LA RAGAZZA NELL’ACQUA di Robert Bryndza: il nuovo romanzo del bestsellerita inglese residente in Slovacchia, tradotto da Beatrice Messineo
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Il nuovo appuntamento dello spazio di Letteratitudine chiamato “Vista dal traduttore” (dedicato, per l’appunto, al lavoro delle traduttrici e dei traduttori letterari) è incentrato sul romanzo “La ragazza nell’acqua” di Robert Bryndza (Newton Compton Editori – traduzione di Beatrice Messineo).
Beatrice Messineo ci introduce nel suo “laboratorio di traduzione” e di parla di questo nuovo romanzo del bestsellerita inglese, che vive in Slovacchia, autore di “La donna di ghiaccio”, il libro più letto in Italia in versione digitale nel 2017, 2 milioni e mezzo di copie nel mondo, tradotto in 28 Paesi.
“La ragazza nell’acqua” è il terzo thriller della serie che ha come protagonista la detective Erika Foster, la poliziotta slovacca immigrata in Inghilterra dal carattere forte e risoluto, ispirata alla Clarice Starling di Thomas Harris.
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di Beatrice Messineo
Quando ho iniziato a tradurre La ragazza nell’acqua, ho salutato la protagonista Erika Foster come una vecchia amica. Avevo seguito da vicino anche gli altri due volumi della serie – La donna di ghiaccio e La vittima perfetta – dunque non si può dire che fossi completamente estranea alle dinamiche e ai personaggi. Quello che ha dotato Erika e gli altri co-protagonisti di una consistenza tale da renderli reali è una sottile costruzione dei personaggi, che Bryndza ci presenta con una precisione quasi maniacale. Dalla scelta dei vestiti al modo in cui arredano la casa, da un particolare tic ai vari toni di voce, dai silenzi esitanti alle esplosioni di rabbia o impazienza, l’autore non lascia nulla al caso e attraverso gesti, reazioni, parole e riflessioni guida alla scoperta della psiche e dell’emotività dei diversi personaggi. Proprio per la complessità di queste sfaccettature risulta difficile dividere nettamente i vari protagonisti del romanzo in buoni e cattivi. Il confine fra male e bene è fluido e non delineato, e spinge a interrogarsi sui propri giudizi, a volte senza riuscire a stabilire una linea netta fra innocenza e colpevolezza. Va da sé che di vitale importanza è stato, nel corso della traduzione, dare il giusto rilievo a tutti questi dettagli e restituire una fedele immagine degli intricati processi della mente umana. Individuare le sfumature dei verbi, interrogarmi sulla scelta delle parole da parte dell’autore, trovare il termine più adatto, cercare la voce unica dei personaggi e renderla correttamente per ognuno di loro: è così che ho provato a tradurre la complessità del mondo rappresentato da Robert Bryndza.
A volte, però, questo forte descrittivismo si presentava come un’arma a doppio taglio, soprattutto per il rigore e la minuziosità con cui venivano caratterizzate le ambientazioni o le autopsie eseguite dal medico legale (a scuola non andavo forte in scienze!). Ricordo di aver consultato anche qualche amico medico, chiedendo riscontro su quanto scritto e, soprattutto, su come era stato scritto: volevo accertarmi che il linguaggio medico fosse corretto e che non suonasse forzato, proprio perché tutto il romanzo è improntato a un forte realismo. L’obiettivo è stato riprodurre fedelmente l’accurata ricerca svolta dall’autore: dalla prassi delle indagini, ai gradi dei poliziotti coinvolti, dagli esami sulla scena del crimine a quelli sul cadavere. Ma non si tratta solo di toni e atmosfere: la precisione della narrazione riguarda anche e, soprattutto, il dispiegarsi delle indagini, che poi sono il punto focale di un giallo.
La narrazione è in terza persona, ma segue i punti di vista di diversi personaggi le cui storie finiscono per intrecciarsi, che ne siano consapevoli o no. Questa sorta di onniscienza contribuisce fortemente alla suspense e confesso che più di una volta mi sono ritrovata a scorrere velocemente le pagine per scoprire cosa fosse successo. Ma non solo. Contribuisce a scavare a fondo nell’ipocrisia che, come nella realtà, rischia di avvolgere i sistemi chiusi. E il romanzo gioca molto sull’idea che non tutto è come sembra, tanto che le reazioni che uno stesso personaggio suscita nel lettore sono di volta in volta molto contrastanti e lo coinvolgono emotivamente nella storia: e il traduttore, in fondo, è una sorta di lettore privilegiato.
Per la mia breve esperienza, i libri che, mentre traduco, riescono a farmi ridere, piangere o urlare davanti allo schermo del PC sono sempre i migliori.
Con l’autore ho avuto qualche semplice scambio via social, soprattutto tramite Instagram su cui lui è molto attivo. Ammetto che osservarlo nella vita reale, o virtuale che sia, è stato utile per conoscerlo e comprenderlo quel tanto in più da permettermi di ritrovarlo in qualche aspetto dei suoi personaggi.
Le traduzioni necessitano di un approccio olistico, un po’ come la musica: non sono solo le parole a essere importanti ma la melodia, il contributo di ogni singolo strumento e accordo che, anche se non lo si nota subito, c’è. E devo dire che, quando inizio a tradurre, mi accompagno con una vera orchestra che va dai dizionari ai siti che possono essermi utili, dalle persone con competenze specifiche a cui chiedere conferme, ai meravigliosi revisori con cui ho avuto modo di collaborare.
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La scheda del libro
Il detective Erika Foster ha appena ricevuto una soffiata che le indica il luogo in cui è nascosta la prova per sventare un grosso traffico di droga. Seppure sospettosa, ordina la perquisizione di una cava in disuso alla periferia di Londra. Quello che non si aspetta è che, scavando nel fango, oltre alla droga venga ritrovato un piccolo scheletro, subito identificato. Si tratta di Jessica Collins, scomparsa ventisei anni prima all’età di soli sette anni. Il caso fece un grandissimo scalpore e il mistero dietro la scomparsa di Jessica non venne mai risolto. Cominciando a indagare grazie alle nuove prove, Erika si addentra in un caso difficilissimo, in un costante alternarsi di passato e presente. Dovrà fare i conti con i segreti della famiglia Collins, i rimorsi del detective divorato dal senso di colpa per non aver mai ritrovato Jessica, e un altro omicidio avvenuto vicino alla cava. Chi conosce la verità? E perché qualcuno non vuole che il caso venga finalmente chiuso?
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ROBERT BRYNDZA, dopo anni dedicati alla scrittura, si è conquistato una fama incredibile con il suo thriller d’esordio, La donna di ghiaccio, che in pochi mesi ha scalato le classifiche ed è in corso di traduzione in 28 Paesi. I romanzi incentrati su Erika Foster sono bestseller internazionali che contano oltre 2,5 milioni di copie vendute. Dopo La donna di ghiaccio e La vittima perfetta, La ragazza nell’acqua è il terzo romanzo della serie. Robert è inglese e vive in Slovacchia con suo marito Ján. Per saperne di più: robertbryndza.com
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Beatrice Messineo è una traduttrice di origine marchigiana che vive a Formia, in provincia di Latina. Da sempre appassionata di lingue e letteratura, nel 2017 traduce il primo libro per la Newton Compton Editori, I 3000 di Auschwitz, e nell’ottobre dello stesso anno si laurea alla facoltà di Mediazione Linguistica di Macerata con un elaborato finale in lingua inglese sulle “Strategie di traduzione dei titoli nelle opere letterarie fiction”.
Rincorrendo la passione per la traduzione letteraria, frequenta diversi corsi di formazione fra cui quello tenuto nel 2018 dalla casa editrice Minimum Fax, durante il quale ha modo di confrontarsi con traduttori del calibro di Tiziana Mennella, Adelaide Cioni e Luca Briasco.
Quando non traduce – e spesso anche mentre lo fa – Beatrice legge, viaggia, balla e inventa nuovi liquori.
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Tutte le puntate di “Vista dal traduttore” sono disponibili qui.
L’introduzione della rubrica è disponibile qui
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