La nuova puntata de “Il sottosuolo” di Ferdinando Camon è dedicata alla sconvolgente e attualissima problematica legata al fenomeno dei cosiddetti “migranti” (in questi giorni c’è, in particolare, questa notizia orribile sta facendo il giro del mondo).
Di seguito, due articoli dal titolo molto indicativo: “Migranti marchiati come animali“, “Selezione dei migranti, chi vive e chi muore“.
(Massimo Maugeri)
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MIGRANTI
1. Migranti marchiati come animali
È al lavoro in Europa, con poteri direzionali, una generazione nata meno di 60 anni fa, che non sa niente di storia. L’altro giorno funzionari di Auschwitz hanno aperto nell’ex campo di sterminio una fila di docce, per rinfrescare i turisti accaldati. Evidentemente non sapevano cosa le docce significano ad Auschwitz. Le proteste d’Israele si son levate altissime, le docce sono state portate via, ma mi domando perché non sono stati rimossi su due piedi anche quegli impiegati. Ieri la polizia ceca, non sapendo come identificare i profughi, adulti e bambini, ha pensato di contrassegnarli con un numero, indelebile, sul braccio. Non sapendo che anche questo sistema era usato ad Auschwitz, e che i sopravvissuti dei Lager si son portati quel numero fino alla morte e oltre. Ad Auschwitz il numero era tatuato sulla carne, mentre la polizia ceca lo scrive su un braccialetto di plastica. Il risultato però è lo stesso: uomini ridotti a numeri, e chiamati con quel numero. Non più persone, ma “pezzi”. A monte di queste operazioni, ci sta una concezione di razza: i migranti sono di razza inferiore. Animali. O cose.
La massa di migranti che preme su Budapest e da lì sulla Germania spaventa tutti. Sono troppi. Hanno bisogno di tutto. Accoglierli è un disastro. Respingerli è una colpa. Che si fa?
Rispondere alzando i muri è una risposta vecchia, razzista, fallita e indegna dell’uomo europeo. I muri sono in contraddizione con lo spirito della Comunità di Stati che si chiama Europa. Al presidente dell’Ungheria, che con la costruzione di un muro lungo quasi 200 chilometri pensa di risolvere il problema dell’immigrazione, viene attribuita una frase orrenda: “Le masse d’immigranti vengono per imbastardire la nostra razza”. Anche in Italia qualcuno parlò così, usando la parola “imbastardire”. Chi usa una parola del genere, dovrebb’essere escluso non dal partito ma dalla politica. La politica è l’arte della relazione con gli altri. Se tu pensi che tu sei puro (o civile) e gli altri sono impuri (o incivili o barbari), e che il contatto con loro ti imbastardisce, non puoi fare politica, puoi fare soltanto guerra. E infatti i muri sono uno strumento di guerra. I muri li costruiva l’Unione Sovietica (la cortina di ferro) o la Germania est (il muro di Berlino), e adesso l’Ungheria, la Bulgaria, e fra poco l’Estonia. Chi si chiude dentro un muro protegge il proprio bene e tiene fuori gli altri, sentiti come un male. Protegge come? “Per ora, i nostri soldati non hanno l’ordine di sparare”, dice il presidente dell’Ungheria, intendendo che possono fare tutto il resto, lanciare gas lacrimogeni, picchiare col manganello, arrestare. O chiudere le stazioni, in modo che non possano partire. È appena successo. Migliaia d’immigrati bloccati nella stazione di Budapest volevano salire sui treni per Vienna e Berlino, ma venivano bloccati. La stazione è stata occupata dai migranti, poi evacuata a forza dalla polizia, poi rioccupata…: è il caos. Da italiano, avrei piacere che questa massa arrivasse a Berlino, per vedere cosa fa la Merkel. Perché la signora Merkel, finché i migranti sbarcavano a migliaia in Italia, ripeteva come un mantra che “il primo paese che toccano se li deve tenere”. Adesso che arrivano in Germania, cambia slogan: “L’ospitalità va divisa fra tutti”. La Merkel non ragiona da europea, ma da tedesca. Io farei notare questa contraddizione, se fossi al posto di Renzi. La farei notare non a lei, ma al mondo.
Che succederà quando gli stati che costruiscono i muri, metteranno sotto il filo spinato le mine? Ci saranno migranti che muoiono? È europeo tutto questo? Noi europei siamo “assassini di affamati”?
Si dice: chi scappa dalla guerra ben venga, chi scappa dalla fame no. E perché? I nostri migranti partivano per fame. Anche la fame è una guerra. Noi occidentali siamo protesi a migliorare il nostro benessere economico, senza pause. Consideriamo il governo che ci guida in questa corsa un buon governo. I disperati che vengono in casa nostra sono un problema, ci rallentano la corsa, ma dobbiamo accettarlo. L’altra scelta è lasciarli morire. Dobbiamo considerare un buon governo quello che non li lascia morire.
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2. Selezione dei migranti, chi vive e chi muore
È in atto una selezione crudele tra i migranti, al momento dell’imbarco sulle coste africane, e poi nella pericolosa traversata fino ai nostri territori. Una parte si salva e sbarca in Europa e vivrà, una parte muore e finisce in tombe senza nome. In un barcone di 500 viaggiatori ci sono spesso, nella stiva, una cinquantina di cadaveri. È una selezione di razza, tra i neri (una volta eran detti “negri”) e i magrebini? Tra i più colti e gl’ignoranti? Tra i più integrabili e i meno integrabili? Tra chi sa lavorare e chi non sa? No. Anche da noi, che stiamo attraversando una crisi che non finisce mai, è in atto una selezione, tra chi ne uscirà bene e starà meglio di prima, e chi ne uscirà male e starà peggio. Ma la distinzione avviene tra chi ha soldi e chi non ne ha. È una selezione classista, non razzista. Certo, anche le classi sono razziali, e nei barconi i magrebini del Nord Africa urlano ai “neri-neri”, i “black-black”, di andar giù, nella stiva. Dove li chiudono a chiave, e se la nave affonda non gli aprono. Anche tra gli immigranti la vita ha prezzi diversi. Loro credono (i magrebini, specialmente gli egiziani) che i neri-neri siano semi-umani o semi-animali, sempre in procinto di diventare prede del demonio, e credono che quando muoiono, giù nella stiva, sia perché il diavolo s’è impossessato dei loro corpi. Mostrano, quando entrano nei nostri porti, i morti nella stiva, che hanno mani e piedi legati. Glieli hanno legati loro, quelli che viaggiano in coperta, perché scendendo a controllare quelli della stiva li vedevano che muovevano collo e testa a scatti, come se dentro di loro ci fosse uno spirito maligno, che li dominava. In realtà quelle sono le convulsioni dell’asfissia. Privo di ossigeno, il cervello scatena questi scatti involontari, e poi si spegne. È il destino di molti neri-neri, maliani, gambiani, senegalesi, sudanesi, ivoriani. Che possono pagare meno della metà il prezzo del viaggio rispetto a siriani, tunisini, egiziani. Anche l’Africa ha un Nord e un Sud, e il Sud è povero. Non è razzismo, o, se è razzismo, è fondato sulla ricchezza. I mezzi della traversata sono distinti per classe, come da noi i treni: ci sono i treni locali per i pendolari e le Frecce per gli uomini d’affari. Così per i migranti c’è la distinzione tra i barconi e i gommoni. I gommoni sono molto più rischiosi. Si sgonfiano facilmente. Hanno un motorino debole. Avanzano a pelo d’acqua. Alle prime ondate, imbarcano acqua e vanno giù. Costano poco, ma quel che compri è la morte. Comunque “compri”, cioè paghi. Non parliamo dunque di “tratta degli schiavi”. Qui non ci sono schiavi venduti da un padrone e costretti a entrare nella barca a colpi di frusta. Questa è gente che paga per entrare.
L’Europa non li vuole ma non perché sono neri o marroni o musulmani. Non li vuole perché sono poveri, non hanno soldi e non producono soldi, non sanno fare niente. Adesso a maltrattarli più degli altri sono tedeschi e ungheresi, guarda caso due popoli uniti nell’ultima guerra mondiale da un razzismo estremista. Gli ungheresi lo dicono: “Portano fame, miseria, bisogno di assistenza, problemi per la Sanità”. I tedeschi bruciano i ricoveri degli immigrati, sperando che loro siano dentro, non fanno dichiarazioni ma si fanno fotografare con le teste rasate e la svastica tatuata sulla nuca. La Germania è il paese più ricco d’Europa, ma se questi migranti ci entrano a centinaia di migliaia rischia di diventare povero. Da qui la cacciata dei migranti, con una certa benevolenza per i siriani, non a caso i più istruiti. Tatuandosi una svastica sulla nuca, i neonazisti rivelano che anche il precedente razzismo, quello dello Sterminio, aveva un movente economico. A venti chilometri da casa mia c’è un paesetto, si chiama Vo’, nel quale in una villa venivano radunati gli ebrei. Il parroco andò a trovarli. “Ma cosa vogliono da noi?”, gli domandarono. E lui rispose: “Vogliono i vostri beni”.
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[I suddetti articoli sono stati pubblicati sui quotidiani locali del Gruppo “Espresso-Repubblica”]
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