La nuova puntata di Letteratitudine Cinema contiene un pezzo “multiplo” con le recensioni a due belle novità del cinema italiano
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Recensione di Ornella Sgroi
Il mese di aprile ha portato con sé due belle sorprese tutte italiane. Che fanno soffiare aria fresca e vitale sul panorama del cinema nazionale.
La prima è “Veloce come il vento” di Matteo Rovere. Storia di famiglia e di motori, di passione, adrenalina e affetti mancati, persi e ritrovati. Disperatamente. Dietro al volante di una porche, a correre e rischiare in pista, c’è Giulia (Matilde De Angelis), diciassette anni e un grande talento da scoprire e dimostrare, anche per salvare la casa di famiglia ed evitare che il fratellino più piccolo vada in affidamento. Disperata e determinata, al punto da mettere tutto nelle mani del fratello maggiore, Loris (Stefano Accorsi), ex promessa delle corse distrutto dalla tossicodipendenza.
Tratto da una storia vera, il film di Matteo Rovere vola davvero sulla scia del vento. Con un inizio folgorante nel nome di “nostro Signore del sangue che corre nel buio delle vene”. Un’attrice protagonista, la giovane esordiente Matilde De Angelis, che cattura e ipnotizza anche con la voce oltre che con lo sguardo. Una regia e un montaggio “gas e freno” e una colonna sonora che scaraventa lo spettatore in pista. E anche Stefano Accorsi, brutto, sporco e tossico, è convincente con le sue ciabatte che gli scappano dai piedi, mentre insegue fantasmi e incita la sorella minore a non pensare alla curva che ha davanti, ma a quella che ancora non vede.
L’altra bella sorpresa è, in realtà, un atteso ritorno. Quello dell’altrettanto folgorante “Lo chiamavano Jeeg Robot”, primo lungometraggio di Gabriele Mainetti. Dopo 16 candidature ai David di Donatello, in consegna il 18 aprile, torna in sala un film che è già cult e che con originalità ha molto da dire, in fatto di cinema (anche sotto l’aspetto produttivo), in fatto di generi e di emozioni. Il regista Gabriele Mainetti, segnatevi questo cognome, fa esplodere il genere dei supereroi made in Italy – già sperimentato da Gabriele Salvatores con “Il ragazzo invisibile” – mettendo insieme il fumetto classico con la periferia italiana e i suoi tormenti, l’amore per Jeeg Robot con le impronte digitali Marvel e la passione per il cinema con la competenza registica. Costruendosi un’identità tutta sua, forte e coerente. Il risultato è imprevedibile e imperdibile, anche grazie a due attori che fanno a botte da veri fuoriclasse. Claudio Santamaria e un Luca Marinelli eccentrico ed esilarante, assolutamente magnifico. Che ha fatto tesoro di questa sua interpretazione per il ruolo, altrettanto riuscito, in “Non essere cattivo” di Claudio Caligari. Il risultato? È quello che Mainetti chiama “sospensione dell’incredulità”. Anche perché – come dice l’eroina fragile del film, interpretata dall’esordiente Ilenia Pastorelli – «un supereroe con le scarpe di camoscio non s’è mai visto!»
Dal resto del mondo arrivano anche “Mister Chocolat” interpretato dall’amato Omar Sy di “Quasi amici” e “Il cacciatore e la Regina di Ghiaccio” con Chris Hemsworth, Jessica Chastain, Emily Blunt e la golden woman Charlize Theron.
“Mister Chocolat” di Roschdy Zem, nel raccontare la storia vera del primo artista nero nella Francia di fine ottocento al fianco del clown bianco Fotit, non riesce purtroppo ad andare affondo nella storia e meno ancora nel personaggio, mostrando una superficie patinata che manca di empatia. Il film merita, però, per la bella interpretazione malinconica dell’artista James Thierree, omaggio innegabile al nonno Charlie Chaplin.
Anche “Il cacciatore e la regina di ghiaccio” di Cedric Nicolas Troyan non è certo un capolavoro. Ma se si supera la perplessità iniziale sul bisogno di tirare in ballo ancora una volta la povera Biancaneve, che qui peraltro non compare neanche soppiantata dallo Specchio delle mie brame, alla fine dei conti il film funziona, distrae e diverte.
E a proposito di regine e storie (quasi) vere, una visione la merita invece la commedia inglese d’altri tempi “Una notte con la Regina” di Julian Jarrold, ispirato ad un episodio della giovinezza della futura regina Elisabetta, alle prese con l’irrequietezza goffa e adorabile della sorella Margaret. Un tocco di magia romantica alla maniera di “Vacanze romane” in salsa british fa di questa pellicola un film che brilla per eleganza, garbo, ironia. E un pizzico di sarcasmo regale che non guasta mai.
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Leggi l’introduzione di Massimo Maugeri
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