Lucca Comics & Games 2017 : pubblichiamo il primo contributo – da Lucca – del nostro inviato Furio Detti, collaboratore di Letteratitudine nell’ambito della rubrica “Graphic Novel e Fumetti“ (photo credits dello stesso Furio Detti).
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ROMERO MENO DISPERATO DI ME
Robert Kirkman (Oblivion Song, Invincible, The Walking Dead) si racconta per la prima volta italiana a Lucca Comics&Games “Heroes” 2017
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di Furio Detti
(LUCCA 3 novembre 2017) – Robert Kirkman, fumettista, sceneggiatore e autore di “The Walking Dead” è per la prima volta in Italia a Lucca Comics&Games “Heroes” 2017, con le domande di Letteratitudine e altri al Press Caffé. Kirkman, fumettista e sceneggiatore, non solo autore dell’acclamato fenomeno “The Walking Dead” ma popolare con serie come Invincible, Oblivion Song (con l’italiano Lorenzo De Felici) risponde alle domande di un pubblico di professionisti assetati di novità: parla di Romero, della famiglia e dei prossimi progetti multimediali.
**”Heroes”, Eroi, è il tema di Lucca Comics and Games 2017. Come intende gli eroi Kirkman?**
Per me un eroe è chi è disposto a uscire dalla sua “confort zone” per fare qualcosa di buono, qualcosa per gli altri. La cosa più importante in ciò è l’elemento del sacrificio. Devi sacrificare qualcosa di te, o di tuo per gli altri; è questo che rende eroico un gesto. Quando un personaggio si trova a suo agio, nel momento in cui lascia questa zona di sicurezza può trasformarsi in un eroe.
L’eroe nei fumetti statunitensi e nel genere è sempre slegato dalla famiglia; nel tuo caso invece no: da cosa nasce questa cosa?
Credo che sia effettivamente un tema interessante da esplorare proprio perché gli altri sceneggiatori evitano spesso il tema delle relazioni familiari con gli eroi; comunque in generale ognuno scrive quello che conosce. Io per esempio sono sposato e con due bambini e spesso ci sono decine di episodi legati alla mia esperienza personale abbastanza notevoli, a volte terribili. Se io da solo sto cercando di prendere l’autobus e lo perdo, la storia non interessa a nessuno, ma se lo perdo insieme coi miei figli, la cosa diventa interessante: coinvolgere la famiglia rende la narrazione immensamente più interessante e più appassionante in un certo senso. Coinvolgere la propria famiglia rende sempre interessante la storia. Le famiglie ci complicano la vita in maniera interessante e la stessa cosa succede con le storie che raccontiamo.
**Parliamo di Oblivion Song**: Quanto di italiano è stato portato da Lorenzo De Felici dentro Oblivion?
Non so se Lorenzo abbia portato qualcosa di italiano in Oblivion, può essere che l’abbia fatto, ma io non l’ho notato. Però c’è una particolare sensibilità che io trovo inedita, mai vista prima: forse è quella la sua “italianità”. Comunque, made in Italy, o no, Il contributo di Lorenzo nel creare insieme il mondo di Oblivion è stato molto, molto importante. Occorre una grande coerenza nel progettare quest’ambientazione; in Oblivion ci sono un ecosistema e una catena alimentare complessi, che devono essere insieme unici e particolari, ma anche essere scientificamente plausibili, credibili, coerenti. È qui che Lorenzo dà il suo contributo più importante.
**Invincible col numero 144 è destinato a finire. Hai pensato a un autore che possa raccogliere un eventuale *sequel* della storia?**
Già molti anni fa avrei voluto vedere Invincible sopravvivermi, e quindi – sì – non mi dispiacerebbe affatto vederlo proseguire da qualcun altro. Anzi, mi immagino da vecchio a leggere qualche numero di Invincible, che inevitabilmente non mi piacerà, perché io ormai sarò diventato un artista del passato e le mie idee sarebbero divenute datate rispetto a quelle di chi lo avrà preso in carico. Del resto è altrettanto vero che io ho immaginato questa storia con un inizio, uno svolgimento e, quando mi sono accorto di essere arrivato alla fine, questa mi interessava molto; però mi sono anche accorto che tutte le storie supereoristiche americane non finiscono davvero mai, in fin dei conti. Una delle caratteristiche che Invincible ha avuto sin dall’inizio è stata quella di andare contro a tutte le tradizioni del genere supereroistico; per questo ho voluto concluderlo.
**La paura cos’è per Kirkman? La paura sociale, del mondo, o la paura intima, familiare?**
Entrambe le paure esistono. Probabilmente possiamo aver paura di entrambe le cose, certo, come esiste fuori, anche dentro di noi può esserci qualcosa di malvagio – dentro di me, no, magari dentro di voi! – comunque la cosa più interessante è il percorso che ci porta a realizzare qualcosa di cui siamo capaci, o qualcosa di cui sono capaci gli altri. Ognuno ha un punto di rottura, una linea che non vorrebbe mai attraversare, ma che è disposto a oltrepassare quando si presenta la motivazione giusta, come salvare una persona amata, o qualcosa del genere. Fidatevi.
**Informazioni sulla terza stagione di Outcast?**
Posso dire che i nostri partner USA (Cinemax) sono in fase di ristrutturazione interna e questo ha portato al fatto di non poter trasmettere la seconda stagione in America prima dell’estate appena passata, quindi siamo tutti sfortunatamente in attesa degli sviluppi degli eventi e di capire come poter proseguire. Speriamo fortemente di poter continuare, vogliamo continuare, per quanto io detesti lavorare con Patrick Fugit. [risate]
**Gli zombi dopo Romero…**
Alla domanda se ci siano differenze tra il mondo di Kirkman e Romero, considerato molto più disperato, facendo un confronto con Romero, Kirkman prova a spiegarsi meglio: «La maggior parte delle persone tenderebbe a dire che The Walking Dead sia priva di speranza, ma io non ne sono convinto e sono felice che qualcuno trovi la mia serie più ottimista del solito; è vero che in “The Night of the Living Dead”, il primo film di Romero, lo scenario era molto disperato, ma è vero che Romero fa finire “Dawn of the Dead” e “Day of the Dead” con la scena dell’elicottero che è una nota piuttosto positiva, incidentalmente entrambe le storie finiscono con la fuga nel cielo. Credo che ci sia speranza anche in queste storie ma penso che il mezzo non abbia consentito all’epoca a questo maestro di esprimere un simile aspetto. Io dispongo invece – per quanto riguarda la serie a fumetti – di una tela illimitata, cosa che forse è mancata a questo grande maestro del cinema. Potrei anche persino argomentare che, al contrario, in Romero c’è persino più speranza che nelle mie storie, anche per gli zombi: a differenza dei miei i suoi evolvono, sviluppano una sorta di intelligenza. Secondo me è anche questo un tema di speranza.
**Ci sono stati alieni in The Walking Dead all’inizio. Li rivedremo alla fine? Diciassette anni fa lei scriveva Battle Pope, un fumetto di satira. Tornerà alla satira dopo queste serie?**
No, non ho mai avuto intenzione di inserire gli alieni in The Walking Dead: ho solo mentito, per creare più interesse e contribuire al successo della storia. Quindi no, niente alieni in The Walking Dead. Quanto alla seconda domanda è sempre molto difficile scrivere storie umoristiche, e per me – che sono sempre sotto pressione nel mio lavoro attuale – non ci sono margini per inserire il tocco ironico, umoristico, satirico. Certamente mi è sempre molto piaciuta l’idea di costruire la mia carriera fra due Battle Pope: all’inizio e alla fine, tutto quello che ho fatto racchiuso dal progetto più demenziale e stupido che ho mai realizzato. Quando avrò i capelli bianchi e la mia carriera sarà al termine tornerò su Battle Pope.
**Il progetto di Invincible ha un film in vista. Ci sono aggiornamenti?**
Stiamo lavorando sodo, io Evan Goldberg e Seth Rogen, ci stiamo rimandando continuamente idee e spunti per arrivare a uno script definitivo, il progetto è in marcia e speriamo di potervi dare notizie più succose nel prossimo futuro. Questo è tutto quello che posso dire per il futuro.
**C’è qualche personaggio morto in The Walking Dead che vorresti veder risorgere?**
In questo genere di situazioni non posso dire di avere dei personaggi preferiti: ci sono degli attori coinvolti e non posso sbilanciarmi più di tanto, per ovvie ragioni. Però dico Tyreese, perché Chad Coleman è il migliore.
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**La nostra domanda**
Nelle tue storie c’è sempre un elemento costante di precarietà. Ogni situazione, ogni personaggio sembra essere sul punto di cadere in un pozzo non appena ha conquistato un po’ di pace. C’è stato qualche episodio dell’ultimo anno – di cronaca, o personale, o di cui sei venuto a conoscenza – che ti ha ispirato al punto da volerlo inserire nelle tue storie o da averlo già inserito?
Mi chiedete sempre di parlare di Donald Trump?!? [risate] – LETTERATITUDINE – Sapevamo che lo avresti detto! – Beh – prosegue Kirkman – la mia strategia in questi casi per affrontare una situazione del genere è cercare di ignorarla. Ma in questi tempi difficili non riesco a negare il fatto che ci sia una necessità di fuga dalla realtà. La situazione attuale, anzi, mi ha dato voglia di inserire più elementi positivi, di metterci più speranza. Credo che questo sia ciò di cui abbiamo più bisogno in questo mondo. Quindi… aspettatevi un cospicuo aumento delle sequenze da musical in The Walking Dead! [ridono tutti]
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