a dirvi qualcosa in cui credo fermamente.
    Non vi è nè felicità nè infelicità in questo mondo, è soltanto il paragone di uno stato ad un altro, ecco tutto. Quegli solo che ha provato l’estremo dolore è atto a gustare la suprema felicità. Bisogna aver bramato la morte per sapere quale bene è vivere. Vivete dunque e siate felici, figli prediletti del mio cuore, e non dimenticate mai che, fino al giorno in cui Iddio si degnerà di svelare all’uomo l’avvenire, tutta l’umana saggezza sarà riposta in queste due parole: Aspettare e sperare.

    Vostro amico Edmond Dantès, Conte di Montecristo.

  214. guardi, mi consenta,io a questa festa non ho mai partecipato,e non ho un filo di barba…questo abate faria se è così ingamba come lei dice lo mettiamo alle pari oppurtunità affianco alla carfagna nè?

  215. Era di venerdì quando fui arrestato a Milano, e condotto a Santa Margherita. Erano le tre pomeridiane. Mi si fece un lungo interrogatorio per tutto quel giorno e per altri ancora. Ma di ciò non dirò nulla. Simile ad un amante maltrattato dalla sua bella, e dignitosamente risoluto di tenerle broncio, lascio la politica ov’ella sta, e parlo d’altro.
    Alle nove della sera di quel povero venerdì, l’attuario mi consegnò al custode, e questi, condottomi nella stanza a me destinata, si fece da me rimettere con gentile invito, per restituirmeli a tempo debito, orologio, denaro, e ogni altra cosa ch’io avessi in tasca, e m’augurò rispettosamente la buona notte.
    silvio p.
    (da “Le mie prigioni”)

  216. adieu mon cheri, conte di montecristo,porterò nel mio petit cuore il ricordo di questo ballo e soprattutto di lei,tenebroso estremo personaggio come le cose che non si tornano più…mi pare lo cantasse mina.
    adieu miei cari amici,la maschera comincia a pesarmi più degli strati della sottogonna ed io,costi quel che costi voglio più d’ogni altra cosa nella vita sentirmi …libera!
    a domani il disvelamento.

  217. caro massimo per me miss italia finisce qui!!pardon per me la festa finisce,mi sono divertita molto faccio i miei complimenti alle maschere partecipanti,scusate se mi sono presa qualche libertà di gioco,di rima e di battuta! un grande abbraccio a te e agli altri,magari l’anno prossimo la festa di carnevale la si fa reale,con tante chiacchiere-quelle fritte- e quelle parlate in cui mi cimento assai con piacere.
    francesca giulia marone

  218. Dato che la festa è finita, allora mi smaschero pure io… oltre ai citati Proust e Nora, ho indossato per qualche gaio giorno un’altra prestigiosa maschera: quella fi Italo Calvino.
    Ringrazio la simpatia dei miei interlocutori.

  219. Siete tutti degli idioti!
    Queste feste sono figlie di un consumismo galoppante…Vi avevo detto di farvi controllare. Magari una T.A.C. o un esame clinico approfondito avrebbero dimostrato le mie teorie ma sono solo delle perdite di tempo. Ho già la diagnosi: siete affetti da egocentrismo, voyeurismo e siete degli esibizionisti. In questo tempio sono io Jahvè e dunque fidatevi incondizionatamente.

  220. Oh, io ci vado pazza per il Dr. House. Ho visto tutte le puntate della fiction tv. Quando parla con tono così rude, poi… ummh, mi butterei sotto un treno.

  221. ciao Emma Bovary,
    avevo individuato che fossi tu, ma avevo anche dei dubbi su robertina, per il francese che conosce bene.
    È stato un piacere corrispondere dietro una maschera, dietro la quale incominciavo a sentirmi bene.
    Alla prossima allora e nel frattempo impara bene a ballare il Walzer, perché l’hai promesso.
    Saluti
    Lorenzo

  222. oh, scusate ho dimenticato di inserire il mio nomignolo di festa
    sig. Buonaventura
    saluti di nuovo, Lorenzo

  223. “Many masks” abbandona la sua maschera portata in questi giorni e, salutando tutti e ringraziando in particolar modo Massimo, continua ad indossare la maschera abituale, quella di
    Gaetano

  224. eccomi allo scoperto: sprovveduta Alice, Kafka, Edith, Iane Eyre, e la verissima Emma Bovary…
    ho un tantino esagerato, è vero.
    vi, prego, non vogliatemene! Non ho saputo resistere.
    grazie a tutti e al Massimo Ospite.

  225. @svariati :un ciao e un grazie per le piacevoli chiacchierate a sabina,lorenzo,gaetano,cristina.
    @lorenzo prometto che imparerò il walzer anche se mi attrae di più il tango,in tutti i modi tu prometti che se ti pesterò i piedi ballando farai finta di niente,perchè non sta bene far fare brutta figura ad una signora!
    @cristina mi sono divertita moltissimo!avevo intuito che tu fossi un personaggio abituato bene a poetare,perciò non mi sbagliavo.I miei versucoli ti sono piaciuti?

  226. qualcuno ha visto il conte di montecristo??
    io un’ideuccia me la sono fatta,è un tipo serio,molto aulicamente erudito….però una gran classe,eh?

  227. ah eri tu?quando vai giù pesante si capisce che è il tuo stile,però certe volte sembravi un pò l’ironico didò…
    un saluto e ti prego sii buono non mi bannare!!!

  228. @ francesca giulia
    il tango mi va bene. non ti preoccupare per i miei piedi, sono abituato a sopportare quelli di mia moglie.
    E poi sono abituato a trasportare la signore sollevandole dal terreno e in un vortico girare sempre sullo stesso punto.
    Un acrobate insomma, che rischia quando il dono lo premia.
    Scherzo naturalmente, è ancora permesso, prima che le luci e i bagliori si spengano.
    Saluti
    Lorenzo
    @ Ringrazio tutti e specialmente il padrone di casa per l’ospitalità concessaci.
    @ Cristina
    grazie, ho intuito la poetessa abile di ogni tipo di verso. La saggezza quando sa anche scherzare e ridere è una medicina per sé e gli altri. Ed ora si va avanti con i commenti seri.
    Saluti cari
    Lorenzo

  229. grazie Giulia, certo che mi sono piaciuti!
    .
    Gianfranco, avrei giurato anch’io che fosse Didò, bravissimo!
    .
    Gretel, aspetto che ti tolga la mascher, sono curiosa…
    .
    Many msks, ho fatto delle ipotesi… svèlati.

  230. io la tenera gretel l’ho scoperta,e guarda cris che manymasks si è svelato più su.
    adesso bisogna ritrovare la concentrazione perchè il nuovo post è impegnativo!!
    ciao lorenzo,al prossimo gioco 🙂

  231. Didò è il mio papà, ecco perchè mi avete preso per lui. Del vate Di Domenico ho ereditato lo spirito ironico (anzi sardonico) e una singolare voglia a forma di sedere sulla faccia. Per ereditare il resto attendo che si decida ad attraversare l’autostrada per prendermi il pallone, gettato furbescamente tra i tir in transito.

  232. Carissimo Lorenzo,
    la “tenera” Gretel sono io..( Francesca Giulia, grazie per il “tenera”..) se metto una maschera e faccio finta di non essere quella che sono, preferisco tornare all’infanzia… e poi la favola di Hansel e Gretel mi è sempre piaciuta… Un abbraccio:)
    @Cristina Bove:
    eri Alice+ Italo Calvino! Beh, brava per entrambi:)
    @Maria Lucia
    Eh, chi altri viene, se non tu+ Massimo, a leggere le traduzioni che proponiamo Francesca Giulia ed io?…..Avevo indovinato:)
    Ma Massimo chi era??

  233. Eccomi qui.
    Sono lieto che abbiate gradito l’idea della festa in maschera on line e che vi siate divertiti.
    Mi sono divertito anch’io.
    Volete sapere dietro quale maschera mi celavo?
    Secondo voi?

  234. @Lorenzo
    scusami, ho peccato di “ingratitudine”: se sai della mia passione per la letteratura francese, leggi i brani che proponiamo là.
    Grazie:)

  235. Vi scrivo il testo dell’articolo di Elvira Seminara.

    dal quotidiano LA SICILIA del 25/2/09, pag. 2
    O-blòg di Elvira Seminara:
    “Hanno dimenticato il vecchio Arlecchino”


    Massimo Maugeri, scrittore
    siciliano nonché inventore
    del prestigioso blog
    Letteratitudine (10.000 iscritti alla
    News letter) quest’anno aveva voglia
    di fare una festa in maschera. Ma ha i
    bimbi piccoli, non ha molto tempo né
    la giusta energia. Così, dopo la prima
    malinconia, ecco l’idea lanciata nell’etere
    (è il caso di dirlo) come una
    stella filante: una festa in maschera
    on line, nel suo blog.
    Semplicissimo partecipare, non c’è
    bisogno di uscire da casa e procurarsi
    abiti, basta travestirsi con il bene
    più immateriale e insieme più congruo
    per un blog letterario: le parole.
    Così alla festa, ancora in corso, sono
    arrivati Proust coi suoi tempi rallentati
    e madame Bovary con le sue
    smanie mondane, ma anche Paperino
    con la sua amabile isteria, o quell’altro
    lunatico del conte di Montecristo
    (è stato “visto” anche Kafka, a proposito
    di figure inquiete).
    Tutti a parlare, naturalmente, la
    lingua o i toni dei loro personaggi,
    travisati dalla maschera letteraria come
    se fossero appena usciti dal libro
    (o dal caso) che li ha generati.
    Dovremmo anche qui inveire contro
    il web che rinsecchisce la vita, e la
    disidratata nel format di un blog, togliendo
    corpo e visibilità? O non si
    tratta invece dei nuovi giochi (evoluti)
    di società, che semmai affiatano e
    divertono in modo più sano ed ecologico,
    evitando il caos e l’impatto ambientale
    dei grandi assembramenti?
    Tant’è. Da tutt’altro fronte, la divertente
    esperienza di una giovane madre,
    che scrive così: “Nell’asilo di mia
    figlia le maestre hanno raccontato la
    storia di Arlecchino, e lei si è innamorata
    di questa maschera. Ebbene, provate
    voi, oggi, a trovare un vestito da
    Arlecchino! Nei grandi centri commerciali
    non esiste, come non esistono
    le altre maschere italiane, tipo
    pulcinella etc. Nei negozi, beh, se siete
    mamme allenate, allora avete qualche
    possibilità di scovare un fondo di
    magazzino dimenticato dai carnevali
    passati, tra uomini ragno, winx,
    mostri, gormiti, trasformers, barbie,
    power rangers, goku… Non mi sono
    mai sentita così giurassica come in
    questo carnevale, alla ricerca di un
    Arlecchino dimenticato, soppiantato
    da Winnie the pooh e Hello Kitty !”

  236. @bussalai ape maia non era alla festa,ma ti sei tanto affezionato,vero?non lo ammetteresti mai,ma io…ti piaccio,con tutto il mio ronzare e interferire con le tue belle storie…..zzzzzz,l’apina non se la toglie ancora la mascherina….per ora.
    bacini

  237. o mio conte sei proprio un maestro!!lo sapevo che eri un tipo intellettualmente di razza superiore….
    cari saluti,considerami invitata a vita ai tuoi balli! 🙂

  238. @gaetano i miei per cosi’ dire versi cominciano per :fra segreti e paperini di emma bovary e brutta ladra ed impostora di emma bovary la vera.
    ma cristina bove mi ha risposto proprio per …le rime!!
    cari saluti

  239. Grazie Francesca Giulia! E’ stato bello trovarsi insieme in una festa in maschera virtuale (e ritrovarsi poi, per mano d’una scrittrice molto brava, perfino sulle pagine del quotidiano “La Sicilia”!). Buonanotte,
    Gaetano

  240. sì io mi sono molto divertita,davvero grazie a tutti voi e di nuovo a massimo che ci ha dato questa opportunità di gioco!
    quasi quasi sento la mancanza degli abiti fruscianti della mia emma!
    ciao ciao a tutti

  241. @ape: è che mi preoccupa un poco la previsione di Einstein… Ho ancora tante cose da fare, mi sa che ti iberniamo così ci leviamo il pensiero che vi estinguiate. Poi in mezzo a un cubetto di ghiaccio faresti la tua porca figura! Fico no? Anzi fuco…

  242. Colombine
    Leandre le sot,
    Pierrot qui d’un saut
    de puce
    franchit le buisson,
    Cassandre sous son
    capuce;
    Arlequin aussi,
    cet aigrefin si
    fantasque,
    aux costumes fous
    les yeux luisants sous
    le masque.
    Do mi sol mi fa°
    tout se monde va
    rit, chante,
    et danse devant
    une belle enfant
    mechante;
    dont les yeux pervers
    comme les yeux verts
    des chattes
    gardent ses appas
    et disent: a bas
    les pattes.
    L’implacable enfant
    preste relevant
    ses jupes
    la rose au chapeau
    conduit son troupeau
    de dupes.
    Paul Verlaine, Fetes galantes, 1869
    Musique, Georges Brassens 1957 (selon indication: °do mi sol mi fa)

  243. “Ce faquin d’Arlequin combine
    L’enlèvement de Colombine
    Et pirouette quatre fois”
    ( Paul Verlaine:da PANTOMIME- Fetes Galantes)
    Bravo/a Versicolor: come meglio salutare il carnevale se non con versi di Verlaine?
    Come dice la mamma che non trovava il vestito di Arlecchino:
    “alla ricerca di un arlecchino dimenticato. Come frugare in un abisso”.

  244. @bussalai sìì,mettimi nel cubetto di ghiaccio così risparmio anche sul botox per le rughine e non perdo più collagene ed elastina! se poi ci entra anche il fuco…. 🙂 si mantiene bello ingessato pure lui che non è mai male.
    buonanotte zzzzzzz

  245. @conte di montecristo ho dimenticato di ringraziarvi per il dono meraviglioso della poesia di Neruda ragalatoci più addietro nei dialoghi,sappiate che è uno dei miei poeti preferiti,complimenti per la scelta e grazie grazie ancora dal cuore per i momenti condivisi.
    🙂

  246. Carnevale 2009:
    Sorto un tempo per necessità di rifocillare gli animi da una situazione di giogo e maledizione, è oggi un giorno di festa e di distrazione.
    Come in un teatro, il sipario della modernità, rappresentato dallo schermo tecnologico, si alza e la festa comincia.
    Al primo annuncio in arrivo ne seguono altri, in un ritmo sempre più veloce e divertente che mi ricorda lo scampanare del campanaro del Duomo, annunziante l’inizio della SS. Messa, e al quale seguivano, come in concorrenza, gli altri campanari delle chiese minori, e ne sorgeva spontaneamente un concerto meraviglioso di suoni in festa.
    Nuove forme d’espressione, sostenute da idee originali e fantasiose, prima non conosciute o tenute per sé per pudore, vengono alla luce e ci lasciano stupiti.
    Dove trovare la loro origine, se non nello stato febbrile che ci rende nuovi e sconosciuti a noi stessi?
    Mi sono divertito anch’io. Ora che il sipario è calato e la festa è finita, torna la normalità, e noi tutti lasciamo lo schermo dei sussulti lieti e incoraggianti.
    Soddisfatti e placati, ritorniamo alla vita di prima, non senza provare un senso d’amarezza e incomprensione verso la normalità di ogni giorno.
    Per un attimo eravamo bambini e abbiamo giocato nella speranza che il gioco non finisse mai, ed ora proviamo abnegazione per l’altro gioco che, pur essendo quello di sempre e prima abituale, ci sembra diventato strano e mai voluto.
    Saluti e grazie a tutti.
    Lorenzo

  247. caro lorenzo,belle parole le tue con un velo di malinconia che lascia pensosi,non possiamo certo vivere la vertigine del gioco e della festa nella normalità di ogni giorno,ma possiamo dare lustro con amore e emozione sempre rinnovata a molti momenti di questa normalità. Guardare con occhio curioso chi ci sta accanto e che pare a noi spesso scontato e cercare in colui o colei che crediamo di conoscere l’aspetto del mistero e dell’inconosciuto ancora da scoprire e giocare. possiamo farlo con noi stessi ancora più che altrove perchè siamo ricchi di zone inesplorate e nulla vi è di certo che non possa essere sovvertito nel viaggio misterioso della vita. Ecco il nostro carnevale è questo,è la libertà di essere vivi e di poteer guardare con sguardo nuovo il cammino e chi incontreremo in questa magica crociera che è la vita!
    🙂
    saluto con affetto

  248. @ Francesca Giulia
    Ti ringrazio della bella ed eloquente risposta. L’inesplorabile ci attira come in un vortice, dove forse trovare la nostra vera natura. In esso, non sentiamo il passare del tempo con le sue mutazioni, percepite secondo del nostro stato d’animo, essendo noi in un altro mondo che tutto raccoglie in un’entità assoluta.
    Chi vive in questo stato di sintesi tra il materiale e lo spirituale, affronta le limitatezze della vita con più serenità e pazienza, come volute per il nostro bene ed accettate nell’identificarsi con il voluto.
    Nell’incontrarci così, percepiamo un senso d’amicizia che è espressione di appartenere alla stessa casta d’individui protetti verso l’Alto, dove tutto si congiunge e sembra buono e semplice.
    Cari saluti anche a te.
    Lorenzo

  249. Vi propongo le domande che Elvira Seminara ha scritto nell’articolo:
    Dovremmo anche qui inveire contro
    il web che rinsecchisce la vita, e la
    disidratata nel format di un blog, togliendo
    corpo e visibilità? O non si
    tratta invece dei nuovi giochi (evoluti)
    di società, che semmai affiatano e
    divertono in modo più sano ed ecologico,
    evitando il caos e l’impatto ambientale
    dei grandi assembramenti?

  250. supergulp….fumetti in tivvù uuù.
    @massimo io sono per la seconda, del resto è un modo per socializzare stando comodamente sulla sedia a casa senza rischi virologici e di affollamento da puzze di sudore .
    oyasuminasai
    buonanotte

  251. @ Massimo
    scelgo la seconda, perché mi permette di comunicare con persone distanti che altrimenti non conoscerei mai, ma mi manca immensamente la loro presenza viva.
    Saluti cari
    Lorenzo

  252. @lorenzo e cosa c’è di più vivo della nostra immaginazione?
    un saluto e ora davvero una buonanotte

  253. Molto belle le parole di Lorenzerrimo e Francesca Giulia, sentite (come le ombre della notte da The Mask). Aggiungo, sull’argomento, parole di un grande: “… la nostra felicità è in stretto rapporto con ciò che noi siamo, con la nostra individualità… interpretato dalla mente superficiale di una persona comune, lo stesso fatto che si presenta sotto un aspetto così interessante per una mente di ingegno non sarebbe che una insipida scena della vita di tutti i giorni… ciò che si è contribuisce alla nostra felicità assai più di ciò che si ha”. (Schopenhauer, Aforismi per una vita saggia, I). Ora vado a spazzar via un po’ di coriandoli. Un Quak Barabak a Maugger.

  254. ” E’ l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi”.

    Seneca
    per Versicolor
    con un buongiorno affettuoso

  255. @versicolor….come un fungo della pelle che fa il colorito a chiazze o come il geranium versicolor ovvero geranio striato di colori,oppure come iris versicolor rimedio omeopatico per tipi sotto stress e mai rilassati oppure come haageocerus versicolor pianta grassa succulenta che si erge verso l’alto fino ai raggi del sole?
    oppure come versi colorati….
    a me piace il rimedio omeopatico così stiamo meglio tutti. 🙂

  256. @ Francesca Giulia. Versicolor è, come hai capito, variopinto, screziato, in latino. Bella la citazione. Un saluto colorato a te e Roberta.

  257. bene signor o signora versicolor ci mandi i suoi amabili versi di tanto in tanto pur restando nell’anonimato, sarà per me un piacere…
    un saluto versicolorato!!

  258. @Versicolor
    Cari saluti anche a te e grazie per i versi di Verlaine: sai che le sue rime sono “impeccables”::))

  259. @Versicolor
    e che dire dell’ aforisma di Scopenhauer da te riportato:
    “ciò che si è contribuisce alla nostra felicità assai più di ciò che si ha”?
    Non v’è dubbio, mi pare, che sia così.
    @Lorenzerrimo
    eh, certo, la “presenza viva” è altra cosa, rispetto alla scrittura. Se ci pensi, quest’invenzione del computer è una grande invenzione ( come tutte le cose e tutte le invenzioni, bisognerebbe farne “buon uso”- “La science sans conscience n’est que ruine de l’ame”- scriveva Gargantua a suo filgio Pantagruel), perché é “contraria” all’isolamento. E la condivisione delle idee é sempre bella.
    Per gli incontri “de visu”..quante volte sono deludenti. Ma sono d’accordo con te.
    Un affettuoso saluto:)
    Robertina

  260. @ Robertina
    giusto. Siamo sempre e solo una metà. Alla ricerca dell’altra scopriamo e viviamo questa vita. Un impresa difficile, come si rivela sempre. Dove trovarla nel labirinto di tante anime, tutte uguali e pur differenti, tutte bramose di completarsi, senza possedere le dovute qualità.
    Egoismo accompagna generosità, fortuna sfortuna, amore indifferenza, fedeltà infedeltà, coraggio timore, superficialità profondità e così via, ed infine apparenza-inganno-fede-rinuncia.
    Ti auguro una buona Domenica.
    Lorenzo

  261. @ Versicolor
    come Robertina, credo anch’io che tu sia Sergio.
    Ad ogni modo grazie dei complimenti.
    Il tuo stile ‘è inconfondibile
    Saluti e buona Domenica.
    lorenzo

  262. @ Massimo-Robertina- Giulia Francesca-Versicolor (Simona?)
    I rapporti tra il soggetto e i mezzi virtuali: Svelti, svelti arrivano i messaggi sullo schermo. Una sveltezza che ci meraviglia, stordisce Non ci si accorge che nello stesso tempo ci soggioga, inquieta. Alla velocità della meraviglia segue la stessa velocità dello sgomento, ansia quando invano aspettiamo una notizia che sembra non arrivare mai. Sono le parole usate, le espressioni scelte che ci incantano e ci fanno vivere la situazione come fosse reale. Chi non ha bisogno di compagnia, di conforto nella monotonia del giorno, chi non vuole rivivere i momenti di esultanza così rari nella realtà. È un mondo tutto per sé, virtuale viene chiamato, ma reale nella nostra forza immaginativa che, spinta dai bisogni personali di distrarci ed elevarci nelle emozioni, ci rende impazienti e dipendenti. A cosa serve dirci, che dobbiamo controllarci, che così ci facciamo del male e lo facciamo anche agli altri. No, non è possibile, come rinunciare alle emozioni provate nel leggere le parole dell’altro/a. Il mondo virtuale è più vicino al nostro mondo dei sogni. La mancanza della realtà fisica e personale libera la nostra fantasia che segue solo le aspirazioni dei nostri bisogni. D’improvviso ci sentiamo abili, pieni di speranze e desideri, impavidi davanti ai pericoli che più tardi ci possono addolorare. È un’esperienza che bisogna fare per imparare a mantenere il controllo sul nostro animo che facilmente si apre alla gioia che crede di incontrare. Da sempre ho nominato l’apparecchio mostro perché ci attira e sottopone. Dove prendere le forze per liberarci da lui, lui che è sempre il più forte. Esami di coscienza, l’uso della ragione servono solo a trovare una quiete breve, ma necessaria, per non soccombere di nuovo sempre di più. Chi ci riesce ha un carattere forte, un’attività impegnativa che lo distrae e rende libero di prendere altre decisioni. A lui il mezzo appare come oggetto da usare per poi lasciarlo solo senza provare emozioni. Sono gli esseri del successo, i narcisisti, gli esibizionisti che pensano sempre e solo a sé stessi, senza curarsi delle vere ragioni del loro atteggiamento. Sono quelli che fanno soffrire gli altri e lo fanno con disinvoltura così come se gli altri fossero uguali al mostro, un oggetto da buttar via quando non serve più. Per fortuna non sono tutti così, esistono anche quelli che sanno misurare ogni parola, ogni espressione e leggendo sanno che derivano da persone e non da oggetti. Quelli che soffrono con gli altri e vogliono consolare, affinché anche il rapporto virtuale rimanga uno scambio d’idee, in cui i sentimenti e le emozioni abbiano il loro posto sicuro senza essere incompresi e derisi. Quante volte, l’apparecchio ha smesso di funzionare e le mancate notizie ci sono apparse più importanti del solito. Rabbia, senso del vuoto e solitudine prendono posto nel nostro animo che in quel momento non vuole capire che lui non ha un’anima. È un oggetto meccanico in cui noi narcisisti abbiamo posto la nostra anima difficile e pretendente. Non possiamo privarci di lui e neanche addomesticarlo, possiamo solo chiederci perché davanti a lui diventiamo permalosi, invadenti, presuntuosi, vanitosi e incominciare a lavorare in noi allo scopo di diventare più comprensivi, pazienti, generosi, cortesi, rispettosi con il/la nostro/a interlocutore/trice di turno. Saluti.
    Lorenzo

  263. Grazie per il bel commento, Lorenzo.
    Come ci siamo detti altre volte Internet unisce e offre grandi opportunità di scambio, ma non può sostituirsi alla “fisicità dei rapporti”. Come ogni medium ha dei pro e dei contro. A noi il compito di valorizzare i pro e di limitare i contro.

  264. @lorenzerrimo Il bene e il male sono questione di abitudine, il temporaneo si prolunga, le cose esterne penetrano all’interno e la maschera, a lungo andare, diventa il volto. Marguerite Yourcenar

    un caro saluto e scusa se lo dico con parole a prestito,non sono capace di trovarne migliori.

  265. Rispondo alle domande di Elvira Seminara riportate da te Massimo:

    mi trovo d’accordo con chi sottolinea la necessità (vitale) del contatto umano nel suo senso fisico: l’incontro con l’altro attraverso la visibilità e/o l’udito e/o il suono delle parole. Ma la comunicazione è anche fatta di gesti concreti, come la stretta di mano, la pacca sulla spalla, cose che se sincere danno calore e alimentano i rapporti.

    La scrittura è una sorta di spazio idilliaco e nello stesso tempo pragmatico, ma dà un senso del tempo indefinibile, siamo al di fuori del tempo contingente quando si scrive, ed è questo che per me rappresenta un grandissimo input e potenziale.
    Eppure l’altra sera in uno di quelle librerie caffé del centro sono stata più di 3 ore a parlare con amici, bevendo infusi, scambiandoci sorrisi e aneddoti, senza accorgerci che si era fatto tardi…

  266. @lorenzerrimo Il bene e il male sono questione di abitudine, il temporaneo si prolunga, le cose esterne penetrano all’interno e la maschera, a lungo andare, diventa il volto. Marguerite Yourcenar

    un caro saluto e scusa se lo dico con parole a prestito,non sono capace di trovarne migliori.

    Postato Domenica, 1 Marzo 2009 alle 6:46 pm da francesca giulia

    @ francesca giulia
    Un volto che nel tempo può renderci schizofrenici, e alla ricerca del vero volto ridiventiamo indifesi e deboli, ma finalmente noi stessi..
    L’abitudine può essere sollievo, risparmio d’energia, ma non ci porta avanti. Prima o poi dobbiamo prendere un’altra decisione e muoverci.
    Non scusarti, se prendi ad uso parole di altri. Del resto, sono certo che tu potresti inventarne delle tue altrettanto giuste.
    Un caro saluto
    Lorenzo

  267. @lorenzerrimo
    siamo sempre schizofrenici,mai completamente veri,forse è questo che ci rende amabili e inafferabili,per di più adattabili alla vita che è essa stessa caleidoscopica attesa degli eventi che nulla potrà prevedere.Come diceva la regina delle carte di Alice :Ci si muove anche stando fermi…
    buonanotte :-)))
    p.s. è sempre un piacere colloquiare con lei messer buonaventura!

  268. @massimo ero io che avevo insinuato il dubbio che dietro versicolor ci fosse il sergio…ma ora rileggendo non ne sono tanto convinta,che fosse il conte di montecristo in una delle sue tante sfaccettature?!
    ma per me puoi anche non svelare…anzi mi piace di più,fra l’altro c’è anche qualcun’altro che si cela.
    buonissima notte a lor signori

  269. @ Sabina Corsaro
    Ho letto con interesse le domande di Seminara, presentate da Massimo, e la tu risposta.
    Permettimi di aggiungere un mio giudizio.
    Temo che l’essere fuori del tempo comporti un navigare senza approdare, dove tutto è e anche non è.
    Certo è che abbiamo bisogno di tempo per abituarci al nuovo modo di conversare, di tempo ed esperienza, e dobbiamo anche imparare a controllare le emozioni che, prive del senso fisico, possono a volte raggiungere un livello imprevisto e difficile da controllare.
    Prima o poi, bisogna finire di cercare fuori del posto dove si vive e ridiventare sedentari in tutte le nostre manifestazioni, altrimenti rischiamo di diventare incapaci di fondare relazioni e interessi costanti e fissi.
    Questo per chi non scrive per professione.
    Saluti
    Lorenzo

  270. @Lorenzerrimo:

    “Prima o poi, bisogna finire di cercare fuori del posto dove si vive e ridiventare sedentari in tutte le nostre manifestazioni, altrimenti rischiamo di diventare incapaci di fondare relazioni e interessi costanti e fissi”.

    Condivido questa osservazione caro Lorenzerrimo, mip iacciono molto le tue riflessioni: credo che la metafora del viandante che non si stanzia mai equivalga anche a questa ricerca frenetica di comunicare, di farsi sentire, di realzionarsi. E’ il caso di facebook, è il caso delle tante realtà di scrittura telematica (i forum ed altro ancora). Ma è evidente questa necessità di comunicare, di far conoscere agli altri ciò che in parte siamo, pensiamo, creiamo.E’ una necessità palese:
    forse è un modo per vincere questa solitudine dei nostri tempi, sempre più profonda e subdola peché viene fuori proprio tra i tanti contatti e impegni (fugaci e frenetici) che abbiamo ogni giorno.

    Resta un senso di vuotoforse dopo alcuni confronti, dopo altri invece ci si sente accomunati da interessi, passioni, ma le relazioni, di certo, per essere autentiche hanno bisogno di concretezza, di calore umano che è fatto di occhi, sorrisi, suoni, odori.

    ma quando tra le persone c’è la distanza fisica (perché siè in paesi differenti?). Av volte la scrittura permette cose che la vita pratica di tutti i giorni non permetterebbe.

  271. @sabrina hai proprio ragione quando parli della fretta che ci porta a contatti fugaci e frenetici,è chiaro che nulla potrà mai sostituire il calore di una stretta di mano o l’intensità di uno sguardo colto durante una conversazione,Piccoli contatti che ci scaldano il cuore e ci mettono in relazione con qualcuno che, anche solo per un momento, diventa speciale.La scrittura telematica è solo un mezzo per amplificare la possibilità e la velocità di questi contatti,sta a noi farne buon uso,del resto se non ci fosse io ora non avrei l’opportunità di condividere questi pensieri con te,poi magari un giorno si potrà aggiungere il piacere di dare un volto e una voce a queste parole,ma nel frattempo,è bello godere di uno scambio che stimoli il pensiero.
    Non sempre la vita ci da la possibilità di approfondire i contatti umani,ma del resto non è detto che siano tutti da appofondire,certe volte muovendomi nella mia caotica città mi piace parolttare con il taxista, con il giornalaio o con la signora in ascensore. Il tutto molto “fugacemente”,ma non per questo superficiale o inutile,anzi mi fa sentire parte della vita in comune con esseri umani,mi arricchisce laddove non lo avrei mai sospettato,insomma senza approfondire ne sono ugualmente felice. Così come sono felice di tornare sul luogo privato che appartiene solo a me stessa,accessibile neppure a coloro che amo,perchè necessario a quell’intimo raccoglimento per sentire il respiro che mi appartiene e il battito del mio cuore. Tutto dà luce al mio animo,ma senza conoscere ombra non potrei goderne.
    un abbraccio

  272. errata corrige sabina e parlottare
    p.s. anch’io come te mi bisticcio con la tastiera,perchè vado molto veloce….

  273. @versicolor
    Gioca il furbo a nascondino
    lancia impavido parole
    ti è lontano ti è vicino
    ora è luna ora è sole
    >>>>>>>>>>>>>>
    Non ha volto nè sembianze
    ma ventagli di colore
    li sbandiera nelle danze
    con un pizzico d’ardore
    >>>>>>>>>>>>>>>>
    come il fiore e la farfalla
    come un bacio sospirato
    lo si pensa mentre balla
    >>>>>>>>>>>>>>>>
    il poeta immaginato
    che sia uomo o che sia donna
    anche l’ape l’ha sognato!

  274. Dorothea hai proprio ragione! La vita è frenetica e ci si ciba ogni sacro istante di infelicità. Il contatto è un concetto fallace, il rapporto umano è equivoco. Nutriamoci dunque dell’infelicità umana e facciamola nostra. Tutti mentono, nessuno escluso. Basta frignare! E’ normale odiare l’umanità se ti ha fatto qualcosa di male. E’ grande colui che la odia a prescindere.

  275. @dottor house io mi nutro di polline gustoso e da lei non verrei mai a curarmi, di equivoco ci sarebbe solo incontrarla di notte in un corridoio ed inciampare nel suo…bastone!

  276. @ Antonella Cilento- Giulia Francesca

    vi ringrazio delle vostre risposte, dalle quali deduco che Internet rappresenta sì una nuova e utile forma di comunicazione, il cui uso però va esercitato e controllato per il proprio bene, ed ognuno per sé.
    La sua espansione trova le sue origini nell’effetto che procura sempre “il nuovo” che per di più offre molteplici possibilità mai esercitate prima al confronto con i vecchi sistemi, divenuti di conseguenza troppo lenti, limitati e quindi inconvenienti.
    Certo è, che un giorno l’uomo ne ridurrà il suo uso, selezionando le sue necessità, per ritornare alla meditazione e riflessione in sé, capendo che solo partendo da essa riuscirà a scoprire la sua vera identificazione.
    È come in un mercato regolato dalla domanda e offerta. Le numerosissime offerte confondono alla fine il compratore che, confuso e disorientato, rinuncia all’acquisto.
    È anche come in un calcolo matematico: più complicato diventa con l’aggiunta di nuovi fattori e più perde il senso di essere d’aiuto.
    Intendo quindi la necessità di procedere con misura, cioè di crescere di pari passo, perché la tecnica che confonde e infine distrugge non serve a nessuno, neanche a chi l’ha creata, quando l’abbia inventata per uso benefico.
    La velocità smisurata del mezzo distrugge il processo di assimilazione lento e progressivo dell’uomo, fino a renderlo improduttivo, amorfo e infine dominato dal mezzo e/o da chi ne faccia uso per i suoi scopi.
    Antonella, accetto ogni tuo errore di battitura, purché tu scriva sempre e spesso.
    All’esame di leva, i signori ufficiali riscontrarono la mia abilitazione come telescriventista, mestiere che non mi sta per niente. Anch’io faccio questi errori, come se non fossi nato per funzionare come un mezzo tecnico.
    Saluti cari a entrambe, care signore/ine.
    Lorenzo

  277. Mi piacerebbe tanto essere versicolor…ma purtroppo non sono io!
    bacio
    Postato Lunedì, 2 Marzo 2009 alle 5:39 pm da simona lo iacono

    Cara Simona, sii felice per le tue mirabili doti, ne hai abbastanza delle quali altri ti invidiano.
    Lorenzo

  278. @lorenzerrimo:-)
    francesca giulia è il nome,poi c’è un cognome che non firmo,ma se ti piace invertire e scrivere giulia francesca va bene lo stesso….
    saluti 🙂

  279. Cara Francesca Giulia, è vero che senza certi contesti non si potrebbero conoscere molte persone con cui magari abbiamo instaurato dei confronti stimolanti.
    Conosco, inoltre, bene la necessità di quel luogo privato, dentro il quale nessuno può entrare e che riserviamo a noi come luogo prezioso.
    Con simpatia
    Sabina

  280. @ Sabina Corsaro- Francesca Giulia
    Cara Sabina, scusami se il mio commento fu indirizzato ad Antonella Cilento invece che a te. Come mi sia capitato non riesco ancora a capirlo.
    La fretta, il lavoro altrove, l’antipatia per i tasti?
    Francesca Giulia, va bene in ordine alfabetico allora, così non sbaglierò.
    Saluti cari
    Lorenzo

  281. Non ci sono problemi Lorenzo, può capitare di confondere dei nomi, inoltre Antonella Cilento è una brava scrittrice per cui di certo non mi sono offesa 😉
    Mi vedrai spesso scrivere perché non posso farne a meno poiché è una necessità.

  282. Ragazzi, sapete che vi dico?
    Visto che continuate a divertirvi potremmo fare di questo post un “perenne carnevale”.
    Dunque, se volete, siete autorizzati a indossare di nuovo le maschere.:-)
    Il vostro Conte di Montecristo.

  283. @massimo di montecristo
    con te è sempre un carnevale con o senza maschera!
    🙂
    bon nuit

  284. Dovevo immaginare che tu Massimo dovevi per forza ‘travestirti’ da Conte: i tuoi modi raffinati e galanti del resto non avrebbero senso 🙂

    Ma qui non sta solo continuando la festa in maschera, ma attraverso le maschere ci si sta smascherando, paraodosso intrigante dal punto di vista umano e filosofico esistenziale.

  285. @sabina “Essere naturali è una posa difficilissima da mantenere”.
    oscar wilde
    non è anche questo un paradosso divertente cara sabina?
    un felice buon giorno

  286. @sabina “Essere naturali è una posa difficilissima da mantenere”.
    oscar wilde
    non è anche questo un paradosso divertente cara sabina?
    un felice buon giorno

    Postato Mercoledì, 4 Marzo 2009 alle 10:04 am da francesca giulia

    @ Francesca Giulia-Sabina
    grazie per la citazione di Oscar Wilde…….e chi vuole mostrare le proprie debolezze davanti agli altri?
    solo il presuntuoso, perché si crede superiore, lo fa senza pudore e non si accorge neanche di risultare poi meschino.
    In famiglia nascono i conflitti proprio dallo smascherarsi senza possibilità di scampo. Esiste l’amore, si superano i confronti ebbene amandosi, anche se dopo si ricominciasse di nuovo con gli attacchi, le accuse.
    Ma, senza questi confronti, non sarebbe la vita in coppia solo noia e abitudine? Nella misura c’è la salvezza e la continuazione dell’unione e nel comprendere che è salubre per tutti lo scaricarsi per ricaricarsi, e il gioco continua così senza fine, perché essa creerebbe solo dolore, solitudine, senso di non essere stato valutato abbastanza, solo raramente senso di libertà riconquistata, e a volte voglia di vendetta, così per scaricarsi dei torti dell’altro come dei propri.
    Di tutto questo è fatta la vita; quindi meglio sopportare tutto e alla fine costatare che eravamo solo degli indifesi e deboli davanti alle troppe tentazioni che ci furono offerte. Ma guai a rinunciare a tutto, si riconoscerebbe di essere vissuto come una foglia morta spinta dal vento.
    Nel carnevale ci scarichiamo anche di tutto questo e la vita può continuare dopo a ingannarci e noi la sopportiamo e lo aspettiamo di nuovo.
    Saluti
    Lorenzo

  287. @lorenzo …perchè solo degli indifesi e deboli?umanamente umani e c’è tanta forza nell’essere autentici non debolezza.Non sopportiamo la vita caro Lorenzo ma la cavalchiamo a dispetto di ogni passività,con tutti gli errori e i turbamenti dell’animo con la sola speranza di allontanare da noi l’unico pensiero che ci spaventa sul serio: il non esserci più . Ma mentre ci preoccupiamo che qualcuno ci veda e renda meno invisibile il nostro passaggio,tutto scorre senza sosta e la vita và. Preoccupiamoci di meno e viviamo come se stessimo raccontando a noi stessi la storia più magnifica mai inventata al mondo.
    un caro saluto

  288. @ francesca giulia
    certo, umanamente umani, ma questo senso è già una conquista personale. Nel mondo del lavoro, ma anche nelle famiglie, ne succedono tante da non poter credere di essere sempre forti e di temere solo la nostra fine.
    In questo momento si desidera prima di tutto la propria fine, e solo dopo, ma purtroppo non sempre come le statistiche dimostrano, ci si ritrova e si acquista quel valore da te citato.
    Mi piace tanto la chiusura del tuo intervento: preoccupiamoci di meno e viviamo come se stessimo raccontando a noi stessi la storia più magnifica mai inventata al mondo.
    Ho l’impressione che tu abbia avuto sempre tanta fortuna, senza perdere la testa, cioè rimanendo semplice e aperta al bene.
    Purtroppo la realtà a volte è così tragica da non permetterci questo ottimismo.
    Grazie e un caro saluto
    Lorenzo

  289. @lorenzo colgo nelle tue parole sempre un segno di profonde ferite e me ne dispiaccio,perciò sono lieta di darti l’immagine di una persona “aperta al bene”. IL mio lato solare abbraccia la vita con slancio e mi fa addormentare pensando- sì come tu dici- che io sia una persona fortunata per l’amore e il bello che mi circonda. Eppure il dolore conosciuto in tanti momenti nel passato,la rabbia per un senso d’inadeguatezza, la paura per il futuro,la privazione di un amore genitoriale,il sentirsi poco amati,l’incapacità di realizzare i propri sogni e il timore di non saper sognare più,tutto questo lo vive anche un’animo “ottimista”, in cui il velo della malinconia scende in quei rari momenti quando si avverte la fugacità dell’attimo vissuto bello o brutto che sia.Se non avessi intrapreso il viaggio più dificile mai fatto,cioè dentro me stessa,non avrei mai saputo cogliere con lo sguardo aperto al bene tutto il bello che la vita mi offre. Sono certa che nonostante le tue personali ferite tu sia una persona che può aprire ogni dono che la vita ti metterà innanzi, con sensibilità e amore.
    buona giornata

  290. @ francesca giulia
    grazie, belle parole che mi offrono un’ottima luce su di te.
    Io ho ottenuto dalla vita ciò che ho voluto ed ancor più.
    Certo che non fu facile, impossibile senza il mio impegno incondizionato.
    Ho una volontà ferrea che mi ha permesso di raggiungere la mia meta proposta, non schivando nessun pericolo e calcolo d’incertezza.
    La mia tristezza muta sempre in buon umore, perché sono sempre aperto alla vita e alle sue sorprese. È una tristezza che provo nell’individuare dove questo mondo finirà con passo sempre più svelto, pari al nostro modo di vivere senza sosta rigenerativa e contemplativa.
    Molti riconoscono già il male del nostro tempo, ma non possono fare nulla per fermarlo e mutarlo un po’. La volontà di farlo risiede altrove e non è realizzabile, perché richiede fiducia incondizionata verso il prossimo, anche a costo di essere poi da lui travolto e sconfitto.
    Altrimenti sono di solito allegro e soddisfatto.
    buona serata.
    Lorenzo

  291. Chi ha voglia di raccontare il carnevale?
    Vi riporto gli “spunti” indicati sul post (a titolo di esempio):
    – microracconti sul carnevale (pura fiction)
    – il carnevale nei vostri ricordi d’infanzia e adolescenza
    – il carnevale oggi
    – citazioni di opere letterarie che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con il carnevale.

  292. “Festa in maschera online”

    Da questo momento – e fino a martedì notte (se volete) – chiunque si potrà “mascherare” travestendosi in un personaggio letterario, dei fumetti, del cinema (ma va bene anche indossare una “maschera classica”)… per partecipare a una carnascialesca festa letteratitudiniana che avrà luogo proprio qui, in questo post.
    Si tratta di scegliere un personaggio, “impersonarlo” (appunto) e interagire con gli altri personaggi che parteciperanno all’evento online.
    Lancio un anatema per incitare alla partecipazione: chi non passerà di qui indossando una maschera, prima o poi perderà la faccia!

  293. Il Carnevale non riesce a portarmi nessuna allegria. Per me è una festa da bypassare e quest’anno sono stata fortunata perché si porta dietro anche quell’altra carnevalata di San Valentino… evviva!

  294. molto bello il post su carnevale e l’articolo di defilippi. per quanto riguarda la festa on line, penserò ad un personaggio con cui travestrimi. comunque, un’idea davvero originale. complimenti.

  295. anche a me il Carnevale non piace ma ahimè devo festeggiarlo per Amore dei miei bambini… Della mia infanzia mi sono rimasti i ricordi delle feste scolastiche in maschera (abito di Biancaneve o di Fiore) e una filastrocca che la maestra di prima elementare aveva fatto imparare per memorizzare i giorni della settimana. Faceva più o meno così (abbiate pietà, sono passati 30 e rotti anni!): “la signora settimana al gran ballo se ne andò e i suoi sette figlioletti mascherati li portò: lunedì codin codino era un giallo cinesino, martedì col lazzo in mano un cow boy messicano” (mercoledì, giovedì, venerdì e sabato non li ricordo)… terminava con “la domenica carina era una simpatica damina”…
    ciao

  296. Febbraio alle Velealte non è proprio il mese dell’allegria, anche se il carnevale era alle porte.
    Tutta altra storia rispetto a Rio.
    Quando eravamo bambini quel periodo ci entusiasmava.
    La parrocchia organizzava la sfilata del carro. Un carro solo. Ricavato da un rimorchio trainato da un trattore. Dietro al quale la frotta di mocciosi e adolescenti rissosi smaniava cercando di fare più casino possibile, spruzzando schiuma a casaccio, tirando petardi potentissimi, ridendo forte.
    I pochi mascherati, sul carro o a piedi, venivano derisi e torturati dai bulli (rigorosamente in borghese ) con sempre nuovi e creativi accorgimenti.
    I travestimenti che andavano alla grande erano quelli da Superman, da Fatina, da Zorro.
    Chi voleva travestirsi ma non pigliarsi botte sceglieva un più sobrio abbigliamento da punk.
    Ma ora, arrivati ai trent’anni, disperati, disoccupati o quasi, mogi, senza orizzonti nei quali tuffarsi, il carnevale per noi non era che una stupida ricorrenza vuota di significato, capace solo di farci sgranocchiare saltuariamente qualche bugia, reale o metaforica che fosse.

    Festival Maracanã – Vito Ferro

  297. Io sto imparando a togliermi la maschera che per anni ho indossato per sopravvivere. Voglio essere me stessa. Voglio gioire del mio non mascherarmi.

  298. molto bella l’iniziativa del carnevale on line, non sono pronta a scegliere un personaggio, ma sono convinta che molti di noi saranno bravissimi

  299. Bella l’idea della festa in maschera. Semplice parteciparci: qui la porta è sempre aperta.
    Ma ricordo che chi voglia varcare senza inconvenienti una porta aperta deve tener presente che gli stipiti sono duri.

  300. E un’altra cosa mi permetto di ricordare, giacché il carnevale è spesso tempo di esagerazioni talvolta anche violente. Ed è la seguente: dalle più violente esagerazioni, se lasciate a sé stesse, nasce col tempo una nuova mediocrità.

  301. Ora, da dietro la mia maschera, io mi domando: possiedo davvero delle qualità?
    Poiché possedere delle qualità presuppone una certa soddisfazione di constatarle reali, è lecito prevedere come a uno cui manchi il senso della realtà anche nei confronti di se stesso, possa un bel giorno capitare di scoprire in sé l’uomo senza qualità.
    Buon carnevale a tutti.

  302. Eh sì, la maschera spesso è come un vestito sotto il quale non c’è proprio nulla…
    L’esagerazione spesso è un’attrice scomposta che non ha alcuna storia da raccontare, ecco perché il Carnevale non rientra nelle mie feste favorite.

  303. cari ulrich e fanny price, siate un po’ seri e smettela di lamentarvi.
    la buttate un po’ troppo sul pesante. capisco che ci sono realtà che stanno sullo stomaco. cosa dovrei dire io? io ne ho una bella pesante sulla schiena. si tratta di una mela. volete favorire?

  304. Where am I?… Dove sono?… Dove sono capitato… Non vedo nessuno qui, ma se il mio intuito non mi inganna, sento molti occhi su di me, nascosti, invisibili… Where am I… Sarà forse un altro folle esperimento sfuggito dalle mani di Henry Jekyll?…

  305. Non si faccia troppe domande,signor Stevenson,cosa le importa degli occhi altrui?L’unico sguardo che conti veramente è quello riflesso nello specchio che le sta di fronte…eppure pare che in questo momento stia guardando da un’altra parte, perciò si lasci andare ad ogni istinto e venga con me al ballo in maschera!

    “Le persone comuni aspettano che la vita mostri loro i suoi segreti, ma ai pochi, agli eletti, i misteri vengono annunciati prima che il velo sia tolto. Talvolta è effetto dell’arte, e soprattutto della letteratura, che è la più vicina alle passioni e all’intelletto. Ma di quando in quando una personalità complessa prende il posto dell’arte e ne assume i compiti.”

  306. Gentile signor Samsa,
    la sgraverei volentieri del suo peso… se lei non sporca sarò felice di ospitarla a Mansfield Park. Ne parlerò al mio Edmund. Porti la mela e vedremo di farne una bella apple pie…
    Signor Gray, ritenetevi invitato voi pure.
    Mrs. Fanny Price

  307. Gentilissima Mrs. Fanny,porterò con me anche Lord Henry se me lo consentirà,io però probabilmente verrò mascherato!Consiglierei a lei di fare altrettanto,tanto per creare un pò d’atmosfera di…incertezza!!
    “La cosa più banale diventa deliziosa se solamente la si nasconde.”

  308. Interessante l’idea della festa. Pensiamo di partecipare, ma solo se è garantito un lauto banchetto.

  309. Gentile Dorian Gray, ma come fa a mantenersi sempre così giovane? Mi ricorda il presidente del consiglio di una sottospecie di Repubblica di nostra conoscenza.
    Comunque, complimenti. Riteniamo che abbia fatto un ritratto perfetto della situazione.

  310. Oh, yes… immagino che quei due, Gargantua and Pantagruel, stiano parlando della mia Isola del tesoro… O no? O di quella terra molto pittoresca, Italy, Italia you say… Che sia accaduto qualcosa di horrible in Italy? Is Mr Hyde the boss of Italy?

  311. Quando ero bambina nella mia famiglia il Carnevale era fuori da ogni orizzonte economico, sociale e culturale e poiché le mie amichette erano tutte del popolare quartiere dei Borghi ( la nostalgia dei quali non mi abbandonerà mai ) anche per loro il carnevale non esisteva. Certo, avevo occasione di vedere, nelle passeggiate in città, bambini in maschera ma non mi ricordo di averli invidiati, né di aver desiderato una maschera. Mi divertivo a lanciare le stelle filanti il più lontano possibile. Mi sono invece molto divertita a fare, o meglio a far confezionare da una mia cugina maschere adatte al carattere dei miei figli. Così Paolo che aveva un paio d’ occhi neri e uno sguardo vagamente triste, ebbe una maschera da Pierrot e Francesco che a tre anni era un perfetto buffone ebbe la maschera di Pulcinella che mia cugina confezionò con un vecchio lenzuolo. Una mazza di plastica e una maschera nera che copriva quasi tutto il viso lo rendevano un perfetto mazziatore. Ancora oggi, vedendo le foto di questa felice accoppiata sorrido, un po’ commossa e un po’ divertita.

  312. @Garg & Pant
    Se lor signori potessero vedermi capirebbero quanto sia differente la mia bellezza da quella del tal presidente…,io conservo tutta la mia fulgida chioma natural..tuttavia non ho alcuna difficoltà a dichiarar che:

    “Ritengo sia meglio essere belli che essere buoni. Ma d’altra parte nessuno più di me è disposto ad ammettere che è meglio essere buoni che essere brutti.”
    Che le danze e le maschere di ogni foggia e tutti i vizi e le tentazioni carnevalesche vengano a me….non opporrò alcuna resistenza!

  313. E quanti bei personaggi letterari: Harry Potter, Ulrich (l’uomo senza qualità), Mirandolina, Fanny Price, Gregor Samsa, Robert Louis Stevenson (uno scrittore diventato, in effetti, personaggio), Gargantua & Pantagruel, Dorian Gray…

  314. Partecipo volentieri alla festa, anche se… lo so… voi non sapete nulla di me, a meno che non abbiate letto un libro chiamato “Le avventure di Tom Sawyer”; ma non importa. Quel libro fu scritto dal signor Mark Twain, che per lo più disse la verità. C’erano delle esagerazioni, ma per lo più egli disse la verità. Questo non dimostra nulla. Non ho mai conosciuto nessuno che una volta o l’altra non dicesse bugie, eccetto zia Polly, o la vedova, o forse Mary. Zia Polly – la zia di Tom, cioè – e Mary, e la vedova Douglas: in quel libro ci sono tutte, ed è un libro per lo più sincero; con qualche esagerazione, come ho già detto.
    Comunque sia, partecipo alla festa…

  315. Tutta la letteratura americana deriva da un libro di Mark Twain intitolato “Huckleberry Finn”. Tutti gli scritti americani derivano da quello. Non c’era niente prima. Non c’era stato niente di così buono in precedenza.

  316. Signor Huckleberry,benchè il suo nome mi par essere una diavoleria della tecnologia moderna,l’apparente gentilezza delle sue parole mi è cara,sono lieto che lei abbia deciso di partecipare alla festa.Sento di non sbagliare nel giudizio.
    “Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze”.

  317. Ehm… mi trovo costretto ad intervenire per ringraziare ufficialmente il buon Ernest Hemingway.
    Ci tengo a ricordare anche “Le avventure di Tom Sawyer”.
    Dovete sapere che la gran parte delle avventure riportate in questo libro sono accadute realmente. Un paio sono esperienze personali, le altre di quei ragazzi che erano a scuola con me. Huck Finn è preso dal vero, e così Tom Sawyer. Tom, però, non nasce da una persona sola: per lui ho messo insieme il carattere di tre ragazzi che conoscevo, il risultato è quindi un’architettura d’ordine composito. Le singolari superstizioni di cui parlo erano molto comuni tra i ragazzi e gli schiavi dell’Ovest ai tempi di questa storia, ossia trenta o quaranta anni fa da quando ho scritto il libro. Cioè dal 1876.
    A proposito, in che anno siamo?

  318. Vorrei partecipare alla festa, ma non posso. Purtroppo, aihmé, devo fare i conti con seri problemi di salute. Anzi, se poteste fare una colletta per me. Sapeste quanto costa essere ammalati!
    Scusate un attimo, aspettate… aspettate…
    Sono nel bel mezzo di una trattativa col mio farmacista…

    Tre e due cinque, e cinque fanno dieci, e dieci fanno venti. Tre e due cinque.
    «In più, a partire dal giorno ventiquattro, un clisterino infiltrante, propedeutico ed emolliente, per ammorbidire, umettare e rinfrescare le viscere del Signore.»

    Quel che mi piace nel dottor Olezzanti, il mio farmacista, è che nelle sue parcelle è sempre di un’estrema urbanità;
    «le viscere del Signore, trenta soldi».
    Sì, ma caro dottor Olezzanti, qui non si tratta solo di urbanità, bisogna anche essere ragionevoli e non spennare il malato. Trenta soldi un lavativo; grazie tante, ve l’ho già detto. Nelle altre parcelle me li avete messi venti soldi, e venti soldi nel linguaggio dei farmacisti vuol dire dieci soldi; eccoli qui, i dieci soldi.
    «Inoltre, dallo stesso giorno, un buon clistere detergente, composto di doppio catholicon, rabarbaro, miele rosato e altri ingredienti, secondo prescrizione, per espurgare, lavare e pulire il basso ventre del Signore, trenta soldi.»
    Col vostro permesso, dieci soldi.
    «Inoltre, dallo stesso giorno, la sera, un giulebbe epatico, soporifero e sonnifero, appositamente composto per far dormire il Signore, trentacinque soldi.»
    Su questo rimedio non ho niente da dire, mi ha fatto dormire magnificamente. Dieci, quindici, sedici, diciassette soldi e sei denari.
    «Inoltre, dal giorno venticinque, una buona medicina purgativa e corroborante, composta di cassia recente, sena di levante e altri ingredienti, secondo la prescrizione del dottor La Squacquera, per derivare ed evacuare la bile del Signore, quattro lire.»
    Ah! dottor Olezzanti, adesso mi prendete in giro; bisogna saperci fare, coi malati. Non ve lo ha prescritto il dottor La Squacquera, di farmi pagare quattro franchi. Facciamo tre lire, facciamo, se non vi spiace. Venti e trenta soldi.
    «Inoltre, da detto giorno, una pozione anodina e astringente, perché il Signore abbia un momento di requie, trenta soldi.»
    Bene, dieci e quindici soldi.
    «Inoltre, dal giorno ventisei, un clistere carminativo per espellere le ventosità del Signore, trenta soldi.»
    Dieci soldi, dottor Olezzanti.
    «Inoltre, il solito clistere del Signore, da ripetersi la sera, come sopra, trenta soldi.»
    Dottor Olezzanti, dieci soldi.
    «Inoltre, dal giorno ventisette, una buona medicina composta, che faccia andare agevolmente e buttar fuori gli umori cattivi del Signore, tre lire.»
    Bene, venti e trenta soldi; mi fa piacere che siate ragionevole.
    «Inoltre, dal giorno ventotto, una dose di latticello chiarificato ed edulcorato, per addolcire, alleggerire, temperare e rinfrescare il sangue del Signore, venti soldi.»
    D’accordo, dieci soldi.
    «Inoltre, una pozione tonica e preventiva, composta di dodici grani di bezoario, sciroppo di limone e granatina, e altri ingredienti, secondo prescrizione, cinque lire.»
    Ah! dottor Olezzanti, andiamoci piano, per favore; se continuate di questo passo, chi vorrà più essere malato? accontentatevi di quattro franchi. Venti e quaranta soldi. Tre e due cinque, e cinque fanno dieci, e dieci fanno venti. Sessantatré lire, quattro soldi, sei denari. Dunque, è andata che in questo mese ho preso uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto medicine; e uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici e dodici lavativi; mentre il mese scorso sono arrivato a dodici medicine e venti lavativi. Non c’è da meravigliarsi se in questo mese sto meno bene del mese scorso. Lo dirò al dottor La Squacquera, perché rimetta le cose in ordine. Forza, sbarazzatemi di tutto. Non c’è nessuno; ho un bel parlare, mi lasciano sempre solo; non c’è mezzo di trattenerli.
    (Suono un campanello per chiamare i domestici)
    Non sentono, e il campanello non fa abbastanza rumore. Dlin, dlin, dlin: niente da fare. Dlin, dlin, dlin: sono sordi. Antonietta! Dlin, dlin, dlin: è come se non suonassi. Sciagurata, impostora! Dlin, dlin, dlin, c’è da impazzire. (Non suona più, ora grida) Dlin, dlin, dlin: va’ al diavolo, carogna! È mai possibile abbandonare in questo modo un povero malato? Dlin, dlin, dlin: mi fate pena! Dlin, dlin, dlin: ah, mio Dio! mi lasceranno morire qui. Dlin, dlin, dlin.

  319. Non vi fidate, ragazzi miei, di quelli che promettono di farvi ricchi dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni!

  320. Mi sono imbattuta in questo “chicchissimo” ( da leggere scicchissimo..)blog e per la prima volta vorrei scrivere qualcosa qui in questa casella bianca. Sul carnevale? ma si. perchè no? che posso dire? che la mia maschera fino a stasera sarà quella che avevo durante un mardi gras di venezia, di quelli veri, per strada. un banale pierrot con un vestito di fodera prestato di chissà chi e con una meraviglosa maschera acquistata a parigi da un artista di strada. c’erano costumi e maschere elegantissime per le calli, pioveva ed avevo uno di quegli ombrelli molto grandi di tela verde brillante con il manico di legno rosso. toscani. da campagna. un fotografo mi chiese se poteva scattarmi qualche foto per una rivista francese. diceva che la luce, con la pioggia, il colore dell’ombrello dava un che di super struggente al tutto.
    Poi furono anche pubblicate. almeno una di certo. lui mi inviò la diapo.
    sono passati circa 30 anni. ma quella maschera è sempre sulla mia libreria.

    il mio carnevale di oggi, invece, è stato quello di non riconoscere il mio parrucchiere che sabato era vestito da michael jaackson, con tanto di codino, cappello, calzini, mocassini, guanto.
    non me ne sono accorta…e lui si è offeso. ma a mia discolpa posso dire, senza ombra di dubbio, che è stato il giorno in cui l’ho visto vestito più sobriamente del solito….

  321. @Silvia,poichè sei nuova arrivata qui ti accolgo alla festa- il padron non me ne voglia!- con un mio pensiero fra i più gettonati!!
    “Rivelare l’arte e nascondere l’artista è il fine dell’arte.”
    Mia cara, il tuo parrucchiere deve essere un vero artista! 🙂

  322. E’ più consono far sparire quello scrittorucolo, quel Robert Louis!
    Ah! Finalmente libero!
    Libero di fare in mille pezzi lo specchio di Dorian, e schiacciare per sempre con il mio piede storpio quel Grillo petulante e quello scarafaggio di Gregor! E dare a quel tipo un sonoro colpo di bastone così che non sia proprio immaginaria la sua malattia! E a Tom e Huck riservo un viaggetto in una metropoli di questo vostro tempo, chè se lo dimenticano subito il Mississippi e le avventure! E a Ulrich una settimana di tv italiana per capire davvero cosa significa essere senza qualità! E a quei due, Gargantua e Pantagruel, un pasto in un McDonald’s, così imparano una volta per tutte cosa sia ingurgitare schifezze! E a Fanny Price la sottomessa e Mirandolina la romantica commino la pena d’un mese ininterrotto di Sanremo canoro!
    Sono molto molto malvagio! Oh, yeaa! Sono Mr. Hyde!

  323. @Mister Hyde Carissimo signore,mi duole assai sapere che lei ancora non abbia trovato modo di sbollire la sua rabbia e lasciarsi andare ai piaceri della vita senza sensi di colpa!Le sono infinatamente vicino,la accarezzo virtualmente sulla sua deliziosa storpiaggine!!!
    “E’ sempre facile essere gentili con la gente di cui non ci importa nulla.”

  324. Gentili personaggi,
    sono lieta d’invitarvi a Mansfield Park. Sono un po’ preoccupata per i signori Greg e Pant, poiché temo che monopolizzeranno le pietanze. Ne lascerete un poco anche per gli altri?
    🙂
    Signor Argante, vi consiglierò io un bravo farmacista, non ve ne pentirete. Cura i miei mal di testa da quando ero la Cinderella della famiglia, prima che il caro cugino Edmund si avvedesse della sua cara trascurata Fanny…
    Signor Gray, siete il benvenuto. Nella mia dimora non mancano specchi per la vostra vanità!
    🙂
    Mr Hyde, Sanremo no, la mia salute malferma non mi permette viaggi tanto lunghi. Per ascoltar asini ragliare, poi!

  325. Diletta, mia figlia, con mia moglie sono partiti per la montagna e così io ho potuto in questi giorni “leggere” la città più lentamente e devo confermare che il Carnevale non esiste più; questa è la triste ma inevitabile realtà.
    In questi giorni qui a Milano non ho visto uno dico un bambino vestito in maschera o un coriandolo che sia uno sui marciapiedi. Questi giorni scorrono uguali a tutti gli altri e se non fosse per le chiacchere o i tortelli che spuntano dalle vetrine delle pasticcerie.
    Invece…invece….come era tutto diverso una volta, tutto più semplice, spontaneo, umano…..
    Io vestito da indiano o da moschettiere camminavo tronfio nella mia maschera seminando coriandoli e stelle filanti per ogni dove….e poi…e poi la sfilata in piazza Duomo.
    Un’esperienza che ricordo ancora adesso quando tutti i bambini di Milano si ritrovavano a sfilare e fare passerella su un improvvisato palco di legno in piazza Duomo fra ali di folla festante.
    Adesso, nulla più.

  326. io odio il carnevale. non mi ci sono mai divertita, non ho mai sbavato per andare alle feste. mi sono chiesta spesso perché. ho tirato fuori in età matura questo ricordo, che mi ripaga, con la sua possibile giustificazione, del senso di disagio, insofferenza, vuoto allo stomaco che le maschere, i carri allegorici in campagna, i coriandoli, piazza san marco ammattita, le giostre in riva degli schiavoni mi hanno sempre provocato. unica eccezione: le frittelle veneziane: i r r i p r o d u c i b i l i altrove.
    vieni alla festa a casa di…? andiamo a ballare in maschera martedì grasso? ma manco per niente! me ne sto a casa, ben da dio, che poi fa sempre così freddo, ma così freddo, o piove, o nevica, nei giorni di carnevale.
    il ricordo, il ritorno del rimosso, consisterebbe in una bambina di non ancora tre anni con la febbre, l’ultima domenica di carnevale, che sente salire voci dalla calle, e suon di trombette. cos’è, cosa non è? ma nessuno le risponde. i suoi ricordi risalgono a quella data e ad un po’ prima, ma solo per flash brevissimi. in quella casa ci sono solo adulti, solo dei grandi un po’ sbadati. controllata la febbre, che abbia sorseggiato del brodo, che faccia un pisolino, su da brava, il loro compito è terminato. ci sono anche delle vecchie zie, in quella casa, zie comuni ad una marea di cugini e secondi cugini. i secondi cugini sono solo un po’ più grandi della piccolina febbricitante al piano di sopra. e si dovrebbe supporre che verranno a farsi vedere dalle vecchie zie dalla mancetta facile quasi quanto sono inclini agli sbaciucchiamenti. ma nessuno suppone, sempre in altre faccende affacendato: altro che il pensiero della piccolina. dlin dlon! così la marina, che a quattro anni suonati mi tiranneggiava già da un pezzo e io non sapea come difendermi, sguscia come una serpe di mano alla madre, s’arrampica per le antiche scale, mi piomba come avvoltoio in su l’uscio e mi si mostra in tutta la sua antipatica bellezza con il più bell’abito di gitana si possa immaginare.
    io credea di dar fuori l’anima con tutto quel dolore. volevo andare in corteo, non avevo più la febbre, che sentissero! mi bastava uno straccio azzurro, avevo i capelli biondi lunghi e ‘nanellati, potevo far da principessa, guardate il libro, guardate come le somiglio!
    non so se l’è una sovrapposizione bergsoniana: ma la marina che mi stette negli anni ‘ntipatica assai, in quel frangente ci godette almeno un po’.

  327. Beh, mio caro Dorian, grazie per l’accoglienza. in realtà sono un pò intimidita dalla presenza a questa festa (ma ormai siamo alle ceneri) di soloni dell’affabulazione. io sono una piccola creatura terrestre (e assai terrena) che vaga curiosando come il piccolo principe, spesso soffermandosi in presenza di creature più strane di lei, il che è tutto dire.

    il mio parrucchiere è una di queste creature. e tu lo sei?

  328. Cari amici, grazie di cuore per la vostra partecipazione e perdonate la mia assenza.
    Purtroppo non ho avuto granché modo di partecipare alla festa… ma mi sono divertito un mondo a leggervi.

  329. Siete stati bravissimi a trascinare all’interno della “festa” i personaggi letterari che avete interpretato facendoli interagire, parlare tra loro, usando… le loro stesse parole.
    Grandiosi!

  330. @ Andrea Rosestolato
    Grazie per i tuoi commenti e le tue testimonianze, caro Andrea. Le tue parole confermano che il carnevale delle grosse metropoli ha perso… un po’ di smalto.
    Chissà per quale motivo?

  331. @ Silvia
    Cara Silvia, benvenuta su Letteratitudine. Ti accolgo con gioia e ti ringrazio per i tuoi interventi. Spero che tu possa essere dei nostri anche nelle altre discussioni.
    Continua a intervenire, se puoi e se ti va… e sentiti a casa.

  332. Cara Lucy, grazie mille per il tuo racconto carnascialesco.

    P.s. mi hai fatto venir voglia delle frittelle veneziane: i r r i p r o d u c i b i l i altrove… 😉

  333. Grazie a tutti, dunque.
    Il carnevale, per quest’anno è finito… ma se avete voglia di intervenire “mascherati”, continuate a farlo.
    Questo è il post(o) giusto!;-)

  334. Sono fuori tempo, lo so, ritardataria come spesso mi accade ma anche se siamo nelle inoltrate ceneri non posso non accogliere l’invito di Massimo sul mascheramento carnascialesco. Ho sempre amato il carnevale, perchè festa di travestimento, di illusioni e fantasie di mondi altri. Avevo quindici anni quando mia madre mi organizzò una festa di carnevale di cui si parlò tanto successivamente a scuola e tra le amiche. Mi fece cucire dalla sarta un ricco costume da regina Ginevra, come desideravo. Le mie compagne arrrivarono a frotte travestite in mille e originali modi, anche da gemelle Kessler, ricordo… Seguendo il gioco che Massimo propone, se proprio dovessi travestirmi e scegliere un personaggio storico o letterario credo che sceglierei il Barone Rampante di Calvino che vive sugli alberi. Ecco vorrei essere quello. Ciao a tutti. Delia Morea

  335. mi devo scusare. nella mia solita fretta non avevo ben chiaro il tema e ho peccato di superficialità (spesso mi accade, volntariamente e non). avevo solo letto una parte del gioco.
    Detto ciò, e dopo un abbondante ma doverosissimo spargimento di cenere sul mio capino, (il periodo, per altro, è quello giusto), confortata da quello che il nostro gentle ospite ha appena scritto qui sopra, il mio personaggio per la settimana di carnevale, (parlandone retroattivamente) sarebbe stata quella di Rénée, la portinaia di Rue de Grenelle, n. 7.

    La prossima volta prometto che sarò più attenta e non andrò fuori tema

  336. A lei il carnevale piaceva, ma per ragioni diverse da quelle che lo facevano piacere agli altri, era per questo che non si mascherava, e si nascondeva dietro al suo bel viso sorridente e rilassato. Era per lei un momento così raro, nel quale le persone si guardavano tra loro nella verità di quello che erano dentro, e che nascondevano tutto il resto della loro vita, tranne quel giorno. Lei sapeva quello che gli altri ignoravano, e anche se l’avessero saputo mai lo avrebbero ammesso, perché era una verità inconfessabile: ognuno sceglieva la maschera che più gli piaceva, e la indossava perché quello era il suo vero volto. Tutti erano convinti di mascherarsi e nascondersi e ridevano, sentendosi finalmente liberi, mentre era l’unico giorno nel quale la verità li imprigionava. Lei, come la verità, li seguiva ballando, in giravolte che ricordavano la carta moschicida. Quale momento migliore per fare pulizia dell’orrore del mondo? Ammucchiava i corpi in antri scuri, sotto arcate di arcobaleni rossi, e tagliava gole con la stessa rapidità della gioia che sfugge all’ombra che la rincorre. Il domani sarebbe stato uguale a ieri, lei lo sapeva perché non poteva dimenticare tutte quelle orribili maschere quotidiane dietro alle quali una moltitudine di dèmoni ringhiava alle sue spalle.

  337. Qui comincia il CARNEVALE LETTERATITUDINIANO 2011…
    se volete!

  338. Rimane aperta la possibilità di raccontare il carnevale.
    Vi ri-fornisco gli spunti, a titolo di esempio:
    – microracconti sul carnevale (pura fiction)
    – il carnevale nei vostri ricordi d’infanzia e adolescenza
    – il carnevale oggi
    – citazioni di opere letterarie che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con il carnevale.

  339. Inoltre… ogni carnevale letteratitudiniano sarà caratterizzato da una “festa in maschera online”.
    Da questo momento – e fino a martedì notte – chiunque si potrà “mascherare” travestendosi in un personaggio letterario, dei fumetti, del cinema (ma va bene anche indossare una “maschera classica”)… per partecipare a una carnascialesca festa letteratitudiniana che avrà luogo proprio qui, in questo post.
    Si tratta di scegliere un personaggio, “impersonarlo” (appunto) e interagire con gli altri personaggi che parteciperanno all’evento online.
    Provate! Potrebbe essere divertente…

  340. Credo il Carnevale serva a regalare momenti di spensieratezza, e i momenti di spensieratezza aiutano a superare quelli di difficoltà.
    Ieri ho vestito mio figlio e l’ho portato in giro per le strade del centro insieme ad un suo amichetto.
    Per me il Carnvale è soprattutto per loro: per i bimbi.

  341. A Venezia, quest’anno, sono state selezionate 31 maschere su 180 , per partecipare al premio la ‘Maschera piu’ Bella’.
    La finale del concorso per la Maschera piu’ bella del Carnevale di Venezia 2011 si e’ svolta ieri in Piazza San Marco: il Primo Premio e’ stato assegnato ex-aequo a una coppia tedesca con un abito ispirato alle Uova Faberge’.

  342. Credo ci sia ben poco da divertirsi e da festeggiare. Se dovessi scegliere un personaggio da cui travestirmi, sceglierei Cassandra. E ne avrei tutte le ragioni.

  343. seganlo questo articolo di Francesco Prisco sul Sole24Ore
    http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-03-03/arriva-carnevale-vuol-esser-150106.shtml?uuid=Aan9b9CD

    Sarà pure la festa in cui ogni scherzo vale ma sul suo giro d’affari c’è davvero poco di che scherzare: da Venezia ad Acireale, da Viareggio a Putignano passando per Ivrea e Mamoiada il Carnevale muove in giro per l’Italia un business di circa 200 milioni.
    Da un lato c’è il costo (molto ben stimato) di carri e allestimenti nelle principali piazze, dall’altro un indotto (orientativo ma frutto delle stime degli operatori) determinato da viaggi, pernottamenti in albergo, vitti, veglioni e travestimenti vari. E se quest’anno l’addio alla carne, prima del digiuno e dell’astinenza quaresimali, cade tardi (martedì prossimo, 8 marzo) per chi conta su questa festività come fonte di fatturato è l’occasione per allungare il proprio business stagionale.
    (…)

  344. Le chiacchiere sono dolci molto friabili che vengono fritti ed infine vengono cosparsi di zucchero al velo. Le chiacchiere sono preparazioni tipiche del periodo di Carnevale e vengono chiamate con nomi diversi a seconda delle regioni di provenienza: chiacchiere e lattughe in Lombardia, cenci e donzelle in Toscana, frappe e sfrappole in Emilia, cròstoli in Trentino, galani e gale in Veneto, bugie in Piemonte, così come rosoni, lasagne, pampuglie, ecc..

    Le chiacchiere hanno un’antichissima tradizione che probabilmente risale a quella delle frictilia, dolci fritti nel grasso di maiale che nell’antica Roma venivano preparati proprio durante il periodo di Carnevale; questi dolci venivano prodotti in gran quantità poiché dovevano durare per tutto il periodo della Quaresima.

    Ingredienti per circa 80 chiacchiere
    Burro: 50 gr
    Farina: 500 gr
    Grappa (o altro liquore): 25 ml
    Lievito chimico in polvere: 6 gr
    Sale: 1 pizzico
    Uova (medie): 3 intere e 1 tuorlo
    Vanillina: 1 bustina
    Zucchero: 70 gr

    per friggere: Olio di semi di arachide
    per cospargere; Zucchero a velo

  345. ■ Preparazione

    Setacciate la farina assieme al lievito e disponete il tutto su di una spianatoia (oppure in una ciotola o nella tazza di un robot) nella classica forma a fontana; ponete al centro il burro, lo zucchero, la vanillina, le uova, mezzo bicchierino di grappa e un pizzico di sale (1). Lavorate bene gli ingredienti fino a formare un impasto liscio ed elastico (2) (se impastate a mano lavoratelo su di una spianatoia per almeno 10 minuti), al quale darete la forma di una palla (3) e lo lascerete così riposare avvolto nella pellicola trasparente in luogo fresco per almeno 30 minuti.

    Spianate poi la pasta per mezzo dell’apposita macchinetta (o con un mattarello), in modo da ottenere una sfoglia non troppo sottile dello spessore di 2 mm. Se utilizzerete la macchinetta, procedete in questo modo: dividete la pasta in 4 panetti del peso di circa 200 gr ciascuno, schiacciateli (4), inseriteli nella macchinetta con i rulli completamente divaricati (5); se la sfoglia che fuoriesce tende a lacerarsi, infarinatela (6),

    ripiegatela su se stessa (7-8) e spianatela nuovamente (9), procedendo dallo spessore più ampio dei rulli a quello intermedio ed infine più stretto (guarda come fare cliccando qui).

    Fate così per 3 o 4 volte fino ad ottenere una sfoglia liscia e compatta (10) e poi, con una rotellina a taglio smerlato, ricavatene delle strisce (11) di 5 cm per 10 cm (o della misura che volete), e praticate su ognuna di esse due tagli centrali e paralleli per il lungo (12).

    Ponete le strisce così ottenute (2 o 3 alla volta) in abbondante olio (13) ben caldo ma non bollente (170-180 gradi al massimo), girandole su ambo i lati e stando attenti a non bruciarle (14); appena diventeranno dorate, toglietele dall’olio e ponetele a sgocciolare su di una brillantiera, griglia o carta assorbente (15). Quando diventeranno fredde ponetele su di un piatto da portata e cospargetele di zucchero al velo vanigliato.

  346. ■ Consiglio
    L’olio per friggere le chiacchiere deve essere ben caldo ma non bollente, in modo da non bruciare la pasta di questi dolci, che devono friggere un minuto per lato fino a raggiungere la doratura; una volta che l’olio ha raggiunto la temperatura ideale, dovrete mantenere il fuoco vivace ma non alto. Se siete sprovvisti di termometro, per capire quando la temperatura dell’olio è ottimale, immergetevi uno stuzzicadenti: se vedrete comparire delle bollicine intorno allo stecchino potete cominciare a friggere. Immergete un piccolo pezzetto di pasta e se questa diventa scura immediatamente, vuol dire che l’olio è troppo caldo. Abbassate il fuoco e riprovate fino a che la pasta diverrà dorata lentamente.

  347. ■ Curiosità
    Esistono diverse varianti alla ricetta delle chiacchiere, come ad esempio la sostituzione della grappa con altri liquori quali il rum, il marsala, il brandy, ecc… oppure l’aggiunta della scorza di limone grattugiata. Vengono poi date forme diverse a questi dolci, come per esempio la romboidale, la quadrata, la rettangolare, ma anche la striscia annodata, o altre forme particolari; in più bisogna ricordare che si usa cospargere questi dolci con dello zucchero al velo oppure con dello zucchero semolato, e più recentemente si trovano in commercio anche con delle variegature di cioccolato in superficie. Per la frittura viene usato sia olio di semi che di oliva, oppure dello strutto puro o mischiato in eguale misura con dell’olio.

  348. bene, rischio la demagogia e il qualunquismo. c’è davvero così tanto bisogno di scervellarsi a trovare carnevalate in un paese dove il premier fa il bunga bunga e l’opposizione è talmente sciatta da non essere più credibile di un anziano signore che guarda il sedere alle escort?
    fatta questa altrettanto sciatta premessa, segnalo un quadrro (secondo me abbastanza sottovalutato) del Canaletto intitolato giustappunto Carnevale… (credo).

  349. Consigliamo la lettura de “I Ruffiani di Avola (di Sebastiano Burgaretta)”
    http://terzapagina.blog.kataweb.it/2011/03/08/i-ruffiani-di-avola-di-sebastiano-burgaretta/

    I Ruffiani di Avola

    di Sebastiano Burgaretta

    Una delle sette maschere tradizionali del Carnevale di Avola è quella delle cosiddette ruffiani, cioè le ruffiane.

    È una maschera che rappresenta un personaggio tipico di ogni cultura sociale: quello di chi nella realtà della vita adotta modi gentili e conquidenti, allo scopo di accattivarsi la fiducia degli altri, per averne dei favori o comunque qualcosa di utile a sé o ai propri progetti, mentre effettivamente, sotto sotto, non ha alcun personale coinvolgimento interiore nei problemi del prossimo, cui si mostra per contro persino eccessivamente gentile e officioso, da vero paraculo, come si usa dire oggi.

    In Sicilia sono comunemente dette ruffiane le mezzane, i cui compiti vengono svolti, per comprensibili motivi di opportunità o convenzione sociale, lungo il binario della doppiezza. Vengono scherzosamente definite ruffiane anche le madri che favoriscono i precoci filarini amorosi delle proprie figlie, nascondendoli ai mariti.

    È perciò una maschera che presenta una duplicità di atteggiamenti, perché ha un’intrinseca doppiezza di fondo: da un lato la gentilezza smancerosa, dall’altro la durezza sostanziale e talora cinica dei comportamenti; esattamente il tipico fare ruffianesco come tutti lo intendiamo.

    Ovviamente nella maschera queste caratteristiche di fondo sono enfatizzate sino all’esagerazione, in modo da esplodere con efficacia spettacolare e teatrale addirittura. Il costume e la gestualità comportamentale evidenziano questi caratteri di fondo. Se i caratteri del personaggio rappresentato dalla maschera e i tratti comportamentali sono universalmente applicabili e di quindi riconoscibili, è invece la foggia del costume che, assieme agli accessori vari che lo completano, ascrive marcatamente la maschera all’area delle culture agro-pastorali del bacino del Mediterraneo. Non a caso, del resto, la maschera dei ruffiani trova una certa corrispondenza con quella chiamata Ghièros, cioè, vecchio, nell’isola di Skyros in Grecia, maschera della cultura pastorale con il volto coperto da una pelle di capra e il capo totalmente avvolto da un manto nero, che ricorda quello dei ruffiani, ed è caratterizzata da un corredo di campanacci, per cui viene chiamata anche maschera dei kudunàti o kudunofòri, cioè campanati o portatori di campane, nel senso che indossano campanacci, i quali tanto la fanno somigliare ai mamuthones della città sarda di Mamoiada, cui i ruffiani pure somigliano per certi aspetti.

    Il costume, proprio di un personaggio femminile, è costituito da una lunga veste che arriva sino ai piedi, da uno spesso velo bianco che serve a coprire strettamente il viso e da un ampio scialle nero, erede degli antichi mantelli musulmani passati per la Sicilia nei secoli scorsi e usati fino agli anni Sessanta del secolo scorso dalle persone anziane in tutta l’isola. Questo scialle copre interamente la testa e il busto di chi lo indossa fino sotto il bacino, in modo che dal nero della fitta copertura si staglia netto il bianco del velo che copre il volto. La testa della persona così mascherata fa venire alla mente quella tipica chiocciola di piccole dimensioni protetta durante il letargo dall’opercolo bianco che è detta in Sicilia ntuppateddhu, cioè letteralmente “piccolino coperto”. E ntuppateddhi si chiamavano nei secoli scorsi a Catania le donne che, come narra il Verga nella novella La coda del diavolo, così mascherate impazzavano in quella città durante i festeggiamenti in onore di Sant’Agata, i quali cadono in quello che in passato era già sempre periodo di Carnevale, poiché di fatto questo aveva inizio subito dopo l’Epifania, come dimostra il detto corrente Dopu ê tri re, olè olè! Le ntuppateddhi catanesi altro non erano che una versione dei ruffiani.

    Lo scialle indossato dai ruffiani è strettamente assicurato, al collo della persona, prevalentemente di sesso maschile, per via del rituale rovesciamento dei ruoli proprio del Carnevale, che lo indossa, per mezzo di una robusta e ruvidissima corda fatta di ampelodesmo intrecciato, la stessa che si usava un tempo per legare i covoni di grano e le fascine di frasche che servivano ad alimentare il fuoco.

    Tra gli accessori che caratterizzano la maschera c’è innanzitutto una grattugia metallica che, legata a un’estremità della stessa corda di ampelodesmo, penzola scompostamente lungo il petto della persona mascherata. Lo strumento ha una valenza apotropaica, in quanto simboleggia il potere di lasciare sbriciolare le energie negative che dal prossimo possono venire. Insomma vi è sottesa la logica del dantesco, ma universale, lascia pur grattar dov’è la rogna!, come si evidenzia direttamente dalla filastrocca che talvolta i ruffiani recitano, mutuandola da un canto popolare siciliano cosiddetto di sdegno che dice letteralmente: Rràttiti l’ossa ccu la rattalura,/ accussì sulu ti pò scuddari a-mmia,/ e poi ti vivi lu broru râ scalora,/ ca la ghjiarnùmi ti nesci ri fora! ( Grattati le ossa con la grattugia,/ così solamente puoi dimenticarti di me,/ e poi ti bevi il brodo della scarola,/ che la bile ti viene fuori!).

    Un altro accessorio indispensabile, che peraltro la connota la maschera nella sua identità mediterranea, come abbiamo anticipato con i riferimenti alle culture isolane della Grecia e della Sardegna, è l’impiego di uno o più campanacci, che, agitato scompostamente, annuncia già da lontano la presenza rumorosa e invadente delle persone che indossano la maschera e che vanno in giro sempre in gruppi assai folti.

    Altro accessorio è un grossolano ventaglio da cucina, ricavato sommariamente da un ramo di palma Washington o da fibre vegetali intrecciate secondo le tecniche tradizionali. Esso serve a una duplice, e contemporanea, funzione simbolica: a respingere, col movimento brusco dell’aria, le influenze negative che alla ruffiana possono venire dagli altri, ma anche a solleticare, col movimento lento, sinuosamente ammiccante e insistito con cui viene variamente mosso, la vanità e la benevolenza della persona malcapitata, soprattutto di sesso femminile, in cui la ruffiana s’imbatte nelle sue scorribande carnevalesche. Si dice comunemente, con evidente doppio senso, che col ventaglio la ruffiana gliela çiuscia, soffia cioè, ossia gliela rinfresca facendole vento.

    Altre volte la ruffiana porta in mano una trappola per topi con dentro un animaletto, nascondendola però sotto le pieghe dell’ampio scialle, ed estraendola bruscamente davanti al volto delle persone incontrate, per spaventarle, dopo averle prima blandite con moine e reiterati versi verbali di rumorosa compiacenza e con sperticate movenze del ventaglio.

    Assai più spesso, invece, le ruffiane si lasciano andare – ed è, questa, una caratteristica loro propria immancabile – a corse sfrenate accompagnate da un lugubre grido di uhh..! modulato scompostamente ad alta voce e reso ancora più incisivo dal rumore assordante dei campanacci, per spaventare la gente nel momento stesso in cui se ne vuole attirare repentinamente l’attenzione. E in realtà a quelle grida e a quell’inconfondibile rumore donne e bambini generalmente scappano via velocemente o si ritraggono di botto in casa.

    Come si vede, da tutta questa descrizione viene fuori la ricca e strutturalmente contraddittoria, ambivalente natura del personaggio rappresentato dalla maschera dei ruffiani, esattamente in corrispondenza con quanto avviene, al di fuori del periodo carnevalesco, nella realtà di tutti i giorni con i ruffiani e i paraculo di ogni risma.

  350. Sto cercando seguaci per la redistribuzione delle ricchezze.
    Sono molto richiesti telematici in grado di sfondare impunemente nelle foreste bancarie e assicurative, e nelle riserve di caccia di alcune multinazionali, ma soprattutto nelle tenute di quelle 14 famiglie che ritirano i tributi.
    Invito valido tutto l’anno.
    Qualcuno ha ancora remore etiche su chi siano i buoni e i cattivi?
    Tagliamo la testa a tutti i principi Giovanni!

  351. Sì, sir Robin. Assolutamente d’accordo con lei! Mi consideri dei suoi.

  352. /Nessuna cosa rimane sempre la stessa, tutto trasmuta/ la natura tutto trasforma e costringe a cambiare (Lucrezio V, 830). Cos’è il Carnevale se non il desiderio di potersi trasformare da soli, di essere arbitri di una gioia nascosta? E Gioia e amore sono le ali delle grandi imprese (Goethe).

  353. Dove vai, mia mascherina, / che i pensieri tuoi nascondi, / ti sei messa oggi in vetrina / ma le forme tue confondi. / Chi sarai, tra questa gente / che ti sciama intorno lieta? / Dove vai così ridente / tra la folla senza meta? / Vidi il guizzo nei tuoi occhi / che profondi mi han stregato; / sai che gli altri son balocchi / del tuo gioco raffinato. / Io ti vedo e già scompari / e la ressa ti nasconde, / ma improvvisa ora riappari / come un fiore in mezzo all’onde. / Vorrei coglierti e baciarti / nella fuga senza posa, / ma non riesco ad afferrarti / e tu scappi misteriosa. / E’ la festa o è la natura / che ci fa correre intorno? / E’ il bel gioco, finchè dura, / fino a quando muore il giorno.

  354. CARI MOAHMED e ALI’ ,
    oggi qui in Italia è la festa della donna così per festeggiare ho deciso di mettermi un tanga ascellare (non farà un po’ troppo freddo?) un reggiseno strizzabocce tacchi vertiginosi come quelli di Daniela La Santa chè poi è stata l’unica parlamentare a fare la lotta a favore di noi donne orientali Dany ci voleva togliere il burka e lo chador per metterci il fondotinta mat le ciglia finte e il rossetto rosso giungla chanel 60euri in profumeria, qui è diverso da voialtri che volete l’harem, in Italia è vietatissimo dalla legge, cioè veramente non l’ho capito se è vietato comunque sono ancora nel pallone con quelle che ho incontrato non ho capito se si sono veramente emancipate con lauree e politica e zumpazumpa oppure tutte e due? però il tubino nero che fa sexy quello si chè ce lo abbiamo tutte senatrici onorevoli ex-veline ragazze pon pon insomma la femmina ci deve arrivare comunque pure Macchiavelli lo diceva che il fine giustifica il mezzo e poi ho anche notato che le occidentali ci copiano a noi africane, si fanno fare le labbra grosse grosse come quelle delle negre, 5000euri dal chirurgo plastico , egli fa anche naso alla francese occhi a mandorla alla giapponese come vuoi tu o come tu mi vuoi, egli tira la faccia dei nonni che sembrano rivestiti dalla pelle del gozzo del tacchino, certuni sono lucidi come la plastica dei preservativi, lo chiamano lifting . . . a me mi viene da ridere perchè uomini e donne si sentono affascinanti e belli come i figli del profeta, vabbè,
    RUBY

  355. Mohamed e Alì,
    aspetto le Vs lettere, non vorrete mica scrivermi con la penna di Jean J, Rosseau

  356. Risposta della mascherina a Versicolor
    Sono io la mascherina/che da sera alla mattina/gira sempre senza posa/ rincorrendo odor di rosa/ma ridente non son io/ è la maschera che indosso/ che celando il mio tormento/mostra gioia fino al mento/ ma scendendo verso il cuore/ trovi crediti d’amore/ e parole di dolore.S

  357. Cara Ruby, sei semplicemente sconcertante con la tua naturalezza di donna costruita, sembri una forza della natura che grida a gran voce reclamando l’assolutezza delle proprie debolezze, ma incarni più che ogni altro essere l’individualismo che tanto propugnai. SEmbra persino che tu abbia letto le mie opere: sai perfettamente, infatti, che la vita sociale si regge sul vizio più che sulla virtù e che la condizione cosiddetta naturale è solo un’utopia. Solo… solo mi sembra che tu prenda un po’ in giro, sfrontatamente, la mia Eloisa, con il suo casto amore e anche il povero Emilio con la sua libertà guidata: ma in fondo me lo merito, perchè il primo a ridere su quella palle son stato io, il più grande predicatore del razzolare osceno tra lenzuola cincischiate e orfanelli abbandonati. Sei più coerente tu, che segui la ragione (perversa) del tuo tempo, dove, nel tempio del dio Denaro, è sempre Carnevale.
    Tuo (magari) Jean Jacques Rousseau

  358. Dimmi, Ruby Rubacuori, ma la tua patata te l’hanno cucita? E quando sei sbarcata in Italia te la sei fatta scucire?
    Mi sembravi un po’ sperduta con quel settantottenne (ottantenne?)miliardario a quello spettacolo di qualche giorno fa mi sfugge di che cosa. Un po’ troppo sotto i riflettori.. titubante, pensierosa.. dentro una parte un po’ troppo grossa per te…chissà…. ti venivano in mente i vicoli e gli amici di quando eri bambina e ti guardavi intorno in mezzo a questo mondo estraneo… glieli hai fatti gli auguri oggi alla tua mamma? Li ha voluti accettare? La tua mamma ha visto la televisione italiana ultimamente?
    Non ti cambio con l’amata lady Marion, travestita da ragazzo.
    Ci dev’essere stato un misunderstanding: guarda che scucire non vuol dire scucirla a tutti.
    Chi lo fa è solo perchè ha problemi di identità, altro che individualismo. E gli uomini velenosi che oggi 8 marzo chiamano troiette le donne che vanno in gruppo stasera, è perchè sono invidiosi e sfigati. Non gliene frega se la danno o no, è che non sono nei prescelti.
    Che poi tutto questo regalare in libertà non sia vera libertà per la donna, ma ulteriore sabbia mobile che la succhi, è un’altra storia.

  359. Alice, conveniamo di entrare nello specchio.
    Da lì, è più facile sfuggire. Abbiamo un bruco consigliere, un fungo magico del Volere, una forza di Pensiero triplicata.
    Annientare la regina, di qua dallo specchio è annientare il principe Giovanni.
    Cambia solo la prospettiva.

  360. MESSAGGIO MOLTO RISERVATO DEDICATO ESCLUSIVAMENTE a Giacomo Girolamo Casanova (Venezia, 2 aprile 1725 – Dux, odierna Duchcov, 4 giugno 1798) avventuriero, scrittore e agente segreto italiano, cittadino della Repubblica di Venezia e dalla maschera raffinata.
    Con il passare degli anni, lo si vede in giro raramente, si dice preferisca la solitudine, proprio lui, il grande Casanova!
    Nelle belle giornate di sole qualche volta il mio amico si siede sulle panchine dei giardini pubblici ed osserva le donne che passeggiano commentando fra sé a bassa voce.
    Poi, sempre con borbottìo birichino, si rivolge ai passeri che gli svolazzano accanto e, come fossero amici di lunga data, gli svela i pensieri più intimi aspettando paziente che questi gli rispondano con un segnale speciale, il frullo delle ali, un acuto cinguettìo diretto alle sue orecchie, un saltello delicato sui suoi piedi o sulle ginocchia, un gentile movimento del capo reclinato leggermente a destra, come a volerlo ascoltare ancora, per poi spiccare il volo e portare in cielo le sue parole…
    Adelaide de Gueidan (Henriette)

  361. Cari amici,
    grazie a tutti voi per gli interventi carnascialeschi.
    Spero che si siate divertiti…
    Putroppo, per problemi di connessione, non ho avuto la possibilità di animare la “festa in maschera”.
    Pazienza. Sarà per l’anno prossimo!

  362. Grazie mille per gli interventi di approfondimento sul Carnevale… in particolare per quello firmato da Sebastiano Burgaretta: “I Ruffiani di Avola” (ripreso dal blog “Terzapagina”).

  363. L’altra sera al telegiornale ho visto rappresentanze politiche del pianeta incontrarsi: mi ha sorpreso quell’atmosfera così “smart”, i pezzi grossi si davano le pacche sulle spalle, che amici , che feeling!, esternavano sorrisi l’uno con l’altro con appariscente gioia emotiva(?), come quando i ragazzi del rap si salutano coi jeans abbassati molleggiando dentro un ritmo modulare che non cambia mai, si dicono ehi fratello come si va …
    Insomma c’erano proprio tutti, i presidenti in giacca e cravatta non per farsi una cantata ma per discutere di guerra, le razze, i popoli, le rivendicazioni, la povertà, la ricchezza, l’occidente evoluto che tecnologicamente è diventato insuperabile da un terzo mondo al quale, però, si deve la concreta possibilità di realizzare la stessa tecnologia: possiamo progettare persino una macchina che riesce a parcheggiare su due ruote mettendosi in verticale, ma senza carburante l’autovettura rimane lì, impalata su due ruote …
    A parte questa eclatante intesa esternata da una coalizione che conosce molto bene l’utilità dell’oro nero di cui spesso i loro Stati ne sono privi e che si camuffano dietro missioni di guerra a favore dell’umanità, a parte frizzi e lazzi dei benvenuti dicevo, mi ha colpito la repentinità con cui si lasciano alle spalle gli errori che ci ricorda la Storia, da parte di tutti beninteso, ovviamente i nostri governanti di fronte ad un evento che ci tocca così tanto da vicino passano un colpo di spugna sugli scandali e non si rendeno conto – davvero non ne sono consapevoli – di rappresentare un Italia che è un miraggio per l’ondata islamica imbarcata dall’altra parte del mare in cerca di una vita nuova, nella speranza di lasciare alle spalle la povertà . . .
    Personalmente ritengo che il problema, oltre ai bombardamenti ed alle ferite che inevitabilmente lascia una guerra, sia di matrice culturale e, mentre ci illudiamo che il nostro occidente sia preparato all’accettazione di religioni islamiche di cui non ne conosciamo neppure i punti fondamentali, si discute di federalismo e regionalismo alternato al risorgimento e all’unità d’Italia; inoltre vi ricordo che solo qualche anno fa nei sobborghi di Parigi i ragazzi rap arabi e africani incendiavano qualunque cosa in nome dell’integrazione razziale e dell’occupazione.
    Per dirla breve, in un momento dove l’apertura e la tolleranza richiede livelli di accettazione a cui non siamo preparati, dovuta anche all’attuale condizione economica nazionale di crisi e di mancato sviluppo, è meglio prendere coscienza dei propri limiti anziché sventolare bandiere nazionaliste di magnanimità inesistente.
    Aggiungo : avete mai visto un bifolco che a malapena conosce il suo dialetto mettersi a parlare quattro lingue?

    MASCHERATA ITALIANA IN LIBIA

  364. Il Carnevale letteratitudiniano (ri)passa da questo post annuale che si prefigge di provare a… raccontarlo.
    Siete tutti invitati a farlo.
    In che modo? Ecco alcuni spunti, forniti a titolo di esempio:
    – microracconti sul carnevale (pura fiction)
    – il carnevale nei vostri ricordi d’infanzia e adolescenza
    – il carnevale oggi
    – citazioni di opere letterarie che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con il carnevale.

  365. Inoltre, se vi va, – fino a martedì notte – potrete “mascherarvi” travestendosi in un personaggio letterario, dei fumetti, del cinema (ma va bene anche indossare una “maschera classica”)… per partecipare a una carnascialesca festa letteratitudiniana che avrà luogo proprio qui, in questo post.
    Si tratta di scegliere un personaggio, “impersonarlo” (appunto) e interagire con gli altri personaggi che parteciperanno all’evento online.

    Grazie a chi potrà e vorrà partecipare!

  366. Un personaggio letterario da impersonare per carnevale ?
    Più che un personaggio, una scrittrice del passato.
    Virginia Woolf.
    Ma mi terrei lontana dai fiumi.

  367. Verso la fine della vita avviene come verso la fine di un ballo mascherato, quando tutti si tolgono la maschera. Allora si vede chi erano veramente coloro coi quali si è venuti in contatto durante la vita.
    SCHOPENHAUER

  368. Siamo tanto abituati a mascherarci di fronte agli altri, che finiamo per mascherarci anche di fronte a noi stessi….
    FRANCOIS DE LAROCHEFOUCAULD

  369. Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.
    William Shakespeare

  370. Tutto ciò che è profondo ama mascherarsi; le cose più profonde odiano l’immagine e la similitudine.
    FRIEDRICH NIETZSCHE

  371. La maschera è antica quanto la stessa umanità ed è il simbolo della trasformazione dell’uomo in un altro Io.
    O. EBERLE

  372. Ogni falsità è una maschera, e per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po’ di attenzione, a distinguerla dal volto.
    ALEXANDRE DUMAS

  373. Ogni spirito profondo ha bisogno di una maschera: e più ancora, intorno a ogni spirito profondo cresce continuamente una maschera, grazie alla costantemente falsa, cioè superficiale interpretazione di ogni parola, di ogni passo, di ogni segno di vita che egli dà.
    Friedrich Nietzsche

  374. Ciao grande Massimo,ben trovato anche “qui”. e in questo post che mi ha riportato indietro nel tempo.

    Non ho mai amato il carnevale per tanti motivi, ma soprattutto perchè odio ogni forma di museruola (e le maschere lo sono),il peso dei travestimenti. Solo in teatro aveva senso e infinita gioiosa pazienza. (a lungo ho calcato le scene).
    L’eccezione che mi riporta al piacere e non al fastidio ,fu il collegio. Per quell’occasione ci permettevano di (S)frugulare dentro le enormi casse che occupavano l’immensa soffitta. Correvo allora con le snelle gambe da puledra araba su per le scale che portavano alla soffitta e,arrivata a quella porta segreta e chiusa per tutto l’anno ma spalancata per l’evento, con il cuore che batteva, carcavo con febbrile impaziente sicurezza, fra quei bellissimi vestiti (costumi) d’altri tempi e,mentre immaginavo…continuavo a scartare, a cercare senza sapere cosa o perchè. fossi arrivata a fermarmi al fondo d’un baule con un’hurrà di trionfo per avere trovato quello che inconsciamente cercavo. Un costume da “PIRATESSA” . L’ho indossavo con orgoglio allora,IMMAGINANDO di “rubare” tutti i tesori di chi si era arricchito rubandoLi agli altri,buttando ai pesci i ladri,ridonando (in incognito) il “tolto” ai legittimi proprietari o elargendoli alla povera gente bisognosa di tutto. Ovviamente sempre in incognito. Una via di mezzo tra il “Passatore” dell’Emilia e il Conte di Montecristo. Per tutta la vita questa forza centripeta e scatenante endrofine, mi è restata appiccicata addosso e continua malgrado le gambe non siano più da puledrina araba ma solo quelle di una donna dentro a una marcia ancora in salita.
    Grazie per l’opportunità regalata, di rinverdire col ricordo la mia chiara identità viva e vera anche col passare del tempo. Un caro abbraccio e…sempre un’Evviva. Mirka (Bianca 2007)

  375. Molto bello il post di bianca (Mirka).
    Però non so se la maschera è una museruola. In qualche caso può essere il contrario.

  376. Ecco. A ben pensarci il Carnevale e la maschera possono avere un effetto liberatorio.
    Se però sia un bene o un male non saprei.

  377. E’ la festa più tradizionale e al contempo la più dionisiaca, amata dai bambini ma anche da moltissimi adulti che vogliono tornare piccoli per un giorno. Ecco perché il Carnevale continua ad essere molto sentito, e le manifestazioni tradizionali ad esso dedicate in tutta Italia, da Nord a Sud, attirano tantissimi turisti.

    Il più importante rimane il Carnevale di Venezia, che quest’anno è stato dedicato al mondo della Natura. Oltre agli eventi tradizionali come il “Volo della Colombina” interpretata quest’anno da Carolina Kostner, alla “sfilata delle Marie”, allo “Svolo del Leon su San Marco”, e alle parate in Canal Grande, l’organizzazione ha cercato di coinvolgere i più giovani. Ecco quindi la “zombie walk”, una sfilata di ragazzi mascherati da morti viventi che ha attraversato il centro storico nell’ilarità generale, e la discoteca allestita nell’Arsenale, che ha causato non poche polemiche. All’eslusivo “Ballo della Cavalchina” al Teatro Fenice, hanno invece partecipato Emma Marrone, Alessandro Preziosi e Rufus Wainwright in qualità di ospite internazionale.

  378. Così Venezia si prepara alla giornata finale, in cui i vari eventi raggiungeranno il clou e protagonista sarà come sempre Piazza San Marco con le sue sfilate in maschera. Caratteristiche, anche se non ufficiali, sono le le feste private nei palazzi nobiliari della Serenissima. In Campo San Polo, tradizionalmente riservato ai più piccoli, si potrà pattinare sul ghiaccio. Nel popolare Sestiere di Castello, per la Rassegna “Carneval de Casteo”, si esibiranno artisti rap e hip hop veneziani come Brain Smoker Click, 041, Rockit & Gugly, Dj Gringo, Dj Booster, che si sfideranno tra loro e coinvolgeranno il pubblico in una “battaglia rap”. In Campo Bella Vienna, sonorità contemporanee con il DJ Set di Stylophonic, uno dei più amati dal clubbing internazionale.

  379. Anche ad Ivrea il Carnevale è stato un vero successo: tra le parate in costume e le sfilate di personaggi storici, complice il bel tempo, si è registrato un record nella vendita dei biglietti, soprattutto durante l'”Esposizione delle bella mugnaia”. Il Carnevale di Ivrea commemora infatti i l’episodio medievale della ribellione popolare contro il signore locale che affamava la città: la prima a ribellarsi sarebbe stata proprio una mugnaia, che è da allora la mascotte della manifestazione.

    Il programma di quest’anno si è svolto regolarmente a cominciare dalle “Zappate degli Scarli” in varie parrocchie della città,
    Il momento più atteso è però la tipica “Battaglia delle arance” che, nella prima giornata, si è purtroppo conclusa con un bilancio di 147 contusi, di cui cinque medicati al pronto soccorso. Le forze dell’ordine hanno anche dovuto riportare alle loro famiglie 6 bambini che si erano persi nel trambusto. Per scongiurare gli incidenti degli scorsi anni sono stati sottoposti al test alcolemico 50 cocchieri, risultati tutti negativi. Il programma dell’ultimo giorno prevede, oltre all’ultimo round della battaglia, ancora musica, in particolare le “Pifferate” e il “Canto della Generala” in piazza di Città.

  380. Incidenti anche ad Oristano, dove la tradizionale “Sartiglia dei contadini” si è conclusa con un tragico episodio: un ragazzo diciottenne è stato portato in ospedale in gravi condizioni, dopo essere stato ferito ad un occhio nel corso di una rissa. I medici dell’Ospedale di Sassari non sono riusciti ad evitare che il ragazzo perdesse l’occhio, una delle persone coinvolte è stata denunciata perché trovata in possesso di un coltello. Una decina di giovani sono poi stati sottoposti a cure mediche per abuso di alcol, alcuni hanno rischiato addirittura il coma etilico. Episodi che hanno scosso la comunità cittadina, in un contesto solitamente gioioso e molto sentito.

    Positivo il bilancio annuale della tradizionale giostra sarda: ventuno stelle centrate su 81 discese, ce l’ha fatta un concorrente su quattro. Delusione per il campione “Su Cumponidori” Fabrizio Pomogranato, che non ha ottenuto alcuna stella, avendo sbagliato sia con la spada sia con lo stocco, ma è riuscito a far scendere alla stella un numero di cavalieri mai raggiunto prima e ha chiuso la corsa in tempo utile per consentire a tutte le 40 pariglie di fare la loro esibizione in via Mazzini prima che fosse buio. Grande l’apprezzamento del pubblico per le spettacolari “piramidi”, con il cavaliere centrale in piedi sulle spalle dei due cavalieri laterali, a loro volta in piedi sulla sella dei propri cavalli.

    Nell’ultimo giorno si rinnoverà l’appuntamento con la Sartiglia: il “Gremio dei Falegnami” proverà ad eguagliare o a superare il record delle 21 stelle e, per la quarta volta nella storia plurisecolare della manifestazione, i panni del “su Cumponidori” saranno vestiti da una donna.

  381. Al di là di tutto il carnevale continua a essere un’occasione di distrazione nonché di divertimento per i bambini.

  382. Per quanto riguarda le distrazioni, penso che ne abbiano tanto bisogno gli adulti.
    Troppe cattive notizie in giro.
    Abbiam bisogno di leggerezza, ogni tanto.

  383. L’opera di Rabelais e la cultura popolare (in russo: Творчество Франсуа Рабле и народная культура средневековья и Ренессанса?, traslitterato Tvorčestvo Fransua Rable i narodnaja kul’tura srednevekov’ja i Renessansa) è un testo critico di Michail Bachtin sull’opera dell’autore rinascimentale francese François Rabelais.

  384. La dissertazione su Rabelais, che Bachtin scrisse nel corso della Seconda guerra mondiale, incontrò immediatamente degli oppositori, tanto che al critico venne negato il dottorato. Perciò, a causa dei suoi contenuti controversi, Rabelais e la cultura popolare del Medioevo e del Rinascimento non fu pubblicato che nel 1965.

  385. Il volume, ora ritenuto fondamentale nello studio del Rinascimento, esplora la serie di Gargantua e Pantagruel, affermando che l’opera di Rabelais era stata male interpretata; in L’opera di Rabelais e la cultura popolare, infatti, Bachtin ne evidenzia la franchezza e la trasparenza. Attraverso il suo volume, Bachtin rispolvera sezioni di Gargantua e Pantagruel che erano state ignorate o soppresse e conduce un’analisi della società rinascimentale per scoprire il confine tra il linguaggio permesso e quello proibito. Così Bachtin individua due importanti messaggi: il primo è che il carnevale viene identificato come istituzione sociale e che il corpo grottesco è un vero e proprio modo letterario. Pertanto, in L’opera di Rabelais e la cultura popolare studia l’interazione tra il sociale ed il letterario.

  386. Per Bachtin, il carnevale è associato alla collettività. Coloro che partecipano al carnevale non costituiscono solo una folla, piuttosto le persone sono viste nella totalità, organizzata in un modo diverso da quella socioeconomica e politica[2]. Secondo Bachtin:
    « Tutti venivano considerati uguali durante il carnevale. Qui, nella piazza della città, una forma speciale di contatto, libero e familiare, regnava tra le persone che di solito erano divise dalle barriere della casta, del reddito, della professione e dell’età. »
    ([3])

    L’atmosfera carnevalesca considera più importanti gli aspetti secondari della vita, in opposizione a capacità di livello superiore (pensiero, parola, anima) che erano solitamente prese più in considerazione trattandosi del significato.

    Durante il carnevale, la particolare percezione dello spazio e del tempo permette a tutti gli individui di sentirsi parte della collettività, tanto che smettono di essere sé stessi ed è a quel punto che, attraverso il costume e la maschera, l’individuo si rinnova. Allo stesso tempo ne deriva una più alta consapevolezza della propria unità materiale, sensuale e corporale e della comunità.

  387. La concezione di carnevale di Bachtin è strettamente legata a quella del grottesco. La collettività che prende parte al carnevale è cosciente della propria unità nel tempo e la propria immortalità storica in quanto tale, ed è associata con il ciclo continuo di morte e rigenerazione. Secondo Bachtin, il corpo ha bisogno di una specie di orologio per rendersi conto della propria eternità. Il grottesco è il termine impiegato dal critico per indicare il tempo scandito dai cambiamenti corporali, attraverso la nutrizione, la defecazione ed il sesso: è usato per come dispositivo di misurazione.

  388. Bachtin apre la sua opera con una citazione di Aleksandr Herzen:
    « Sarebbe estremamente interessante scrivere la storia della risata »
    (L’opera di Rabelais e la cultura popolare, capitolo I)

    Una delle prime espressioni della concezione del mondo antico della risata sono le lettere apocrife di Ippocrate su Democrito. La risata di Democrito aveva un valore filosofico, essendo diretta alla vita dell’uomo con tutte le sue vane speranze e paure relative agli dèi e la vita dopo la morte. In questo caso Democrito fece della sua risata un’intera concezione del mondo, di un uomo che ha finalmente raggiunto la maturità ed è diventato cosciente. Ippocrate alla fine si è dimostrato d’accordo con lui.

  389. Una volta le parrucchiere lavoravano anche la domenica mattina. Era un lunedì di carnevale freddo ed uggioso e così la giovane artigiana si godette tutto il suo giorno di riposo standosene in casa, anche perchè era incinta del primo figlio che sarebbe dovuto nascere, secondo i suoi calcoli tra circa quaranta giorni e quindi cosa fare di meglio se non preparare il corredino? Il giorno dopo anche se lei lavorava era il martedì grasso e quindi era doveroso preparare dei dolcetti che avrebbero allietato il desco per la cena e così la Piera, questo era il suo nome, passò tutto il giorno a fare la maglia, lavoro per il quale era bravissima, tantochè per anni i suoi figli, questo che attendeva e i due che sarebbero venuti dopo. ricevettero compliment per i bei maglioni e a preparare i dolcetti carnevaleschi rivaleggiando con la suocera che di lì a poco sarebbe venuta ad abitare con i due giovani sposi. Alla sera Piergiorgio, il marito, rientro un pò prima dal lavoro e quindi ebbero un po più di tempo per festeggiare il carnevale prima di andare a letto. Saranno stati i festeggiamenti, ma verso le una qualcosa si mosse ed i due giovani cominciarono a correre, Piergiorgio a chiamare un vetturino, a quei tempi nel piccolo paese il servizio ambulanze lasciava abbastanza a desiderare e quindi per andare all’ospedale a Firenze chi meglio di Giordano il vetturino, meccanico, carroziere e padre di una cliente ed amica della Piera che pover’uomo alle due del mattino si mise in marcia verso l’ospedale con la mia mamma nel panico e con me ancora nel grembo, ma che avevo una voglia di uscire incontenibile. Alle prime luci dell’alba nacqui, troppo piccolo e malconcio tant’è che mi ricoverarono al Meyer dicendo che più che un bambino ero una scommessa, che fortunatamente per me andò bene. La mia povera mamma ha continuato a dirmi per tutta la vita: Te t’ha fatto confondere da ancora prima di nascere!

  390. rocco moliterni (La Stampa)

    Siamo fritti! È arrivato Carnevale: si può sintetizzare così in cucina la festa più pazza dell’anno. Tra un ballo in maschera e una sfilata di carri, un lancio di coriandoli e l’immancabile scherzo, sono infatti i dolci fritti a farla da padroni, anche se di recente è invalsa la moda di asciugarli al forno, più per senso di colpa che per diminuire le calorie ingurgitate. Ma tanto poi viene la Quaresima e ci si disintossica anche dagli eccessi della tavola. Carnevale è una festa anche e soprattutto per i bambini che per i fritti vanno pazzi. Per trovare la madre di tutti i dolci di Carnevale bisogna però risalire ai tempi dell’antica Roma pagana, allora si celebravano in questo periodo i saturnali e Apicio, l’Artusi dell’epoca, ci racconta nel De Re Quoquinaria che andavano alla grande i frictilia, ossia frittelle a base di uova e farina di farro, tagliate a pezzetti, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele. E forse perché eredità della comune cultura latina le frictilia sono diventate oggi una golosità che attraversa con nomi diversi tutta l’Italia: in Piemonte si chiamano bugie, a Bologna frappole, in Toscana cenci, a Roma e nel Lazio frappe, a Venezia galani, nel resto d’Italia chiacchiere. Ma a Venezia che è una delle capitali del carnevale resiste ancora nelle case private, nelle pasticcerie e nei ristoranti quella che fino alla fine dell’800 era una tradizione di strada: ossia le “fritole” o frittelle. Era una tradizione tanto diffusa che nel ‘600 i “fritoleri” avevano ottenuto dalla Serenissima di potersi costituire in corporazione: a ciascuno era affidata una zona di Venezia, e poteva lasciare ai figli l’attività. Così durante il Carnevale si sistemavano con i grandi tavoli lungo campi e campielli: impastavano le frittelle e le friggevano in grandi padelle per la gioia dei veneziani e di quanti arrivavano in città per la festa della trasgressione.

    Se da Venezia scendiamo in Sicilia qui è la tradizione araba a lasciare tracce così ci sono le “Teste di turcu”, originarie di Castelbuono in provincia di Palermo, una sottile sfoglia di pasta fritta con una crema al limone aromatizzata alla cannella. Benchè l’origine sia araba pare che in realtà la loro diffusione nell’isola parte quando i Normanni sconfiggono i saraceni. Ma l’idea di una pasta fritta cui si associa una crema è alla base anche di un altro tipico dolce carnevalizio, che ormai però pizzerie e locali napoletani propongono tutto l’anno: le zeppole.

    A volte i dolci di Carnevale di una regione sono quelli di Natale di un’altra: è il caso della cicerchiata che non manca mai in questo periodo in Abruzzo e in Molise, ma che di fatto è molto simili agli struffoli natalizi partenopei e ai purcidduzzi pugliesi. Nonostante il nome rimandi ai ceci, la cicerchiata è infatti “costruita” con palline di farina fritte che poi si immergono nel miele.

    Risalendo la penisola in Romagna e nel Lazio troviamo le castagnole, palline di pasta fritta con o senza ripieno e a volte ricoperte di alchermes. Nelle Marche sono talmente simbolo del Carnevale che un proverbio anconetano recita: «Finito Carnevale, finito amore, finito il far la pacchia da signore, finito il setacciar farina in fiore finito il mangiare castagnole». In Toscana regione che può vantare il celebre Carnevale di Viareggio, oltre ai cenci, vanno molto in questo periodo la schiacciata fiorentina, che è un tempo vedeva anche una versione “unta” dove convivevano ciccioli di maiale e scorze di arancia. La versione delle pasticcerie contemporanee è più light, ma non meno apprezzata. Sempre in Toscana fin dai tempi dei Medici è consumato il Berlingaccio che altro non è che un ciambellone, il cui nome secondo alcuni significherebbe proprio Giovedì Grasso.

    Anche la Sardegna è una regione dove le tradizioni di Carnevale sono molto vive, anche nel versante gastronomico. Così in questo periodo mamme e nonne preparano i frisjoli, (frittelle lunghe, dette anche “zippulas” o “cattas”): fritte in olio bollente si arrotolano su stesse in modo e si mangiano calde cosparse di zucchero. Oppure gli acciuleddi detti anche mendegadas, trizzas, o azzuleddhi: piccole trecce di pasta lunghe poco più di un dito anche queste fritte e servite con zucchero o miele. Da mangiarsi a temperatura ambiente. Senza dimenticare le maraviglias, che altro non sono che le bugie o chiacchiere di altre regioni. A proposito di dolci che cambiano nome rimanendo di fondo la stessa cosa ci debbono citare le Graffe che sono la versione partenopea (la differenza è che sul golfo di Napoli nell’impasto lievitato mettono anche le patate) dei krapfen trentini e tedeschi. Sull’origine dei Krapfen la discussione è aperta.- c’è chi li fa nascere dalla tradizione ebraica e chi da quella persiana e c’era anche una pasticcera viennese del ‘600, tal Cecilia Krapf che sosteneva di aver inventato e battezzato il tipico dolce carnevalizio. Che nella versione altoatesina tedesca è più simile al nostro bombolone, fritto e ripieno di crema o di marmellata, mentre la versione a ciambella è quella approdata a Napoli con il nome di graffa. Si può chiudere con i ravioli o tortelli dolci, diffusi soprattutto ma non solo in Lombardia, con la certezza di non aver raccontato tuta la ricchezza dei dolci di questo periodo, perché come spesso succede in Italia, non c’è campanile che non abbia una propria specialità: a Carnevale ogni dolce vale.

  391. Il carnevale mi fa pensare ai nei finti che ci faceva mia madre da bambine. Non aveva importanza il vestito che portavi. Quel neo fatto con la matita nera era un dettaglio immancabile. Prima ci truccava gli occhi e le labbra poi stava lì a guardarci la faccia, a ispirarsi, e come se quel neo racchiudesse un pensiero sceglieva un punto, il punto perfetto in cui calcare la punta della matita.

  392. Segnaliamo il volume di Giovanni Kezich: “Carnevale. La festa del mondo” (Laterza)

  393. L’origine dei riti mascherati si perde nella notte dei tempi. Corrisponde al ciclico ritorno degli antenati, che all’avvio del nuovo anno si manifestano ai vivi come figure bizzarre, inquietanti, sfarzose, esagerate per portare un augurio di prosperità e di fertilità. Cacciati dalla cittadella sacra di Natale ed epifania, questi personaggi ancestrali se ne sono andati a spasso per il calendario, trovando rifugio là dove non recavano disturbo. Così, in luoghi remoti del continente europeo e nelle date più impensate del semestre invernale, vediamo tornare alla ribalta gli scampanatori paurosi dei lupercali, i bianchi salterini degli ambarvali, i burleschi birboni dei saturnali…

    Da rito che era, nel regime religioso cristiano la mascherata si è trasformata in farsa, in un presunto tripudio di gola e licenziosità legittimato quale necessaria antifona della successiva espiazione quaresimale. Forte di questo salvacondotto, carnevale diviene il protagonista della cultura popolare della rinascenza europea, di cui seguirà le sorti, per prendere infine il piroscafo e andare a conquistare le grandi città della sponda orientale dell’America Latina e della Louisiana, dove avrà inizio il suo inarrestabile incedere sulla scena globale in atto ancora oggi.

  394. Nuovo studio su una delle tradizioni italiane più antiche, ancora oggi vitali.

    Carnevale
    Un racconto divertente e pieno di curiosità, capace di trascinare il lettore in una cavalcata attraverso i secoli.

    Carnevale festa del mondo, perché il mondo degli uomini vi celebra fasti tutti propri, senza alcun dichiarato riferimento ultraterreno: «non è una festa che si offre al popolo, ma è una festa che il popolo offre a se stesso», scrisse Goethe da par suo1. È la festa di un al di qua senza aldilà, ovvero di un al di qua fattosi immune a qualsiasi suggestione d’aldilà, sotto il cielo diafano e muto di febbraio, senza angeli, senza stelle comete e senza dei. È la festa del secolo laicale, del mondo «mondano», del mondo come è, con tutti i suoi difetti, i suoi vizi, i suoi peccati e le sue brutture, che vi risultano in effetti esagerate, senza imbarazzi. E poi, carnevale è festa del mondo anche per la sua intrinseca qualità virale che, sull’onda potente del desiderio elementare del travestirsi, del mascherarsi, del giocare a divenire altro da sé, e del mettere in scena un mondo soltanto immaginato e desiderato come se fosse vero, lo ha reso noto, un passo dopo l’altro, a tutto il pianeta: dall’Europa cattolica del medioevo, dove è nato, alle Americhe, dove è arrivato prima con il veliero e poi nell’Ottocento con il piroscafo, fino alla sua nuova dimensione globale, dove ormai lo si ritrova dappertutto: senza più una quaresima imminente, senza il nesso con un’idea di redenzione, e pure senza più inverno, perché ormai, da Rio de Janeiro a Rotterdam, carnevale prima per obbligo – in febbraio ai tropici fa caldo – e poi per scelta lo si fa anche d’estate.
    Eppure, con tutta la sua notorietà planetaria, sospeso come un acrobata tra Natale e Pasqua, cioè tra i due fari principali del calendario cristiano, carnevale comunica da sempre una sua qualità funambolica, arrischiata, ambigua. Tutti, infatti, saprebbero raccontare con qualche presunzione di certezza che cos’è il Natale, o che cos’è la Pasqua; quando si parla di carnevale, invece, gli stessi racconti si fanno esitanti e imprecisi, e si tingono presto dei colori ineffabili della leggenda: di una leggenda, però, che non viene narrata mai, e che risulta sempre, nelle versioni smozzicate che si possono carpire qua e là, reticente e incerta. Tuttavia, anche se da passeggero clandestino, carnevale dovrebbe far parte integrante del calendario usitato del mondo popolare cristiano, e attenere almeno di lontano alla medesima tradizione… Questo imbarazzo, questa difficoltà a spiegare, a narrare, incomincia dalla ragion d’essere sempre piuttosto indefinita della festa e addirittura dal suo nome: «carnevale». Questa parola, divenuta nei secoli sempre meno comprensibile, nell’interpretazione tardomedievale si è voluta far alludere a un rito di addio solenne alle carni e al mangiare di grasso, di cui nessuno però sa niente di preciso e che anzi nessuno ha mai visto, forse per il semplice fatto che non c’è mai stato”.

    Giovanni Kezich – Carnevale. La festa del mondo
    https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134139

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