ANNI FELICI, di Daniele Luchetti
con Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Martina Gedeck, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna
Recensione di Ornella Sgroi
“Indubbiamente erano anni felici. Peccato che nessuno di noi se ne fosse accorto”. Certo per un bambino di 10 anni come Dario era complicato capirlo. Testimone silente, insieme al fratellino più piccolo Paolo, della storia della sua famiglia un po’ eccentrica e dell’estate del ‘74. Quella stessa estate iniziata poco dopo il referendum abrogativo del divorzio, rimasto invece in vigore con la vittoria del NO, con una certa preoccupazione del piccolo Dario per le sorti del matrimonio dei propri genitori. Guido e Serena. Ostinato artista d’avanguardia ancora in cerca del proprio talento, lui. Moglie e madre affettuosa, lei, in costante competizione con la passione del marito per l’arte e le modelle.
Anche se Anni felici, il nuovo film di Daniele Luchetti, è raccontato a ritroso dal punto di vista del loro primogenito Dario e dalla sua voce fuori campo (in realtà quella dello stesso regista, che altri non è se non la sua proiezione adulta), sono proprio Guido e Serena a conquistarsi la scena. Dominata dalla bravura e dalla bellezza dei due interpreti, Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti, che attirano in modo magnetico la macchina da presa – e lo sguardo – del regista, attento e partecipe delle emozioni dei due piccoli protagonisti (sorprendenti anche Samuel Garofalo e Niccolò Calvagna, rispettivamente nei panni di Dario e di Paolo) ma irrefrenabilmente attratto dalle dinamiche affettive e personali di questa coppia tutt’altro che ordinaria.
Nel ripercorrere quella che in fondo è la storia “mitica” della sua famiglia (come recitava il titolo provvisorio del film di ispirazione autobiografica), Daniele Luchetti segue infatti Guido e Serena da una distanza molto ravvicinata, con continui primissimi piani per cogliere anche le più impercettibili espressioni dei loro visi, sempre vivi, sempre veri. Affidando a lievi ma efficaci dettagli le loro emozioni più forti e contraddittorie, le loro identità più profonde.
Quanto ci dice la balbuzie appena accennata da Kim Rossi Stuart della fragilità del suo artista, che per reazione ad una madre che lo ha cresciuto sminuendone il talento e le capacità insegue un’idea di arte contro ogni convenzione, per scoprirsi poi incapace di accettare la libertà sessuale conquistata dalla moglie. E quanto ci dice quel “pulviscolo erotico” che circonda Micaela Ramazzotti della inattesa capacità della sua madre e moglie di rompere tutti gli schemi possibili per assecondare la sua attrazione verso un nuovo modo di vivere la propria femminilità accanto ad un’altra donna (l’altrettanto brava Martina Gedeck). Momenti di scoperta che Daniele Luchetti affida a vecchi filmini amatoriali girati dall’incarnazione infantile di se stesso, Dario appunto, e che coincidono anche con la scoperta personale dell’amore per il cinema e del potere rivelatore della cinepresa.
È forse per compensare tanta potenza emotiva ed evocativa che il regista si affida ad un tocco discreto, classico, quasi d’altri tempi. Ma è quasi certamente per trovare la giusta distanza con una storia vissuta in prima persona che Luchetti di distanza finisce con il metterne troppa. Raffreddando il racconto almeno nella prima parte del film che procede senza riuscire mai a portare lo spettatore davvero dentro la storia, distratto anche dall’uso della voce fuori campo che rimanda costantemente all’idea di un passato ormai compiuto. Ciò nonostante, quella di Anni felici è una storia che alla fine conquista, lasciando allo spettatore un’appagante sensazione di bellezza. La bellezza di un caos che trova il suo ordine, dando un senso – seppur nuovo – ad ogni cosa, anche la più imprevedibile.
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Leggi l’introduzione di Massimo Maugeri
Il trailer del film
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