Nel gennaio del 2008, pubblicai questo post dedicato alle narrazioni brevi (i racconti)… sottolineando come il mercato premiasse le narrazioni lunghe (i romanzi).
A due anni di distanza, mi sento di dire che (forse) qualcosa è cambiato… che (forse), oggi, i racconti trovano più spazio rispetto a un paio di anni fa…
Cosa ne pensate? Siete d’accordo?
Vi ripropongo il post con le domande originali. I vecchi frequentatori del blog potranno rileggersi e verificare se hanno cambiato idea, i nuovi avranno la possibilità di dire la loro.
(Massimo Maugeri)
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C’ERA UNA VOLTA IL RACCONTO
(post del 24 gennaio 2008)
Su un articolo culturale del Corriere della Sera del 23 gennaio – che raccoglie testimonianze varie (da Stephen King, ad Andrea Di Consoli, a Massimo Onofri) – si evidenziano le “difficoltà” del racconto o short story (per dirla all’anglosassone). Badate bene… non difficoltà di scrittura, o di lettura. Si tratta, purtroppo, di mere questioni di marketing.
Il racconto non piace granché… dicono.
I lettori prediligono storie-fiume… dicono.
In altre parole: il racconto non vende.
Quindi, di conseguenza, gli editori si adeguano.
Certo, raccolte di racconti continuano a essere pubblicate (forse più dalla piccola editoria che dalla media o grande), ma le “difficoltà” di cui sopra sembrano lampanti.
Vi invito a discuterne.
Perché i lettori prediligono i romanzi lunghi ai racconti?
È così per voi?
Se così fosse, perché continuare a scrivere ancora racconti?
Quali sono i pro e i contro delle short stories?
(Massimo Maugeri)
Post stringato… lo so; però l’argomento è interessante. E comunque vi prometto che il prossimo sarà più corposo.
Parliamo di racconti, allora.
Vi invito a rispondere alle domande del post.
Siate sinceri, eh?
Una piccola sfida…
Trovate una raccolta di racconti che – a vostro giudizio – possa competere con il romanzo che prediligete.
Senz’altro i racconti della Munro, ce ne sono alcuni che, benchè brevi, hanno tutta l’intensità del romanzo e ti lasciano “orfana” alla fine come succede con i romanzi migliori. Mi spiego meglio, quello che mi fa prediligere i romanzi ai racconti è proprio il fatto che non me ne separerò troppo presto….
Vado a lavorare, ciao
Ciao Adriana. Grazie.
Metti in risalto una delle ragioni principali che, probabilmente, inducono il lettore a prediligere l’acquisto del romanzo.
Aspettiamo il parere degli altri.
Buona giornata!
Provo a rispondere alle domande: 1) penso sia vero che il lettore, con il romanzo lungo si senta più impegnato. Pià occupato. Personalmente. se un romanzo è bello, non vedo l’ ora di riprenderlo a leggere là dove avevo dovuto intettompere la lettura.
2) per me non è così- Leggo volemtieri una raccolta di racconti e, nel web, anche un solo racconto. Nel mio sito http://www.francamente.net, è appena approdata un’ autrice formidabile. Quasi ogni giorno posta un racconto ed io mi ritrovo ad aspettarlo con piacevole ansia.
3) Non credo ci sia in atto una rivoluzione contro i racconti. Quindi vale la pena di continuare a scrivere e leggere i racconti.
4) Rispondo banalmente. Il pro è che permette la lettura a chi ha poco tempo ( ma se si ha voglia di leggere, il tempo si trova). Il contro è che puo’ incrementare la pigrizia del lettore. Ma non è colpa del racconto se un lettore è pigro. D’ altra parte un buon racconto può dare una sana frustata alla pigrizia del lettore. Saluti a tutti. Franca.
Credo che i lettori siano un po’ imbarazzati a riconoscere che a volte un breve racconto è molto più interessante di un lungo romanzo. Mi riferisco per esempio a La Mite di Dostoevskij o a Sonata a Kreutzer di Tolstoi o ai Nove racconti di Salinger. E che dire poi dei 49 racconti di Hemingway o la raccolta di racconti Angelici Dolori di Anna Maria Ortese. E poi i racconti di Huxley, Calvino, Verga etc. Certamente è più attraente un volume intitolato I Fratelli Karamazov o Arco di Trionfo che il generico Racconti di… che non dice nulla di quello che il lettore troverà in quel libro.Ecco il racconto ha meno appeal, ma siamo sicuri che i Nove racconti di Salinger siano meno interessanti de Il Giovane Holden dello stesso scrittore?
I racconti son più facili da scrivere. Si hanno meno gineprai, si va subito al sodo. E’ il problema del nostro secolo: non si ha tempo per nulla, nemmeno per pensare. Si corre sempre di più, persino nella lettura.
Io però preferisco di gran lunga i romanzi. Del romanzo ci si innamora perdutamente, il racconto è solo un flirt, una “sveltina”.
Cara Tiziana, non so come commentare il tuo post perchè ci sono flirt e sveltine che ricordo con più nostalgia e rimpianto di certi lunghi amori.
Sono d’accordo con Pino. Inoltre, Tiziana, se il racconto è il segno dei tempi, come mai non vende?
Non sono d’accordo sul fatto che scrivere un racconto sia più semplice, affatto.
Proprio perchè c’è meno ‘spazio’ a disposizione per piacere ed essere ricordato un racconto deve concentrare personaggi, trama, sviluppi, eventuali colpi di scena e lo stile in modo da non scivolare e basta. Il racconto deve colpire, trasmettere emozioni (possibilmente forti), deve ‘segnare’ il suo passaggio.
Certo, se ragioniamo in termini di tempo speso a, allora si, per un racconto non si impiega lo stesso tempo speso per un romanzo (ci mancherebbe) ma non per questo è più semplice scriverlo.
Rispondo rapidilla:
– Io amo i racconti e i romanzi lunghi, ma in genere se entro nella prosa di un autore e ci sto comoda, in un mondo insomma io voglio rimanerci il più possibile. E anzi, per questa mia cosa io non solo amo i romanzi lunghi, ma una volta che scopro uno scrittore che mi piace, leggo altri romanzi suoi, senza interruzione, fino a che non arrivo alla soglia di saturazione (in genere al sesto romanzo se ce n’è, ma per alcuni è arrivata prima) e allora lo mollo per un paio d’anni.
– I racconti per me sono una questione di fiato. Io ho degli amici e abbiamo avuto u n laboratorio di scrittura creativa, da cui è uscita una rivista per diversi anni, rivista finanziata dall’università. Molti di loro sono usciti per varie case editrici. ci rendevamo conto che la scrittura guadagna fiato con la pratica: i nostri racconti sono diventati sempre più lunghi, solo dopo molti anni e solo qualcuno di noi ora – riesce ad approdare al romanzo. E’ una specie di fiato psichico ecco, un po’ come la corsa. Non riesci credo a fare subito un sacco di chilometri, perchè ti spompi subito.
Naturalmente non vale per tutti, ma almeno per noi era così.
– Eppure, ciò non toglie che i racconti abbiano uno statuto esistenziale proprio. un racconto davvero bello, un racconto che ha la perfezione di una goccia, ha una potenza comunicativa incredibile, non capita sempre, ma il potere della paradigmaticità ecco, dell’esemplarità – non so dire meglio. Ma lo ricorderai.
un racconto (un po’ lungo) che ho amato è “la ribellione” di Joseph Roth. Ma anche certe piccole cose di Carver, incredibili.
In ogni caso a me i racconti piacciono perchè (se sapientemente costruiti) sono piccoli gioielli capaci di far riflettere in poche pagine o piangere o ridere o lasciare perplessi. E non è poco. Poi per necessità pratiche li trovo perfetti come letture da ‘intermezzo breve’ tipo nella pausa pranzo dove posso ritagliarmi trenta minuti di nulla che riempio volentieri leggendo oppure sul treno o in autobus. Poi on line ci sono davvero infinite possibilità (di robaccia d’accordo ma non solo). Poi, a parte il punto di vista da lettrice, trovo che il racconto può diventare un’ottima palestra per ci ha voglia di mettersi in gioco con la scrittura. Poi è anche una questione ‘di tipo di storia’ secondo me. Ci sono storie che nascono per essere brevi e volerle raccontare in cento o centocinquanta pagina può voler dire rovinarle, allungarle, renderle insipide. Senza che la lunghezza le renda per forza ‘scritti di serie B’.
Sono d’accordo con Barbara Gozzi, un racconto, come un romanzo, non è cosa facile da scrivere. Significa condensare in uno spazio limitato un tempo narrativo che può essere più o meno dilatato, ma che si esaurisce in poco. E che dovrebbe comunque dare un senso di “compiuto”, descrivere emozioni, personaggi, azioni, senza potersi avvalere dello spazio concesso a un romanzo.
Detto ciò, solitamente leggo e preferisco romanzi, ma ho amato (amo) in alcune fasi della mia vita leggere racconti, che si compiono nel giro di poco e posso sospendere senza restare in “ansia da attesa” per il seguito. Un esempio? Quando sono a letto malata, colgo i miei momenti di lucidità per dedicarli a letture brevi, alle quali prestare la massima concentrazione che in quel momento posso avere.
La questione è eterna. E’ la stessa che verte sull’ontogenesi dell’uovo e della gallina. Sono i lettori a non leggere i racconti o gli editori a non pubblicarli (ritenendo che i lettori non li vogliano)? Boh.
Eppure io penso che se uscisse oggi una raccolta di racconti di Cortazar, o Borges, tutti li pubblicherebbero, ovviamente.
a tiziana:
ci sono delle sveltine indimenticabili che, in poco tempo, ti travolgono di passione e quant’altro e, proprio per questo, non te le scordi più. Pino Granata ha citato La Mite di Dostoevskij . Bè, anche a parere mio si tratta di una sveltina epocale. Molto meglio di trombate lunghissime condotte per dovere e tra la noia
Fra i due partiti, voto senza dubbio per quello favorevole al racconto. Non che non ami leggere romanzi-fiume, ma nella sintesi ho sempre visto una forma di bellezza. Mi vengono in mente due esempi autorevoli: Poe, che nel suo saggio “La filosofia della composizione” esalta l’unità d’effetto del racconto (o della poesia), ossia il fatto che verrà letto in una volta sola, senza che il mondo, con le sue mille faccende, interrompa
l’incanto della lettura. E poi, come non ricordare Borges? Lui è entrato nella storia soprattutto con i racconti. E ha dimostrato che, se scritte con talento, storie di poche pagine possono far riflettere davvero molto. E poi ci sono tanti altri esempi, come ricordato dagli autori dei commenti precedenti. “Piccolo è bello!”. Viva Pupo e buona giornata a tutti.
forse il racconto breve è più difficile da scrivere, anche se non sembra.
In poco spazio l’autore deve concentrare molti concetti e non è difficile che non crei qualche squilibrio.
In un romanzo di lunga percorrenza, paradossalmente, se ci sono errori o incongruenze, si stemperano e si notano forse meno.
O forse è anche vero che il racconto breve lascia insoddisfatti perchè, anche se è bellissimo, e anzi, a maggior ragione, il lettore si affeziona all’atmosfera e ai personaggi e proprio sul più bello li deve lasciare. Quetso mi è capitato leggendo certe belle storie di Buzzati o di Moravia, ad esempio.
Se dovessi citare una raccolta di racconti famosa, citerei I racconti romani di Moravia, ognuno è un piccolo capolavoro.
O anche qualsiasi raccolta di racconti di Carver.
Mettiamola così:
Fermo restando che scrivere un racconto bellissimo è una grande impresa.
Io almeno pessimo ci riuscirei.
Ma un romanzo pessimo manco se piango riesco a scriverlo, manco se prego il buon Dio. ecco.
@ ZAUBEREI:
io sarei già stupito se tu riuscissi a scrivere un biglietto di auguri natalizi
Secondo me Zauberei sbagli.
Se ragioniamo in termini di ‘pessimo’ allora tutti siamo capaci di scrivere una cosa breve o lunga o lunghissima. Basta buttar giù qualche paginetta ogni giorno e amen. E’solo una questione di tempo. Il brutto racco
Ma sta di fatto che una narrazione breve richiede più concentrazione, attenzione ai dettagli, visione d’insieme, lucidità nella scelta di cosa mettere e cosa evitare… paradossalmente arrivare alla stesura definitiva di un racconto ad esempio di dieci pagine è più impegnativo della stessa stesura definitiva di dieci pagine di un romanzo. Detto questo io leggo molti romanzi e non è mia intenzioni sminuirli. Però mi dispiace sentire spesso condannato il racconto a testo facile, più o meno alla portata di tutti e insoddisfacente (perchè appunto si esaurisce subito). Richiede un tipo di lettura, un approccio un pò diverso, certo. E con questo? Leggere significa sapere che si avranno davanti 100 o 200 o 500 pagine dello stesso testo da saggiare nel tempo disponibile? Non so, a me sempre riduttivo. Leggere è leggere e basta. Lungo o corto che sia la storia in questione.
Ho qualche problema con la tastiere che si mangia le mie parole.. mi sa che non è d’accordo.
Il brutto racco (nto), tra l’altro, non è necessariamente una stesura breve tanto per fare e quindi breve perchè così si fa prima. A volte si cataloga un racconto come brutto perchè non è piaciuto il finale, ci si aspettava un’altro sviluppo o quel certo personaggio è poco convincente. Più o meno come succede coi romanzi solo che nel racconto i rischi di critiche mi sembrano più alti proprio perchè è una stesura che richiede moltissima attenzione condensata in meno spazio.
Eh forse sono io che so ambiziosa?
ciò l’anzia?
diteme voi
Ma la questione è che se scrivo scrivo una cosa che deve rispondere a delle pretese precise. Queste pretese riesco a controllarle su un tot di pagine. Attualmente sono arrivata a venti cartelle e me par d’esse un maratoneta. Forse posso azzardare una progettualità, di più ampio respiro, ma solo adesso. Forse c’è chi si butta avanti senza sapere dove va a parare, non ci riuscirei.
Esistono grandi racconti e grandi romanzi.
Il racconto non è “più facile” del romanzo perché è più corto, così come suonare il basso (che ha quattro corde) non è più facile che suonare la chitarra (che ne ha sei).
Si tratta di oggetti diversi, con regole diverse e specifiche difficoltà, che tirano fili diversi della coscienza del lettore e impegnano l’autore in maniera diversa.
Paragonarli è pericoloso – è un po’ come la vecchia domanda “va più forte il treno o è più buona la cioccolata?”
Esistono autori eccellenti che hanno scritto solo racconti – penso ad Harlan Ellison.
Esistono autori eccellenti (pochi, ma io sono cattivo) che scrivono solo romanzi da oltre 1000 pagine.
Esistono esempi pessimi di entrambe le pratiche.
Più che disamorato della forma breve, io direi che il pubblico è in generale disabituato ad affrontarla – i romanzi sono sempre più realtà virtuali, che forniscono al lettore tutto il necessario (se non più del necessario) per immergersi completamente nella realtà narrata dall’autore; il racconto chiede al lettore di contribuire molto di più, fornisce indizi anziché prove, suggerimenti anziché spiegazioni.
Questo può risultare snervante per alcuni – ma con l’allenamento tutto passa.
Curiosamente, tuttavia, gli unici a ripetere di continuo che ai lettori non piacciono le raccolte di racconti non sono i lettori stessi o, al limite, gli scrittori, ma gli editori.
Che certo hanno molti più problemi burocratici nel negoziare i diritti e gestire i pagamenti per una antologia che non per un romanzo monolitico.
Per non parlare delle difficoltà di marketing – tipo mandare l’autore a fare ospitate TV o tour di autografi….
Quindi io credo che ci sia una disonestà di fondo – e se l’offerta fosse più ampia, il pubblico sarebbe più abituato (evito di dire “educato”) ad affrontare la forma breve.
Credo che molto dipenda dalla frammentarietà dei racconti e dal fatto che, da anni a questa parte, i lettori sono più concentrati sui personaggi che sulle storie. E’ innegabile: ci si affeziona ai personaggi, tanto che, sempre più spesso, un libro solo non basta più, ci vuole la serie, la continuazione.
Dall’altra parte ci sono quelli che dicono “alla sera riesco a leggere poche pagine e poi mi addormento: preferisco i racconti perchè nei romanzi finisco per perdermi”. La diatriba è infinita.
“I racconti son più facili da scrivere”
Non so se è proprio così, anzi, soprattutto quando in uno spazio ristretto devi farci entrate tutto: luoghi, personaggi, situazioni, finale, ecc. E’ come dire che scrivere sonetti è più semplice che scrivere un’ode. Non è questione di difficoltà, ma di oggetto e di stile.
Io sono una sostenitrice della sintesi e amo moltissimo i racconti.
I romanzi di 800 pagine mi spaventano un poco. Mi domando sempre: ma cosa avrà avuto da dire per scrivere tante pagine?
Anche nella mia scrittura prediligo il genere ‘breve’. Racconti a volte così mini da essere solo un flash, un fotogramma.
Penso sia un mio limite.
Devo ancora crescere 😉
Volendo capire bene lo spirito di questo post, ho fatto una telefonata a Massimo. In sostanza, mi ha detto, la “divisione” è tra la raccolta di racconti e il romanzo univoco di qualunque dimensioni esso sia…150 pagine o anche 10.000.
In tal senso, per ora, sono in linea con Pino Granata. La letteratura non è come le mattonelle del cesso. Quelle vanno a metri quadrati, la letteratura va a sostanza e significati. Fermo restando che ognuno, in base ai gusti, ci trova quelli che vuole.
Le logiche editoriali sono impalpabili e stabilire cosa e perché vende non è semplice.
Il racconto deve morire? Non so, io credo che, ad esempio, una raccolta come “L’altra donna” di Doris Lessing, potesse andare alla grande 50 anni fa e andare bene anche tra 100.
Avverto, semmai, un problema come scrittore, anzi, diciamo autore perché è meno impegnativo. E per spiegarmi parlo superficialmente del caso personale.
Il mio editore mi ha chiesto di pubblicare sul sito editoriale, un racconto “noir-giallo-thriller” al mese.
Quello di gennaio è già on-line. Ma affrontando la cosa mi sono trovato di fronte a un questito. “E se poi un mini-racconto, o qualche mini-racconto, o tutti i mini-racconti cominciano a prendere vita propria per diventare ciascuno un romanzo?”.
La cosa è francamente imbarazzante.
Allora, credo, se ne esca con il grande sforzo di concepire storie in qualche modo “amputate”, dei bonsai insomma, che più di così non possono crescere.
nei 49 racconti c’è il meglio di hemingway.
i racconti romani sono la cosa migliore che moravia abbia scritto.
cechov e gogol sono capisaldi.
katherine mansfield è imprescindibile.
il giorno dei pesci banana di salinger è una generazione intera in poche righe.
la più bella storia di fantascienza mai scritta è la sentinella, di brown: trenta righe.
ci sono racconti che avrebbero potuto diventare romanzi, e ti lasciano, forse, un senso di incompiuto, come un coito interrotto, restando in metafora.
ma ci sono romanzi che se fossero stati racconti sarebbero stati affascinanti, e dilatandosi oltremisura diventano illeggibili.
cos’è meglio?
🙂
@enrico
però ci sono casi anche illustri di racconti che poi diventano romanzi.
chiaro che l’operazione è ardua, e il rischio di sbrodolare e basta è in agguato. ci vuole misura, e grande capacità.
i racconti per definizione vivono di vita propria, non necessitano di maggiore spazio. li vedo più come piantine spontaneamente nane che come bonsai.
sarà che mi hanno sempre messo angoscia..
🙂
(non c’entra affatto, ma una volta ne ho liberato uno che mi avevano regalato. lasciato alla natura, sta diventando un albero vero.
lo so perchè vado a trovarlo, ogni tanto)
“Per alleviare insopportabili impulsi”, raccolta di racconti per l’esordio di Nathan Englander, lo ricordo come un ottimo libro.
Sicuramente Bulgakov. Poi c’è Carver, per dirla con Zaberei e Ayesha.
Infine i racconti pubblicate nelle riviste, persino sui quotidiani, quando mescolano realtà e finzione…
Ci penso un altro po’…
C’è un racconto che ancora mi ricordo, intitolato “La falce” di Ray Bradbury, una storia fantasy metafisica bellissima,
ce n’è un altro intitolato Il terrore, (a cui si ispirò Hitchckok per gli uccelli) di Machen, che ha scritto anche La polvere bianca (due horror notevoli). Ci sono più di un racconto di Buzzati che ricorderò fin che campo (ad es. Il crollo della Baliverna o Paura alla scala).
Quindi anche il racconto breve può essere incisivo, più del romanzo.
Altro spunto di riflessione.
Qualcuno (Flaubert? Tolstoj?) diceva che “il racconto è il romanzo di un pugro”.
Sarà così?
“pigro”, ovviamente (sto scrivendo al sole e confondo le lettere)
scusate.
Ah, Durrenmatt!
Continuo a pensarci…
Difficile mantenere l’equilibrio quando si scrive un racconto. Si corre e si rallenta, qualcosa sfugge oppure macera in tempi inutili.
Amo il racconto perché ti sfiora e scappa via, ma lascia un ricordo persistente. Come quei profumi che non riesci a dimenticare.
Il romanzo avvolge, ti tira dentro la narrazione e protegge la tua mente da altro. Molto altro.
Non so, leggo spesso i racconti e sospiro: vorrei che fossero romanzi. E leggo romanzi sospirando perché non sono camei più brevi.
Poi: racconto lungo o romanzo breve?
Avete citato esempi illustri, ben più numerosi di quelli che sari in grado di fare io, di racconti scritti egregiamente che già da soli dovrebbero confutare la tesi di una predominanza del romanzo.
Io credo, però, che la questione diventi immediatamente oziosa se, come alcuni di voi hanno indicato, ci si riferisce alla qualità dello scritto, alla capacità della vicenda di catturarci e di farci vivere dentro di essa.
Rispetto al merito, dunque, non credo che la lunghezza sia un elemento discriminante.
Per quanto attiene al gradimento da parte dei lettori (e scusatemi se ingnoro gli editori, ma lo faccio intenzionalmente), credo che esso sia legato alla singola persona ed al momento storico della sua vita, al quando legge, al come legge, al quanto, al cosa si attende.
Se leggo durante i miei spostamenti in metropolitana da e verso il luogo di lavoro potrei preferire la raccolta di racconti. Se leggo la sera forse il romanzo. Tuttavia anche questa esemplificazione è fortemente opinabile.
Perdonatemi, ma mi acconterei di sapere se esistano o meno buoni testi e quindi bravi autori.
Credo che i racconti, a causa della loro brevità, non consentano lo sviluppo dei personaggi a tutto tondo. O comunque non come nel caso di una scrittura a largo respiro come il romanzo. Non c’è lo spazio.
Forse la maggior parte dei lettori ha bisogno di immedesimarsi nei personaggi del romanzo, che sono più a “tre dimensioni” rispetto a quelli dei racconti.
Che sia questo il motivo?
Per me, a esser sincera, è così.
Smile
Quando scrivi, non puoi sapere se quello che hai sotto le mani e’ un romanzo, oppure un racconto. Raymond Carver non e’ mai stato capace di scrivere un romanzo, eppure ha dato alla letteratura americana e mondiale un contributo consistente. Che dire poi de: “La montagna incantata”, di Thomas Mann; doveva essere un racconto ed e’ venuto fuori un romanzo di piu’ di 700 pagine. Quando scrivi, e’ la storia che decide se deve occupare qualche centinaiodi pagine o 1800 caratteri.
Il fatto che i lettori preferiscono piu’ uno, dell’altro, e’ condizionato in parte dal gusto personale e in parte dalla grande pubblicita’ che precede il lancio di un romanzo e dalla totale assenza di promozione (eccezione fatta per Minimumfax), quando c’e’ in giro un bella raccolta di racconti.
mi sento d’intervenire in favore delle short stories, perchè credo nella forza di sintesi delle cose brevi: un racconto, in quanto flash, è come una lente d’ingrandimento che focalizza pieghe e risvolti che un grande romanzo con la sua complessa architettura forse trascura senza colpa, per forza di cose. Inoltre un breve racconto dà la possibilità di limare lo stile e di lavorare sulle parole, che sono gli strumenti espressivi dello scrittore. Per scrivere un lungo romanzo come si deve ci vorrebbero parecchi “risciacqui in Arno” di manzoniana memoria!
i lettori di tutti i tempi si sono sempre sentiti attratti dalle storie lunghe, ma di solito le leggono con fretta e solo per diporto, senza gustare lo stile. C’è una “dissacrazione” che coinvolge anche la letteratura, e che pretende di “usarla” e gettarla , ed è figlia della fretta dei nostri tempi, oltrechè di un linguaggio mediatico sempre più asciutto e metropolitano: il naufragio della bellezza è naufragio della parola!
a me personalmente piacciono sia i libri fiume che i racconti, a seconda del periodo che sto passando, prediligo letture infinite oppure libri di racconti anche brevi, mi soddisfano lo stesso, mi danno comunque la bella sensazione del “leggere” – in questo momento mi ricordo che mi piacque molto “Sillabario” di Goffredo Parise, con tanti raccontini dalla A alla Z – lo conservo con molto piacere – un altro pure che mi era tanto piaciuto..Il Mestiere di Vivere – di Cesare Pavese – anch’esso un libro con tanti capitoli a se’ – quindi tanti racconti brevi – ma pur bello – pieno di riflessioni profonde e insegnamenti di vita – – – non e’ pure quella una bella lettura? perche’ bisogna leggere per forza un libro fiume che magari ti dura in mano dei mesi e non ti lascia nient’altro che una storia??!!?? un saluto a tutti voi – anna di mauro
Vite di pascolanti, di Gianni Celati!
A parte questa dichiarazione d’amore vorrei sottolineare che:
a) il romanzo fiume rende di più all’editore dell’antologia
b) consuma meno idee allo scrittore – ma nello stesso tempo obbliga a una lenta disciplina e a metter da parte improvvise illuminazioni
c) che il romanzone enorme lo vedo come il concorrente diretto del cinema
d) che il racconto mi pare concorrente diretto del videoclip o del cortometraggio
(parlo di fruizione, non di tecnica narrativa)
e) che l’attenzione richiesta dalle 2 letture sia qualitativamente diversa
e) non so che altro dire, mi ritiro. Sotto sotto, volevo solo ricordare Celati.
😀
Ci sono bellissimi racconti e bruttissimi romanzi (come del resto il contrario) obviously, e questro è già stato detto.
Borges, Buzzati, Checov e molti altri (perfino Machen, e lo sottoscrivo aggiungendo Poe e Lovecraft) sono già stati citati.
Segnalo ancora Maupassant, autore cui la forma-racconto è più congegnale di quella del romanzo (Boule de Suif, un vero capolavoro di questo genere, è per me molto superiore a Bel-Amì).
Aprirei una parentesi sulla trasposizione della letteratura nel cinema.
Trarre un film da un romanzo è spesso difficile per la scelta di tutto ciò che è da tagliare: esempio lampante è il recente “Amore ai tempi del colera”, secondo me una vera fetenzia.
Per il racconto il problema è inverso. Nella sua dilatazione , nel voler spesso esprimere visivamente quello che nel racconto è sottinteso a volte lo si snatura e se ne perde l’efficacia; cito ad esempio “La leggenda del santo bevitore” : il film del pur ottimo Olmi non mi parve all’altezza del racconto (per quanto lungo – o “romanzo-breve” ?) di Joseph Roth.
Ci sono come sempre le eccezioni. Uno dei rari esempi di film perfettamente all’altezza resta a mio parere “I Morti”: uno splendido film di John Huston dal racconto-capolavoro di Joyce, in “Gente di Dublino”.
Vorrei aggiungere alla rassegna di grandi autori di racconti Edgar Allan Poe e Stephen Crane con i suoi fenomenali racconti sulla guerra di secessione americana.
Credo che non dipenda molto dai lettori. I gusti dei lettori vengono educati e formati attraverso una lenta serie di messaggi subliminali da parte degli editori.
Un ottimo racconto, penso a vento dalle immondizie di platonov vale un ottimo romanzo.
E poi per l`epoca nella quale viviamo il racconto sarebbe piu` adatto: una storia conchiusa in 15/20 pagine.
Carlo S. , concordo con quanto dici sui film, ma lo osservo da un altro punto di vista. Il romanzo lungo è la tecnica con cui il narratore sa che farà qualcosa di “maggiore” di quanto potrebbe mai fare comunque il cinema con il suo testo.
Secondo me purtroppo (perchè credo i racconti, se fatti bene, siano bellissimi) i romanzi sono preferiti perchè prendono, hai bisogno di calarti nella storia solo una volta, di affezionarti a un paio di personaggi, di “capire” una sola situazione e poi via… all’arrembaggio della storia. per questo, credo, i racconti hanno meno successo oggi. e anche perchè c’è meno tempo – e soprattutto voglia – di impegnarsi nella lettura. e anche e soprattutto perchè non ci sono più le riviste come centro di diffusione culturale, formazione di pensiero letterario e umano, e come banco di prova per i giovani scrittori.
@ Carlo S. sono molto d’accordo sulla bravura di Maupassant, è uno dei miei autori prediletti. Lui in una smilza paginetta riusciva a raccontare in modo “superbe “, il mondo. E ora per sollevare i vostri affranti spiriti, nella ricerca affanosa del miglior racconto da segnalare al nostro super blog, vi propino le solite battutine della sera:-
” Puoi benissimo non sapere chi sia l’autore dell’Ulisse. Ho fatto anche molte altre cose” James Joyce.
” Shakespeare ha detto tutto molto bene, e quello che lui ha tralasciato l’ha detto James Joyce, dopo una mia gomitata..” Brendan Behan
” La natura non contenta di avergli negato l’arte del pensiero, gli concesse il dono della scrittura” George Bernard Shaw
Ma questo impertinente George, come faceva a conoscermi ..se ancora non ero nata? Misteri Eleusini…..mi eclisso. La vostra
Tessy
I racconti che mi sono rimasti nel cuore? “Il vecchio con gli stivali” di Brancati, forse il volume più “succoso” dello stesso autore. Tempo fa sono stata bacchettata da un amica scrittrice perchè ho iniziato a scrivere racconti ( “ma che ti servono? Non li vuole nessuno”) ed elogiata per lo stesso motivo da un amico scrittore (“Bene. E’un inizio didatticamente corretto. Non si può costruire un appartamento se prima non si è grado di costruire una capanna”).
@ M.Teresa
Sono molto contento che l’amore per Maupassant ci accomuni.
Rispondo alle tue battutine della sera con questi brevi versi
“Sulle poppe di Poppea
batte il sole a mezzogiorno
E a Nerone vien l’idea
D’un lontano suon di corno.”
(Toti Scialoja)
“il racconto è la palestra del romanzo” ho letto da qualche parte (ma non ricordo dove!) e penso che la definizione calza a pennello per il caso editoriale della Parrella, che ha iniziato con dei racconti ed è poi approdata al romanzo.
non conosco tuttavia approfonditamente i motivi delle scelte delle case editrici, che preferiscono pubblicare per lo più romanzi.
perchè, a mio parere (e se sbaglio correggetemi!), i racconti hanno lo stesso valore letterario di un romanzo, anche se le pagine sono inferiori di numero…semplicemente si tratta di due modi di narrare che si accostano.
penso al valore letterario di tanti racconti che già avete citato, da Poe a Pavese, a Verga, Primo Levi, oppure la Allende. Poi non è detto che una storia, per quanto breve, non incateni ed affascini il lettore…sto infatti rileggendo per la terza volta “il mare non bagna napoli” dell’Ortese ed ogni volta colgo nuove sfumature ed angolazioni, come se stessi scrutando i particolari di un dipinto, di un piccolo capolavoro.
buona serata a tutti!
Torno per precisare quello che intendevo dire riguardo al cinema. Con quell’esempio volevo solo dimostrare come la bellezza di un racconto è proprio nella sua concisione, nell’essenzialità e in tutto quello che non è espresso perchè non ha urgente bisogno di esserlo.
Chi non vuole cogliere il sottinteso non potrà mai amare profondamente questo genere, che non è una forma minore rispetto al romanzo, ma solo un po’ diversa, a volte più difficile.
Se ce ne fosse stato bisogno (ma a me piace essere lapalissiano).
Quasi sempre mi succede di essere attratta dalla conoscenza di un autore famoso,ma,non sapendo ancora se possa o meno soddisfare i miei gusti,preferisco iniziare con uno scritto minore,e quasi sempre trattasi di raccolta di racconti.Questo mi ha fatto imbattere in quasi tutti i nomi dei mostri sacri della letteratura da voi citati,sebbene preferirei ricordare altri titoli,come di Moravia :l’amore coniugale,o di tolstoj quell’indimenticabile rivelazione,che fu ‘cio’ che fa vivere gli uomini’,racconto che attraverso la narrazione di un’antica leggenda russa vi dira’ tutto cio’ che e’ il senso piu’ profondo della religiosita’ di questo grande autore,e molto ci aiuterebbe nella vita di tutti i giorni,quando ci chiediamo come Dio possa ammettere certe tragedie.
Insomma,ha ragione Pino,a volte ci si imbatte in veri gioielli,picoli cammei di incredibile valore umano ,talmente emblematici che segnano piu’ di un lungo romanzo.A volte sono gli scrittori che amano spaziare nei diversi generi,scrivono il romanzo per dimostrare che sono versatili e completi,scrivono i racconti come preziose e leziose fioriture,miniature artistiche,virtuosismi letterari.Tutto cio’ e’ persino ovvio,renderebbe quindi vano il disquisire della cittadinanza artistica dei diversi generi,per cui mi associo a Enrico,siamo andati fuori tema,se cosi’ fosse dovremmo tagliare fuori dalla letteratura persino Pirandello,che fece dei racconti la sua forma espressiva prediletta!
Allora diro’ che tra raccolta di racconti e romanzi e’ solo questione di gusti.Sta alla sensibilità dell’editore capire se ne vale la pena,al di la’ della lunghezza dell’opera.e la dura legge del mercato secondo me non puo’ che inchinarsi al talento.
Ma c’è di piu’,ogni regola ha le sue eccezioni,pensate a un certo Apuleio che un,con un breve racconto,traforo’ tutti i secoli,e chissa’ quanti ancora a venire,mai favoletta fu piu’ studiata,analizzata,smontata e ricomposta,da sacri e profani,da studiosi,storici,filosofi e letterati e dal grande Freud,si trattava dell’indimenticabile , misteriosa e ancestrale favola di Amore e Psiche.
Diceva dante’a ragionar d’amor si perde la ragione’,la ragione e il tempo si perde a ragionare di un argomento come il presente,rimane solo questione pesonalissima di gusto e di tempo,fermo restando che l’arte e il vero talento trovano sempre la loro strada e il mezzo per farsi conoscere,al limite con la complicita’ del tempo.
Credo che ogni narrazione abbia una voce, un respiro, una durata.
E’ impossibile , a volte, far crescere di più una creatura, perchè essa -a modo suo – ti impone un ritmo e una scadenza, o ti svuota il cuore intensamente e in un attimo.
Ci sono racconti che in sè hanno tutto e anche se brevi o brevissimi, posseggono un’anima così calda e avvincente da restare in noi a lungo. Il loro saettare non è tale nello stomaco, nello spirito, nel corpo. Ci dominano anzi per giorni e giorni, ci incatenano anche per molti anni.
Per me è stato così con il “Minotauro” di Durenmat.
Ancora adesso, a distanza di molto tempo, lo covo tra le mie pareti, lo rivivo con lo stesso trasporto. Ripensandoci, mi assale la stessa amarezza, lo stesso senso struggente di solitudine.
E poi ci sono romanzi perfetti. Forti e lunghi abbastanza da farci compagnia per più notti, incarnati come una presenza, come una persona.
Per questo vorremmo non finissero mai: non siamo pronti a lasciarli.
Credo quindi che sia solo un problema affettivo, di amore prolungato.
Se una lettura ci avvince è come un’amante che da cui non vorremmo staccarci, che altri (la sua fine naturale) ci costringano ad abbandonare.
Rimane il fatto che la prova letteraria, tanto nel racconto, quanto nel romanzo, è difficile. Anzi, forse proprio lo spazio “accorciato” di un racconto rende l’impresa più ardua , perchè il filo della narrazione non deve possedere imperfezioni, non ha tempo per migliorare.
Il racconto esige una pura, verace ispirazione e una pura, verace capacità tecnica.
Il romanzo una tenacia e una perseveranza coraggiosa e molta fiducia nel progetto.
In entrambi i casi, se si arriva alla meta, è stato un meraviglioso viaggio.
Mi introducono nel dibattito solo per segnalare che da circa un anno e mezzo un centinaio di autori (fra cui Massimo Maugeri), costituitisi virtualmente nella cosiddetta Living Mutants Society, stanno lavorando ad un’opera letteraria dal titolo Le Aziende In-Visibili che cerca fra le altre cose di sciogliere il dilemma romanzo/racconto.
Si tratta in sintesi di una riscrittura metadisciplinare e collettiva in cui i membri della LMS si sono impegnati accentando una sfida: racchiudere la propria conoscenza umana e professionale in un breve apologo, che rivisita una delle Città Invisibili di Italo Calvino, divenendo al tempo stesso uno dei 128 episodi del romanzo Le Aziende In-Visibili.
Per chi ne volesse sapere di più: http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/
@ M.G.
perbacco! un excursus che parte da Apuleio, passa per Pirandello e arriva a Tolstoj. Hai detto molto e, al momento, mi viene da replicare semplicemente che, se c’è la stoffa, il grande autore riesce a scrivere due righe monumentali anche nei bilgiettini dei Baci Perugina.
Enrico siamo fasati. Devo preoccuparmi ?
@ evento:
tu no, io sì
L’ho detto proprio per questo 🙂
@M. Teresa Santalucia Scibona:
Carissima signora, @Massimo Maugeri mi scuserà se uso il blog per un saluto privato ma non sono riuscito a scriverle sul suo blog.
Volevo metterla al corrente che il poeta Michele Sovente è stato il docente di antropologia di M.Chiara e l’ha supportata con la tesi (“Islam tra Shar’ia ed arte”) con cui lei si è diplomata in Accademia.
Posso tranquillamente pubblicare il mio indirizzo per lei e, comunque, per tutti gli amici che ne vorranno fare uso, evitando di occupare lo spazio indebitamente: francesco.didomenico11@tin.it –
Ringrazio Maugeri per la sua pazienza.
Ciò detto.
Sono un autore di racconti (non scrittore, come indebitamente ha tenuto a precisare per lui il caro Gregori).
Sono autore di racconti innanzitutto perchè sono un parvenù- la trama lunga mi vedrebbe col fiato corto- e, ancor di più, perchè sono un umorista e, tra gli umoristi solo i monumenti riescono a superare le 50 pagine; Beirce, Pennac, Quenenau, Jerome k., per citarne alcuni (non è un’interrogazione, mica ve li devo dire tutti, si è vero ho dimenticato Benni, mica l’ho fatto per cattiveria?). Organizzare strutturalmente una storia umoristica è triste, se quel giorno che ti sei messo alla tastiera sei allegro lasci tutto e te ne vai sugli scogli a pescare: l’umorista è un cane alla catena, deve ringhiare, ma deve farlo in fretta, in modo sincopato, se l’avversario (il lettore) si accorge che non hai paura, che non credi in quello che fai, al terzo sorriso moscio lascia il libro sullo scaffale, perchè il lettore di umorismo non si lascia coinvolgere dalla pubblicità, lui sfoglia in libreria; perchè il lettore di umorismo è cattivo come l’autore, e allora la scrittura dev’essere martellante, percussiva (è un libro, non un film dove la sequenza ti fa perdere le battute) come una batteria rock.
Ciononostante credo nel romanzo, anche in quello umoristico, la “bella storia” dal fiato lungo, quella che quando hai sotto le dita le ultime quattro pagine te ne accorgi e posi il libro, non lo vuoi finire, si lo rileggerai anche ma non sarà mai come la prima volta.
E’ difficile il romanzo, ma chiedo, a quelli che li scrivono: un romanzo quando comincia, dopo le 50 pagine?
E poi, io umorista, se scrivo una storia che non fa ridere, quand’anche un “romanzo”, come la dovrei definire?
Gli scrittori di Gialli, sono scrittori di gialli.
Gli scrittori di Noir, sono scrittori noir.
Gli scrittori di Horror, sono scrittori horror.
Gli umoristi:gia detto!
Gli altri che sono? Scrittori seri?
@ didò:
vedi che cazzo spari quando dimentichi di prendere le gocce?
Cari amici,
intanto grazie mille per i vostri preziosi contributi!
Purtroppo ho dovuto scrivere il testo del post molto in fretta. Mi sarebbe piaciuto copiare l’articolo (non è disponibile on line), ma non ho avuto il tempo. E non ho neanche citato il nome dell’autrice del pezzo (era una donna, ma il nome adesso mi sfugge). Non ho con me la citata copia del Corriere di ieri (23 gennaio).
Non è che, per caso, c’è tra voi qualcuno che potrebbe segnalare il nome della suddetta autrice ?
Se poi qualcuno fosse così volenteroso da riportare persino uno stralcio del pezzo… be’, gliene sarei grato.
@ Marco Minghetti
Hai fatto benissimo a anticipare dettagli della mega operazione che stai conducendo (Le aziende In-visibili). Avremo modo di parlarne in maniera approfondita in futuro.
Pino Granata (ciao Pino 🙂 ) cita tra i racconti da lui amati “Sonata a Kreutzer” di Tolstoj.
Qui si potrebbe discutere su un’altra abitudine nostrana: quella di distinguere un racconto lungo da un romanzo breve (n ehanno parlato anche Carlo S. e qualcun altro).
Domanda:
“Sonata a Kreutzer” è un racconto lungo o un romanzo breve?
Più un generale… qual è la linea di demarcazione tra racconto lungo e romanzo breve?
Beati gli angloamericani (e gli anglofoni) che utilizzano il termine esaustivo “short story”!
😉
Sono lieto che molti di voi amino così tanto i racconti.
Ora vi faccio una domanda provocatoria… però dovete rispondere con sincerità, eh? Altrimenti non vale.
Pensate agli ultimi 10/20 testi di narrativa che avete acquistato.
Quanti sono romanzi? E quanti racconti?
Caro Massimo, finalmente mi noti. Allora l’autrice del pezzo del Corriere credo sia Cristina Taglietti. Secondo me Sonata a Kreutzer, così come il suo gemello, La morte di Ivan Illich , sono due racconti lunghi, non a caso molto spsso vengono pubblicati insieme. Credo poi che pochi abbiano parlato dei Trois Comtes di Flaubert che sono autentici capolavori, tra gli scritti più belli dell’autore della Bovary. A proposito di racconti sto leggendo Lo scialle andaluso della Morante. Dio dammi la forza di finire questi racconti in cui la Morte regna sovrana! Ma non abiti più a Catania? Adesso stai in Slovenia? E cu ti ci potta nnà?
Caro Pino, io ti noto sempre…
🙂
Grazie mille. Sì, era proprio Cristina Taglietti.
Certo che vivo a Catania! In Slovenia abita sergio Sozi.
Un abbraccio.
Massimo
p.s. La morte di Ivan Il’ic è uno dei miei racconti lunghi preferiti (o romanzi brevi?).
Recentemente ho provato ad occuparmi della questione recensendo l’antologia di Gino Ruozzi “Favole, apologhi e bestiari” (BUR). Se volete buttarci un’occhio…questo è il link:http://www.trasciatti.it/?q=node/64
Romanzi e Racconti. Vedi Massimo è difficile quantificare. Io per esempio ho comprato recentemente Angelici Dolori di Anna Maria Ortese credendo che fosse un romanzo ed invece è un libro di racconti. Stessa cosa per Lo scialle andaluso di Elsa Morante ed Ultimo venne il corvo di Italo Calvino. Io credo che il titolo del libro sia molto importante. Io un libro di Racconti lo compro solo se mi piace molto lo scrittore. Huxley, Checov, Dostoevskij, Tolstoj, Hemingway, Salinger, Maupassant etc. Non mi sognerei mai di comprare dei generici racconti di un autore sconosciuto.
A proposito di racconti brevi…vorrei proporre a voi creativi un gioco in tema con il post e, a mio avviso, molto divertente. Dunque. io vi fornisco una lista di parole e voi, spremendo le meningi, vi producete in un racconto di non più di venti righe curandovi di utilizzare tutte le parole che vi ho segnalato. Che dite? Vi va?! Ecco la lista delle parole:
addomesticare, gioia intensa, viso, te, sedersi a tavola, passerella ( passaggio), bussola, discussione, radici, tatto.
Questo è il raccontino che sono riuscito a partorire io…vediamo cosa sapete fare voi;)
“Ero sempre stato incredibilmente abile a non mettere radici in nessun luogo; a saltellare come un grillo errabondo di città in città; e mi ero sempre prodigato affinché, le donne incontrate nella mia vita, fossero solo di passaggio nel mio cuore perennemente irrequieto ed insoddisfatto. I miei sentimenti, ogni volta, si sono fatti addomesticare piuttosto facilmente dai miei capricci, dalla mia volubilità e dalla frenesia della mia esistenza. Eppure, quell’altrimenti pigro pomeriggio di primavera, incontrai una persona: l’unica donna che era riuscita sul serio a farmi perdere la bussola, anni addietro e che stupidamente persi; troppo immaturo e impaurito per vivere l’amore vero di un’altra persona. Riconobbi quasi subito il suo viso, in quella caotica piazza obnubilata dal mezzo buio tardo vespertino e illuminata dai volti allegri dei saltimbanchi. Il chiaroscuro dell’atmosfera si sposava alla perfezione con la confusione emotiva che avevo dentro. Lei era ancora più bella di quanto ricordassi e, in quel preciso istante, la mia confusione sensoriale, si trasformò in gioia immensa, definita e inequivocabile proprio come l’addio che seguì la nostra ultima, triste discussione. Il lungo tempo che era passato dal nostro ultimo incontro, aveva contribuito a mostrarmela con una luce nuova, carica di aspettative inspiegabilmente meravigliose e affascinanti; irresistibili come la morbidezza che le sue labbra carnose avevano al tatto. Avrei voluto subito avvicinarla, invitarla a sedersi con me a tavola, in uno di quei romantici bar che circondavano ammalianti e “caldi” la piazza, ma mi accorsi che con lei c’era un uomo; le parlava all’orecchio e lei sorrideva…poi lui le prese la mano e insieme sparirono tra la folla, portandosi dietro anche tutti i miei propositi e il mio inaspettato entusiasmo. Così rimasi ancora una volta solo e non potei più dirle ciò che mi ero portato dentro per anni: “Ho capito che,nella mia vita, ho amato solo te”.
@ Germano
Va bene. Avallo la tua proposta di gioco in tema. Chi vuole… si cimenti!.
Però tu parti avvantaggiato. Secondo me prima hai scritto il raccontino e poi hai estrapolato le parole.
Furbetto!
🙂
@ Pino.
Scrivi: “Non mi sognerei mai di comprare dei generici racconti di un autore sconosciuto”.
Sarà per questo che gli editori non si sognano mai (o quasi) di pubblicare generici racconti di un autore sconosciuto?
🙂
@Massimo. No no…giuro su chi vuoi che non ho giocato sporco;) La lista delle parole me l’ha mandata la mia ex(era un compito assegnato dalla prof di italiano a suo fratello minore) e io mi sono cimentato. Anzi, se volete, potete proporla anche voi una lista di parole così ci riprovo…mi sono sempre piaciute queste “sfide creative”.
Grazie per averla avallata, comunque.
Un saluto
ps posso mandarti qualcosa per la sezione “Giovani scrittori crescono?”
@ germano:
vieni a rubare in casa dei ladri?
@Enrico. Si mio caro…allora non hai ancora ben capito che razza di demone poliedrico hai portato qui:-P. Accetta la sfida o hai paura?! hi hi hi
@ germano:
accetterò. mica penserai di farmi paura tu! poppante!
(off topic)
@ Germano:
manda pure (però non so quando potrò leggerti)
Una raccolta di racconti che, in tempi recenti, ha avuto successo è stata “Buio” di Dacia Maraini. Ha pure vinto lo Strega!
Ma è stata un’eccezione.
Ed era Dacia Maraini…
@Enrico. Benissimo…sono ansioso di vedere cosa combinate tu e tutti gli altri. Magari poi chiediamo a Massimo di valutare ogni racconto con una votazione, ok?!Eh quanto mi piacciono le competizioni con chi mi è palesemente superiore…mi stimolano troppo;)
Ora vado a nanna che domani mi attende una giornata a dir poco piena…sono certo che ne vedremo delle belle; la sfida più eccitante, di sicuro, ci sarà tra voi grandi(non solo anagraficamente:P) e io non vedo l’ora di godermela.
Notte a tutti
Vi auguro la buona notte riproponendovi la domandina provocatoria.
Pensate agli ultimi 10/20 testi di narrativa che avete acquistato.
Quanti sono romanzi? E quanti racconti?
A domani!
@ Germano
Massimo non darà nessuna votazione. Mica è il maestrino del gruppo!
😉
A domani
@ massimo:
no no, ti assumi le tue responsabilità e dai i voti. pensa quanti amici ti farai!
🙂
Raccontare una short-story che catturi la gente è un’arte. Penso ai vecchi raccontastorie orientali….. Compro spesso raccolte di racconti. Per me è una goduria leggerli, ma anche leggerli ad altre persone. Sarebbe una buona iniziativa di leggere storie in una sede pubblica per abituare le persone all’ascolto e all’immaginazione. Gli ultimi libri di racconti che ho acquistati sono:
“Pazza è la luna” di Silvana Grasso (Einaudi)
“La Grammatica di Dio” Stefano Benni (Feltrinelli)
@Gregò, ma le accetti tutte?
Il ragazzo non ha una mazza da fare, ogni quarto d’ora ti scazza un raccontino, un po’ copia e incolla, un po’ perchè è intelligente (hai garantito tu)…
@ Charlotte,
brava! Ogni tre libri sempre un umorista (racconti, vedi?), ti fa bene alla salute.
@Germà, c’è Milingo in giro, fatti esorcizzare il “demone poliedrico”, a lui è bastata la Maria (Sung).
No caro Germano: non voglio giocare al tuo gioco cretino, non voglio lasciarmi addomesticare e farmi prendere da questi baloccamenti per deficienti, sebbene tu sappia che per me, se solo ci volessi provare, sarebbe come sedersi a tavola. Dalle stronzate che scrivi (e questo è fuori discussione)mi fai pensare tu voglia utilizzare questo blog solo per farne la passerella delle tue velleità giovanili. Proverei una gioia intensa solo a vedere il tuo viso nel momento in cui ti accorgessi che nessuno caga te e tantomeno ciò che così incautamente ci proponi. Scusami se te lo dico così, brutalmente, ma per certi discorsi non mi pare necessario usare il minimo tatto. Invece di voler mettere radici tra queste dotte disquisizioni tra persone colte, educate e a modo quali me, Gregori, Evento, … (e pochi altri invero), che tu non potrai mai capire, ti consiglio di comprarti una bussola per trovare la strada che ti conduca a fare in culo una volta per tutte.
@germano: Solo 10 righe. Il tuo era di 21 e sei squalificato (avevi detto tu stesso non più di 20). Per cui ho vinto io (gregori ci mette troppo tempo: sta andando a copiare, squalificato pure lui).
Fu come sedersi a tavola per un sontuoso banchetto. Lei, che voleva farsi addomesticare, aveva già perso la bussola. Provò una gioia intensa quando io iniziai a percorrerla con tatto lieve cominciando dal viso. Poi un lento passaggio per scuoterla fino alle radici. “Con te è superflua qualunque discussione”, mi disse. E aggiunse: “Fottimi!”
@ carlo:
e io cinque righe. principiante!
anzi 4 scarse
🙂
Sì Massimo credo proprio che gli editori che già cercano di rischiare il meno possibile , difficilmente pubblicheranno libri di racconti di autori sconosciuti. Ma adesso tu credi possibile che in questo sito si possa affrontare il tema di come si pongono le persone di cultura di fronte a questa ennesima crisi che non è solo politica ma anche morale e culturale?
Mi vorresti addomesticare ? Che gioia intensa… Ti si legge sul viso ! Per te è come sedersi a tavola. Siamo di passaggio. Sembri l’ago di una bussola senza il nord in questa discussione senza radici né tatto. Hai goduto ? Pagami e vai.
——
per un minuto mi sembra che sia anche troppo… Didò pure Milingo hai scomodato ? 🙂
Ricordo come ce l’avessi davanti l’espressione canzonatoria di un noto editor. “I racconti brevi? Cazzate”.
Forse un giudizio lapidario ma per me fondamentalmente sensato.
A meno che non sia Salinger a scriverlo il romanzo breve agevola parecchio chi lo scrive e lascia in chi lo legge la sensazione di aver partecipato a una sveltina con uno sconosciuto.
Arrivi in fondo tutto d’un fiato, di solito mentre leggi non ti fai molte domande. Ma una volta terminata la lettura difficilmente ti volti indietro se non per dire: ma chi te conosce.
Scriverli è una pacchia, a me vengono via che è una bellezza, ma leggerli … no. In genere mi fanno schifo, come i cortometraggi.
A me me piasce entrare dentro una storia completa, lunga, sofferta, la tattica delle due paroline messe in croce mi irrita non poco.
Troppo facile, così so’ bbbbbboni tutti.
C’erano sette cani da addomesticare, guardandoli ho provato una gioia intensa, il boxer aveva la tua stessa forma del viso, anche di corpo era praticamente te, aveva addirittura il tuo stesso modo di mangiare, di sedersi a tavola. Ha iniziato a incedere come fosse in passerella. Avrebbe potuto farlo ad occhi chiusi era guidato da una bussola interna. Una cosa è fuori discussione, io a casa tua ci ho messo le radici, e non perché mi piaci ma perché sei morbido al tatto.
Carissimo, vuoi una mia opinione sul perché si leggono romanzi e non racconti? Perché il racconto(mytos o fabula)tocca la vita ed esige un linguaggio ( aperto e misterico) che sia rivelatore dell’essere,e pretende lettori dal palato fine, e si rivolge a menti sottili, aperte al confronto. Il romanzo, invece,mira all’intreccio(la molla che spinge alla lettura, oggi, é la curiosità e non quella che mira al sapere ma la curiosità banale e pettegola).E noi, diseducati al linguaggio alto, corretto, pregno di forza significativa( quello é elitario), scartiamo il Racconto e ci lasciamo attrarre dalla “monnezza” degli intrecci che intessono un romanzo, e vagolando sulle parole scariche di senso e finalizzate a suscitare ovvie sensazioni, e, spessissimo, senza essere interpellati sul senso di quel dire, sprofondiamo in quel genere di pseudoletteratura che gli editori, a buon diritto per le loro tasche, ci propinano. Complimenti per il blog.Interessante per gli interventi.Lucia Arsì
Sedersi a tavola con te? No, so bene quello che hai in mente. Mi sdraieresti su quella tavola. Non sono il genere di persona che si lascia facilmente addomesticare, questo è fuori discussione. So bene quale gioia intesa, sublime, ti darebbe studiare il mio viso in penombra, il mio corpo che si muove al passaggio di te, freme al tatto delle tue mani e ti sente, come radici che mi affondano dentro, come ago, bussola della mia esistenza. So che lo faresti, e che sarebbe come morire.
Per rispondere alla domanda di Massimo, sarò sincera..non strarò qui a farvi la lista, ma gli ultimi 10 (anche 20) libri che ho comprato sono romanzi. Li preferisco, è vero, ma non perchè non riconosca un alto valore al racconto. E’ solo che, statisticamente, leggo più romanzi.
@Massimo: degli ultimi 10 libri che ho acquistato, tre sono racconti:
“Mosca+balena” e “il verdetto” di Valeria Parrella e
“il ballo” di I.Nemirowsky.
a proposito della Parrella, rivolgo a tutti la seguente domanda: che ne pensate dei suoi scritti?
buon venerdì e buon fine settimana.
Bah, sinceramente sta cosa di Lucia Arsi percui la fabula o mytos sia per palati fini me pare un po’ ‘na sparata fine a se stessa. Le parabole non sono affatto cose da intenditori. Direi il contrario, di solito sono metafore educative alla portata dei più. La loro bellezza sta proprio nell’accessibilità.
Oh, detto questo, rivendico un amore per il romanzo assolutamente indipendente dalla sua trama.
Invece il racconto avrebbe un linguaggio aperto e misterico?
Esattamente che vorrebbe di’?
🙂
Gli ultimi 10 libri acquistati ?
3-saggistica
5-romanzi
2-racconti (Bruno Shulz e Alice Munro, quest’ultimo ancora da leggere).
C’è da dire che anche la proposta editoriale non mi pare si discosti (vado a occhio, potrei anche sbagliarmi) da questa percentuale personale del 20%.
“Addomesticare te sarà una gioia intesa; non mi serve una bussola, per scoprire il tuo nord”, disse lui irridente prima di sedersi a tavola. Lei, il viso buio come dal passaggio di una nuvola. Senza tatto, strappò la piantina fino alle radici. La loro piantina. “Ora sei come lei, per me” gli disse. La discussione si protrasse fino al mattino.
Caro Massimo,
tra gli ultimi libri che ho acquistato ci sono almeno quattro raccolte di racconti: “Le Novelle saracene” di Bonaviri, “Il poeta continua a tacere” di Yehoshua, “I racconti ” della Mansfield , e un racconto di Silvana Grasso “7 uomini 7”.
Gli altri sono romanzi, epistolari, saggi.
Ho poi letto un libricino di Stella, “la bambina, il pugile e il canguro” se mal non ricordo, che viene proposto come romanzo ma è un bel racconto, intenso e sofferto.
Come dici tu:una short story.
@Tutti. Ho letto tutti i vostri racconti e non saprei proprio scegliere quale mi è piaciuto di più…quello di Silvia è stato il più vicino all’idea che mi ero fatto e quello di Carlo è stato il più “simpatico”. Poi c’è Francesco che, al mattino, invece del latte, ingoia limoni e spara cazzate:-P Copia-incolla?! Ma de che?!Però noto che, Vito, è riuscito a riassumere tutto in 3 righe e ha “battuto” pure il maschio Gregoriano. Vi è solo sfuggito un piccolo dettaglio…non si faceva mica a gara a chi scriveva di meno?!Mica ho scritto:”Il più figo riesce a scrivere tutto in un rigo”(con tanto di rima^_^). E poi, caro Carlo, su word il mio racconto non supera i 17 righi, ergo…non sono squalificato;)
@Massimo. Se ti dico che non ho mai letto una raccolta di racconti, mi credi?! Secondo me, la loro scarsa diffusione, è dovuta soprattutto al fatto che sono poco pubblicizzati e, soprattutto, non se ne parla mai nelle scuole. Vi è mai capitato che, un insegnante, vi desse da leggere una raccolta di racconti?!
@ germano:
per carità! ma è che dedicare più di 4 righe a una tua idea mi pare un sacrilegio. vorresti chiedere a bach di trascorrere 3 anni per comporre una marcetta per la fanfara del paese?
Sul problema del racconto sì o no io la penso così. Il racconto viene più facile, è breve, meno impegnativo…ma al contrario si potrebbe anche dire che scrivere un buon racconto è difficile…
. Comunque il romanzo implica maggiore impegno, è ovvio, e negli ultimi anni i narratori si sono impegnati per passare dal racconto al romanzo. I romanzi appassionano e coinvolgono di più il lettore, i successi della Rowling o di Tolkien difficilmente li vedo in forma di racconti brevi.
Sul piano del marketing i racconti quindi vendono meno perché attirano meno e perciò gli editori stimolano i loro autori a scrivere romanzi per tentare lo scoop, il best seller. Faccio un esempio. C’è una grande autrice di racconti, la(se ricordo bene) canadese Alice Munro, una molto brava, forse da premio Nobel, ma non ha una gran fama forse proprio perché è autrice di racconti raffinati, fatti per palati esigenti. Il racconto di qualità insomma è fatto per lettori che amano la buona letteratura ma per convincere un lettore poco attrezzato a leggere un libro di narrativa ci vuole l’appeal della storia appassionante, un noir, una spy story, che richiede molte pagine e intrecci complessi.
Continuiamo a discuterne, cordiali saluti,
Leandro Piantini, Firenze
@ leandro:
dissentirei un tantinello sul fatto che un noir abbia necessariamente bisogno di tante pagine.
Massimo le ultime cose che ho comprato sono saggi. qualche romanzo. racconti nada, mi pare. e ora che cipenso è anche un bel po’ che non ne leggo. Chuk Palahniuk è stato l’ultimo. Deludente, rispetto ai romanzi.
Ma sono contenta che qualcuno Izzo mi pare, sopra ha citato gli insopprimibili impulsi di Englenderer!
Però pare che il libro uscito ora suo, sia mediocre.
passaggio obbligato di ogni nostra discussione è il tuo voler addomesticare le emozioni.
privarsi per paura della gioia intensa di essere persi in un bosco oscuro orientandosi al tatto tra sassi e radici, avendo come unica bussola l’immagine di un viso.
volere questo da me è come chiedere ad un affamato di sedersi a tavola e piluccare invece di avventarsi sul cibo.
pensa per te, madre.
e lasciami vivere.
sette, con gli accapo.
🙂
@ a tutti
io, i racconti, cerco di evitarli. Però a volte mi “capita” di incrociarne alcuni , che per intensità e costruzione mi appagano non poco. Ma tendenzialmente non acquisto mai un libro di racconti; o meglio mi adatto alla raccolta se l’amore per l’autore è smisurato. Come per Singer: ho tutti i suoi racconti e, fra una lettura e l’altra, me li rileggo con gioia e soddisfazione. Forse Singer è un grande autore di racconti, oppure, visto che siamo a ridosso del giorno della Memoria, la storia e la cultura di quel popolo esplodono nella sua scrittura, anche in poche righe.
# 2
la donna molto grassa si avventurò barcollando sulla passerella dei lavori in corso, reggendo a fatica il botolino ringhioso che non era stata capace di addomesticare. gli addetti alla metro, ammutoliti dal terrore, ascoltarono lo scricchiolio delle assi, e quando arrivò in fondo tirarono un sospiro di sollievo.
non era giovane, e le radici dei capelli più scure tradivano la tinta fatta in casa. il viso era bello, però, e sembrava una persona molto dolce. cosicchè, quando la sua mole la fece incastrare nella bussola d’ingresso un controllore gentiluomo si precipitò ad aiutarla con tatto. dietro si era formata una coda impaziente, e una voce disse ‘ma guarda te.. questa che di certo ha mangiato abbastanza vuole impedire a noi poveri cristi di andare a casa e sedersi a tavola!’ . ne nacque un’accesa discussione, mentre alla povera donna venivano le lacrime agli occhi, tenuti bassi per la vergogna.
il controllore le sussurrò all’orecchio ‘ la bussola è difettosa.. non si preoccupi. vuole venire con me a bere un caffè? sarebbe un piacere’. lei alzò lo sguardo, lo vide per la prima volta, e provò una gioia intensa.
persino il cane smise di ringhiare.
@ gea:
2 non valeeeeeeeeeeee
🙂
devo dire che mi manca Sozi
@ enrico
e tre?
🙂
@ evento:
Sozi chi?
🙂
Il mio parere é che il romanzo possieda un potere di coinvolgimento a cui il racconto non può ovviamente aspirare. Il racconto si consuma in una manciata di minuti, un paio di ore nei casi più disperati. Seppur apparentemente più adatto alla nostra epoca senza tempo, esso finisce per non soddisfare appieno il nostro più profondo ed intimo desiderio di vivere una realtà e una vicissitudine differente dalla nostra. In parole povere non ci consente di sognare tanto a lungo quanto il romanzo. Quest’ultimo, invece, trasporta la mente in un mondo nuovo per giorni, settimane intere. Ci lascia smarrire tra le traversie del protagonista, fluttuare nei meandri della sua personalità. Si potrebbe ancora discorrere parecchio sulle differenze che, a mio parere, spingono i lettori ai romanzi piuttosto che ai racconti, ma non voglio oltremodo appesantire questa discussione con particolari tecnici né é mia intenzione annoiarvi ulteriormente.
Una gioia intensa gli trasparì dal viso nel sedersi a tavola davanti ad una tazza di tè fumante. Lui aveva mancato di tatto, certo, ma Su Yen aveva perso completamente la bussola quella mattina, e lui aveva dovuto immobilizzarla per farla smettere…Aveva stretto troppo. Aveva faticato molto ad addomesticare le radici intricate del grande banjano davanti alla pagoda, faticato ancora per eliminare ogni traccia dello scavo. Ma adesso, finalmente, non ci sarebbe stata più alcuna discussione.
@ cristina bove
…chapeau…
@Carlo S.ho trovato veramente graziosi i versi di Scialoja e sono lieta di condividere uno scrittore che ammiro, per i suoi contenuti-brevi succinti e compendiosi .Gli scrittori ironici mi piacciono molto e credo di averne letti
così tanti, che hanno influenzato il mio spirito come una seconda pelle.
@Francesco Di Domenico, grazie per l’e-mail ci scriveremo a parte su M. Chiara che saluto. Stamani avevo il server bloccato. Mi preme dire che ho letto con vera delizia tutti i libri di Jerome K., mi piace anche Pennac ,ma lo trovo meno divertente.
E ora se vi piacciono le scemenze, beccatevi un mio raccontino in trenta parole dal titolo:- “SCELTA D’AMORE”
“Il Conte Lardo di Colonnata s’invaghì di Patata Novella. Malgrado la nobile stirpe a lei non piaceva, così grasso untuoso….Preferì accompagnarsi all’ardente Pollo Ruspante…”.M:T- Vi avevo avvertito che era una scempiaggine.! E ora il pensierino letterario della sera:-
“George Sand era una gran botte d’inchiostro”. -Gustave Flaubert
” L’originalità è un plagio sconosciuto..”- W.R. Ince
” Questo libro di Letteratura Italiana dimostra una carenza di sapere,che non può essere che il risultato di molti anni di studio”.- Oscar Wilde
Ne m’oublie pas.. M. Teresa
Maria Teresa Scibona, lei è grande. “Il Conte Lardo di Colonnata s’invaghì di Patata Novella, è il miglior incipit che abbia letto su questo blog. Complimenti vivissimi e sinceri. Non è da tutti fotografare l’ambiente in due parole.
Massimino, ho una buona notizia per te, posso darti quel numero che mi avevi chiesto, adesso siamo amici. Solo una cosa: scrivimi tu perché non so dove cavolo scriverlo.
Dov è la tua mail?
🙂
@ cristina:
sono in ginocchio
🙂
@ gea, grazie.
@ enrico: incroyable!
ué ragazzuoli attenti che Cristina mi onora della sua amicizia.
@ evento:
onora anche me, che te credi?
a me no..
🙁
però è brava lo stesso.
Sono un lettore sui generis. Odio le storie fiume! Devono essere proprio capolavori tipo L’Avana per un infante defunto di Cabrera Infante, se no le mollo. Faletti – per esempio – manco lo avvicino…
Gordiano Lupi
Grazie per i vostri commenti e per aver partecipato al giochino proposto da Germano
Il racconto è spesso praticato anche dai romanzieri, Flaubert con il perfetto “Un cuore semplice”, Faulkner ha scritto grandi racconti, Kafka li ha scritti, Maugham con In villa e Pioggia. Sono due forme diverse come i 5000 metri e la maratona nella corsa. Io leggo romanzi ma anche racconti con piacere, dipende – ed è un banalità – dall’autore. E’ vero che negli ultimi anni sembra primeggiare nettamente il romanzo e di buoni racconti non se ne pubblicano tanti. Un bel racconto è “Un prosatore a New York” (1996) di Tunstrom, un autore che ammiro in tutti i suoi libri. Alcune volte non è ben chiaro quando si tratta di romanzo o racconto, l’ultimo libro di McEwan (Chesil beach) può essere considerato un racconto lungo ed è lo stile dell’autore, soprattutto nell’ultimo capitolo, che attira il lettore – che “fa” il libro.
Mal di pietre della Agus è un racconto o un romanzo ?
Una cosa è certa, scrivere un racconto veramente bello (come può essere Una storia noiosa di Cechov o Un cuore semplice di Flaubert) oggi è molto difficile, proprio perché nel racconto non ci si può soffermare troppo sui movimenti psicologici dei personaggi, non li si può “conoscere” insomma, come si farebbe con il romanzo. Perché la forza dei romanzi, quelli veri non sta nella storia e nell’intreccio, ma nello stile che ci fa vivere nella mente dei personaggi le loro esperienze. Uno scrittore di racconti deve avere un timbro speciale altrimenti lo si abbandona alle prime pagine. La stessa Munro alle volte è ripetitiva (storie familiari, atmosfera gotica, fobie, sogni). Ho letto ultimamente i racconti di Elena Varvello (L’economia delle cose- Fandango), qualcuno è interessante ma una volta letti, nell’insieme, lasciano la sensazione che manchi qualcosa, un guizzo, un vero motivo dominante. Belli invece quelli di Camilla Salvago Raggi (Un’estate ancora e La bella gente), pubblicati da Aragno, la Raggi ha un timbro e una motivazione che lega tutti i racconti, il motivo dominante è la sciatteria, come l’uomo d’oggi sia sempre più sciatto e superficiale, sembra un tema da poco ma nei fatti è difficilissimo.
Un autore che non scrive racconti ma semmai resoconti autobiografici in forma breve è Ornela Vorpsi, bravissima, leggete La mano che non mordi (2007, Einaudi). Ho fatto molti nomi di donne, forse il racconto
futuro lo riscatteranno le donne, chissà.
…Faccio anche un nome maschile: “Le voci” di Claudio Magris, racconto brevissimo, quasi uno scherzo ma folleggiante come non si incontrano spesso.
@ Germano
Va be’ che hai 21 anni, ma ora ti assumi comunque le tue responsabilità.
Esprimi le tue preferenze (con voto) sui microracconti pubblicati e stila una classifica.
Hai voluto la bicicletta… pedala!
😉
Comunque il dibattito (se lo credete) continua…
@ Domenico Fina
Grazie per questo tuo contributo.
Il dibattito, dicevo, continua…
(Off topic)
@ Faustina
Hai scritto: “Massimino, ho una buona notizia per te, posso darti quel numero che mi avevi chiesto, adesso siamo amici. Solo una cosa: scrivimi tu perché non so dove cavolo scriverlo”.
– Ma ti riferisci al numero di Carla Bruni? E che me ne faccio adesso? Dovevi darmelo prima che la Brunì frequentasse Sarkò…
—
Scherzi a parte, non mi ricordo la storia del numero.
Comunque la mail del blog è pubblica (vedi sezione info): letteratitudine@gmail.com
@ enrico, enchantée!
@ evento, idem!
@ gea, grazie ancora, onoriamoci a vicenda…
Chi se ne importa se l’inchiostro versato è poco o tanto.
La grandezza di uno scrittore consiste nel fatto che è riuscito a non passare nel dimenticatoioMi sembra di vederla la scena di Palla di Sego (Maupassant) cheoffre il cibo ai suoi compagni di viaggio, ne rammento ogni particolare, le gote rosse, le manine grasse!
E Gesualdo Bufalino? E’ straordinario il linguaggio assolutamente personale con il quale dipinge le sue storie succinte:Museo d’Ombre,per esempio,è un libro piccolo ma ricco di poesia, scritto per solleticare l’arguzia del lettore, da arguto siciliano. Mai noioso!
E’ vero non è mai facile trasporre cinematograficamente un bel libro, ma ci sono “letterature” che si prestano maggiormente alla pellicola come la latino americana;ha sempre riscontro di pubblico e, dopotutto, questo è un fatto positivo che ha portato le masse che solitamente non leggono libri all’approccio di autori che si conoscono solo per fama, o addirittura non si conoscono affatto.
@ Carlitos pensa un po’ che il protagonista dell’Amore ai Tempi del Colera ci ha impiegato 52 anni, i lettori si sono schioppati il librone dall’infinito racconto, gli spettatori due ore e mezzo di film, solo per arrivare a fare zumpapà (una volta sola) con la donna che amava!
mannaggia Massimino, il numero di Carla Bruni? E chi ce l’ha?
🙂
Adesso ti scrivo.
Il romanzo è narrazione in prosa che richiede una lunga durata. Forse è la notevole estensione e articolazione della trama , caratteristica fondamentale di questo genere, che lo fa preferire al racconto.
Ma le differenze tra romanzo e racconto non sono mai universalmente valide: vi sono casi in cui un racconto lungo sarà molto simile ad un romanzo breve e viceversa. Il numero dei personaggi (che nel romanzo sono molti) la complessità del loro carattere e del loro comportamento (che il romanzo delinea meglio che non il racconto) la mutevolezza degli scenari in cui si svolge l’azione e la tendenza a raccontare una storia fino alla sua completa soluzione, fino ad un epilogo conclusivo risolve la vicenda che segue il punto centrale più emozionante del romanzo.
Il racconto resta più facilmente, anche se non sempre, ancorato ad un luogo solo e si arresta spesso al culmine narrativo, appena raggiunto il momento di massima tensione, ad esempio un atto violento od un colpo di scena.
Si potrebbe estendere il discorso sui vari generi di romanzi, racconti, novelle che via via sono stati scritti nelle varie epoche a partire dagli ‘antenati’ di scritti esistenti già presso i Greci dal primo secolo avanti Cristo e citare i nostri celebri novellieri e romanzieri, ma allora, per un’analisi completa, occorrerebbe stendere un saggio di molte cartelle.
Maria Luisa Papini Pedroni
@ Maria Luisa Papini
Grazie!
–
@ Fausta
Non hai il numero della Bruni? Peccato!
Se però t’interessa io ho quello di Sarkozy.
🙂
L’ARGOMENTO EDITORIAE
Mah!…Che dire sull’argomento dell’editoria a pagameno, e tutti gli annessi e connessi? Beh! Io per esempio, sono uno di quelli, che in qualche maniera c’è”cascato”;oppure ( a seconda dei punti di vista) ” ci ha creduto”. Il tema, non è cosi semplice come potrebbe sembrare, infatti a proposito anche del precedente dibattito, ( al quale io purtroppo non ho fatto in tempo a partecipare) – quello relativo al fatto che i racconti brevi non vanno più, a favore del romanzone – che prendeva spunto da un articolo del CORRIERE DELLA SERA , CI SI TROVA COSTRETTI A DOVER PER FORZA DI COSE ,RIPIEGARE SU CERTE PROPOSTE O COMUNQUE SU CERTI PARAMETRI come appunto le pubblicazioni a pagamento. Si potrebbe dire per esempio che siccome sono a pagamento, sono anche meno attente al fattore sostanziale di un opera stessa. TUTTAVA, DEBBO RISCONTRARE PERO’, CHE NON SEMPRE SIA NECESSARIAMENTE COSI..L’alternativa in fondo qual’è.
L’alternativa potrebbe venire dallo spedire come ho fatto io i propri scritti a destra e a manca , partecipare a innumerevoli concorsi letterari( tutti o quasi a pagamento) oppure, come consuetidinalmente consigliano gli esperti, affidarsi ad un agenzia letteraria, o comunque ad una qualche figura che faccia da intermediario nei confronti dell’autore; ma poi, almeno da quanto mi risulta il risultato quale sarebbe?
Secondo la mia modesta esperienza di scrittore , e secondo appunto ciò che io penso, SEMPRE, SEMPRE E RI- SEMPRE c’è da pagare. I racconti brevi non vanno?Un motivo fra i tanti motivi potrebbe essere quello per cui chi , come me, è autore per diletto , e scrive quindi per passione, non si mette a fare ragionamenti di marketing commerciale legato al mondo editoriale, non si pone il problema di creare per forza un romanzo, o comunque dei mattoni letterari ( LA CASTA, MANI SPORCHE , O ALTRI MANUALI DI VARIO GENNERE) si mette soltanto a scrivere, e..quello che viene, viene> Certo, non si fanno cose a caso, magari si creano per caso, ma sono comunque frutto di una fantasia, di un ragionamento, o più semplicemente di fatti realmente accaduti e rielaborati da una mente che “grazie a Dio ” ragiona, osserva e, cosa più importante, descrive narrandolo su carta storie, racconti, articoli o poesie( più o meno relativamente brevi) che vengono dal profondo di colui che lo mette in essere. Le SHORT STORYES, sono anche emozioni, passioni, sono tracce indelebili e verbalizzate di un qualcosa che esiste, o inizia ad esistere nel momento stesso in cui viene creato. Per cui , ben venga il ROMANZONE, ma non si può certo sminuire ciò che avvolte ( forse più del romanzo lungo) esprime e concettualizza la short story. Sono 2 cose , diverse, ma ugualmente valide ed importanti per la sopravvivenza della cultura letteraria.
Io per esempio, sono anche un accanito lettore, e al momento appunto, sto leggendo “MONDO SENZA FINE” di ken Follet – più di 1000 pag.- ( dovrei starmene zitto verrebbe da dire) tuttavia, credo che avvolte , leggersi una bella antologia di poesie o di brevi, ma consistenti racconti, sia cosa buona e giusta; ciò ti fa entrare nella mente di più persone, o anche di una persona sola avvolte ,ma lo fa in modo molto variegato: Si scoprono storie diverse, si mettono in luce ed in contrasto al tempo stesso diverse sensibilità; sono quindi motivo di riflessione e di confronto con il nostro IO interiore , oltre che con ciò che scrive l’autore.
Nel romanzo, questo non avviene, se non mettendo a confronto interi libri l’uno con l’altro. Nel romanzo si scoprono personaggi, si scopre ambientazioni e contesti che via , via che la storia avanza si delucidano nella nostra mente- che poi è il bello di leggere – ma a differenza del ” breve”non si ha la sintesi. Badate bene , non significa nulla il fatto che se un racconto è breve non ha valenza letteraria e sostanziale, in quanto io credo che avvolte anche le sintesi siano sinonimo d’intelligenza ; saper raccontare attraverso concetti, opinioni ed imprinting emotivi determinate situazioni , è sintomo di vera intelligenza; e l’intelligenza alla fine passa davanti a tutto, persino alla FURBIZIA. E’ proprio con quest’ultimo termine che mi vorrei riallacciare al discorso iniziale, e nello stesso tempo continuare anche ciò che ho riferito fino a d ora.
Ad aprile è uscito “SCUSATE…VOLEVO DIRE” il mio primo libro edito da “EDITRICE NUOVIAUTORI (MI), MI HANNO PUBBLICATO E SATMPATO PER LA MODICA CIFRA DI 3000€ ,PER 250 COPIE, Contratto editoriale per 2 anni, diritti d’autore per la misura del 15%, e via, via cosi, come di solito fa tutti quelli a pagamento ( almeno da ciò che personalmente ho potuto constatare). 100 copie me le hanno date direttamente a me, e , debbo dire che in pochi mesi le ho vendute tutte( comprese quelle durante le presentazioni), altre 20 me le hanno inviate in omaggio per promozione, e le altre?le altre, un po’, ci dovrebbero volere per la distribuzione, un po’, per le formalità di legge, ed un po’ per le restanti ed importanti vendite, che dovrebbero dar loro guadagno. Ma, parliamoci chiaro, secondo voi detta casa editrice, come farebbe a guadagnare qualcosa sul mio libro, con sole ( fra si e no) 70 – 80 copie restanti? Non è possibile pensare che con questi numeri essi ci dovrebbero ripagare, ed anzi guadagnare sul mio libro, visto che sin dal momento della stipula del contratto avevano a lamentarsi del fatto che con suddetta cifra da me sborsata , a malapena ci rientravano con le spese! Per esempio , come mai di recente ho scritto un altro libro, e stavolta un vero e proprio romanzo, ( circa 280 pag.) loro, ai quali mi sono correttamente rivolto per primo, mi hanno chiesto per 250 copie 4200€, ed invece altre, tutte debbo dire ( a parte una “TRACCE EDIZIONI”CHE ME NE HA CHIESTE 5400€ ) STANNO SU DELLE CIFRE CHE PARTONO DALLE 840€, ED AL MASSIMO ARRIVANO A 1800€ . Secondo voi, chi sono i furbi, e chi sono gli approfittatori?
In merito, per precisazione dei fatti, devo rilevare il fatto che le 2 presentazioni del libro, mi è toccato farmele da solo, organizzandomele, e promuovermele da solo; loro, si sono limitati a riportarlo semplicemente sul proprio sito internet, e comunicarmi ad intervalli temporali di qualche mese che il mio libro è stato segnalato al tal sito o alla tale agenzia di stampa.
Io credo che per uno come me, o forse dovrei dire più al plurale , per gente come noi scrittori dilettanti, che per passione e per diletto appunto, si trovano con carta e penna in mano, forse sarebbe meglio tenersi le proprie opere nel cassetto , e magari forse un giorno… magari quando le cose dovessero mai cambiare , metterle in campo e…” provare a provare”!.
Oggi giorno, le piccole case editrici, sono strozzate dalle grosse , che usufruiscono di catene distributive e promozionali senza pari. Basta andare nei più grandi centri commerciali, o nei più grandi super mercati, per notare quali sono le case editrici più presenti, e soprattutto quali sono gli scrittori, ( o pseudoscrittori) che più vendono. Sono nient’altro che LE SOLITE NOTE – per quanto riguarda le case editrici – ed I SOLITI FAMOSI – per ciò che concerne i vari personaggi , o pseudoscrittori che dir si voglia –
Ricordo, senza far nomi, quando una piccola casa editrice di Bologna, alla quale avevo proposto il su menzionato mio libro, mi disse molto schiettamente: La sua è un ottima opera, per cui noi come casa editrice siamo molto propensi a pubblicarla, tuttavia sa com’è, oggi giorno, ci sono un sacco di problemi nell’editoria, e pertanto, siamo costretti, per coprire almeno una parte dei costi ,a chiederle un piccolo contributo di circa 6000€. Così, messo di fronte a tale esorbitante cifra , gli chiesi come mai , nonostante mi fossi sforzato, ed impegnato a scrivere un libro, ed ad ottenere tanta ammirazione da parte loro, mi venisse richiesta tale cifra, e loro, altrettanto schiettamente mi risposero>e DA Lì, CAPII CHE LE COSE STAVANO PURTROPPO COSI PER ME, E PER TANTI COME ME. Le AGENZIE LETTERARIE? Beh!!.. anche qui ci sarebbe da parlarne altrettanto. Mi sono infatti rivolto a molte di queste( soprattutto per il mio ultimo libro)tuttavia, per gente come me, semisconosciuta, alla fine , se proprio si deve pagare, conviene la via diretta, tanto anche con queste si deve pagare, e che POSOLE che danno!! Si parte da circa 500€, per arrivare anche a 1500 – 2000€, per rendere( dicono loro) le opere formalmente ed editorialmente presentabili; dopo di che , si preservano il diritto di presentarti a qualche casa editrice, che non è detto necessariamente che vi pubblichi, e se vi pubblica, parte di quel poco e misero guadagno che si dovrebbe percepire, viene succhiato da dette AGENZIE LETTERARIE , Quindi, che dire…> AVVOLTE, MI CHIEDO, SE NON FAREI MEGLIO A SMETTERE DI SCRIVERE, e magari darmi all’ippica, o,semplicemente alla lettura e basta, così almeno farei contenti tutti. Scrivere, o comunque, praticare una qualsiasi attività artistico – culturale oggi in ITALIA, è quasi una chimera, soprattutto per noi poveri cristi, che ci alziamo la mattina alle 6:00, per tornare alle 18:00 in casa e, quando,si trova qualche ritaglio di tempo, si “scrive”, sognando , che forse un giorno, prima o pi , a qualcosa servirà .
Credetemi, il mio secondo libro, – 10 secondi fa”- è già in pubblicazione con la casa editrice (ATROMONDO EDITORE)che ha messo a mia disposizione un’ottima ed innovativa formula contrattuale di pubblicazione, con il sistema della prevendita, quindi , se non si mette in mezzo nulla di male, non dovrei spendere neanche più di tanto ( circa 380€) Però……dato io mio profondo pessimismo per l’impianto editoriale Italiano, penso nel profondo del mio cuore, che forse è più facile vincere al LOTTO, CHE SPERARE D’AVERE SUCCESSO SCRIVENDO .
BY MATHA (valterceccherini)
se carla bruni tromba come canta se la tenesse Sarkozy
@ maataha:
ops, hai messo il tuo succinto interventino nel post sbagliato.
Inseriscilo al posto giusto, ma senza fare copia-e-incolla. Lo riscrivi daccapo, magari in cinque lingue diverse. E cacchio, il blog di Massimo è internazionale!
Non misembra di aver messo il mio (come dici tu E.GREGORI)al posto sbagliato. Se non ho capito male, dalla news letter DI mASSIMO, CHE SOLO POCHE ORE FA MI HA INVIATO, La mia argomentazione “calza proprio a pennello” con il tema del giorno . In fondo il mio non è un racconto, è semplicemente una testimonianza oltre che un opinione su come va( almeno a mio modo di vedere e provare ) il mondo dell’editoria in ITALIA. Non fare come l’Italiano qualunque, che non sa distinguere il raconto da un articolo, o , come nel mio caso da un semplice pensiero.
Saluti e….CARLA BRUNI L’E’ BONA, E QUNDO CANTA ME PIACEREBBE……LASCIAMO PERDERE VA! 8questo forse davvero non centra nulla con l’argomento dell’editoria)
a maataha:
questo è il post sugli short stories,
quello sull’editoria a pagamento è su un altro link, ma non è un problema.
c’era quello che si faceva l’autostrada contromano e, a quelli che gli venivano contro, urlava “ambriachiiiiiiiiiiii”
@F.M.RIGO, grazie per l’inaspettato incoraggiamento, infatti di fronte alla bravura di tanti giovani romanzieri, stamani mi aspettavo un fitto lancio di pomodori. Per ora, ma penso a lungo, i miei racconti umoristici e non, resteranno buoni buoni, accucciati nel fondo del cassetto…
@ MAATAHA il periglioso problema “editoria” con l’aria che tira, è quasi insolubile. Vi sono Case Editrici già note e collaudate, che fanno acquistare all’autore, almeno cento libri, per aggirare l’ostacolo della pubblicazione a pagamento. Le altre piccole e con scarsa diffusione, si fanno tutte profumatamente pagare. Solo qualche Editore del sud, chiede cifre più contenute. In genere nei Concorsii Letterari, che hanno come primo premio la pubblicazione, il vincitore è spesso un autore già alquanto noto alla Giuria. In attesa che possa diventare famoso come
Camilleri, le dico coraggio e non si arrenda, se sono rose fioriranno….
M. Teresa
Personalmente preferisco i romanzi perchè amo essere conquistata dai personaggi, nei racconti spesso si sacrifica la descrizione attenta dei protagonisti per favorire lo scorrere della storia. Se non sono conquistata dall’eroe di turno non riesco ad amare fino in fondo nessuna storia, breve o lunga che sia.
Noto con piacere che il dibattito continua anche qui. Bene. Ne sono lieto.
Grazie a tutti
🙂
Amo il racconto e ne scrivo, anche. Grazie pure ai corsi di scrittura, in cui per forza di cose fai palestra di tecnica non lavorando a “Guerra e pace” ma sulla misura più breve. Concordo con Simona perché ogni storia poi ricerca e richiede la propria misura e sbagliare vuol dire allungare una storia di respiro corto o affogarne una che desidererebbe lo spazio e il tempo di un romanzo. La narrazione ha i suoi generi, le sue etichette, le sue tecniche, cosa che ho sempre studiato sia a Lettere che per passione e dal 2003 con i corsi di scrittura creativa. Amo Angela Carter: leggete “La camera di sangue” sulle fiabe!!! Truman Capote e i suoi racconti meravigliosi… “La forma delle cose”… Poe, Hoffmann, Doyle, la Christie scrissero ottimi racconti. Camilleri, Moravia… Certo però che facendo una percentuale leggo più romanzi, ma il genere racconto è peculiare: uno stato d’animo, un episodio, un frammento che s’incide con forza come certe iscrizioni antiche.
M. Teresa, sei deliziosa, garbata e simpatica….
sugli ultimi 10 libri 3 di racconti: l’altra donna e racconti londinesi della lessing, esperimento di verità di auster
Il mio intervento, pur succinto che fosase, cercava(forse magari male interpretandolo) di collegare le due cose. Una, (e mi era sembrato di averlo detto) in riferimento alle preferenze, ed al succo insito far il , o i, racconti, VS romanzi. Bastava, leggere meglio il mio intervento( forse era troppo lungo e noisoda seguire per intero) E, l’altro tema, che si mirendo conto benissimo che era in un altro Post, in funzione, quasi a complemento del problema dell’editoria, ed in particolare quella a pagamento, per la quale io personalmente noto molte connessioni riguardo alle due problematiche appunto. Comunque, mi scuso per aver cercato di porre in essere le due questioni cercando di legarle insieme. Riguardo al fatto che , come dici tu e.gregori, “c’è CHI VA IN AUTOSTRADA CONTRO MANO”…bEH!!!questo, mi sembra davvero fuori luogo, prova ad addentrarti nel mondo dell’editoria, quella a pagamentoin particolare,e forse noterai anche tu che collegamenti ce ne sono fra quello che ho dettop, e quello che è la realtà.
Gli editori del SUD, mah!!| sarà, che questi fanno pagare di meno,ma in base alle mie esperienze , non è del tutto vero, ed anzi, tanto per citarne uno, (cosi mi sfogo meglio)2GIULIOPERRONE EDITORE” ,AL QUALE IO AVEVO INVIATO IL MIO ROMANZO PER UN CONCORSO, MI HA CUCCATO 25€ D’ISCRIZIONE, ed il mio romanzo dopo una lunga giacenza al’uff. postale in questione, mi è sato rimandato indietro cosi, come io l’avevo spedito. TRUFFA, PERCHE’ I MIEI SOLDI, IL SIG. PERRONE, NON ME LI HA RESTITUITI-IO GLIELI AVEVO INVIATI CON TANTO DI RICEVUTA.
Saluti MATHAA
Penso che sia anche una scelta editoriale. Ci sono racconti molto belli che non fanno rimpiangere romanzi magari altrettanto belli. Tuttavia si è portati per istinto (mi comporto così pure io) a optare per il romanzo perchè si ha l’impressione di una maggiore completezza. Mi spiego: quando ci si accorge che un racconto piace nel giro di poche pagine è già ultimato; con il romanzo questo gradimento viene diluito nel tempo e quindi conferisce una sorta di maggiore appagamento.
@ Mathaa, oppure Maatha, oppure Matha, ma anche Atha (l’ho visto ciccandomi al tuo link) e chissà cos’altro.
Innanzitutto mettiti d’accordo almeno su come ti vuoi fare chiamare.
Poi ti consiglio di cambiare la tastiera del tuo computer, che distribuisce maiuscoletti e minuscole a casaccio, come le virgole d’altronde, ed altro (cambi di vocale, sciarade, puzzle ad incastro che neanche la settimana enigmistica): se scrivi sulla stessa anche i libri che proponi agli editori, dopo almeno un’aggiustatina forse ti proporrebbero uno sconto.
Ho riletto con attenzione, anche se con fatica, il tuo “succinto” intervento, ma continuo a pensare anche io come Gregori che il posto giusto fosse nell’altra stanza (dato che ce n’è una nella quale si sta parlando proprio di editoria per esordienti) e che la sua definizione di guida contromano in autostrada mai fosse più azzeccata. .
Non capisco quindi perché tu te la prenda di fronte a quello che era un semplice e saggio suggerimento (cambiare la carreggiata) ed insista nel dire che in realtà tu ti riferivi al “in riferimento alle preferenze, ed al succo insito far il , o i, racconti, VS romanzi” (son parole tue). In fondo avevi intitolato il tuo intervento “L’ARGOMENTO EDITORIAE”
Senza voler far polemiche,
Carlo S.
Montagnoli…completezza ?
…sorta di maggior appagamento ?
p.s.
sozi ritorna !
Quando un racconto giunge a “completezza” secondo me dà anche maggiore appagamento. E’ una completezza diversa, che riduce una storia all’essenziale; nel racconto c’è tutta l’arte del togliere che evidentemente non tutti riescono ad apprezzare.
@ carlo:
ma hai tempo da perdere? ti voglio bene
🙂
@eventunico: sì una sorta di appagamento che con il racconto interviene prima, ma finisce anche prima.
A E.GREGORI, io non ho molto tempo per scrivere , quindi quando lo faccio, la butto la, cosi come mi viene, e quello che hai letto nel mio link, (al di la del come tu , la possa pensare o meno) è semplicemente NERO SU BIANCO, senza veli e correzioni. Quello che scrivo, quando lo scrivo per pubblicare, o meglio per fare un libro , ti assicuro, è come deve essere. Purtroppo, il tempo è poco, e forse tu (fortunatamente per te) ce ne hai molto a disposizione, qundi è probabile che tu possa anche permetterti di sminuire, e aspramente criticare la forma dei miei scritti.Tuttavia, se presti attenzione alla sostanza, forse vedresti le cose sotto altri aspetti. Si sa,i letteratoni come te, sono esclusivi, e poi alla fine sono quelli che vincono( almeno dai a capire questo) e quelli come me, che scrivono in fretta e per diletto, sono cafoni, sono smanierati, non sanno usare la tastiera del computer, e quant’altro;una cosa è certa IO (e qui le maiuscole le uso per rendere propprio l’idea del colore dialettico) NON VADO CONTRO MANO , SEMMAI, VADO CONTRO CORRENTE.
Sarebbe a mio avviso cosa buona e giusta, che qualcuno semplice, umile, e forse da come tu dici, anche succinto e sgarbato,per non dire IGNORANTE, mettesse in risalto BENE questa cosa in ITALIA. Ma dico, avete notato bene!
La gente come te , o meglio quelli come te: intelletualoidi, forbiti, e critici verso la sostanza,e quindi molto attenti alla forma come avete ridotto questo nostro bel paese.
E’andata a finire purtroppo, che “L’ABITO FA IL MONACO”.
Voi, che magari vi definite anche ANTICONFORMISTI, MODERNI, BRAVI, e PROGRESSISTI, in realtà, siete di una NOIA, di un TEDIOSO, di un CONSERVATORISMO ALLUCINANTE.
BASTA!!!Non se ne può davvero più.
Guardate la sostanza( almeno nei BLOG) poi, quando si pubblica il libro, allora li si, che ci si affida agli esperti, e in qualche modo si rilegge le cose più, e più volte, al fine di un risultato ottimo sia nella forma che nella sostanza. Il resto…sono solo chiacchiere vuote. Io, personalmente non sto a guardare se tu, o chiunque altro insomma, mette o meno virgole, maiscole o puntini sulle I nel modo giusto e corretto;guardo semplicenete la SOSTANZA di ciò che si vuol dire. Era infatti esattamente quello che io volevo esprimere ciò che mi interessava, e mi dispiace averti creato tutti questi problemi , almeno a giudicare da come ti sei accanito contro di me. Io , dal canto mio non ce l’ho con te, e…anzi mi fa molto piacere dibattere con uno come te, almeno in questo modo, è possibile mettere a confronto punti di vista, che , almeno sulla CARTA , sono diametralmente opposti.
Il libro che ho scritto,, “SCUSATE…VOLEVO DIRE”, il racconto che la casa editrice KIMERIK “UNA BIANCA GIORNATA D’APPENNINO” mi ha gratuitamente pubblicato nell’antologia “GRANELLI DI PAROLE 2007″e l’altro libro,”10 SECONDI FA “che ALTROMONDO editore si appresta a pubblicare, ti consiglierei ( ma non per un mero scopo di lucro personale) di leggerteli, prima di giudicare , come hai fatto tu con me. QUALUNQUISMO ed ARROGANZA IPOCRITA è quello che tu esprimi nei miei confronti; nientaltro che questo.
Ora scusami, ma non ho più tempo per scrivere, magari ci risentiamo tra qualche ora.
Ciao AMICO – NEMICO.
P.S
Comunque sia , ti ammiro molto
Adimnticavo, io mi chiamo VALTER CECCHERINI, ed il mio pseudonimo è MATHA e non MAATHA(si vede che ho fatto a cazzotti con la tastiera)
Stessa cosa del mio intervento a E.GREGORI , vale per te Carlo S.
In ogni caso, è probabile che nel clicare l’argomento dal Link dell news letter, mi sia INFRENATO, e per questo mi scuso, ma perfavore, smettete di sindacare e fare davvero polemiche sulla forma degli scritti di questo o qualunque altro Post. Son dei nero su bianco, che se uno li rileggesse attentamente, noterebbe degli errori madornali di ortografia , e di grammatica, ma non sul mio, anche su quello di latri. Perciò meglio non fare polemiche . La prossima vota, cercherò di azzeccare il Post giusto
Ciao e buonanotte ragazzi.
MATHA
pER Carlo.S
CIò che tu hai riportato delle mie parole, voleva sintetizzare con una sorta di miscuglio ANGLO ITALLIANO “romanzi contro racconti”- V.S in inglese, vuol dire CONTRO- non hai mai visto le partte di FOOTBALL Americano, o comunque incontri sportivi messi in onda da reti internazionali? ..VS, vuol dire CONTRO (te lo ripeto nel caso non avessi capito). E poi, un altra cosina, il linguaggio dei Blog, è un poò più elaborato, ma non differisce molto da quello degli SMS, o delle semplici e veloci E-MAIL.E’ semplice avanzamento verso una vera modernizzazione della lingua taliana, e te lo dice un TOSCANO DHOC. Nel medio Evo parlavano molto più farragginosamnet di come parliamo noi adesso per cui, credo che questo alla fine si possa definire con il termine EVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO.
buon noitte davvero adesso.
P.S.:
Sotto riporto appunto le mie parole , quelle che tu avevi citato.
“in riferimento alle preferenze, ed al succo insito far il , o i, racconti, VS
Romanzi”
Il racconto è una forma narrativa compiuta e non ha senso dire “non è un romanzo”. Certo che non lo è! Come una miniatura non è la Cappella Sistina. Ma chi negherebbe lo status di opera d’arte a “M’illumino d’immenso” dicendo “Non è LA DIVINA COMMEDIA”?.
1. Per chi inizia a scrivere il racconto è un’ottima palestra. Leggiamone tanti scritti da bravi autori e vedremo che il succo è tutto lì. Personaggi, storia, azioni. Chi cosa come dove perché quando.
2. Difficoltà. Un romanzo diluisce nel tempo ciò che nel racconto deve essere concentratissimo e convincente. Perdoniamo a un romanzo dei tempi morti che in un racconto sono la fine.
3. Ritmo, lingua. Un piccolo congegno ad orologeria vs Big Ben. Che devono funzionare entrambi sia nel racconto che nel romanzo.
4. Il lettore che spilucca un racconto non è il lettore che inizia il pranzo luculliano del romanzo. Ma il racconto è tranche de vie, è un segmento di una retta che era iniziata e non finirà con l’ultima parola del racconto, mentre alcuni romanzi ci danno un senso di pienezza.
Parlare di forme in letteratura, di generi, è come parlare di specie e sottospecie in biologia. Il romanzo era considerato una forma abbastanza degenere – se si pensa che la poesia, la tragedia e la commedia sono state forme regine per secoli e secoli. Eppure oggi libro vuol dire quasi sempre romanzo. Con il racconto e la novella, genere più presente oggi all’estero più che da noi. Sorta di racconto lungo o romanzo breve. Ma ripeto: la storia o i personaggi impongono una loro misura. Il cuore rivelatore di Poe è una macchina narrativa micidiale per la sua misura perfetta. Snaturiamola: allungandola, stiracchiandola. I Promessi Sposi: guerra, amore, peste… no, è come far entrare il Po in un bicchiere.
Una volta lessi in un vecchio commento della Divina Commedia questo bellissimo esempio. Le anime del Paradiso sono tutte beate,sia che appartengano al cielo della Luna che a quelli delle anime più “elevate”, eppure godono della stessa beatitudine. Come è possibile? Sono comedei bicchieri tutti diversi per forma e dimensione, ma colmi.
Si parva licet…
Good night, and good luck.
@ Maataha: lo stile è l’uomo. Non per essere snob o per giudicare in maniera affrettata. Ma anche il pensiero più elevato e profondo necessita di una forma, perché la scrittura è comunicazione e se perdi il contatto con il destinatario o non draghi il canale – il buon vecchio Jakobson – il tuo messaggio potrebbe giungere distorto ed essere frainteso. Rifuggi gli spontaneismi: fanno tanto naif ma potrebbero essere scambiati per sciatteria.
Ho scatenato il mostro (@evento: avevi ragione, in fondo sono un serial killer). Chiedo venia.
@ carlo:
tutto questo perché ci siamo permessi di dirgli che aveva sbagliato post per l’intervento. pensa se gli dicevamo che aveva sbagliato terapia! comunque, quando ci riparli, digli che il sofisticato intellettuale (che sarei io) lavora 12 ore al giorno e ne dorme 8. Se la matematica non è un opinione, ne rimangono 4 per lavarsi, mangiare, guidare la macchina, telefonare, andare al cesso, comprare qualcosa, prendere un caffè, trombare, vedere moglie e figli. Ciò stette giorni su sette visto che il perditempo intellettuale lavora anche il sabato, la domenica e i giorni festivi.
Quindi non mi avanzano manco cinque secondi per mandarlo a fare in culo. Carlo, fammi il piacere, pensaci tu. Mi sdebiterò.
@Maataha
Guarda che nessuno intendeva offenderti.
Però tu scrivi: “Voi, che magari vi definite anche ANTICONFORMISTI, MODERNI, BRAVI, e PROGRESSISTI, in realtà, siete di una NOIA, di un TEDIOSO, di un CONSERVATORISMO ALLUCINANTE.
BASTA!!! Non se ne può davvero più.”
Non mi sembra molto amichevole il tuo tono.
Ciò detto… di tanto in tanto qui ci lasciamo andare a battutine simpatiche. Ne faccio una rivolta a te, in tema con il post (però devi stare al gioco e non ti devi offendere, ok?)
Leggendo il tuo primo mega-commento mi hai fatto venire in mente il titolo di una nota raccolta di racconti di Stephen King: “AVVOLTE RITORNANO”.
Buona domenica!
🙂
@ Enrico
Sono intervenuto io… esenta il buon Carlo, dài!
🙂
Buona domenica a te e a tutti gli amici di letteratitudine.
Massimo
@ massimo:
ubi major…..
🙂
Ottimo. Io sono noioso, tedioso, conservatore in modo allucinante e cerco ultramodernisti da massacrare verbalmente. Sono coerente, no?
Maior se scrive senza la illunga!
Enrico:
Direi che sia meglio lasciar perdere gli analfabeti e i portatori di zizzania arroganti. Continuiamo civilmente a discorrere del tema.
@ sergio:
esiste maior o major (che è più raro) ma che a me piace di più perché sono un sofisticato intellettuale. Comunque dai, quando Massimo suona la ritirata, si deve ammainare la bandiera, indossare le braghe di lana e andare in branda. Anche se pensare a te in braghe di lana mi fa venire lo scorbuto.
🙂
Coi pantaloni faccio pena. In braghe forse migliorerei. Hai ragione. ‘Notte.
Renzo Montagnoli, nell’ottimo post di Maria Lucia Riccioli trovi il senso delle mie domande e forse anche le risposte…
@eventunico: è una sensazione la mia. Del resto scrivo solo racconti, a parte le poesie, e non certo romanzi, ma quando leggo le opere degli altri è quello che avverto, quindi può anche essere un’impressione del tutto individuale.
Vabene, rifuggirò nei miei pensieri, e quindi nei miei limeiti. Chiedo scusa se , con il mio tono ho offeso qualcuno, (volevo solo provocare).Non mi sento, e non mi sentivo offeso. Ho capito subito dopo il dopo il primo Post di E.gregori, CHE (SCUSATEMI DI NUOVO)avevo sbagliato “L’ARGOMENTO”, tuttavia è stao non tanto il fatto che me lo si metteva bene in evidenza, ma il fatto che(se ti ricordi bene)per dirmelo ho avvertito un tono un pò arrogante e quasi d’intolleranza verso il mio “succinto racconto”.Non mi sembrava coì grave la cosa, dal momento che era la prima volta che intervenivo su questo Blog (quello di M.Mauggeri appunto) e, qui davvero con mia completa ignoranza, non avevo capito la funzionalità della cosa. T i ringrazio Massimo, di avermi comunque dato la parola, e la possibilità di esplicare i miei pensieri.
L’ho già accennato in precedenza, l’errore “madornale”che ho commesso io involontariamente, e che mi ha SEGATO (spero non definitivamente) con tutti gli amici del Post è sato semplicemente quello di aver cliccato il link sbagliato della “news letter “sbagliata.
PERDONATEMI VI PREGO!
E’ verissimo, purtroppo non sto perniente attento alla forma del testo quando scrivo in dei Post , per via e-mail , SMS etc. Però vi assicuro, che le migliaia di KB, e le centinaia di migliaia di battute che vengono profuse nei miei scritti, me le controllo tutte -una per una – prima di proporle per eventuale pubblicazione. Mi dispiace se ho offeso qualcuno definendolo con mie parole :
“Voi, che magari vi definite anche ANTICONFORMISTI, MODERNI, BRAVI, e PROGRESSISTI, in realtà, siete di una NOIA, di un TEDIOSO, di un CONSERVATORISMO ALLUCINANTE”
Lì davvero, mi ero arrabbiato un pochetto e mi sono lasciato andare a qualche aggettivo sostantivo ed offensivo di troppo facendo prevalere l’irrazionalità anziché la razionalità. Scusatemi spero che non ricapiti più, perchè , anche se era la prima volta che intervenivo nel Post, era comunque da un pò di tempo che lo seguivo, e…detta fra noi lo trovavo, e continuo atravarlo molto appassinante.
Infine, e finisco, scusatemi Carlo, ed Enrico, se vi ho offeso ulteriormente, quando io ,dando per scontato il fatto che voi eri dei mestieranti della scrittura e della cultura, vi ho aftto apssare per fannulloni, o meglio per gente che a differenza mia aveva tempo per scrivere . Beh!..a quanto ho inteso dai vostri susseguenti interventi con molto piacere, la cosa non è affatto così.
Prima di finire però vorrei scusarmi più di tutti con te Massimo Mauggeri.
Ci sentiamo poi, per adesso buona Domenica a tutti.
MATHA
@ mataha:
troppe scuse. era meglio quando facevi l’arrogante.
dai, non è successo assolutamente nulla. almeno per me
🙂
@ matha
Non sono minimamente offeso, ma per tua conoscenza:
-personalmente non ho mai scritto nulla (salvo alcuni articoletti una decina o più di anni fa su una rivista amatoriale di fumatori di pipa). Non aspiro quindi alla pubblicazione di alcunchè, aspiro tabacco.
-non mi definisco assolutamente anticonformista, nè bravo (de chè?), nè modernista. Anzi mi sento effettivamente un tedioso conservatore. Come vedi ci avevi preso.
Ciao
E comunque vorrei darti ancora un consiglio: capisco la tua smania di scrivere, ma seguire la grammatica, la punteggiatura, la sintassi non è solo rispetto per chi ti legge (che già mi parrebbe una cosa importante), ma anche una condizione essenziale per farti capire. Rischi altrimenti di fare abbandonare la lettura dopo solo due righe, di essere alla fine ignorato. Lascia perdere i discorsi vuoti sulla modernità e l’evoluzione del linguaggio. Gli SMS sono solo SMS. Scrivere invece è comunicare; scrivere solo per vedere la propria firma è masturbazione. Si può fare tranquillamente in bagno.
Fattelo dire, senza offesa, da uno che non scrive, ma legge.
@ Carl itos, calmaaaaa!!!!!! Sai quanta gente scrive libri (e non solo quello) per invitare il lettore ad andare in bagno?
Non sarei neppure così rigida nei confronti di chi cerca nuovi linguaggi, anche innovativi. Permettetemi di dirvi che ci sono libri che non riescono ad essere compresi in quanto chi legge non ha gli strumenti per comprendere. Esempio eclatante è l’Ulisse di Joice (anche per come è strutturato) libro meraviglioso che sfida il lettore ad essere ultimato in tempo breve. Vabbè ci sono persone che leggono 100 pag/h, qualche volta si può fare, qualche volta no. Guarda Carlitos che a Panama il whsky non lo bevono come fosse un latte di mandorla. saluti
whisky. Scusa. Il fatto è che sono astemia.
@ Mataha.
Anche tu non reciti male. Loro però sanno cambiare i panni molto meglio di te. Li scelgono con più lucidità, compresi quelli del matto.
@MORDENTE PASSIONE
Beh!Forse hai ragione tu MORDENTE PASSIONE, loro davvero sono molto, ma molto più baravi di me. Sapete, mi sembra come esser passato sotto uno schiacciasassi; mi avete massacrato, non mi sento più le ossa. Sarà meglio che invece di panni qualunque, mi metta il pigiama, ed invece che in bagno, vada in camera da letto con il temometro in bocca a curarmi da questa mia malattia. Sicuramente, sono sato frainteso quando ho accenntao ai linguaggi innovativi, e sinceramente non è esattamente quello che volevo far intendere circa le differenze che ci sono fra scivere un racconto, un articolo , oppure un libro;lo volevo soltanto segnalare meramente ed esclusivamente per ciò che riguarda la comunicazione deI BLOGGER, cioè a dire la comunicazione con linguaggi alternativi ma non per questo incomprensibili come ad esempio: x=per; K6=chi sei; VS= contro; cmq= comunque e via, via cosi.
@Carlo S
In ultima analisi, rivolto a chi crede ch io sia solo smanioso di scrivere e basta. Io non scrivo e basta, io leggo, e abbastanza per la cronaca, e sinceramente, almeno dalle critiche più o meno amichevoli, e da alcune recensioni sui miei lavori, non mi è mai parso di sentirmi massacrato come adesso. Cmq, è lostesso, va bene anche cosi.
Per il proseguo, cercherò di migliorarmi, ammesso e concesso che mi vogliate far mangiare ancora alla vostra tavola, visto che( almeno mi è parso) mi ero intrufolato sensa preavviso.
Riguguardo poi alla masturbazione….beh! qui davvero, davvero siamo sullo SCURRILE, più che sul’intellettualismo sopraffine, provocare Si, scusarsi SI, sbagliare UMAUM EST. Offendere, quello, (non è questone di permaloso o meno) non lo accetto, e qui il buon Massimo, dovrebbe dire qualcosina, visto che in precedenza e giustamente, mi aveva ripreso, per i toni un pò troppo accesi.
@ M.Mauggeri
mA VERAMNET TI SON SEMBRATO, UNO DI QUEI PERSONAGGI DI s.KING?, Pensare, che a me quest’ultimo, ed altri della sua categoria, non piacciono affatto. Odio il genere horror, e simili.
La mia lungaggine, probabilmente è dovuta ad una deformazione letteraria insita in me: Scrivo solo narrativa, e sempre con la solita metodica, qualche articolo su qualche mensile delle mie parti.
Ciao a tutti.
MATHA
Ehi, ehi, calma de che ? Io davo solo dei consigli, a chi scrive, per farsi leggere. Nessun giudizio (e tantomeno insulto) personale; e infatti precisavo “senza offesa”; e nella “smania di scrivere” non non ci vedo nulla di offensivo (smania è una volontà irrefrenabile, un’impllenza, un’urgenza); e “masturbazione” non è per niente scurrile: non ho dato del “pipparolo” a Matha nè a nessun altro, ma dicevo in generale di chi scrive senza curarsi di chi legge, e continuerò a dirlo. Poi di pipparoli il mondo della (presunta) arte, ahimè, è pieno.
A me pare di essere chiaro. E se volete scrivere su un blog (di letteratura poi) con il linguaggio degli sms ribadisco che qui credo ben pochi vi leggeranno dopo le prime 2 righe. Poi dei consigli di un tedioso conservatore come me fatene quel che vi pare. Comunque l’ultimo intervento di Matha almeno stavolta è leggibile. Forse non ho parlato al vento. E Stephen King non è mica tutto da buttar via: leggi “Stand by me” per esempio: è un racconto delizioso da cui è stato tratto un bellissimo film.
@Carlo S.
Ho letto “stand by me”, e, devo dire che non è male.
Non volevo dire che S.King ( DETTA FRA NOI ) è un “bischero” anzi, tutt’altro. Volevo soltanto dire che non mi piace il suo filone letterario, ripeto, odio profondamente l’horror in generale. Il tutto, lo dico, perchè, siccome mio fratello, era, e ancora lo è, un appassionato di trhiller, horror, noir etc. mi ha dato modo di leggerli, certi romanzi, e nello stesso tempo ho io, avuto modo di poterli giudicare e criticare. Poi, ognuno legga pure ciò che vuole, che anche se brutto, è sempre meglio che non leggere per niente.
Il linguaggio degli SMS, è verissimo che rimane esclusivo per essi, infatti mi era sembrato di averlo rimarcato, e di aver detto che la scrittura, quella tesa al compimento di un opera letteraria (corta, o lunga che sia) è un’altra cosa.
P.S:
Se guardi bene, anche se bisogna avere gli occhi di un “gatto”, anche nei tui scritti ci sono degli errori da digitazione errata della tastiera come per esempio:
(smania è una volontà irrefrenabile, un’impllenza, un’urgenza); ROBA TUA
Ciao, e….ti ho capito, ma da ora in poi, come avevo chiesto nel precedente intervento, vi dispiacerebbe riammettermi alla vostra illustre tavola? IN POCHE PAROLE, PARLIAMOD’ALTRO OK!
Gradirei se possibile un piccolo segnale in merito.
ok
@Carl itos
Egregio com’è buuoono Lei…a dispensare consigli…com’è magnanimo…Lei si permetta di dire tutto quel che vuole…lei non è mai scurrile, egregio,… lei si che non è presunto!!!!!!
@ carlo:
hai capito? tu non sei presunto, sei una certezza. te ne duoli?
🙂
@ Mataha
Egregio com’è buuuooono Lei . . . nel fagocitare soluzioni semplici, adatti alla comunicazione di massa . . . cotanta preoccupazione nel volere acculturare tutti quanti!
DONT BREAK MY BALLS se l’argomento non è almeno da Rinascimento, le masse penseranno al resto.
@Enrì
nononochenonmidolgo
@ Ardente Fracchione
consiglio di evitare la peperonata (irrita ulteriormente le emorroidi)
@ Mataha
Come ha precisato Enrico non c’era bisogno di scusarsi. Comunque ti ringrazio.
Credo, invece, che i consigli di Carlo siano molto sensati. Se vuoi scrivere su questo blog, con l’intenzione di essere letto, sarebbe preferibile farlo in maniera concisa sforzandosi di curare il più possibile l’ortografia e la sintassi (ma senza fare tragedie se dovesse scappare qualche errore – anche di semplice battitura – dato che, nella fretta, prima o poi capita a tutti).
Naturalmente sei libero di esprimerti come credi (nei limiti dell’avvertenza che trovi sulla colonna sinistra del sito).
Riguardo a Stephen King…
La mia era una semplice battuta scherzosa. Nel tuo primo commento hai scritto per ben tre volte (mi pare) AVVOLTE (in maiuscolo) anziché A VOLTE.
Mi è venuto in mente il titolo della raccolta di King “A volte ritornano” che, all’occorrenza, è diventato “AVVOLTE RITORNANO”.
Ma era uno scherzo bonario.
Un’ultima cosa… il mio cognome è Maugeri (con una sola g), non Mauggeri (anche se, dalle mie parti, in molti lo scrivono come lo pronunci tu).
🙂
@ Rossella
L’altra volta ti eri firmata con il nick “Suor Adelaide di Coppollonia”, in questo post hai usato “MORDENTE PASSIONE”, “Ragionier Fracchia” e “Francesco da Guccini”.
Se non vuoi usare il tuo nome ti invito a scegliere un solo nick name.
Forse non lo sai, ma sono in grado di risalire a te attraverso l’indirizzo IP.
Se vuoi partecipare ai dibattiti sei la benvenuta. Mi permetto solo di chiederti un po’ di collaborazione.
Okay, Rossella?
Grazie.
Vedi Massimo oggi va molto di moda il trasformismo. Siamo un pò tutti su uno strano carro di carnevale, ora ridanciani ed un minuto dopo permalosi da non crederci pensiamo alla cremina emorroidale.
D’altra parte anche la griffe ha la sua importanza e soprattutto quando la comunicazione richiede la sintesi dei concetti.
@ Rossella
Torniamo al tema del dibattito, dài!
@ Massimo e Carlo
La short story. Lettera.
Egr. Dr. Carlo S. (non mi permetto di darLe del “tu” vista la non conoscenza fra noi) alcuni anni fa mi trovai in un illustre e famoso salotto, invitata ai festeggiamenti del capodanno. Proprio come Cenerentola (peccato che non si capì neppure chi era il rospo travestito) quando scoccò la mezzanotte del nuovo anno andai a fare gli auguri ad una coppia (entrambi giornalisti con tanto di firma importante). La moglie senza un motivo reale che avesse potuto pestarle il piede si rivolse a me con questa frase : – Ah è vero…ci sei anche tu! – Educatamente completai i miei auguri, ma non ho dimenticato quella frase che fu davvero poco augurale; quell’anno infatti persi il lavoro e le lascio dedurre a quali difficoltà dovetti andare incontro.
Il peso specifico di questa frase di questa short story ci riconduce alla serietà del tema.
Assistendo a certi dibattiti anche in questo salotto letterario che peraltro ritengo una buona iniziativa da parte di chi l’ ha ideato e riflettendo a lungo su certi comportamenti di persone considerate intellettualmente lucide e colte e critiche, così come coloro che simulano scritture da alternativi, ho riscontrato la comune supponenza del pensiero.
Questa supponenza, appunto, viene nascosta da tutto un modo di apparire colto e aperto in nome dei principi della tolleranza della civiltà dello scambio e guai a non dichiararsi disponibili verso il prossimo o a rivelare una certa settarietà da “circolo” altrimenti, si sa, anche il proprio ruolo di quanto si rappresenta nella società moderna verrebbe messo in discussione.
La supponenza di coloro che ignorano di leggere fra le righe, dicevo, se da una parte screma dall’altra conduce verso la scimmia che non parla non vede e non sente, rivelando la verità sui presunti Voltaire e sulla sua massima riguardo la tolleranza e l’orgoglio.
A questo punto Dr. Speranza si chiederà qual è il nesso di collegamento fra supponenza e trasformismo fra colui che predica e colui che mente spudoratamente, qualcuno inneggia alla cultura e all’apertura delle frontiere ma gli si rizza il pelo al solo pensiero di abbassare le corna e abbracciare chi non ha neppure conosciuto in maniera approfondita: si possono dare tante risposte a questa domanda ma la più intellettualmente onesta è quella che fa così “ognuno conoscendo il proprio doppiofondo l’ ha abilmente camuffato”.
E rimaniamo tutti quanti stupefatti davanti a chi sventola candide bandiere (di partito, di chiese, di rigida condotta morale, mmmm, ministri, maestri, monsignori, mille miliardi, mille milioni, il molteplice) ed ha avuto la capacità di far dimenticare persino come è riuscito ad arrivare a mettere timbri e firma! Và molto di moda la parola saltimbanco, trans, trasformismo, la povertà è questa qui: una miserevole condizione dell’anima.
Concludo mé tapina, sconsolata pittrice di facce altrettanto sconsolate, invitandoVi se ne avrete occasione alla visione di due disegni di Paul Klee : il primo intitolato “L’arlecchino” il secondo “Il mantello”.
Grazie
ROSSELLA
Gentile Rossella,
le chiedo se è supponenza di pensiero il consigliare a qualcuno di postare i suoi commenti nella stanza dove si sta dibattendo il tema che si sta commentando. Se è supponenza di pensiero il consigliare una maggiore attenzione nello scrivere se si vuole, oltre che scrivere, essere anche letti. Lei forse trova supponenza in chiunque si permetta di fornire consigli, come se questi venissero sempre elargiti “dall’alto” e sottintendendo un certo disprezzo per l’inferiore. Ma ne è sicura che sia così ? O forse potrebbe essere supponenza la sua ?
Se a lei i consigli non piacciono, semplicemente non li stia a sentire, non li legga, non li segua. Peraltro non era a lei che venivano dati.
E questo non è un salotto, o un circolo elitario, per il quale bisogna fare la tessera: è solo un blog e (scusami Massimo se faccio un po’ le tue veci, ma mi pare di essere chiamato direttamente in causa) chiunque può essere accolto (io lo sono stato, pur non essendo proprio nessuno: non sono un intellettuale, non sono un addetto ai lavori, non sono neanche un aspirante scrittore, aspiro solo fumo di tabacco, e l’ho già detto), basta cercare di interloquire realmente con gli altri, scambiando opinioni seguendo elementari regole di educazione e di rispetto. Se ho mancato io di rispetto a qualcuno ne chiedo pubblicamente venia, anche se francamente a me non pare. E non si meravigli se qualche volta si eccede anche nell’ironia, nella polemica, nel turpiloquio. Non essendo un salotto ci piace anche giocare e quando si gioca talvolta si sporca o si rompe qualcosa; poi si cerca di rimettere tutto a posto.
Io lo so già che forse prenderà questa mia risposta per l’ennesimo pistolotto di un supponente. Ma se la compagnia non le piace perché continua a frequentarla? Se le sono antipatico io si limiti a non leggere me e legga pure gli altri. Insomma, faccia pure quel che crede. In fondo lei a me non è per niente antipatica: depone molto a suo favore l’essere una pittrice ed amare Paul Klee.
Il presunto Carlo S.
PS: ho usato il lei anch’io, per adeguarmi naturalmente. Ma le faccio notare che preferirei il tu, perchè questo è quello che usiamo normalmente facendo quattro chiacchere tra amici. Mi dispiace lei abbia voluto prendere così le distanze nei miei confronti. Ma le rispetto.
@ carlo:
caro mio, a ciascuno il suo Sozi!
🙂
@Enrico
Infame!
Un racconto è riuscito se dentro ci puoi sempre vedere qualcosa di più, se continua a sfuggirti di mano. Nella narrativa, due più due fa sempre più di quattro.
(da ‘Nel territorio del diavolo’di Flannery O’Connor, pag.73)
Adoro questo passaggio.
Rende l’idea che ho io di racconto (da lettrice intendo).
Un abbraccio a tutti,
Barbara
@CARLO
Hai ragione sul libero arbitrio anche se è abbastanza illogico pensare all’indifferenza altrui se ti comporti con la sfacciataggine del
Comunque anche il Matha Gandhi non fu poi così sincero con il suo popolo: a questo proposito consiglio una chicca di libro da tenere nella piccola biblioteca scritto da Geminello Alvi e che si intitola Uomini del Novecento. Brevi veritiere biografie in un tascabile di ottima qualità. saluti
@ Rossella
Ti avevo chiesto la cortesia di usare un solo nick, non di rendere pubblica la tua mail. Comunque grazie. Mi hai fatto sorridere.
🙂
La tua, tuttavia, mi sembra solo una “supposizione di supponenza”.
😉
Dài… stretta di mano! E tanti sorrisi.
@ Massimo
Sai cosa mi viene in mente? Certi personaggi alla corte di Re Luigi abbigliati coi pizzi ai polsi e scarpini lucidi e parruccone ricciolate.
Anche le dame dai busti strizzati con poppette ridenti e rotonde barcollavano a causa del peso delle loro parrucche. Ma quando si ritiravano nelle camere da letto abbandonate le parrucche per ben altri minuetti sotto i baldacchini, allora si che iniziavano ad esser veri. Ai lati del letto coppe di vino e vassoi ricolmi di frutta inviati per loro dal Re in persona, mentre madama lo pensava con passione incipriandosi le gote e quel cicisbeo del compagno ideava la prossima partita a carte coi valletti del palazzo. Ghirigori di chi nell’aspetto e nei modi dimostra fierezza e arroganza, ma per l’amor del cielo non sei tu amico del blog, altrimenti anch’io corro il rischio di commettere l’errore di giudicare senza conoscere. In molti lo fanno sentendosi chissachè.
E la pace sia con noi!
@Rossella
Enchantè, Madame … Pace anche con me ? Te lo chiedo con la sfacciataggine del …. (?) … (meglio rimanere nell’ignavia, và)
Sarà che ai tempi del liceo ho avuto un’insegnante che ci ha educato a leggere anche i racconti, ma personalmente non li considero “figli di un Dio minore”. Per la cronaca era Marcovaldo di Calvino.
Inoltre, quando avevo 15 anni (quindi recentemente, massimo una trentina d’anni fa) ne lessi uno di due pagine, ma che ricordo ancora come l’avessi letto ieri.
Si intitolava se non erro “La sentinella” ed era in una raccolta di fantasy. Faceva più o meno così :”era in quell’avamposto sperduto nello spazio, a fare la sentinella al confine, pronto ad avvisare i suoi all’apparire dei primi alieni. Ma non poteva evitare di pensare a sua moglie, ai suoi figli, a come sarebbe stato bello passeggiare al caldo con loro in riva al mare. Ed invece era li, a tremare dal freddo. Ed un altro brivido gli percorse le osse al pensiero dei suoi nemici, così strani, così diversi, senza squame, con solo 2 braccia e solo 2 gambe…..”
Ecco, quando un racconto breve ti fa sentire un piccolo bang, quando in 2 pagine riescono comunque a stupirti/incuriosirti/impressionarti, beh, tanto di cappello.
@Massimo Maugeri
Non ho capito, e non voglio capirlo, perché hai eliminato il commento dove parlavo di un’esperienza ambigua con l’editore ‘Altromondo’.
@ Giulio
Guarda che non ho eliminato un bel niente!
Sei tu che hai sbagliato post. Vai in quello giusto (quello sull’editoria a pagamento) e troverai il tuo commento.
Scusami, ma mi vien da dire: cose dell’Altromondo.
🙂
Io sono convinto che anche il racconto breve – o brevissimo – possa rappresentare per lo scrittore una sfida utilissima, e per il lettore un modo per soddisfare il desiderio di lettura in un mondo malato di tempo.
Non me ne voglia quindi Massimo Maugeri (il padrone di casa) se approfitto di questo suo spazio per fare un annuncio un po’ particolare:
AAA cercasi scrittori amanti della brevità
per partecipare al progetto “Un mondo in 1800 caratteri!”.
Progetto dedicato alla narrativa brevissima.
Tutte le informazioni su: http://www.bottegadiscrittura.it
astenersi scrittori logorroici 😉
Rispondendo a una sollecitazione, rimetto in primo piano questo vecchio post…
Si tratta di un post pubblicato nel gennaio del 2008, con l’obiettivo di discutere di narrazioni brevi (racconti) e narrazioni lunghe (romanzi).
A due anni di distanza, mi sento di dire che (forse) qualcosa è cambiato… che (forse), oggi, i racconti trovano più spazio rispetto a un paio di anni fa…
Cosa ne pensate? Siete d’accordo?
Vi ripropongo il post con le domande originali. I vecchi frequentatori del blog potranno rileggersi e verificare se hanno cambiato idea, i nuovi avranno la possibilità di dire la loro.
Siete d’accordo con chi sostiene che i lettori prediligono i romanzi lunghi ai racconti?
(È così per voi?)
Se così fosse, perché continuare a scrivere ancora racconti?
Quali sono i pro e i contro delle “short stories”?
i romanzi sono sempre più graditi. il racconto soddisfa il lettore colto. al lettore medio e incolto piace il polpettone di moda. si lascia trascinare da 400 pagine di niente. fa fatica a togliersi da una storia e entrare in un’altra. vuole sognare a lungo e trasporsi. non cerca piacere stilistico, segue una trama che non vuole finisca. poteva succedere quando non c’erano cinema e TV. il lettore si divertiva a piangere e sognare. oggi come le telenovele fiction ecc. le storie sono lunghe. non dimentichiiamoci le dimensioni. il libro grosso fa effetto, si è speso ma c’è più carta. se poi ha la copertina lucida meglio. per un popolo che non legge leggerne uno voluminoso giustifica tutto l’anno. oggi un romanzo dovrebbe stare intorno alle 250 pagine. pensiamo quanto tempo resta per leggere. un romanzo troppo lungo non lascia spazio ad altre letture. comunque lungo o corto, occorrrerebbe dare lezioni e esempi di stile. è come vedere quadri grandi o quadri piccoli. non ha senso. non sta nella lunghezza l’emozione. quindi si deduce che non si cerca emozione, ma narrazione spesso furba che ad arte molla il lettore e lo riprende come in TV.
il mio parere lanciato lì:
i romanzi facilitano una certa identificazione, i racconti chiedono una maggiore partecipazione.
penso che sia tutta lì.
io, nel mio piccolo, preferisco i racconti.
faccio un esempio: ho goduto tantissimo con quel libro-mondo di Moby Dick, ma Bartleby lo scrivano o Billy Budd il marinaio sono rimasti nel mio cuore.
Ismaele sulla zattera è forte, ma lo è ancora di più quando fa il team-up con Billy Budd e Bartleby.
🙂
Ai due amanti ”rei confessi” del racconto che sono appena intervenuti mi aggiungo io (che, in sovrappiu’, li pubblico anche – quando posso, e potei nel 2007 e nel 2009). E qui, dunque, specifico il fondamentale motivo del mio amore (da lettore-autore) per le scritture diciamo ”non di carattere apertamente e tecnicamente romanzesco”.
Ecco. Io amo i romanzi concentrati, il succo degli ipotetici romanzi. Ossia i racconti. Perche’, a pensarci bene, a meno di non essere un Dostoevslij o un Manzoni, il romanzo e’ una accorta rete fatta di tanti ”vuoti d’aria” e poca corda, ma ben intrecciata e legata a nodi. Furbi nodi. Senza nulla togliere ai grandi romanzieri, eh… i quali pero’, spesso, erano anche degli ottimi novellisti, vero gente?
Salutoni Cari
Sergio
Post Scriptum – Precisazione
Per chiarire il discorso sul ”racconto come succo” di cui parlavo sopra, credo vada specificato che ”il racconto” consista insomma in un modo di scrivere e non tanto nelle dimensioni di una narrazione. Il Satyricon, l’Adriano della Yourcenar, i Promessi Sposi, l’Eneide, l’Ab Urbe condita di Tito Livio, Omero, la Divina Commedia, sono RACCONTI. Cioe’ cose che ci risparmiano le perdite di tempo. qui sta il discorso, amici…
Tra un racconto scadente e un buon romanzo, meglio il romanzo.
Tra un romanzo scadente e un buon racconto, meglio il racconto.
Tra un racconto scadente e un romanzo scadente, meglio il primo.
Almeno perdi meno tempo.
@Dolce Massi e adorabili amici, è stato un vero piacere rileggere i nostri datati scritti…Siamo qui, ancora sulla breccia, con la stessa ardente passione, a dissertare sulla valenza del genere letterario.
Sono alquanto vicina al pensiero del buon Sergio Sozi e conto di ritornare sull’amletico argomento con più frecce al mio arco.
Nel completo marasma attuale, ci salva sempre l’arguto gusto dell’ironia,
e poiché un sorriso non si nega a nessuno, Vi sugerisco di rileggere il micro- racconto ” Scelta d’amore” del temerario Conte Lardo di Colonnata”- (venerdì, 25 gennaio 2008).
Poiché amo il rischio e l’avventura… di essere linciata, vorrei proporvi
la lettura ” Il nobile Cantore”, è un pò lunghetto.
Ovvia, sarò benigna, e non oserò sottoporvi a tale strazio!
Un saluto a Voi tutti.
Tessy
Mamma mia… ho scritto due ” poiché” in poche righe… Perdono, perdono, perdono…. sarà demenza senile?
Tessy
Amo i racconti. Ne leggo molti e ne scrivo, anche.
Credo che la forma racconto, così concentrata ed essenziale, sia un distillato di elementi che nel romanzo troviamo diluiti. Ottima palestra per gli scrittori – difficile, perché i difetti che possiamo perdonare a un romanzo rovinano irrimediabilmente una narrazione breve – ma poco praticata da autori ed editori italiani, mentre in altri paesi le raccolte di racconti funzionano. Anche il genere novella – racconto lungo altrove funziona, mentre dovremmo ricordarci che abbiamo avuto novellieri straordinari ed anche ottimi scrittori di racconti.
Si, è proprio demenza senile… ho scritto suggerisco con una sola – g –
Basta, la vostra ciuchina va a ruminare il suo fieno!
Tessy
Gia’, cara Marilu’ Riccioli: se, come sappiamo tutti, la nostra Letteratura e’ nata dalle novelle (Sacchetti, l’Anonimo del Novellino, il Decamerone, eccetera), oggi rischia di morire al capezzale dei suoi troppi romanzi… ah ah ah! Un po’ come dire: si nasce pompieri e si muore piromani.
Scherzi a parte. Molti editori oggi sono semianalfabeti e dalla vista corta: come pretendere che colgano sia la validita’ che la vendibilita’ della prosa breve? Un imprenditore vuole vendere diecimila ”pezzi” subito, mica aspettare che divenga un ”longseller”… vaglielo a far capire che il longseller vende per trent’anni e invece il successo momentaneo dopo un mese non vende piu’ una copia…
Caro Massimo,
l’argomento del “racconto breve”, comunque racconto di tre-quattro cartelle o sei-sette, è sempre attuale, proprio per i motivi che vengono fuori dai vari interventi qualificati.
Alla base di quella poca visibilità che si da alla storia breve sta LA CONVENIENZA delle case editrice. Oggi si pubblica soltanto il personaggio perchè proveniente da fonte sicura, economica o politica, o da platea di milioni di lettori, platea formata da spot pubblicitari incredibili, anche questi globalizzati e verso i quali il comune lettore non fa che adeguarsi e comprare.
Se dopo i racconti, anche belli e ben scritti, sono di autore italiano, allora l’ostracismo aumenta, ammenochè non ci sia qualcuno VIP dietro
per cui le cose possono cambiare, ma solo per poco tempo.
E’ un po’ come parlare, oggi, di poesia, ma questo è un altro quasi scottante argomento.
Un caro saluto, Massimo, esteso a tutti i collaboratori.
Gavino
io leggo quasi ogni genere….mio zio diceva sempre che in assenza di libri avrei letto anche l’elenco del telefono perchè non sarà granchè come trama, ma sai quanti personaggi!!
ho amato i 49 raccont di Hemingway, le raccolte di racconti di Asimov, Notte sull’acqua di Ken Follett (meglio di Mondo senza fine, sicuramente), Poe e Pavese…si leggono pochi racconti forse perchè le case editrici li propongono meno. Avete notato come quando escono antologie che portano un nome noto in copertina, magari anche solo come selezionatore dei racconti o che scrive l’introduzione poi si vendano bene?
uh ho dimenticato i racconti di Philip Dick … padre di Blade Runner, Minority Report e tanti altri racconti indimenticabili (anche per la mediazione cinematografica)
Racconti?!?
Ne ho letti davvero pochi nella mia “medio-giovane” esistenza…
La mia non è altro che “diffidenza” a pelle.
Ho sempre e solo letto racconti di Autori che conoscevo già, Autori che mi avevano conquistata in precedenza con narrazioni lunghe. Perchè?
Forse mancanza di “coraggio”, forse amo, ho amato e amerò “giocare facile”
Concordo, meglio racconto pessimo che pessimo romanzo, si perde meno tempo…ma vogliamo mettere l’esatto opposto? Racconto avvincente, trama fitta, tripudio di colori, suoni, odori e sentimenti… che emergono da 30 pagine!??! Che ci prendono per mano… per 2 ore?!?!
Vogliamo paragonare queste sensazioni a delle ipotetiche nottate trascorse con la lucina fioca del comodino accesa, gli occhi rossi, e quella sensazione di non riuscire per nulla al mondo a separarci dal nostro “compagno di viaggio”?!?!
Forse i racconti sono un genere più d’elite…pagoniamoli al mondo cinematografico… Non sono un po’ i cortometraggi della narrativa?!?
Più complessi da scrivere, più complessi da apprezzare, da amare, da capire…
Cari amici, grazie anche a tutti voi che siete intervenuti qui.
Alcuni di voi sono intervenuti per la prima volta.
Benvenuti a Letteratitudine, gente! 🙂
In ogni caso…
saluti e ringraziamenti a: Luciana Lanzarotti, Angelo, Sergio Sozi, Marco Vinci…
E ancora a: Tessy, Maria Lucia, Gavino, Stefania, Elisa.
La discussione, se volete, continua…
Cara Elisa,
mi piacerebbe chiederti se una sensazione simile a quella della lettura di un romanzo tu l’abbia mai provata con una serie di racconti dedicata ad un unico personaggio. In questo caso, credo ci si affezioni di piu’, cosa ne pensi? Ne potrebbe sorgere un attaccamento molto simile a quello che ti suscita un romanzo, mi chiedo e ti chiedo, se tu ti trovassi a leggere una raccolta di, mettiamo, dieci storie brevi in volume unico dedicate ad un solo personaggio?
Grazie per una gentile risposta
Salutoni
Sergio Sozi
A Marco Vinci,
insomma intendi dire che scegli sempre la qualita’ di scrittura, qualunque sia la lunghezza e la tipologia. Come non concordare? A me personalmente, tuttavia, sono rimasti piu’ impressi i romanzi brevi – cioe’ quelle opere che e’ difficile considerare sia racconto che romanzo… per esempio ”Il barone rampante”.
Bah, io ho iniziato coi racconti, che poi ho fatto leggere a un editore, il quale mi ha chiesto se di uno di questi avrei potuto fare un romanzo.
Ho obbedito e lui lo ha pubblicato. Dopo di che ho capito che a me i racconti di leggerli non è che mi vada tanto, e se li scrivo lo faccio per pigrizia.
Insomma, i romanzi mi piacciono di circa 200-300 pagine, più lunghi (tolto il grande Dovsto che adoro) non li reggo, mi sembra più grafomania che scrittura. Di contro più breve di 200 pag a me non danno gusto.
Sì è vero Carver era un genio, e Salinger per me ha scritto racconti brevi molto molto più belli di The catcher, però sono eccezioni. E in ogni caso Carver soffriva abbastanza di non risucire a scrivere un romanzo lungo, a volte lo considerava un limite. Nella sua bio si racconta che la faccenda lo faceva strippare non poco e comunque tentava incessantemente di arrivare al romanzo “lungo”.
Parlamese chiaro:
Non risucire a scrivere una cosa di almeno 100 pagine, tiè, per uno scrittore è un po’ un limite, dai. E’ faticoso rega’ mica ce vuò niente, ma che ce vuoi fa? Vuoi la bicicletta pedala. Io so’ due anni che devo correggere sta cosa da consegnà e me ce devo mette co’ le catene!
E’ faticoso fare tutti i preliminari, dasse i baci, fasse i massaggi ecc ecc però sta cosa che la sveltina è bella, e daje! A me me pare un po’ consolasse co’ l’ajetto.
😉
Ciao, non sai quanto le tue parole nel riconsiderare i racconti, narrativa degna di esser menzionata e letta, mi facciano piacere. Dopo tanti anni in cui avevo abbandonata la passione per la scrittura, o forse non avevo mai pensato che tanta valenza e importanza potesse avere nella mia vita, ho deciso proprio con dei racconti, di dare voce a ciò che sentivo dentro, bisognoso di trovare luce. “Quel che fin qui resta” è il titolo della mia opera prima, un intreccio tra poesia racconti emozioni e frammenti. La sto proponendo in giro è già un paio di case editrici mi hanno positivamente risposto … ma come tu ben saprai sempre di maledetto contributo si parla. Ma non è questo il motivo di questa mia mia. Solo per dirti che ciò che avevo da raccontare è stato volutamente raccontato scegliendo appunto il narrar per racconto. Tutto doveva per me avere un inizio e una fine, tutto si doveva in quello racchiudere, tout necessitava di quella precisa forma. Non so se sono pronta per il romanzo , ancora sento racconti che dalla la tastiera escono e non voglio sminuire il mio lavoro e ne sono attaccatissima . Ho partecipato ad una antologia sulle pagine facebook con un racconto e l’epilogo del libro, il cui titolo è: “facebook caffè Il luogo dei pensieri”. C sta dando tanta soddisfazione, 54 autori, per più di 60 racconti. Per certi versi sono convinta che scrivere un racconto sia più difficile che scrivere un romanzo. Nel racconto ci deve star tutto, il racconto deve renderti subito qualcosa, non puoi dargli una seconda chance ..insomma grazie per aver dedicato parole a questa scrittura che sembra essere di categoria inferiore… e poi dove li mettiamo i concorsi per racconti?…anche a quelli partecipo… Un saluto Giovanna Vannini
cfaro Massimo, mi sono divertito a rileggere le vecchie cose di più di 2 anni fa, comprese le mie polemiche prima con Mahta (un pazzo furioso?) e poi con Rossella (il nostro primo impatto di conoscenza non è certo stato tra i più felici).
Oggi le cose sono cambiate. Allora ero solo un lettore, oggi di racconti ne ho scritti diversi (come sai bene anche tu), e tre sono stati pubblicati in altrettanti antologie. Forse non era vero che aspiravo solo fumo di tabacco, però allora non lo sapevo: non mi ero ancora cimentato e si sa, i vizi sono facili a prendersi, e oggi c’è anche quello di scrivere.
Come non potere amare i racconti allora, adesso più di prima?
Ed è per questo che i miei acquisti di libri di tale genere è passato dal 20% ca. dichiarato allora almeno al 30% di oggi. Sono certo che le proposte editoriali non raggiungono neanche questa percentuale sul totale. Ma come si fa ad ignorare i racconti di Hemingway, quelli di Maupassant, di Flaubert; quelli della Ortese (il mare non bagna Napoli) e della Maraini (bello il suo recente “la ragazza di via Maqueda”), o quelli Joyce in “Gente di Dublino”. E poi Carver, Bolano, Buzzati, Cortazar; e il sommo Borges…e chissà di quanti mi sto dimenticando….
Difficile stabilire i pro e i contro di questo genere. Sui “pro”, da lettore, ribadisco quanto affermato 2 anni fa.
Da scrittore (per quanto dilettante) posso aggiungere che il racconto è una meravigliosa palestra per imparare ad essere concisi ed essenziali, a saper togliere.
Come “contro” quello di impigrirsi sulle brevi distanze, di non esercitarsi a intrecciare più accadimenti, anche più storie (le storie nelle storie), e più personaggi; ad articolare e a dare maggiore respiro ad una narrazione più complessa.
Rileggo Bolano: e non posso non notare che maestro che fosse sia sul breve (varie raccolte: “Puttane Assassine”, “Il Gaucho insostenibile”, …), sia sul medio (romanzi di 100-150 pagine: “Stella distante”, “Monsieur Pain”, “La pista di ghiaccio”…), e poi sul mega-romanzo (900-1000 pagine: “I Detective selvaggi”, “2666”).
Era un mostro di bravura.
Mi piacerebbe sapere dalla sig.ra Vannini se lei i racconti, oltre a scriverli, li legge.
Grazie
Saluti Cari
Se Faustina e’ la stessa con la quale ebbi interessanti colloqui due anni fa in questi luoghi, ne sono contento: ciao, cara! Il tuo ”pied-a-terre” (scusami ma non posso mettere gli accenti francesi giusti e manco quelli italiani) mi piacque per diversi motivi, che ora non staro’ a dirti. Era per caso quello, il tuo ”racconto allungato”?
Saluti Cari
Sergio
A tutti:
il massimo del ”racconto” sta in ”Esercizi di stile” di Raymond Queneau. Chi concorda?
Brevemente,poi tornerò perchè il post sui racconti mi piace un sacco.Provo a scriverne e ne leggo tanti e con enorme piacere.Fra molti già nominati,in questi giorni sto gustando con grande gioia e ammirazione i Sessanta racconti di Dino Buzzati.Trovo che siano delle pennellate magnifiche, a parte gli stranieri, fra cui ci sono grandi nomi, credo che nella letteratura italiana con Calvino e Buzzati e la Ortese già possiamo dire di avere i grandi del racconto.
Anche se non è in tema mi piacerebbe dare un pensiero ad un grandissimo della letteratura mondiale, nonchè anche Nobel del passato, che se n’è andato: Josè Saramago. il suo Cecità è stato uno dei libri che più mi ha sconvolto,l’ho tenuto incollato addosso per molti mesi dopo averlo terminato.Credo che quando una storia,breve o lunga che sia faccia fatica ad allontanarsi dal nostro essere,allora quella è assolutamente una storia grande scritta da un grande letterato.
un caro saluto a Massimo e a tutti!
Cara Francesca Giulia, anche per me “Cecità” di Saramago è stato uno dei libri fondamentali della mia vita.
Ho dedicato un apposito post alla scomparsa di questo grande autore.
Mi piacerebbe che tu, e tutti gli altri amici, scriveste qualcosa:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/06/18/ricordando-jose-saramago/
–
Grazie per il tuo intervento, Fran…
Ne approfitto per ringraziare tutti gli altri partecipanti che stanno discutendo sul “rapporto” romanzi/racconti.
(E’ divertente rileggersi a distanza di un paio d’anni, vero?)
Un caro saluto a Faustina, Giovanna Vannini, Carlo S. e Sergio.
Spero che la discussione possa continuare…
@Sergio Sozi, esatto era quello, e ti dirò, a distanza di tempo lo amo molto come primo “figlio” ma gli attribuisco degli errori dovuti proprio alla fretta dell’editore nel pubblicarlo, ed alla mia mancanza di allora di puntare i pidi perché venisse mantenuto il testo originale.
Ma questa è acqua passata sotto i ponti, il futuro-presente è laborioso e un po’ più complesso.
Ma grazie comunque delle tue gentili parole.
🙂
Baci
il racconto breve spesso non permette al lettore di affezionarsi a personaggi e storia, proprio per la sua natura. Difficile che riesca a coinvolgere in poche pagine. A meno che non sia particolarmente incisivo.
Forse per questo personalmente prediligo i romanzi. E quando si finisce un romanzo particolarmente apprezzato, un po dispiace sempre, è come salutare un amico che se ne va. Non mi è mai capitato con i racconti brevi.
Bravo Sergio! Ricordare gli Esercizi di stile di Queneau è opera meritoria. Tuttavia è un libro difficilmente catalogabile tra i “racconti”. Direi che fa categoria a sè. Quella degli “esercizi di stile”. Comunque un capolavoro di intelligenza, umorismo e ironia.
Certo, carissimo Carlo… Queneau volle scrivere un manuale di tecnica scrittorio-artistico-filosofica, con ”Esercizi di stile”. Il racconto, infatti, li’, e’ uno e molteplice… e l’opera nel suo complesso, dimostra la grandezza e l’indispensabilita’ della ricerca stilistica nell’ambito del lavoro di un narratore. Quel libro mi serve altresi’ per dimostrare una mia opinioncina: che un romanzo puo’ esserci tutto anche in trenta pagine di racconto, a saperlo gestire doverosamente…
Ciaociao
Sergio
Fausta, sei tu? Che piacere ritrovarti! Spero che tu stia bene…
🙂
Sergio, comunque spesso si nasce incendiari e si muore pompieri…
🙂
Maria Lucia, ti abbraccio forte, sì ho passato un periodo molto presa dal nuovo bimbo e adesso torno, lancia in resta, a tuffarmi nelle vicende letterarie. Che bello ritrovarvi!
Bacioni
Marilu’,
si’… e’ il mio caso… mi avessi conosciuto quando avevo diciassette anni sembravo proprio uno con la dinamite in tasca. E guarda che fine da pompierazzo ho fatto: ce manca poco che me faccio prete. Luterano, ormai, vista la mujera e la… fijera… ah ah aha…
Bacioni
–
Faustina,
ah, sei madre! Non so esprimerti la felicita’ che mi concedi con tal notizia! La mia Laura ormai ha sette anni e parla italiano maccheronico-letterario – paradosso? Si’, certo, ma magnifico paradosso come il fatto, Faustina, che mi sembra che sia nata ieri e gia’ fra un po’ me fa le prediche dotte e extracolte, ‘sta impunita…
Manu,
mi risponderai? Boh, io comunque ti chiedo se ameresti una serie di racconti in volume unico con un solo protagonista. Non sara’ un romanzo ma ti ci potresti affezionare, vero… o no? Dimmi.
…ho dimenticato di baciar la mano anche a Francesca Giulia e a Maria Teresa. Ceneri sul capo. (Non il vostro, tranquille, eh eh eh…)
a me piace molto scrivere, lo faccio soprattutto per me stessa, ma mi rendo conto anche qui, che le diverse generazioni, e quindi i diversi mezzi di approccio alla cultura,al piacere della lettura, (internet, piuttosto che enciclopedie, CDR…) influiscano non poco sulla scelta di cosa leggere. i giovani prediligono i racconti, noi “adulti” penso preferiamo i romanzi. sono più ricchi di particolari, di descrizioni, i personaggi sono meglio caratterizzati e seguiti nel loro percorso anche sotto l’aspetto psicologico…. tuttavia il racconto ha il suo fascino, la messa a fuoco sulla trama centrale, la concisione che a volte diviene una qualità imprenscendibile in certi contesti… certo che a volte vorresti proprio che “quel racconto” non finisse così presto! ed i giovani non amano tanto perdere tempo, non amano molto leggere (anche se per fortuna ultimamente ho notato una ripresa di questo mezzo di svago, apprendimento, e conoscenza di vita).
penso che anche le culture, abitudini, clima possano essere motivo di un diverso approccio al romanzo o alle short stories.NOI inglesi, perchè io sono inglese, amiamo molto la lettura ed i bimbi sono educati al “libro” di stoffa, plastica prima e poi al sapore, odore, tatto deliziosi del “libro” fin da piccolissimi. leggono nell’underground andando a scuola, al lavoro, leggono nei parchi durante il break del pranzo, ed alla sera a letto uno accanto all’altra…non importa in realtà cosa sia meglio,se ilracconto o il romanzo, l’importante è continuare a scrivere… a leggere.
Loren
Caro Sergio, non per andare off topic ma anche il mio Andrea ha sette anni (l’ho adottato) e anche lui inizia a farmi i predicozzi, deve essere la generazione 🙂
Baci
Carissimo Sergio, ti saluto anch’io con affetto….per te e Faustina: la mia ha giusto il doppio dell’età dei vostri e mi è nata e cresciuta col predicozzo al posto del ciuccio!!!!
🙂
un abbraccio
un bacione special anche a Maria Lucia!!
Cara Loren,
io sono italiano, ma mia figlia Laura e’ stata abituata come i figli di voi inglesi: lettura, libri, favole, racconti e molta mitologia classica – perche’ noi italiani siamo figli della cultura antica, come tutti sanno, e io questo bagaglio culturale del mio popolo l’ho sempre messo in pratica. anche io e mia moglie abbiamo ricevuto una educazione analoga e ne siamo orgogliosi – esattamente come i nostri genitori, i quali sono cresciuti ugualmente fra i libri.
A Sergio: chissà, potrebbe essere che a una serie di racconti con lo stesso protagonista mi potrei affezionare..:-)
Suggerimenti in proposito?
Leggo comunque anche i racconti brevi, non li rifiuto a priori perchè penso non mi coinvolgano. Almeno ci provo.
Ringrazio tutti per i nuovi commenti.
Un saluto speciale a Manu e a Loren.
Mi aggiungo a Manu..
Anche io voglio suggerimenti!!
per Manu: se ti piace la fantascienza allora direi i racconti sui robot di Isaac Asimov, per esempio sono un ciclo di racconti con più o meno gli stessi personaggi, a cui mi sono affezionata.
i racconti di Nick Adams di Hemingway
A Manu ed Elisa,
grazie per la fiducia, care.
Allora.
I primi due volumi che mi vengono in mente sono i seguenti:
– Andrea Camilleri ”Gli arancini di Montalbano” (Mondadori);
– Luigi Malerba ”Mozziconi” (Einaudi);
– Corrado Alvaro ”Settantacinque racconti” (in ”Opere – Romanzi brevi e racconti”, Bompiani).
****
Il secondo libro e’ ”per tutti” – soprattutto per ragazzi – ma veramente uno dei migliori lavori di Malerba. Il terzo e’ un grande classico della nostra letteratura.
Stasera ci penso su e vi do altre dritte… sempre parlando SOLO di racconti con personaggio unico (in Camilleri e’ Montalbano, in Malerba e’ Mozziconi, in Alvaro e’ lui stesso).
Salutoni, a piu’ tardi
Sergio
Un quarto pero’ ve lo raccomando subito:
Mario Soldati ”I racconti del maresciallo”.
A stasera.
Ringrazio Elisa, Stefania, Sergio per i consigli rivolti a Manu…
@ Sergio Sozi
A proposito di racconti… (appunto!)
Per email mi hai parlato di un tuo racconto (calcistico) breve scritto per i mondiali intitolato ”Italia-Slovacchia, 2 a O”.
Siccome siamo in tema – e il periodo è quello giusto -, caro Sergio, se ti fa piacere, ti chiederei di inserire il racconto qui tra i commenti.
A gentile richiesta, posto ben volentieri il racconto. Buona lettura, amici.
—
Italia – Slovacchia, 2 a 0
–
La forma del pallone
è fatta a limoncello:
calci da questo e quello,
ed esso in porta va.
(Achille Campanile)
–
–
Si mette le dita nel naso, lui. Ancora. Come se avesse cinque anni. E per scaramanzia si è appena tagliato la barbaccia incolta, trasformandola in un paio di baffi all’umbertina che… manco negli anni Venti. Be’, ormai l’avrete capito: Euterpe Santonastasio è tornato fra noi, anche se le sue settantuno primavere sul groppone ce lo mostrano meno pimpante e bevitore di qualche tempo fa, quando sparí dalla circolazione: prima la pensione come capitano dei carabinieri in forza alla Compagnia Trieste II, poi qualche indagine privata, infine… infine boh! Si faceva i casi suoi, diciamo.
E adesso eccolo qua che, seduto da solo davanti al televisore – in bianco e nero nell’Anno Domini 2010, mese di giugno, giorno 24 – si sta accaldando in mutande e ciabattacce mentre la fanfara suona l’Inno di Mameli. Lui lo canticchia sfumacchiante. Guarda il salotto liberty del suo appartamento liberty nella Trieste unpocolibertyanch’essa, ruotando gli occhi spiritati, e d’un botto si alza mentre infila la cicca in quella bocca stortignaccola, pertugio quasi senza labbra.
Speriamo di fare in tempo – dice in fretta, col diavolo al culo e i mutandoni che fanno giacomogiacomo.
Cosí messo, inizia a girare per l’ambiente. Ahi! Per poco non si brucia i sullodati baffi, cosí, bestemmiando fra i denti, spenge il mozzicone sul pavimento ma non si ferma… prosegue il giro d’ispezione, vieppiú nervoso, elettrico. Finché: Eccolo! L’ho trovato! Stava sotto al canapé qui in sala, il vigliacco!
E si calma, ripiazzandosi sulla poltrona rosso pompeiano a ghirigori dorati ellenicoarabi. L’Inno è appena finito e sullo schermo c’è la tesa confusione, tipica degli istanti precedenti alle cause sportive salomoniche; ancora dieci secondi e il primo scarponcino darà l’avvio alla tarantella. Intanto l’oggetto del desiderio appena conquistato da Santonastasio noi lo possiamo proprio vedere in primo piano: È un indispensabbile amuleto, questo! – dice lui compiaciuto, e lo accarezza, se lo strofina al cuore, lo tiene stretto fra le gambe per farlo sentire amato e vezzeggiato, onorato come un pascià. Il bicchierino ne gode, con la sua forma a capitello corinzio: è di purissimo cristallo artigianale e ha sempre accompagnato il padrone nelle sue gite fra grappe bosniache, ivoriane e guatemalteche. Prima apparteneva ai nonni, sappiamo, ed aveva attraversato l’Adriatico per giungere a Siracusa, in casa Santonastasio, a fine Ottocento, provenendo dalla natia Venezia, o meglio Murano. Una minuscola riproduzione a rilievo della Cornucopia, posta sotto il fondo, l’ha reso sin dal battesimo quel che tutt’ora resta: il principe degli antisfiga, o meglio, dice Euterpe, il re degli scudi contro gli jettatori, l’imperatore delle armi che, solo a vederle, fuggono digrignanti e sconfitti i demoni e i triconi, i monatti e gli impestatori vari – depressi impasticcati e mezzemaniche delusi compresi, che dicono ”Eeeh… mi sa che qui si va a perdere… eh sí… eh sí…” mentre hanno lo sgardo cinereo e giallognolo, loro, certo! Hanno l’occhiastro tumefatto che si infilza dritto dritto nei cosciotti degli Zambrotta e dei Cannavaro a fiaccarli e sgambettarli. Maledetti mezzemaniche sabotatori, canterò le lodi del vostro licenziamento, un vicino giorno. Ma il Capitello non ci sta con i menarogna, no, lui vede prevede e provvede.
Provvederai, vero? – dice Euterpe Santonastasio, guardandolo con indicibile amore.
E alza gli occhi.
Alza gli occhi e vede nero dove c’era uno stadio in tripudio adrenalinico.
Nero. Non quarantaquattro scarpe a tacchetti zanniformi e ventidue calzoncini sventolanti in mezzo alle ronzantiparanoiche trombette sudafricane. No. Neronero.
Chiamarlo panico è ridicolo. Questo è annichilimento, a casa Santonastasio. A casa vostra cosa sarebbe, cosa comporterebbe quel buio televisivo al posto della diretta di Italia-Slovacchia? No, non ditemelo. Vi dirò io piuttosto che Euterpe in tre secondi di numero è già al contatore e muove spolette, preme pulsanti, gira manopolacce gialloblú, accende un’Emmessemaild che gli cade ecchissenefrega, con la mancina molla un pugnotto all’aggeggio elettrico e con la destra ne accende un’altra, di cicca, che gli si infila nelle mutande e chissenefrega, se la smorza a schiaffoni e pacche fra il pelo del bassoventre. Che partita, ragazzi!
Ma qui niente si riaccende, i volt e i watt fanno congiura: Complottano… e allora va bene, complottate, su, datevi da fare! – urla il vecchio caramba levando gli occhi al cielo, quasi a ringraziare gli dèi per l’intuizione che lo ha appena colpito. Cosí prende a correre come un giaguaro in crisi d’astinenza da lepri selvatiche: attraversa il corridoio, confligge contro l’erma in gesso di D’Annunzio del povero nonno Ermeneuta e abbatte la porta rosarancio della camera da letto. Entratovi s’infila sotto il materasso del baldacchino e ne scivola come se fosse lubrificato fino al centro – lí tossisce per i fiocchi di polvereliberty che gli fan festa nel gargarozzo, agita le braccia che un elicottero in confronto è un fossile del mesozoico e finalmente vualà: Amo la radio perché libera la gente… – canticchia con il rosso parallelepipedo a batterie fra le mani e intanto scodinzola verso il bordo del letto, si rialza, muove l’interruttore, si avvia verso la sala. Un gracchio sussurra… dei balbettii… frammenti inclassificabili e cacofonie, voci? fffrz… salve ami… frzzzhk… zumpapà!… khrrr… sono le or… tttrrrrzzzh… telefonatec…. bzzzzz. Le pile le ho cambiate il mese scorso – medita Euterpe. Si piazza ancora sulla poltrona di prima cercando la sintonia giusta; ma invece della voce del radiocronista, un crac gli giunge da dietro le spalle. Che c’entra mo’ ‘sto crac… che… che però non viene proprio da dietro le spalle, per niente, viene da… sotto… dal… fondoschiena. Sí, esattamente da… Noooo! La Cornucopia! Alé! Ci beccheremo otto a zero! – e intanto recupera i frammenti del Sacro Bicchierino che lui stesso – lui stesso! – ha violato anzi, che dico, ha ucciso, ucciso, capite!?
Empietà! Blasfemia massima! Vergogna delle vergogne!
Euterpe lancia l’apparecchio balbettante con forza da nevrastenico, senza curarsi di dove vada a spiaccicarsi, purché deceda anch’esso, visto che suicidarsi seduta stante gli sembrerebbe dopotutto mossa eccessiva, nonostante l’atto spregevole – dal suo inverecondo deretano appena compiuto.
E ora?
Ora, una resa su tutto il fronte gli pare cosa ovvia: Mica andrò anche a sentire, io il fascinatore, io la causa della sconfitta, io il maligno, mica andrò dico a sentire la voce del commentatore mentre annuncia Italia zero Slovacchia tre. No. Io sto in pensione dopotutto. E adesso me ‘mbriaco!
Sparsi – con rabbia e rassegnazione fritte assieme nel cuore e nel cervello – i frammenti del fu amuleto (ogni pezzettino di cristallo a splendere chissadove in sala), in un attimo l’ex ufficiale è al mobile-bar. E trascorsi degli ulteriori forse venti minuti, eccolo che dorme steso sulla moquette con la boccia di un plebeissimo brandy accanto – vuota lei, pieno l’altro. E anche il suo giuramento di astemia andato in gita premio sulle nuvole, dopo diversi mesi di fedeltà. Dorme della grossa, sí… lui… privo di sensazioni, simulacro di uomo. Ma il suo ultimo pensiero forse avrà biascicato parole simili a queste: Lo sbaglio iniziale è stato quel giurare di non riempirlo piú di grappa: me la sono voluta, la maledizione.
– Ma che ti saresti voluto, fesso, caruseddu mio!
Ah, sei tu, avo cornacchione… come mai… ti fai vivo dalle tue paludi lassú, tu? Chi t’ha evocato?
– Se venissi solo quando mi chiama un mortale, starei in questa palude eterna pacifico e tranquillo per secoli e secoli, visto il materialismo che gira in terra. No, caruseddu: ho preso io, in prima diciamo persona, l’iniziativa di scendere a trovare il mio pronipotaccio. Sai cosa ho appena finito di fare, Euterpe?
E cosa, dài… lasciami dormire… ah non smammi, stai qui a farti vedere, secco inguastito che sei, con la tunica e la barbetta, gli occhi a razzo… be’, cosa? Un sacrificio in onore di qualche eroe dei tempi tuoi… dimmi e scompari, te ne scongiuro, avo…
– Sei fuori strada, modernuccio mio… no, no, no… io invece ho fatto un incontro che magari ti interesserà, ne son certo. Vuoi vederlo, Euterpe?
E fammelo vedere. Uff. Stavo tanto bene senza sogni fra i corbelli io… dài, allora.
– Bene. Ti saluto. Goditi la visione che ti mando nella capoccia: pronti, partenza, via!
Venere lancia i due candidi dadi privi di numero e dice:
– Dodici! Ho vinto!
– Calma – rimanda Marte al suo fianco, adagiato come tutti sul vermiglio triclinio che poggia sul prato di nuvole (grigie ma luminose). – Adesso ti sistemo io. – E lancia i dadi – Ecco: tredici!
– Tredici – sottolinea Venere – ah, allora qui si bara!
– Tutti noi lo facciamo, che storia… – risponde stancamente Giove. – Ma adesso tocca a me – e butta i dadi in aria con noncuranza.
Passa del tempo, e del tempo… oltre i tempi regolamentari, direbbe Nando Martellini con spirito secolare.
– Ué… – interviene finalmente Mercurio – sono scomparsi… ma… senza i dadi, chi avrà vinto?
– Io al padre Giove non glieli chiedo di sicuro – sussurra al suo orecchio Eolo – mica voglio farmi mandare in esilio laggiú in Sicilia un’altra volta, eh…
– Ah sei stato tu a spingerli dove vuole il Fato, con la forza dei tuoi polmoni? – dice Giunone al Ventoso approfittando del fatto che Giove al momento sembra essersi un tantino assopito.
– Io? Mi siano testimoni gli umani se mai farei una cosa simile solo per far perdere Venere. Umaaaaaniiii! Diiitemi! Ho forse fatto perdere Veeenereee?
In quel momento una baraonda irrompe nelle recchie del Santonastasio, una cosa villana e chissà se olimpica, ma di certo fragorosa, tempestevolissima:
Eccheccè – si chiede il capitano in pensione.
Poi va alla finestra della camera da letto, che dà sulla strada e lo ripete:
Checcè?
Come che c’è… – urla un giovanotto con il Tricolore avvolto intorno alla testa quasi fosse un burq’a – non lo sa, lei, ma dove vive, anzi: vive?
***
Sergio Sozi (Lubiana, 20 – VI – 2010)
Grazie, Sergio… più tardi inserirò i corsivi nei punti giusti…
Intanto mi verrebbe da dire For… It…
Emh… Alè, Nazionale di calcio italiana!
😉
Nessun problema, lo dico io: FORZA ITALIA!!
Nota
Copyright Sergio Sozi 2010, nessun usucapione dello slogan permesso a politici ed affini.
P.S.
Mi raccomando i corsivi e meglio ancora anche il grassetto del titolo. Grazie Massimo.
Ah, l’hai gia’ fatto? Ammazza! Tu sei uno che fa le cose prima di subito, Maugger! Di nuovo grazie mille!
Grazie a Stefania e Sergio per i suggerimenti, li terrò presenti. E grazie a Massimo per i saluti.
Grazie a te, Manu. Poi, se proprio ti andasse, ci sarebbe anche uno scrittore minore vivente chiamato, mi sembra, Sergio Sozi, che avrebbe esordito a livello nazionale con un libro intitolato ”Il maniaco e altri racconti” (V. Casini Editore, Roma 2007). Li’ si presenta per la prima volta la barbuta faccia del capitano Euterpe Santonastasio, che abbiamo qui sopra visto ”in action”…
Salutoni
Sono d’accordo con Barbara sul fatto che i racconti, se ben costruiti, siano dei gioielli. Nella mia vita ho quasi sempre letto romanzi, soprattutto perché me ne hanno sempre regalati, ma quei pochi racconti nei quali mi sono imbattuta mi hanno molto emozionata…ricordo una raccolta di racconti che leggevo quando ero più piccola, scritta a più mani da alcuni noti scrittori per bambini e ragazzi, che s’intitolava “Nuvole a colazione” (in realtà forse due o tre racconti erano spezzoni di romanzi, ma quasi tutti erano, se non ricordo male, racconti), a cui ero e sono ancora molto affezionata. Il romanzo forse è generalmente più amato perché accompagna il lettore per più tempo, per una fetta a volte abbastanza lunga della sua vita (dipende ovviamente dalla lunghezza del romanzo e dal numero di momenti liberi da sfruttare per leggerlo, almeno per me è così!), perché “cattura” il lettore in una trama più articolata e complessa, prolungando così le emozioni che suscita e trasmette…ma il racconto, seppur nella sua brevità, può trasmettere emozioni pari a quelle di un romanzo…poi, ovviamente, ci sono buoni e cattivi racconti, come buoni e cattivi romanzi…
Rinnovo i complimenti per il blog, sempre più ricco di spunti e notizie interessanti!! Mi ripropongo di rispondere presto agli altri post, preparazione degli esami permettendo!
Un abbraccio
Grazie mille a te, Sara…
Un saluto anche a tutti gli altri.
Cara Sara,
purtroppo non conosco quell’antologia ”Nuvole a colazione”, ma mi par bello gia’ il buongiorno, cioe’ il titolo… io invece sono stato formato da cose come Gianburrasca, Pinocchio, il Novellino, il Corriere dei Piccoli, Boccaccio, Verne, Salgari, Calvino, Rodari (”La torta in cielo” lettami da papa’ e poi anche da me) e.. e i poeti… tanti, sin dalla prima elementare: entro i cinque anni di quella magnifica scuola spellana (nel Perugino), la maestra, la grande Sig.ra Gianna De Zuani Paccagnella, mi fece studiare Tagore, Quasimodo, Palazzeschi e altri classici che ora non rammento piu’. Ma questi, pensa Sara, non me li ha ricordati – ora che ho 45 anni – qualche parente o genitore, no! Me li ricordo io! Ce li ho dentro insieme a Malerba e Campanile. Poi… in caduta libera… tutti gli altri…
Ciao, un abbraccio caro e un in bocca al lupo per gli esami e… ricorda: la cultura letteraria e’ quella che ti dara’ SEMPRE la forza piu’ grande di vivere, assieme all’amore per il prossimo. Le difficolta’ te le sgranocchierai in un attimo, Sara, se sarai una amante delle Lettere e delle persone che ti stanno vicine… e dei bambini in primis, ovvio.
“…si faceva i casi suoi, diciamo”
“…i fiocchi di polvereliberty”
“… rabbia e rassegnazione fritte assieme nel cuore e nel cervello”
Grande Sergio!!!
Piaciuta la storiella, Elisa? Speriamo che porti bene alla Nazionale… se no qui mi linciano e mi tocca sparire dalla circolazione per almeno un anno o due. Anche tre, va’…
Salutoni
Sergio
a Sergio: ho messo il tuo libro nella “wish list”, tra i prossimi libri da leggere. Mi incuriosisce.
Un saluto
Onoratissimo, cara Manu. Giuro sulla testa di Berlus… ehm… di tutto il Parlamento che non resterai delusa. In caso non preoccuparti: le fregature fanno parte della vita – ah ah ah!
Abbracci
Sergio
Vi seguo… e dico: lunga vita alla narrazione breve.
Io scrivo racconti, lunghi o corti dipende da quando mi chiama mia moglie per adempiere le faccende di casa. È certo che il racconto sia preferibile al romanzo, che è un racconto che non viene chiuso a causa della moglie dello scrittore che gli ha infilato l’aspirapolvere in mano e gli ha rifilato un calcio nel culo. La tediosità del romanzone che si perde in descrizioni meno belle di quelle che una qualsiasi cartolina mostra a minor prezzo, è imponente, e capace di distinguere, squalificandola, la propensione al credere alle balle insensatamente protratte nel tempo. Il racconto è diverso, poche balle che la fretta di finirla lì decurta dalle valenze inopportune. Il racconto s’imprime nelle memorie, a differenza del romanzo che non è ricordato nemmeno da chi l’ha scritto. Nel romanzo s’intuisce la tragedia dello scrittore che si trascina, penosamente, nel tentativo di ricordarsi da dov’era partito e, soprattutto, dove aveva progettato d’arrivare. Il racconto no, lui ha la dignità di chi rispetta la brevità della vita del lettore. A proposito di brevità della vita sarà meglio che la faccia breve anch’io: non importa romanzo o racconto, tanto il lettore medio non capisce una mazza di entrambi, ma almeno col racconto non ha perso tempo a non accorgersi di essere poco dotato. Fosse stato dotato avrebbe scritto un racconto, non letto un romanzo.
Dopo la spatafiata sopra, per elidere dubbi che sempre sorgono quando s’incontra un genio sconosciuto −e i geni mai si conoscono prima del loro decesso− vi farò leggere qualcosa di mio, o quasi mio, almeno stando al giudizio dei due che l’hanno scritto… s’intitola
DITA
Questa cosa dell’appartenere a un pirla che crede di essere uno scrittore ci fa impazzire dalla gioia. Lui crede di essere padrone assoluto delle sue dita, mentre noi lo compatiamo solidali. Non che sia facile padroneggiare i suoi pensieri, ma se ci si mette d’accordo non è difficile dargli l’impressione di essere lui a scrivere. La manovra è un poco complessa e differente per ognuno di noi, in dipendenza dei legami sinaptici che abbiamo coi dendriti del suo, chiamiamolo pure, cervello. Sono collegamenti incrociati di ardua gestione, se dovessimo agire in dieci, ma per fortuna il cretino usa solo due di noi, io e il mio corrispettivo dell’altra mano, quelli che di solito usa per mandare affanculo il mondo. Non è strano che, per farlo, l’uomo usi il dito medio, proprio quello che, rappresentando la via di mezzo, dovrebbe essere il più equilibrato? Ma non stiamo a sottilizzare sui misteri dei meandri dell’animale di cui siamo una parte più attiva di quanto lui creda, e concentriamoci sul da farsi, ché lo scemo si sta organizzando per scrivere le solite quattro idee rimescolate tra loro con quella che chiama “creatività”. Si tratta, in fondo, di essere più veloci del suo pensiero che, vi assicuriamo, è cosa da niente. La strada che deve fare l’ispirazione, povera in canna che quello si ritrova, per arrivare al risultato finale, è abbastanza lunga da consentirci di anticiparne i funesti effetti. Più o meno funziona così: lui, lo “scrittore creativo”, vive alla cazzo pensando di essere un genio della sopravvivenza, e quando la noia lo ammazza si fionda alla tastiera del Mac, e apre la botola del suo ego. Da lì si accede ai bassifondi dell’anima che dà sulla scala a chiocciola che sprofonda nello spirito. Luogo misterioso anche per due dita intelligenti come noi. Da lì recupera una secchiata di sensazioni che lui chiama, pomposamente, “Intuizioni”, e le riversa nell’androne della coscienza. Quella, disordinata com’è, le raccatta accumulandole nel pensiero che attiva i neuroni i quali, spintonandosi, ci inviano ordini. Ora che questi arrivano noi due abbiamo già iniziato a scrivere altro. Lui all’inizio ci rimane un po’ male, ma poi si convince, essendo suo il corpo, di avere poteri straordinari e ride, meravigliato delle cose che gli consentiamo di leggere. È stupefacente che anche adesso, dopo questa nostra confessione, pensi di essere lui ad averla immaginata…
Caro Vajmax,
raccontino simpaticissimo, il tuo. Anticipato da una difesa – ben piu’ che ”d’ufficio” – del racconto, che inorgoglisce tutti noi novellieri. Grazie!! Tuttavia, a onor del vero, va detto che quando un romanzo riesce (cioe’ quando l’autore riesce a creare una storia lunga ed anche ben armonizzata, coerente e coesa) il romanzo puo’ essere di qualita’ uguale o perfino superiore a quella di un racconto ben riuscito. Oggi, quel che gira come romanzi italiani e’ spesso come dici tu: perdite di tempo allineate per allungare il brodo. D’altronde – esperienza personale di autore – se non fai cosi’, la testolina del lettore medio italiano non ce la fa a capirla, si stanca e molla la lettura a pagina dieci. Io ho due romanzi assolutamente privi di perdite di tempo e proprio per questo non riesco a pubblicarli: fanno riflettere, dicono cose, tante, proprio perche’ sono romanzi. Ma mi sto accorgendo che il livello di attenzione di un lettore medio italiano e’ veramente bassa… equiparabile a quella di un ragazzino e spesso inferiore. E sai perche’? Mica perche’ e’ stupido, ma semplicemente perche’ pensa ad altro, si concentra sulle stronzate elettroniche, tecnologiche, burocratiche, politiche, e quando prende in mano un libro non ha piu’ energia mentale per poter capirlo. Semplice.
Ciao
Sergio
Ciao Sergio, capisco la tua visuale per la posizione dello spuntone di scoraggiamento dal quale osservi il panorama che sta sotto alla montagna della disperazione, ma non ho bisogno di dirti che generalizzare significa dare all’universo la possibilità di spostare il bersaglio mentre si sta premendo il grilletto dell’analisi. La portata intellettiva del lettore medio non è valutabile a causa del fatto che non c’è il lettore medio, sono tutti sotto la media. La colpa non è dell’elettronica −a proposito, io adoro i giochini di corse automobilistiche− e nemmeno della politica anzi, a quest’ultima andrebbe il merito di saper mostrare a che livelli di corruzione e di falsità non si deve arrivare se si vuole essere onorevoli davvero. Siamo tutti legati a un filo, per non dire catena, e il grado di dignità nazionale ha finalmente disossato la verità che biancheggia al sole dell’ipocrisia. La servitù non è più l’attitudine al servizio autorevole, ma si è trasformata nella rassegnazione di chi sta in coda allo sportello del ricatto. Eppure… eppure la speranza non è morta, anche se si sta comportando come quegli animali che, quando capiscono di non avere scampo, fingono di essere cadaveri che non suscitano l’interesse del predatore. Sanno, i deboli, che i forti sono stupidi, almeno quanto i forti non sospettano che i deboli di oggi saranno altrettanto stupidi quando saranno i forti di domani. In questo sgraziato scenario quale dovrebbe essere il ruolo del libro? Nessuno, perché la consapevolezza non è comunicabile. L’unica funzione pregiata dello scrivere sta nel coraggio di farlo, perché questo coraggio è l’unica prova concreta che si dà al lettore che lo sta sfogliando quel libro, di nascosto dal potere che quel testo ha vietato.
Sto tramando di scrivere un libro di storiellette lunghe centouno esatte parole, seguendo il detto di Maometto e la montagna recalcitrante, così che se i lettori non vengono a me io mi piegherò andando porta a porta da loro, con un libro che pesa poco. Ecco un esempio appena scritto, s’intitola
CENTOMILA MILIARDI DI CELLULE
Centomila miliardi di cellule ebbero un’impennata d’orgoglio, simile a un tripudio, per dare modo a un corpo pressoché perfetto di compiere la ragione del suo esserci.
Un’onda tumultuosa di liquidi, come uno tsunami travolgente, stava riscattando la pigrizia di un sonno ristoratore per lanciarsi nell’ignoto di un destino che all’organizzazione cellulare non interessava.
L’indescrivibile potenza dell’urto contrasse le sacche dendritiche in spasmi ansiosi che si ripercossero dal sistema nervoso, teso come un giaguaro, fino all’ultimo anello di una vita che si disponeva al balzo finale. Gli occhi si chiusero d’impeto, e uno sbadiglio che squassò la mascella riportò, finalmente, la calma.
Caro Vajmax,
ti faccio cento miliardi di auguri.
Grazie omonimo, in cambio ti faccio leggere l’ultima cosa che ho scritto, partendo dall’incipit che precede la prima virgola del testo. S’intitola
GRAZIE DISGRAZIE
Tommy non sapeva se fosse un buon segno o l’inizio di una catastrofe, ma attraverso la fessura dei suoi occhi riusciva a vedere una moltitudine di persone in lacrime che lo toccavano, facendosi il segno della croce subito dopo. Non che lui avesse qualcosa da ridire sulla croce, ma gli pareva strano che prima lo toccassero. L’ultima cosa che la sua memoria aveva tatuato sulla propria spalla era un’intensa luce, esplosa proprio mentre stava mandando un messaggio di auguri, col telefonino, non si ricordava più a chi. Certamente a uno di questi che lo stava toccando prima di segnarsi. Stette immobile ancora un poco, nel timore di potersi alzare da quella comoda prospettiva ma, alla fine, si decise ad aprire un occhio. Uno di quelli che lo aveva appena toccato fece un passo indietro e glielo richiuse, come si fosse sentito responsabile di quello strano riflesso della palpebra che si era ritirata. Tommy non fiatò, e gli parve quasi giusto dover tornare al buio appena lasciato. Dopo qualche altro segno della croce si decise e aprì l’altro occhio, che focalizzò zia Teresa, quella zoppa che non moriva mai. Lei lo fissò senza allarmarsi e glielo richiuse con dolcezza. A quel punto Tommy provò ad alzare il capo, ma i muscoli non rispondevano ai comandi pigri che gli aveva inviato. Riprovò ordinandoglielo, ma non accadde niente. Allora aprì tutti e due gli occhi, urlando con lo sguardo al coperchio che stava rimettendolo nel buio pesto del quale non riusciva a liberarsi. Sentì ancora il rumore del trapano che avvitava il suo destino all’oscurità e uno struscio sopra la faccia, che doveva essere la voce di una composizione di rose arrivate a sostituire il cielo che non avrebbe più rivisto. Tutto sommato lì dentro si stava comodi, e l’unica cosa che gli spiaceva stava nel messaggio di auguri che aveva mandato a qualcuno di quegli stronzi lì fuori. Il discorso del prete gli parve persino bello, non fosse stato per quel “Accettalo con te, Signore, come noi lo abbiamo accettato qui, con noi, sulla terra”…
Scrivi bene, Vajmax… muoviti con l’editoria – e preparati a soffrire, perche’ una buona percentuale dei semianalfabeti di cui sopra e’ concentrata propri li’…
proprio li’, pardon per il refuso.
Ma come? Non vengono loro a casa mia? Io se voglio mangiare un salame vado dallo spizzicagnolo in piazza e sono pure costretto a pagarglielo subito. Okkey, il salame è pieno di rantumaglie misteriose e indecifrabili, impastate con conservanti vietati, e queste sono cose che si pagano, non solo subito ma anche col tempo, epperò anche quello che scrivo io ha il veleno dentro ed è indecifrabile…
Ah! Ah! Ah! Questa similitudine salame-letteratura e’ eccellente! Si’: se i Signori Editori hanno fame, si facciano almeno un giro dei ristoranti.. ma il tuo mi sembra una trattoria… una buona trattoria di quelle dalle quali ogni tanto esce qualche cliente a gambe in avanti.
Sai Sergio, ho scoperto una cosa mostruosa che riguarda la misteriosa fonte dalla quale arrivano le maledizioni che noi trasformiamo in sequenze di parole: la sofferenza. Da quando mi avvelenano il terreno che coltivo, mi bruciano gli alberi da frutto con l’acido solforico, mi danneggiano seriamente la macchina agricola e l’auto… da allora io ho una moltitudine di idee tale che devo ringraziare il cielo di non avere il dono della scrittura automatica. Ormai è accertato, c’è un legame diretto tra il Fato avverso e la creatività. Potrebbe addirittura significare che se uno ha culo non sarà mai uno scrittore e, per estensione, se uno scrittore ha successo significa che piace a un sacco di gente poco dotata intellettivamente e quindi, non vale molto. Secondo la mia rivoluzionaria teoria il successo editoriale di uno scrittore non ha bisogno di chiedere alla morte, che lo ha preceduto, le ragioni per cui è stato posticipato.
Be’… pero’ dopotutto – almeno in teoria – sarebbe possibile per uno scrittore vivere dignitosamente vendendo cinquemila copie di ogni libro… ovverosia raggiungendo dritto dritto solo quei lettori raffinati e alfabetizzati che permettono al Paese di stampare anche qualche opera pregevole. Pero’ costui dovrebbe pubblicare un libro all’anno e non farsi depredare dall’editore. La Fama (che Virgilio nell’Eneide vedeva solo sotto l’aspetto negativo di propagatrice di informazioni dannose per la persona in questione) e’ effettivamente nozione da evitare, da saltare a pie’ pari. La scrittura, viceversa, resta una attivita’ molto appagante – come tutte quelle pazzie che richiedono all’uomo-scrittore sofferenza, dolore e amore per farlo vivere con la consapevolezza di vivere dignitosamente. Solo dignitosamente, niente piu’. La dignita’ che hanno i contadini da sempre ma che per un non-agricoltore resta una vera conquista.
P.S.
Che poi sfiga e motivazione all’espressione siano imparentate mi pare pacifico da quando l’uomo ha inventato la scrittura – senza capirla, ma l’ha concepita.
La ragione regale che recinta la libertà d’espressione della creatività, stabilisce anche il confine delle possibilità di comunicazione tra gli esseri. Questo perché ogni individuo gode, perlopiù soffre, della libertà di trovare da sé le risposte essenziali che sono all’interno delle ragioni sufficienti d’essere dell’esistenza. Il centro della libertà relativa che noi tutti viviamo non può contraddire la legge della Libertà totale, intesa come possibilità universale che deve esprimersi, sia nel particolare che nel generale, anche nella vita individuale. È per questo che a nessun essere, al quale sia dato conoscere l’Essenza causale del Mistero, è concesso il diritto di rivelare il Vero essenziale e non relativo. La Verità si difende da sé. Per la stessa ragione nessuno scrittore potrà comunicare, se non attraverso il silenzioso esempio dato dal proprio vivere, la propria verità ad altri, a meno che questa sia semplicemente un’ipotesi, un’idea, un’invenzione individuale. La constatazione che chi sa tace è appropriata solo in questa accezione: che la verità di cui si tratta sia assolutamente Vera. Lo scrittore, quindi, non deve lamentarsi troppo di ciò che non riuscirà a dare in pasto al mondo, per colpa o merito suo, degli editori, o del Fato avverso, ma deve prendersela con se stesso per tutto quello che ha omesso di cesellare, attorno al proprio esistere, con lo scalpello della verità.
Mmmh… discorso piuttosto circolare, questo: uomo-verita’ individuale-verita’ assoluta e generale-verita’ individuale-uomo. Uroboros, no? Serpente che si mangia la coda, come si dice. Il centro del cerchio, pero’, non mi sfugge e lo chiamo Dio.
Il Centro è un punto senza estensione. L’istante è privo di durata. Entrambi sono, nella manifestazione della realtà relativa, i delatori dell’Assoluto. Dall’inconsistenza del punto e dell’istante nascono lo spazio e il tempo che, per noi, hanno consistenza. L’Assoluto che l’uomo chiama Dio riflette Sé stesso nell’esistenza, e riflettendo capovolge. È a causa di questo capovolgimento che la verità è velata, ma l’uomo è figlio della Verità è può vederla, anche se non inventarla. Se provi a tradurla in un’idea tua… già ti sei fregato. Se tenti, quando la vedi, di comunicarla ad altri… sei fregato. L’unica cosa che si può fare è applicarla alla propria vita, se non lo fai… sei fregato.
Discorso chiarissimo, ma purtroppo senza uscita sulla questione estetico-espressiva. L’arte, in tale contesto, cioe’ in questo scenario spazio-temporal-divino, che funzione avrebbe? Quella d’intrattenere intelligentemente e di provocare riflessioni su queste tematiche mi pare l’unica possibile – sic stantibus rebus.
Credo, anche se non sarebbe il mio caso, che la funzione dell’arte non sia relegata al comunicare l’incomunicabile, cosa evidentemente priva di senso, ma debba almeno rendere digesto l’eventuale polpettone che le riesce di servire, se proprio non ce la fa a prepararlo in modo da convincere di essere un arrosto.
Be’… va detto che opere d’arte come la Divina Commedia hanno svolto una funzione molteplice ed illuminante sotto molti aspetti e punti di vista, no?
@ Sergio Sozi e Vajmax
Siete una bella coppia! 😉
Dante, lo si vede bene nella sua opera “Il Convivio”, era un iniziato ai misteri dello Spirito. La stessa Divina Commedia è legata allo scritto di Ib’n Arabi “L’alchimia della felicità”, composto con largo anticipo sulla Commedia e della medesima natura. Ib’n Arabi è stato un Maestro e un metafisico dell’Islam, un Sufi quindi, anche se ogni metafisico, pur essendo collegato all’exoterismo di una delle dottrine monoteiste rivelate, in realtà è universale e al di là di ogni dottrina particolare. Dante era un metafisico a propria volta, e la sua Commedia rappresenta una delle più importanti opere della letteratura di tutti i tempi.
Concordo e sottoscrivo appieno, Vajmax. Aggiungendo, tra le fonti d’ispirazione dantesche, il poema didattico-religioso ”De Jerusalem celesti/De Babilonia civitate infernali” di Giacomino da Verona – sec. XIII.
A tutti:
il mio raccontino (vediate sopra fra commenti) ha portato sfiga alla Nazionale. Ma non mi ritiro in esilio volontario all’estero perche’ ci sono gia’ da dieci anni, eh eh eh…
P.S.
A proposito: sto raccogliendo le mie (ormai numerose) interviste a letterati e aggiungendone altre in vista di un volume unico. Poi cerchero’ un editore. Fra gli intervistati, e’ presente anche un importante novellista per ragazzi e per adulti.