Ho il piacere di presentarvi due racconti molto interessanti.
Naturalmente siete invitati a leggerli e a commentarli.
Il primo racconto, intitolato “A ciascuno il suo”, (titolo sciasciano) è firmato da Veronika Simoniti. E lo trovate in questo stesso post.
Il secondo, “I semi delle fave”, è di Simona Lo Iacono. E lo trovate qui.
Preciso subito che Veronika è la moglie del “nostro” Sergio Sozi.
Entrambi i racconti sono preceduti da una breve nota biografica.
Buona lettura.
(Massimo Maugeri)
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Veronika Simoniti (1967, nella foto) vive a Lubiana, dove lavora, soprattutto per conto di grandi case editrici, come traduttrice letteraria dal francese e dall’italiano (Camilleri, Marani, Buzzati, Calvino, Pazzi, Tabucchi, Vassalli, ecc.), oltre che come Lettrice d’italiano presso
la Facoltà di Lettere e Filosofia di Lubiana.In quanto narratrice ha esordito in Slovenia nel 2005 con Zasukane štorije – raccolta di racconti brevi, segnalata dal Premio Esordio dell’Anno 2005 e due volte inclusa tra i finalisti del premio per la migliore raccolta di prosa breve, Fabula 2006 e Fabula 2007. Ha vinto premi o ricevuto segnalazioni anche per singoli racconti (per l’Italia ricordiamo la segnalazione del Premio Teramo). Pubblica per diverse riviste letterarie slovene e per Radio Slovenia. Alcuni suoi racconti sono stati tradotti in inglese, tedesco, ungherese, croato e italiano.Il racconto Egeo è incluso nell’antologia di scrittori sloveni nati dopo il ’60, in inglese, A Lazy Sunday Afternoon, pubblicata dall’Associazione degli Scrittori Sloveni (Lubiana 2007) oltre che, in traduzione italiana, nell’antologia Cromografie (ed. bilingue ita/slo, 2007). Finora ha tenuto incontri letterari su invito a Budapest (Fiera del Libro – aprile 2006), Francoforte (Fiera del Libro – ottobre 2006), Roma (Università la Sapienza – maggio 2007), Torino (Salone del Libro – maggio 2007) e Berlino (Literatur Werkstatt – febbraio 2008). È membro della giuria del premio del Festival Letterario Internazionale Vilenica, dell’Associazione degli Scrittori Sloveni e dell’Associazione dei Traduttori Letterari sloveni.
Va infine precisato che il racconto A ciascuno il suo, tutt’ora inedito in Italia, ha ricevuto il personale apprezzamento di Claudio Magris.
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A CIASCUNO IL SUO
I
Abdul non sapeva dove sbattere la testa. Non sapeva che fare. In un anno che stava in Italia ancora non aveva combinato niente. L’unica cosa buona era aver incontrato Madjid. Madjid non era curdo come Abdul, era berbero. Comunicavano in un italiano zoppicante, con quelle poche parole che avevano imparato durante il loro breve soggiorno senza permesso in Italia.
«Abdul, cosa fare noi oggi?»
«Che ne dici di andare a vedere se troviamo qualche motorino?»
«Ah, ah, Abdul, motorino per girare, brrruumm, brrruumm, ah, ah…»
E cosí Abdul il Curdo e Madjid il Berbero in quella tiepida sera settembrina si misero a cercare «qualche motorino». Si avviarono per le vie del centro storico pordenonese, senza badare alle bellissime facciate delle case rinascimentali, senza degnare nemmeno di uno sguardo le arcate che proteggevano i maestosi portoni dei palazzi signorili, senza sentire i colpi dell’orologio municipale, senza accorgersi degli affreschi rosso-marrone in restauro. Il loro passo era diretto verso l’immediato futuro perché del passato e della storia che ancora attualmente opprimevano i loro rispettivi popoli non ne potevano più.
—
II
Silvano e la sua fidanzatina salparono troppo tardi. Quella tiepida ma piovosa sera settembrina la loro macchina sembrava piú una nave che un veicolo stradale. In più, la sua fidanzata, nonostante l’aspetto magro, smilzo e indifeso, quella tiepida sera settembrina era anche un bel po’ stronzetta. Tra gli scrosci che si sentivano mentre le ruote navigavano da una pozzanghera dell’autostrada all’altra, non smetteva di rimproverargli di essere partiti troppo tardi per colpa sua, per colpa di Silvano.
«Chi dorme non piglia pesci. Se sai che il giorno dopo devi fare duecento chilometri in macchina e che l’incontro è fissato per le sei e mezza, non parti mica alle quattro del pomeriggio».
Il naso della fidanzata sembrava allungarsi per l’offesa.
«Senti, stanotte stavo ancora rileggendo la cosa. Lo sai che non sono molto sicuro che tutto vada bene».
«Ma certo che va bene, Silvano! L’abbiamo rivista chissà quante volte. Lo sai che meriterebbe di essere pubblicata».
«Lo pensi davvero?»
«Certo, amore».
Il naso della fidanzata era tornato corto come prima.
«Il fatto è che oggi funziona tutto con le conoscenze. Se non stai nel giro, se non lecchi i piedi a nessuno, non combini niente».
«Ce la farai, amore, ce la faremo», rispose la promessa sposa come rispondono le regine che dietro le quinte tengono i fili del regno del marito.
Splash, splosh… oddio, è andata la gomma!
—
III
«Abdul, piacere a te quello motorino?»
No, a Abdul non piaceva perché stava troppo vicino al baretto, e davanti al baretto c’era della gente seduta che, sorseggiando il caffè o il refosco friulano, avrebbe potuto vedere il furto da vicino e dunque reagire.
Il curdo e il berbero erano stanchi. Si sedettero sugli scalini davanti a un negozio chiuso per le tarde ferie.
«Sta per cominciare a piovere», disse Abdul.
«Da noi non piovere mai. Tutto secco», aggiunse Madjid.
«Da noi raramente. C’è anche una leggenda sulla pioggia. È una leggenda molto bella».«Dimmi la leggenda, Abdul».
«Un giorno un giovane principe vaga per i campi e avvista una pastorella. La pastorella si chiamava Leila e pascola una sola pecorella… Il principe Najad si avvicina alla pastorella e vede che lei è molto bella…»
«Bella come Naomi Cambel, ah, ah…»
«Bella come Naomi Campbell. Ma vede anche che la pastorella Leila piange. Allora le chiede: ‘Pastorella, perché piangi?’»
In quel momento davanti ad Abdul e Madjid passò un elegante signore in giacca e cravatta che, scambiando il berretto di Abdul per un contenitore elemosiniaco, ci gettò la nuova moneta da mille lire.
Abdul e Madjid si scambiarono gli sguardi e sorrisero con complicità.
—
IV
Il professor Jagris già da tempo soffriva di quello che negli ambienti letterari viene definito il «vuoto creativo». Dopo l’ultimo libro, Il Tagliamento, una riuscitissima metafora del «taglio» tra due mondi, quello italiano e quello «furlan», era rimasto avvolto in un vacuum e gli sembrava di stare sotto una campana di vetro. Non lo poteva consolare né l’attenzione che gli recavano gli intellettualetti provinciali né gli inviti di cui era bombardato da ogni parte della regione né le lettere, piene di lodi e complimenti, che riceveva tutti i santi giorni. Non ne poteva piú di sparpagliare la propria conoscenza tra i commensali accidentalmente occasionali nelle tavolate dopo le sue conferenze, quella gente che gli succhiava il midollo mentre lui buttava il suo sapere come le perle ai porci. Solo che i porci tornavano a casa tutti orgogliosi e arricchiti, e lui rientrava del tutto esausto e vuoto. Il professor Jagris era disperato. Il contratto lo obbligava a consegnare un nuovo libro entro la fine dell’anno. Era autunno, era una tiepida sera settembrina, gli rimanevano ancora tre mesi e nell’orfano file del suo computer non figurava neanche una frase completa. Gli abbozzi delle idee gli giravano sí nella testa, ma nessuna di esse era degna di essere approfondita. Il tema del suo saggio letterario avrebbe dovuto aggirasi intorno alle leggende antiche e moderne orientali e occidentali. Il professor Jagris negli ultimi mesi aveva letto tanta di quella letteratura scritta sull’argomento, ma non riusciva a sviluppare un proprio punto di vista. E quella sera doveva andare all’Auditorio, per un’ennesima conferenza su Il Tagliamento. Sapeva a memoria già le domande che gli avrebbero fatto e le risposte che lui avrebbe dato. Erano le sei, bisognava avviarsi verso la sala, stava nella piazzetta sotto il corso. E poi ha fatto bene ad aver lasciato il motorino nel vicoletto lí vicino, sarà facile tornare a casa. Pensieroso, il professor Jagris passò davanti a due extracomunitari gettando una nuova moneta da mille lire nel berretto che giaceva davanti a loro. Chissà da dove vengono questi due, pensò, e chissà come sono le leggende del loro Paese.
—
V
Il carro attrezzi dell’ACI partí e Silvano e la sua fidanzatina tirarono un sospiro di sollievo. La gomma era a posto e dopo aver fatto la pipí nell’orrendo ed anonimo autogrill continuarono il viaggio verso Pordenone. Silvano diventava nervoso perché si stava facendo tardi; la gomma gli aveva preso un’ora del suo prezioso tempo.
«Se fossimo partiti prima…», ricominciava la fidanzata col naso sempre piu affilato.
«Se fossimo, se fossimo… fatto sta che non siamo partiti prima!» alzò la voce Silvano.
«Per colpa di chi?»
«Uffa!»«E che fai???» urlò lei.
«Cosa adesso?»
«Hai appena fallito l’uscita per Pordenone!»
«Come? Non è possibile!»
«Ma sí, certo, se sorpassi il camion nel momento in cui ti sta coprendo il cartello indicatore!»
Anche il naso di Silvano diventò lungo. E per di piú, rosso.
La fidanzata stese la cartina sulle ginocchia.
«Adesso dobbiamo fare la strada statale che è molto piú lunga».
—
VI
«Allora le chiede: ‘
Pastorella, perché piangi?’
‘Piango perché prima avevo un gregge numeroso.’
‘E dove sono andate le tue pecore?’ chiede il principe.
‘Le ha rubate il Dio della Pioggia.’
‘E dove le ha portate?’
‘Stanno nel suo Regno delle Nuvole.’
‘E perché te le ha prese?’
‘Perché si sentiva solo e vuoto.’
‘Non puoi chiedergli di ridartele?’
‘Ho paura.’
Il principe Najad che pian piano si innamora della pastorella decide di andare dal Dio della Pioggia e chiedergli di restituire le pecore a Leila».
«Abdul, lei bella come Naomi Cambel?»«Sí, bella come Naomi Campbell».
—
VII.
Quando arrivarono a Pordenone erano le sette e mezza. Prima che trovassero la sala dell’Auditorio si erano fatte le otto meno dieci.
La porta dell’ingresso si aprí e uscí un grappolo di signori con la barba, c’era chi intellettualmente si accendeva la pipa, le donne ridevano con discrezione, i giovani dirigevano lo sguardo verso l’uscita della sala da dove dovrebbe da un istante all’altro venire il celebre personaggio. C’era chi, alla bancarella di uno studente stile sessantotto, comprava Il Tagliamento e c’era chi un po’ piu avanti con il libro già comprato in una mano e la penna nell’altra aspettava l’illustre docente per farsi fare l’autografo. Era questa la scena nel momento in cui giunsero Silvano e la sua fidanzata.
«Forse ci riusciamo».
«Ma come faccio a dargli la mia copia, guarda!»
Dal portone uscí un altro grappolo appiccicato al professor Jagris. Sembrava un plotone di guardie del corpo. La piccola folla si eccitò e circondò la scorta.
«Aspetta, si libererà di loro prima o poi, no?»
E infatti, dopo qualche minuto, i fan cominciarono a diradarsi, finché non restò solo il primo nucleo che accompagnò il professor Jagris attraverso la strada.
«Seguiamoli!» si entusiasmò la fidanzata di Silvano.
«Ma che sei pazza?»
«Lo vuoi pubblicare il libro o no? È un’occasione che non possiamo perdere. E poi abbiamo fatto tutta questa strada!»
Il corteo jagrisiano si avviò verso l’osteria dell’Antico daino e si sedette a un tavolino fuori, sotto la tenda. La fidanzata trascinò attraverso la strada Silvano, paralizzato dalla paura. I due si sedettero due tavoli piú lontano. Sulla panchina di legno, Jagris era schiacciato da altri incravattati che guardavano solo lui e assorbivano ogni parola dalle sue labbra. Il professore stava scomodo e anche se avrebbe dovuto un’altra volta gettare le perle ai porci era contento poiché almeno per una sera gli facevano dimenticare il «vuoto creativo»…
«È imbarazzante», disse Silvano.
«Come faccio, vado lí mentre parla e gli ficco le bozze sotto il naso? Che, gli dico: Professor Jagris, ecco il mio libro, che ne dice di leggerlo e mettere una buona parola per me presso qualche casa editrice?»
«E allora perché siamo venuti? Perché abbiamo fatto duecento chilometri? Dimentichi che per tornare ne faremo altri duecento?»
«E poi lo sai, non sono nemmeno sicuro che il titolo vada bene».
«Ne abbiamo parlato tanto, Silvano: perché Il Regno del Sole non andrebbe bene? È un saggio letterario, ci vuole un titolo un minimo misterioso».
«Forse non traspare bene il contenuto: tratto delle leggende».
«Ma l’hai scritto nel sottotitolo: Il Regno del Sole, Leggende antiche e moderne dell’Occidente e dell’Oriente».
«Forse sarebbe meglio A ciascuno il suo o Le cose cambiano. Cosí si capirebbe subito il messaggio dell’intercambio delle culture, delle ricchezze che si regalavano i popoli durante la storia, spesso senza rendersene conto».
«Sei troppo autocritico».
«E forse non ho fatto abbastanza ricerche sulle leggende ancora sconosciute con cui illustrare il mio saggio. Mi manca il materiale».
I commensali del professor Jagris si alzarono e si misero a stringersi la mano.
«Adesso, vedi, sta per attraversare la strada, seguilo!»
—
VIII
«Abdul, a te piacere questo motorino?»
«Hm, questo potrebbe andar bene. Senti, tu ti metti un po’ piú avanti, a quell’angolo e osserva. Se viene qualcuno, fischia».
«Fischia? Fiu-fiu, cosí?»
«Cosí».
Abdul cominciò a occuparsi della catena intorno alla Vespa rossa.
Il professor Jagris attraversava la strada quando sentí una voce fioca dietro di lui: «Professore, professore, scusi un attimo». Jagris si voltò e vide un giovanotto che stendeva la mano verso di lui porgendogli un fascicolo giallo. Ma la scena che aveva visto un secondo prima gli tornò davanti agli occhi, la scena di due extracomunitari che stavano aprendo la catena di un motorino. Di un motorino rosso. Della sua Vespa! Il professor Jagris non badò al giovane invadente ma corse verso i due delinquenti. In certe situazioni il nostro cervello ha delle idee geniali. Il quel momento il cervello di Silvano ebbe l’idea di acquistare la simpatia del professore salvandogli la moto. Si buttò in una corsa sfrenata dietro ai due ragazzi che nel frattempo erano riusciti a liberare il veicolo dall’abbraccio della catena, saltarci sopra e fuggire. Si buttò allora, seguito dalla fidanzata, in una gara rocambolesca per essere pubblicato, per diventare un giorno famoso come il professor Jagris, gettando per terra la cartella gialla con dentro il suo saggio. Il professor Jagris si fermò, rimanendo immobile in mezzo alla strada. Ancora non aveva capito cosa gli fosse successo. I suoi accompagnatori erano già andati via e non avevano visto l’indescrivibile avvenimento. La pioggia sgocciolava sulla cartella gialla. Il professor Jagris si inchinò e la raccolse. Aprí il cartone e lesse il titolo: Il Regno del Sole, Leggende antiche e moderne dell’Occidente e dell’Oriente. Un sorriso malizioso gli attraversò il viso.
—
IX
Dicono che quando uno alle cose ci tiene, riesca a attraversare mari e monti. Silvano, che teneva tanto a conoscere il professor Jagris e a pubblicare il suo saggio, riuscí a prendere i due mascalzoni e la moto del celebre intellettuale. L’ambizione gli dava un tale coraggio che se ne accorsero e si spaventarono anche Abdul il Curdo e Madjid il Berbero.
«Prego, prego, non fare male, noi poveri», supplicava Madjid.
«Non chiamare la polizia, per favore», lo pregava Abdul.
«Adesso torniamo dal legittimo proprietario, gli ridiamo la moto e voi vi scusate direttamente con lui!» era accanito Silvano che teneva le giacche dei due ragazzi sulla loro nuca mentre la fidanzata tirava la Vespa.
«Noi fare tutto, ma non dire polizia!»
Quando imboccarono la strada del furto, il professor Jagris non c’era più. Tornarono al luogo esatto del delitto e non c’era nemmeno la cartella gialla. Silvano lasciò i colletti di Abdul e Madjid, si sedette disperato all’orlo del marciapiede e, sull’orlo delle lacrime, si mise la testa tra le mani.
«Vedete cosa avete fatto, imbecilli!» disse la fidanzata abbracciando Silvano.
«Cosa? Il signore è già andato via, forse lui se ne frega della moto».
«Idioti, ho perso il mio saggio!»
«Saggio? Cosa saggio?» chiese Madjid.
«Sí, ciao, a spiegarlo a voi, cos’è un saggio. E cosa sono le leggende e cos’è la storia del Regno del Sole», singhiozzò Silvano.
«Abdul, questo come tua storia regno di nuvole».
«Sí, adesso non è piu il regno del sole, è il regno delle nuvole», ironizzò la fidanzata.
«La leggenda curda racconta che un giorno un giovane principe erra per i campi e incontra una pastorella, Leila, che pascola una sola pecorella… Il principe Najad si avvicina alla pastorella e vede che lei è molto bella…»
«Bella come Naomi Cambel…» aggiunse Madjid.«Bella come Naomi Campbell», ripetè Abdul e continuò: «Ma vede anche che la pastorella Leila piange. Allora le chiede: ‘Pastorella, perché piangi?’
‘Piango perché prima avevo un gregge numeroso.’
‘E dove sono andate le tue pecore?’ chiede il principe.
‘Le ha rubate il Dio della Pioggia.’
‘E dove le ha portate?”Stanno nel suo Regno delle Nuvole.’
‘E perché te le ha prese?’
‘Perché si sentiva solo e vuoto.’
‘Non puoi chiedergli di ridartele?’
‘Ho paura.’
Il principe che pian piano si innamora della pastorella decide di andare dal Dio della Pioggia a chiedergli di restituire le pecore a Leila.
Quando arriva al Regno delle Nuvole vede che le nuvole non sono nuvole bensí le pecore che pascolano sul cielo. Le pecore sono molto tristi perché non stanno piú con Leila. E le loro lacrime sono le gocce della pioggia.
Il principe va dal Dio della Pioggia e gli dice:
‘Dio della Pioggia, ridai le pecore alla pastorella Leila, perché lei è triste.’
‘Ma come faccio a essere il Dio della Pioggia se non mando la pioggia sulla Terra?
‘Allora il prinicipe Najad ha un’idea: ‘Senti,’ gli propone, ‘a ogni luna piena io ti porto cento barili di acqua dal fiume che scorre per il mio paese: tu dopo puoi rovesciarli sulla Terra come pioggia. E tu dài le pecore a Leila, lei non piangerà piú, si innamorerà di me e ci sposeremo.
‘Al Dio della Pioggia piace questa soluzione e cosi è ancora oggi: piove regolarmente e il principe Najad vive felicemente sposato con la pastorella Leila. A ciascuno il suo».
Il viso di Silvano si rasserenò. Prese la testa di Abdul tra le sue mani e lo baciò.
«Grazie, grazie, tu mi hai salvato, questa leggenda farà perfettamente da filo conduttore nel mio saggio Il regno del Sole! Grazie, grazie!»
La macchina dei fidanzati cantanti divorava allegramente i duecento chilometri. Quella stessa sera, qualche passante infreddolito poteva intravedere attraverso una finestra del pianterreno di un palazzo liberty un professore felicemente assorto e chinato sopra un testo dalle copertine gialle.
«Bella come Naomi Cambel, vero, Abdul?» sorrise sognante Madjid.
«Bella come Naomi Campbell», rispose Abdul, tirando la motocicletta rossa nella fredda notte settembrina.
Veronika Simoniti
Sono certo che i racconti offerti saranno di vostro gradimento.
Ringrazio e faccio tanti in bocca al lupo a Veronika Simoniti e a Simona Lo Iacono.
Potreste lasciare qui i commenti relativi al racconto di Veronika. E sul blog linkato quelli riguardanti il racconto di Simona.
Oppure commentate qui su entrambi i racconti.
Come preferite.
Conoscevo naturalmente il testo di Simona, il suo stile così siciliano e particolare…
Brava anche la Simoniti… la storia è dolce e commovente e lei è brava a muoversi tra registri e toni diversi. Una fiaba che fa bene al cuore. Sono le storie, non la politica, non l’economia, ad unire ad affratellare i popoli. In questo momento sogno cinesi e tibetani a scambiarsi leggende e favole…
Ho già detto altre volte che quando uno (anche) scrive, deve fare uno sforzo suppletivo quando veste i panni del lettore. Deve, cioè, riuscire a staccarsi da quelle che sono le sue predisposizioni ed entrare di conseguenza e meglio che può nel testo che legge.
La premessa è d’obbligo perchè entrambi i racconti percorrono terreni a me stranieri quindi il rischio di esprimere delle stupidaggini è in agguato.
Quello che ho colto, però, è un contrasto forte. Veronika: l’aria. Simona: la terra.
“A ciascuno il suo” è una fantasia multietnica e policromatica dove le storie volano, appunto, per l’aria che non ha confini. Così come confini non hanno le storie e le origini dei personaggi. Vite parallele e distanti che in qualche modo combaciano, forse nel filo logico-narrativo di Veronika.
E “I semi delle fave”, invece, è terra di famiglia. Ambiente domestico dove il sentimento è ingelosito dall’appartenersi e dal convivere condvidendo spazi, dolori e gioie. Un quotidiano aspro e difficile dove, magari, “i sogni devono avere sepoltura”. Sì, ma sempre nella nostra terra.
Greg: stupefacente! Non avrei saputo scrivere di meglio…
🙂
Dico sul serio.
@ maria lucia:
forse me la sono cavata proprio grazie allo…stupefacente
🙂
@ Enrico….grazie! Hai colto proprio quello che volevo esprimere..
@ Veronica: creatura d’aria e di poesia. Proprio come l’aria , vicinissima allo spirito di molte lingue e di molte genti. Brava brava brava!
Forse con i semi delle fave…
🙂
Anch’io avevo già letto il racconto di Simona ed ero rimasto piacevolmente sorpreso. Ha una bella scrittura la Simo, usa toni garbati e delicatissimi per raccontare le meraviglie del passato, ci trasporta con leggerezza a ritroso nel tempo quando la vita scorreva lenta e silenziosa. C’è un certo realismo magico in questo racconto e si respira l’atmosfera ampia e soave dei romanzi di De Roberto o di Tomasi di Lampedusa. Brava Simo! Aspettiamo che tiri fuori il grande romanzo.
Leggerò con calma anche il racconto di Veronika e dirò cosa ne penso.
@Salvo…grazie, caro amico. E’ vero. Realismo e magia. Proprio a questo aspirerei. Ma mi metti a confronto con dei giganti ( Tomasi Di Lampedusa, De Roberto…)!!!Mi sento piccola piccola…
… Pero’ il Realismo Magico l’ha teorizzato ed applicato, primo nel Mondo, Massimo Bontempelli (negli anni Trenta). Italiano. Gli altri vengono dopo.
Anche Marquez viene dopo, sottintendo. E c’e’ qualcosa di bontempelliano anche in Simona. Lo sai, Simona?
Le immagini suggerite da Enrico sono sicuramente indovinate e molto efficaci. Aria e terra. Ma a ben guardare, in fondo tutti e due i racconti ruotano intorno a una favola preesistente, leggera ed eterea come la sostanza dei sogni.
Veronika intreccia la sua ad altre storie molto contemporanee ed attuali: due ladruncoli extracomunitari, un intellettuale in crisi di creatività e un giovane che cerca di concretizzare le sue aspirazioni letterarie, ricomponendo alla fine i vari pezzi di un puzzle ben congegnato.
Simona lascia sospesa la sua storia nel passato della sua Sicilia, tra profumi di campi e di cucine, odori che si materializzano quasi alla loro evocazione e tra i quali si districa con grande padronanza di scrittura.
In fondo, come ho già scritto sull’altro blog, entrambi i racconti confermano quanto giusta sia la mia convinzione che la ridotta dimensione della novella non ne giustifichi l’essere generalmente trattata come sottogenere rispetto al romanzo.
Ancora complimenti a tutte e due.
L’aria e la terra. La casualità che gira nel vento e il ricordo che dovrebbe avere sepoltura, perchè seppellendoli, i ricordi, fanno meno male. Simona, scrive “i sogni”, ma leggendo il suo straordinario racconto, siciliano, elegante e barocco, quei sogni sono la vita stessa. La madre che “scava ancora avanzi del suo sogno” è la forza della vita che non si arrende e che nel rimestio della terra dà una ragione ai suoi giorni. “E’ il momento” che capita per caso o che l’esperienza del dolore ci fa ricercare fino all’origine del germoglio. Due racconti così diversi come diversa è per ognuno la vita.
@Sergio…Anche Bontempelli??Ora mi sento una formica..Ma grazie per questi commenti, credo che non li dimenticherò mai più…
–
“I semi delle fave” voleva sottolineare una visuale del mondo diversa. Quella dello sguardo di un bambino. E’ in seconda persona perchè il bambino non oserebbe mai raccontarsi. Ha ancora bisogno che qualcuno racconti per lui. E nel far dire, tuttavia, si svela. Coglie la stranezza della realtà che lo circonda. Coglie un amore che lo evita. Coglie i rumori del suo piccolo, concavo mondo, dove è necessario nascondersi per veder vivere gli altri.
Quando scopre la verità su se stesso non tira le somme come farebbe un adulto. Interra un seme.
@ Carlo
Secondo me il racconto di Simona non ruota attorno ad una favola preesistente, leggera ed eterea: c’è tanta amarezza, dolce ironia e l’angoscia di chi vuol comprendere e non si dà pace. La scrittura elegantissima non deve trarre in inganno, Simona lancia dei dardi contro il tempo che sembra uguale, scandito come le ore delle clarisse; e in quel contesto di odori e di profumi, seppur in poche pagine, c’è un tema grande, romantico per eccellenza, il doppio. L’impossibilità di rivivere ciò che è stato, si sostituisce al sogno che non è più, diventando, quietamente, ancora sogno. Una vita doppia, un’altra vita. Perché niente è uguale e tutto muta.
Sì, Miriam cara.Il sogno che non si può più vivere va trasformato.
Il seme ne è la metafora. Perchè germoglia, s’inverdisce e fruttifica. Ma prima di quel gesto, prima di seminare un resto di ciò che è stato, il passato va ripercorso. E tutti i sogni che lo hanno assiepato “devono avere sepoltura”.
due racconti che più diversi non si potrebbe.
per veronika è il presente, tra chilometri da macinare, mescolanze di genti, odore di benzina e il grigio del nord, il tempo che incalza e non basta mai.
per simona il passato, l’orizzonte ristretto, la clausura, i profumi e la luce della campagna sicula, la lentezza di giorni sempre uguali.
in entrambi vite sospese, con un segreto che aleggia.
e l’illusione di una soluzione, magica o accademica che sia.
belli.
Mia carissima VeroniKa, oltre che BELLA sei anche brava, beato quel furbacchione di Sergio… che ha scelto una compagna così affascinante.Ora posso immaginarti leggiadra come sei,nella tua Lubiana.
Ma torniamo a noi: Lo stile del racconto è piacevole, attuale e ben calibrato nei diversi piani. Lo scarto dello stile scritturale amplifica l’interesse delle differenti tematiche:-Agile, dinamico e molto reale risulta il dialogo fra Silvano e la fidanzata e quello con gli extra comunitari. Magica ed eterea la trama leggendaria,capace si catturare il fruitore per il suo taglio esotico e orientale.Sobria, credibile e ben strutturata la parte relativa al saggio , sei riuscita a rispecchiare ampiamente la solita trafila e il nebuloso clima delle conferenze letterarie.Mi complimento e ti abbraccio forte.
C’è qualche anima gentile, che spieghi a questa imbranata cronica, dove devo leggere il racconto di Simona. non sono riuscita a trovarlo.Grazie
Tessy
Adoro quando Grego dice: supplettivo.
🙂
Ho letto il racconto di Veronika e mi rispecchio molto nell’analisi di Maria Teresa, lo stile è limpidissimo e la trama si articola bene su diversi piani. Cattura subito l’attenzione del lettore. Bravissima anche Veronika. Molto meglio del marito. (Perdonami Sergio).
a Fausta:
in “quel mentre” spesso mi viene anche da dire…..”bustrofedicoooooooo!!!”. Ti eccita?
🙂
Cari Massimo, Simona, Maria Lucia Riccioli, Enrico Gregori, Salvo Zappulla, Carlo S., Miriam Ravasio, Gea, F.M. Rigo e M. Teresa Santalucia Scibona, grazie della vostra attenzione e delle vostre belle parole. Se permettete, vorrei precisare un po’ le circostanze extra-letterarie di ”A ciascuno il suo” per non sembrare irriverente nei confronti di un personaggio che si ispira da una persona famosa realmente esistente – sono sicura che avrete capito di chi si tratta. Successe veramente, nel lontano 2000, che col mio consorte (anche qui molti di voi sapete di chi si tratta) andammo a Pordenone ad assistere a una serata letteraria di Magris e arrivammo in ritardo. Tutto il resto e’ frutto di immaginazione. Con la figura letteraria del professor Jagris ovviamente non volevo offendere Magris, che stimo enormemente, percio’, per paura di poter suscitare evenuali fraintendimenti o equivoci, appena si presento’ l’occasione e Magris venne a Lubiana, andai da lui e gli diedi il manoscritto di questo racconto e la spiegazione che non volevo minimamente fargli beffa. Con mia grandissima sorpresa, qualche giorno dopo mi scrisse una letterina nella quale diceva che il racconto gli era piaciuto, aggiungendo spiritosamente pero’ che un professore su una vespa certamente non era molto credibile.
Penso che dei piccoli gesti come questa lettera di Magris rendano i grandi personaggi veramente grandi.
Vorrei anche aggiungere che questo racconto non e’ tipico per la mia scrittura, e’ stato piu’ che altro un divertissement letterario, un gioco, un puzzle da comporre, come dice Carlo S. Percio’ l’ho aggiunto solo alla fine della raccolta come dulcis in fundo. Cio’ non vuol dire che la letteratura per me non sia un divertimento, a patto che, come dice Enrico Gregori, l’autore pensi anche al lettore.
E curioso anche che questo e’ l’unico racconto che ho scritto in italiano, forse perche’ e’ scherzoso e si scherza piu’ facilmente in una lingua straniera…
Una cosa che pero’ accomuna i miei racconti piu’ ”seri” con ”A ciascuno il suo” e’ il ”revirement” letterario-drammaturgico finale. Da quest’idea e’ tratto anche il titolo difficilmente traducibile della raccolta: ”Storie capovolte/rovesciate/risvolte” (in inglese e’ stato tradotto come ”Twisted stories” e in tedesco come ”Verdrehte Geschichten”).
Amo e uso anch’io gli elementi del realismo magico (quando non diventano kitsch e le prototipiche ”nonne volanti”) e percio’ il testo di Simona mi e’ molto vicino. Bravissima, Simona!
@Simona
ho letto il tuo racconto e ti confermo che sono un tuo ammiratore: il tuo curriculum mi ha confermato che posso anche credere che “il seme delle fave” sia una metafora, che riguarda anche il tuo cibarti di letteratura che produce il germoglio della scrittura da te intrapresa, in tutti questi anni, come una sorta di responsabilità e rigore nel restituirla arricchita di memoria letteraria intessuta dalla tua visione di continuità dei sentimenti tutti di speranza di vita, anche per chi non ha la consapevolezza dell’essere; forse sto esagerando ma questo è quello che io ho percepito.
Non sono un critico letterario ma un lettore, che ha bisogno di potersi fidare delle buone intenzioni di chi scrive.
Sarebbe interessante se tu ti potessi confrontare, su questo blog, con una tua coetanea di scrittura Veronika Simoniti sulle motivazioni e il modo di sentire la letteratura che vi circonda o forse vi attanaglia, attraverso i Vostri racconti.
Grazie!
Luca Gallina
Essendo un provocatore nato e molto incline alla zuffa, mi chiedo: perché Veronika non commenta il racconto di Simona e Simona non fa altrettanto con quello di Veronika? Adoro vedere le donne che si graffiano e si tirano i capelli!
🙂
@Veronika Simoniti
Ho letto il racconto con curiosità e pensavo di poter intravedere una sorta di scrittura a due mani con il mio caro amico Sergio Sozi, tuo marito.
Ebbene la scrittura è tutta al femminile:aspirazioni letterarie dei protagonisti, staticità creativa del letterato cercato per l’audizione e la vita che continua nella banalità del quotidiano di chi come i due giovanotti stranieri che sono sensibili alla favola, ma possono farne a meno, presenti nel tuo racconto.
Anche il tuo curriculum è notevole e il tuo racconto l’ho percepito come la “leggerezza dell’essere”.
Chiedo anche a te scrittrice e coetanea di Simona Lo Iacono, sua eccellenza magistrato, se ti andrebbe di delineare la vostra posizione scrittoria rispetto la Vostra conoscenza e preparazione letteraria.
Mi piacete entrambi e rappresentate una generazione opinion leader molto attuale oggi, secondo me.
Grazie!
Luca Gallina
Una cosa mi ha colpito in questi due racconti, e cioè che, pue essendo così dissimili per argomento, sono articolati fra ciò che accade e ciò che sarebbe potuto accadere.
Ne “I semi delle fave” Simona si sofferma sugli aspetti descrittivi ed emotivi in una sorta di sospensione tra passato e presente, con ricchezza di immagini altamente suggestive.
Il languore della baronessa, la scena del parto gemellare. Atmosfera crepuscolare delle camere contrapposta a quella viva e movimentata delle cucine. La presenza del protagonista in una sospensione magica.
Alcuni passi mi ricordano Borges .
“A ciascuno il suo” è invece un delicato intessere e sottolineare le differenze etniche e sociali, il sotteso disagio di chi, nella terra straniera ritenuta l’Eldorado si trova invece a sopravvivere come può. Bello il contrasto evidenziato nei due giovani, delinquenti e poeti, accomunati al protagonista da uno stesso filo fantastico…il creatore di storie che trova altre storie là dove meno si sarebbe potuto aspettare.
Non saprei quale preferire, a me questi due racconti sono piaciuti moltissimo entrambi.
Massimo, attento a parlare di ‘stupefacente’… Coi tempi che corrono! 🙂
@Luca ed Enrico che con linguaggi diversi chiedono la stessa cosa:un confronto tra “scrittrici”…(ma io ogni volta che penso a me in questa veste tremo d’emozione e stupore…):
volentieri commento il racconto di VeroniKa perchè mi ha colpito in un elemento essenziale:quello strutturale.
Veronika fa muovere tutti i personaggi della sua storia su binari paralleli che si uniranno solo alla fine. Fare questo in un racconto è difficilissimo da un punto di vista tecnico così come rendere lo scorrere dell’azione in modo tanto fluido , pur tra diversi punti di vista e, quindi, diverse voci.
E’ infatti un’operazione da “romanzo” dove lo scrittore ha il tempo di dare personalità e caratteristiche a ogni personaggio e di dilungare le varie azioni su un percorso anche temporalmente più esteso.
Io trovo che l’effetto sia suggestivo e sognante.
I vari fiati hanno cadenze proprie e un afflato personalissimo, seguono ciascuno un proprio “senso” e si sfiorano su un piano del reale che non è solo quello concreto ma emozionale.
Un simile “impasto” di ingredienti e generi (dialogo, saggistica, leggenda)è quanto di più toccante si possa immaginare in letteratura e richiede una duttilità emotiva e di sguardo davvero ampia, di grande respiro e -soprattutto – di grande umanità.
@luca: grazie tante del commento. Hm, la mia posiziona scrittoria … non so se ho capito bene la domanda. Nei tempi in cui la letteratura sta diventando sempre meno letteratura e sempre piu’ copione da cinema (non e’ sempre un fatto negativo, ma mi chiedo dove ci portera’ questo ibrido), cerco e per fortuna riesco ancora a trovare libri che mi fanno sognare. Per me questo e’ il vero piacere della letteratura oltre alla scrittura che per me e’ come uno stupefacente. A proposito: scrivo da molto tempo, ma sono stati sempre testi da mettere nel cassetto. Dopo qualche rifiuto da parte di alcune riviste letterarie nel mio periodo liceale ho pensato di capire che non valevo niente. E’ stato poi questo ”furbacchione” (come dice la signora Scibona) di mio marito che ho visto una volta spedire spensieratamente un suo racconto a un concorso letterario. E allora ho pensato di farlo anch’io, vincendo la timidezza. Quella volta ho vinto il primo premio e allora mi hanno proposto di pubblicare ancora, prima in una rivista letteraria; poi mi hanno proposto di fare un libro.
Questo e’ il bello dell’editoria slovena: se vali, ti pubblicano. Questo e’ il lato positivo di un piccolo ambiente (gli sloveni sono poco meno di 2 milioni), sei presto (ri)conosciuto. Il lato negativo e’ che si creano piccoli circoli ermetici intorno alle riviste letterarie o alle case editrici, fenomeno conosciuto anche da voi, ma da noi esiste in miniatura e percio’ forse lo sentiamo piu’ intimamente. La conseguenza di questo piccolo mercato e’ l’aumento dei costi del libro, che in Slovenia e’ molto piu’ caro che in Italia. Siccome pero’ siamo una Nazione che durante la storia (siamo stati dominati per secoli dall’Impero Austroungarico) si e’ preservata tramite la lingua, il culto del libro e’ impresso nel nostro DNA (un fenomeno curioso: solo negli ultimi decenni le case editrici slovene hanno cominciato a pubblicare libri con le copertine morbide, tascabili, prima per rispetto verso il libro li facevano quasi sempre con le copertine dure). La vita letteraria in Slovenia e’ in ebollizione, abbiamo alcuni ottimi scrittori purtroppo troppo poco o con troppo ritardo conosciuti all’estero (come successe nel caso di Boris Pahor, scrittore sloveno di Trieste, candidato per il premio Nobel), la gente legge (anche se compra pochi libri perche’ da piccoli ci insegnano ad andare in biblioteca) e frequenta serate letterarie, i festival internazionali letterari (Vilenica, Fabula, Pen) … Ciononostante, come un po’ dappertutto, il livello sta lentamente calando, si pubblica troppo in fretta e si fanno libri senza revisioni editoriali e linguistiche, si da’ precedenza agli autori stranieri, soprattutto per quello che riguarda i libri per bambini, ecc. Ma tutto sommato: da scrittrice sono comunque contenta di vivere in questo ambiente.
E poi, Luca mi chiede della mia conoscenza letteraria. Sono solo una umile lettrice e scrittrice, non ho fatto studi di teoria letteraria, ho studiato pero’ la letteratura italiana e francese. Non oserei mai confrontarmi con i miei idoli letterari che mi hanno influenzato (gli sloveni Grum, Kosmac, Jancar, e poi T.S. Eliot, Calvino, il Tabucchi degli anni ’80, Borges, Cortazar, il croato Jergovic, e altri).
E per quanto riguarda gli opinion makers: Faccio parte di una generazione che rispetto alle generazione di 30 anni fa e’ ignorantissima, me inclusa. Quei pochi preparati e anche bravi purtroppo oggi non possono essere opinion leader se non vanno in televisione o non scrivono libri di spiritualita’, di tipo self-help, new age ecc. Spero di non risultare troppo moralista …
P.S: Il racconto ”A ciascuno il suo” non lo avremmo mai potuto scrivere a due mani con Sergio perche’ abbiamo due scritture troppo diverse (figuriamoci le litigate…)
Un saluto di corsa a tutti e all’auotora narratora
Il racconto mi è piaciuto molto, mi piace la struttura l’andamento in generale. Sono rimasta poco convinta dei dialoghi tra gli extra comunitari tra di loro, non li ho sentiti veri. Ma gli altri sono molto belli e comunque la struttura soprattutto è interessante. La circolarità – bello.
Naturalmente esorto la Veronika Autora a dare retta a tutti tranne che a Enrico Gregori.
io invidio la capacità che ha zauberei di commentare cose che non capisce affatto. un prodigio!
Vi ringrazio per la partecipazione e per i commenti lasciati.
Come avrete notato, da ieri sono stato un po’ meno presente sul blog (e così sarà nei prossimi giorni).
Qualche problema da risolvere (nulla di grave per fortuna).
Sono lieto che i due racconti che vi ho proposto siano stati di vostro gradimento.
@ Veronika Simoniti e Simona Lo Iacono
Vi ringrazio per essere intervenute nella discussione.
Spero che continuerete a farlo e che giungano ulteriori commenti.
Avete notato che avete quel “Simon” in comune (tra nome e cognome)?
@ Fabioletterario
Ma quando ho usato il termine “stupefacente”?
🙂
@Massimo: grazie tante a te per lo spazio datoci a disposizione.
@Massimo e Simona: secondo me, (im)modestamente, questi due racconti sono come una mostra d’arte: il mio e’ una scultura, un’istallazione moderna con tre tentacoli che partono separati, si intrecciano e alla fine si ricongiungono, ma che sono piu’ forma che contenuto; il racconto di Simona, invece, e’ un quadro a tempera, con strati spessi ma ben moderati di colori, odori e sentimenti, un quadro che appendi sulla parete sopra il letto e degusti lentamente nei momenti di ozio creativo, e ogni volta che lo guardi ci scopri cose nuove, un motivo in alto a destra che concorda con quello in basso a sinistra.
@ Enrico, mi dispiace, niente sangue. Quello sta gia’ nel racconto di Simona – nel senso della vita, intendiamoci.
Simona in veste di prosatrice e’ stata una bellissima scoperta.
In vari passaggi ho intravisto atmosfere che mi hanno riportato a sciascia,alla sicilia assolata e morbidamente sensuale,densa di sensazioni e di segreti da spiare e ascoltare di nascosto.Come ascoltare le cicale,in quei pomeriggi assolati,abbaglianti,spiati dietro le imposte socchiuse,e quel frinire animale come unica voce di una natura che non si arrende alla morsa violenta del sole.e poi le prime ombre che svelavano di novo il respiro della terra ,fatto di infiniti profumi…
Quelle cicale sono le note del mio ‘amarcord’,con tutto il rispetto per veronika,come posso non votare per simona?
Non si trattava di ballottaggio?scusate mi sono persa nella memoria.
@Veronika
grazie per la tua risposta più che esaustiva!
Cosa ne pensi Veronika come giovane scrittrice se è il caso di prendere in seria considerazione per il futuro, una scrittura sceneggiatura adatta per il cinema, la televisione, che offrono la possibilità a più mani gli autori di far vivere i tuoi personaggi da subito: con le immagini i suoni ,gli scenari, i costumi, insomma un linguaggio multimediale più moderno appetibile da tutti i fruitori: che vogliono partecipare e condividere emotivamente e in poche ore il sogno,la realtà, la drammaturgia della storia.
Io credo fermamente che fra qualche anno gli editori cercheranno i migliori sceneggiatori e pubblicheranno la loro scrittura già apprezzata come rappresentazione cinematografica o televisiva.Mi piacerebbe per “Cous Cous” per esempio, leggere la sceneggiatura del film se fosse pubblicata.
In buona sostanza i lettori oggi, secondo me, chiedono di vedere le storie e poi andare a rileggere le parti salienti del racconto: immagine,musica e scrittura tutt’insieme subito.
Andiamo verso la contaminazione dei linguaggi espressivi?
Forse non abbiamo più un’immaginazione fertile utile durante la lettura di un romanzo o è solo mancanza di tempo di Noi lettori altrettanto così distratti?
E nel mentre Noi lettori andiamo al cinema, a teatro, ai concerti e guardiamo la televisione.
Anch’io vado in biblioteca e mi tengo aggiornato: ultimamente sono tutti romanzi con trasposizione cinematografica e televisiva quelli che sto leggendo: – Caos calmo – Non è un paese per vecchi – Il petroliere – la serie televisiva su “il commissario Montalbano” solo per esempio e quant’altri ancora.
Non per ultimo Veronika ti chiedo, se me lo consenti, qual è la lingua straniera per te scrittrice e traduttrice che più crea valore aggiunto al romanzo in lingua originale tradotto?: una sorta di seconda scrittura che la lingua italiana,francese può conferire al testo originale in inglese, tedesco, sloveno, o al contrario, migliorandone il senso, il significato, la poetica della storia originale?
Scusa Veronika ne sto approfittando, ma tu sei veramente internazionale, credimi!
Grazie!
P.S. una buona Pasqua a te e famiglia Laura e Sergio.
Luca Gallina
Domani leggerò il post con attenzione…sono interessato soprattutto al racconto di Simona con la quale, qualche tempo fa, ebbi un piacevole scambi di opinioni su un mio racconto;) Ora vado di fretta(come al solito)
Saluti calorosi a todos
@Maria Gemma e Veronika, grazie…mi fa piacere l’accostamento ai colori fatto da Veronika e ai profumi (oltre che ai suoni) fatto da Maria Gemma perchè io credo che la scrittura debba essere tatto, vista, udito, gusto,odorato. Che debba suggerirti ciò che i sensi colgono e farti palpare la carne o la materia, il freddo o il caldo. Deve farlo con naturalezza e – forse – un pizzico di complicità, suadendoti ad andarle dietro, ad annusare il suo percorso, a lambirti del suo stesso sguardo.
Questo perchè l’emozione deve avere sangue.
La passione deve sempre trapelare dalle maglie delle parole anche se dosata e misurata, perchè fa trasparire l’uomo, il suo dolore, la sua malinconia, la sua gioia.
La scrittura è – certamente – infingimento. Ma quanto più ci si dimentica che essa si frappone tra noi e la storia che narra, quanto più evoca la vita vera, tanto maggiormente le somiglia.
E somiglia anche a noi.
@ Massimo…eh sì, avevo notato la coincidenza di “Simo” contenuta sia nel cognome di Veronika che nel mio nome…Sarebbe il caso di dire “due Simo …con una fava…(o coi Semi delle fave!)”.
Grazie sempre a te per lo spazio che mi hai dedicato.
@ simona:
da quando è iniziato il post che girano un po’ troppe “fave”. spero tu abbia notato la mia totale astensione dall’umorismo che spesso mi contraddistingue. astensione dovuta al post dedicato ai vostri bei racconti. però la tentazione è forte. ma tu dammi una mano a resistere
🙂
@Enrico… apprezzo che ti sia trattenuto fin qui. Effettivamente sei stato eroico.
I semi delle fave è scritto davvero bene, complimenti alla scrittrice. Ciao :)!
Volevo chiedere alla Simoniti di parlarci più diffusamente del concetto interessantissimo di twisted story, o di revirement…
La sua attività di traduttrice mi affascina moltissimo, specie perché ha tradotto anche la La Spina che io e Simona adoriamo. Come fa a tradurre dei sicilianismi di cui lei e Camilleri ad esempio sono zeppi?
Brava Simo… visto quanti bei commenti?
A Tessy… devi cliccare nel post proprio nel punto in cui Massimo scrive QUI. Altrimenti vai sul sito lapoesiaelospirito e lo troverai, ok? Baci.
@Maria Lucia ti ringrazio per il suggerimento, era già venuto in mio soccorso un cortese amico, che sempre mi soccore nelle mie tecnologiche
difficoltà. Così ieri ho già potuto lasciare sull’apposito sito, l’espressione ammirata per la matrice dammatica e romantica che connota lo stile verista di Simona.Nella tormentata vicenda che emerge dal fondale di una stupenda Sicilia gattopardesca, si stagliano nitidi i singoli personaggi con le loro tipiche contradizioni caratteriali e dissonanti pene d’amore. L’autrice, con smagata perizia,li ha profilati per noi, con lucida competenza e col gusto attento dei minimi dettagli del vivere quotidiano.Sia pure sinteticamente, ho voluto ribadire le mie ammirate sensazioni per una lettura godibile ed appagante. Simona è una narratrice da tenere d’occhio… naturalmente nel senso più lusinghiero del termine. Cara Maria Lucia, ancora grata restituisco un affettuoso bacio e includo l’augurio di una luminosa e giososa S. Pasqua.
Tessy
@Venonika e Simona
ragazze belle e care, perdonatemi ma non ho ancora fatto in tempo a leggere i vostri racconti. Spero mi giustificherete quando vi dirò che ieri sono diventata zia e sono in fibrillazione. Emozionatissima e felice.
Mi farò perdonare leggendovi con attenzione. Dai commenti che ho scorto in modo casuale sono certa mi piaceranno molto.
baci
Non mi azzardo di certo ad analizzare criticamente i due testi- non ne ho gli strumenti – ma posso dire quello che ho provato leggendoli.
Nel racconto di Veronika la sensazione è stata di estrema leggerezza e di piacere man mano che i tasselli si incastravano : non credo sia così importante che i dialoghi o altri particolari siano così attendibili… Io comunque, mi sono completamente identificato con Silvano, un po’ imbranato e molto insicuro che ha bisogno della spinta della fidanzata per trovare il coraggio necessario….
Nel leggere ” i semi delle fave” di Simona l’emozione provata è stata davvero intensa, i sensi del lettore vengono tutti coinvolti, ci si trova catapultati in una storia senza tempo piena di odori, di sangue -della selvaggina ( morte) del parto( vita) , di terra, di cibo, ti sembra di esserci tu, lì, nascosto nella dispensa con il viso segnato dal sacco di iuta e con il fiato sospeso a spiare la balia dal seno straripante…e che bello il finale così delicato
dove non c’è posto per il rancore per l’ amore non ricevuto ma solo un grande tenerezza e compassione per il fratello perduto. Bravissima Simona.
Tutti e due i racconti hanno una storiella al loro interno, quella del principe e della pastorella e quella sulle anime nei semi delle fave , mi chiedo se siano frutto dell’immaginazione delle nostre scrittrici o se sono autentiche? stefano mina
Sì, scusami Massimo, non eri stato tu, mi sono confuso nel marasma! O forse è perché avevo fumato qualcosa? :-))) (Io che non sopporto nemmeno il fumo normale!)
Ho letto un altro bellissimo racconto di Simona Lo Iacono: La morte di Archimede. Poche righe, è un racconto brevissimo, ma anche lì si coglie tutta l’umanità di Simona, capace di entrare nelle storie e nei personaggi con la potenza arcaica e naturale della femminilità. Concordo con Tessy: una narratrice da tenere d’occhio.
@ Veronika
E’ vero, il tuo racconto si può configuare, in chiave allegorica, ad un’opera contemporanea: un’ installazione. Godibilissimo nei piani e nelle sequenze che ci riportano alla nostra Insostenibile leggerezza dell’essere, strappandoci sospironi e sorrisi. La vita è lì fra vespe rubate, occasioni inseguite e aperture improvvise ad un cielo sereno.
@ miriam
dove posso trovare il racconto di simona?
@ Stefano…carissimo, grazie per le tue parole. Ma l’idea che i morti si nascondano nei semi delle fave non è inventata.
Risale alla cultura egizia…io l’ho colorita immaginando che in questi semi i morti scontassero il purgatorio.
E’ perchè il seme mi fa sempre pensare a una rinascita. A una riconciliazione. Alla potenzialità insita nel cuore umano, quella di trasformarsi, sempre. Anche la scrittura è trasformazione dei dati del reale…Potessi paragonarla a qualcosa, sì, la paragonerei a un seme. Che porta frutto.
@ Stefano
Io l’ho letto in una raccolta di racconti e poesie “Siculiana” curata da Luigi La Rosa, Giulio Perrone Editore. Però forse è anche in rete…. meglio chiedere a Simona. Ciao (è un racconto che si presta molto anche per una performance di letttura teatrale!)
🙂
Simona:
”Se pareba boves, alba pratalia araba / albo versorio teneba, negro semen seminaba.”
Buona Pasqua di Rinascita e Gioia
Sergio
Ho letto tutti e due i racconti. Prima quello di Veronika, poi quello di Simona. “A ciascuno il suo” ha un bell’intreccio di vite, passaggi di sceneggiatura da corto metraggio, mi piace. “I semi delle fave” è gotico, un gotico mediterraneo che nulla ha da invidiare a quello anglosassone. Tra i due preferisco il secondo, me lo sento più vicino. Forse sono le radici sicule, ma ha un potere evocativo quel bambino che spia da un foro nella dispensa, quel bambino che percepisce un mistero e che prega per le animuzze nascoste nei semi delle fave. Ho letto solo parte dei commenti. Non ricordo chi ha detto aria per Veronika e terra per Simona. Si, ce li vedo questi elementi. La cupezza di certe tradizioni siciliane contro la leggerezza delle nuvole-pecorelle della leggenda citata da Veronika. Brave tutte e due e bravo Massimo a segnalarci queste chicche. Ho giusto in corso una sterile polemica con una signora che si definisce “critico letterario” il cui assunto di base è che gli esordienti italiani, nessuno escluso, sono degli incapaci che alimentano il successo di altrettanti incapaci perché acquistano libri senza alcun valore per copiarne il successo. Lo so che sembra impossibile, ma questa signora ne è convinta e non accetta alcuna risposta che non sia: hai ragione. Io, per averle detto che non sono d’accordo, sono stata attaccata a distanza di mesi come “autrice molto poco affermata parte di un duo scrittorio”. E senza avermi mai letta, neanche in post, mi ha aggiunto nel novero della canaglia degli esordienti italiani.
Ecco, non me ne vogliano Veronika e Simona, che magari proprio esordienti non sono, ma mi piacerebbe se quella signora leggesse questi due racconti e si rendesse conto. Posto che una che definisce brutto un libro come “La casa degli Spiriti” possa riuscire ad apprezzare la poesia e la magia della scrittura di Veronika e Simona.
@ Tessi…grazie cara, ti ho risposto di là…
@Sergio…conosco questo indovinello dell’VIII sec. d.c perchè al liceo lo imparammo a memoria…Sì, il negro seme è la scrittura.
@Miriam, no , cara. Il racconto non è in rete. Ma grazie di averlo ricordato.
@ Laura…grazie…molti hanno definito “gotico” questo racconto! E, in effetti, gotica , per me, è qualsiasi ambientazione non tanto fisica quanto dell’anima quando evochi una solitudine…
@ Silvia…Anch’io quando sono diventata zia non stavo in me dalla gioia…e poi mia sorella (gemella) ha chiamato mia nipote Simona…
@ tutti…Buona Pasqua!!!
@ciaociao..grazie, buona Pasqua anche a te!
… metafora piu’ azzeccata non vi e’, vero, Simona? L’indovinello veronese e’ il ”manifesto” della Letteratura di tutti i tempi, creato proprio al sorgere della nostra Lingua.
Ciao
Sergio
@Luca: purtroppo non sono esente dall’amor proprio e lo dico in tutta sincerita’: si’, mi piacerebbe vedere questo racconto in un film. Ma solo questo, perche’ gli altri miei racconti si basano soprattutto su un contenuto, una scelta di parole e un ritmo delle frasi che nel cinema si perderebbero. Un’altra mia paura sarebbe che mi cambierebbero cosi’ tanto il racconto che non sarebbe piu’ riconoscibile e quindi non lo sentirei piu’ mio. Mi piacerebbe piu’ che per il cinema scivere per il teatro, e infatti penso che la mia scrittura occhieggia col palcoscenico, ma non nei dialoghi che scarseggiano bensi’ nell’atmosfera, addirittura nella sceneggiatura stessa.
E non ho niente in contrario ad una scrittura che si mescola alla sceneggiatura, ma non mi piace se un testo di copione cinematografico pretende di essere un romanzo.
Per quello che riguarda le lingue originali e le traduzioni: secondo me, oltre che la lettura e la scrittura, la migliore maestra stilistica e’ la traduzione di proprie opere in una lingua straniera da parte dell’autore stesso. Ultimamente, il domandarsi sulla lingua e’ una delle mie preoccupazioni principali, essendo traduttrice, scrittrice, moglie di uno ”straniero” e madre di una figlia bilingue. Tutto cio’ mi fatto venire l’idea di incentrare il mio prossimo libro su questo argomento. Devo ammettere che in questo un po’ mi ha influenzato anche il romanzo ”Nuova grammatica finlandese” (se non l’avete ancora letto, ve lo raccomando) di Diego Marani che ho tradotto in sloveno qualche mese fa. La cosa piu’ problematica e nello stesso tempo piu’ accattivante della traduzione e’ tradurre non le parole ma la mentalita’. Siamo due popoli vicini, ma certe volte ci esprimiamo e sentiamo in modi cosi’ diversi. E qui rispondo in veste di traduttrice anche alla domanda di Maria Lucia Riccioli: di Silvana La Spina ho tradotto solo un racconto (”Scirocco”) e li’ di sicilianismi, se non ricordo male, non ce n’erano. Camilleri invece pullula di dialettismi. Per rendere un po’ di mediterraneita’ alla traduzione ho usato (ma solo nei dialoghi) i termini e i modi di dire dialettali della nostra zona costiera (La Slovenia ha ben 46,6 km di costa!), un dialetto pieno di italianismi e influenze grammaticali e sintattiche italiane. Non volevo pero’ esagerare con i ”litoralismi”, perche il dialetto della zona costiera slovena a uno Sloveno del centro, nord o est, suona molto simpatico, invece quello siciliano ha le connotazioni di una terra dove la vita sotto molti aspetti e’ difficile. Siccome ci sono passaggi comunque scherzosi nei libri di Camilleri, mi sono permessa di usare, nella traduzione, questo dialetto sloveno per dare un po’ di colorito. Prossimamente tradurro’ probabilmente Salvatore Niffoi e li’ non osero’ piu’ salvarmi in questo modo. Forse per ”tradurre” la Sardegna sarebbe piu’ conveniente illustrarla con un registro leggermente arcaico.
E poi continuo con la risposta a Maria Lucia Riccoli riguardo al concetto delle Twisted stories/revirement. Col titolo sloveno ”Zasukane storije” ho voluto esprimere tre concetti: zasukan (”capovolto”, ”rivoltato”) come: 1) soluzione inaspettata di un intreccio; 2) due racconti, in un unico racconto, che si intrecciano e si rispecchiano; 3) il senso arcaico di questa parola e’ ”bizzarro, strano”. Nella maggior parte dei miei racconti si tratta di una fabula, di un avvenimento strano che succede a una persona normale o a un personaggio storico realmente esistito, un intreccio che solo alla fine si risolve … nel modo piu’ inaspettato. Niente riflessioni lunghe, niente introspezioni interminabili, niente disperazioni sine die. Il personaggio si spiega soprattutto tramite il suo agire e qui bisogna cogliere il senso. Sono cosi’ i racconti di altri scrittori che preferisco leggere.
Un saluto anche a Zauberei, Maria Gemma, Stefano, Silvia Leonardi, Laura Costantini e scusate se ho dimenticato qualcuno. Non mi sarei mai aspettata un’accoglienza cosi’ calda. Grazie di nuovo a tutti per i vostri interventi!
@ simona
allora non c’è proprio la possibilità di leggere quel racconto citato da miriam?
…mi piace l’idea del seme come rinascita, del trasformazione continua… è così anche in pittura…per tutta la vita dipingiamo un quadro rinnovandolo ogni volta: lo stesso quadro ogni volta diverso…. almeno nell’intenzione. Ciao
stefano
@Veronika Simoniti, Simona Lo Iacono
*
Vorrei scusarmi con voi, perché non sono mai intervenuta nei giorni scorsi, risultando di fatto assente (che non significa indifferente) in ogni occasione in cui avrei avuto il piacere di interloquire con voi – e con gli altri amici di Letteratitudine – sulle vostre opere.
Chiedo ammenda, mi trovo completamente assorbita in una serie di iniziative che sto seguendo e portando avanti insieme ad amici bloggers, associazioni, organizzazioni varie sulle tristi vicende tibetane.
Ciò non toglie, tuttavia, e sarà una promessa, che leggerò con calma il racconto sia tuo, Veronika (sei bellissima! e Sozj è veramente fortunato…), che il tuo, super-Simona…
Voglio solo dirvi che sono contenta per voi.
Quando si scrive doniamo sempre qualcosa di noi, qualcosa che ci fa tremare come frullo di passerotto; col solo fiato del cuore… un qualcosa che può restare mistero incompiuto.
Questo sé intimo-multiforme, misterico, ma palesato attraverso l’opera, alla fine non ci appartiene più. Sta lì la bellezza: che sia racconto, romanzo o poesia. Una volta compiuto l’atto della creazione e l’opera si compie, dobbiamo lasciarla al suo corso. Non è più nostra, diventa patrimonio collettivo.
Il passerotto, il bobolink di Emily Dickinson torna a volare. Libero di frullare altrove.
Mica semplice il compito dello scrittore!
Ci tornerò sopra, leggendo attentamente i testi. Ma so, vi sento in gamba, prolifiche, di certo stilisticamente diverse. E sarà bello scoprirvi proprio in questa diversità.
Dunque, a presto. In bocca al lupo!
Un abbraccio ad entrambe,
Nina
A voi tutti Buona Pasqua!
Un abbraccio forte,
Nina
Nini’,
Buona Pasqua a te!
Il Fortunato Sergio (eccetera) Sozi
Cara Simona,
all’inizio ho letto il tuo racconto con un pò di ritrosìa, mi venivano in mente immagini vecchie di una Sicilia antica, zeppa di ragnatele e di cui i buoni siciliani come noi vorrebbero liberarsi e che fanno davvero fatica ad accettare.
Sono comunque andata avanti nella lettura del tuo racconto ed ho
iniziato a condividere con te la memoria di una trinacria baronale,
atmosfere arcaiche dove si muovono personaggi con una mentalità che,
per molti aspetti, ha trascinato fuliggini di matriarcato che sono nella
di testa di uomini e donne, talvolta anche di nuove generazioni e,nella
minuziosa descrizione di quanto girava in stanze dai pavimenti antichi
dove i nostri occhi di bambini fissavano i geometrici disegni delle
mattonelle, hai individuato un anima pura che da sempre spia i passi di
coloro che da quelle stanze non sono mai usciti.
La terrA, la SiciliA, mamma santissimA, ho persino la sensazione che la
tua attività di magistrato riesca ad intrecciare strani fili con
quella di scrittrice ed a portare alla luce collegamenti fra gli
elementi di morte e di vita, di distruzione e di creazione, nell’ambigua
convivenza fra sacro e profano di cui la Sicilia si sazia, in una
rituale processione dove vedi passare le solite esistenze scandite da
vecchie tradizioni, con i loro sogni, persino su sè stessi e sulla
propria identità.
Ciao, a presto
Rossella
(conosci Ornella Pastore?)
@ Stefano: Caro, veramente per pubblicarlo in rete sarebbe prima necessaria l’autorizzazione dell’editore.
@Rossella…Certo che conosco Ornella Pastore! E’ una carissima collega che per qualche anno ha lavorato qui a Siracusa!Ora fa il GIP a Messina!
E hai ragione, sì. Il cuore della legge è l’uomo. E l’arte sostiene lo sguardo della legge nel cogliere quei palpiti che devono poi assurgere a norma. D’altra parte anche l’antico diritto romano non sconosceva formule rituali simili a elegie…
Grazie, Nina Maroccolo, e’ vero. L’opera data in lettura al pubblico e’ come il bambino che lascia casa anche se e’ sempre nostro. Qualche volta la consapevolezza di scrivere per gli altri influisce sulla scrittura, e’ una specie di censura che pero’ qualche volta e’ positiva perche’ ci insegna a rimanere dentro certi limiti e ci fa migliorare il testo.
Buona Pasqua anche a te e a tutti i Letteratitudiniani,
Veronika
@E’ vero Nina, e concordo con Veronika…è strano vedere i propri scritti attraverso gli occhi di un altro. Ma in fin dei conti l’arte è comunicazione. E si offre per forza di cose allo sguardo esterno. Averne consapevolezza può aiutare ad essere maggiormente intellegibili , pur senza rinunciare alla propria, personalissima voce.
La mia Veronika e’ andata a letto. Dunque resto io, ancora vigilante quanto basta per rispondere a Simona che certo, gli Antichi Romani erano un Popolo che univa sacralita’, poesia e legge. Una civilta’ oggi purtroppo disconosciuta e ridotta dai moderni ai propri aspetti meramente ”tecnici”. Intendo dire che tutto della loro civilta’ si e’ perduto, eccetto le acquisizioni tecnico-giuridiche, che hanno invece costituito le basi del Diritto di praticamente tutto il Mondo.
Bacchettami, Simo, se ho sparato una cretinata.
Eccomi di nuovo qui. Scusate l’assenza.
@ Fabioletterario
Hai commesso un errore stupefacente
🙂
@ Maria Lucia
Ti ringrazio per l’aiuto tecnologico prestato a Maria Teresa (Tessy)
Alla neo-zia Silvia Leonardi:
tanti auguri!
P.S.
A chi non fosse gia’ saturo di me e delle mie rotture di saccocce dico che, a richiesta, sarei disponibile a spedire elettronicamente un mio vecchio racconto (1999) intitolato ”Sicilia” ed ancora inedito. Li’ penso di aver colto l’aspetto magico-mistico-tradizionale dell’Isola (il testo fa parte di una raccolta di venti racconti per venti Regioni italiane, intitolato ”Il Centocampanili”, che non ho mai sottoposto ad alcun editore).
Ciao care e cari
Eila’, Maugger!
Bentornato! Tutto bene? Ti ho scritto una letterina elettronica. Se vuoi, vai a buttarci un occhio.
Vado a vedere tra un po’, Sergio. Grazie.
Intanto ne approfitto per dire a tutti gli amici che in queste ore mi hanno inviato racconti (o che mi hanno chiesto di pubblicare i loro racconti) che c’è la possibilità di pubblicarli da voi all’interno della sezione “iperspazio creativo”. Anche Simona ha pubblicato i primi racconti lì.
Vi ricordo il link:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2006/11/02/iperspazio-creativo/
@Sergio…non credo che tutto della cultura romana sia andato perduto (pensa alla letteratura, all’architettura e all’uso del latino anche nel gergo quotidiano che ha spesso una matrice squisitamente giuridica) ma è vero che l’antico diritto, e in particolare la rielaborazione di Giustiniano, sono alla base di ogni codice europeo ( e talvolta anche extraeuropeo).
Trovo che l’abilità giuridica dei cives risiedesse soprattutto nella trasformazione della vita quotidiana in norma. E’ uno sforzo d’astrazione così evoluto per una popolazione ancora arcaica( i patres non vivevano in una società mondana) da commuovere.
Dalla vita (cioè dall’uomo) all’ordine (cioè alla legge).
Ho sempre trovato che sia un’operazione molto simile alla scrittura:dall’osservazione alla forma.
@ Simona e Veronika
Desideravo ringraziarvi per aver messo in comune i vostri ottimi racconti. Entrambi bellissimi, pur nella loro diversità. E vi ringrazio per essere state presenti qui (continuate a esserlo, eh).
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Naturalmente i miei ringraziamenti vanno anche a tutti coloro che sono intervenuti nella discussione (continuate a farlo, eh).
@ Sergio
Hai scritto: “La mia Veronika e’ andata a letto. Dunque resto io, ancora vigilante”.
Queste tue frasi mi hanno fatto sorridere, perché mi sono venute un mente le parole che mi scrisse per mail Veronika quando, dietro mia richiesta, mi inviò la foto che trovate pubblicata sul post.
Siccome trovo la “cosa” molto divertente, e siamo tra amici, quasi quasi vado a pescare quella mail per proporre il testo qui (cosa che non si fa MAI… ma questa è un’eccezione).
Non cambiate canale…
Gia’, Simona; dall’osservazione alla forma, per mezzo del – o insieme al – sogno, direi. E a volte SOLO a partire dal sogno per giungere alla carta. Queste sono le due scuole principali della Letteratura di tutti i tempi, ma soprattutto moderne: quella del sogno (immaginazione, creazione mentale o mental-spirituale, e affini) che diviene parola e quella della realta’ che diviene parola tramite l’osservazione sensuale.
Io sto nel mezzo: Realismo Magico… con qualche (anzi tante) sfumature suppletive. Tu, dove ti senti di stare?
Ecco il testo della mail di Veronika:
Caro Massimo,
non ci conosciamo, ma tu per me negli ultimi mesi sei come il quarto membro della nostra famiglia, visto che mio marito passa le notti piu’ con te che con me … Scherzi a parte, ti ringrazio molto per la tua disponibilita’ a pubblicarmi sul tuo sito e senz’altro saro’ lieta anche di partecipare a un eventuale dibattito.
Intanto un caro saluto da una Lubiana invernale,
Veronika
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Ovviamente le ho risposto che anche mia moglie si è lamentata della stessa cosa.
🙂
Mentre Sergio e Simo dialogano amabilmente (bravi!) vi anticipo che domani pubblicherò un post “pasquale” dove potremo scambiarci gli auguri e raccontarci le nostre vacanze.
@ Sergio…in me la realtà evoca sogno, il sogno mi riporta alla realtà e quando vivo non ricordo più se ho solo immaginato oppure ho vissuto realmente…Mi chiedi:da che parte sto? Credo a mezz’aria…Pensa la fatica che faccio a rientrare nei miei panni, anzi …nella toga.
@ Sergio… ora però vado a nanna…credo che dovresti farlo anche tu…hai visto cosa ha detto Veronika?!!
Notte Massi, notte a tutti…
Queste sono le parole piu’ belle che tu mi abbia mai detto finora, Simona. Capisco a fondo. E ”traslittero” queste affermazioni in una conclusione: sei un buon giudice. Quasi quasi vengo a Siracusa e faccio qualche reato terribile (tipo: ”spaccio di false poesie di Montale”). Cosi’ ti conosco personalmente quando stai coi piedi sulla finta-terra.
Massimo:
siamo due carogne. Eh! eh! eh! Che bello sentirsi ufficialmente in compagnia di un proprio compare in marachelle scrittorie. Perche’ non ci mettiamo in societa’ (a delinquere) per spacciare false poesie di Ungaretti? O forse quasimodo renderebbe meglio, in Sicilia, non trovi? Ti prego, dimmi di si’…
Sergio, saluta Veronika (ma non la svegliare) e dille di avere un po’ di pazienza con me e questo blog.
😉
–
Simo, ti auguro una buona notte. Domani c’è un commento che dovrai leggere (su un altro post).
Invito tutti a andare a dare un’occhiata all’ultimo commento del post “eleggiamo il libro dell’anno 2007”:http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/03/12/eleggiamo-il-libro-dellanno-2007/#comment-27099
Ora devo chiudere.
Vi auguro una buona notte.
‘Notte, Simona cara.
…Ma non vuoi fare il falsario poetico con me, Massi? Tu mi deludi!
@massimo
un po’ a bocca aperta ci sono rimasto anche io! Simona è davvero una persona speciale!!!! buonanotte.
di professione odio, ma qui siete ontologicamente amabili. che fare? mi darò alla fuga, con un’amuca.
Ciao e buonanotte a tutti…
Il racconto di Simona lo trovate sull’antologia “Siculiana” a cura di Luigi La Rosa per Giulio Perrone Editore.
Lì c’è – messaggio promozionale – anche un mio racconto…
🙂
Da Simo aspettatevi grandi cose… it’s just the beginning… e vi aspettiamo tutti a Siracusa!!!
A Veronika Simoniti: grazie per l’interessantissima precisazione. I libri che parlano di narratologia non presentano il concetto di twisted story: ne farò tesoro! Grazie anche per il chiarimento sulla traduzione dei sicilianismi. Allora ci sono tanti italianismi nello sloveno costiero, ho capito bene? Anche questa è una cosa interessante.
Un caloroso augurio di buona Pasqua a lei e al caro Sergio, che ormai ci è divenuto familiare. Siamo felici che anche la sua signora sia parte di questo grande circo di Letteratitudine, in cui circolano libri e tanta energia positiva…
Che lo spirito di Chi ha vinto la morte ci doni la sua vita e la sua gioia… e tanta voglia di leggere e scrivere, sempre!
MLR
Buona Santa Pasqua a Maria Lucia e a tutti i Letteratitudiniani!
Sergio & baracca italoslovena
P.S.
Maria Lucia: il termine ”Zasukane storije” e’ relativo solo all’omonimo libro di Veronika, non si tratta di narratologia. Lei ha dato questo titolo alla sua raccolta di racconti ed ora ne ha spiegato i significati che lei stessa attribuisce a tale titolo. Tutto qua.
Sergio
@ Simona
A parte le formalità, il rapporto fra forma e contenuti è una continua ricerca anche per me che dipingo. Qualcuno ha detto che la penna come il pennello sono soltanto dei tramiti.
Ciao
Rossella
(Ornella è una mia parente. Stessa altezza)
Scusatemi se arrivo a festa finita, mentre tutti si stringono la mano per i saluti, i piatti sporchi ma vuoti, i bicchieri reclinati, le bottiglie svuotate e riposte in un angolo della cucina, la casa pervasa da quel disordine godereccio delle feste di famiglia. Così è stato, credo. Dai commenti sembra davvero si sia trattato di una festa di famiglia. Questo è il valore di questo blog. Si chiamano un po’ di amici, ognuno cucina qualcosa, qualcuno apparecchia, c’é chi pensa alla musica, chi al vino. Gli amici di Letteratitudine.
Io riparto velocemente dai due racconti e mi fa piacere riprendere un punto che qualcuno degli amici ha evidenziato, ovvero la malcelata vocazione delle due autrici alla sinestesia. Non è solo lettura, è musica, le cose si toccano, sensualmente si annusano, si sentono in bocca. E’ una aspirazione lecita e doverosa anche. Dall’osservazione alla forma diceva magicamente Simona. La letteratura è vita trasposta, è una trasmutazione alchemica dal sogno di uno all’esperienza di molti. Lo scrittore è l’agente, il lapis di questa trasmutazione. Popoli diversi, lingue distanti, dialetti che si accostano e si accordano in una resa corale alla quale Umberto Eco applaudirebbe (“Dire quasi la stessa cosa”). Maggiormente cinematografico il racconto di Veronika, più “privato” quello di Simona. Aria e Terra ha detto Enrico. Se posso, aggiungerei anche il fuoco della passione per la scrittura e l’acqua quale evocazione di una sensualità latente.
Bella festa, davvero !
Peccato non
aver avuto il tempo di un ballo con le due signore.
@Evento…che bella questa “trasmutazione alchemica”…E poi a me l’alchimia fa sempre venire in mente la cucina…infondo anche chi scrive è un po’ “cuoco” e impasta molti elementi…
@Rossella. Credo che ogni arte sia solo un mezzo per esprimere l’uomo…ecco perchè è altissima quando è “verosimile”…
@ evento:
però puoi comunque sparecchiare e fare le pulizie, almeno sei utile a qualcosa
🙂
Due scritture diverse e scorrevoli entrambe.
Veronika scrive su piani diversi che alla fine si incontrano e trovano il loro senso. Dialoghi come in un romanzo, fa notare Simona, e sono d’accordo. Si lascia leggere con facilità, sicuramente la nostra Veronika ha una scrittura piana (immagino bene che su questo argomento tu e Sergio avete vedute opposte!! :-)) e scorrevole. Simpatica la chicca del naso della fidanzata, come ti è venuto in mente? Brava, davvero, anche perché dichiari che è il primo che scrivi in italiano e la cosa ha anche in questo la sua singolarità.
Simona scrive di una terra che conosco, ma sento di non essere di parte quando affermo che dentro c’è veramente tanto. C’è sangue, c’è freddo e calore, c’è terra, fango, lacrime. Ignoranza e ingenuità. C’è “scanto”.
Molto intenso, Simona, non saprei cosa aggiungere a tutto quello che è stato già scritto, se non che sei una persona dall’animo sensibile, dolce, forte e fiera come le tue parole.
@Grazie, Silvietta….Sì, c’è “scanto”. Cioè paura. Ma scanto è forse qualcosa di più ed è intraducibile. E’ un trasalimento dell’anima. Un essere presi alle spalle, d’assedio. E’ sussulto e singhiozzo. Si chiude in sè e raramente esce allo scoperto. Non è solo una sensazione. E’ un fremito della carne.
Anch’io riesco a leggere solo adesso i due racconti di Veronika e Simona. Sono d’accordo con molti dei commenti che ho letto e preferisco non ripetermi. Desidero solo ringraziare le due autrici per averci donato questi splendidi lavori, e Massimo per aver consentito tutto ciò e per aver creato questa bella realtà, forse unica in internet.
Smile.
Enrico lo faccio di professione 🙂 non credevo mi toccasse anche nel “tempo libero”
@Veronika Simoniti
Grazie!!!
Ho apprezzato la tua sensibilità di autrice e traduttrice che a piene mani si è nutrita ed abbeverata alla fonte di letteratura,arte tutta; mantenendo integra e lucida la distanza tra sé e gli altri autori, se me lo consenti è quello che ho percepito: senza prevaricare con la propria anima creativa l’altrui. Brava! Quanto duro lavoro il tuo, ingegno e umanità, tutta te stessa immagino, hai dovuto donare e continuare a fare con impegno quotidiano: proprio come una donna che diventa madre e lascia libero, quando ritiene giusto, il proprio figlio alla sua vita senza rinunciare a Lui.
E’ vero l’autore, l’artista in genere affida agli altri le proprie opere, consapevole di non averle perse per sempre!
Noi ce ne appropriamo consapevoli, ma , che le abbiamo solo in uso e prima o poi dobbiamo restituirle con parte di Noi: per chi persegue l’arte! Certo, secondo me.
Grazie!!!!
P.S. Veronika, Sergio e Laura qual è il segreto della Vostra armonia? E in quale lingua parlate in casa tra di Voi, tanto per sdrammatizzare?
Luca Gallina
@Simona Buona S.Pasqua a te e famiglia!
Sono un tuo ammiratore perché: sei una bella persona intelligente,colta, giudice di merito imparziale, cuoca provetta,madre,opinion leader di una generazione la Vostra a cui appartiene, anche, Massimo Maugeri, per fare un esempio, con una coscienza civica, letteraria e di onestà intellettuale e la Sicilianità (post- gruppo 63), che Vi rende ai miei occhi stupiti e meravigliati una dolce visione sempre: ma ne avete difetti veri, non so delle sbavature letterarie, siete peccatori anche Voi?
Un abbraccio sincero e Vorrei dedicarVi anch’io un libro credibile, se lo sapessi scrivere e lo farei senz’altro con il mio editor preferito Sergio Sozi:
“Un autore alla ricerca dei suoi personaggi “letteratitudiani”: solo persone vere e specialmente amorevol-arguti!”
Luca Gallina
P.S. Caro Massimo, ho apprezzato molto il pensiero letterario di Simona dedicato a te e ben meritato del resto, ma Noi amici di “letteratitudine” quando potremo leggerlo?
Buona S.Pasqua a te e famiglia caro Massimo!
@Luca:….quando mi sentirò depressa rileggerò la sfilza di qualità che mi attribuisci e mi risolleverò il morale!!!GRAZIE!!!Una felicissima Pasqua anche a te e famiglia!
@Elektra:….SMILE!!!
@tutti al mare… gli amici di scrittura!
Buona S.Pasqua a Voi tutti cari amici e alle Vostre famiglie!
@Silvia Leonardi
Che zia sei? Auguri anche alla tua creatura, come sta? Stai scrivendo il secondo libro, ma quanti figli Vuoi dalla vita?
Con empatia come sempre,
Luca Gallina
@ Evento, Elektra e Luca
Grazie mille per le belle parole. Siete molto gentili.
Non è che siamo entrati in clima Pasquale?
La domanda è rivolta principalmente a Eventounico.
🙂
@ Luca
Se vai all’ultimo commento del post “eleggiamo il libro dell’anno 2007” potrai leggere la dedica, a me rivolta, che la nostra superSimo letteraria ha scritto in apertura del volume “Letteratitudine Book Award 2008”.
Per chi non l’avesse ancora capito, Simona ha stampato il post con tutti i commenti (290 pagg. in A4), ha fatto rilegare il volume (con copertina rigida molto elegante) e me lo ha spedito con corriere espresso.
E io non mi sono ancora ripreso del tutto dal grande stupore.
Che i biografi della Lo Iacono e di Maugeri prendano appunti!
🙂
@Massimo: salutami la mia compagna di sventura – tua moglie. Forse un giorno scriveremo un romanzo a quattro mani intitolato ”Le mogli dei blogghisti” oppure ”Ho sposato un blogodipendente”.
@Silvia Leonardi: la ”chicca” del naso sarebbe quello della sottoscritta … Tanti auguri per il/la nipote!
@Maria Lucia Riccioli: leggero’ il tuo racconto. Anche tu sei sempre benvenuta a Lubiana!
@eventunico: molto poetiche le tue parole; la poesia, la nostalgia e la decadenza nascono proprio dall’atmosfera da fine festa.
@Luca: in famiglia parliamo italiano e nostra figlia, essendo bilingue, ogni tanto crea qualche carinissimo neologismo, una parola con la radice italiana e il suffisso sloveno. Sergio sta frequentando il corso di sloveno, cosi’ un lontano giorno potra’ partecipare anche a qualche blog sloveno … Ma niente paura, non ve ne sbarazzerete cosi’ facilmente.
@Simona: continua ad aleggiare, a mezz’aria e sopra la terra, tra l’acqua e il fuoco, non vediamo l’ora di leggere i tuoi prossimi sogni.
@tutti: scusate se vi ho dato del tu, ma ormai vi sento miei amici. Mi viene la tentazione di organizzare una festa non virtuale qui a Lubiana e di invitarvici tutti. Ci verreste?
@ Veronika
Grazie mille per questo tuo nuovo commento (certo che devi dare del tu!).
Ti porto i saluti della tua compagna di sventura (mia consorte)… ma fa’ attenzione, il rischio di essere contagiati è molto alto. Un giorno potresti trovarti in una situazione del genere:
–
Veronika si chiude a chiave nella stanza del computer. Accende il pc, in attesa di connettersi a letteratitudine. Sergio, fuori dalla porta, sbraita… pregandola di farlo entrare.
Ma lei non ne ha nessuna intenzione. La postazione è sua.
Che Euterpe e il suo creatore si trovino altre collocazioni!
–
🙂
Buona Pasqua a tutta la famiglia Sozi!
@Luca e a tutti: come ho detto al carissimo Massimo i protagonisti del libro che gli ho spedito siete tutti voi….
Massimo, io sono sempre in clima Pasquale
@Massimo: la causa per la quale non siamo ancora divorziati e’ che abbiamo due computer, tra i quali un portatile.
Caro Massimo, auguri di buona Pasqua anche a te e alla tua famiglia!
@Simona
Grazie!!
Che bella idea la tua: cotta e mangiata!
Ne avevate già parlato qualche post-post passato di realizzare un libro: questa è vera efficienza Vostro onore Simona Lo Iacone e quale giustizia migliore rendere lustro agli amici tutti di letteratitudine e con assoluzione piena, per una perversa intenzione di una buona “scrittura privata” in atto pubblico, da parte di tutti Noi.
Cara Simona, con empatia e ammirazione
Luca Gallina
Cara Veronika.
Congratulazioni. A me è piaciuto molto. L’ho letto tutto d’un fiato. Cattura l’attenzione del lettore. E’ chiaro, scorrevole, coinvolgente…
Non sono un esperto quindi lascio a loro il compito di esprimere commenti tecnici. Tuttavia credo che le lodi non mancheranno.
Tanti auguri.
Sandro Paolucci
@ Veronika e Sergio: grazie! E ancora un mondo di auguri di Serena e Felice Pasqua a questa bella brigata di gente che favella e discetta di letteratura… e anche se vive a Lubiana, a Canania, a Siracusa, a Roma, è legata dal filo invisibile della rete. Ma non quella di Internet. Quella che si dipana dalle nostre penne.
Auguri Pasquali sentiti, Maria Lucia e Sandro Paolucci, a nome di tutti i Simoniti Sozi. Ed evviva la forte e fantasiosa ”rete nera” della Letteratura Italiana e Slovena: espressione profonda e mistica, solare e artistica, di due Popoli fratelli e belli, che mai piu’ nella Storia si divideranno per stupidi astii o ideologie.
Una Buona Pasqua a tutti gli Italiani e a tutti gli Sloveni, dunque.
Sergio F.M.Q. Sozi (gia’ dei Sozj di Civitella) e famiglia
(Lubiana/Ljubljana, Pasqua del Signore/Veliko noc, a.D. MMVIII)