La nuova puntata di Letteratitudine Cinema è dedicata al nuovo film di Checco Zalone…
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QUO VADO?
di Gennaro Nunziante
con Luca Medici, Eleonora Giovanardi, Sonia Bergamasco, Lino Banfi, Maurizio Micheli
Recensione di Ornella Sgroi
Quo vado? Siamo in tanti a chiedercelo. Di ogni età, cultura ed estrazione sociale. Ma di una sola nazione, l’Italia. E siamo tutti italiani, i destinatari del film che in questi giorni sta letteralmente facendo esplodere sale cinematografiche e botteghino, scatenando la fantasia analitica di giornalisti, sociologi, produttori, intellettuali e spettatori. Tutti a chiedersi perché.
Perché? Forse perché se c’è qualcuno che viene preso di mira da Luca Medici e Gennaro Nunziante in “Quo vado?”, attraverso la maschera di Checco Zalone, quello è proprio l’italiano. Né medio, né alto, né basso. Semplicemente italiano. Spettatore e soprattutto cittadino, senza fare sconti a nessuno.
Del resto, se di questi tempi non facciamo altro che chiederci “dove stiamo andando?” la colpa è anche nostra. Come dice Checco, non si tratta di corruzione né di concussione, ma di educazione. Salvo poi decidere da che punto di vista affrontare la questione, considerato che nei suoi film non ce n’è mai uno soltanto e tutto può essere guardato da prospettive speculari ed inverse.
Corruzione e concussione in Italia sono all’ordine del giorno, purtroppo. Ma la principale fonte di nutrimento per certe derive è senz’altro la mancanza di educazione e di senso civico nella maggior parte degli italiani, pronti a puntare il dito – a ragione – contro politici e amministratori, ma mai disposti a fare un po’ di sana autocritica.
Ciò che più colpiva dei film di Luca Medici, che è persona ben diversa dal Checco che impersona, per quanto cerchi di farci credere il contrario, era quel paradosso scatenato in sala dalle risate convulse di quella parte di pubblico che solo Zalone riusciva a trascinare al cinema e che sembrava non rendersi conto di essere il destinatario mirato della satira stessa che lo faceva tanto ridere.
Adesso in “Quo vado?”, dietro luoghi comuni e stereotipi, che un fondo di verità ce l’hanno sempre, Luca Medici e Gennaro Nunziante fotografano l’Italia intera e tutti gli italiani con il ritratto di un Checco Zalone che non è più l’eccezione, alieno dal quale difendersi, ma la regola in cui si specchia un’intera nazione. La nostra.
Il risultato è una fotografia lucida, divertentissima e profondamente amara, ben oltre il mito del posto fisso che è stato un tarlo per diverse generazioni alimentando quel circolo vizioso di favori e clientele che hanno mandato a picco il sistema Paese. Non è solo questo, infatti, il nodo narrativo della questione “Quo vado?”, ma anche l’immobilismo nel quale è precipitata l’Italia, ancora oggi impantanata in una palude di finte riforme che rottamano tutto, per poi riproporre gli stessi articoli con nomi nuovi e nuove etichette, comprese le province prima abolite e poi ripescate come aree metropolitane. Per la felicità di Zalone e dei tanti come lui.
Così, mentre il mondo va avanti – quel mondo che in “Quo vado?” è rappresentato dal miraggio dei Paesi del nord, la Norvegia così civile ed evoluta meta ambita per migranti europei – l’Italia resta ferma ad Albano e Romina riciclati in tv come super ospiti dell’ultima edizione del Festival di Sanremo. Uno dei momenti più veri, acuti e deprimenti di tutto il film, se non fosse per quella “faccia da Checcho” che fa morire dal ridere. E che vorresti prendere a schiaffi momento per momento tanto è familiare, come tutti quei luoghi comuni nei quali si specchia, così onestamente reali. Compresa l’immagine dell’italiano che all’estero riscopre un senso civico che non perde occasione di ostentare, denigrando i connazionali con superiorità, per poi cedere alla nostalgia canaglia che fa dipingere di tricolore persino l’Aurora boreale e lascia incantati e sognanti davanti ad un Suv posteggiato in doppia fila.
Nel nuovo film di Luca Medici e Gennaro Nunziante, infatti, non c’è alcuna evoluzione buonista né un finale consolatorio. Come in “Che bella giornata” i terroristi rinunciavano all’attentato contro il patrimonio artistico nazionale confidando nel potere distruttivo di una mina vagante ignorante come Checco Zalone, anche in “Quo vado?” l’apparentemente involontaria critica di costume – che c’è, eccome – non è meno tagliente. Tanto che fino all’ultimo in Checco non c’è alcuna presa di coscienza e di distanza da tutti i privilegi acquisiti per mero favore politico e non certo per possesso dei giusti requisiti. Figlio impunito della prima Repubblica, che – come canta il genio dissacrante, sottile e provocatorio di Luca Medici – purtroppo non si scorda mai.
“Quo vado?” non è un capolavoro. E dal punto di vista della sceneggiatura e della storia, è forse persino un passo indietro rispetto a “Cado dalle nubi” e a “Che bella giornata”. Ma nel nuovo film targato Zalone c’è un livello di scrittura che va oltre il dato tecnico, con una indiscutibile abilità di costruzione di linguaggio, situazioni, doppi sensi e capovolgimenti che fanno ancora della nostra commedia una radiografia sociale, strumento diagnostico efficace da leggere in controluce.
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Leggi l’introduzione di Massimo Maugeri
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