La nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri)“ è dedicata al romanzo Amiche di penna di Marosella Di Francia e Daniela Mastrocinque (Mondadori); un romanzo epistolare che vede come amiche di penna due celebri personaggi letterari: Anna Karénina e Emma Bovary.
Ecco, di seguito, il tandem letterario offerto dalle due autrici (che ringrazio e a cui dò il benvenuto).
In coda al post, un estratto del libro.
* * *
AMICHE DI PENNA: il tandem letterario di Marosella Di Francia e Daniela Mastrocinque
Marosella – Tra i quattro personaggi di Amiche di penna, mi riferisco non solo alle due protagoniste, Anna ed Emma, ma anche a Odette e Rossella che si inseriscono in un secondo momento, a quale ti senti più vicina?
Daniela – Forse a Emma, per il suo essere una sognatrice, per il suo affetto sincero per Anna. Non le perdono però la debolezza per le spese insensate. Oggi potrebbe essere la protagonista di un romanzo come “I love shopping”. E tu a quale ti senti più vicina?
Marosella – Difficile rispondere, perché se ci pensi bene siamo tutte un po’ Emma, quando crede fino in fondo all’amore di Rodolphe che giura che la porterà via con sé, siamo Anna, quando creiamo fantasmi di gelosia, o Rossella, quando per ostinazione e orgoglio diventiamo autolesioniste, e a volte siamo Odette se ci serviamo degli uomini per tornaconto.
Daniela – La nostra è stata una collaborazione ricca di confronti e discussioni, ma poi abbiamo sempre trovato una soluzione su cui eravamo entrambi d’accordo. Dimmi la verità, a romanzo pubblicato, ti sei pentita di essere stata qualche volta troppo accondiscendente?
Marosella – No, perché non sono stata sempre io a cedere, ma spesso anche tu hai messo da parte la tua opinione e sei venuta sulle mie posizioni. E poi, a ben rifletterci, e sono sicura che sei d’accordo con me, non è stata mai la tua o la mia idea a prevalere, ma ne è venuta fuori una terza, nata dalle nostre discussioni, anche molto accese, che ha avuto la meglio e si è rivelata poi quella più giusta.
Daniela – Sì, è vero, anzi vorrei aggiungere che questo dover rendere conto all’altro della propria idea ci ha costretto ad andare più a fondo nei personaggi per poter creare una relazione credibile tra loro.
Marosella – Certo, anche perché non bastava fare incontrare Anna ed Emma, sia pure solo attraverso le lettere, ma bisognava dare una motivazione al comune bisogno di approfondire quella che era iniziata solo come una conoscenza fortuita.
L’infinita solitudine delle due donne si è manifestata così in tutta la sua drammaticità.
Anche tu, come Emma talvolta riempi la solitudine con la lettura?
Daniela – No, riempio la mia vita con la lettura e se lo vuoi sapere “Madame Bovary c’est moi”, in quanto anche io mi faccio influenzare dalle letture.
E’ così che forse da lettrice mi sono trasformata in autrice.
A proposito della lettura, secondo te i giovani oggi possono essere ancora attratti da storie ambientate nell’Ottocento?
Marosella – Penso proprio di sì perché mi sembra di cogliere, in un’epoca in cui il futuro appare quanto mai incerto, un’esigenza diffusa di ricercare indietro nel tempo un mondo facilmente riconoscibile. Penso per esempio al successo di tante serie televisive ambientate nel passato.
Ma adesso, dimmi un’ultima cosa: dopo aver sperimentato già due volte la scrittura a quattro mani, prima nella sceneggiatura “Gli amanti di Parigi” e poi nel romanzo epistolare “Amiche di penna” pensi che potremmo cimentarci in un romanzo di stampo classico?
Daniela – Perché no, dipende da te. Io sono pronta.
* * *
AMICHE DI PENNA: di Marosella Di Francia e Daniela Mastrocinque – (Mondadori)
Un estratto del libro
Venezia, 1° luglio
Gentile signora,
le sembrerà strano ricevere da Venezia una richiesta di corrispondenza da una signora russa che vive a Pietroburgo e parla francese dalla nascita. È già da un mese che sono in viaggio e sono appena giunta in Italia dove il francese – almeno così mi è stato detto – è poco conosciuto, se non addirittura osteggiato, come le altre lingue straniere. A volte – non credete anche voi? – non mettiamo in conto quanto ci si senta spersi lontano dal proprio Paese, dove si usa un’altra lingua e le parole ci dividono dagli altri. E io, anche se sono in un momento felice, anzi felicissimo della mia vita, ho nostalgia della mia lingua materna, la lingua della mia infanzia.
Me ne sono accorta tutto a un tratto, quando una sera un medico francese che risiedeva nel nostro stesso albergo è accorso d’urgenza al capezzale della nostra bambina ma- lata. Quando gli ho chiesto di dov’era, mi ha risposto, parlando con quella inflessione che ben conosco, di essere di Rouen. E ciò mi ha riportato indietro nel tempo, al ricordo della mia infanzia, alla cara Mademoiselle Charlotte, la mia prima istitutrice ormai morta, che era originaria di quelle parti e che con me è stata affettuosa come una madre. Così, d’istinto, gli ho consegnato questa lettera, ora nelle vostre mani, incaricandolo di trovarmi una gentile signora del luogo desiderosa di corrispondere con una sconosciuta di nome Anna Karénina.
* * *
Yonville, 15 dicembre
Cara Anna,
il vostro francese è perfetto. Sì, è vero, qualche termine,
per lo meno dove vivo io, non è più tanto usato, ma il vostro linguaggio mi piace molto, assomiglia a quello dei romanzi. Non so, cara amica, se dipende dalle parole che scegliete o dalle cose che raccontate. Voi dovete essere una donna proprio affascinante. Come vorrei somigliarvi!
Anch’io, come voi, sono madre di una femminuccia. La bambina però non vive qui da noi, è ancora a balia, in campagna.
Quanto alla vostra riluttanza a parlare delle tristi vicende che vi hanno afflitto, vi comprendo bene, ma mi dite che ora siete felice con il vostro… amante, se mi permettete di chiamarlo così. Quindi voi, mi par di capire, avete avuto la forza di abbandonare gli agi e le sicurezze della vostra vita di moglie e madre rispettata da tutti, per affrontare i rischi di una passione che, come vedo, vi riempie l’esistenza.
Scusatemi, non era mia intenzione riportarvi con la mente a momenti che vi hanno fatto soffrire e che forse preferite dimenticare, ma non posso non confessarvi tutta la mia ammirazione per esservi saputa ribellare a quelle regole fisse e immutabili che costringono noi donne all’obbedienza assoluta. Apprezzo il vostro coraggio. Io non lo posseggo e quindi non mi rimane che rifugiarmi nei libri e nelle gran- di storie d’amore solo lette e mai vissute.
Certo la vostra vita adesso deve essere meravigliosa, voi e il vostro conte in giro per l’Italia a visitare quei luoghi bellissimi, e poi i teatri! Come mi piacerebbe vederne qualcuno e magari assistere anche alla rappresentazione di un’opera! È un privilegio che a me non è ancora mai toccato.
A Rouen, la città più vicina al nostro paese, c’è un teatro, ma mio marito, indaffarato com’è, non mi ci ha mai por- tato. In verità sono quasi sicura che sia una scusa, perché penso che a lui l’opera non interessi affatto. L’altro giorno, dopo aver ricevuto la vostra lettera, mi ero talmente calata nello scenario che descrivevate che mi sono immaginata anch’io lì con voi, vestita magnificamente, in un palco, tra quelle luci, quei velluti e quegli stucchi, ed ero così eccitata che sono corsa da mio marito a pregarlo di portarmi al più presto al teatro di Rouen. Lui mi ha risposto in maniera sbrigativa:
«Poi si vedrà, magari il mese prossimo, quando sarò più libero dagli impegni.»
Mi è bastata questa promessa e mi sono subito data da fare: ho ordinato per posta un abito che da tempo avevo adocchiato su “L’Illustration”, un abito di colore verde-nilo con il bustino ricamato di jais, molto di moda ora a Parigi. Bene, forse ho sbagliato, ma appena è arrivato l’ho indossato per un piccolo ricevimento che si teneva a casa del notaio del nostro paese. Non ci crederete, ma la signora Hommais, la moglie del farmacista, quando mi ha vi- sto ha esclamato:
«Ma cara, cosa ti sei messa indosso… quel colore! E poi mi pare corto, ti si vedono le caviglie!»
Era un modello di una grande sartoria che, scusate se appaio prosaica, costava anche un bel po’. Sono stata costretta a tornare a casa per togliermelo, perché poi è sopraggiunto mio marito che, suggestionato dalle affermazioni della signora, mi ha dolcemente consigliato di cambiare abito.
Vedete, anche Bovary, che pure è uno stimato medico, vive bene così, non ha ambizioni. Lui è contento delle sue visite quotidiane nel circondario; non pensa che forse, studiando e sperimentando, potrebbe emergere dal suo anonimato e migliorare così la sua posizione sociale e quindi anche la mia.
Mi dispiace, Anna cara, parlarvi di queste piccole meschinità di un paese di provincia, ma è la mia vita e, per quanto io con la fantasia e l’immaginazione cerchi di evadere, sempre più spesso la realtà riesce ad afferrarmi per i piedi e a riportarmi giù in terra.
Io, comunque, non rinuncio alle mie letture, che sono la mia via di fuga da questo piccolo mondo limitato, e sono contenta che leggerete l’epistolario di cui vi ho parlato. Eloisa vi piacerà, ne sono sicura. È una donna così coraggio- sa e così innamorata che arriva al punto di volere ciò che vuole il suo Abelardo, uniformando completamente la sua volontà a quella dell’amato. Un po’ come voi con il conte quando dite di vedere con i suoi occhi. Questi sentimenti così intensi, così profondi, io, Anna, non li ho mai provati, ma li ho tanto sognati!
Scrivetemi presto, cara, attendo con impazienza le vostre lettere che per me sono come raggi di sole nel grigiore, anzi nel buio della mia esistenza. Con voi sento di poter parlare di tutto, sento di poter squarciare questa specie di velo che mi avvolge, mi opprime, che mi dà la sensazione di imprigionarmi e m’impedisce di essere quello che sono o che per lo meno vorrei essere.
La vostra devota Emma
* * *
Parigi, 7 agosto
Cara Emma,
devo dirvi innanzitutto che sono rimasta sbalordita dal vostro repentino cambiamento.
Sembravate così sicura di voi e della vostra fede in Dio, così lontana e indifferente a quanto vi raccontavo di me e di Parigi che pensavo vi sareste addirittura chiusa in un monastero e io vi avrei persa completamente, amica mia.
Invece, siete tornata quella di sempre e, anche se un po’ disorientata, non posso che rallegrarmene: ho ritrovato la mia Emma.
Ma torniamo a quanto mi scrivete.
Mi fa piacere sentire che vi svagate un po’ e che avete fatto delle nuove conoscenze. Io non ho mai avuto occasione di ascoltare il tenore di cui parlate, anche se mi è noto per fama. So che con la sua voce ha incantato tutte le platee e probabilmente ora che vivrò a Parigi avrò la possibilità di ascoltarlo. Vrónskij, infatti, si sta già muovendo per trovare un buon palco all’Opéra per la prossima stagione.
Quegli americani che avete conosciuto a teatro sembrano persone interessanti e, a dire la verità, anche un po’ originali. Vedete, è il destino che ve li ha fatti incontrare perché ha qualcosa in serbo per voi. Assecondatelo, non lasciate- vi sfuggire quella che potrebbe essere una buona occasione per evadere da quel mondo che trovate così limitato.
Quanto a noi, come potete ben comprendere, siamo molto indaffarati nella ricerca di un appartamento che ci soddisfi. Fino a ora non ne abbiamo trovato nessuno adatto a noi; Vrónskij è molto esigente e respinge qualsiasi proposta ci venga presentata. In verità siamo un po’ delusi, pensavamo che Parigi potesse offrirci di più e invece per il momento abbiamo visitato solo case troppo malridotte. Domani andremo a vedere un appartamento situato a place Vendôme che dicono sia bellissimo.
Per il resto Vrónskij è entusiasta e ha ritrovato il gusto della vita mondana. Siamo infatti ricevuti con grande affabilità in tutti i salotti senza che nessuno faccia caso alla nostra condizione, come ci aveva anticipato l’ambasciatore.
Qualche sera fa siamo andati insieme a Natàl’ja e suo marito a un ricevimento a casa di una mia quasi cugina, la principessa Oriane Guermantes. Disse una volta mio zio: «A un certo livello, tutti sono parenti di tutti».
Mentre salivamo le scale del palazzo, Natàl’ja si è premurata di informarmi che in quel salotto è di rigore essere originali; non manca mai un colpo di scena e bisogna saper- lo, perché altrimenti si rischia di essere tagliati fuori dalla conversazione e di sentirsi fuori posto. Quindi paradossi, allusioni sottili, divertissements per tutta la sera.
La conversazione però si è fatta più seria quando un signore dai capelli rossi, un certo Swann che fino ad allora era rimasto in silenzio a fumare, è tutto a un tratto intervenuto nel discorso e, non so più a che proposito, ha cominciato a parlare di Jan Vermeer, un pittore olandese a me sconosciuto, che lui sta studiando.
Con parole che dimostravano grande cultura e profonda sensibilità ci ha raccontato che Vermeer ha raffigurato di frequente nei suoi quadri donne che ricevono, leggono o scrivono lettere. Ci ha chiesto cosa, secondo noi, avesse spinto l’artista a quel tipo di rappresentazione. Nessuno dei presenti riusciva a dargli una spiegazione che lo soddisfacesse e allora mi sono fatta avanti io. Ho detto che, per quanto mi riguardava, traevo grande piacere dal comunicare attraverso le lettere; anzi, per il loro tramite, riuscivo a dire cose che nel colloquio vis-à-vis non avrei magari mai detto e che quindi la scrittura di una lettera forse era in grado di mettere la persona in un più profondo contatto con se stessa e con qualcosa di altrimenti inconfessabile.
Il signor Swann ha dimostrato di apprezzare molto la mia osservazione e, appena è stato possibile, mi si è avvicinato per continuare la conversazione. Mi è sembrato un uomo raffinato e affascinante che aveva il dono di saper ascoltare. Mi ha detto che sì, forse queste donne di Vermeer rappresentavano il contatto di quel tranquillo e operoso mondo femminile con il mistero.
C’è qualcosa di misterioso, secondo voi Emma, in noi donne? Qualcosa d’inaccessibile forse anche a noi stesse?
Allora anche le lettere che si scrivevano Abelardo ed Eloisa ci dicono e ci svelano profondità inesplorate?
Tutto ciò mi fa paura, ma nello stesso tempo mi affascina.
Ho detto a Swann che stavo leggendo quell’epistolario e lui si è mostrato molto interessato. Mi ha chiesto come mai mi ero avvicinata a una tale lettura e io gli ho spiegato la strana circostanza. Ho poi aggiunto che non sapevo quasi nulla di Abelardo ed Eloisa e mi interrogavo se le lettere fossero autentiche o frutto di fantasia. Allora lui mi ha stupito con questa frase:
«Ma cosa importa, Madame. Forse che le pene d’amore di Didone sono meno vere perché lei non è mai esistita?»
E ciò, devo dire la verità, mi ha colpito tanto che sono rimasta per un po’ in silenzio, come turbata.
Dopo un po’ Swann ha aggiunto:
«Madame, se permettete, vorrei farvi una sorpresa; vorrei mostrarvi qualcosa che sono sicuro vi interesserà. Se avrete la cortesia di dedicarmi un po’ del vostro tempo, domani o un altro giorno, potremmo incontrarci, naturalmente anche con il conte Vrónskij, in boulevard de Ménilmontant. Vi porterò in un posto particolare, molto particolare, e non vi pentirete, sono sicuro, del tempo che mi avrete dedicato.»
Ho acconsentito d’impulso, senza nemmeno chiedere a Vrónskij se voleva accompagnarmi.
Sono molto curiosa, cara Emma. Nella prossima lettera vi racconterò tutto.
La vostra Anna
(Riproduzione riservata)
copyright
© 2016 Mondadori Libri S.p.A., Milano
I edizione settembre 2016
* * *
La scheda del libro
Mentre è in viaggio in Italia con il suo amante Vrónskij, Anna Karénina avvia quasi per caso una corrispondenza con Emma Bovary, una signora francese che abita in provincia. Per sfuggire alla monotonia della propria vita, Emma cerca rifugio nei piaceri della letteratura e quindi non esita a consigliare ad Anna di leggere L’epistolario di Abelardo ed Eloisa, che l’ha conquistata. Anche sulla spinta di questa comune passione, le due donne iniziano a scriversi con assiduità e a scambiarsi racconti, chiacchiere e considerazioni sulle rispettive esistenze, che in parte ricalcano la trama dei romanzi di cui sono protagoniste, in parte la reinterpretano o la reinventano. Mentre la corrispondenza tra Anna ed Emma si fa sempre più intima e disinibita, a una festa in casa Guermantes Anna incontra Charles Swann, che la introduce nei fascinosi ambienti di una Parigi a lei sconosciuta, l’accompagna al Père-Lachaise sulla tomba di Abelardo ed Eloisa, all’atelier di Degas, ai caffè degli impressionisti e soprattutto le presenta la sua amante, la cocotte Odette de Crécy. Nel frattempo, a Rouen, Emma incontra a teatro Rossella O’Hara e Rhett Butler: prigioniera delle sue passioni e ostinata nel desiderio di evadere dal meschino orizzonte borghese, progetta di partire per l’America con la sua nuova ed effervescente amica… Lettera dopo lettera prende dunque forma una galleria di personaggi femminili indimenticabili: donne romantiche, appassionate e sognatrici oppure irrisolte, ciniche, disincantate. Anna ed Emma, specchiandosi l’una nell’altra, mettono a confronto con sempre maggiore intensità le rispettive concezioni dell’amore, si confidano, s’ingannano, s’inseguono, si sfiorano senza mai incontrarsi. Riusciranno a cambiare il proprio destino? Con sapienza e delicatezza, Marosella Di Francia e Daniela Mastrocinque intrecciano i percorsi delle eroine più amate della narrativa ottocentesca, dando vita a un originalissimo “spin-off” di due romanzi di culto
[kml_flashembed movie="https://www.youtube.com/v/VVXtMsN4iNE" width="600" height="338" wmode="transparent" /]
* * *
Marosella Di Francia, napoletana, ha insegnato italiano e storia nelle scuole superiori. Ha pubblicato, insieme a Valerio Caprara, … E ci vediamo sotto alla funicolare (Napoli, Massa editore, 2004). Con Daniela Mastrocinque ha scritto la sceneggiatura Gli amanti di Parigi (Napoli, Esa, 2013) e questo è il loro primo romanzo.
Daniela Mastrocinque, napoletana, ha insegnato italiano e storia nelle scuole superiori. È autrice di racconti comparsi in varie raccolte antologiche, tra cui Caffè ‘ Alla ricerca del tempo perduto. Con Marostella Di Francia ha scritto la sceneggiatura Gli amanti di Parigi (Napoli, Esa, 2013) e questo è il loro primo romanzo.
* * *
© Letteratitudine
LetteratitudineBlog/ LetteratitudineNews/ LetteratitudineRadio/ LetteratitudineVideo