Conosco Antonella Cilento da diversi anni. Di lei ho sempre apprezzato sia il talento letterario, sia l’impegno civile di una vita dedicata ai libri e alla letteratura. Questo impegno rimbalza dalle sue pagine ai corsi di scrittura de La linea scritta, dalle svariate iniziative culturali (come quella di Le strane coppie) alla sua attività svolta in giro per le scuole d’Italia con l’intento di trasmettere agli studenti – talvolta anche ai docenti – l’amore per la lettura e per la scrittura.
Ed è proprio da questa esperienza, dall’incontro con i ragazzi delle scuole, che nasce il volume Asino chi legge, appena pubblicato da Guanda (così come ben spiegato dalla scheda del libro).
“Asino chi legge” si scriveva una volta sui muri delle scuole, per sbeffeggiare un compagno ingenuo o gli adulti noiosi. Un tempo, neanche tanto lontano, avere libri in casa e un figlio laureato era considerato un valore aggiunto, il trionfo per una famiglia in risalita sociale. Da qualche anno, invece, leggere è considerato un errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio. Studiare e leggere, è ormai noto, non ti porterà da nessuna parte, non ti aprirà le porte del mondo del lavoro, non farà di te una persona migliore, tanto vale trovare false scorciatoie.
Questo libro racconta la sfida di portare la letteratura, scritta e letta, in luoghi dove la passione per la pagina non è mai nata o si scontra con difficoltà inenarrabili: a Napoli, in Irpinia, in Trentino, in Sicilia e in altre province d’Italia. Antonella Cilento, perennemente in viaggio fra treni e scuole pubbliche, dove da anni offre servizio come esperto esterno di scrittura creativa, raccoglie storie divertenti, assurde e tristi: dai figli dei capo-clan napoletani ai timidi ragazzi della Nusco di De Mita, ai giovani pakistani di Bolzano, fissando una fotografia disincantata delle ultime generazioni, della percezione dello scrittore nelle scuole, e di un Paese in piena crisi di idee.
I ragazzi e i loro insegnanti sono, insieme ai luoghi, i veri protagonisti, con le pagine che scrivono, le loro vicende e la domanda più grave: cosa stiamo facendo del nostro futuro? Un viaggio alla ricerca di quel che stiamo perdendo o, in certi casi, abbiamo già perso, ma che niente, salvo noi stessi, può impedirci di riconquistare.
Dalla nota, dicevo, si capisce bene il senso di questa importante testimonianza… il cui sottotitolo è “I giovani, i libri, la scrittura”.
Ed è proprio dei giovani, dei libri e della scrittura che vorrei discutere con voi, insieme ad Antonella Cilento… che parteciperà al dibattito (questo post è da considerarsi come una “costola” del forum permanente “Letteratitudine chiama scuola”).
Pongo le solite domande, volte ad avviare la discussione…
1. Nella vostra esperienza, che rapporto hanno i ragazzi con la lettura?
2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio?
3. Se è così… perché si è giunti a questo punto? E di chi è la colpa?
4. Viceversa, perché è importante leggere? Perché è importante saper scrivere? Come lo spieghereste a un ragazzo di oggi?
5. E con quali libri “iniziereste” alla lettura un ragazzo (o una ragazza) delle cosiddette scuole medie inferiori? E a quelli del liceo? Che letture proporreste?
6. Qual è, o quale dovrebbe essere, il ruolo della scuola e del corpo docente per incentivare gli studenti a leggere e a saper scrivere?
Vi sarei grato se poteste far “circolare” questo post, soprattutto tra i giovani e tra le scuole.
Grazie mille in anticipo.
Massimo Maugeri
P.s. Di seguito, l’articolo di Bruno Quaranta pubblicato in prima pagina di Tuttolibri de La Stampa del 23 ottobre… e le prime pagine di “Asino chi legge”
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ASINO CHI LEGGE di Antonella Cilento
da LA STAMPA – Tuttolibri
di BRUNO QUARANTA
Benedetto Croce era solito domandare agli studenti: «Vi indignate? Perché quando non vi indignerete più sarà la fine». Ma come è possibile indignarsi se non si sa né leggere né scrivere, se non si possiede quel bisturi, quella sonda, quel termometro che è l’alfabeto?
Napoletana è Antonella Cilento (nella foto). Un tempo, nell’età deamicisiana riverberatasi fino agli anni Sessanta, sarebbe stata insignita della medaglia d’oro. Da chi? Ma dal ministero della Pubblica Istruzione, tale l’eroica mission che l’autrice di Una lunga notte, fra i romanzi esemplari degli ultimi anni, va rinnovando nelle stagioni. Di scuola in scuola, porgendo il «talismano» che la parola è, letta e scritta, un’«arma scalza», la definisce nel suo febbrile journal Asino chi legge (Guanda, pp. 184, e 16), un’arma felicemente impropria, «per ricordarci della profondità».
Nei banchi, ad attendere Antonella Cilento, «Esperto Esterno di scrittura creativa», sono gli scugnizzi, scugnizzi di ogni ordine e grado, fino all’istituto tecnico, fino al liceo, tra le nostre speranze, in attesa, loro come tutti i ragazzi d’Italia, della parola che montalianamente «squadri», dirozzi, elevi, nomini e legiferi, infine, il caos, sfarinando gli slogan, gli anatemi, gli strafalcioni. Idealmente, hanno come compagno Giulio Bollati, l’Italiano che non esitava a confessare come il pensiero gli si rivelasse solo facendo scorrere la penna sul foglio bianco.
Legite, prima di effettuare la scissione, approdando a «le gite». Avvertiva don Gesualdo Bufalino che la mafia si comincia a vincere nelle classi elementari. Magari imparando, nello sfogliare il vocabolario isolano, che mafioso, in talune lande, come a Comiso, non è il tipo con la lupara, ma un dire galante, un omaggio alla bellezza femminile.
Antonella Cilento, ostinata e Generosa come dev’essere un testimone, sparge quotidianamente le sue rose. L’asino che è in noi diverrà d’oro, diverrà uomo, diverrà cittadino nutrendosene.
fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 23 ottobre
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Le prime pagine di “ASINO CHI LEGGE” (Guanda, 2010)
di Antonella Cilento
È il mese di marzo. C’è sole e non so bene che strada fare per arrivare alla scuola dove ho, nel primo pomeriggio, lezione di scrittura creativa.
È una scuola media, la preside è una professoressa sveglia e piena di iniziative. Il quartiere è uno di quei quartieri di Napoli che, se non ci si abita o si ha una ragione specifica per andarci, è solo un nome, un’immagine degradata che si guarda prendendo la tangenziale o l’autostrada, dai ponti.
In verità, ci passo assai spesso andando ad Avellino in autobus (sempre per via del mio lavoro di scrittrice in trasferta, in qualità di Esperto Esterno di scrittura creativa): l’autobus fa un lungo giro per imboccare l’ingresso dell’autostrada più lontano da via Marina, l’arteria che collega Napoli ai paesi vesuviani, e di conseguenza costeggia il rione Luzzatti.
Il rione Luzzatti porta il nome del primo ministro che emanò in Italia una legge sull’edilizia popolare nel 1903, che prevedeva la costruzione di nuclei abitativi vicino alle zone industriali.
La zona industriale di Napoli, tuttavia, non contiene più alcuna vera industria, solo fantasmi di capannoni, e non c’è più traccia di case del primo Novecento: il rione Luzzatti, edificato alle spalle della Stazione Centrale e, a seguito della costruzione del Centro Direzionale, ancora più arretrato rispetto alla città, ha l’aspetto di un quartiere povero degli anni Settanta.
Dai caseggiati di cemento alti sette o otto piani si vedono le torri giapponesi del Centro Direzionale; fra la sterpaglia e le gomme abbandonate che circondano le palazzine si può godere di una spettacolare vista della collina del Vomero, della Certosa di San Martino e di Castel Sant’Elmo.
In altre parole, non siamo ancora nell’hinterland, ma non siamo più a Napoli, benché prossimi a quei cartelli da Far West che con una striscia obliqua cancellano il confi ne di giurisdizione della città. Scendo alla fermata della metropolitana di Gianturco, che è tutta nuova, ben restaurata, ricca di spazi per negozi che nessuno vuole affittare e che forse, di questo passo, non si affitteranno mai.
I negozianti hanno paura ad aprire rivendite in quella fermata, nonostante le telecamere, nonostante la sorveglianza giorno e notte. Intorno crescono ponti, concessionarie d’auto di lusso, grossisti di ceramica e linee bagno, qualche bar, qualche tabaccaio con ricevitoria del lotto, i supermercati cinesi.
Ogni cosa è molto distante dalle altre. Il tunnel che separa la fermata della metropolitana dalla strada che mi porterà dentro il rione Luzzatti è largo e basso e si attraversa sia in auto sia a piedi. Anche stamane, che c’è sole e alle due del pomeriggio si direbbe che la situazione sia tranquilla, traversare il lungo tunnel mette un po’ d’agitazione. Un cane mi corre incontro. Un tizio allampanato e curvo con la tuta da idraulico scompare nell’ombra. Se subisci un’aggressione qui nessuno ti vedrà e, se anche ti vedessero, nessuno ti verrà, in ogni caso, in aiuto. È come il tunnel di Sogni di Kurosawa, da cui escono fantasmi di battaglioni che credono di essere ancora vivi e rincorrono il loro tenente. Nel film c’è anche un cane, uguale a quello che mi corre incontro, un cane che ringhia con le bombe attaccate alla schiena. Mi passa accanto, poi procedo. Nel rione Luzzatti ci sono grandi vasche pensate come aiuole fiorite in cui crescono erbe male alte almeno un metro.
Nel dedalo di caseggiati e erbe male si passa come attraverso una jungla salgariana, anche se il Sandokan che qui potrebbe apparire non è certo Kabir Bedi. Non si vede un’anima. Chi sta nelle case, dietro le finestre o al riparo delle tende a strisce arancio e blu dei balconi di cemento spellato, si guarda bene dal farsi vedere.
C’è e mi osserva, lo so, e posso anche immaginare facce e vestiti: donne sformate, giovani con la faccia da lupo, bambinetti attaccati alla PlayStation. Echeggiano, nel silenzio irreale, improvvisi allucchi sedati con paccheri a mano piena, la voce del tg regionale, Gigi D’Alessio che canta a squarciagola da una finestra. Devo chiedere a qualcuno dov’è la scuola ma non c’è nessuno.
Le traverse si somigliano, un paio di strade hanno anche lo stesso nome. E poi, di colpo, il caseggiato, in tutto identico agli altri, si lascia distinguere: ha le sbarre alle finestre, è malridotto e circondato da una cancellata carceraria, che dovrebbe contenere alberi e invece racchiude un’indistinta massa verde e gialla. Ecco la mia scuola media. La preside mi ha avvisato: qui non sarà facile. Le ho risposto: in nessuna scuola italiana è mai facile. Sono diciassette anni che entro nelle scuole come Esperto Esterno e, se conto anche gli anni in cui lo facevo non per insegnare scrittura creativa ma per fare laboratori di teatro, in effetti, sono più di venti anni che mi inserisco fra insegnanti e studenti. Sono un cuscinetto, sono la realtà che entra nella scuola, sono l’Autore che improvvisamente si manifesta come Vivo e non come morta biografia di un’antologia.
E faccio tante diverse cose insegnando scrittura: mostro tecniche che la scuola non insegna, risolvo problemi di relazione, riporto i ragazzi alla lettura, suggerisco letture a insegnanti che non leggono o non sanno bene come orizzontarsi fra i libri; a volte, riporto anche ragazzi che hanno abbandonato l’obbligo a scuola. Dalla letteratura alla mediazione, dal laboratorio al problem solving. Una sola cosa di sicuro non faccio: entrare in classe, fare lezione e andarmene.
Quasi sempre il laboratorio produce effetti: sui ragazzi o sui bambini, sugli insegnanti, su di me che partecipo e insieme li guardo. Nell’aula la prof che mi aspetta, la tutor, è molto giovane, bionda, gentile. I ragazzini sono pochi, non più di quindici. Nel corso delle trenta ore diminuiranno e bisognerà redarguire le famiglie per farli venire, bisognerà farli firmare anche se non c’erano, non in ottemperanza agli obblighi di legge, ma per evitare che lo svuotamento del l’aula faccia saltare il PON, ovvero il progetto europeo che finanzia nel Sud Italia, fino al 2013, i laboratori come il mio.
Ci salutiamo, creiamo un’atmosfera informale, le faccette fetentelle sono simpatiche, sono vispe. Ma si vede subito che non sarà facile tenerle ferme in un banco. Che avete letto, che vi piace leggere? Prufissuré, ma qua’ leggere, che palle.
Andate al cinema?
Eh…!
Ma vi piacciono i film?
Sì, i film gli piacciono ma li vedono a casa, sul pc o in televisione. Non sono mai entrati in una sala cinematografica.
Iniziamo a fare gli esercizi di libera scrittura secondo il metodo che ho sviluppato in questi anni: scrivono per cinque minuti senza mai cancellare né rileggere. Per una volta non si vedranno correggere la grammatica, né la sintassi, né la punteggiatura. Sono contenti ma anche strafottenti: prufissuré e quanno maje ce penzammo a ’sti cose?, sghignazza Salvatore, uno magro magro, con la faccia lunga lunga e gli occhi ancora da bambino.
Ci divertiamo, la cosa funziona. Ogni tanto propongo una lettura, la prof mi segue e, nel l’altro modulo, quando sarà lei a ripetere gli esercizi inventandosene di analoghi a quelli che propongo, riesce a replicare piuttosto bene il risultato che ottengo io nell’aula.
Me ne vado dal rione Luzzatti ogni volta verso le cinque e mezzo. Sta facendo buio, il tunnel è sempre meno piacevole da attraversare. Nelle settimane seguenti qualche volta Gianturco è chiusa: si so’ stesi i disoccupati, mi spiega un controllore. Si so’ stesi e chiossà quanne s’aizeno. La metropolitana è bloccata dalla protesta. Un paio di volte chiamo un taxi perché non ci sono autobus, o meglio, una linea che porta alla Stazione Centrale c’è, ma, come dicono le prof, «non si sa quando passa il mezzo».
Le prof uscendo si scortano a vicenda. Qualcuna offre un passaggio alle altre. Una lo offre anche a me. È una prof di Posillipo con la macchina piena di piante che deve reinnestare sul suo balcone.
Hai visto chi tieni in classe?, mi fa. Non so a quale dei ragazzini si riferisca. Quella, Teresa. Ah, Teresa, faccio io. Perché? Che tiene Teresa di speciale? Non lo sai? È la fi glia del capoclan. E mi fa il nome di uno dei clan camorristi più alla moda. Ah, rispondo, e allora? Quella, continua la prof, vive con la nonna: il padre e la madre stanno in carcere. Gente che per il matrimonio fra i due clan – e mi fa il nome del l’altro clan trendy, quello della madre – ha fatto svellere il cancello di una delle chiese più antiche di Napoli.
Siamo bloccate su via Marina, grande traffico di pendolari.
E com’è Teresa?, chiedo. A me sembra tranquilla. Sì, ed è pure intelligente. Si vede che è la figlia di uno importante. Guardo la prof di Posillipo che un po’ ammicca e un po’ sorride. Ci crede davvero che il padre di Teresa si possa ritenere uno «importante»?
E poi c’è quel l’altro, mi fa, Enzino.
Sì, Enzino ce l’ho presente, è uno dei più piccoli, hanno tutti fra gli undici e i tredici. Enzino ha problemi molto seri di alfabetizzazione, più degli altri. Ovviamente questa è una scuola media dove si sta insegnando ancora l’italiano della scuola primaria, come si dice oggi, insomma l’italiano delle scuole elementari.
E Enzino che tiene di speciale?, chiedo. È il figlio di uno dei sottoposti del clan di Teresa. Ah.
Tu guardali bene, mi fa la prof, e vedrai che si relazionano fra loro come si relazionano le loro famiglie: lei è intelligente e comanda e lui è fesso e obbedisce.
Ho capito. Comunque, aggiunge la prof mentre siamo in vista di Santa Lucia, a scuola di camorra non si può parlare. Il capo vero del clan, la nonna di Teresa, ha stabilito le regole e noi ci adattiamo, per buona educazione. Una convivenza pacifica, hai capito? Ho capito, non si nomina la camorra.
Ma tanto voi vi occupate di scrittura, fate cose creative, dice la prof.
Sì, sì, confermo. Ringrazio del passaggio e scendo dall’auto.
Qualche settimana dopo siamo arrivati a spiegare cos’è un punto di vista narrativo: i ragazzini ora, chi in un modo chi nel l’altro, sono catturati. Scrivono in abbondanza, inventano storie. Qualcuno mi dice anche che ha un romanzo nel cassetto. Undici pagine, insiste. Caspita, poi mi fai leggere?, sorrido e vado avanti.
Assegno un esercizio ambientato nel circo, dove ognuno pesca un diverso punto di vista. Ci sono personaggi, oggetti, animali. Chi è il trapezista, chi il nano, chi la donna cannone (profissuré, ma che d’è ’sta donna cannone?), chi il contorsionista o la tigre o la rete. Solo durante la rilettura realizzo che Teresa ha pescato il punto di vista del coltello. Ascolto molto attentamente. Teresa legge spedita: questa volta non ci sono grandi incertezze nel suo italiano, le frasi sembrano uscite da una mente adulta.
È la storia di un coltello che da giovane faceva parte della posateria di un ristorante. Poi il ristorante era stato chiuso e il coltello era stato acquistato da un lanciatore di coltelli di un circo. Il coltello vede quel che accade ma non precisamente – in fondo è solo un coltello – e così un giorno si rende conto di essere stato sottratto per perpetrare un omicidio. Macchiato di sangue, con ancora l’impronta dell’assassino sul manico, è l’unico testimone in grado di incastrare il colpevole. È con un’accurata serie di coincidenze che il coltello riesce a far sapere alla polizia la verità e a smascherare il colpevole.
Dopo la lettura la classe applaude. Teresa è stata bravissima. E questo, che ho appena sentito, è il punto di vista di coltello più legalista che io abbia ascoltato in diciassette anni di laboratori nelle scuole. Le prof si danno di gomito: per loro è strano che Teresa abbia scritto così bene. Hai visto?, mi chiedono a bassa voce. Ma allora funziona, aggiungono ammirate. Teresa ci guarda impettita. Penso a lei, alla figlia del capoclan, che ha un così alto senso della giustizia anche se nessuno glielo riconosce, per tutto il tempo che impiego a tornare a casa, quasi due ore.
Il mercoledì seguente, Enzino, il figlio del sottoposto del clan, ha un dubbio grammaticale. Prufissuré, prufissuré, sotto con quante tì? Enzino, secondo te, quante ce ne vogliono? La classe bisbiglia. Una o due?, insisto.
La classe ormai mormora sonoramente: dueee, Enzì, dueee…
E Enzino, sia pure dubitoso, accoglie il suggerimento. Due…?, mi chiede. E sì. Perché se ce ne fosse una come suonerebbe « sotto »? Il coro in sordina riprende: sòtooooo, Enzì, sòtoooo… Salvatore, il ragazzino lungo lungo con gli occhi da bambino che è accanto alla cattedra, al mio fi anco, ha un’improvvisa, inaspettata ispirazione: Ah…! Sotoacèto…!
Tutti ridono e da quel momento Salvatore non si chiama più Salvatore ma Sotoacèto.
© 2010 Ugo Guanda Editore S.p.A.
Tratto dal libro di Antonella Cilento, Asino chi legge – Guanda – pp. 186, euro 16
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AGGIORNAMENTO DEL 14 NOVEMBRE 2010
LA SCRITTURA SCALZA di Antonella Cilento
La scrittura entra nelle scuole scalza perché nessuno crede di doverle mettere le scarpe, di aprire strade o stendere tappeti. Tutti ne parlano, nessuno la conosce e, come una parente lontana e impresentabile, la si cita, le si favoleggia intorno, la si invita a cena per convenzione sperando sempre che per un caso o per indisposizione non si presenti e diserti il desco.
Il problema è che, come i pesci, le parole fuggono, non vogliono essere pescate. Fanno il gioco di sempre, luccicano nell’acqua, fanno scorrere il loro meraviglioso corpo nel fluido, come le balene di Rosa Montero ne “La pazza di casa”, e ci promettono invenzioni che ci sfuggiranno.
Allo stesso modo la memoria, come scrive Iosif Brodskij in “Fuga da Bisanzio”, provoca vertigini, suggerisce speranze agli scrittori che tentano il mestiere di pescatori del passato.
La memoria è evoluzione, è la coda che i secoli ci hanno tolto. Raccogli pure i pesci, scrive Brodskij, raggranella parole e pezzi del passato, ma, una volta messi nella rete, senz’acqua i pesci muoiono.
Scrive Jennifer, quinta ginnasio a Napoli, sull’ascolto di Sting, che vuole volare e volare, cadere e riprendere a volare. L’importante, dice, è non cadere « in questo mare di pesci di tutti uguali ».
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Per chi avesse il dubbio (eterno solo in Italia) che la scrittura non preveda insegnamento, è forse opportuno rileggersi quest’estratto di lettera di Francesco De Sanctis, il padre della storia letteraria italiana, indirizzata a una giovanissima aspirante scrittrice napoletana, Grazia Mancini, esule con la famiglia a Torino in pieno Risorgimento:
« Ho letto i tuoi versi. L’insieme non cammina, essendo una cucitura di pensieri differenti, che si presentano, quando uno li cerca apposta, ma non sorgono tutt’in una volta spontaneamente. Le due prime strofe sono naturali, semplici, con versi facili; le altre due sono poco felici.
Veggo con piacere che intendi la struttura del verso; è già una gran diffi coltà superata. Continua, ma esprimi i tuoi sentimenti, che quando il cuore è pieno, sgorgano in copia e naturalmente. A che pro, mi domandi? Un’anima nobile scrive non per aver fama e onori; scrive per dovere, per esercitare le sue facoltà; scrive per bisogno, per dare uscita alle sue forze rigogliose ».
Insegnavano scrittura il marchese Basilio Puoti, Francesco De Sanctis, Luigi Settembrini e molti altri, nella convinzione che chi non sa leggere con profondità e essere padrone della scrittura in ogni sua forma non sarà mai libero e che la punteggiatura, i congiuntivi e i condizionali fanno i cittadini di una nazione.
© 2010 Ugo Guanda Editore S.p.A.
Tratto dal libro di Antonella Cilento, Asino chi legge – Guanda – pp. 57-58, euro 16
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Antonella Cilento (Napoli, 1970) scrive e insegna scrittura creativa. Ha pubblicato Il cielo capovolto (Avagliano, 2000), Non è il Paradiso (Sironi, 2003), Napoli sul mare luccica (Laterza, 2006), Nessun sogno finisce (Giannino Stoppani, 2007, Premio Giulitto). Collabora con Il Mattino, L’Indice dei libri del mese e il Corriere della Sera. Ha fondato nel 1993 a Napoli il Laboratorio di Scrittura Creativa Lalineascritta (www.lalineascritta.it) e tiene corsi di scrittura in tutta Italia. Ha realizzato per RAI RadioTre i racconti radiofonici Voci dal silenzio, è stata segnalata al Premio Calvino 1997, ha vinto il Premio Tondelli con la sua tesi di laurea. Ha scritto numerosi testi per il teatro e cortometraggi per Mario Martone e Sandro Dionisio. Con Una lunga notte (2002) ha vinto il Premio Fiesole e il Premio Viadana.
Ecco un nuovo post che invito a seguire con molta attenzione, giacché lo reputo molto importante.
Be’… oltre che seguirlo vi chiedo anche di partecipare alla discussione.
Parleremo di libri, di lettura, di scrittura, di giovani, di scuola, di docenti e discenti…
L’occasione ce la fornisce questo nuovo ottimo libro di Antonella Cilento.
Il titolo (provocatorio) è “Asino chi legge”. L’editore è Guanda.
Come ho scritto sul post, conosco Antonella Cilento da diversi anni. Di lei ho sempre apprezzato sia il talento letterario, sia l’impegno civile di una vita dedicata ai libri e alla letteratura.
Di questo impegno, dell’amore per la lettura e per la scrittura… e della fiducia nei giovani (nonostante tutto) sono impregnate le pagine di questo libro (nato proprio dall’esperienza dell’incontro con ragazzi e docenti di varie scuole sparse per il Paese).
Riporto anche qui la scheda del libro.
“Asino chi legge” si scriveva una volta sui muri delle scuole, per sbeffeggiare un compagno ingenuo o gli adulti noiosi. Un tempo, neanche tanto lontano, avere libri in casa e un figlio laureato era considerato un valore aggiunto, il trionfo per una famiglia in risalita sociale. Da qualche anno, invece, leggere è considerato un errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio. Studiare e leggere, è ormai noto, non ti porterà da nessuna parte, non ti aprirà le porte del mondo del lavoro, non farà di te una persona migliore, tanto vale trovare false scorciatoie.
Questo libro racconta la sfida di portare la letteratura, scritta e letta, in luoghi dove la passione per la pagina non è mai nata o si scontra con difficoltà inenarrabili: a Napoli, in Irpinia, in Trentino, in Sicilia e in altre province d’Italia. Antonella Cilento, perennemente in viaggio fra treni e scuole pubbliche, dove da anni offre servizio come esperto esterno di scrittura creativa, raccoglie storie divertenti, assurde e tristi: dai figli dei capo-clan napoletani ai timidi ragazzi della Nusco di De Mita, ai giovani pakistani di Bolzano, fissando una fotografia disincantata delle ultime generazioni, della percezione dello scrittore nelle scuole, e di un Paese in piena crisi di idee.
Dalla nota, dicevo, si capisce bene il senso di questa importante testimonianza… il cui sottotitolo è “I giovani, i libri, la scrittura”.
Ed è proprio dei giovani, dei libri e della scrittura che vorrei discutere con voi, insieme ad Antonella Cilento… che parteciperà al dibattito (questo post è da considerarsi come una “costola” del forum permanente “Letteratitudine chiama scuola”).
Pongo le solite domande, volte ad avviare la discussione…
1. Nella vostra esperienza, che rapporto hanno i ragazzi con la lettura?
2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio?
3. Se è così… perché si è giunti a questo punto? E di chi è la colpa?
4. Viceversa, perché è importante leggere? Perché è importante saper scrivere? Come lo spieghereste a un ragazzo di oggi?
5. E con quali libri “iniziereste” alla lettura un ragazzo (o una ragazza) delle cosiddette scuole medie inferiori? E a quelli del liceo? Che letture proporreste?
6. Qual è, o quale dovrebbe essere, il ruolo della scuola e del corpo docente per incentivare gli studenti a leggere e a saper scrivere?
Come ho scritto sul post, vi sarei grato se poteste far “circolare” questo post… soprattutto tra i giovani e tra le scuole.
Grazie mille in anticipo.
Ovviamente vi invito anche (e soprattutto) a porre domande a Antonella Cilento (sul libro e sulla sua esperienza).
Sul post, l’articolo di Bruno Quaranta pubblicato in prima pagina di Tuttolibri de La Stampa del 23 ottobre… e le prime pagine di “Asino chi legge”
Ringrazio Antonella Cilento e la Guanda per aver messo a disposizione di Letteratitudine il primo capitolo del libro.
Auguro a tutti voi la buonanotte e un ottimo martedì mattina.
Complimenti a Antonella Cilento per l’attività lodevole che svolge. Ce ne vorrebbero 100 di Antonelle Cilento in questo paese.
1. Nella vostra esperienza, che rapporto hanno i ragazzi con la lettura?
Non ho un’esperienza diretta, non avendo per casa ragazzi, ma mi baso sui figli di amici e conoscenti. Mi sembra che oggi leggano molto meno di una volta, distolti da televisione, internet e playstation.
2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio?
Sì, così viene considerata oggi la lettura e del resto il crescente numero di analfabetizzati lo dimostra.
3. Se è così… perché si è giunti a questo punto? E di chi è la colpa?
Dei genitori, di noi che non siamo capaci di sensibilizzare i giovani, di noi che per strada abbiamo perso i buoni propositi.
4. Viceversa, perché è importante leggere? Perché è importante saper scrivere? Come lo spieghereste a un ragazzo di oggi?
Leggere vuol dire conoscere, leggere vuol dire formare una coscienza critica, formare una coscienza critica vuol dire crescere e crescere significa consolidare e difendere la libertà.
5. E con quali libri “iniziereste” alla lettura un ragazzo (o una ragazza) delle cosiddette scuole medie inferiori? E a quelli del liceo? Che letture proporreste?
Per le scuole medie inferiori partirei da “Robinson Crusoe”.
Per il liceo c’è l’imbarazzo della scelta, ma appare indispensabile la conoscenza dei grandi classici greci e latini (Omero, Virgilio, ecc.).
6. Qual è, o quale dovrebbe essere, il ruolo della scuola e del corpo docente per incentivare gli studenti a leggere e a saper scrivere?
Se i genitori non fanno un passo indietro, non recuperano quei valori persi per strada, la scuola non può fare nulla, perchè non può mai sostituirsi alla famiglia, ma solo integrarla.
Complimenti ad Antonella Cilento anche da parte mia.
sto iniziando a leggere questo libro da un paio di giorni. si intuisce già dalle prime pagine che è un libro davvero importante.
concordo con Quaranta quando dice ‘Un tempo, nell’età deamicisiana riverberatasi fino agli anni Sessanta, sarebbe stata insignita della medaglia d’oro. Da chi? Ma dal ministero della Pubblica Istruzione’
ovviamente sui disastri del ministero della Pubblica Istruzione di oggi si potrebbe scrivere un libro a parte.
Carissima Antonella,
questo saggio è più che una rassegna di esperienze, è una discesa nel cuore della contemporaneità, un dolente avvistamento di ciò che siamo, regione per regione, confine dopo confine, barriera dopo barriera.
Non è un caso che dopo questa apertura sbarazzina e incantevole, fatta di doppie saltate, di coltelli che prendono vita, di impensabili aneliti di giustizia in cuori che penseremmo già forgiati dall’illegalità, tu passi a nord, a Bolzano, dove al chiassoso movimento di Napoli, fa da contrappeso uno strano silenzio, alunni educati cui basta un cenno dell’impassible prof. per assestarsi in pose rigide, immobili.
Tutti senza distinzione paiono austeri, persino i pakistani, i magrebini, i russi o i sudamericani mescolatisi alle lezioni in tedesco e alle vette innevate delle Dolomiti.
Ma le ferite sono altre. Gli urli spaesati sono di chi ha genitori assenti e reagisce con aggressività e apparente sfrontatezza, o di chi rimane imbrigliato in regole che soffocano la fantasia.
Se a Napoli i bambini scalpitano con le gambe, con le mani e con gli sguardi, qui lo fanno coi silenzi e con malesseri senza nome, con idee ossute, ridotte a lische, tanto è stata ammansita la capacità di immaginare.
E concludi amaramente, cara Antonella: “Se ogni volta che entro in una scuola napoletana mi sorprendo a desiderare silenzio, ordine, organizzazione, qui mi accorgo che l’ordine, il silenzio e l’organizzazione
non mancano, eppure non sono la formula della felicità: se scrivere è specchio della nostra mobilità di pensiero, della nostra maturità come cittadini responsabili, se signifi ca avere immaginazione, compassione e capacità di immedesimazione nell’altro, la scuola italiana tutto questo
lo sta dimenticando….”
Mia cara, ti leggo con commozione, e vedo in questo saggio una potentissima e sacrosanta denuncia sociale, quella benedetta capacità di indignarsi che è il segno di un’anima vigile, desiderosa di pienezza, che non si addormenta.
Brava. Bravissima.
Vuoi parlarci ancora di questi tuoi piccoli allievi? Hai avuto la possibilità di seguire alcune di queste scuole per più anni?
E, in questo caso, hai notato dei cambiamenti?
Un bacio grandissimo. Vieni presto a trovarci.
Gentile signora Cilento,
con enorme godimento ho letto il suo libro. E l’ho fatto con duplice, triplice, sguardo. Come vecchio insegnante di letteratura, latino e greco ormai in pensione. Come lettore innamorato e vorace. Ma soprattutto come appassionato educatore, come inguaribile sostenitore del mondo dei ragazzi.
La sua analisi è lucidissima e da essa emerge bene che la radice di questi ragazzi disorientati, senza storie da leggere e raccontare, senza immaginazione – a volte – e senza vera fame di sogni, siamo noi.
Noi genitori, noi insegnanti, noi quando dimentichiamo che l’anima ha sete di sguardi, noi quando trascuriamo il tempo condiviso, e quindi anche il tempo della narrazione.
Carissima Antonella, non crede che anche l’esiguità dei tempi da dedicare alla famiglia, o la poca voglia di spenderli davvero con i nostri figli, impediscano prima di tutto a noi di raccontarci?
E’ vero, questi ragazzi non leggono, non sanno che la narrazione è (come dice benissimo lei) trasformazione, ma forse è perchè noi non raccontiamo più loro quello che siamo stati, la vita che facevamo, i sogni che avevamo. Io da piccolo stavo ore ad ascoltare i racconti di mia madre, ed è per questo che ero affamato di storie. Perchè finite le sue, esauritosi il bagaglio, avevo bisogno di cercare altro.
L’immaginazione non è solo una caratteristica innata dell’anima. Va fatta girare come una trottola con l’emozione, va fatta sperimentare e amare, va – soprattuto – insegnata come qualità dello sguardo, come capacità di saper posare gli occhi e il cuore su ciò che agli altri sembra banale.
E’ così che si diventa lettori, sognatori, portatori di “senso”.
Facendo germogliare la fantasia.
Io ai miei alunni insegnai un metodo forse un po’ casalingo ma efficace per amare la lettura. Dissi loro di cambiare finale ad ogni storia con una loro esperienza, di trovarsi nelle narrazioni degli altri.
I ragazzi erano quindi “costretti” a leggere il libro fino alla fine per ribaltarne il senso, ma non se ne accorgevano neanche più.
Ne uscirono epiloghi sconvolgenti, confessioni , segrete rivelazioni. Come quella di un mio allievo che alla fine di “Ernesto” di Umberto Saba, ebbe il coraggio di confidare alla classe la sua omosessualità, il suo dolore nel vedersi rifiutato dalla famiglia, il terrore di vivere quella dissociazione anche tra coetanei.
Questo metodo mi ha regalato allievi più consapevoli, più pietosi gli uni con gli altri, più fragili, anche.
Ma quando vengono a trovarmi, ancora oggi, con il loro carico di dolori o speranze, con lutti o gioie, figli sani e figli malati, famiglie ferite o rimarginate, vedo comunque innanzi a me il segno delle storie che ho raccontato. La vitalità nel volerle ancora narrare ad altri.
Non per un lieto fine, purtroppo. O almeno, non sempre. Ma per la semplice consapevolezza di sentirsi partecipi del destino dell’altro, narrando. Per definirsi non solo “uomini”, ma “umanità”.
I miei più accesi complimenti, quindi, carissima signora Cilento.
Abbia i più affezionati omaggi dal suo
Professor Emilio
Carissima Antonella Cilento,
mi fa piacere leggere, una volta tanto, questa bellissima verità: che la scrittura, si deve insegnare. Che lo scrittore non è l’invasato colpito dall’alto dal fulmine dell’ispirazione. Che quell’ispirazione rimane vuota se non affina le armi attraverso la lettura, attraverso una riflessione emotiva ma anche formale, se non costruisce una struttura da dare ai pensieri. Non perchè lo strumento supplisca al significato, all’emozione (che, anzi, deve precedere sempre lo sforzo creativo). Ma perchè l’una trae forza dall’altra in uno scambio misterioso e comunicante. Non trova?
Il suo saggio è sulla mia scrivania e mi piace riportare questa frase :”Insegnavano scrittura il marchese Basilio Puoti, Francesco De Sanctis, Luigi Settembrini e molti altri, nella convinzione che chi non sa leggere con profondità e essere padrone della scrittura in ogni sua forma non sarà mai libero e che la punteggiatura, i congiuntivi e i condizionali fanno i cittadini di una nazione”.
Approvo.
antonella, mi piaci molto quando nel tuo saggio dici che per scrivere si fa fatica, che bisogna lavorare sul testo,su idee, lingua, cesello. mi piace quando dici che ci vuole “labor limae” . mi piaci quando ti poni il problema del “punto di vista” e mi prospetti un’ottica non scontata, non banale, non addormentata.
ma allora, mi dico, la letteratura esiste ancora, esiste anche chi si interroga, chi non è avviluppato da questo torpore o da questa frenesia da veline che si fingono intellettuali e da intellettuali che si fingono veline.
sollievo:forse non siamo ancora messi così male.
brava antonella cilento. mi è piaciuto un capitolo del tuo saggio in cui racconti di un esercizio fatto fare ad alcuni studenti. scrivere del circo, attraverso un punto di vista. tu avevi scritto su bigliettini lo spunto e ad una tua allieva capitò (come punto di vista dal quale narrare) la rete del trapezzista. e lei scrisse di una storia d’amore impossibile tra il trapezzista e la rete,un amore impossibile perchè lui amava la ballerina. e allora la rete, che pure lo accoglieva dai suoi voli, che pure lo stringeva in un abbraccio sensualissimo, carezzante, iniziò ad allargare poco a poco i nodi, ad allentare la presa, fino alla sera in cui lui cadde in uno schianto finale. mortale.
bel modo per raccontare quel magma di bene e male che siamo anche quando amiamo.
mi parli di altri punti di vista fatti vivere ai tuoi allievi? usi spesso questo metodo dei bigliettini?
Ho letto il libro e mi è piaciuto molto, e mi sono precipitata a congratularmi con Antonella. Sono insegnante di lettere in un liceo scientifico…vogliamo dire la verità? Quanto tempo a scuola si può dedicare a scrivere? IO dedico, dalle mie 4 ore curricolari, un’ora alla scrittura: creativa, rielaborativa dai libri che leggiamo, dagli articoli dei giornali… ma il programma che dovrei seguire pretende che io faccia altro. I libri scolastici adottati/disponibili sulla piazza mi sfiniscono con schemi sul testo argomentativo, sul saggio breve (???), su protocolli assurdi di scrittura funzionale, sui promessi sposi: descrivi il tale, descrivi il tal altro. Io procedo per la mia strada, per me scrivere dovrebbe rappresentare il 50% del lavoro scolastico e non. E scrivere crativo, originale, libero, spensierato ma anche no, e leggere in aula, davanti a tutti, responsabili di quello che si è scritto e pensato. Purtoppo non è che abbia incontrato schiere di insegnanti che la pensano come me. Se non ci crediamo noi, chi ci deve credere? E’ solo colpa dei ragazzi?
Ah, dimenticavo. Farò una pubblicità sfrenata a scuola. Cartelloni, comizi… E se appena posso vengo venerdì a salutarti a Parma.
“…insomma quando si saranno accorti che la solitudine che provano è stata provata da milioni di persone prima di loro e che la vita vale la pena di essere vissuta proprio per questo, perchè non siamo soli e i libri lo dicono.” ( bellissimo! I libri lo dicono!)
Un salutone, Antonella!
Maria
Carissima Antonella,
torno a te per sottolineare un altro passo del tuo bellissimo saggio, che ho letto a sorsate. Necessarie.
C’è un momento, infatti, in cui proponi “La morte di Ivan Il’ič” di Tolstoj, e sondi, tra i ragazzi, la necessità di scongiurare l’argomento morte non parlandone o esorcizzandola, rendendola forse evanescente, riservata ad altri.
Credo sia un atteggiamento che risente dell’impostazione che l’intera società dà alla vita, come attimo eternato nella gioventù, nell’opulenza, nell’iperattivismo. Un attimo che non si scontra mai con l’idea di precarietà, di fine, e – quindi – di ascolto. Di riflessione.
Nel tuo libro scrivi giustamente che i nostri ragazzi non sanno mantenere l’attenzione senza avvertire la necessità di spezzarla, di scaraventare contro di essa gesti, ansiose ricerche al cellulare, sprazzi indomiti e selvaggi di vitalità.
E’ vero. Non parliamo mai della morte e non accettiamo la noia, cara Antonella. A volte mio figlio me lo dice:”mamma, mi annoio, e ora che faccio?”
Io lascio che si annoi, trovo che sia un modo meraviglioso per darsi da fare a cercare da solo una strada.
Dopo un po’ entro in cameretta e lo trovo a spulciare tra vecchi giochi, a sondare cassetti, a riaprire libri dimenticati. Si è rassegnato a trovarsi un tempo.
Benedetta noia dell’infanzia, mi dico, e benedetti i miei genitori che non si affannavano mai a riempire i miei spazi. Se non fosse stato per loro sarei forse accorsa con preoccupazione alle richieste di mio figlio, senza sapere invece quanto sia importante trovare da soli il modo di ascoltarsi.
Cara Antonella, non pensi che quest’ansia di fare, di riempire con cose e impegni il tempo ci impedisca anche di misurarci con noi stessi, con la nostra capacità di inventarci, finanche di misuraci con la nostra dimensione umana?
Un bacio
Carissima Antonella,
volevo solo dirle che anche io, come lei racconta nel suo saggio, ho letto in classe Malamud e quel bellissimo racconto in cui Albert Gans, che ha il padre in ospedale moribondo, si lascia tentare dalla promessa di un rabbino: costruire una costosa corona d’argento per riavere indietro la salute del padre.
Albert non si fida, è un razionale. Tuttavia tenta: lo convince la favolosa apparizione della corona in casa del rabbino, che vive con una figlia handicappata in una casa umilissima. Albert paga la corona in dollari d’argento. Ma ha un dubbio: che sia stato truffato? In effetti è così. Il rabbino e la figlia hanno speso i soldi per sè. Allora li maledice. Nella furia, al rabbino che lo implora di smetterla o farà del male a suo padre e che gli continua a chiedere: ma gli vuoi bene?, Albert confessa: io odio mio padre, voglio che muoia! E il padre muore.
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Ecco , lei – cara Antonella – utilizza questo racconto come caratteristico dell’ambiguità del finale e quindi della ricerca della verità.
Io l’ho usato come spunto di riflessione sul ruolo della tentazione, e ho scoperto che i nostri ragazzi non conoscono questa parola: essere tentati, essere sedotti, comprendere se il bene si veste da male.
E non lo sanno perchè le due categorie sono sovrapposte non moralmente, non spiritualmente, ma praticamente.
E’ per questo che non intuiscono perchè la leteratura possa farsi strumento di ricerca della verità.
Perchè non sanno che la verità va cercata. Che è oggetto di ricerca.
Non pensa?
Renata Mangiagli
Carissima Antonella,
è delizioso l’aneddoto sul suo rapporto con i taxisti e con le loro letture.
Credo che i taxisti leggano più d quanto si pensi. Una volta ne incontrai uno che conservava nel cruscotto “Cent’anni di solitudine”. Per trascorrere il tempo durante l’attesa, mi disse.
Ci vuol parlare di questa simpatica categoria di lettori?
1. Nella vostra esperienza, che rapporto hanno i ragazzi con la lettura?
Nella mia esperienza, poco accademica ma molto metropolitana, i ragazzi meridionali non hanno un buon rapporto con la lettura, se per lettura intendiamo la sua accezione comune, lessicale. Se proviamo, senza retorica per carità, ad estendere il significato del termine lettura, provando paradossalmente a dargli vita fertile estirpandolo dallo stretto legame filiale con il libro, noteremo però che questi stessi ragazzi hanno un grande pregio, la lettura dei volti, la capacità di “sentire” stati d’animo, di indovinare caratteri, di carpire situazioni e relative conseguenze, di conoscere rapporti di causa effetto sempre, almeno un attimo prima, dei loro coetanei più fortunati, quindi più considerati solo perché più alfabetizzati. Spesso un biglietto dell’autobus, per chi lo compra, serve molto più di una biblioteca universale per imparare a leggere i volti della vita reale. Logicamente però le lacune di una vita senza lettura le porteranno incise sulla pelle come cicatrici indelebili di disparità di prospettive e di cecità dinanzi ad alternativi orizzonti che non saranno mai in grado di vedere.
2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio?
Purtroppo è così. Nelle famiglie meno abbienti non è possibile “concedersi il lusso” di comprare un libro, escludendo rari e preziosi esempi come quello encomiabile di Antonella Cilento, chi è in grado di fargli comprendere l’importanza del pane quotidiano della lettura, del nutrimento della mente al pari di quello dello stomaco? In quelle a rischio, che vivono ai margini dell’esistenza, quando anche è solo presa in considerazione l’ipotesi di comprare o di leggere un libro ciò diviene immediatamente oggetto e sinonimo di derisione da parte dell’ambiente circostante; “ ’a signora tene nu figlio marziano ” probabilmente sarebbe il commento più inflazionato del condominio o del “rione” per partorire subito la consueta emarginazione. Nelle famiglie agiate invece purtroppo la televisione, ormai in ogni stanza e perfino fuori al balcone, impartisce lezioni ed esempi di silicone, di “estetica” distruttiva ed alternativa alla sua originaria accezione. Le uniche frasi che i ragazzi provenienti da queste famiglie si adoperano a cercare, leggere e scrivere, sono al massimo aforismi e citazioni rubacchiati dalla rete per sterili corteggiamenti da copia e incolla su social network di pasta frolla.
3. Se è così… perché si è giunti a questo punto? E di chi è la colpa?
Il cattivo rapporto con la lettura purtroppo, secondo me, dipende dalla società che hanno e che abbiamo ereditato, società in cui la matematica è la nuova grammatica; “conta” solo raggiungere un “risultato”, facendo avidi ed egoistici “calcoli” su cosa conviene per ottenere un adeguato individuale “interesse”, per poi tirare “le somme” della propria vita, il cui “totale”, “il conto” che ci presenta non può essere diverso da “zero”, proprio come le mie inutili parole. Hanno confuso l’essere con l’avere ed ecco che le loro maniacali addizioni per stupidi realizzazioni, si trasformano in indetraibili sottrazioni. Ogni ragazzo sa controllare la giocata sulla sua “bolletta” domenicale, sa calcolare le probabilità di vincita e le relative percentuali, ma magari non sa neanche scrivere il nome della squadra sulla quale ha puntato.
4. Viceversa, perché è importante leggere? Perché è importante saper scrivere? Come lo spieghereste a un ragazzo di oggi?
Non ho la presunzione di rispondere ad un quesito come questo da cento milioni di dollari, darei una risposta da tre euro, la puntata minima di una “bolletta”.. Ci provo ascoltando e riportando la sommessa voce della mia piccola personale esperienza. E’ importante per emozionare ed emozionarsi, per comprendere la realtà, tuffarsi nella bellezza di cui dispone e liberarsi dagli inganni che ci propone. E’ la vera comunicazione, che ti aiuta a difenderti da quella finta della televisione. Leggere e scrivere, come un viaggio perenne, aiuta non solo a conoscere gli altri ma anche e soprattutto se stessi ed a proporsi così in modo sempre nuovo, originale, personale in un mondo omologato dominato da talk show e telegiornale.
5. E con quali libri “iniziereste” alla lettura un ragazzo (o una ragazza) delle cosiddette scuole medie inferiori? E a quelli del liceo? Che letture proporreste?
Non esiste un titolo, una ricetta magica. Ognuno in base ai propri intimi interessi dominanti dovrebbe fare la scelta più adeguata. Consigliare un testo che non rientra nei “gusti” individuali, che non tocca la sfera emozionale del lettore potrebbe causare un effetto devastante, l’abbandono totale dalla lettura. La scelta principale è quella di spegnere computer e televisione e scendere a comprare un libro, qualsiasi esso sia, ma che anche solo per mera curiosità, il colore della copertina, un’immagine, un titolo, ha suscitato un minimo interesse negli occhi del potenziale acquirente. Ad esempio come potrei consigliare il meraviglioso “Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust ad un ragazzo che non ha mai letto prima? Alle 3000 pagine del romanzo corrisponderebbero per me 3000 coltellate..
6. Qual è, o quale dovrebbe essere, il ruolo della scuola e del corpo docente per incentivare gli studenti a leggere e a saper scrivere?
Qui mi riallaccio alla risposta precedente. Ad esempio Antonella Cilento nelle prime pagine del suo interessantissimo “Asino chi legge” parla del Rione Luzzatti, il rione originario di mio nonno materno che mi ha trasmesso assieme a mio padre la passione per la squadra di calcio della nostra città. Forse non tutti coloro i quali condividono la mia stessa passione sanno però che il primo campo da gioco utilizzato dal Napoli fu lo Stadio Militare dell’Arenaccia voluto da Alberico Albricci, inaugurato nel 1923 ma assegnato nel 1926 al neonato club partenopeo. Nel 1929 il presidente Giorgio Ascarelli commissionò la costruzione di un nuovo stadio situato proprio nel “Rione Luzzatti” citato da Antonella, nei pressi della Stazione Centrale. L’impianto, inizialmente denominato Stadio Vesuvio, poteva contenere 20.000 spettatori e venne inaugurato il 23 febbraio 1930 con la partita tra azzurri e Juventus, terminata 2-2. Poco tempo dopo Ascarelli venne a mancare e lo stadio gli fu intitolato a furor di popolo, ma in seguito le leggi razziali imposero un ulteriore cambio di nome in Stadio Partenopeo. Rinnovato e ampliato in occasione dei Mondiali 1934, l’impianto fu completamente raso al suolo dai bombardamenti alleati nel corso della seconda guerra mondiale. Al di la dei racconti di mio nonno che assumono forma, colore e vita nei miei occhi e nel mio cuore, come quello di intrufolarsi nello stadio assieme agli amici, da scugnizzi che erano, sbizzarrendo i cavalli della polizia e passando tra le loro gambe, queste cose relative alle origini del campo di gioco del Napoli le conosco perché mi interessavano, perché scelsi di leggerle ed oggi di scriverle, anche qualche intellettualoide moderno potrebbe tacciarmi di banalità, superficialità, provincialismo e mediocrità. Ecco cominciare ad insegnare a leggere senza pretese elitarie di intellettualismi esasperati, facendo leva sul lato emozionale degli allievi, e soprattutto evitando di circoscriverli alla categoria di scrittori o lettori da salotti impegnati dando invece sfogo alla loro vena creativa..”a ruota libera”.
Roberto Migliaccio (allievo del corso di scrittura di Antonella Cilento)
Faccio lo scrittore (soprattutto per adolescenti) e ho il privilegio di andare spesso nelle scuole e nelle biblioteche a incontrare i ragazzi. Sono sempre esperienze appassionanti, in cui parliamo di tutto (libri, solitudine, fantasia/realtà, scrittura, princìpi, razzismo, fumetti, cinema, rock, bullismo, ridere di se stessi, amore, pubblicità, diario, amicizia, diversità e così avanti). Provo a rispondere alle domande
1. Nella vostra esperienza, che rapporto hanno i ragazzi con la lettura?
Dipende. I “lettori” sono già consapevoli, curiosi e convinti dell ricchezza che i libri offrono. I “non lettori” sono diffidenti per mille motivi: questi motivi vanno individuati e disinnescati uno per uno come le mine antiuomo. Discutendo con i ragazzi, cerco di farlo.
2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio?
Da troppo insegnanti, sì. Basta pensare alle assurde critiche/veti contro il fumetto, pre/giudicato brutto e dis/educativo. Quando la cosa fondamentale per un giovanissimo è imparare il gusto della lettura, il piacere del testo. Senza dimenticare che ci sono migliaia di fumetti splendidi, così come migliaia di romanzi (anche classici) orribili.
3. Se è così… perché si è giunti a questo punto? E di chi è la colpa?
I responsabili sono tanti. Ne elenco alcuni (non in ordine di importanza e di gravità di colpevolezza):
– l’inadeguatezza di molti insegnanti che non sono curiosi nè pronti a contagiare con la passione della cultura e della lettura,
– la pre-potenza dei media visivi (tv, web, cinema, videogiochi) che hanno tolto spazio e tempo alla lettura,
– la demente e criminale politica di governi e potentati che vogliono uccidere la cultura (perchè la cultura contribuisce a fare cittadini critici e consapevoli, mentre questi governi e potentati vogliono sudditi consumatori controllabili),
– una critica che troppo spesso (soprattutto sui grandi…anzi: grossi giornali e sulle televisioni) è asservita alle grandi (anzi: grosse) case editrici,
– le tassazioni troppo alte sui libri,
– le orrende catene di librerie tutte uguali (Giunti, Feltrinelli, Mondadori eccetera) che stanno distruggendo le vere e belle librerie indipendenti.
4. Viceversa, perché è importante leggere? Perché è importante saper scrivere? Come lo spieghereste a un ragazzo di oggi?
SE LEGGI, vivrai mille e mille e mille vite di mille e mille e mille personaggi. E andrai ovunque. E sarai ricco anche se in tasca avrai pochi soldi.
SE SCRIVI, avrai in mano un pezzo del mondo. Perchè potrai farti sentire e protestare e accarezzare le menti delle altre persone.
5. E con quali libri “iniziereste” alla lettura un ragazzo (o una ragazza) delle cosiddette scuole medie inferiori? E a quelli del liceo? Che letture proporreste?
Alle medie, propongo “un libro che molti adulti diranno NON E’ ADATTO A VOI”: Il signore delle mosche di William Golding.
Alle superiori, idem. Più Una questione privata di Beppe Fenoglio, la Resistenza raccontata come Dio comanda, mescolando amore e guerra, dubbi e antifascismo, suspense e avventura, dolore e grande narrativa.
6. Qual è, o quale dovrebbe essere, il ruolo della scuola e del corpo docente per incentivare gli studenti a leggere e a saper scrivere?
Trasmettere (con competenza) la passione. Ma ciò presuppone insegnanti che la abbiano entrambe.
Mentre a volte, purtroppo, ci sono professori privi e dell’una e dell’altra.
Salve a tutti,
anche io sono una scrittrice, una giovane scrittrice in realtà e la mia attività trae proprio vita da una mia riflessione sulla cattiva abitudine dei ragazzi più giovani di considerare la lettura un po’ noiosa.
Dalla mia esperienza, posso trarre la conclusione che forse hanno ragione.
E mi spiego: i ragazzi sono figli di una realtà che corre e si consuma nel giro di qualche click su web. Non sono abituati a fermarsi, non sono abituati a concentrarsi su uno stesso argomento se non per pochi minuti, e non ne hanno colpa.
Guardiamoci attorno: tv lampo, notizie lampo, sms, twit, tutta la comunicazione è sintetica, veloce.
Ecco, partendo da questa osservazione ho creato un blog nel quale a puntate (brevi puntate) pubblicavo episodi di uno stesso racconto. Una specie di sit-com scritta, una sit-com su web anzi: una web-com.
Devo dire che l’esperimento s’è dimostrato vincente e il pubblico dei più giovani seguiva con interesse le puntate.
Ora, non dico che laletteratura, la narrativa debbano piegarsi a questa logica, ma forse fare un passo nella direzione dei più giovani, affascinarli e poi conuistarli potrebbe rappresentare una soluzione.
E’ il primo libro che leggo di Antonella Cilento, però la conoscevo di fama dal momento che era un po’ che pensavo di seguire i suoi corsi e, per motivi o altri, non l’ho mai fatto.
asino chi legge è uno splendido affresco di questa scuola che è ancora legata al “fare le sequenze” e poi si stupisce se i ragazzi non hanno interessi. Oggi la mia prof di italiano mi ha detto che noi ragazzi siamo “3N: niente conoscenze, niente interessi, niente passioni”, e io le ho detto che non è così. Io spero davvero che ci possano essere più persone come Antonella e meno giallisti del mese o profeti dell’anno, e cercherò di farla conoscere a quante più persone posso 🙂
Se la tua insegnante ha detto questo e se lo ha detto seriamente, ha proferito (professo’ de Simona, je piasce la parola ggiusta che jo trovato?) una stupidaggine.
Mi dispiace molto di non essere stato presente, perchè glielo avrei detto in faccia.
Sono madre di tre giovani figli e da molti anni sono anche insegnante di filosofia e storia, vorrei provare a rispondere alle domande che mi sono state poste:
io vivo sempre a contatto con i giovani e vi assicuro che è reputo assai triste cadere sempre nei soliti luoghi comuni del genere “i ragazzi non leggono” “i ragazzi non riflettono” “i ragazzi non si impegnano”. La mia esperienza mi porta invece a credere che i ragazzi siano perfettamente in linea con la media comune della popolazione nazionale (purtroppo), cioè, il problema non è costituito solo dai ragazzi, ma soprattutto da noi adulti che dovremmo dare loro un indirizzo e un esempio. Si legge poco, adulti e giovani, perché il mercato del libro è un tritatutto che propina spesso roba di scarsa qualità che sommerge quella buona. Dunque per invogliare i giovani ed avvicinarli alla lettura basta, forse, indirizzarli nella scelta assolutamente libera dei contenuti, perché capiscano che nel grande mare della carta stampata esiste sicuramente un autore e/o un filone che potranno scoprire di reputare interessante.
Nel lasciarsi consigliare ritengo che i giovani siano molto più ben disposti degli adulti.
Prima di continuare ad elaborare altre congetture mi impegno a confrontarmi direttamente con i miei alunni su questo argomento e di ritornare poi a dibattere con voi tutti, al più presto. Un caro saluto, Elvira Siringo
P.S. nel frattempo sarà mia premura documentarmi… andando a leggere “Asino chi legge”
Saluto Massimo e Antonella Cilento, di cui sto leggendo proprio in questi giorni il bellissimo saggio dedicato al mondo della scrittura. E’ un mondo che conosco fin troppo bene quello della scuola: da dieci anni ormai mi muovo su e giù da Roma portando la scrittura creativa nelle scuole siciliane e non solo. L’esperienza più bella di cui posso parlare è quella con i ragazzini di Librino (quartiere difficile alla periferia di Catania), che seguo ormai da sei anni, e di cui porto con me i sorrisi, la luce degli sguardi, la passione nello scoprire un verso. Posso riassumere velocemente un’esperienza che non dimenticherò: anni fa, durante una “gita” in libreria, mi accorsi che una delle ragazzine del corso stava ricopiando dei versi da un libro di Neruda. Non aveva i soldi per comprare il libro, ma aveva capito il senso della poesia, perché quelle parole le piacevano, e non voleva dimenticarle, le ricopiava nel suo quadernetto per non perderle. Ecco, in quel piccolo, infinito gesto c’è tutto il senso della scrittura e di questo mestiere. Per la commozione la libraia quel giorno decise di regalare un volume di versi a ciascuno dei suoi singolari ospiti. L’amore per il gesto della piccola catanese è lo stesso di cui parla Antonella tra le sue pagine. Lo stesso che ci costringe a salire e scendere da pullman e treni perennemente in ritardo, con valigie più grandi di noi e calendari assurdi e anti-famigliari, tagliando questo strambo Paese nel cuore di gelide notti invernali. Ma la passione, quando è autentica, ti ripaga di tutto, anche del dolore degli altri e della solitudine alla quale questa vocazione il più delle volte di condanna. La denuncia di Antonella Cilento è sacrosanta e necessaria. La scuola vive davvero uno dei più terribili momenti. Chi si propone come “docente di scrittura” deve prima di ogni cosa lottare per guadagnare un’identità. Poi una stima. E infine per aprire con le sole chiavi della bellezza e dell’arte i cuori di giovani spesso soli, assenti, distratti da drammi famigliari o da depressioni adelescenziali. La scrittura può – e deve – essere una strada. Anzi, lo è sicuramente. E “Asino chi legge” lo dimostra con coraggio, intelligenza, stile. Qualità che non mancano mai nella scrittura meravigliosa di Antonella Cilento, cui rivolgo un saluto e un affettuoso, grandissimo augurio…
Si legge per conoscere, perchè conoscere è la sola via che ci permetta di essere più liberi. Le storie scritte nei libri sono le chiavi per liberare la nostra fantasia, per riconoscere ciò che ci circonda, per riconoscere noi stessi anche attraverso le storie degli altri. Questo è quello che (credo) dovrebbe comprendere ogni uomo o donna fin da bambino/bambina.
Difficile che tale stimolo possa provenire da famiglie che non l’hanno compreso loro stesse, incollate dietro a televisori che ti immergono in immagini preconfezionate di storie stereotipate, in insulsi talk-show, in fuorvianti reality che spacciano per reale il vuoto totale (o forse il reale oggi E’ il vuoto totale).
Quanto alla scuola dipende dalla qualità degli insegnanti. Tutti meriterebbero un professor Emilio (se insegnasse ancora), o una Antonella Cilento, o un Luciano (idefix) Comida, che pur svolgono un prezioso ruolo didattico nelle scuole (anche se da “esterni”).
I libri per iniziare alla lettura.
Anche io (come Roberto Migliaccio) non credo esistano libri validi per tutti. L’amore per la lettura va stimolato con il libro che possa risultare di vero interesse per quel singolo lettore, fino a suscitare reale entusiasmo. Il rischio di un “libro sbagliato” temo sia forte. Se la proposta risultasse ostica meglio che abbandoni , e si provi con un alatro titolo.
Ai miei tempi i bambini-lettori erano divisi in Salgariani (azione/esotismo/avventura) e Verniani (fantasia/mistero). Io appartenevo alla seconda categoria e L’isola misteriosa fu la mia folgorazione. Ma amai molto anche I ragazzi della Via Paal, Il conte di Montecristo, Oliver Twist…
Alle medie inferiori mi colpirono molto La commedia umana, di Saroyan (proposto dalla mia insegnante, e che commentavamo continuamente in classe), Il diario di Anna Frank (spinto dai miei) e Il signore delle mosche, di Golding (segnalato qui anche da Luciano, all’epoca suggeritomi dal fratello più grande di un mio compagno di scuola). Ma poi anche il Calvino della trilogia, e via via altri libri (Faulkner, Buzzati, Levi…).
Da papà ho “iniziato” alla lettura mio figlio intorno ai 5-6 anni (oggi ne ha 10) con La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Dino Buzzati, illustrato dallo stesso autore, e che non avevo mai letto prima neanch’io. Lo leggevamo insieme (un po’ io, un po’ lui), fermandoci a lungo ad osservare bene le figure, e francamente sono stati per me momenti indimenticabili. Abbiamo proseguito con altro (Gian Burrasca, Rodari, ecc.) fino a che non ha preso l’abitudine a fare da solo. Oggi le maestre si meravigliano che lui possegga l’uso di un vocabolario più esteso rispetto alla media dei suoi compagni e abbia una così buona capacità di esposizione.
Oggi è attratto dall’horror, e prima o poi gli farò leggere Poe (e poi magari Lovecraft). Io in quelle sere mi sono salvato da molte idiozie che la TV intanto propinava.
Mi piace molto questo post in un momento così difficile per gli insegnanti, di cui spesso si sottovaluta il ruolo fondamentale che hanno nella nostra società. Soprattutto nelle aree più disastrate, dove sono costretti a sopperire alla mancanza di genitori, che hanno problemi più impellenti, che occuparsi dell’educazione dei figli. Io ho scritto alcuni libri per bambini e ragazzi, mi è capitato spesso di essere invitato nelle scuole a presentarli. Ogni volta è stata una esperienza straordinaria. Sono stati loro, i ragazzi, ad arricchirmi, a trasmettermi emozioni con le loro domande, a volte ingenue, altre bizzarre. E soprattutto mi è capitato di conoscere insegnanti motivati, in grado di coinvolgere gli alunni e renderli partecipi. Quindi da parte mia detesto i luoghi comuni che generalizzano e dipingono gli impiegati pubblici come un branco di fannulloni. Viva la scuola, viva tutto ciò che serve a costruire i nuovi cittadini di domani. Ben venga questo libro di Antonella Cilento frutto delle sue esperienze dirette.
Riprendendo il discorso di Carlo: ma vi rendete conto di come dalla televisione siano spariti nel corso di questi ultimi anni i programmi più impegnati, per far posto a quell’accozzaglia di Grandi Fratelli, Isole dei famosi, quiz a premi e ruote della fortuna. Esibizioni da Mariadefilippi, veri specchietti per le allodole, miraggi e corsa verso l’Eden della gloria facile. E intanto spariscono i fondi destinati alla ricerca, si assottigliano i contributi per gli studenti bisognosi. Lo stesso è avvenuto per il teatro, il cinema, la cultura in generale. I tagli li chiamano riforme. La scuola che diventa elitaria, come nei peggiori regimi. Ha fatto più danni la Gelmini, che tutti gli altri messi assieme. Non vorrei metterla in politica…ma coraggio Gianfranco…un’altra spintarella e forse stavolta il bunga bunga lo vanno a fare da privati cittadini.
Cari amici, un passaggio al volo per ringraziarvi per i vostri commenti.
Ne approfitto per salutare gli intervenuti, a partire da: Luisa, Renzo Montagnoli, Valerio, Laura Ventimiglia, Simona Lo Iacono, il prof. Emilio…
Un saluto anche a: Gioia, Terzo Anno di lettere moderne, Maria, Renata Mangiagli, Salvatore Riscica, Roberto Migliaccio…
E grazie mille a: Luciano Comida, Eva, Simona, Elvira Siringo, Luigi La Rosa, Carlo S., Salvo Zappulla.
Vi ringrazio davvero tutti.
Antonella Cilento interverrà appena possibile.
Intanto vi invito a far girare il link di questo post (l’argomento – come dicevamo in premessa – è molto importante).
Mi piacerebbe particolarmente che “circolasse” tra gli studenti e nelle scuole.
Per oggi chiudo qui.
A tutti voi una serena notte.
Caro Salvo: i danni della Gelmini, più quelli di Bondi, in genere l’atteggiamento noncurante, insipiente, colpevolmente menefreghista nei confronti della scuola e della cultura di tutto questo governo sono emblematicamente rappresentati nel crollo della casa dei gladiatori a Pompei. Piove, governo ladro? Se non ladro certamente miope, stolto, incapace e inefficace (e forse anche ladro).
E’ miracoloso che in questo clima, di insegnanti validi, di quelli capaci di trasmettere amore e passione nei confronti di ciò che insegnano (che senza di questa “trasmissione” ogni lezione è tronca, è superficiale, è vana: meglio una “serata Benigni ” su Dante che mille lezioni di qualche insegnante di liceo che mi è capitato di avere da ragazzo; e meno male che qualcuno – mi capitava di cambiare quello/a di lettere ogni anno – era dello stampo del nostro Prof. Emiliio) esistano ancora, perchè, fra i tanti, sono sicuro ce ne siano ancora diversi.
Ma vorrei tornare al tema dei libri da suggerire ai giovani, ai ragazzi delle medie per familiarizzarli alla letteratura.
Ecco, io vedo una certa pigrizia congenita nei ragazzi (o almeno in molti di essi) nei confronti della lettura. Il mio parere è di suggerire a questi in particolare libri brevi, almeno all’inizio. Ci sono racconti anche di una certa dimensione (romanzi brevi? racconti lunghi ?) che io ho considerato memorabili leggendoli da ragazzo, che ho considerato fondamentali nella mia vita di lettore, e che tuttora considero veri capolavori della letteratura. Quali?
Boule de suif (Palla di sego) di Maupassant;
La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth;
L’amico ritrovato di Fred Uhlman;
sono i primi che mi vengono in mente. Ma vi sono racconti più rcenti che potrebbero ugualmente fare al caso:
le raccolte di Alice Munro, oppure i racconti di Murakami (in “Tutti i figli di dio danzano” ce ne è una splendida selezione).
Ma ce ne è uno che ricordo quasi con commozione, un vero gioiello poco conosciuto (credo) che merita moltissimo: “Il sorriso ai piedi della scala” di Henry Miller. Un raccontino di una sessantina di pagine intriso di vera poesia, pieno di immagini pittoriche ispirate al circo (con suggestioni di Rouault, di Mirò, di Chagall, di Seurat), ai Clown (il protagonista è un “Augusto”) e agli angeli, alla luna e al cielo. Un racconto pienamente surreale eppure (a detta dello steso Miller) “la storia più reale che abbia mai scritto”, perchè Miller si riconosce esso stesso un clown (un clown con due bocche: una per la gioia e una per il dolore), un clown per tutta la vita, “anche dopo aver incontrato Dio” (anche se in questo caso lo dice parlando di Max Jacob).
Un appello alle scuole: chiamateci, fateci venire. Possiamo essere contagiosi.
Cara Antonella,
e se scrivere “ASINO CHI LEGGE”, invece di un adolescente con 7 in condotta, fosse stato uno dei nostri politici o governatori , per intenderci la frase birichina scritta da Pippi Calze Lunghe e dai monelli del libro Cuore, è meno grave se adottata nei comportamenti da Mara Carfagna, Umberto Bossi, Lele Mora , personaggi pubblici. Eppure i quotidiani sono piene di “vicende da stalla” . . .
Cappello di introduzione ad un tema , quello dell’asino, che sempre più spesso ci lascia il suo sapore attraverso carta stampata, programmi televisivi, il raglio arriva anche dalla classe dirigente, lontani da spessore di forme e contenuti. Allora non è intelligente prendersela con i più giovani , prodotto finale di tutto ciò, malgrado loro.
Mi piace ricordare il significato che aveva la parola greca “Paìdeia”, ovvero la cura che la generazione precedente dovrebbe avere nei confronti di quella successiva per farla uscire dallo stato adolescenziale, una ricerca soprattutto di metodi che potessero risvegliare la creatività giovanile. La pensavano così gli antichi Greci, padri del pensiero filosofico. La cultura oggi, laddove pragmatismo e teknè sono i capisaldi di un sistema economico-produttivo che assicura benessere e velocità , è ritenuta inutile: se un ragazzo a quattordici anni conosce a memoria l’Infinito di Giacomo Leopardi, è all’istante soprannominato “che palle!”, ma non crediate che negli ambienti di lavoro sia diverso, si aggiunge ulteriormente quel senso di commiserazione e pietismo misto ad ammirazione patetica nei confronti di tutti quei Fantozzi colti e frustrati che riempiono le file dei precari.
Infine ci sono le lauree per diventare qualcuno. La cultura in pillole. La specializzazione di settore che fa perdere il senso armonico dell’insieme. Le competenze di tutti. Quelle di nessuno. Il fai da te. Il “bisogno culturale” di dichiarare la propria diversità , ovvero la necessità, impellente, di dover comunicare a tutti l’urgenza di andare alla toilette. Le supermamme, le superdonne, i figli e lo sport per diventare un number one all’interno della “società civile”. Il giornalismo liftato. Il rampantismo. Spiegatemi la differenza fra una fiaba ed un cartone manga giapponese, poiché i bambini preferiscono il secondo, adatti come sono ad imitare! Spiegatemi cosa fa cultura.
Ho letto le prime pagine del libro di Antonella Cilento disponibili qui e sono molto ammirato. Leggero’ con piacere tutto il resto. Intanto grazie ad Antonella e a tutti coloro che ancora credono nel valore della lettura e della scrittura.
Leggere fa diventare le menti più leggere e più profonde.
Credo che la lettura sia una gran “fatica” da quando esiste la televisione. Uno si mette lì, vede persone parlare, agire, e quelle storie vissute da altri lo “distraggono” perché pensa alle vicende degli altri e non alle sue. Il libro si legge da soli, in silenzio. Se è proprio bello, allora ci si dimentica di tutto e ci si immerge nelle storie raccontate (e non filmate); se è brutto, lo si molla e basta. Secondo me, ai bambini e ai ragazzi di oggi è stata tolta i’immaginazione= che è l’elemento fondamentale per amare la lettura. Ma non è un fenomeno recente. Non mi ricordo quale folosofo contemporaneo (Lacan, forse?) aveva predetto i danni che la televisione avrebbe causato alla società tutta. Per qualsiasi argomento si voglia trattare problema sta tutto lì: in questo mezzo. Solo che anch’io non riesco a vivere senza.
@Salvo: grazie per le tue parole:)
1. Nella vostra esperienza, che rapporto hanno i ragazzi con la lettura?
–
Piuttosto scarso. I ragazzi di oggi, mi riferisco a quelli che mi capita di intercettare, sono troppo distratti da altro.
Per inciso: non è che gli adulti che conosco e che frequento sonocosì avvezzi alla lettura.
Tutt’altro.
2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio?
–
Mah, la sensazione è che oggi serva ben altro per “riuscire” nella vita. Il sistema mediatico, ma anche la classe dirigente e quella politica (diciamo la verità), forniscono esempi che vanno in altre direzioni.
Perché perdere tempo a leggere, dunque?
Ma forse non è un caso che sia così. Leggere, lo sappiamo, aiuta a incrementare il senso critico.
3. Se è così… perché si è giunti a questo punto? E di chi è la colpa?
La risposta è, in parte, nel post precedente.
4. Viceversa, perché è importante leggere? Perché è importante saper scrivere? Come lo spieghereste a un ragazzo di oggi?
Gli direi: più leggi, più conosci il mondo. Più conosci il mondo, più capisci te stesso.
Leggere aiuta a crescere.
Saper scrivere ti consente di esprimere le tue idee.
Le due cose possono andare insieme.
5. E con quali libri “iniziereste” alla lettura un ragazzo (o una ragazza) delle cosiddette scuole medie inferiori? E a quelli del liceo? Che letture proporreste?
Ai piccoli proporrei belle fiabe, magari in edizioni gradevoli e con intriganti illustrazioni. Forse anche Harry Potter potrebbe essere un buon “inizio”.
Ai ragazzi del liceo… beh, per loro ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta.
6. Qual è, o quale dovrebbe essere, il ruolo della scuola e del corpo docente per incentivare gli studenti a leggere e a saper scrivere?
Un ruolo centrale, ovviamente. Gli insegnanti dovrebbero trovare gli stimoli per riuscire a stimolare gli studenti…
@Roberta. Se sei la stessa Robertina che conosco io, pensavo proprio a te quando mi riferivo agli insegnanti in gamba
Carissimi amici e amiche, caro Massimo che con tanto affetto mi tiri sempre dentro le bellissime e fitte discussioni di Letteratitudine, innanzitutto: grazie.
Grazie di aver letto in tanti e di aver pensato tutti insieme ai libri, alla lettura, ai ragazzi, a chi simo e a cosa stiamo facendo.
Provo a rispondere alle tantissime collecitazioni un post alla volta.
A Simona (ciao!) che mi chiede se ho visto negli anni cambiamenti nei ragazzi che ho avuto nei laboratori: infiniti. In molti casi ci si reincontra. Alla prima presentazione dell’Asino a Napoli mi è venuto a trovare uno dei ragazzi del Mazzini, così grande che non lo riconoscevo… Mi ha detto che sta per uscire il suo primo libro di poesie e che ha lavorato molto sulla parola con il suo prof d’università, che è stato anche un mio collega di studi. Mi ha detto grazie e io ho ringraziato lui per non aver perso la fede nella letteratura, anzi: per averla trovata! Mi ricordo che in aula leggeva tanto, consaiderata la media disastrosa degli altri compagni, ma leggeva silo Valerio Massimo Manfredi e aveva una passione per le storie con i legionari. Oggi, invece, legge poe4sia contemporanea. Un bel salto. Una bella soddisfazione:-)
E sì: la noia che lasci praticare a tuo figlio è sacrosanta: se non mi fossi mortalmente annoiata da bambina forse non avrei letto così tanto e immaginato tanti mondi…
Per il prof Emilio, che ringrazio molto per aver condiviso con noi l’emozione dello svelamento dello studente dopo aver letto Saba: sì, ha ragione, in famiglia non si ascoltano i ragazzi e la scusa che ci sia poco tempo la considero una patologia dell’ansia collettiva. E non giustifica ciò che accade. Meno male che ci sono stati e ci sono ancora prof come lei!
Per l’amico che si firma “terzo anno di lettere moderne”:-)
Sono contenta di averti fatto pensare che la letteratura esiste ancora. Certo che esiste. Spesso non è in prima linea sui banchi dei librai e bisogna ordinarla con un po’ di fatica on line… Ma c’è. Ci sono molti scrittori italiani che fra qualche anno le università dovranno censire, loro malgrado, e che non fanno parte necessariamente dei nomi che oggi occupano i palinsesti televisivi e cartacei.
Mi chiedi del metodo (uno dei mille che uso) per il punto di vista: nel circo ci sono il nano, la rete, il clown, il trapezista, la donna cannone, la tigre, la contorsionista, il lanciatore di coltelli, il coltello, il domatore, la scimmia, un vecchio nel pubblico, un bambino e parecchi altri punti di vista che uso a seconda del numero die partecipanti. Uso spesso metodi di facile induzione, uso i quadri per far scegliere i personaggi ai partecipanti, uso fotografie d’epoca o contemporanee, uso i bigliettini per far ripartire con azioni mirate i racconti, m’invento parecchi sistemi per spiazzare e far ripartire le azioni delle storie. Qui sarebbe un po’ lungo, ma un giorno scriverò tutti i sistemi usati in questi 18 anni di laboratorio:-)) Grazie!
Per Maria: grazie della multipla pubblicità!!!
Ti aspetto senz’altro a Parma in questo week per salutarti da vicino!
Baci:-))
Carissimo Renato, mi scrive della lettura di Malamud in aula riempiendomi di gioia. Mi interessa molto quel che scrive sulla tentazione e sul fatto che i ragazzi non la conoscano. E’ un’osservazione che forse s’imparenta con l’assenza di vergogna di questi anni. Non provano vergogna i nostri politici, molti degli adulti che conosco, molti napoletani (e qui veniamo a tristi questioni d’ordinaria amministrazione cittadina: non si vergogna, anzi crede d’aver ragione chi passa controsenso o si parcheggia in tripla fila nella mia città e nei paesi del circondario. E credono d’avere ragione e ti urlano contro se gli dici che sono dei disgraziati e che bloccano il traffico e se ne fregano degli altri, per fare un piccolo esempio. E questo a completo discredito di tanti cittadini che invece camminano e si comportano negli stessi territori in punta di forchetta) e anche molti ragazzi.
Se non c’è la vergogna, non c’è probabilmente neanche la tentazione. Non c’è il gusto del proibito, poichè tutto è a portata di mano e perde valore.
Credo che abbia avuto ragione nell’usare ilc apolavoro di Malamud anche a questo scopo con i ragazzi. Grazie, davvero.
Ciao Antonella carissima! Sapessi con quale piacere ti ho letta! Ho proposto il tuo testo a molti insegnanti e ho contattato anche (affinchè partecipi a questa importante discussione) la “Libreria dei ragazzi” che qui a Siracusa tiene da anni, con fantasia e commozione, corsi di lettura e di pittura per bimbi. La libreria è deliziosa, colorata, colma di giochi in legno e classici della letteratura per ragazzi, ma ciò che più di ogni altra cosa colpisce è l’amore della sua proprietara, la signora Marika Parisi, per il progetto educativo. Per l’innesto della passione. Per la creazione di cuori e piccole menti assetate di parole.
Spero tanto che possa intervenire e parlarvi di questa sua importante fatica.
Come dimostrano le tue parole, cara Antonella, spendersi serve. Per creare alternative, sguardi, per stimolare alla riflessione sul mondo e su di sè.
Bravissima. Ti mando un forte abbraccio e ti aspetto in Sicilia!
Simo
Caro Salvatore, i taxisti leggono! Pochi, rispetto alla media, magari, ma leggono! E mentre si viaggia problemi morali di grande importanza. Potrei raccontarne centinaia. Ieri, mentre la città affogava nel nubifragio, sono dovuta andare a una scuola di Frattamaggiore in taxi e ho trovato un’autista gentilissimo, che conosce bene le strade del nostro hinterland, altrimenti la corsa mi sarebbe costata uno sproposito, che mi ha intrattenuto su questioni di alta teologia.
Sono ammirata dall’umanità che appare dentro i taxi. Padri contrari a figli che entrano nell’esercito per necessità, guidatori senza chiave d’accensione (ce n’è uno ritratto in un altro mio libro, Napoli sul mare luccica), sopravvissuti a sequestri di camorra per una corsa notturna nel posto sbagliato, lettori di romanzi d’avventura o di fantascienza, seguaci di Sai Baba, ammiratori delle grazie femminili un po’ pervasivi, giovani traditori delle mogli, autisti che espongono invece dei prezzi il loro circolo di lettura dei taxisti… Ah, se ce n’è!
Grazie a Roberto,
che ha aperto uno squarcio su quel Rione Luzzatti di cui si parla nel libro.
Mi piace molto quando scrive:”Spesso un biglietto dell’autobus, per chi lo compra, serve molto più di una biblioteca universale per imparare a leggere i volti della vita reale. ”
Grazie. Veramente.
Caro Luciano, sottoscrivo particamente tutto quel che dici, fai bene a far leggere cose che si considerano “non adatte” (e chi lo stabilisce?). Spesso è paura quel che detta canoni che non esistono. Sono d’accordissimo ( e su Letteratitudine già ne parlamo anni orsono) sul fatto che la critica ha derogato e demandato il suo compito, accusando ciò che non piace ( e ripetendo così i nomi dei soliti noti, che stravendono) senza prendersi il carico di segnalare le nuove potenzialità della letteratura italiana. Sono d’accordo che la grande distribuzione ha distrutto il vero libraio, quello che sapeva prima di te cosa cercavi e che non ti faceva facce strane e ti chiedeva lo spelling quando nominavi Wislawa Szymborska, per fare un nome a caso…
Carissimi, riassumo qui alcune questioni di numerosi intreventi (grazie a tutti/e!) che riguardano i canali della comunicazione e la loro funzione. Scrive Rossella nel suo post: “Spiegatemi la differenza fra una fiaba ed un cartone manga giapponese, poiché i bambini preferiscono il secondo, adatti come sono ad imitare! Spiegatemi cosa fa cultura.”
Cara Rossella, io sono cresciuta, essendo del ’70, all’interno della prima generazione fornita di cartoni animati giapponesi. Li ho visti tutti e per ordine d’apparizione. E come tanti ho studiato la Rivoluzione Francese mentre davano Lady Oscar e scoprivo (11 anni) anche le turbative del sesso. La questione è stabilire le origini di ogni genere artistico: se da Harry Potter si può risalire a Dickens, dai man-ga si può risalire a molta letteratura giapponese. E se (ogni tanto mi capita) parlo di E. A. Poe e i ragazzi hanno visto la puntata dei Simpson dove si cita The Raven quella è una magica occasione per fargli capire cos’è una citazione letteraria. Noi abitiamo immersi in un sistema di comunicazione narrativa: sono d’accordo che la serie C 3 di questo sistema è costituita dalla politica, ma il resto ha una funzione cui bisogna educare i ragazzi. Manca o latita, o non sono abbastanza di numero, chi lo faccia. Sono diventata lettrice di Musil a vent’anni e di Proust a diciotto (ed ero stata sia salgariana che verniana, come scriuve in un altro post un gentile lettore) anche se leggevo e leggo i fumetti Bonelli, i Marvel, i man-ga, ecc… La questione è che i ragazzi spesso non leggono e non amano il fumetto, che era pur sempre veicolo verso letture piu’ complesse. A volte, tocca partire dagli schemi narrativi dei video-giochi, perchè è lì che passano la giornata. Anche quelli sono veicolo verso la narrazione. La difficoltà è avere la mente abbastanza elastica da fare collegamenti e riportare il semplice “far storie” seriale del videogioco, del fumetto o del serial a generi artistici che s’interrogano su di noi con maggiore complessità. Ma con un po’ di buona volontà e capa tosta ( e guardandosi e leggendo quel che guardano e leggono i ragazzi, anche se con un occhio rilassato che torna, che so, a Irène Nemirovsky) ce la si può fare! Grazie
Caro Luigi,
grazie della tua affettuosa recensione. Lo so, lo so, che passi tanti giorni della tua vita su treni ed autobus come capita a me. E i ragazzi di Librino che copiano Neruda sono una vera ricchezza. Fai un gran lavoro, specie in quel contesto. Continua!
Baci:-))
Ciao Antonella… ti ammiro per il tuo impegno nel portare avanti la causa della letteratura. Certo, quando tu entri in una scuola è come se tu fossi la ricreazione rispetto alla prosa quotidiana di noi professori ma iniziative come la tua e quella di Luigi sono battaglie meritorie per il nostro paese così incolto eppure così vitale e pronto ad accogliere la bellezza se è una persona preparata ed entusiasta a proporla.
Brava, sempre complimenti per i tuoi libri e spero di riabbracciarti presto.
Carissima Maria Lucia, grazie a te! Un fortissimo abbraccio:-))
Vi segnalo anche che oggi è in libreria una bellissima doppia pagina a firma di Donatella Trotta sulla rivista ANDERSEN a proposito di Asino chi legge e una bella recensione su Wuz.it
http://www.wuz.it/recensione-libro/5167/asino-chi-legge-antonella-cilento.html
Cara Antonella, tu non mi conosci ma sono una tua fedele lettrice. Desideravo solo farti i complimenti per questo tuo nuovo libro, uno dei più belli e importanti tra quelli che hai scritto. Spero che lo possano leggere in tanti.
Un abbraccio virtuale.
Fabi
Ogni tanto penso cosa potrei scoprire di interessante e coinvolgente se riuscissi ad andare indietro nel tempo, ma molto indietro. Oggi parlavo con mia madre, che mi raccontava abitudini e usi di quando lei era giovane, molti, molti anni fa. Con la vivacità e l’arguzia che la distingue, mi diceva che lei è vissuta in tempi in cui tutto o quasi era proibito, ma ogni cosa aveva un valore. Andando indietro nel tempo arrivo agli anni antecedenti il ’68 e agli anni post ’68, data a cui si imputano tutti i mali del mondo. Sia negli anni antecedenti, che in quelli post, esistevano nella nostra società dei valori ben precisi, cui fare riferimento. Valori che davano certezze. La famiglia, lo studio, la laurea, il lavoro. Adesso si sono perduti questi punti di riferimento, perché da circa vent’anni, i mass-media, prima fra tutte la TV, che è la vera maestra della società, hanno portato in auge, con il metido subentrante, modelli sociali e comportamenti discutibili. Faccio un es. Quando io ero piccola ci insegnavano che bisogna imparare ad avere autocontrollo sia in famiglia, che fuori. Alzare la voce, fare i capricci, piangere in pubblico era fortemente disdicevole. Adesso in classe mi succede di vedere scene di pianto, corse fuori in piena crisi isterica, sorrette dalla compagna, che spesso piange anche lei. Cose che una volta erano inconcepibili e adesso sono all’ordine del giorno, perché i programmi televisivi offrono lo spettacolo quotidiano di ragazze che scoppiano in pianto, che fuggono dallo studio etc. Ecco che le ragazze imitano questi modelli disdicevoli e non sanno che piangere da sole nella propria stanza, scrivere una poesia in cui mettere tutte noi stesse, parlare nel segreto al nostro cuore è il giusto modo per superare, guarire, crescere. Io penso che nel mondo di oggi si dovrebbe fare una grande opera di moralizzazione, che insegnasse ai giovani come trovarsi quando ci si sente sperduti e come il dialogo composto e dignitoso tra coetanei o con gli adulti possa essere un buon primo passo. La scuola, anche se in questo momento è traballante, è un’ancora di salvezza, perché accoglie, consola, accultura e protegge e i genitori lo sanno, e malgrado i vari tentativi di qualcuno di screditarci, i genitori e i nostri ragazzi ci stimano e ci sostengono.
Saluto con simpatia tutti coloro che stanno intervenendo e particolarmente Antonella.
Maria Rita Pennisi
Cara Antonella, sei giovane , bella, brava e saggia. Sei una consolazione ed una speranza per chi come me, che ha tanto faticato e lottato, continua a credere nella funzione della scuola.
L’idea che ho della scuola oggi te la espongo con la poesia che segue. Successivamente scriverò per rispondere pertinentemente alle domande di Massimo.
Andavo a scuola
Nella mia scuola un tempo
c’eravamo io, i compagni, l’insegnante e la lavagna
adesso tante cose son cambiate.
E’ importante aprirsi al contesto
ma il territorio è prepotente
ed entra con la forza della sua ricchezza.
Conviene buttarlo fuori e continuare
col programma come al tempo della guerra.
Nella scuola oggi si parla di identità e di opportunità
di offerta formativa e di modelli organizzativi
che lasciano intendere una istruzione speciale
tecnica e professionale
di rispetto di status sociale.
Si richiede un più alto profilo
di moderne acquisizioni e competenze.
.
Comunicare idee, mettersi in relazione
sembra siano cose importanti
da studiare a tavolino
con il contributo della televisione.
Da non dimenticare che non si tratta
di insegnamento
ma di puro e semplice apprendimento:
nella didattica moderna
non c’è alcun rapporto tra l’insegnamento
e l’apprendimento
conta di più fissare e poi misurare
l’obiettivo
che spesso resta sulla carta
dove il team, il tutor, e il leader hanno
faticato per individuarlo.
Non è più l’approccio tradizionale
ma una prospettiva da management
più che sui contenuti mette l’accento
sui modelli e sull’organizzazione
per dirla in una parola
sul governament
ove tutto deve essere strategico e virtuoso
attento alle realtà dei più deboli.
ossia a coloro
che nonostante i recuperi e i sostegni
nelle tabelle finali sono scritti in rosso:
e sono molti.
Nell’ottica dell’economia
questo si chiama miglioramento
anche perché ci sono
attività complementari
con cui aumentare il tempo scuola
e realizzare a pieno la missione.
Eppure in tanta abbondanza di parole
la scuola parla a monosillabi
e per paura di confondere
il congiuntivo con il condizionale
si parla soltanto al presente usuale.
E’ l’esempio tangibile
del cambiamento della scuola oggi.
Se poi l’insegnante ai suoi alunni
vuol parlare con il cuore
nell’inconscia sonnolenza del mito affettivo
e sublimare il sentimento
a scapito della qualità dell’insegnamento
esprime una tenerezza che
suscita compassione
perché la foga dell’amore
usa e consuma la lingua del natio loco
fra poco richiesta da tutta la Nazione.
Per un genitore mandare il figlio a scuola significa
apprendere i cambiamenti ministeriali
che mutano con il cambio dei ministri
in modo da capire che non si tratta del figlio
ma della scuola
che ha rinnovato le parole.
Ma il genitore alla fine è contento
perché della grammatica e della matematica
non gliene frega niente
e neanche della logica complessa
che insegni a ragionare ed a capire.
Anche egli è stato scarso in queste discipline
eppure un posto lo ha trovato
diventando professionista a fare vetrine.
Preferisce che il figlio sappia suonare il flauto e cantare
per vederlo un giorno nella rete
dal popolo
applaudire ed acclamare.
mela mondì
05 settembre 2007
Cara Antonella Cilento,
credo che questo tuo libro (ho letto il primo capitolo qui, ma l’ho ordinato su una libreria on line) debba essere letto nelle scuole.
Perché non provi a proporlo, insieme a Guanda, come testo “adottabile” nelle scuole con una istanza presentata al Ministero della Pubblica Istruzione?
Pensi sia fattibile?
brava, Antonella Cilento.
leggerò il tuo libro e ne acquisterò diverse copie per regalarlo per Natale (qualche regalo utile ci vuole).
ti volevo chiedere, Antonella: ci sono stati momenti in cui ti sei scoraggiata? in cui hai detto: basta, ora getto la spugna?
Io insegno in una scuola primaria ( III Circolo Didattico Madre Teresa di Calcutta-Casalnuovo di Napoli) e posso parlarvi della mia esperienza, come insegnante, e di quella che “vive” nel circolo dove insegno.
Noi abbiamo un progetto di animazione alla lettura perchè sono e siamo convinti che la lettura sia fondamentale per i bambini perchè apre a nuovoi orizzonti.
Ovviamente bisogna trovare “il canale” giusto per farla amare ai bambini.Qui entra in gioco il “libro” in tutte le sue forme e i suoi materiali: grandi, piccoli, morbidi, profumati, sonori, a forma di mano, ecc.
Una volta che il bambino si accosta con amore alla lettura, passiamo alla seconda fase che è l’animazione di una storia, qualsiasi storia sia. Allora interviene anche il laboratorio di scrittura creativa e i bambini si cimentano nello scrivere il “loro libro”!
Ci sono momenti particolari durante l’anno scolastico, per esempio l’incontro con l’autore, la lettura in villetta, la partecipazione ai giochi della fiera del libro di Torino e…la partecipazione alle attività della nostra biblioteca scolastica.
Dall’anno scorso i bambini delle classi terze, quarte e quinte prendono parte alle gare delle Olimpiadi di lingua Italiana (faccio parte della commissione organizzatrice) e si divertono un mondo (anche noi maestre!).
Leggere è vivere ogni volta l’avventura di quel momento, è mettersi nei panni del nostro personaggio preferito, è…vita!
Per quanto riguarda i ragazzi più grandi, mi ritengo fortunata perchè sono riuscita a trasmettere l’amore per la lettura ad entrambi i miei figli (23 e 17 anni). Mia figlia si cimenta anche nello scrivere romanzi adolescenziali.
I docenti tutti dovrebbero far avvicinare i ragazzi alla lettura utilizzando strategie e metodologie accattivanti, non le solite minacce: si deve insegnare ad amare la lettura e non ad odiarla.
Saluti e …alla prossima!
Patrizia Apetino
Provo a rispondere domande
1. Nella vostra esperienza, che rapporto hanno i ragazzi con la lettura?
Penso che ragazzi della mia generazione sia capaci di capire che un libro oggi giorno può accrescere il pensiero e logica liguistica. Di certo un libro o una sana lettura cambia la giornata rispetto ore passate davanti alla tv…E anche vero che la tv obbliga facilmente il bambino, non con sani principi alla crescita lo stesso…
Conosco tanti amici che amano leggere, si scorge anche da alcuni passanti che la lettura ci accompagna in luongo viaggio che se intrapreso e poi difficile abbandonarlo.
Non escludo da ciò che ancora oggi non si smettere di fare balani affermazioni, ad es. non ti capitato mai di leggere ed essere interessata alla lettura da credere di poter interessare, allo stesso tempo chi possa scorgerti davanti, e bene non sempre così, infatti, a volte la lor migliore costatazione può essere: cosa leggi? E tu alquanto sbigottita e alquanto vogliosa del tuo interesse di comunicare il tuo piacimento … E bene una semplice illusione, infatti: Ancora leggi ma non la smetti che solo una perdita di tempo.
Beh purtoppo non è da tutti nascondersi in una sana lettura in compagnia di una tazza calda.
2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio?
No. Beh come ho detto prima non so setto parte a causa di mala istruzione fornita dalle prime scuole fatte…non voglio addossare le colpe hai primi maestri, anzi, non è sempre così, almeno il nord posti tipo milano, Roma, o Trento o tanti altri luoghi o capoluoghi, si trovano a contatto con la tettura attrerso grandi congressi organizzati dalla Regione o dal Comune.
Comunque penso che non bisogna cadere nell’errore del non sapere sfruttare il grande sapere culturale, solo quando si arriva a questo pensiero allora si avverte un inutile tempo sprecato.
Per me bisogna ascoltarlo perchè dal progresso della società si avverte il cambiamento di ognuno di noi e non di un regresso.
3. Se è così… perché si è giunti a questo punto? E di chi è la colpa?
Per non ritornare al discorso di prima, la causa di certo e mancata assonanza del proprio scoretto uso del linguaggio…così, nell’ignoranza o per ghettizzazione di ognuno, non si incentiva l’individuo.
Non se la colpa sia dell’individuo stesso, o delle amicizie o le proprie passioni, ma, la lettura stessa ci dice che accresce le nostre voglie le nostre fantasie,abilità…ricordo infatti da bambina con piacere le miei letture, i libri letti alle scuole elementari, nelle vacanze, alle scuole medie, Ricordo ad es. in estate a volte leggevo dei fumetti non per forza dei libri, poi era solo l’inizio quindi non per forza di deve iniziare con grandi classici, e facile appredere a piccoli passi. (Topolino, Cattivik, Dylan Dog ecc)
4. Viceversa, perché è importante leggere? Perché è importante saper scrivere? Come lo spieghereste a un ragazzo di oggi?
La domanda se posta così, è scontata la risposta di dovere credere e far credere nei giusti versi per come si conosce e si avverte la lettura che infondo emoziona. E quindi perchè non imparare da Ella, la giusta assonanza della parole e nuove parole…così dallo scrivere non saper scrivere, ma scrivere per non saper scrivere non è cosa più grande per imparare e non smettere di crederci.
Direi che questa una buona ragione, quindi direi questo al ragazzo-a che sia.
5. E con quali libri “iniziereste” alla lettura un ragazzo (o una ragazza) delle cosiddette scuole medie inferiori? E a quelli del liceo? Che letture proporreste?
A un bambino di scuola elementare farei leggere Il piccolo principe, proprio perchè non si smette mai di fantasticare e di credere in noi stessi. O altre fiabe che hanno emozionato e continuano a emozionare.
Per le scuole medie il percorso cambia almeno a me hanno indizzato con i libri come i racconti di Giovanni Verga ricordo Rosso Malpelo, o Quando Hitler rubò il coniglio rosa di Judith Kerr, o Il tempo delle nespole di Frizzera Sandra.
Per quanto riguarda il liceo non si dovrebbero escludere libro come il Diario di Anna Franck, Se questo è un uomo – Primo Levi, o Leonardo Sciascia Il giorno della civetta ecc, Il postino di Neruda o la Donna di picche, Siddharta di Hesse, oppure le Fiabe di Esopo…ecc..ecc
6. Qual è, o quale dovrebbe essere, il ruolo della scuola e del corpo docente per incentivare gli studenti a leggere e a saper scrivere?
Il ruolo dei docenti sarebbe quello di far divertire attraverso mostre e pelligrinaggi o attraverso laboratori far sviluppare le proprie capacità e competenze attraverso ore di intrattenimento se così posso definirle, in modo che i ragazzi possono redersi conto anche che attraverso lo studio e laboratori, loro sanno gestire gli stacchi delle ore, la ricreazione la pausa, l’andare il bagno la fine delle lezione. Disegnare un percorso sia pedagogico ma anche Didattico che solo attraverso l’arte può farsi che il bambino sviluppi a fine le sue doti.
Nulla, beh per niente chiedo il diritto di garantire lo studio al prossimo e anche ragazzi di oggi, così che si possa garatire allo stesso tempo le strutture, ma anche questo e un’altro dei tantli problemi di oggi giorno.
IL MATTINO – 09/10/2010
di Donatella Trotta
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Un viaggio. «A tappe casuali fra i ragazzi e i loro prof». E una sfida: «alla ricerca di quel che stiamo perdendo, o, in certi casi, abbiamo già perso, ma che niente, salvo noi stessi, può impedirci di riconquistare». Quasi un pellegrinaggio laico, dal sud al profondo nord, tra le scuole pubbliche di quel «Paese dei Balocchi di Collodi che è l’Italia tutta», dove «chi legge è considerato un asino», scrive provocatoriamente Antonella Cilento nel suo nuovo libro, “Asino chi legge. I giovani, i libri, la scrittura” (Guanda, pagg. 190, euro 16), in uscita il 21 ottobre (la prima presentazione alla Fnac di Napoli il 22). Autrice affermata ma anche didatta che sa contagiare il vizio impunito di leggere e la grande passione e disciplina necessarie al mestiere di scrivere, Cilento gira da quasi vent’anni anni tra gli istituti di ogni ordine e grado, come «Esperto Esterno» in scrittura creativa. Incontra bambini, ragazzi, giovani e docenti che sono il volto del Paese reale, dei suoi bisogni veri e dei suoi sogni infranti o minacciati. Scopre luoghi diversi dell’Italia spensierata, per dirla con Francesco Piccolo, accomunati da un’esigenza di attenzione seria alla formazione. E si confronta con ineludibili domande di senso, ai confini tra letteratura e attualità: in un momento in cui non sono in tanti a interrogarsi sull’emergenza educativa e sulle politiche culturali, sociali e scolastiche dell’Italia che questo libro documenta con la forza di un’esperienza concreta. Narrata dall’interno del pianeta scuola, con stile mistilinguistico e sguardo impietoso. Tra i protagonisti del reportage narrativo di Antonella Cilento ci sono scolari sgangherati e figli di capoclan partenopei del Rione Luzzatti, mai entrati in un cinema; studentesse di Ercolano senza sogni e maestre urlanti di Portici; ragazzi drop-out di Frattamaggiore del tutto ignari dell’esistenza di Cenerentola, ragazzini-bene di Posillipo già depressi a 12 anni, figli di papà del Corso Vittorio Emanuele, giovani omologati del Vomero, creativi agguerriti del liceo Garibaldi, ragazzi disillusi del Mercalli ma anche giovani irpini timidi, sanniti orgogliosi, e dialettofoni di Nocera Inferiore. Nelle pagine del libro scorrono, come sequenze cinematografiche, prof presidi e allievi in carne e ossa accanto a paesaggi ambientali e umani di Capua, Castellammare di Stabia, Scampia, Trentola-Dugenta, Aversa, Eboli, Acerra, Bolzano (piena di ragazzi pakistani), Vibo Valentia, Venezia, Modica, Spoleto… Senza peli sulla lingua Cilento intreccia aneddoti gustosi e storie agrodolci a riflessioni più amare e ampie, con il sapore di quell’elogio delle azioni spregevoli che ci ha lasciato il maestro-scrittore Giuseppe Pontremoli e che adombrano il sostanziale ottimismo della volontà dell’autrice, la sua fiducia nella scrittura e nei libri come «la più grande rete di relazioni ad alto tasso emotivo». Affermazione condivisa da Nando Vitali, autore di Chiodi storti – romanzo sulla sua esperienza di scrittura creativa coi bambini di Ponticelli – e da Marco Lodoli, insegnante-scrittore, che dice: «Trent’anni di disprezzo per la cultura hanno portato a questo: a un paese povero e infelice. Ma io non mollo». Una singolare convergenza di «pensierare» collettivo, per parafrasare Tondelli, che il libro di Cilento ci offre con cuore e intelletto, in una dimensione non solo letteraria di interrogativi sul senso del nostro stesso stare nel mondo: «individui o servi», come nel primo numero del bimestrale di educazione e intervento sociale «Gli Asini», dove Goffredo Fofi spiega perché oggi «il compito che chiamiamo educazione torna ad essere prioritario». In buona compagnia con Anselmo Roveda, nel Dossier scuola da lui curato sull’ultimo numero della rivista «Andersen», per fare il punto a un anno dalla riforma Gelmini mentre Davide Rondoni, nel suo ultimo polemico pamphlet Contro la letteratura. Poeti e scrittori, una strage quotidiana a scuola, offre quasi un contrappunto alle tesi della Cilento. La quale – da scrittrice-maieuta – approda a conclusioni aperte alla speranza. Con le «armi scalze» della letteratura. Capace di resistere anche in un «presente impresentabile». E fosse pure per il solo «miracolo dei volti che s’illuminano» all’improvviso in un’aula inospitale, conclude Cilento, «vale la pena di continuare a scrivere. Anche a scuola»
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Donatella Trotta
Carissimi amici,
spero di poter effettuare il primo collegamento al blog di letteratitudine con gli alunni della mia quinta liceo scientifico il prossimo martedì 16 dalle ore 9,15 alle 10,15. Proviamo a vedere cosa succede…
a presto, un abbraccio,
Elvira Siringo
Salve a tutti. Prima di tutto grazie ad Antonella Cilento, per il suo lavoro.
E ovviamente a Massimo Maugeri per l’occasione di discutere di cose serie.
Mi ha fatto una certa impressione che le “letture consigliate” da molte persone per i “giovani che non leggono” siano libri spesso assai datati. Intendiamoci bene: un classico rimane sempre un classico, ma davvero suggeriremmo di leggere Omero a un ragazzo che non ha praticamente mai letto nulla prima?
Guardate che il problema in Italia non sono i ragazzi, ma gli adulti. Sono gli adulti che non leggono, in Italia. E per contro (per reazione) quelli che leggono sono spesso assai snob, e confondono i dorati ricordi dell’infanzia con un percorso di lettura da far adottare a tutti i ragazzi di tutti i possibili contesti socio-culturali.
Qualcuno sa spiegarmi perché “La famosa invasione degli orsi di Sicilia” è libro più valido di “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”, per avvicinare i ragazzi alla lettura? Oppure perché gli stessi che parlano del “fascino” di Salgari poi storcano la bocca quando si parla di manga giapponesi?
La lettura deve essere in prìmisi (come dice Montalbano) un divertimento. Solo così un ragazzo vi si avvicina. Ed è piuttosto näif pensare che quel che era considerato divertente 150 anni fa possa esserlo oggi allo stesso modo, tenendo presente che l’immaginario collettivo si è trasformato profondamente (essendo oggi molto più visivo e uditivo di un tempo, grazie alla onnipresenza del multimediale). Intendiamoci: ci si diverte ancora a leggere Pinocchio, ma il libro di Collodi non ha più, oggi, lo stesso impatto di quando è uscito su rivista. E nel complesso credo che il modo peggiore di far conoscere la lettura è credere che quel che piaceva a noi decenni fa debba piacere ai ragazzi di oggi, e di conseguenza scandalizzarci quando questo non avviene (dando di conseguenza ogni colpa a ragazzi presuntamente cerebrolesi, quando in realtà la colpa è spesso del tempo che, si sa, fugit).
Io ho avuto una madre che per anni ha voluto, di fatto, impormi le sue letture. Per cui ho smesso di leggere. O meglio ho smesso di leggere romanzi, e ho collezionato fumetti per anni, con scandalo materno (anni e anni con il ritornello “ma come fai a leggere queste porcherie”). Poi ho “cambiato strada”, e ho ripreso (con fatica, devo dire) a leggere ogni genere di libro.
Riflettiamo un po’: oggi un ragazzo che smetta di leggere perché ossessionato dalle letture che “dovrebbe fare” che farebbe? Leggerebbe fumetti? No: si rifugerebbe su internet. Con questa televisione e questa cultura dilagante della non-lettura, si sentirebbe spalleggiato da una maggioranza di italiani che silenziosa non è. Che, anzi, afferma chiaramente che leggere è inutile, che non serve economicamente e sul lavoro, e che produce persone ambigue e introverse.
Notate infatti la ribalta di questi ultimi anni della “persona vera”. La “persona vera” è quello/a idiota che in qualche talk-show dice parolacce e insulta tutti e si incazza in continuazione. Perché è persona vera? Perché parla come magna, sgrammaticato, utilizzando le dieci parole fondamentali del lessico televisivo: vaf…, str…, ipocrita, ecc.
E ora, chiediamoci: che immagine diamo di noi, noi che leggiamo? Se diamo l’immagine di persone che mentre leggono si divertono (a parte imparare nuove idee e nuove realtà, cosa però che agli occhi di un bambino è del tutto secondaria) allora non ci saranno problemi a coinvolgere persone giovani; se diamo l’idea di essere sacerdoti di un culto morente che maledicono tutto e tutti, che sono sempre scontenti e infelici del presente, che sempre criticano l’immaginario e le passioni dei giovani, e che quindi non intendono “piegarsi” a comprendere cosa possa essere considerato divertente oggi, allora ovviamente condanneremo i nostri figli alle chat, a facebook e ai reality-show.
Con buona pace di Buzzati e della Rowling.
Sono d’accordo con te, Lorenao Amato.
Alla domanda n. 5 [con quali libri “iniziereste” alla lettura un ragazzo (o una ragazza) delle cosiddette scuole medie inferiori? E a quelli del liceo? Che letture proporreste?] avevo risposto così:
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Ai piccoli proporrei belle fiabe, magari in edizioni gradevoli e con intriganti illustrazioni. Forse anche Harry Potter potrebbe essere un buon “inizio”.
Ai ragazzi del liceo… beh, per loro ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta.
Credo che l’atteggiamento ieratico non favorisca il “contagio” della lettura. Ma credo che molti degli intervenuti siano d’accordo. La stessa Antonella Cilento cerca di “catturare” i ragazzi proponendo letture che possano interessare loro per poi far scoprire “il piacere” e “la magia” della lettura.
Comunque secondo me il parere di Lorenzo è importantissimo. Credo che anche a scuola sia necessario tener conto di quanto sopra detto.
Se un insegnante non riesce a trasmettere il piacere della lettura, la magia che nasce dalle parole, magari partendo da testi “accessibili”, potrà essere l’insegnante più preparato del mondo… ma quel sapere sarà del tutto inutile.
Credo di aver imparato ad amare la lettura ancor prima di averne appreso la tecnica. Non potrei vivere senza un libro. Per esperienza personale so quant’è difficile trasmettere ai bambini l’amore per la parola scritta specie in questi tempi in cui prevale l’immediatezza dell’immagine recepita ormai passivamente. La scuola deve combattere contro la televisione che massifica le coscienze e le rende succubi di una cultura superficiale e priva di ideali. Educare alla lettura ed alla scrittura significa educare alla libertà ed alla consapevolezza delle proprie scelte.
Rimpiango i poemi omerici che ho appreso alle scuole medie e le memorabili pagine della nostra grande letteratura trasmesse da un indimenticabile professore napoletano emigrato al nord.
L’editoria propone oggi libri per bambini in una veste grafica attraente ed invitante con argomenti attuali. Bisogna insegnare a svelarne la magia.
@ Amelia: grazie del supporto 🙂
@ Albertina: in effetti il problema della televisione è che costringe lo spettatore a un ruolo puramente passivo. In più lo zapping elimina ogni bisogno di concentrazione o di attesa: tutto ciò che è vagamente noioso lo si elimina cambiando canale. Però l’audio-video è un mondo potenzialmente splendido. Con internet e le infinite possibilità (tutte teoriche, va detto) di condivisione, si potrebbe pensare di affiancare alla lettura la creazione di piccoli video. Un ragazzo che acquisisce la capacità di sfruttare gli strumenti tecnici (di scrittura o altro) per creare storie è di per sé più immune alla retorica televisiva e alle “balle” pseudo-storiografiche che girano in questo nostro presente ormai del tutto anti-umanistico.
Bravissima Elvira! Attendiamo questo collegamento BLOG-SCUOLA.
Sarà bello ascoltare i ragazzi.
Un abbraccio
Grazie mille a tutti voi per i nuovi interventi.
Un saluto e un ringraziamento speciale ad Antonella Cilento per i suoi commenti.
Grazie mille, cara Anto.
E grazie per credere sempre nei valori della lettura e della scrittura.
Ne approfitto per ringraziare i nuovi intervenuti a partire da: Rossella, Vincent, Roberta, Amelia Corsi, Fabiola, Maria Lucia Riccioli, Maria Rita Pennisi…
E grazie mille a Mela Mondì, Luca Di Marzio, Laura, Patrizia Apetino, Alessandra Torcasso, Elvira Siringo, Lorenzo Amato.
Un ringraziamento a Donatella Trotta per aver messo a nostra disposizione la sua recensione uscita su “Il Mattino”.
Dimenticavo di ringraziare e salutare Albertina della Maddalena.
Mi sembra particolarmente importante sottolineare questo messaggio di Elvira Siringo: “spero di poter effettuare il primo collegamento al blog di letteratitudine con gli alunni della mia quinta liceo scientifico il prossimo martedì 16 dalle ore 9,15 alle 10,15”.
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Grazie di cuore, cara Elvira.
Saluta i tuoi studenti da parte mia e da parte di Letteratitudine.
Invitali a esprimere la loro opinione e a intervenire nel dibattito.
Ho ricevuto mail anche da parte di altri docenti, che proveranno a coinvolgere le classi in questa discussione (o quantomeno a render loro nota l’esistenza di questo post).
Mi sembrano segnali davvero importanti.
A tutti i docenti che sono passati (e che passeranno) da qui e leggeranno queste parole.
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Credo che questo dibattito e il libro e l’esperienza di Antonella Cilento possano fornire un importante stimolo all’interno delle scuole e tra gli studenti (in merito all’importanza della lettura e del saper scrivere).
Credo che possa essere opportuno sfruttare questa occasione, senza aspettare input o altri tipi di sollecitazioni da parte del Ministero della Pubblica Istruzione.
Proviamo a riconquistarci da noi la consapevolezza dell’importanza della lettura e del saper scrivere.
Grazie di cuore in anticipo per tutto quello che riuscirete a fare.
Tempo fa Ferdinando Camon mise a nostra disposizione un suo testo sull’importanza della lettura.
Lo pubblicai in questo post: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/10/15/come-sono-belli-i-libri-che-non-si-leggono/
Ma ritengo utile riproporre le parole di Camon a beneficio dei ragazzi che le leggeranno.
PERCHÉ LEGGERE
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Chi vive, vive la propria vita. Chi legge, vive anche le vite altrui. Ma poiché una vita esiste in relazione con le altre vite, chi non legge non entra in questa relazione, e dunque non vive nemmeno la propria vita, la perde. La scrittura registra il lavoro del mondo. Chi legge libri e articoli, eredita questo lavoro, ne viene trasformato, alla fine di ogni libro o di ogni giornale è diverso da com’era all’inizio. Se qualcuno non legge libri né giornali, ignora quel lavoro, è come se il mondo lavorasse per tutti ma non per lui, l’umanità corre ma lui è fermo. La lettura permette di conoscere le civiltà altrui. Ma poiché la propria civiltà si conosce solo in relazione con le altre civiltà, chi non legge non conosce nemmeno la civiltà in cui è nato: egli è estraneo al suo tempo e alla sua gente. Un popolo non può permettersi di avere individui che non leggono. E’ come avere elementi a-sociali, che frenano la storia. O individui non vaccinati, portatori di malattie. Bisogna essere vaccinati per sé e per gli altri. Perciò leggere non è soltanto un diritto, è anche un dovere
(…)
Ferdinando Camon
Ecco. Queste di Camon mi sembrano parole davvero importanti.
Da stampare e conservare (e rileggere ogni tanto).
Lo dico soprattutto ai ragazzi che passeranno da qui…
Tornando all’ottimo libro di Antonella Cilento, vi propongo qualche link interessante…
La recensione/intervista di Brunella Schisa
http://ilmiolibro.kataweb.it/booknews_dettaglio_recensione.asp?id_contenuto=3714251
Il contributo di Supereva
http://guide.supereva.it/case_editrici/interventi/2010/10/asino-chi-legge
La recensione di Wuz
http://www.wuz.it/recensione-libro/5167/asino-chi-legge-antonella-cilento.html
Mi sembrano utili contributi alla discussione le domande poste da Lorenzo Amato.
Riporto la prima…
– Un classico rimane sempre un classico, ma davvero suggeriremmo di leggere Omero a un ragazzo che non ha praticamente mai letto nulla prima?
E poi, circa la possibilità di dedicare tempo alla lettura in classe ritengo utile riproporre questo passaggio di uno dei comemnti di Maria (Postato martedì, 9 novembre 2010 alle 11:10 am).
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Sono insegnante di lettere in un liceo scientifico…vogliamo dire la verità? Quanto tempo a scuola si può dedicare a scrivere? IO dedico, dalle mie 4 ore curricolari, un’ora alla scrittura: creativa, rielaborativa dai libri che leggiamo, dagli articoli dei giornali… ma il programma che dovrei seguire pretende che io faccia altro. I libri scolastici adottati/disponibili sulla piazza mi sfiniscono con schemi sul testo argomentativo, sul saggio breve (???), su protocolli assurdi di scrittura funzionale, sui promessi sposi: descrivi il tale, descrivi il tal altro. Io procedo per la mia strada, per me scrivere dovrebbe rappresentare il 50% del lavoro scolastico e non. E scrivere crativo, originale, libero, spensierato ma anche no, e leggere in aula, davanti a tutti, responsabili di quello che si è scritto e pensato. Purtoppo non è che abbia incontrato schiere di insegnanti che la pensano come me. Se non ci crediamo noi, chi ci deve credere? E’ solo colpa dei ragazzi?
Forse potrebbe essere utile e interessante saperne di più su Chi predispone i programmi e individua i libri scolastici da adottare (e su Come vengono effettuate queste scelte).
Io non ne so granché.
E mi piacerebbe saperne di più…
Chiudo qui, augurando a tutti voi una serena notte.
Amelia Corsi, lei ha scritto “Credo che l’atteggiamento ieratico non favorisca il “contagio” della lettura. Ma credo che molti degli intervenuti siano d’accordo”.
Cosa significa?
Se è ciò che ho capito io (che alla fin fine i consigli sarebbero o aria fritta o autoritari…ipotesi corroborata da un’altra sua frase “Ai ragazzi del liceo… beh, per loro ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta”) sono in totale disaccordo con lei.
Per quale motivo dissento?
E’ molto semplice: non si tratta di INCULCARE i propri gusti, obbligando i più giovani a leggere ciò che piace a noi. Ma di suggerire proporre incuriosire ingolosire presentare i libri (ma anche film musiche eccetera) che per davvero ci appassionano. E in questo non vi è nulla di autoritario nè (come dice lei) di ieratico: vi è semplicemente uno dei compiti che un adulto ha davanti a chi è più giovane: aprire finestre sul mondo, far conoscere opere che altrimenti non verrebbero nemmeno sentite nominare, far venir a un adolescente la voglia di prendere in mano QUEL romanzo e guardare QUEL film perchè un “adulto di cui si fida, un adulto a suo modo interessante” gliel’ha proposto in modo fertile.
Ovviamente dobbiamo essere totalmente consapevoli che, spesso, i nostri suggerimenti di libri (anche di opere per noi preziosissime, che eravamo fiduciosi avrebbero “sfondato”) risultano fallimentari. Bene: prendiamone atto, cambiamo strategia, rimoduliamo le nostre proposte.
Perchè un grande messaggio educativo (di educazione permanente, che dovrebbe durare tutta la vita) è questo:
se IO sono disposto ad accettare il fatto che tu abbia gusti diversi dai miei e anzi provo piacere nel provare a capire perchè ti appassioni ai (merdosissimi) manga fatti in serie,
allora
anche TU dovresti essere disposto ad accettare il fatto che io abbia gusti diversi dai tuoi e anzi potresti provare piacere nel provare a capire perchè io mi appassioni sia alle (per te merdosissime) poesie di Emily Dickinson che alla saga fantascientifica di Dumarest (scritta da E. C. Tubb).
E allora (ecco l’educazione permanente) dare un’occhiata gli uni nelle menti degli altri serve a non starcene rinchiusi nel buio delle nostre monadi.
Ha scritto: “non si tratta di INCULCARE i propri gusti, obbligando i più giovani a leggere ciò che piace a noi. Ma di suggerire proporre incuriosire ingolosire presentare i libri (ma anche film musiche eccetera) che per davvero ci appassionano. E in questo non vi è nulla di autoritario nè (come dice lei) di ieratico”.
Perfettamente d’accordo con lei.
Per atteggiamento ieratico intendo un atteggiamento di fastidiosa superiorità che invece di incuriosire… allontana.
Saluti.
Però sottolineo quest’altra sua frase: ” se IO sono disposto ad accettare il fatto che tu abbia gusti diversi dai miei e anzi provo piacere nel provare a capire perchè ti appassioni ai (merdosissimi) manga fatti in serie…”.
Io non utilizzerei mai quella espressione tra parentesi rivolgendomi a ragazzi da “iniziare” alla lettura.
Ecco. Questa è una delle espressioni che mi sembrerebbe controproducente nei colloqui con un ragazzo.
Un grande in bocca al lupo alla cara Antonella per questa ultima importante fatica letteraria, frutto della sua professionalità e serietà nell’approccio con il mondo dell’educazione giovanile e della sua seria passione per la cultura. Una cultura che nel caso di Antonella, e di pochi altri come lei, è la cultura del fare oltre che del pensare, profondamente intrisa di senso civico e che apprezzo molto. Sebbene la situazione oggettiva dalle mie parti, in particolare in alcune zone particolarmente degradate socialmente e culturalmente, di cui ci parla Antonella nel suo libro, non incoraggi affatto la visione di prospettive migliori, io desidero credere nella possibilità di un miglioramento. Mi impressiona davvero che ci siano ragazzi che oltre a non avere tempo e voglia di leggere non abbiamo più spazio per i sogni, per le favole. Penso che il desiderio di leggere nasca ben lontano dai libri, in un altrove che è spazio di diversi sguardi sulla vita, di altri sensi, di altre vite.Penso che la responsabilità sia di noi adulti di tutti quelli che sono incapaci di dare uno spazio di comunicazione al di fuori di quelle ore con l’Antonella di turno che da sole non possono bastare.La scuola da sola non può farcela, tutti devono fare la propria parte, la famiglia, se c’è, la collettività, l’informazione, lo spettacolo, Insomma di cosa nutriamo questi ragazzi?Io ne ho trovati tanti intelligenti, affamati e curiosi, ma con cui spesso non siamo capaci di dialogare perchè non sappiamo entrare nei loro codici di comunicazione, quindi sforziamoci un pò di più tutti ad uscire, come dice saggiamente Luciano,”dal buio delle nostre monadi”.
L’intento più profondo della scuola dovrebbe essere insegnare a stare insieme, gomito a gomito, condividere, scambiarsi informazioni, confrontarsi con rispetto e curiosità e per fare ciò forse bisogna utilizzare anche nuovi strumenti di dialogo, avvicinarsi e aprirsi al mondo dei ragazzi che non tutti i professori nè i genitori conoscono e vogliono conoscere. Difficile dire quali libri consigliare, non credo si possa generalizzare perchè ogni situazione o ragazzo richiederebbe uno sforzo di comprensione singolo per capire cosa potrebbe incuriosirlo di più. Io partirei da qualcosa di molto vicino a loro ed apparentemente distante dalla letteratura, un film, un fumetto, una canzone perchè tutto può essere spunto per diventare stimolo letterario.Flessibilità e curiosità e mai e poi mai perdere il senso del gioco e la gioia che ad esso si accompagna.Leggere non deve essere una pillola da buttare giù ma un viaggio di scoperta verso altro da sè per ridarci noi stessi cambiati, migliori. Portiamo i ragazzi a visitare le biblioteche a toccare con mano i libri a sentirne gli odori, raccontiamo loro di quando le ricerche si facevano sfogliando cartellini in ordine alfabetico e si studiava sulle fotocopie scricchiolanti e facciamoci raccontare da loro che mondo vivono nei social network e cosa ascoltano, cosa guardano e di cosa si emozionano.
Ai più grandi in classe oltre a tante proposte di lettura che gli insegnanti sapranno consigliare meglio di me porterei la Carta della Costituzione, leggerei gli articoli principali e gli chiederei cosa ne pensano, in fondo è un libro che oggi molti sembrano aver dimenticato.
un caro saluto a tutti, alla cara Antonella un abbraccio e auguri per tutto, a Massimo sempre un grazie speciale.
Personalmente mi piace molto quello che dice Amelia Corsi a proposito della fastidiosa superiorità da evitare nell’approccio con i ragazzi. Mi ritengo abbastanza fortunata con i miei figli per quanto concerne la lettura, mia figlia ha iniziato a sette anni con Geronimo Stilton per poi passare, attraverso Harry Potter e la Meyer, al giovane Holden, Cime Tempestose, Orgoglio e Pregiudizio, e tanti altri. Però oggi legge di tutto, a quindici anni, ma non ho mai voltato la faccia quando l’ho vista con I Love Shopping fra le mani, l’ho lasciata fare e mi sono anche fatta prestare il libro,insomma per dire che l’apertura mentale deve essere la chiave per comunicare con i ragazzi e conoscerli un pò di più per poterli aiutare ad orientarsi nel mare della vita e della cultura,ma lasciando anche sperimentare e sbagliare, se poi di sbagli si possa mai parlare nell’ambito di curiosità e conoscenza.Se dovesse servire un fumetto, o un manga per avvicinare un ragazzo alla lettura non avrei dubbi, mi metterei anche disegnare con lui.
saluti
Grazie mille, Francesca Giulia. Hai interpretato perfettamente ciò che intendevo dire.
Amelia: il mio “merdosissimi” tra parentesi si riferiva a ciò che (spesso) pensiamo.
Comunque ci sono fumetti giapponesi eccellenti: ad esempio, un autore come Taniguchi è un narratore/disegnatore di grande spessore, delicato e solido.
Grazie per la precisazione, Luciano. In effetti mi sembrava improbabile che tu ti rivolgessi in quel modo hai ragazzi…
ai ragazzi (non “hai ragazzi”). Scusate.
@ massimo maugeri
(Forse potrebbe essere utile e interessante saperne di più su Chi predispone i programmi e individua i libri scolastici da adottare (e su Come vengono effettuate queste scelte).
anche a ma piacerebbe saperne di più.
che ruolo hanno gli insegnanti, che svolgono la loro attività sul campo, di influire su queste scelte?
auguri e complimenti ad antonella cilento per il libro
Credo che a questo punto siamo d’accordo (Amelia, Luciano, Francesca Giulia) che per trasmettere una passione, o anche una conoscenza importante, ci voglia un minimo di empatia (e perché no, simpatia) nei confronti del mondo interiore delle persone alle quali ci rivogliamo.
Ecco: questo spesso manca. Anche perché si tende a dimenticare che il Classico (con la C maiuscola) è spesso nato come lettura “divertente”, ovviamente con tutti i distinguo e i doppi sensi etimologici possibili e immaginabili.
Ma insomma, non c’è stato un solo Classico che, alla sua prima apparizione, non abbia generato qualche polemica legata al fatto che rompeva con una qualche tradizione pregressa. Per la nostra letteratura, oltre a Dante, basterà ricordare il Decameron (ufficialmente scritto, si ricorderà, per far passare il tempo alle donne), tutti i poemi cavallereschi, la poesia comica, ecc. ecc. fino ai Promessi Sposi, che si intendevano scritti ANCHE per dilettare.
Credo che il nostro approccio “educativo” rispetto a questa tradizione debba consistere nel togliere la maiuscola alla parola Classico. Cioè togliere le incrostazioni di autorità che la Tradizione (con la T maiuscola) ha imposto a queste opere, privando i lettori del diritto di divertirsi.
La critica italiana in particolare ha molto in antipatia il concetto di “divertimento” legato alla letteratura. Per questo la difficoltà, ancora attuale, di accettare come letterarie le esperienze più importanti del giallo o della fantascienza, o del fumetto.
Insomma, per la nostra tradizione scolastica la letteratura, per essere vera letteratura, deve essere necessariamente pallosa. Credo che su questo si possa veramente intervenire e cambiare qualcosa.
E, ovviamente, la scrittura creativa è uno strumento ulteriore, che forse andrebbe sperimentato anche con fasce di pubblico più ampie (e.g. gli adulti, i veri analfabeti delle diverse realtà italiane).
Caro Lorenzo mi trovi perfettamente d’accordo, inoltre direi che è il concetto stesso di “cultura” in senso più ampio rispetto a quello letterario che è stato sempre e solo visto, vissuto e trasmesso come appannaggio di una elite che sotto la bandiera del Classico e Puro si è sentita la sola autorizzata ad indirizzare conoscenza e studi. Se un ragazzo ci vede con un libro in mano e con la faccia seria come se stessimo reggendo il destino del mondo non sentirà mai dentro di sè che esiste una cosa che si chiama piacere, puro piacere di leggere, vivere altre vite, immaginare, sognare, ricordare e confrontare.Ovviamente possono far molto gli insegnanti più sensibili ma anche i genitori e gli stessi ragazzi con altri ragazzi, mi piacerebbe pensare ad un dialogo dove si insegni quanto è bello leggere senza aver la presunzione di insegnare proprio nulla. Non so se sia corretto ma prendendo in prestito un termine dalla fisica auspicherei un futuro letterario alimentato per induzione!
…un pò come accade anche qui nel microcosmo variegato e fruttuoso di letteratitudine…
@Salvo: sì, sono io. Grazie mille+ tanti baci.
@Amelia: sei un’insegnante?
@Massimo
In genere per la scelta dei libri (sia quelli di testo che quelli di narrativa) si ha un catalogo da consultare e numerosi testi in “saggio” da visionare. La scelta avviene, quindi, sempre a seconda della strutturazione del testo. Per i docenti, in genere, è rispettata la “libertà di insegnamento”, naturalmente sempre entro i limiti di ciò che prevedono i programmi ministeriali, che sono giustamente molto precisi e dettagliati. Quando un insegnante ritiene che un libro di testo non si “addica” alle esigenze della sua o delle sue classi e decide di cambiarlo, deve scrivere una relazione in cui spiega le ragioni del cambiamento e il collegio dei docenti approva o meno il cambiamento. Tutto dev’essere, quindi, documentato e giustificato. Per la scelta dei libri di narrativa, anche lì esistono i cataloghi (per esempio letteratura per ragazzi). Si sceglie sempre in base alle possibilità degli studenti (per esempio, leggere un testo di Dickens può essere più difficile che leggere Robinson Crusoe ecc; viceversa, ci sono classi in grado di leggere “CANDIDE” di Voltaire, anche in lingua originale). Vorrei dire a Lorenzo Amato che il “successo” di un testo proposto agli studenti dipende SEMPRE dallo stile e dalla grandezza dello scrittore. Mi spiego meglio= sono convinta che al “gusto” si debba
essere “educati”, “guidati” e non debba succedere il contrario (cioè che si sceglie un testo a seconda dei “gusti” degli studenti). (aggiungo che lo stesso discorso vale per i programmi televisivi).E’ una mia personale opinione. Secondo me non si può prescindere dai Classici. Posso assicurare che incontrano SEMPRE molto successo! Se si propone Shakespeare( che in realtà NON dovrebbe essere LETTO), per esempio, il successo è assicurato! E non per “merito” di chi lo propone….
Ps: ha avuto MOLTO successo anche la fiaba di Salvo! “Lo sciopero dei pesci”, infatti ha entusiasmato due anni fa gli alunni di una prima media ( classe di una collega di lettere). Il successo è stato decretato sì dalle immagini colorate, ma anche dal linguaggio particolarmente accattivante per loro e dal tema ECOLOGICO! Ricordo un bellissimo post dedicato tutto a questa fiaba. E quindi è sempre il linguaggio (la sua forma) che attira, insieme al suo contenuto= che fanno un tutt’uno.
@ Roberta:
bisognerà pur ammettere che il successo o meno di un testo dipende anche dal contesto in cui lo si legge. In un liceo classico si può far leggere di tutto, e anzi di deve spingere gli studenti a letture più complesse rispetto al Moccia di turno. Ma se si insegna in classi inferiori (elementari o medie), o in istituti più disagiati dove gli studenti non leggono per niente, qualsiasi libro che gli studenti sentano come loro a prescindere dalla scuola dovrà essere considerato un alleato, e non in opposizione ai classici. I quali, certo, sono il nostro fine ultimo.
Non vedo perché si debba stroncare una ragazza che legga “Twilight” o “Tre metri sopra il cielo”, o un ragazzo che legga un fumetto, solo perché quelli non sono (ancora?) classici.
E iniziamo a intenderci bene: Candide è un capolavoro di narrativa filosofica, ma a livello di fruibilità “giovanile” non è Shakespeare. Nella mia classe di IV ginnasio c’era chi a 14 anni leggeva Proust e Schnitzler, ma se si prendono a riferimento questi “giovani”, allora bisogna chiarire un attimo di cosa stiamo parlando in questo blog. Ovvero: parliamo di figli di famiglie agiate e più o meno colte, oppure di situazioni di disagio, più o meno relativo, dove il problema è insegnare cosa significhi leggere un libro dall’inizio alla fine (ovvero da pagina 3 a pagina 367, o qualcosa del genere)?
Io insegno all’università (Lingue straniere = facoltà umanistica), e assicuro a tutti che questo concetto (= leggere un libro dall’inizio alla fine) non è per niente scontato. Tutti gli studenti sanno leggiucchiare, ovvero scartabellano un libro più o meno come stessero facendo “scolling” su una pagina internet. Sono bravissimi a “consultare” i volumi della bibliografia di riferimento, ed eccezionali a trovare informazioni sugli autori (su internet ovviamente; Dio non voglia che prendano in mano un’enciclopedia cartacea o, orrore, mettano piede in biblioteca). Ma leggere un libro da cima a fondo non lo sanno fare. Non solo. Messi sotto pressione, e obbligati a scrivere tesine che contengano i riassunti dei romanzi da leggere, non sanno cosa significhi in concreto fare un riassunto articolato di una trama.
Notare che molti di questi studenti hanno letto al liceo brani o porzioni di Classici importantissimi. Ma nessuno ha mai insegnato loro ad affrontare un romanzo per conto proprio, senza il filtro della critica o della storiografia. Insomma, i giovani adulti non sanno leggere, perché educati tramite metodi antologici che antepongono l’aura del Classico alla libera fruizione (e al divertimento) della lettura.
Non credo che un insegnante di scuola media debba scegliere fra Shakespeare e Moccia (o simili), ma semplicemente rendersi conto che 1) a quell’età Moccia (o la Rowling, ecc.) è un alleato, non un concorrente, e quindi, anche se non lo si utilizzerà in classe, neanche lo si additerà in continuazione come “schifezza da non leggere”: ci penseranno poi i ragazzi a crescere e trarre le loro conclusioni; 2) lo stesso insegnante farebbe bene a conoscere almeno un po’ di questa letteratura popolare, perché per comunicare con degli esseri umani, anche se “nani”, bisogna pur conoscerli. Se lei è un’insegnante di media inferiore sa bene che il successo di un testo sta spesso nella sua capacità di essere attuale per chi lo riceve. Ovvero: anche nella capacità dell’insegnante di renderlo attuale. Ma come fa un’insegnante a rendere attuale un testo per un pubblico del quale non sa nulla? Come ci si rapporta a questi studenti, a questi bambini che poi sono i futuri adulti: come nei tempi antichi, quando ancora si pensava che l’infanzia è un’età difettosa che, semplicemente, manca del raziocinio degli adulti?
Ma davvero l’insegnante non ha mai niente da imparare niente dal mondo interiore dei ragazzi?
caro Lorenzo, io non sono un’insegnante ma una madre e una persona molto molto incuriosita e affascinata dal mondo interiore dei ragazzi che avvicino sempre con rispetto e mai con supponenza, quindi trovo grande sensibilità nelle tue parole. Credo che un’insegnante che ritenga di non dover e potere imparare nulla dal mondo interiore dei ragazzi sia per prima cosa un cattivo insegnante di vita perchè al di là delle competenze specifiche degli esseri umani il percorso di ognuno di noi è fatto di incontri dove qualcuno da e un altro prende, qualcuno lascia qualcosa di se e l’altro porta qualcosa con se di ciò che gli è stato lasciato. Insomma senza uno scambio non s’impara nulla né nella vita né nella cultura e tanto meno si può avere la presunzione di insegnare. naturalmente come hai detto anche tu bisogna capire bene il contesto in cui vivono e si muovono i ragazzi, questa cosa fa non poca differenza nell’approccio ma non molta nella sostanza del dialogo.Il fatto è che a mio parere un bravo insegnante deve essere oltre che preparato anche molto creativo, usare molta fantasia, espedienti per attrarre, capacità di giocare e di incuriosire e non vivere trincerato dietro le certezze di un sapere granitico.Stessa cosa un genitore. Allenamento e ginnastica per l’elasticità dell’animo, e una sana capacità di stupirsi sempre, a prescindere dall’età anagrafica.
un caro saluto
Complimenti a tutti per questa bella discussione e ad Antonella Cilento per il libro.
Vorrei apportare un nuovo elemento per supportare, e forse incrementare, il dibattito.
Si trattano delle parole di Romano Luperini, in un suo articolo pubblicato sul mensile “Stilos” di novembre.
Le ho trascritte e le metto nel post dopo di questo.
ROMANO LUPERINI
Credere che leggere di per sé faccia bene alla cultura lo lascerei agli spot televisivi promossi dalla presidenza del consiglio. E’ un’idea che rinvia a una cultura ottocentesca e primonovecentesca. Fortini l’aveva combattuta già negli anni sessanta del secolo scorso. Oggi non conta leggere, conta cosa e come si legge. Attraverso la lettura può passare solo l’inquinamento del mercato. La battaglia per cosa leggere e per come leggere è oggi decisiva e passa attraverso la coscienza che leggere di per sé non è né un bene né un male, e anzi può essere più un male che un bene. È come guardare la televisione: anche in questo caso tutto dipende da cosa si guarda e da come si guarda.
–
(Stilos, pag. 19 del numero di novembre 2010)
Cosa ne pensate?
Saluti a tutti.
In treno verso Torino, insieme a sei dodicenni (non in gita scolastica ufficiale): “Prof., ho deciso, da grande voglio fare il poeta”. Ho guardato Ciro e il suo entusiasmo mi ha fatto vibrare. “Ma non volevi fare il medico?”. “Ho cambiato idea”.
Ho 31 anni, scrivo fin da bambina, insegno Letteratura latina in una Facoltà di Lettere “giovane” (di frontiera, per certi aspetti) e conduco, come Antonella (che saluto e ringrazio: vado subito a comprare il libro, lunedì!), dicevo, conduco P.O.N. di Scrittura creativa a Napoli e provincia. Lavoro, incontro, osservo ragazzi di 20 anni circa, bambini di 10 e le fasce intermedie (a seconda dei PON): c’è chi legge, chi non legge, chi legge solo – e raramente – best-sellers (e magari studia Lettere…), c’è chi adora scrivere, chi non lo sapeva ma scopre di amare la scrittura. Dipende. Lettura, scrittura, obbligo, programmi, esami, curriculum, rapidità, citazioni su facebook, bisogno di comunicare, poesia: cerco, sia all’Università che nelle scuole primarie e secondarie, di trasmettere la passione e il piacere (perché è un piacere!) di leggere ad alta voce (e insieme), leggere in silenzio, esprimersi con la scrittura, giocare… e scavarsi dentro. I colleghi spesso mi dicono che “perdo tempo” (all’Università) a fare scrivere tanto i ragazzi (testuali parole) e a organizzare seminari tematici in cui le letture (dai classici latini alla poesia contemporanea) non siano calate dall’alto (ex cathedra, cioè da me) ma frutto e oggetto di discussione, crescita, ripensamento. Io credo ancora che ne valga la pena.
Segnalo solo, a chi fosse interessato (in particolare ad alcune tecniche di scrittura creativa), che un anno fa ho raccolto in un libro i testi nati in due P.O.N., scritti (in prosa e poesia) da bambini (9-12 anni): “Il PONte dei sogni. Giovani scrittori a scuola” (a cura di A. Sacerdoti, 222 pagine, 10.50 euro: http://www.boopen.it/acquista/DettaglioOpera.aspx?Param=13183&NClick=1336). Su youtube, gli stessi ragazzi insieme a me (per gioco, in un’aula di scuola): http://www.youtube.com/watch?v=3PUT34b7QeM e, sugli Haiku: http://www.youtube.com/watch?v=4463flynSEA&feature=related). I ragazzi dell’Università, commoventi in questi testi (nati dalla lettura di un catalogo di idiosincrasie di Barthes): http://herewritesthesun.com/online/index.php?option=com_content&view=article&id=15:porte-chiusaperte-frammenti-di-vita-universitaria&catid=4:sun-lettere&Itemid=3 Chiedo venia per lo spazio lungo di citazioni e links: parliamo lo stesso linguaggio ed è bello (e succede troppo raramente) condividere le proprie esperienze con i piccoli grandi eroi di questa Italia contraddittoria. A presto, un abbraccio.
Postilla su Luperini (v. penultimo intervento, di Antonello Terenzi):
Ad avviso di Luperini la lettura è, semplicemente, uno dei canali di apertura tra il singolo e il mondo, un medium, che può consentire l’accesso a un mare magnum in-differenziato e senza qualità di cattiva letteratura (che è come la cattiva televisione, la cattiva musica, la cattiva estetica dei palazzi che siamo abituati a vedere intorno a noi, la cattiva politica: tutte cose che fanno male e diseducano).
Concordo con lui, ci vuole qualche garanzia di qualità, ma il problema è nel fatto che i lettori comunque seguono ciò che vogliono, e le logiche di mercato non rispondono – come anche per la tv ecc. – alla qualità, ma al possibile impatto commerciale. Le letture a scuola invece sono eterodirette, là forse si può intervenire di più. Credo comunque che, tra fenomeni sociali, economico-commerciali, stanchezza dell’istituzione scuola nel suo complesso a ri-mettersi in gioco (del resto, la scuola è vessata da mala politica), richieste ministeriali di “produttività”, progettualità (v. i nostri PON), burocrazia, cultura-risultato e non cultura-processo, i problemi siano davvero moolto complessi e non di univoca lettura.
Certo, in molti scrivono (scriviamo), in pochi si legge, e cosa si legge? Anche qui non so dare risposte. Ho bisogno di esprimermi (e credo di saperlo fare con la parola), credo nella democrazia delle lettere (è bello per tutti imparare a leggere a scrivere), non credo nella mancanza indiscriminata di filtri (ma questo sta anche alla saggezza delle persone).
Aggiungo, per il dibattito, che un docente di Letteratura, alla scuola di specializzazione all’insegnamento in italiano e materie umanistiche, ha pregato noi tutti studenti (seppure non conosciuti direttamente nei nostri gusti e inclinazioni) di “smetterla di scrivere” (racconti, poesie…) e di iniziare (o riprendere) a leggere i classici. “Tutti scrivono, scrivono mediocremente, non si leggono più i capolavori”.
Riallacciandomi alle esperienze di scrittura nelle scuole fatte da Antonella, da me e da altri, credo che invece la chiave di tutto sia la passione per la parola e l’espressione, la riscoperta della bellezza. Lo si può fare in tanti modi, leggendo scrivendo, riuscendo a dare gli stimoli giusti. Se ci si diverte a scrivere non è un male di per sé, anzi.
Infine (anche se avrei tanti aneddoti da raccontare, ma non voglio abusare dello spazio comune…), fin dai tempi degli antichi romanzi greci (III-I sec. a. C.), la letteratura “di consumo” esisteva, il romanzo era screditato come genere “basso”, esistevano polemiche letterarie sulla cattiva e sulla buona letteratura. Idem dicasi per gli autori di epigrammi a Roma, screditati dai tradizionalisti scrittori di epica. Eppure anche gli epigoni di Omero non erano bravi come lui.
Su piccola scala, già nel mondo antico riflettevano (anche con toni aspri) su cosa si dovesse leggere, quali autori e quali generi, quali pagine leggere a scuola (e qui mi riallaccio alle domande iniziali di Massimo), sulla letteratura alta e quella di consumo.
Nel mio piccolo, credo che accanto alle pagine di “epica” e alla storia della letteratura italiana, i ragazzini delle medie dovrebbero leggere (e appassionarsi: è facile, viene da sé) a Bianca Pitzorno, Roal Dahl, Roberto Piumini ecc. ecc. Di ottima letteratura per i piccoli ce n’è (anche alle elementari, ovviamente); magari bisognerebbe completare i curricula con le appassionanti storie scritte negli ultimi decenni da autori di qualità, per avvicinare i ragazzini alla lettura. Man mano che passano gli anni, forse, è più difficile.
Lascio questi problemi un po’ aperti, in pieno momento di crisi collettiva, e da brava filologa che ama i dubbi e le discussioni come questa.
Grazie a tutti, bravi tutti. Abbracci
Scopro che non è stato pubblicato il mio commento precedente (alquanto lungo), temo per problemi tecnici, spero non per censura (!). Difficile riepilogarlo. Me ne rammarico.
Le parole di Ciro (mio allievo di scrittura creativa) però le condivido: a un certo punto del percorso, ha deciso di fare da grande “il poeta”.
Più bello di così…
Peccato per il resto, anche sul problema della lettura e delle letture all’Università (non tutti i ragazzi iscritti a Lettere leggono!).
A presto,
Arianna
P.s. era una postilla ad intervento precedente, lungo, che non si legge più (era in attesa di moderazione). Che peccato, l’ho scritto di getto alle quattro di notte!
spariscono i miei commenti e me ne rammarico. Anche quelli scritti lunghi-lunghi…
quella di prima su Luperini era, appunto, una postilla.
@Lorenzo Amato: son d’accordo con te. Anch’io insegno all’università e riscontro simili e altre situazioni variegate.
Per strani percorsi, i miei post non sono stati pubblicati (c’era un mio intervento lungo) e mi dispiace davvero.
Parlavo anche delle mie esperienze di scrittura creativa coi piccoli e di relativo materiale a disposizione di chi ne ha voglia (video su youtube, specie sugli Haiku, testi degli allievi di scrittura creativa raccolti nel libro di cui indico recensione su Repubblica).
Abbracci
Che tristezza (e stupore), un mio lungo commento di ieri non è stato pubblicato… eppure non mi sembrava fossero male le cose che ho scritto, da prof. di Letteratura all’uni, scrittrice, lettrice ed esperta – come Antonella – di scrittura creativa!
Problemi tecnici o altro? Se altro, vorrei che il moderatore mi contattasse per spiegarmi, così “cresco” e capisco.
Quella che leggete qui sopra è, infatti, solo una postilla…
Abbracci
@ Lorenzo Amato: sono d’accordo, collega 🙂
@ Massimo Maugeri: viva le buone letture per ragazzi alle scuole medie. Es. Pitzorno, Dahl, Piumini, Carpi, letteratura del secondo novecento o degli inzii di questo secolo. Buona letteratura di qualità scritta per ragazzi oggi o poco tempo fa. Accanto ad Omero (e dipende dalle scuole e dal contesto sociale/culturale delle famiglie dei giovani).
Saluti
@ Arianna Sacerdoti
Carissima Arianna, grazie mille per i tuoi ottimi interventi e benvenuta a Letteratitudine!
Il tuo commento del 14 novembre 2010 alle 3:09 am (mattiniera o nottambula? 🙂 ) era finito in moderazione automatica perché conteneva più di due link. E’ un sistema di protezione “connaturato” nella piattaforma wordpress (a cui si appoggia anche questo blog) che evita l’invasione di spam pubblicitari (ti assicuro che ne arrivano diverse centinaia ogni giorno).
In ogni caso il tuo bel commento è stato prontamente sbloccato e ti invito a continuare a intervenire (e a contribuire a questo dibattito che continuo a reputare molto importante)..
😉
Grazie mille anche per gli interventi di Antonello Terenzi (ottimo lo spunto fornito da Luperini), Francesca Giulia, Lorenzo, Roberta, Armando, Luciano, Amelia…
Grazie a tutti.
Quel passaggio di Romano Luperini rientra nell’ambito di una interessante inchiesta pubblicata su “Stilos” di novembre con articoli di Sergio Pent, Romano Luperinie Luca Canali… e interviste a Raffaele Manica e a Giovanni Tesio.
Credo che “incroci” piuttosto bene il senso di questa discussione incentrata sul valore della lettura (e della scrittura) e su questo libro di Antonella Cilento.
Confermo che ci sono diversi docenti e studenti che stanno leggendo questo post anche nel corso dell’orario scolastico(qualcuno di loro interverrà nei prossimi giorni).
Inoltre ho intenzione di rilanciare il dibattito con una nuova newsletter, offrendo come contributo il pensiero di Romano Luperini (vedete sopra).
Cara Arianna, ho visto che altri tuoi commenti sono stati bloccati dal sistema che ha considerato spam questo link: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/09/11/quel-ponte-di-grandi-sogni-raccontato-dai.html
Non so il perché… chiedo venia!
Ma grazie ancora…
E’ bello leggere che questo argomento sta a cuore a tanti!! Sono stata ad ascoltare Antonella venerdì a Parma… E’ stata straordinaria come sempre!
Per quanto mi riguarda, due cose: la mia opinione in merito alle letture da dare ai ragazzi… Sono per il compromesso: qualcosa che parli di loro ma che lo faccia in modo alto, inatteso, che li coinvolga ma anche che mostri aspetti nuovi della realtà … e soprattutto che richieda a loro sforzo. Poi ci sono io a spiegare, dare spunti di riflessione, puntellare dove non capiscono.. ma se dò cose facili, che a loro possano sotanto piacere, siamo sicuri che sia il meglio che la scuola possa offire? Noi come la tv, il minimo sforzo, l’emozionarci…
Onestamente pretendo di più. CI sono moltissimi libri belli di letteratura senza scadere nel banale, nel già sentito, senza svendere l’obiettivo che ogni insegnante deve avere.
Educare al bello. A riconoscerlo, ad innamorarsene.
se vi può interessare, vi potrei parlare dei libri su cui lavoro da un pò, con colleghe che la pensano come me ( scusate, ma non sono per i commenti fiume, che si finisce per non leggere :))
saluti a tutti
Maria
salve a tutti sono Marika invitata dalla Prof.ssa iacono già qualche giorno fa. Scusate per il ritardo con cui scrivo ma non amo affatto leggere al pc e devo dire che prima di poter dare una giusta risposta ho dovuto leggere per tre giorni di seguito un pò a singhiozzo perchè il lavoro di libraia e di mamma è davvero frenetico malgrado abbia letto in questa discussione di tutto e di più. Premetto fin da ora che non amando affatto il computer penso che non sarà facile intervenire ancora, io diciamo amo ancora parlare di presenza, scrivere cartoline e soprattutto leggere e annusare l’odore della carta nuova del libro. Mi riferisco ad esempio alla professoressa che da appuntamento a non so quale giorno per potersi connettere con tutta la classe e partecipare alla discussione. personalmente mi viene molta tristezza ….. innanzitutto vorrei tanto sapere come fa tutta una classe a seguire una discussione e leggerla daventi ad uno schermo così piccolo? Consiglierei soprattutto in questo periodo dell’anno a questa porfessoressa di approfittare dell’autunno stagione piena di bellissimi colori e profumi nuovi (può essere un idea accostarla al Carducci) portare la sua classe fuori fare chiudere gli occhi ai ragazzie e invitarli ad ascoltare il rumore o i suoni, a vedere i colori rinentrare in classe e farli scrivere di getto oppure meglio ancora di andare a farsi un giro in una libreria. Tante volte i ragazzi non leggono perchè sempllicemente non frequentano anzi che dico frequantare è già un verbo spropositato, alcuni non sono mai andati presso una libreria.
Mi sono premurata di ordinare il libro penso oggetto iniziale di queta discussione che ormai ha preso strade diverse su questo argomento forse lascerò un commento nel mese di gennaio perchè il tempo natalizio mi porta davvero lontano da questo arnese astruso e antagonista a tutto ciò che è cartaceo. e’ vero almeno così ci siamo conosciuti !!!! come in ogni cosa ci sono i pro e i contro, il bene e il male, il bello e il brutto. Così come accede con i libri.
Da libraia cercherò insieme alla mia esperienza maturata in 8 anni in una città che a parer mio sembra veramente non accorsergi del mondo che gira, cercherò dicevo di dare una risposta alle risposte sopra richieste.
Premetto che sono una libraia solo per bambini e ragazzi. eh si bambini e ragazzi perchè c’è una netta differenza tra la letteratura per l’infanzia e adolescenza.
Alla domanda numero uno:
Nella mia esperienza devo dire che i ragazzi vanno e vengono. Fortunatamente il lavoro di leggere prima i libri e raccontarli è stata una carta vincente. a volte basta vederlo in viso un ragazzo capire cosa vorrebbe leggere ed è facile trovare il testo. la mia esperienza è positiva devo dire invece è negativa per i genitori (non tutti) ma la maggior parte. Spesso mi è capitato di incontrare bambini che mi riconoscono come la signora dei libri con un grande sorriso mi vengono a salutare e cercano ingenuamente di coinvolgere nella loro eccitazione anche la loro mamma che spesso saluta ringrazie e si scusa di non portarlo in libreria perchè ha troppi compiti, impegni o è lei che lavora troppo insomma l’ha dimenticato o non ha mai tempo. Si semina tanto ma davvero tanto in classe, il libreria con le visite guidate, letture racconti, laboratori di ogni genere (teatro, scrittura creativa ) e poi? Arrivano le mamme esaurite. Per carità mi ci metto anch’io corro come tutte ma davanti ad una richiesta di “almeno una volta l’anno?” non so ……..
I ragazzi leggono oggi leggono state tranquilli non tutti certo ma l’ostacolo più grande è avere il tempo di andare anche solo in una biblioteca ben attrezzata, magari a scuola stessa.
2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio
Questa domanda l’ho voluta ricopiare e scrivere in neretto, perchè scusate il termine ma io una stronzata così non l’ho mai letta. Non i risulta e se così fosse sarebbe paragonabile al fatto che vogliamo e avremo la fine del mondo. Ovvimente non do una risposta alla 3 domanda.
Nella quarta si chiede perchè è importante leggere devo dire ho letto delle ottime risposte. Sicuramente più esauriente delle mie forse troppo schematiche, perchè ripeto non amo il computer. A tutti noi pare ovvio perchè è importante leggere noi siamo persone alle quali piace leggere e scrivere e trasmettiamo questa passione in caso contrario non faremmo parte di questa discussione. Mi piacerebbe invece entrare in qualche classe di liceo (perchè lo zoccolo duro è li) e chiedere a loro se considerano la lettura importante e soprattutto chiedere se e cosa leggono.
5. cosa proporre? beh difficile a dirsi perchè ogni settimana i libri cambiano e per essere aggiornati bisognebbe cambiare titolo almeno ogni mese. A questo proposito apro una parentesi, giusto ieri è venuta in libreria una cara professoressa di italiano la Volpi smpre attenta ad aggiornarsi e a proporre alle sue classi. Io ho invitato laprof.ssa a questa discussione spero lo faccia.
D
ovviamente
darò qualche titolo invitando il genitore o il professore a far conoscere ai propri ragazzi prima di tutto l’autore. Io quando chiedo ai ragazzi se conosco Roald Dahl inizialmente mi dicono di no poi appena nomino la Fabbrica di Cioccolato tutti alzano la mano. Quindi prima di tutto soffermatevi un pò sull’autore e poi se è horror, se è fumetto se è fantasy insomma quello che volete se vogliono leggere quel libro non li frenate non li criticare se non siete sicure il massimo che potete fare è leggerlo insieme. In una classe io (a meno che si tratta di progetto con l’autore) non consiglio mai lo stesso libro i ragazzi sono diversi, diversi carattere, diversi modi di vivere, di sognare ……
C
@lorenzo amato+ @francesca giulia
Perdonatemi, le vostre parole tradiscono la solita “sfiducia” nei confronti degli insegnanti; inoltre è chiaro che non avete mai insegnato ai ragazzi piccoli. 1)Ma chi ha detto che i docenti non sono capaci di ascoltare i ragazzi e di consederare le loro idee come una ricchezza? Lo facciamo sempre. 2) @Lorenzo, saprai bene che il TEMPO a disposizione per tutto è pochissimo, quindi dibbiamo fare delle scelte; inoltre noi lavoriamo con ragazzi difficili (provenienti da Case-Famiglia+ disabili+ con handicap fisici e mentali+con problemi socio-affettivi di vario genere). Di fatto nella “tricea” (è un termine che si usa a scuola per definire le “situazioni difficili” di cui nessuno ha idea, se non un insegnante che le vive) ci stiamo noi. E sembra tutto molto semplice dall’esterno, ma non lo è.
3) Non sono gli insegnanti che devono “insegnare” a leggere un romanzo per intero. Non è ANCHE questo un nostro compito. Noi possiamo cercare di trasmettere la passione per la lettura, ma non è automatico che la colgano, per vari motivi.
Infine: i classici non sono mai lontani dal nostro tempo= le tematiche sono sempre attuali e gli studenti le colgono più facilmente di quanto non si creda. Leggere Stevenson (“Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr.Hyde) non li ha allontanati da nulla, anzi. Li ha appassionati sulle tante facce della psiche umana.
4) Non mi riferivo in alcun modo a “studenti scelti”. Non abbiamo questi pregiudizi, anzi. Entusiasmare studenti che vivono situazioni disagiate non può che dare un maggiore senso alla nostra presenza a scuola.
5) Noi traiamo sempre le nostre gratificazioni dagli studenti stessi e mai da chi la scuola non la conosce: sono loro gli unici che veramente ci stimano, alla fine.
Cari saluti
Riporto un brano del commento di Anna Sacerdoti (mi sembra significativo)
“Aggiungo, per il dibattito, che un docente di Letteratura, alla scuola di specializzazione all’insegnamento in italiano e materie umanistiche, ha pregato noi tutti studenti (seppure non conosciuti direttamente nei nostri gusti e inclinazioni) di “smetterla di scrivere” (racconti, poesie…) e di iniziare (o riprendere) a leggere i classici. “Tutti scrivono, scrivono mediocremente, non si leggono più i capolavori”.
@maria= sono d’accordissimo con te., anche sulla “lunghezza” degli interventi! Ci capiamo bene, vedo.
darò qualche titolo invitando il genitore o il professore a far conoscere ai propri ragazzi prima di tutto l’autore. Io quando chiedo ai ragazzi se conosco Roald Dahl inizialmente mi dicono di no poi appena nomino la Fabbrica di Cioccolato tutti alzano la mano. Quindi prima di tutto soffermatevi un pò sull’autore e poi se è horror, se è fumetto se è fantasy insomma quello che volete se vogliono leggere quel libro non li frenate non li criticare se non siete sicure il massimo che potete fare è leggerlo insieme. In una classe io (a meno che si tratta di progetto con l’autore) non consiglio mai lo stesso libro i ragazzi sono diversi, diversi carattere, diversi modi di vivere, di sognare ……
Consigli di lettura: primissima fascia d’età : dai 3 anni in su sicuramente i vari illustrati oggi in commercio da non dimenticare la Nicoletta Costa e Altan.
Dai 5 anni c’è la Chiara Carminati, Guido Quarzo Nicoletta Costa
Come prime letture vere e proprie oggi ci sono in commercio così tanti libri anche molto colorati che è difficile sbagliare bisogna tenere conto di due punti fondamentali: Il bambino, molti genitori cercano di comprare il primo libro senza il bambino …. per me è assurdo. Io lo dico sempre quasi alle volte li sgrido : Ma il bambino dov’é? è come comprare un paio di scarpe, se le prova lei? Le persone a volte mi prendono per matta e non ritornano dicono di andare nelle bancarelle o al supermercato altre più (forse) inteligenti capiscono e ritornano con il bambino.
Per le scuole elementari consiglio quasi sempre Roald Dahl unico nel suo genere, Piumini, Lingdrind, Nanetti, non amo molto la pitzorno la ptrovo romai un pò datata e molto femminista ma rimane unico il suo “l’incredibile storia di Lavinia” fenomenale. Volete accattivervi una classe? fatelo con questo libro. Come classici Il mago di Oz per me rimane il numero uno. Amicizia, diversità, paure, difficoltà, fantasia.
Per le scuole medie : adoro Jerry Spinelli, avete una figlia in età adolescenziale? fatele leggere Stargirl, abbiamo in Italia un ottima autrice e anche bravissima e bellissima donna che è Paola Zannoner. fate leggre tutto di lei argomenti vari attualità in genere ma scrive benissimo. Giusto l’altro ieri ho fatto un elenco ad una professoressa di racconti di attualità per una seconda e terza media:
Sotto il burqa, No, Non avrò più paura, Viki che voleva andare a scuola e la famosa invasine degli orsi in sicilia. Ovvio che ce ne sono di nuovi e di vecchi.
Se devo invece consigliare qualcosa direttamente ai ragazzi gli autori più letti sono garlando, baccalario, marsotto, Masini (bravissima) e petrosino con la sua sterminata serie su valentina.
Per i ragazzi del liceo consiglio spesso l’alchimista, Siddarta, valerio massimo manfredi, la licia Troisi, Pennac (anche per più piccoli) ultimamente Oddifreddi ha scritto un bellissimo racconto/saggio su Galeo ha scritto anche la Margherita Hack, salgari ah a questo proposito mi viene in mente un episodio di qualche anno fa: venne in libreria in uno stato devo dire confusionale una ragazza dicendomi che da poco aveva avuto una cattedra di italiano in una classe di scuola superiore non ricordo se serale o comunque una scuola dove c’era una classe che raccoglieva vari ragazzi che avevo perso gli anni. Un disastro insomma era una classe di 28 ragazzi tutti maschi. poverina mi fece molta pena. Non sapeva che fare. Mi venne un lampo di genio. Le consigliai Il conte di Montecristo. versione integrale Non so se sono 2000 pagine … La poverina ritornò dopo qualche mese raccontandomi che il primo giorno quando i ragazzi la videro intrare in classe con tutto quel mattone ammutolirono, si spaventarono ….. le consigliai di iniziare a leggere costi quel che costi anche lavita sottovoce qualsiasi erano i commenti o il casino che facevano. TOMBOLA !!!!! la professoressa quando tornò mi prenotòuna visita guidata in libreria perchè quasi nessuno di loro c’era stato beh vi devo dire che a distanza di anni ogni tanto ne vedo qualcuno ancora come mio cliente anche se sempre più di rado. conobbero l’avventura, l’amore e ci chiesero alla professoressa e a me se ce n’erano degli altri cosi o se la’utore aveva scritto qualcos’altro.
Questi sono solo alcuni esempi … questo per dire che non esiste un libro o più libri da consigliare dipende tutto dal bambino dalla classe da tanti fattori. Vi ho indicato solo alcuni autori questo è un argomento che ha bisogno di una pagina a se.
6. Che ruolo ha la scuola ? Il ruolo che ha è importantissimo ma attenzione non addossiamo tutte le colpe del perchè i nostri figli non leggono agli insegnanti che svolgono un lavoro eccezionale alle elemtari, poco assiduo alle scuole medie, pressocchè nullo ai licei. Io ho ragazzi che vengono in liberia chiedendomi ancora Il gattopardo (scuola media) si ce l’ha dato da leggere la professoressa. Ma come si fa? però è anche vero che se un ragazzo è abituato a leggere a volte il Gattopardo potrebbe anche incuriosirlo chissà. (Io a prescindere non lo consigliere). Fino all’anno scorso il ministero ha dato 1000 euro ad ogni scuola del territorio da spendere per il rinnovamento delle biblioteche scolastiche. Il mio compito al meglio è stato quello di andare a visitare le biblioteche vecchie e su quelle consigliare testi nuovi. Non vi dico …. Io ho trovato ancora i famosi 15 ….. (eccezionali ma datati da morire). Si deve dedicare sicuramente più tempo e ore curriculari alla lettura, e devo dire visti gli ultimi ritocchi alla riforma anche alla grammatica sembra quasi che questi ultimi due siano stati cancellati ritenuti poco utili. Non voglio fare politica ma un popolo ignorante fa comodo ancor di più che sia questo il loro obiettivo?
Do il mio ultimo commento ad un post che parlava di Omero. Si può proporre Omero ad un ragazzo che non ha mai letto? Eccome no? Bisogna vedere la versione oggi c’è una versione dell’Odissea anche con geronimo stilton. Certo non darei la vera e propria Odissea al ragazzo ma ce ne sono in commercio così tante versioni anche a fumetti che vale la pena leggerlo. Poi con gli anni ne cercherà una versione sempre più esigente alla sua età. Bisogna iniziare da piccoli, bisogna seminare di tutto con il tempo si raccoglierà e il primo a esserne responsabili siamo noi genitori.
C
scusate mi rendo conto di aver scritto un poema ….. Ringrazio tantissimo la D.ssa Lo Iacono per avermi inviato mi scuso di non averlo fatto prima e scusatemi fin da ora se non sarò subito presente alla prossima. Un saluto Marika Parisi
Ringrazio molto Maria, Marika (benvenuta a Letteratitudine!) e Roberta per i nuovi commenti.
@ Marika
(Nella speranza che riesca a partecipare ancora alla discussione).
Hai scritto:
“2. Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio
Questa domanda l’ho voluta ricopiare e scrivere in neretto, perchè scusate il termine ma io una stronzata così non l’ho mai letta”.
Capisco il tuo fastidio e il tuo sdegno, cara Marika… che equivale a quello di tutti noi che amiamo i libri.
Ma quella domanda riprende un passaggio provocatorio della scheda del libro di Antonella, ovvero il seguente: “Da qualche anno, invece, leggere è considerato un errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio. Studiare e leggere, è ormai noto, non ti porterà da nessuna parte, non ti aprirà le porte del mondo del lavoro, non farà di te una persona migliore, tanto vale trovare false scorciatoie”.
–
Per quanto la cosa possa infastidirci, cara Marika, ahimé… temo ci siano persone che la pensano proprio in questo modo.
@ Marika
Riprendo anche questo passaggio:
“Premetto fin da ora che non amando affatto il computer penso che non sarà facile intervenire ancora, io diciamo amo ancora parlare di presenza, scrivere cartoline e soprattutto leggere e annusare l’odore della carta nuova del libro. Mi riferisco ad esempio alla professoressa che da appuntamento a non so quale giorno per potersi connettere con tutta la classe e partecipare alla discussione. personalmente mi viene molta tristezza ….. innanzitutto vorrei tanto sapere come fa tutta una classe a seguire una discussione e leggerla daventi ad uno schermo così piccolo? Consiglierei soprattutto in questo periodo dell’anno a questa porfessoressa di approfittare dell’autunno stagione piena di bellissimi colori e profumi nuovi (può essere un idea accostarla al Carducci) portare la sua classe fuori fare chiudere gli occhi ai ragazzie e invitarli ad ascoltare il rumore o i suoni…”
–
Non sono d’accordo, Marika. Secondo me creare un’occasione di dibattito in classe prendendo spunto da questa discussione può essere utile per vari motivi:
a) i ragazzi ci vivono su Internet… ma Internet non è solo chattare, giocare on line, ecc; il web offre anche la possibilità di scambiare idee e creare occasioni di riflessione approfondite (e anche a distanza); ecco… dare testimonianza che on line esistono anche queste realtà credo sia positivo;
b) prendere spunto da questo dibattito per ragionare sul valore della lettura e del “saper scrivere”, credo possa essere utile;
c) in questo blog si discute quasi esclusivamente di libri e ci si incita reciprocamente alla lettura di testi di carta… magari fosse più frequentato dai giovanissimi (che tuttavia non mancano)! Potrebbe essere un viatico ulteriore per rimanere contagiati dal virus della lettura;
d) partecipare a questo dibattito non esclude certo la possibilità di organizzare attività esterne alle classi… ci mancherebbe… magari si potrebbe organizzare un incontro in libreria… perché no. 😉
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Grazie mille per i consigli di lettura, cara Marika, e per gli altri spunti che hai fornito (ti devo un ringraziamento particolare visto che hai spiegato di non amare molto il pc).
Per oggi chiudo qui.
Auguro a tutti voi una buona serata e una serena notte.
@Roberta carissima ci tengo a chiarirti che la “sfiducia” che hai letto nelle parole espresse non è verso gli insegnanti ma verso un sistema in genere.Non mi piace affatto parlare per categorie umane, perchè all’interno di queste ci sono gli individui ma purtroppo per esperienza devo ammettere che se esistono insegnanti con la tua sensibilità che mettono anima cuore e tempo, così ci sono anche altri un pò disamorati, antiquati nei modi e impermeabili ad ogni possibile cambiamento di incontro e dialogo con i ragazzi.Che il tempo sia poco lo capisco bene, capisco anche che parlare a ragazzi disagiati sia molto più complesso e che come ho detto in un mio commento più sopra non “possono far da soli gli insegnanti per quanto bravi e dedicati”, ma che esiste il lavoro delle famiglie, insieme tutti educhiamo e svolgiamo il nostro ruolo. Pur non avendo mai insegnato ai piccoli ho cresciuto due figli e nel mio compito di educatrice ho dovuto cercare due metodi differenti per stimolare e far appassionare alla lettura i miei due figli, diversi per indole e sesso.Quello che cerco di dire è che spingersi un pò più avanti nell’approccio con i ragazzi e guardare al loro mondo personale è necessario per poter accendere una passione come quella della lettura. Il mio secondo che non voleva sapere di leggere ci è arrivato guardando film di Sherlock Holmes, e dopo con me in libreria comprando il libro di colui che lo aveva creato come autore. insomma nella mia semplicità di madre che nulla ha di antagonista con gli insegnanti, per giunta bravi e sensibili come te o come Antonella che stimo e conosco,il cui lavoro è appassionato e necessario, dico che non tutti sono disposti a mettersi in gioco oltre l’impegno minimo richiesto.Sai in tutti gli incontri che ho fatto con tutti li insegnanti dei miei figli in questi anni non ho trovato sempre persone come te, è un dato di fatto così come esistono genitori che non hanno mai regalato un libro ad un figlio.
Fortunati i tuoi alunni a godere della tua esperienza e passione, un buon insegnante si ricorda per tutta la vita.
baci
@Marika sono d’accordo con te sull’importanza del contatto reale con la carta ,il libro o la biblioteca ma l’una cosa non esclude l’altra, e cioè come dice saggiamente Massimo, questo è il mondo profondamente frequentato dai ragazzi,è il mezzo per eccellenza per comunicare, non l’unico ma perchè non utilizzarlo come strumento per parlare, diffondere e condividere l’amore per la lettura?L’importante è il fine. Spero che la professoressa riesca a connettersi con i suoi ragazzi e a trovare tanti spunti per loro, anche a rimandarcene altri da parte dei ragazzi che leggeranno. Ringrazio Massimo per la sua ospitalità che fa circolare idee e passioni.
saluti carissimi
@Massimo Maugeri: grazie per le informazioni tecniche e per avere sbloccato il post “too linked”! Chiedo venia per i messaggi successivi (che non comparivano, e che dunque ho riscritto: ora son tutti pubblicati e dicono la stessa cosa…).
@Maria: “educare al bello”: sono d’accordo. Ci sono tante strade per arrivarci e forse il segreto (dando per scontato che si scelgano testi belli, classici o recenti) è comprendere di volta in volta chi abbiamo di fronte. Scegliere da una rosa di qualità e adattare la scelta al contesto, ai bisogni, agli stimoli che sempre ci vengono dagli allievi, di tutte le età. Certo, è più faticoso, ma ne vale la pena.
(Io, comunque, da ragazzina, scrittrice e lettrice onnivora, con evidenti inclinazioni per le materie umanistiche e non per quelle scientifiche, leggevo con enorme piacere Calvino, la Ginzburg, Hesse, Piumini, le belle poesie di Pinin Carpi, la Pitzorno… e a scuola, alle medie, quando ho “scoperto” i Sonetti di Foscolo, mi sono innamorata della bellezza e della complessità degli endecasillabi).
@Roberta: che scrivano (e vogliano pubblicare) in tantissimi non è senz’altro un bene (come pensava il nostro prof.). Tuttavia, frenare a priori il piacere di esprimersi è un male altrettanto grave. La scrittura e la lettura (entrambe “di sostanza”) possono andare di pari passo, se fatte con passione. Senz’altro, la quantità non fa la qualità (parlo dei forse “troppi” libri pubblicati), però può darsi che nella massa degli aspiranti scrittori, giovani soprattutto, qualcuno di bravo ci sia, e andrebbe incoraggiato. Forse, il compito di selezionare sulla qualità e pubblicare meno (ma è anti-economico) sarebbe delle case editrici (tutte), ma è un mondo nel quale non lavoro. Più in generale, il nemico della lettura non è la scrittura; i nemici, io credo, sono altri.
Abbracci
@francesca giulia
sì, capisco il tuo punto di vista, cara Francesca, e ti ringrazio per le tue parole. Non spetta a me dire se io sono davvero così… So che anche l’anno scorso avevo dei colleghi giovanissimi, pieni di entusiasmo e di una bravura indicibile (uno di questi laureato in Storia e Filosofia insegna alle medie ed è incredibile quello che fa per la scuola: organizza serate di lettura anche per “le mamme” e i genitori in generale, perché pensa che per “imitazione” se i figli vedono le mamme leggere, allora le possono imitare). In generale, se possiamo parlare di “percentuali”, e non di categorie, ti assicuro che sono di più quelli bravi, rispetto ai “menefreghisti”.
Il “successo” poi per noi non arriva spesso, almeno quello manifesto. Credo che anche avere una mamma come te sia un grande regalo per i tuoi figli. Mi sembra che ci siano tanti bravi genitori (certe volte mi stupisce incontrare proprio nei paesini più piccoli i genitori più affettuosi e comprensivi, e non sono quelli che hanno studiato, anzi. Spesso sono persone che vivono di agricoltura e che si occupano delle loro bestie; ma parlano con noi e ci capiscono; non sempre, però, sono dei veri “alleati”, come sarebbe auspicabile). Nelle città sono tutti più diffidenti, più “scafati”, più arroganti. Sembra che la città più è grande e più è luogo di corruzione e di imbruttimento morale. N.B.= non è un concetto mio, ovviamente, ma abbastanza “balzachiano”……
Un abbraccio
@Arianna Sacerdoti
Certo, certo, sono d’accordo che non dobbiamo “smetterla di scrivere”. Però quel prof, forse, voleva dire: come si fa a diventare dei bravi scrittori, se mancano le fondamenta?(= i bravi scrittori). Prima è necessario leggere, poi si scrive. E’ una mia opinione strettamente personale.
@Roberta: D’accordissimo. Negli anni di studio all’Università, senza averlo prestabilito/deciso, ho letto e studiato e non scritto. Non so perché. Forse perché lo spazio che mi chiedevano Dante, Ariosto, Eschilo (e tanti altri) era urgente. Ho assorbito.
Diversa è la pratica privata della scrittura, senza nulla pretendere dal mondo (e qui contesto il prof.): chi ha voglia, per sé, può scrivere e non per questo pretendere di essere scrittore.
Se poi il problema è che non si legge, credo che le cause siano profonde e plurime.
Abbracci
@Roberta: D’accordissimo. Negli anni di studio all’Università, senza averlo prestabilito/deciso, ho letto e studiato e non scritto. Non so perché. Forse perché lo spazio che mi chiedevano Dante, Ariosto, Eschilo (e tanti altri) era urgente. Ho assorbito.
Diversa è la pratica privata della scrittura, senza nulla pretendere dal mondo (e qui contesto il prof.): chi ha voglia, per sé, può scrivere e non per questo pretendere di essere scrittore.
Se poi il problema è che non si legge, credo che le cause siano profonde e plurime.
Abbracci
Quali libri si dovrebbere leggere durante gli anni della formazione?
Ecco i consigli di Dino Buzzati a Maddalena, figlia del giornalista Gaetano Afeltra, di cui Buzzati fu padrino di battesimo:
– Nana, di Zola
– Povera gente, di Dostoevskij
– Lo straniero, di Camus
– Santuario, di Faulkner
– Il circolo Pickwick, di Dickens
– La morte di Ivan Ilic, Resurrezione e Guerra e pace, di Tolstoj
– Oblomov, di Goncarov
– Il ritratto di Dorian Gray, di Oscar Wilde
– Il processo, di Kafka
– I racconti straordinari, di Poe
Ci sono poi altri titoli per 25 autori in tutto ma, visto il contesto, mi sono permesso una selezione.
In un prossimo post altri consigli di altre fonti.
Tiziano Cornegliani
Cari amici, torno a intervenire dopo qualche giorno (ero lontana, a Parma per presentare Asino chi legge e per uno stage di scrittura creativa, e saluto le amiche che mi hanno visitato lì!!!).
Vedo che intanto il dibattito ha preso varie derive non tutte pertinenti. Era con noi allo stage di Parma una docente dell’Università di Torino che alla fine, ringraziandomi, mi ha detto: ma cosa dovremmo insegnare agli insegnanti elementari? Perchè io vedo, formandoli, che mancano troppe cose, che i bambini entrano a scuola con la passione del libro e ne escono dopo cinque anni detestandolo.
Uno dei problemi degli insegnanti – per fortuna non di tutti – è che pensano già di saper fare: a Laura, che mi chiede quando mi scoraggio, rispondo che mi scoraggiano le prof che vengono ai miei corsi, fanno poco e niente e vogliono il certificato per potersi candidare ad altri PON; mi scoraggiano le scuole che invece di chiamare gli scrittori e gli esperti competenti assumono gli insegnanti; mi scoraggiano tutti i prof che mi dicono “io so cos’è la scrittura creativa” e poi me li ritrovo in laboratorio e viene fuori che manca l’abc della letteratura e delle tecniche di narrazione. Mi scoraggia la disonestà in cui è immerso il nostro Paese anche in queste cose che sembrano piccole e invece sono fondamentali. A ciascuno le sue competenze, secondo le proprie autentiche e riconosciute abilità. Ma mi danno coraggio gli studenti, che sono sempre piu’ curiosi e piu’ leali degli adulti e alcuni prof, che sanno chi sono e cosa fanno ( e perché) e non fanno finta di potersi sostituire agli scrittori, ai poeti, agli artisti. Un abbraccio e buona discussione
@ Roberta
No, non sono un’insegnante. E probabilmente non avrei le caratteristiche per essere una buona insegnante.
@ Antonella Cilento
Secondo me il fatto che la discussione si espanda e si allarghi è una cosa positiva. Non mi pare che siamo usciti fuori tema.
Ne approfitto per ringraziarti per tutto quello che fai. Forza e coraggio, cara Antonella.
Se qualcuno è interessato, Asino chi legge sarà presentato questa settimana:
VENERDI’ 19 NOVEMBRE h 18
presso il Chiaia Hotel de Charme di Napoli
nell’ambito della rassegna POETE’ di Claudio Finelli (che è uno dei prof del libro) con la partecipazione di FRANCESCO DURANTE
e
SABATO 20 NOVEMBRE h 18
ad Avellino con EMILIA B. CIRILLO e GENEROSO PICONE
presso la Libreria L’angolo delle storie
Via Fosso S. Lucia, 4
Vi aspetto!
Antonella, verrai anche in Lombardia?
Potresti aggiornare qui le date del tuo tour?
Un abbraccio.
Cara Amelia, purtroppo per adesso non ci sono date in altre regioni ma appena saprò e si organizzeranno presentazioni senz’altro vi farò sapere:-))
Grazie!
@ Antonella Cilento:
sono d’accordo con Amelia, la discussione si allarga perché ci sono tanti aspetti legati che magari vanno al di là delle prime intenzioni di dibattito (tue o di Massimo), ma che comunque hanno una loro importanza.
Io non sono uno scrittore e non insegno scrittura creativa, né insegno alle elementari o medie. Ma credo di poter dire la mia perché 1) i miei genitori erano insegnanti di medie; 2) insegnando all’università, ho quotidianamente a che fare con i risultati dell’insegnamento elementare e medio; 3) sono stato bambino anche io (malgrado tutto) e ricordo l’aproccio che ai miei tempi avevamo con le letture scolastiche.
Ciò detto, ho sottolineato fin dall’inizio che il problema non sono i bambini, ma gli adulti. Sono gli adulti che non leggono, e che, soprattutto, “ideologizzano” il proprio non leggere per giustificarsi (e quindi danneggiano il rapporto dei bambini con la lettura).
Sperare che ci siano sempre insegnanti bravi che sappiano bilanciare la cosa è almeno ingenuo. Spero quindi che tu riesca a portare avanti il tuo lavoro.
E magari si potrebbe escogitare un modo per obbligare anche gli studenti universitari a scrivere qualcosa. Perché, checché se ne dica, provare a scrivere non fa mai male…
Grazie a te, cara Antonella. E ancora complimenti.
Un saluto a Lorenzo Amato.
@ Roberta:
come dicevu tu, io non ho esperienza di insegnamento a bambini, ma fino a un paio di anni fa ero bambino anche io, e ben ricordo le mie esperienze di lettura scolari. In prima e seconda elementare leggevo ancora tanto. Fra quelli proposti a scuola, ho adorato i libri di lettura di Tolstoi. Poi con la terza è arrivata la stagione delle antologie italiane, con raccontini moraleggianti che a distanza di un quarto di secolo ricordo ancora con odio. Mia madre ricorda che in quegli anni ho smesso di leggere (lei dà colpa al Signore degli Anelli e ai fumetti, comunque).
Ci sono alcuni dati di fatto che non possono essere ignorati: il fatto che gran parte degli ex studenti italiani ricordi CON ODIO i Promessi sposi, o la Divina Commedia, e che tutte le volte che dico di star lavorando con Dante distolgono gli occhi e dicono “ci vuole un bel coraggio”,
dovrebbe suggerire che qualcosa è andato MOLTO storto nel processo di avvicinamento a questi classici. Si tratta di un problema che si verifica fra medie e superiori, e più difficilmente alle elementari, ma è un fatto che molti “giovani adulti” vivono la lettura di fumetti o libri popolari (à la Moccia) come una fuga dai libri imposti a scuola.
Ecco: non so quando questo problema nasca, quando cioè i ragazzi “leggenti” smettono di leggere, ma il problema esiste, e come ho detto nel post sopra all’università di LETTERE abbiamo a che fare con i risultati di questo problema.
Io credo che sì, un insegnante dovrebbe insegnare a un bambino anche a leggere un libro dall’inizio alla fine. Che poi sia Stevenson o la Rowling cambia poco. L’importante è che il bambino inizi a sviluppare una coscienza delle dinamiche narrative che possa contestualizzare i “passi scelti” così amati dalle nostre antologie.
Il punto è, come rimarcato da qualcuno, di favorire la voglia di lettura dei ragazzi, che spesso è spontanea. L’antologia non favorisce un bel niente. L’antologia “insegna” qualcosa, ma non la passione per la lettura.
Quanto tutto questo possa essere una critica degli insegnanti di elementari non saprei. Io direi di no. Semmai è la critica di un sistema educativo fondato su un oggetto, l’antologia, che da sussidio didattico è divenuto un modo di pensare diffuso, oggi peraltro favorito da internet che, per sua natura, è una specie di grande antologie multiforme e magmatica senza curatore e senza fini educativi.
Caro Lorenzo, gli universitari che possono vengono in frotte ai laboratori a pagamento, invece fare il corso dentro le università è il vero muro da sfondare, perchè in Italia c’è ancora tanto pregiudizio sull’insegnamento della scrittura. Però una buona notizia c’è: fra due lunedì faccio una breve lezione (gratuita) presso la cattedra di Storia della Lingua della Federico II di Napoli, presieduta dalla vulcanica e gentilissima Patricia Bianchi. E nel convegno universitario rivolto agli insegnanti tenutosi a cura di Ugo Cardinale e della Federico II qualche settimana fa’ sempre a Napoli (il convegno era proprio sull’insegnare l’italiano) c’è stato un assaggio, assai seguito, di laboratorio.
C’era anche Romano Luperini, che è stato tirato in causa.
@ Marika:
prima di tutto complimenti per il bel lavoro che fai.
Però una puntualizzazione (a dire il vero non ricordo se eri tu a parlare di Omero per i bambini; se non eri tu fai finta di nulla):
quando io parlavo di Omero, non parlavo dell’Iliade o Odissea adattate per bambini. Parlavo di Omero, magari negli endecasillabi di quel Vincenzo Monti cavaliero / gran traduttor dei traduttor d’Omero. Rimando perfettamente d’accordo che versioni adattate e con illustrazioni vadano benissimo anche per bambini dei primi anni di scuola elementare.
Ma Omero è Omero, e lo riserverei alle superiori (a meno che non ci sia una classe di bambini già predisposti; ma questo valutate voi insegnanti, eh).
E a proposito di quel che dice Luperini sulla questione “non basta leggere” bisogna anche dire che è vero: non tutti i libri portano ad altra letteratura. I ragazzi che leggono Moccia ho testato materialmente che fanno piu’ fatica di altri a passare a nuove letture. Mentre, per dirne una, chi legge Harry Potter travasa interesse verso altri generi. Ovvero: per quanto semplice sia l’offerta deve contenere delle qualità letterarie o non dice a chi legge abbastanza da fargli desiderare di scoprire nuovi libri. Quindi, basta che leggano ok, ma al tempo stesso: non basta. Bisogna sforzarsi di portare tutti (anche e soprattutto gli adulti) verso la percezione della complessità. Ieri a Parma abbiamo letto tre cracconti: uno di Kawabata, uno di Salamov e uno di Bulgakov. Contenevano temi “tosti”: la letteratura ha il compito di essere l’ascia che taglia il ghiaccio della nostra vita, come diceva Kafka. L’intrattenimento è piacevole e serve, ma non va confuso con le scritture che ci dicono qualcosa su chi siamo nel profondo. Un abbraccio:-)
ciao. sono una ragazza di 13 anni, a casa con la febbre (niente scuola oggi). volevo ringraziarvi tutti, in primis Antonella Cilento. leggendovi sto apprendendo tante cose importanti e sto riflettendo su aspetti legati alla lettura su cui prima non avevo pensato.
grazie.
@ Antonella
Che l’università sia il vero muro da sfondare è straverissimo (anzi: straverissimissimo).
Che si fa? Io non conto nulla nell’Uni. di Firenze, però sono a disposizione per qualsiasi proposta. Rimaniamo in contatto?
grazie anche a questo blog per lo spazio che offre. ne parlerò con i miei compagni e prof.
Un caloroso saluto e un in bocca al lupo alla carissima Antonella…leggerò prestissimo Asino chi legge, e sono sicuro che lo troverò strepitoso come i precedenti
@ Luperini (in spirito)
sono d’accordo che non tutti i libri siano cultura, anzi. Ma questo vale soprattutto per gli adulti, che spero sappiano discernere fra Saviano e Vespa (e.g.).
Ma il discorso è diverso quando si parla di bambini. I quali devono, appunto, imparare a leggere, nel senso di imparare a leggere un libro da cima a fondo.
Antonella, davvero tutti questi problemi post-Moccia? Sapresti dire perché?
Rispondiamo in coro, per non appesantire la discussione (diremmo cose diverse, ma non è detto che siano utili), cercando una mediazione, anche noi, tra le diverse posizioni, anticipando una citazione scioccante (è verso la fine delle nostre divagazioni). Naturalmente corremmo stare in tema, ma non riusciamo a resistere alla voglia di divagare. Perdonateci.
Essendo da poco rientrate da una esperienza di insegnamento (Italiano; Alessia ad Ajaccio, in due Licée, e Michela a Grenoble, Italiano in otto classi di scuola primaria), saremmo tentate di allargare il discorso, perlomeno ad ambiti europei. Ci risulta, lo abbiamo verificato (i nostro allievi hanno letto ciò che abbiamo proposto senza problemi). Ce l’hanno anche narrato altri insegnanti: altrove si legge forse di più. Come mai accade? pare che gli scrittori abbiano meno peli sullo stomaco e le case editrici non pensano solo alle vendite (speriamo sia vero).
Veniamo all’Italia: dai dati che abbiamo, i lettori sarebbero 2 milioni, ovvero quelli che guardano le poche trasmissioni televisive che parlano di letteratura, tra cui Che tempo che fa. Rispetto a questa trasmissione oseremmo polemizzare: il presentatore dichiara di avere a cuore le piccole case editrici, ma la trasmissione presenta sempre libri delle grandi (come potentati economici) case editrici. Questo è un limite, giacché ottime penne si possono scoprire sia tra i libri delle piccole aziende che nei blog.
Per non parlare dei classici: andrebbero letti comunque, anche perché i libri costano meno.
Legato a questo tema è lo sterminato numero di scrittori italiani, anche se acquisiscono tale titolo pagando le pubblicazioni di tasca propria.
Ebbene, la nostra idea è che tutti quegli scrittori non leggono se non le proprie produzioni. Si può, tuttavia, opinare che abbiano letto moltissimo prima e certamente anche libri di qualità.
In filigrana, come è chiaro, si può rinvenire anche un consiglio collegato alle modalità con cui si può imparare a scrivere senza frequentare una delle migliaia di scuole cosiddette di scrittura creativa.
Sulle ragioni per le quali si legge tutto sommato poco sul suolo italico (non faremmo distinzioni tra le aree geografiche-regionali): di certo si paga il prezzo della esplosione delle nuove forme di comunicazione: dagli sms alle mail, dai siti maniacalmente frequentati a FB non meno capace di creare malattie e dipendenze.
Speriamo che l’Ipad serva a diffondere gli e-book: si tratterebbe comunque di lettura…
Per finire: queste sono spinte che allontanano dall’odore e dai fruscii della carta stampata. Cosa fare per evitare il fuggi?
Beh, noi faremmo ciò che disse Mao Zedong: se qualcuno tenta di sodomizzarti, non agitarti, faresti il suo gioco.
E qualcuno direbbe: e che chazzecca?
Chazzecca, chazzecca eccome: non sono forse evidenti le spinte verso l’assenza, verso l’allontanamento dalla cultura in genere? Non è forse questa a pagare la crisi economica?
Quindi: meglio prendere un libro e lasciarsi andare alla lettura, in attesa di tempi migliori. O della catastrofe.
Alessia e Michela
Ci è saltato un “fuggi”…
Chiediamo scusa.
@ Alessia e Michela
Credo di non essere d’accordo sulle cose che dite.
1) In Italia si è sempre letto poco. Ci sono stati periodi migliori, ma in confronto ai paesi del nord Europa (= protestanti) le percentuali italiane degli ultimi due secoli sono sempre state inferiori, spesso di moltissimo. Si sono avanzate tante spiegazioni. La migliore, secondo me, è quella che ho anticipato: la cultura cattolica è meno propensa alla lettura di quelle protestanti, che hanno nel proprio DNA religioso il DOVERE di leggere la Bibbia (non a caso molte letterature nordiche sono nate o rinate nel Cinquecento con traduzioni della Bibbia)
2) I media alternativi alla lettura esistono da decenni. Il peggiore di tutti è sicuramente la televisione, poiché, come dimostra questo blog (e infiniti altri esistenti su qualsiasi argomento dello scibile) con internet tutti leggono e tutti scrivono. Chi usa regolarmente facebook difficilmente sarà completamente analfabeta, come invece chi non legge e non scrive mai nulla.
3) Crocetti una volta disse che in Italia ogni anno scrivono poesia più di due milioni di persone, ma di quelle comprano (e leggono) libri di poesia una frazione minima. La situazione economica non c’entra nulla: con l’usato i libri si trovano a poco, e con le biblioteche si trovano anche a nulla. Basta cercarli, ovviamente. Il fatto è che gli italiani non sono abituati a leggere, e questa abitudine è un fatto culturale. Ovvero deriva da un’educazione che è il risultato, in parte, di una élite culturale piuttosto snob e avversa al libro “popolare”, in parte di una campagna soprattutto televisiva di svilimento di tutto quel che è culturale. Oggi gli intellettuali sono rappresentati come piccoli Luca Nervi, il frustratissimo sindacalista di CameraCaffè. Potrei fare molti esempi, ma lasciamo perdere.
4) Mao lasciamolo in Cina. Non ci azzecca. La cultura la si fa combattendo le battaglie dei propri tempi, non aspettando che la tempesta passi. Ci sono intere generazioni di persone da educare alla cultura o magari da rieducare ab ovo, e l’ultima cosa da fare è chiudersi in piccoli circoli Pickwick a raccontarci quanto siamo bravi noi e stupidi gli altri. La cultura è vita perché è militanza, altrimenti diventa un hobby come collezionare trenini elettrici. Quindi, care mie, se qualcuno proverà a mettervelo nel batacchio, agitatevi e fate casino, e magari bene bene non andrà a finire neanche per chi al vostro batacchio mirava…
Vorrei inserirmi con una riflessione relativa al confronto fra le parole dei proff. Amato e Luperini: mi appaiono più simili di quanto non sembri, infatti sostengono entrambe che l’importante è cosa leggere. Sono d’accordo col principio che non tutto ciò che si legge è utile arricchimento del patrimonio culturale, tuttavia è anche vero che il canale privilegiato e imprescindibile per l’arricchimento medesimo è pur sempre la lettura. Qui entra in gioco la funzione insostituibile che dovrebbe essere svolta dalla SCUOLA contro quello che il professor Luperini chiama rischio di “inquinamento del mercato”. E’ indiscutibile che, circolando tanta spazzatura stampata, spesso i ragazzi finiscano col dimostrare solo assennatezza nel non voler gettare via il loro tempo in simili letture. Forse anche questo è un modo di dimostrare la loro “indignazione”. Tuttavia se è necessario “nutrirsi” di letture e c’è molto “cibo nocivo” la soluzione non consiste nel digiunare, ma piuttosto nel saper scegliere consapevolmente. In questo compito le recensioni non sempre ci aiutano, in quanto ogni libro pubblicato ormai sembra che meriti indistintamente l’appellativo di “capolavoro letterario” o di “rivelazione del secolo”.
Nella formazione della persona ritengo che la cultura NON sia un elemento in più da acquisire ma sia il mattone fondamentale costitutivo dell’essenza stessa dell’individuo. La cultura non è un abbellimento in più ma è l’essere stesso. Perdonatemi se richiamo la definizione di uomo lasciataci da Aristotele: ricordiamo tutti la definizione di uomo=animale razionale. Dunque l’uomo è l’essere che fonda la sua peculiarità sull’esercizio dell’intelletto, ovvero sull’accrescimento della cultura (che a mio avviso passa necessariamente dalla lettura). Aristotele fa della cultura il fondamento etico dell’umanità, in quanto il singolo sarà felice solo quando realizzerà a pieno la sua umanità (cioè lo studio continuo e permanente). L’esempio paradigmatico più celebre e calzante che mi permette di spiegare bene questo concetto ai miei alunni è tutta condensata nell’immagine soddisfatta del monaco che fugge dal convento in fiamme stringendo fra le braccia i libri ( Il nome della rosa di Umberto Eco).
Compito della scuola dunque NON è trasmettere nozioni più o meno utili per la loro applicazione pratica nel futuro mondo del lavoro. La scuola deve trasmettere l’abitudine virtuosa all’accrescimento della propria personalità attraverso l’incremento del bagaglio culturale globale, perché l’uomo non si identifica tanto con ciò che fa, quanto con ciò che è, ovvero con ciò che sa. Tutti i lavori hanno pari dignità, ma non tutti sono parimenti gratificanti e creativi. Servono a sostentarsi in una vita che può essere, comunque, piena di risorse date dalla ricerca e dall’approfondimento personale. Quale mezzo ci permette di visitare luoghi e tempi distanti se non il romanzo? E quale mezzo ci permette di conoscere i grandi personaggi del passato se non un saggio storico? E cosa ci permette di conoscere meglio le nostre radici se non la lettura dei classici del nostro Paese? E cosa ci avvicina di più all’altro, al “diverso”, se non la lettura delle opere classiche degli altri Paesi? Potrei andare oltre, ma credo di aver reso l’idea.
Non me ne voglia il professor Amato, ma occorre pur “forzare” le scelte dei ragazzi, aiutandoli a scoprire ciò che di bello e di buono si nasconde dietro i temuti “classici”, (naturalmente per far questo occorre averli letti e meditati, devo confessare che conosco alcuni colleghi molto bravi a consigliare opere delle quali ignorano il contenuto, solo perché hanno un titolo celebre, e poi si trovano in difficoltà se devono motivare il loro consiglio)
Cosa succede quando la scuola “dimentica” di trasmettere l’amore per la cultura e trasmette solo un cumulo di informazioni?
Cosa succede quando le nuove generazioni della società in cui viviamo crescono inseguendo il mito illusorio dell’effimero apparire costruito intorno alla voragine di vuoto dell’essere?
Succede che i giovani si sentono vuoti, si guardano dentro e non sanno chi sono, sono facilmente trascinabili e all’occorrenza influenzabili da certa politica, e riempiono la mancanza di “essere” (e le tasche della malavita organizzata) con palliativi molto stupidi o perfino dannosi, dall’eccessivo uso dei video giochi fino all’uso di alcol e droghe.
Non vorrei essere accusata di catastrofismo, ma credo che la situazione attuale sia proprio questa. Possiamo suggerire ai nostri giovani di distinguersi dagli altri con una “nuova stravaganza” che non sia il solito tatuaggio o piercing, tentando di far tornare di moda l’andare in giro “vestiti” da intellettuali. Ai miei tempi (ahimè! quanto mi sento vecchia nel dire queste parole!) dunque, ai miei tempi girava la moda di mostrarsi in pubblico con un bel quotidiano sottobraccio e almeno un libro, meglio se di quelli in formato super economico, purché avesse l’aria vissuta, un po’ sgualcito e con varie annotazioni personali a margine: da Freud a Jung, da Marx a Nietzsche, da Pirandello a Sciascia… era il “biglietto da visita”!
C’è, fra di voi, qualcuno che ha buona memoria?
Domani mattina tenteremo di fare intervenire direttamente i ragazzi, mi sembra che l’uso di un blog per invogliarli alla scrittura sia, tutto sommato, un giusto compromesso fra la tecnologia e la carta stampata. Chissà che non sia anche il “ponte” giusto! Un caro saluto, Elvira.
Segnalo a tutti, d’accordo con Massimo, il sito http://www.liberweb.it – il mondo dell’editoria per bambini e ragazzi in rete. Dal sito è possibile scaricare elenchi fatti benissimo, e aggiornati, delle letture fondamentali, per fascia di età, che andrebbero fatte.
Aspetto con ansia il collegamento con i ragazzi, carissima Elvira!
E aggiungo che parlare di libri attraverso internet (cioè attraverso un mezzo velocissimo, vicino ai loro cuori, alla loro quotidiantà) è un modo accattivante e intelligente per invitare alla lettura.
Pongo loro qualche spunto, da mamma di un bimbo vivacissimo, monello, che tuttavia si lascia incantare dalle storie, dal tono fiabesco e misterioso che a volte uso per “agganciarlo”, tergiversando sul finale per tenerlo sulle spine.
Gli studenti di Elvira sono più grandi, certo, ma credo che l’incanto per l’affabulazione sia simile in tutti gli esseri umani, e quindi chiedo ai ragazzi:
1) Cosa chiedete a un libro?
2)Cosa vi colpisce in una storia? La lingua? La trama? I personaggi?
3)Se poteste inventare il libro “perfetto”, a quali temi vi ispirereste? L’amore? Il dolore? La crescita? L’incomprensione? Il sogno?
Un grande abbraccio a te e a questi tuoi “figli”, cara Elvira, cui auguro una crescita piena, vibrante di emozioni e desiderio di apertura. Che la vita vi sia benigna, ragazzi.
Un bacio
Caro Lorenzo,
per l’invito a restare in contatto molto volentieri. E speriamo che l’università si svegli, a patto che esista ancora dopo i tagli che stanno arrivando, ahimè:-))
Grazie:-)))
Come contributo al dibattito, vi invio questa intervista che ho realizzato con Lucia Scuderi, una delle migliori professioniste che abbiamo in Italia per quanto riguarda la narrativa per l’infanzia (non so se c’azzecca, spero di sì)
Il mondo a colori di Lucia Scuderi
di Salvo Zappulla
Quando si parla di fiabe e favole è risaputo che esse sono rivolte principalmente ai bambini e che, dunque, rientrano nel genere della letteratura per l’infanzia. Ma non solo. (Propp insegna). La letteratura per l’infanzia costituisce un universo particolare, spesso poco considerato ma certamente di grande fascino. Lo scrittore che scrive per i bambini si assume un impegno particolarmente gravoso perché si rivolge a dei soggetti in formazione, a lettori ancora da costruire, ai futuri cittadini di domani. Manzoni evitava di scrivere per i bambini, non intendendo assumersi tale responsabilità. Questa premessa è finalizzata a evidenziare l’importanza della fiaba e della favola e la loro valenza letteraria. Quando parliamo di fiabe e favole, dunque, parliamo di letteratura. E non di letteratura secondaria. Le fiabe hanno valore terapeutico, aiutano i bambini – e non solo loro – a superare i momenti di passaggio, le crisi di crescita, a rielaborare simbolicamente e risolvere i propri conflitti interiori. Un bambino che ascolta storie diventerà un adulto capace di immaginare soluzioni, di trovare un filo di parole nel bandolo della propria esistenza. Le fiabe rappresentano le sfaccettature fantastiche di una realtà altrimenti inesistente. L’avventura, il magico che s’intesse negli oggetti, nelle forme, negli animali. Negli ultimi anni l’editoria specializzata in questo settore si è molto evoluta influendo con grande rilevanza nel mercato librario e in quello sociale. L’offerta al pubblico si è fatta più professionale, più attenta, sia nell’introdurre sperimentazioni grafiche ed editoriali, sia per i contenuti, che percorrono strade diverse da quelle tradizionali. Sono avvenuti mutamenti nel panorama editoriale, sono nati nuovi marchi, altri sono scomparsi. E in controtendenza con la crisi del libro, i dati che riguardano la letteratura per l’infanzia sono confortanti. Gli stessi scrittori si sono resi conto di quanto sia importante comunicare con un utente da formare ed educare alla lettura, il quale esige anche grande rispetto. Per essere scrittori, e in particolare scrittori o illustratori di libri per bambini, bisogna essere bimbi un po’ dentro, guardare il mondo con i loro occhi, altrimenti diventa difficile riuscire a comunicare con loro, emozionarli attraverso uno scritto o un disegno. I bambini rispondono sempre con entusiasmo quando ci sono proposte reali di coinvolgimento. Si comincia a casa con le filastrocche e le ninne-nanne a introdurli dentro le meraviglie di un mondo fantastico, poi il compito passa agli educatori scolastici, ai laboratori di lettura. Spronare i bimbi alla lettura, leggere loro fiabe e favole significa abituarli ad avere maggiore consapevolezza nelle scelte, ad avere meno paura delle differenze, a conoscere mondi e civiltà diversi per imparare ad essere più tolleranti. Chi legge affina il proprio pensiero ed è sempre pronto a stupirsi, a migliorarsi. Ecco perché occorre promuovere eventi e iniziative che coinvolgono i minori, entusiasmandoli ma senza forzarli o limitarli nelle scelte. Le scuole possono fare molto in questo senso rapportandosi e confrontandosi con le altre realtà che operano per la promozione della lettura, coinvolgendo genitori ed enti pubblici nello sviluppo dei loro progetti. E utilizzando tutti gli strumenti necessari: emeroteche, audiovisivi, periodici di informazione, letture animate, corsi di aggiornamenti, incontri con operatori ed autori. Di fondamentale importanza diventano quindi le illustrazioni, che spesso assumono una loro autonomia e una loro comunicativa, alla pari della scrittura. Lo stesso valore, lo stesso potere di seduzione verso i bambini, fatalmente attratti in primo luogo dai colori in copertina. Lucia Scuderi è una professionista affermata, una vera esperta del settore, vive e lavora a Catania. Dopo la Laurea in Lettere moderne, dal 1991 si dedica all’illustrazione e frequenta corsi con Emanuele Luzzati, Stèpàn Zavrei, Kveta Pakowska. Ha scritto e illustrato libri per bambini con diverse case editrici come Fatatrac, Bohem Press, Editori Riuniti, Salani, Treccani, Colors Edizioni, Campanotto, Filo, Maschietto editore-Musei di Nervi, Città Aperta, Rizzoli. E poi all’estero: in Svizzera, Germania. USA, Francia, Spagna, Giappone, Slovenia, Paesi Bassi. Ha esposto in diverse prestigiose collettive in Italia e all’estero; ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali, nel 2004, il premio Andersen “Miglior albo illustrato” con il libro “Rinoceronte”. Da circa sedici anni si occupa di letteratura per l’infanzia, illustrazione, educazione all’immagine, comunicazione visiva e di grafica. Conduce corsi di educazione all’immagine e costruzione del libro con bambini e adulti. Dipinge, costruisce, impasta, progetta. Ultimamente ha illustrato “Urbuq” l’originalissimo bestiario per bambini di Andrea Sottile, edito da Rizzoli, rassegna di 28 animali particolari, partoriti dalla fervida fantasia dell’autore. Un libro dal fascino surreale che incanta i bambini, anche e soprattutto per i discorsi tenuti dai suoi stravaganti protagonisti. Andrea nell’introduzione al suo libro afferma: “gli animali si dividono in due categorie, quelli che esistono e quelli che non esistono”.
Quelli che esistono -soggiungo io- ci ha pensato il buon Dio a crearli. Per quelli che non esistono devono provvedere gli scrittori. Ma occorre essere scrittori con l’animo da bambini per riuscirci. Ne parliamo con Lucia Scuderi.
Lucia, tutti i bambini crescono, tranne gli scrittori. Tranne chi, con la penna, riesce a vedere e a descrivere un mondo altro. E’ così anche per gli illustratori?
R. Scrive H.C. Andersen ne “Le soprascarpe della felicità”: (…) “Vediamo che già era diventato un poeta: non era cosa che saltava agli occhi, e infatti sarebbe pazzesco immaginarsi i poeti come uomini diversi dagli altri (tra gli uomini comuni possono trovarsi nature molto più poetiche di quella di un poeta famoso: l’unica differenza sta nel fatto che quest’ultimo ha una migliore memoria spirituale e riesce a conservare l’idea e il sentimento sino a formularli chiaramente e distintamente in parole, cosa che gli altri non sono capaci di fare).(…).
Si tratta insomma di mantenere viva la memoria di una sensibilità, di una possibilità di sentire, che è sicuramente legata anche all’infanzia. In verità io penso che sia importante per tutti, qualunque mestiere facciamo, riuscire a mantenere in vita questa capacità “bambina” di sentire, anche il mondo altro. Più che mai vero, quindi, per un illustratore, che costruisce sul suo sentire mondi immaginari ma visibili.
Tu oltre a disegnare, scrivi, vai nelle scuole, conduci corsi; insomma ti puoi definire un’operatrice sociale. Quanto è importante educare i bambini alla lettura?
R. E’ molto importante fare scoprire ai bambini che leggere è un sacco di altre cose oltre a quello che fanno sui libri di scuola. Leggere può essere bello, divertente, interessante, non in assoluto ma per quello che sei tu in quel momento. Il mio lavoro sulla lettura, e sul libro è soprattutto indirizzato a farne scoprire gli aspetti “ludici”, perché di quelli educativi, francamente, ad un bambino non gliene importa niente, se scopre invece che può star bene leggendo un libro, perché lo fa ridere, o piangere, insomma se un libro lo emoziona, ne cercherà un altro, se si annoia no. A me non piace leggere qualunque cosa, ci sono libri che ho abbandonato sul comodino dopo poche pagine, altri che non mi hanno fatto dormire. Qualunque adulto potrebbe dire lo stesso, perché allora un bambino non può scegliere quale libro gli piace? Certo per scegliere è necessario avere una certa varietà a disposizione tra le mani. Non so se sono un’operatrice sociale, quello che faccio nelle scuole, è raccontare il mio lavoro, raccontare come nasce un libro, dalle immagini alla storia.
Urbuq, il bellissimo libro di Andrea Sottile da poco uscito nelle librerie, edito da Rizzoli, che hai illustrato, è pervaso da una forte vena ironica. Come fa l’illustratore a entrare in sintonia con l’autore, ad armonizzare espressione visiva ed espressione verbale?
R. l’unico modo è attraverso il testo, lo leggo e ascolto le immagini che mi vengono in mente, le schizzo subito di getto, poi ci lavoro con calma. Non voglio mai parlare con l’autore di un testo che devo illustrare, non posso farmi influenzare dai suoi racconti extratestuali, l’illustrazione è un racconto parallelo attraverso il quale racconto la mia visione della storia, sottolineando un aspetto piuttosto che un altro. Ogni linguaggio ha i suoi strumenti, così l’illustrazione racconta non solo attraverso quello che rappresenta e raffigura ma anche attraverso la scelta dei colori, della tecnica, della composizione.
Raccontaci qualche particolare della tecnica da te usata.
R. Non uso sempre la stessa tecnica. Scelgo la tecnica in base al risultato estetico che voglio raggiungere, prediligo i pastelli ad olio ma non li ho usati per Urbuq. Le tavole a colori del bestiario sono ecoline su cartoncino trattate con candeggina.
La fiaba appartiene a quel filone letterario che più di tutti si presta ad aiutare il bambino a costruire una propria visione del mondo. Quanto è importante nelle fiabe utilizzare un linguaggio simbolico? Gli aspetti più crudi della realtà vanno camuffati? Il bambino vuole sempre il lieto fine?
R. E’ una domanda troppo importante per non fare parlare Italo Calvino al posto mio: “ (…) le fiabe sono vere. Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta casistica di vicende, una spiegazione della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminìo delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto nella parte della vita che è il farsi di un destino: la giovinezza (…) E in questo sommario disegno, tutto, la drastica divisione dei viventi in re e poveri, ma la loro parità sostanziale; la persecuzione dell’innocente (…); l’amore (…); la fedeltà a un impegno e la purezza di cuore come virtù basilari (…); e soprattutto la sostanza unitaria del tutto, uomini bestie piante cose, l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste”. Da “Sulla fiaba” di I. Calvino.
Non credo di poter aggiungere niente di meglio.
Perché nella vita hai scelto di lavorare con i bambini e per i bambini?
R. Ho sempre amato molto i bambini. Li amo ancora. Mi piacciono, mi divertono, li trovo interessanti e veri nonostante tutto. Ma in fondo mi interessano i bambini come campione di umanità. Sono arrivata ai bambini per caso quando sono andata alla fiera del libro di Bologna per la prima volta e ho scoperto la varietà e la bellezza dell’editoria a loro destinata. In particolare mi sono innamorata dell’albo illustrato. Mi ha affascinato questo mondo poetico e ironico insieme, ha affascinato me adulta. Dopo ho cominciato a pensare ai bambini come miei interlocutori. Oggi quando penso a un nuovo progetto per un libro mi chiedo sempre se può interessare ad un bambino, anche se credo gli interessi dei bambini siano molto più vasti e originali di quelli che di solito gli si attribuiscono frettolosamente.
Per quanto riguarda alcune delle cose scritte da Alessia e Michela: attenzione, è vero, in altri paesi la letteratura gode di salute migliore perchè alcune case editrici fanno ancora quel che in Italia avveniva fino a pochi decenni fa’, ovvero avere un progetto editoriale, ovvero cercare la qualità a dispetto della quantità. Basta fare un breve viaggio in Francia per scoprire che le copertine dei libri sono tutte simili e non c’è l’arrembaggio al lettore a colpi di marketing e di foto a effetto e cura grafica che c’è da noi.
Però in Italia s’è sempre letto poco (e in questo ha ragione Lorenzo). Infine: gli scrittori delle case editrici a pagamento non sono scrittori. Sebbene qualche raro grande autore abbia pubblicato a sua spese (Kafka), l’editoria seria (quella che paga gli autori e non chiede denaro agli stessi) rappresenta ancora una selezione di qualità. La vera questione è la selezione fra questa minima base qualitativa e la letteratura vera, cosa che sta al lettore forte e al critico (se ne vedete in giro, avvisateli) fare.
Una seria scuola di scrittura (che per altro è il mio mestiere, come s’è capito da Asino chi legge) ha proprio questo compito: formare lettori forti.
Un abbraccio
@ Antonella
ti verrebbe in mente qualche idea per tentare uno sfondamento (per quanto temporaneo) del guscio che avvolge il mondo universitario?
All’univ. di Firenze volendo gli spazi si possono trovare (il problema è portarci gli studenti, ma ‘nsomma)…
ti do la mail: elitropia@yahoo.com
Moi!
Cari amici, vi ringrazio tutti per i nuovi commenti: Francesca Giulia, Arianna, Roberta, Tiziano, Amelia, Lorenzo, Luciana, Alessio, Elvira, Alessia e Michela, Simona, Salvo.
Un saluto specialissimo, ovviamente, ad Antonella Cilento.
@ Antonella, Lorenzo, Amelia
A volte da queste nostre discussioni ne nascono altre, per poi tornare alla discussione principale.
Mi piace molto, sull’argomento, questo articolo pubblicato da Antonio Di Grado (docente di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Catania) sul quotidiano “La Sicilia” del 23.10.2010
http://terzapagina.blog.kataweb.it/2010/10/25/letteratura-e-web-isole-sconosciute-nelloceano-internet/
@ Elvira Siringo
Grazie per l’impegno con la tua classe. Grazie davvero.
@ Lorenzo Amato
Grazie per aver invitato Antonella all’Università di Firenze. Spero che troverai il modo per rompere il guscio.
E a proposito della difficoltà della scrittura a… trovare strade… ieri avevo inserito sul post un ulteriore brano estratto da questo bel libro di Antonella (avevo dimenticato di segnalarlo tra i commenti). Si intitola: “LA SCRITTURA SCALZA”.
Si trova alla fine del post.
Andatelo a leggere.
@ Antonella Cilento
Cara Antonella,
se ti va (e se hai tempo) ti sarei grato se potessi raccontarci qualche aneddoto su questi tuoi incontri con i lettori in giro per l’Italia nell’ambito della presentazione di questo libro.
Inoltre, Antonella… avrei una curiosità riguardo alla scrittura (diciamo alla genesi) di questo tuo libro.
L’hai scritto tutto in una volta, o pezzo per pezzo (come una sorta di diario)?
A tutti voi una serena notte.
Grazie Antonella. Si, intendevamo sottolineare proprio alcune delle cose che rilevi e pensavamo alla Francia. Sugli “scrittori” non scrittori: è vero quel che dici e tuttavia gli basta quel virgolettato per non leggere più.
Sulle scuole di scrittura: messa così va benissimo. Ci turba quando si aggiunge il “creativa”, giacché crediamo che la scrittura lo sia sempre.
Da questo punto di vista riteniamo che sia possibile scrivere anche senza alcune elemento autobiografico (c’è chi ne assume l’impossibilità). Per verificare se fosse vero ci siamo scatenate, fino a qualche mese fa, a scrivere letteratura erotica e porno, senza averne mai letta e senza essere delle esagitate ruzzolanti intorno a faccende di sesso con il kamasutra tra le mani. Ci è stato pubblicato di tutto.
E’ accaduto più o meno lo stesso con la narrativa di genere heroic-fantasy.
Ciao
Alessia e Michela
Accipicchia! Ci era sfuggito il commento di Lorenzo Amato e la plastica espressione che si incentra intorno al “batacchio”.
Il fatto, secondo noi, è che l’essere umano è pigro e si sta impigrendo sempre più. Speriamo non sia così, ma non ci pare che le tantissime biblioteche comunali siano frequentate.
Sugli e-book: ci diceva Giorgio Sangiorgi (Edizioni Scudo) che da sempre pubblica e-book, antizipando la svolta i.Pad: è un grande successo se un e-book viene scaricato 300 o 400m volte. Ciò quando è gratuito!
Non sappiamo del nostro Senza Macchie (scaricabile dal sito Ed.Scudo, Long Stories) quante copie siano state scaricate, giacché lo abbiamo scritto senza immaginare un piano di comunicazione professionale.
Ciò, invece, lo fanno le grandi case editrici: basterebbe pensare le prime pagine dei quotidiani a pagamento.
E’ il tema che ha affrontato anche Antonella Cilento. Ci riserviamo di approfondirlo, giacché non si tratta di esprimere solo pareri personali.
Il nostro vero desiderio:
vorremmo che le cose andassero diversamente, che si leggesse molto a prezzo equo o gratuitamente.
Alessia e Michela
Salve a tutti, mi chiamo Andrea, ho 18 anni e frequeno il liceo scientifico-tecnologico Quintiliano di Siracusa, nella classe 5 AP.Oggi noi giovani non siamo attratti dalla lettura, forse perchè le tecnologie presenti nella nostra vita quotidiana ci distraggono troppo, o forse perchè nei libri o nei giornali non vengono trattati argomenti tali da suscitare il nostro interesse. Personalmente nella mia vita non ho mai letto molto, se non qualche libro, ma solamente perchè obbligato dalla scuola. Ovviamente sono consapevole del fatto che leggere è sicuramente utile perchè è il metodo più pratico e veloce per imparare ad esprimersi e a scrivere in modo corretto e soprattutto perchè è un importante mezzo di informazione, soprattutto per quanto riguarda i quotidiani. Non credo che la colpa di tutto questo sia di qualcuno; se c’è un colpevole forse è solo il cambiamento dei tempi, perchè anni fa leggere un libro era qualcosa di cui andare fieri, oggi invece l’arte della lettura è isolata, soprattutto da noi ragazzi che non la riteniamo un’attività utile per completare il nostro bagaglio culturale.
Mi sembra davvero inutile cercare di consigliare un libro da leggere a qualcuno perchè chiunque ha qualcosa che preferisce, un argomento in particolare che suscita interesse e che cambia da individuo a individuo. Forse la scuola potrebbe cercare di invogliarci di più verso questa nobile arte proponendo più ore destinate alla lettura nell’ orario curriculare e non con progetti extracurriculari che noi giovani rigorosamente snobbiamo e ignoriamo.
Salve sono Paola Matera e frequento la quinta classe del liceo polivalente quintiliano.
Noi giovani siamo poco invogliati a leggere,sia perchè con la tecnologia si tende a giocare al computer o a guardare la tv e sia perchè spesso ci vengono consigliati dei libri poco adatti.Io personalmente leggo e mi piace farlo,perchè leggendo si ha la possibilità di staccare dalla routine quotidiana e di immergersi in altre realtà.Leggere per quanto mi riguarda non è una perdita di tempo,ma anzi,un modo piacevole per trascorrere il tempo.Io ai ragazzi inizialmente consiglierei di leggere romanzi fantasy o romanzi d’avventura perchè coinvolgono il lettore e lo invogliano a vedere come finisce la storia.Un altro romanzo che consiglierei è il “Ritratto di Dorian Gray” perchè vengono trattate delle tematiche che sono molto vicino a noi giovani,come per esempio il modo in cui Dorian si dedica ai lussi della vita e alle passioni più torbide senza pensare alle conseguenze.
Salve,sono Daniela della scuola Quintiliano;personalmenteio non leggo perchè non mi piace.Leggere per i ragazzi è una perdita di tempo perchè il tempo impiegato per leggere l’avrebbero utilizzato per studiare qualche oretta,uscire con gli amici o andare in palestra.La colpa di chi non legge è solamente la nostra perchè non ci interessiamo di ciò che succede nella società,ma anche non leggiamo per approfondire la nostra cultura.I testi che suggeristo alle scuole medie e superiori sono fumetti o libri che interesserebbero ai ragazzi.La scuola per invogliare i ragazzi a leggere,secondo il mio parere,dovrebbe creare delle attività in cui oltre che leggere si usi anche della tecnologia.
Gentili Alessia e Michela
la definizione “creativa” è solo una cattiva traduzione dall’inglese di creative writing. La scrittura tuttavia si distingue in funzionale (le scritture scolastiche, professionali, i verbali di condominio, le relazioni di un medico o di un avvocato, ecc…), insomma tutte le scritture non destinate a provocare emozione ma a comunicare un’informazionem e scritture creative in genere, ovvero tutte quelle che usano l’emozione per raccontare (narrazione, poesia, reportage, diaristica, ecc..). Dunque vi siete lasciate turbare dall’aggettivo solo perchè, come spesso capita, non conoscete la differenza tecnica. E’ ovvio che un laboratorio di scrittura non ha bisogno di aggettivi, ma quelli di cui io mi occupo sono destinati alle scritture non funzionali. Siete meno turbate, adesso?
A proposito di un’altra cosa che segnalate: “Da questo punto di vista riteniamo che sia possibile scrivere anche senza alcune elemento autobiografico (c’è chi ne assume l’impossibilità).”: scrivere è invenzione, è finzione, è buon uso della verisimiglianza. Tuttavia, al di là dei giochi e degli scherzi è inevitabile, per scrivere bene, attingere, sia pur trasformando a una buona dosa della nostra esperienza. Personaggi e storie devono essere vissuti profondamente altrimenti rischiano un’evasiva superficialità. Anche di questo s’insegna nelle scuole di scrittura, dedicate alle buone regole della retorica classica che non hanno mai insegnato altro…
Sono Desirèe, una ragazza di 17 anni del liceo scientifico Quintiliano di Siracusa. Credo che leggere sia il miglior modo non solo per imparare il lessico italiano ed usarlo nel giusto modo, ma anche per sviluppare la fantasia. Leggendo, per esempio, non hai già pronti i volti dei personaggi, le immagini dei luoghi, gli odori e le emozioni suscitate dalle azioni. Entra così in gioco la fantasia: inventi nel mentre della lettura facce nuove, luoghi a te sconosciuti, emozioni che magari ti ricordano momenti della tua vita. E’ davvero sorprendente quanto un libro possa portarti non solo dentro una dimensione a te sconosciuta e lontana dal reale, ma anche farti rivivere attraverso la lettura sensazioni che ti appartengono. Descritto il percorso di un lettore, o forse è meglio dire il mio percorso di lettrice, proverò a spiegare le motivazioni di giovani che non si affacciano a questo mondo:
i giovani d’oggi, compresa anche me, sono circondati da una miriade di comodità e tecnologie. Passano la maggior parte del loro tempo davanti al computer eliminando così non solo il contatto diretto con la realtà, ma anche con i propri coetanei. I loro pomeriggi sono poveri di valori e di sogni. Basta osservarli per un paio d’ore, e potreste capire quanto il cellulare sia fonte di vita. Leggere comporta coinvolgere tutti i sensi in un unico “viaggio” dentro una dimensione parallela, guardare un film invece è più semplice. Per guardare un film bisogna soltanto sdraiarsi sulla poltrona, aprire bene gli occhi e le orecchie e farsi passivi recettori.
Mi chiamo Noemi, sono una ragazza di 15 anni, frequento la terza scientifico “Quintiliano” di Siracusa. Come tanti giovani della mia stessa età non mi spiego il perché di così tanta indifferenza nei confronti di un mondo che ci apre le porte e ci offre la possibilità di conoscere un’altra dimensione, che si adatti in mille generi alle nostre preferenze. Ritengo che impiegare del tempo nella lettura di un libro non sia mai una totale perdita di tempo, con l’assenza di un impegno che dia una ragione in più per evitare la lettura. Per i miei coetanei i libri sono solo insignificanti fogli bianchi macchiati di inchiostro. Per cominciare ad avvicinarsi alla lettura i consiglierei Paulo Coelho. La lettura è insegnamento educativo e culturale per un sapere che faccia di noi persone complete
Salve,
Mi chiamo Francesco e sono un ragazzo di 16 anni che frequenta l’istituto Quintiliano di Siracusa.
Leggere libri non è il mio hobby. Non leggo molto perchè non sono molto attratto dalla lettura. Ormai quasi tutti i miei coetanei sono nella mia situazione e, quelli che leggono, non leggono libri che forniscono una cultura. I libri di successo ormai sono delle storie di fantasia che parlano di vampiri o di maghi e non sono molto attratto da essi. Io credo che sia soprattutto colpa della società in cui oggi viviamo, una società dove non vengono trasmessi dei principi fondamentali come la cultura e l’istruzione. Noi ragazzi proviamo attrazione quasi esclusivamente verso i mass-media e i social network e crediamo che attraverso essi possiamo acquisire una cultura idonea per affrontare dei discorsi e per affrontare la nostra vità con la consapevolezza di ciò che facciamo. Questa cultura però non è paragonabile alla cultura che si acquisisce leggendo un libro di filosofia o un libro che tratta di argomenti di attualità. Io credo che la scuola abbia un ruolo fondamentale nell’avvicinare i ragazzi alla lettura. La scuola infatti dovrebbe dedicare del tempo alle attività di lettura collettiva, ma si dovrebbero leggere dei libri che possano interessare i ragazzi e allo stesso tempo invogliarci a continuare questa attività anche nel nostro tempo libero.
Sono Mariano, ho 15 anni, nel campo delle mie esperienze personali mi è capitato di constatare che molti ragazzi della mia età non hanno un approccio molto approfondito con la lettura, nonostante ciò mi è capitato di conoscere ragazzi che pur leggendo non sono considerati “peggiori” dai coetanei. A mio parere i ragazzi, amanti del divertimento, preferiscono hobby e attività di svago che riescono ad intrattenerli senza farli annoiare. Per questo personalmente preferisco libri dinamici, che riescono a catturarmi fin da subito suscitando in me la voglia di andare avanti fino all’ultima pagina. Trovo poco interessanti dunque libri che trattano argomenti noiosi e non utili, che non fanno crescere preferendo piuttosto fantasy che riescano a distrarmi dai problemi della vita reale facendomi viaggiare con la fantasia e facendomi provare emozioni sempre nuove. Per far fronte al problema in generale credo comunque che bisognerebbe proporre ai giovani libri che trattino temi e problematiche coinvolgent e vicine ai giovani, che quindi suscitino interesse e motivi di riflessione.
Sono Martina, una ragazza di 16 anni e ritengo che sia solo un luogo comune dire che “tutti i giovani non leggono”. A me piace molto la lettura di tutti i generi, leggo da quando ero piccola e mi ha sempre appassionato. Penso che leggere sia una cosa meravigliosa perché i libri ti permettono di entrare in un’altra dimensione, in un mondo perfetto, riescono a farti ridere, a farti commuovere, ti fanno evadere dalla realtà. E’ importantissimo leggere perché ti apre la mente, il problema è che la maggior parte dei ragazzi di oggi pensa che legge sia solo una perdita di tempo, preferiscono socializzare su Facebook o uscire con gli amici che isolarsi in un mondo che non esiste
Sono Simone, io non amo leggere ma se dovessi legger leggerei un libro di avventura o un libro storico o un diario di guerra, ma anche libri che raccontano storie tristi Di recente ho visto il documentario sui 33 minatori cileni salvati dopo il crollo della miniera ed io penso ce se dovessi leggere leggerei un libro che racconta una storia come questa. Il problema di noi giovani è che siamo circondati dalla tecnologia e questo ci distrae dallo studio, dallo sport e dalle interazioni umane. Secondo me per avviare i giovani alla lettura bisogna capire i loro gusti e non bisogna dre obblighi come a volte avviene nelle scuole.
Interessante leggere i commenti dei ragazzi sopra.Mi sembra di cogliere spunti utili a capire meglio il modo in cui entrare in contatto con le loro esigenze.Uno su tutti: i mezzi che si utilizzavano un tempo per diffondere cultura e appassionare non sembrano essere più validi, ragione per cui gli insegnanti dovrebbero aggiornarsi e usare un codice di comunicazione che sia più vicino ai ragazzi.Due: un classico negli interessi c’è, ed è Dorian Gray, perciò forse è importante saper dare una rilettura di alcuni classici avvicinandoli a problematiche che i ragazzi possano sentire attuali per la loro vita personale e di gruppo.Un’altra cosa che mi colpisce è quella che dice Andrea “oggi invece l’arte della lettura è isolata, soprattutto da noi ragazzi che non la riteniamo un’attività utile per completare il nostro bagaglio culturale.”.Dunque ben vengano le iniziative in cui la lettura esce dall’isolamento e si propone come punto di incontro, come occasione di conoscenza e di scambio. Una volta interessati e catturati probabilmente scopriranno anche che è bello leggere da soli.Ad esempio: far conoscere gli scrittori e farli dialogare con i ragazzi.
Mi piacerebbe sentire cosa pensa Antonella di quello che dicono i ragazzi e di quali “trucchi” utilizzi lei per catturare l’attenzione di una classe svogliata.(Anche se un pò lo immagino avendo frequentato la bravissima Antonella per diversi anni…)
un bacione ad Antonella!
Salve a tutti,sono una ragazza di 15 anni dell’istituto “Quintiliano” di Siracusa e volevo esprimere il mio parere su questo argomento. Secondo me è inanzitutto una questione soggettiva. Non bisogna pensare che tutti i ragazzi di oggi odino leggere,c’è a chi piace e a chi non piace. Magari dipende anche dal genere del libro in questione, dalle opinioni,dai gusti. C’è poi chi non lo trova interessante come attività e preferisce farne altre che potrebbe trovare più interessanti e stimolanti. Non ritengo comunque che sia una perdita di tempo leggere o scrivere,perchè possono anche essere attività stimolanti. Per consigliare dei libri invece,credo che i ragazzi si dovrebbero indirizzare da soli verso ciò che piace loro e che trovano interessante. Lo stesso dovrebbe fare la scuola;dovrebbe lasciarli liberi di scegliere. E con questo concludo,arrivederci!! :°D
Salve,mi chiamo Sonia ho 16 anni e frequento la 3^ classe del liceo polivalente Quintiliano.
Secondo me la lettura è importante e divertente solo che alle volte siamo noi che la rendiamo noiosa. Nonostante la mia età amo leggere libri di favola o per lo meno quelli che mi facciano entrare in un’atmosfera che mi convolga in pieno. Secondo me i giovani si rendono conto dell’importanza che ha,e che tramite essa si puo migliorare il modo di esperre le proprie idee.Molte volte non leggiamo dei libri perchè non troviamo del tempo ma in realtà la lettura viene applicata tutti i giorni.
Molte volte, anche a scuola, si impone agli alunni la lettura di un libro che però non viene compreso nel significato. Secondo me in questa maniera non si capisce l’utilità di ciò che si legge. La lettura si deve fare perchè si sente di leggere un determinato libro e non perchè si è obbligati a farlo.
un bacio Sonietta:P
ciao a tutti, sono Silvia una ragazza di 16 anni e frequento il liceo Quintiliano.Credo che la maggior parte dei ragazzi non legga più.Questo perchè la tv,internet e i mass media hanno sostituito la funzione dei libri.Secondo me la lettura è molto importante e ci aiuta ad avere una cultura più ampia. E’ importante leggere e scrivere per sapere comunicare meglio senza commettere errori grammaticali e di sintassi.Sarebbe bene che ai ragazzi delle scuole medie si facessero leggere libri di avventura ma anche qualcosa di attualità.Per i ragazzi della mia età consiglierei di far leggere libri sia d attualità ma anche filosofici e storici.A mio parere la scuola per incitare i ragazzi alla lettura dovrebbe fare un’ ora alla settimana di lettura collettiva, in modo tale che noi ragazzi potremmo esprimere le nostre opinioni con l insegnante!!!…un saluto a tutti
Buongiorno,mi chiamo Simone e frequento la 3^ classe del liceo polivalente Quintiliano.
Nella mia esperienza i ragazzi non hanno un buon rapporto con la lettura,ed il primo di questi ragazzi sicuramente sono io.La lettura è importante poichè leggendo si imparano nuovi modi di scrivere,si estende di nuovi termini il vocabolario personale e sicuramente si sarà più spediti nel parlare quando si dovrà fare un discorso.Nella società di oggi una buona percentuale di ragazzi non legge anche essendo consapevoli che la lettura non ci danneggia ma al contrario ci migliora sicuramente nel campo del dialogo.La maggior parte dei ragazzi di oggi ha internet e se per esempio un ragazzo sta navigando su un sito e legge,è come se stesse leggendo un libro anche perchè su internet ci andiamo tutti i giorni e secondo me grazie alla tecnologia il libro che si leggeva una volta,ma che si legge ancora oggi,si è evoluto nel computer e grazie ad esso si legge e ci accultiriamo sempre di più,anche se alcuni siti non sempre pubblicano testi contenenti la verità.
Con le nuove tecnologie, i libri sono messi da parte dai ragazzi che preferiscono, alla lettura di un libro, l’uso del computer e del cellulare.
Col passare del tempo i libri scompariranno e verranno sostituiti dalle nuove tecnologie. Leggere è importante perchè ti arricchisce di nuovi vocaboli che si possono inserire in discorsi e in temi. Leggendo si entra in un mondo virtuale che è molto piacevole al lettore.
Se potessi inventare un libro, mi ispirerei a un libro di fantascienza perchè i ragazzi sono molto attratti da questo tema.Andrea.
Salve sono Andrea un ragazzo di 17 anni e per quello che mi riguarda io leggo molto e con piacere. Il mio primo libro èstato il “Codice da Vinci”. Dopo questo libro ne ho letti molto altri cambiandone spesso i generi. Ho letto libri storici trattanti l’Inghilterra di Enrico VIII come per esempio “L’altra donna del re”, “Il giullare della regina” e “L’amante della regina vergina” tutti scritti da Philippa Gregory. Successivamente sono passato al genere fantasy. Ora sto leggendo di nuovo un romanzo storico sempre della stessa autrice: “L’eridità della regina” riguardante la storia della quarta e della quinta moglie di Enrico. Quando finirò di leggerlo ho intenzione di leggere “l’interpretazione dei sogni” di Freud.
A me piace leggere specialmente la sera dopo cena. La lettura è uno svago importante che deve essere presente nella vita dei ragazzi. Per invogliare i giovania leggere bisognerebbe invogliarli alla lettura già da piccoli. Basterebbe poco tipo leggere una favola
Salve a tutti sono Giacomo del liceo polivalente Quintiliano
La lettura dal mio punto di vista è un passatempo in disuso fra i ragazzi. Non leggo spesso perchè trovo più piacevole fare una passeggiata con gli amici, oppure giocare alla consolle. Tuttavia trovo la lettura un momento speciale, di relax, un momento durante il quale la mia mente viaggia fra le pagine del libro, una sorta di evasione dal quotidiano. La voglia di leggere però mi viene solo raramente, ma potrebbe arrivare più frequentemente se invece di spendere la paghetta per un gioco o un film, la sfruttassi per comprare un libro la cui storia mi attrae. Penso che il vero colpevole sia proprio il mondo tecnologico. La lettura non è assolutamente un inutile passatempo, anzi è molto più bello leggere un libro perchè l’immaginazione si esprime al massimo, perchè dà molti valori e fa riflettere, perchè fa conoscere e perchè ci permette di confrontare le nostre idee con quelle degli scrittori. Ma che libri leggere? I libri d’avventura sono forse quelli più adatti, almeno per me. Uno dei primi libri che ho letto è stato “Il mondo perduto” di Michael Crichton, che ho trovato molto coinvolgente e che mi ha invogliato a leggere altro. A scoprire che esistono libri che mi piacciono che non sono soltanto di avventura, ma libri le cui storie trattano tematiche piu profonde come l’amore, l’amicizia e il dolore. Un’iniziativa molto interessante organizzata dalla nostra scuola è stato l’incontro con la scrittrice Lia Levi.Abbiamo letto alcuni suoi romanzi e parlato con lei, grazie al progetto Biblioteca: incontro con l’autore. Sarebbe bello che la scuola facesse scegliere anche noi ragazzi in base alle recensioni che possiamo trovare sui giornali o su Internet o in base alla nostra curiosità.
Sono Cinzia ho 18 anni e frequento il liceo Polivalente Quintiliano.
Al giorno d’oggi, pochi sono ormai i giovani che leggono. I motivi principali sono il poco interesse verso i libri, considerati noiosi, o tempo libero trascorso diversamente: guardando la televisione, ascoltando musica o stando al computer. Personalmente non sono una persona che ama molto leggere non perchè lo ritenga inutile ma perchè spesso impiego il mio tempo diversamente. Questa estate però ho letto un libro “Il barone rampante” di Italo Svevo, libro molto interessante che mi ha colpito sin dall’inizio e per questo l’ho terminato in poco tempo. Io credo che per invogliare i ragazzi a leggere, i libri dovrebbero avere sempre un titolo appariscente in modo da colpire subito chi deve comprare, e inoltre presentando una prefazione contenente argomenti interessanti, chi legge verrebbe subito colpito e invogliato a terminare il libro. A questo riguardo credo che anche a scuola si dovrebbero tenere dei corsi di lettura ma con dei libri scelti dai ragazzi, perchè se scelti dalla scuola spesso non vengono considerati interessanti per principio e quindi abbandonati.
Siamo Bianca e Nicole del liceo Quintiliano di Siracusa.Noi personalmente non leggiamo spesso perchè riteniamo che leggere debba essere un modo per rilassarsi ma dopo una giornata impegnata da compiti e attività sportive la voglia di leggere svanisce.Leggere non è una perdita di tempo in quanto serve a scrivere meglio e a conoscere nuovi vocaboli.I colpevoli di questo attegiamento siamo noi stessi perchè fondamentalmente potremmo dedicare anche un piccolo momento della giornata alla lettura.Infine la scuola per invogliare i ragazzi dovrebbe dedicare almeno un’ora alla settimana al progetto lettuta proprio come è avvenuto l’anno scorso nella nostra scuola. Grazie a questo progetto la scuola ci ha permesso di conoscere personalmente una scrittrice affermata come Lia Levi. Quest’ anno ripeteremo l’esperienza incontrando Dacia Maraini della quale stiamo leggendo le opere.
Questi ragazzi sono disarmanti nella loro lucidità e mostrano una consapevolezza commovente. Anche quelli che non leggono lo dicono sapendo di perdere qualcosa, preavvertendo una differenza rispetto alla pienezza, fiutando – in fondo – che la strada di accesso alla vita, allo sguardo, alla pienezza, è altra.
Bravi i nostri ragazzi, che non si nascondono a se stessi, e sono molto più “letterari” di quanto loro stessi pensino. Al di là delle nuove tecnologie, dei media che ne accattivano l’attenzione, restano in ricerca.
Io vedo molte e meravigliose potenzialità in loro, molta terra su cui affondare semi. Mi pare che basti ascoltarli.
In fin dei conti cosa chiedono?
Libri che somiglino alla loro vita. Che li interpretino. Che li facciano emozionare, commuovere, sognare.
Se si riversano nel fantasy (che peraltro è un ponte utilissimo verso altri approdi) non sarà perchè si accosta ai loro cuori, non sarà perchè asseconda la sete di mistero (ancestrale segno dell’enigma che è comunque la vita), non sarà perchè entra nel loro mondo più di quanto altri libri possano fare?
Credo che insegnare a leggere sia come insegnare a vivere. Piano piano, a piccoli passi. E stuzzicando l’appetito, l’aspettativa, il senso di urgenza che la storia regala.
Questi ragazzi sarebbero certamente in grado di cogliere e di proseguire.
Li trovo intelligentissimi e veri.
Bravissima Elvira per averci fatto ascoltare la loro voce.
Ti ringrazio di cuore.
salve sono antonio del liceo polivalente “quintiliano”
io leggo perchè mi piace sapere o conoscere quello che sto leggendo, infatti l’estate scorsa ho letto diversi libri di vario autore come: “il tiranno” di Valerio Massimo Manfredi, “il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, “la casa degli spiriti” di Isabel Allende, “lo strano caso di dr Jekill e mr Hide” di Robert Louis Stevenson, ” viaggio al centro della terra” di Jules Verne e “novecento” di Alessandro Baricco; comunque questi libri li consiglierei a tutti i ragazzi di scuola media e superiore. Non sono d’accordo che leggere sia considerata una perdita di tempo perchè leggere soprattutto i testi storici o quelli di avventura mi aiuta a integrarmi nella società del sapere e dello svago. Non so dire chi sia il colpevole di questo atto di non volontà dei ragazzi d’oggi di non leggere ma penso che sta nel fatto che essi si dedicano troppo allo svago dei videogiochi e di troppa televisione. La scuola per incoraggiare la lettura dovrebbe attuare dei corsi extracurriculari(pomeridiani) di lettura per dare la possibilità ai ragazzi di oggi di divertirsi mentre leggono e anche di suscitare in loro stessi quella passione di lettura quando e quanto lo desiderano.
Carissimo Dottor Maugeri,
ah ….se ai tempi del mio insegnamento ci fosse stato questo blog!
Può star certo che avrei organizzato, come sta facendo la bravissima professoressa Elvira, collegamenti, discussioni, interviste agli autori! Per esempio mi pare molto interessante quello che dicono Bianca&Nicole sull’incontro personale con gli scrittori. E’ molto importante che la scuola organizzi questi momenti, in cui lo scrittore e il libro si fanno cosa viva, vera, di sangue e anima.
E’ ovvio però che al di là di isolate occasioni per gli istituti scolastici non sia possibile andare.
E allora le chiedo caro Dottor Maugeri (e chiedo alla professoressa Siringo)….
…. Perchè non fate scegliere agli studenti un autore da invitare on line e al quale rivolgere le proprie domande? Proprio qui, in questa rubrica destinata alla scuola?
Questi incontri virtuali potrebbero affiancarsi a quelli reali e raddoppiare l’interesse dei ragazzi.
Inoltre il libro verrebbe veicolato da un mezzo (internet) che per loro è sfogo necessario di personalità e sogno, che è entrato nella loro vita come compagno di viaggio e di affetti.
Perchè non dimostrare che i libri passano anche per questa via?
Lancio questa provocazione, dottor Maugeri, e mi perdoni l’impudenza. Ma lei stimola le mie corde più appassionate, e il vecchio professore che c’è in me, quello che sa che ogni ragazzo è frutto del nostro amore, freme e scalpita.
Ragazzi, siete stati tutti bravissimi, e come dice la dottoressa Lo Iacono siete straordianriamente veri e autentici. Molto più di noi.
Tuttavia permettetemi di dirvi…se non leggete non è colpa vostra. E’ colpa nostra.
E’ colpa di chi deve guidare e proporre. E’ colpa di chi sa che c’è una concorrenza spietata di altri e più veloci mezzi (il computer, il cellulare) ma non se li fa “amici” con intelligenza e spirito di duttilità, adattamento, amore per l’uomo.
Che sia la tv, il cinema, il telefono o il computer a insinuare l’amore per una storia, il gusto per l’affondo in altri mondi, la tentazione di vivere tutte le vite infinite volte, ma che importa????
Suvvia, non facciamo gli asini, proprio noi. Non ci arrocchiamo a puntare l’indice, a guardare questi ragazzi dall’alto in basso perchè palpitano dietro un sms, perchè sognano in chat, e perchè si cercano on line!
Troviamo invece il modo di capire che ciò che li agita è sempre e soltanto il vecchio amore per la vita, per l’innamoramento e per il sogno.
E diamoci da fare, per favore.
Un affettuoso saluto dal vostro affezionato
Professor Emilio
Bravo Emilio, mi trova sempre d’accordo, lo sforzo richiesto è da parte di noi adulti, tutti, nessuno escluso, scuola, genitori, società. Basterebbe entrare nelle corde dei ragazzi, provare un pò di empatia per le loro vite e per il loro modo di emozionarsi. Le letture dovrebbe parlare di loro stessi, restituire un senso a ciò che vivono e affacciarli a ciò che potrebbero vivere se allargassero quell’orizzonte già conosciuto. Proviamo ad ascoltarli, ad emozionarci con loro.Mi sembra fondamentale l’incontro fisico con gli autori,che le scuole si attivassero in tal senso.
Grazie per averci fatto conoscere il vostro pensiero ragazzi, e un bravissima alla professoressa!
L’iniziativa della prof.ssa Siringo mi è parsa davvero valida. Unisco i miei ringraziamenti a quelli di Francesca Giulia, Simona Lo Iacono ed Emilio.
L’idea di Emilio di integrare gli incontri fisici con gli autori (ho letto sopra i nomi di Lia Levi e Dacia Maraini) ad incontri on line mi pare ottima.
La appoggio.
Per quanto riguarda gli incontri fisici credo che sia assolutamente da invitare proprio Antonella Cilento, che proprio con questo libro e con la sua esperienza può dare tanto sia agli studenti sia ai docenti.
E come ha scritto Lorenzo Amato non sarebbe male se pure l’Università aprisse le sue porte. Auspico che tu, Lorenzo, possa fare qualcosa all’Università di Firenze.
Sono con te.
Ho letto con piacere il brano “La scrittura scalza” di Antonella Cilento.
Che bello l’incipit!
“La scrittura entra nelle scuole scalza perché nessuno crede di doverle mettere le scarpe, di aprire strade o stendere tappeti. Tutti ne parlano, nessuno la conosce e, come una parente lontana e impresentabile, la si cita, le si favoleggia intorno, la si invita a cena per convenzione sperando sempre che per un caso o per indisposizione non si presenti e diserti il desco”.
Mi piace l’immagine un po’ amara della scrittura presentata come una specie di Cenerentola.
Urge portarla in un negozio di scarpe.
Brava Antonella.
Detto da me, una ragazza che ama molto di più scrivere piuttosto che leggere, integrare l’incontro fisico con quello virtuale sarebbe un’occasione veramente unica. C’è da dire però, che se dovessi decidere tra le due opportunità, sceglierei senza alcun dubbio la prima. Io amo il confronto diretto con ciò che leggo, il “contatto fisico” delle parole, le pause dei discorsi o quelle di riflessione. Ho sempre sognato incontrare di persona gli autori dei miei libri preferiti: Fabio Volo, Paulo Coelho, Susanna Tamaro, Danielle Steel, Lev Tolstoj… potrei continuare con un’infinità di nomi. Incontrarli virtualmente sarebbe fantastico, ma fisicamente è tutta un’altra storia!. Ringrazio comunque i miei insegnanti e questo blog che mi hanno dato l’opportunità di conoscere non solo scrittori, ma anche i pensieri di giovani coetanei. Mentre prima mi sentivo l’unica “diversa” che già dall’età di 9 anni leggeva romanzi storici, culturali, gialli apocalittici, libri di psicologia generale, infantile, criminale, comportamentale, che tra l’altro è il mio genere preferito, adesso mi sento una delle tante “diverse”.
Ho acquistato il libro della Cilento “Asino chi legge” dopo aver seguito la parte iniziale della discussione. Non me ne sono pentito. Anzi.
Secondo me questo libro , e forse l’hanno scritto altri, dovrebbe essere adottato nelle scuole. Ma prima ancora degli studenti dovrebbe esser letto dai docenti (che ringrazio tutti per l’importantissimo lavoro che svolgono in condizioni di grande disagio. Il nostro non è un Paese che aiuta la scuola).
Grazie di cuore al carissimo Massimo Maugeri che ha ospitato le opinioni dei miei alunni e alla affettuosissima Simona Lo Iacono che mi ha tanto incoraggiato nell’intraprendere questa impresa.
La partecipazione visibile dei ragazzi al blog è solo la parte affiorante di una profonda dinamica fatta da intenso confronto e scambio di riflessioni innescatasi in classe su un tema non consueto.
Penso che il riflettere sull’importanza e l’uso della lettura sia stata un’esperienza altamente formativa perché li ha resi tutti un po’ più consapevoli e dunque più “maturi”. Inoltre hanno avuto l’occasione di svelarsi reciprocamente: accomunati tutti dalla inconfessabile curiosità di scoprire nuovi mondi e nuove storie.
Molti hanno detto di non aver tempo per leggere, perché “troppo impegnati a socializzare tra loro”. Ecco, su questo bisogno di restare continuamente in contatto, penso che dovremmo fermarci a riflettere. La solitudine è forse lo spauracchio maggiore dal quale essi tentano di fuggire. Noi insegnanti e genitori corriamo sempre troppo, e spesso non possiamo fermarci accanto a loro più di quanto non sia strettamente necessario. Il non sentirsi soli, scoprirsi in tanti a condividere una passione, è per loro essenziale. Chissà che non si riesca a far scoprire loro la bellezza della lettura condivisa, con conseguente scambio di commenti e impressioni proprio su un blog. Lavoreremo in questo senso.
Infine penso che sia stato lusinghiero ed estremamente gratificante scoprire di essere stati ascoltati e tenuti in seria considerazione da quel “mondo degli adulti” che generalmente si interessa a loro solo per esprimere un giudizio (e dare un voto), quasi un ricostituente contro l’insicurezza.
Molte grazie a voi tutti, Elvira Siringo.
Per stasera ho solo la possibilità di lasciare un commento al volo (e stringatissimo). Nei prossimi giorni tornerò a intervenire in maniera più analitica.
Ci tenevo a ringraziarvi tutti per la partecipazione.
Un saluto e un ringraziamento specialissimo va a Elvira Siringo e ai suoi studenti.
Grazie, ragazzi, per essere intervenuti. Spero di “rivedervi” ancora da queste parti.
Ma avremo modo di riparlarne…
A tutti voi, come sempre, una serena notte.
Leggere? Così si inizia da un sms
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Intervista a Antonella Cilento
di Giorgio Agnisola
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Serve ancora leggere e scrivere? La domanda potrebbe apparire retorica, eppure Antonella Cilento, coordinatrice da diciotto anni di corsi di scrittura creativa in giro per l’Italia, nel suo ultimo libro, apparso in questi giorni in libreria, Asino chi legge, i giovani, i libri la scrittura (Guanda), se lo domanda seriamente tra un viaggio e l’altro, mettendo in discussione il suo stesso lavoro di scrittrice. «Da qualche anno leggere è considerato una perdita di tempo, addirittura un errore, un insignificante vizio. Studiare e leggere nell’opinione comune non portano da nessuna parte, non ti aprono al mondo del lavoro, non fanno di te una persona migliore.
Anche a scuola gli studenti leggono a fatica e gli insegnanti che vogliono portarli alla lettura sono i primi a leggere di rado e senza criterio».
Allora, cosa si può fare per recuperare un interesse per la lettura, soprattutto a scuola?
«Io credo che non sia pensabile un recupero senza una strategia, che non attiene tanto ai mezzi, alle risorse, alle tecnologie, quanto al significato stesso della letteratura, alla necessità che ognuno di noi ha di storie e di parole. Se i ragazzi sentono il bisogno dei libri prima di analizzarli, se i ragazzi scoprono che i libri parlano della loro storia, oltre che di personaggi di fantasia, che nei libri sono nascoste le domande che ci accomunano tutti – chi siamo, perché siamo al mondo, perché le persone si relazionano in un certo modo – allora c’è una speranza. È quel che mi accade insegnando scrittura: si può iniziare da Harry Potter per arrivare a Dickens. Quando i ragazzi scopriranno che i libri si parlano tra loro e dialogano con il lettore, che i libri sono la più grande rete di relazioni ad altro tasso emotivo – altro che internet – che l’uomo abbia mai creato e che questa rete si interfaccia di continuo con la pittura, la musica, il teatro, il cinema e la stessa società civile, allora sì che tornerà l’interesse per la lettura».
Credo però che siano cambiati i contesti, i gusti e le attese connessi con la lettura. I giovani di fatto leggono ancora, ma su internet, chattano, si scambiano messaggi a ritmo frenetico con i telefonini…
«Sì e la trasformazione dei media trasforma i rapporti: alcuni miei studenti si lasciano e si rimettono insieme per sms, cosa paradossale, e infatti si divertono molto quando faccio loro scrivere racconti lunghi quanto un sms. Ma la questione riguarda la sostanza: è il valore che la società sta dando al libro che è cambiato. Fino a pochi decenni fa ogni casa aveva la sua piccola libreria, in cui trovavi Salgari e Verne accanto a Pavese e Proust, magari alla rinfusa, ma era comunque un piccolo patrimonio di idee e di rimandi culturali. E per ogni famiglia leggere e studiare era una promozione sociale, un accesso privilegiato al mondo del lavoro. Gli ultimi vent’anni hanno svuotato le librerie delle case, sugli scaffali trovi le compilation della playstation. Anche il fumetto è archeologia per ragazzi invecchiati. In una scuola, come racconto nel libro, ho trovato ragazzi che avevano abbandonato l’obbligo scolastico e non conoscevano Cenerentola: se nessuno a casa racconta le favole, la scuola può solo arrancare nel tentativo di riempire questo vuoto».
La questione riguarda dunque il metodo e più in profondità il senso stesso della scuola e delle sue radici formative.
«Certamente. Oggi l’equivoco educativo è terrificante. Invece di creare fili che portano i ragazzi verso l’esterno, verso la società civile, l’arte, il teatro, la letteratura, la scuola rischia di cedere al modello Maria De Filippi, alla lite televisiva e alla spettacolarizzazione. Prevale la non specificità dell’insegnante e dell’alunno, sicché spesso l’insegnante non sa cosa insegna e l’alunno non sa a cosa è veramente interessato».
Anche la scrittura sembra attrarre sempre meno i giovani. Come e quanto si scrive a scuola?
«I giovani, per quanto si dica spesso male di loro, sono ancora delle pile cariche, pronte a sprizzare energia. Se coinvolti, se interessati, soprattutto se resi protagonisti della loro stessa avventura interiore, rispondono in modo strabiliante.
Invece i programmi li incastrano in forme senza anima: il saggio breve, l’analisi del testo. Tutte cose utilissime, ma solo dopo che ci si è innamorati della scrittura. Se li si riporta alla passione per la narrazione, all’origine del racconto, di colpo le cose cambiano: scrivono, leggono, s’innamorano di romanzi e poesie.
Occorre capovolgere le regole, dare a esse un significato di libertà creativa. Non si suda più leggendo Leopardi e Manzoni? Il tema è archiviato? Bene, ripartiremo dai film più gettonati, dai libri più venduti, citeremo i cartoni alla moda: per iniziare, discutere, ragionare. I giovani vogliono scrivere: aiutiamoli a dare senso alla loro stessa storia, a raccordare le parole alla loro anima».
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(Avvenire, 16 novembre 2010)
Grazie Massimo di aver gentilmente postato l’intervista di Avvenire.
Un abbraccio veloce, scusate! Ci risentiamo 🙂
sto seguendo il dibattito con molto interesse. complimenti alla Cilento per questo libro.
dimenticavo: mi sembra bellissima l’iniziativa del coinvolgimento della scuola.
per scuola intendevo dire la classe liceale con i suoi studenti. scusate l’imprecisione.
“Siete d’accordo sul fatto che da qualche anno leggere è considerato una sorta di errore, una perdita di tempo, un insignificante vizio?”… caro Massimo, sai quante volte mi sono sentita dire: “Non mi piace leggere, è tempo perso, ho di meglio da fare”??? Non c’è nulla di più triste di una frase del genere. E come ribattere quando il sordo non vuol sentire? La colpa di chi è? Secondo me della scuola che negli anni passati (parlo dei miei, anni ’70-’80 in particolare) ha “lavorato” male sugli studenti, portandoli ad odiare o comunque a mal digerire qualsiasi tipo di testo letterario. I nostri professori andavano avanti col paraocchi, non motivavano, non spingevano a vedere sotto altra luce i grandi scrittori, i classici… Io faccio purtroppo parte di quella generazione che rimpiange il fatto di non aver avuto una scuola capace di dare le basi dell’amore per la lettura: me le sono andata a cercare da sola, crescendo, col tempo…
Fortuna vuole che ai miei figli vada meglio: non solo esistono i più svariati strumenti per far conoscere loro ed amare la letteratura, ma vi sono anche insegnanti preparati, motivati e soprattutto a “portata di adolescenti”
Grazie per il tuo commento, cara Paola. E grazie a Laura.
Ringrazio anche Francesca Giulia, Simona, Amelia ed Emilio intervenuti ieri.
Ancora un ringraziamento speciale a Elvira Siringo e a tutti gli studenti intervenuti: Andrea Manolio, Paola Matera, Daniela Gangi, Desirèe Brancati, Noemi Gennaro, Francesco Alescio, Mariano Calvo, Martina Sicari, Simone Cardinale, Sara, Sonia, Silvia, Simone, Andrea, Andrea Di Noto, Giacomo Cintorrino, Cinzia Ferrini, Bianca&Nicole, Antonio Greco.
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Cari ragazzi, vi ringrazio tutti (uno per uno)… e nel farlo sento davvero il desiderio di citare i vostri nomi.
Passate da queste parti, se avete tempo e voglia.
E intervenite, se vi va. Queste discussioni che organizzo sono anche (e soprattutto) per voi.
E ogni volta che lascerete un commentino, farete felice un “uomo con la camicia celeste” (questo è il nomignolo che mi hanno affibbiato in Rete.
@ Antonella Cilento
Cara Antonella, davvero bella l’intervista pubblicata su “Avvenire”.
Aggiornaci, sulle novità riguardanti questo tuo libro.
@ Elvira Siringo
Ti contatterò personalmente per proporti qualcosa…
Dimenticavo di ringraziare Alex Aretino (lo faccio adesso).
@ Desirèe Brancati
Cara Desirèe, hai scritto: “Detto da me, una ragazza che ama molto di più scrivere piuttosto che leggere, integrare l’incontro fisico con quello virtuale sarebbe un’occasione veramente unica. C’è da dire però, che se dovessi decidere tra le due opportunità, sceglierei senza alcun dubbio la prima. Io amo il confronto diretto con ciò che leggo, il “contatto fisico” delle parole, le pause dei discorsi o quelle di riflessione.”
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Cara Desirèe,
hai perfettamente ragione e sono più che d’accordo con te. Il web, Internet, non potrà mai sostituire la bellezza e la magia di un incontro “fisico”. È solo un medium… che se usato in maniera intelligente, però, può riservare piacevoli sorprese.
Come quella di dialogare con una ragazza che ama scrivere e che porta il cognome di un noto scrittore siciliano.
Hai mai letto Vitaliano Brancati?
http://it.wikipedia.org/wiki/Vitaliano_Brancati
A tutti voi, una serena notte.
non ho mai letto questo, a quanto pare, noto scrittore. Mi sono però documentata non appena ho letto il tuo intervento. Premesso che la cosa non mi dispiacerebbe per nulla, chissà che non sia un mio parente! Ad ogni modo grazie per aver affiancato il mio nome ad “una piacevole sorpresa”. Spero quindi, con l’aiuto certo della scuola, di incontrare più scrittori di quanti ne conosca. Ahimè, magari potrei anche imparare qualcosa in più o pubblicare uno dei miei piccoli lavori! :).
ciao sono mariacristina e ho 17 anni.
Il mio approccio con la lettura è avvenuto in modo forzato da parte dei miei insegnati delle scuole medie ma oggi sono fiera di dire che senza lettura la mia vita sarebbe vuota poichè molte volte i libri mi suscitano emozioni. E’ qualcosa di indiscrivibile ma so che chi è solito leggere capirà. Purtroppo i ragazzi di oggi non sanno cosa si perdono perchè pensano che sia tempo sprecato quando in realtà è tutto l’opposto.
SONO FIERA DI LEGGERE
Brava Mariacristina… quando leggo che ragazzi come te amano i libri credo che il mio lavoro non sia inutile, ti ringrazio!
🙂
Cara Desirèe (e scusate se mi intrometto) accantona per adesso Brancati. Se vuoi iniziare con una bella lettura che lasci il segno, leggi LA CODA DI PESCE CHE INSEGUIVA L’AMORE un romanzo scritto a quattro mani da Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri, da domani in tutte le librerie siciliane. Una favola che ha il dono dell’incanto e invita a sognare.
Scusate il fuori programma, ma Maugeri mi ha appena assunto come suo agente pubblicitario e devo pur guadagnarmi la pagnotta.
Cara Desirèe, sul tuo omonimo Vitaliano Brancati ti consiglio di visionare questo post: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/10/06/centanni-di-vitaliano-brancati/
Ci sono anche due video interessanti.
Cara Mariacristina, ben detto! Brava!
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Un saluto anche a Maria Lucia.
@ Salvo Zappulla
Mi accingo a pubblicare un post su “La coda di pesce che inseguiva l’amore”. Se ti vuoi guadagnare la pagnotta, puoi farlo benissimo lì. 🙂
@ Antonella Cilento
Cara Antonella, continua a tenerci aggiornati sul cammino di questo tuo ottimo libro: “Asino chi legge” (Guanda).
Scusa Antonella, ci lasciamo equivocare abbastanza spesso giacché tendiamo a scrivere molto. Sul “creativa” volevamo alludere a chi ha inventato scuole sfruttando il fascino della parola senza immaginare la costruzione di una struttura adeguata o senza adeguata esperienza dell’insegnanete unico. Sono tantissime in Italia e nel mondo: ciò ci insospettisce.
Noi siamo rimaste ancorate a questa idea fondamentale: l’insegnante deve affascinare, fare innamorare l’allievo per dargli modo di apprendere e poi creare. Se non scatta questo meccanismo, l’operazione si riduce a un gesto che serve a mettere a posto la coscienza (“ho seguito un corso di scrittura creativa, dunque posso scrivere-creare) e avvalersene nei curriculum e tra gli amici.
E’ evidente, invece, l’utilità in se della faccenda e anche del nome quando si rinviene che ci dici.
Siamo meno turbate (sorriso, stereofonico)? Si.
Restano, le turbe, giacché probabilmente restano le scuole di scrittura creativa senza nulla di creativo. E’ chiaro che nessuno ci ha dato la patente per attribuire voti alle scuole di scrittura, ma sarebbe bello che davvero contribuissero almeno a far venire la voglia di leggere, azione che ci pare ineludibile per scrivere.
Grazie affettuoso per l’attenzione.
Alessia e Michela
CONCORSO LETTERARIO internazionale gratuito
Già che ci siamo e in sintonia con ciò che Antonella dice nella intervista soprastante resa a Giorgio Agnisola-l’Avvenire: “Quando i ragazzi scopriranno che i libri si parlano tra loro e dialogano con il lettore, che i libri sono la più grande rete di relazioni ad altro tasso emotivo – altro che internet – che l’uomo abbia mai creato e che questa rete si interfaccia di continuo con la pittura, la musica, il teatro, il cinema e la stessa società civile, allora sì che tornerà l’interesse per la lettura”, lunedì sera sarà pronto il regolamento di un concorso che stiamo organizzando con la nostra associazione Meltin’Bo da cui è appena nata Meltin’Books (recensioni, letture pubbliche, presentazione libri, pubblicazioni).
Naturalmente “Asino chi legge” e “La coda di pesce che inseguiva l’amore” saranno con noi.
Alessia e Michela
Alessia e Michela
Si incentra proprio sugli aspetti che Antonella evidenzia (poesia, racconti, romanzi, testi per reading-teatro, sceneggiature per fumetti, illustrazioni).
Cercheremo di dare visibilità anche qui, se Massimo lo vorrà, per dare modo ai giovani che sono felicemente apparsi di spedire i loro contributi.
Alessia e Michela
Vediamo nomi in eccessi e stravolto quel che avevamo in mente; forse abbiamo aggiunto qualcosa che era nella memoria del mouse. Ma si capisce il senso e: maledetta fretta!
Alessia e Michela
Siamo Gianluca, Mattia e Mauro della 4^ Liceo Quintiliano di Siracusa.
Al giorno d’oggi, leggere un libro è, fra i giovani, un passatempo sempre meno frequente. Proprio i giovani, avvicinandosi al mondo della tecnologia, si sono “dimenticati” del piacere della lettura di un libro. Ogni ragazzo dovrebbe cercare di scegliere un libro secondo le proprie passioni e i propri hobby; infatti, la lettura potrebbe attirarlo se il libro trattasse di essi.
La scuola cerca in qualche modo di avvicinare alla lettura i giovani svolgendo attività e progetti di lettura. Ogni ragazzo leggendo un libro ha una propria interpretazione di ciò che legge; quest’ultima può essere diversa da quella dell’autore e da quella di altri lettori.
Secondo noi, è vero che i ragazzi si allontanano dalla lettura di un libro o di un quotidiano scritto su carta, ma è anche vero che essi sono i primi a tenersi informati tramite Internet.
Bisognerebbe, quindi, riavvicinarsi alla lettura dei libri e dei quotidiani semplicemente per non dimenticare il piacere di possedere la cultura tra le proprie mani.
Dalla favola ai racconti delle fiabe ai romanzi, i libri e la lettura sono sempre stati per l’uomo un’arma per stuzzicare la propria fantasia ed immaginazione.Per me il libro ideale dovrebbe avere tre caratteristiche fondamentali: deve saper sconvolgere e stupire il lettore mettendolo in crisi in modo da far pensare e riflettere su cose che pensa siano scontate, deve avere un linguaggio semplice ma che nasconda significati profondi e toccanti e deve avere una storia bella e accattivante e che lasci spazio per la fantasia di chi legge, magari con un finale che possa avere un seguito!
Sono Daniela una ragazza di 17 anni del Quintiliano di Siracusa. Io nono amo la lettura,preferisco vedere un film che leggere un libro. Quando vedo un film riesco a immedesimarmi nei personaggi, cosa che non riesco a fare durante la lettura. Proprio per questo motivo non riesco a dire quale secondo me può essere il libro ideale. Comunque se parliamo di lettura in generale c’è internet che può essere utilizzato come mezzo per cercare e trovare ciò che interessa. La lettura in definitiva deve essere considerata come un hobby!
Salve amici di penna! =) Sono Giulia una studentessa del quarto anno del liceo Quintiliano(Siracusa)
Dopo un’accurata lettura dei commenti rilasciati in questo blog ho notato la mancanza della descrizione del libro ideale! Secondo me non esiste un libro ideale in quanto l’interesse che un libro può suscitare è dato dal momento e dallo stato d’animo del periodo che un soggetto vive. Personalmente amo leggere quei libri che trattano materia fantasy o di avventura, può capitare però che a volte osservando il titolo e la copertina venga attratta da un libro…anche se non rispecchia il mio genere di lettura! Penso inoltre che i libri debbano restare su carta poichè un libro riprodotto in audio o visualizzato sul desktop di un computer non può sostituire il piacere della lettura!
Ciao a tutti mi chiamo Erika è ho 18 anni e frequento il liceo Quintiliano di Siracusa.Io posso dire di non amare la lettura perchè non sono mai riuscita a leggere un libro…forse perchè ho sempre letto o tentato di leggere dei generi letterari che non mi intrigavano molto fino a quando la mia professoressa di Italiano e la ringrazio ci ha proposto di leggere un libro di Lia Levi ed io ho letto “trilogia della memori”è un libro composto da tre romanzi che raccontato delle storie ambientate nel periodo del nazismo ed io sono riuscita a divorarmi tre romanzi in meno di un mese…quindi posso ben dire che grazie alla mia professoressa di italiano mi ha fatto scoprire la passione per la lettura di questi libri ambientati in quel periodo…quindi io dico che se una persona sa cercare il libro giusto o almeno prova a leggere vari libri prima o poi lo scopre il genere letterario che più piace…
Ps:siamo noi che non vogliamo trovare la forza di leggere un libro che forse ansi è la cosa più bella e rilassante che c’è perchè si scoprono tante cose belle e interessanti e si impara pure a leggere e scrivere bene…;)
Siamo Federica e Valeria,abbiamo 17anni e frequentiamo l’istituto Quintiliano. Abbiamo letto diversi commenti e abbiamo deciso di rispondere anche noi alle domande proposte.Secondo noi,non è vero che i giovani non si interessano alla lettura di un libro, è solamente cambiato il modo di leggere! Molte persone che conosciamo preferiscono leggere via internet. Ad esempio non si acquistano più i quotidiani la mattina come si faceva prima ma adesso le informazioni, le notizie di cronaca ecc. si trovano online. Noi ragazzi siamo “costretti” a scuola a dover leggere dei libri che non suscitano alcun interesse, molte volte non riusciamo a portare a termine la lettura del libro perchè ci annoiamo. Alcune volte preferiamo la visione di un film, piuttosto che leggere il libro. Chi ha detto che la cultura deve passare solo attraverso il senso della vista? Perchè non con l’udito?!? Secondo noi questo invoglierebbe moltissimi giovani a conoscere di più. La maggior parte dei libri che riscontra successo tra i giovani sono i libri di avventura, d’amore, gialli e di fantascienza. A noi interessano i libri di amore. Forse i giovani d’oggi non trovano il loro libro ideale perchè non riflettono sui loro stati d’animo e su cosa potrebbe attirare la loro attenzione!
Il mondo della lettura da qualche anno ha subito notevoli cambiamenti, che hanno portato ad apprezzarlo maggiormente su internet e a considerare spesso quello cartaceo una perdita di tempo. A me piace leggere e penso che tra noi ragazzi questa passione non sia del tutto persa ma “soffocata” dai nostri diversi interessi. Sicuramente molti hanno trovato il libro “giusto” quello che, attraverso le parole, i personaggi e i sentimenti descritti, ha suscitato l’interesse portandoci ad esplorare sempre nuovi “mondi”. Gran parte dei valori del passato sono andati perduti, ma a mio parare possiamo evitare che ciò accada anche per la lettura, è necessario che i docenti attraverso una presentazione accattivante dei libri suscitino la curiosità e aiutino a far apprezzare il valore della lettura e dell’interpretazione personale di un libro tutto questo non può essere infatti sostituito da una “tavola” elettronica o da un audiobook! Sofia ( istituto Quintiliano Siracusa)
Ciao siamo Federico e Giulia abbiamo 17 anni, siamo due studenti dell’istituto Quintiliano (Siracusa). Noi pensiamo che gli studenti non siano più così presi dalla lettura di notizie poichè, usando molto spesso internet, preferiscano leggere lì le notizie anziché comprare il giornale. Per quanto riguarda la lettura di libri, pensiamo che il ragazzo di oggi debba essere stimolato nella lettura in modo diverso ovvero, nelle scuole, i docenti dovrebbero consigliare ai ragazzi di leggere libri adatti ai propri gusti, anzichè essere costretti indirettamente a leggere un libro che magari non catturi del tutto la loro attenzione! Secondo noi il libro ideale deve essere qualcosa di personale, poichè ognuno ci si possa rispecchiare!
Il mondo della lettura da qualche anno ha subito notevoli cambiamenti, che hanno portato ad apprezzarlo maggiormente su internet e a considerare spesso quello cartaceo una perdita di tempo. A me piace leggere e penso che tra noi ragazzi questa passione non sia del tutto persa ma “soffocata” dai nostri diversi interessi. Sicuramente molti hanno trovato il libro “giusto” quello che, attraverso le parole, i personaggi e i sentimenti descritti, ha suscitato l’interesse portandoci ad esplorare sempre nuovi “mondi”. Gran parte dei valori del passato sono andati perduti, ma a mio parare possiamo evitare che ciò accada anche per la lettura, è necessario che i docenti attraverso una presentazione accattivante dei libri suscitino la curiosità e aiutino a far apprezzare il valore della lettura e dell’interpretazione personale di un libro tutto questo non può essere infatti sostituito da una “tavola” elettronica o da un audiobook!
Di certo la lettura oggi ha forse un po’ perso parte di quel fascino che le apparteneva e questo è dovuto a numerosi fattori: la tecnologia e i nuovi mezzi di comunicazione in primo luogo, ma anche i mille altri interessi che invadono il nostro tempo libero e una vita fatta di sempre meno spazi da potersi ritagliare. Non mi sento di dare consigli ai giovani perché io stessa sono giovane, anche se non più adolescente; se proprio dovessi fare delle proposte di lettura a dei ragazzi delle medie o del liceo, di certo consiglierei loro di iniziare ad accostarsi ai nostri grandi narratori contemporanei (Calvino, Sciascia, Morante, per fare alcuni esempi), un impegno che io stessa mi sono da tempo assunta, e consiglierei ai docenti di proporre ai ragazzi questi autori a mio avviso poco trattati e valutati nell’ambiente scolastico.
Per quanto riguarda il mio rapporto personale con la lettura, mi sento in dovere di testimoniare che in queste ultime settimane, dopo un intenso periodo di letture interessanti e coinvolgenti, che mi hanno attirata e condotta verso storie che mi sono rimaste dentro, non sto purtroppo riuscendo a a dedicarmi intensamente alla lettura di puro svago, perché sto preparando la tesi di laurea e gli ultimi esami e quindi per forza di cose devo dedicare gran parte del mio tempo a leggere e metabolizzare ciò che mi viene assegnato, ma soprattutto perché la mia ultima scelta narrativa non mi sta pienamente soddisfacendo. In merito a questo però, confido nel fatto che molte persone intorno a me mi stanno regalando stimoli nuovi, per cui prestissimo farò un nuovo tentativo (non consideratemi “vigliacca”, ma se un testo non mi “entra pienamente dentro” mentre lo leggo, non riesco a trovare in me stessa la forza di volontà che possa spingermi a terminarlo…anzi, vorrei sapere anche in merito a questo argomento cosa ne pensate).
In generale, non credo che si possa dire che la lettura venga considerata proprio una perdita di tempo; certo, esistono persone che non leggono mai, ma a mio avviso sono sempre una minoranza in confronto a quelle, giovani e meno giovani, che più o meno assiduamente si accostano a questo mezzo straordinario…e spesso non è importante, forse “quanto” si legge, ma la qualità di ciò che si legge.
Sara
Un caro saluto e un ringraziamento a tutti i nuovi intervenuti: Gianluca, Giampiero, Daniela, Giulia, Erika, Federica e Valeria, Sofia, Federico e Giulia,
@ Sara
In bocca al lupo per la tua tesi di laurea.
Se un testo non ti “entra pienamente dentro” mentre lo leggi, hai tutto il diritto (Pennac docet) di interrompere la lettura e dedicarti ad altro.
Ho due figli adolescenti asinissimi, non studiano e non leggono per me è un dramma! penso che leggere sia importante così come saper scrivere soprattutto per la scoperta di altri mondi e di modi di “sentire”. Televisione e computer non sono sufficienti. I professori hanno il compito di appassionare i ragazzi, qualsiasi lettura va bene ma con questa premessa. In questi anni ho cercato di farlo io, risultato:i miei figli mi ascoltano, conoscono sommariamente ma non prendono l’iniziativa, devo farlo io(che fatica). Temo che sconteranno questo quando saranno grandi. Penso che sia più importante leggere da piccoli che da grandi perchè le “fondamenta” solide anche se poi non si ricorda niente o poco si sviluppano grazie a esperienze culturali fatte in età scolare.Poi risulta difficile colmare i buchi.
UNA NOTA PERSONALE:
dopo un colpo della strega in maggio dovuto agli eccessi durante alcuni incontri letterari nelle scuole (ahò! Nun c’hai più er fisico, nun c’hai!), trascinavo tutto con cure palliative ma andando al lavoro e facendo altri incontri (meno teatralizzati) nelle scuole e nelle biblioteche (sabato a Cuneo e ieri a Lugo di Ravenna). Però ormai la situazione è degenerata: la diagnosi della risonanza magnetica di qualche giorno fa è chiara: ernia al disco, aggravata da un’acutissima lombosciatalgia che dai dolori mi sbrana la gamba e di notte non mi fa dormire, negli ultimi giorni costringendomi ad arrancare (come il Nonno del Gobbo di Notre Dame) col bastone, a farmi iniezioni di Voltaren e Muscoril eccetera. Giovedì comincio le terapie/riabilitazione.
Al giorno d’oggi,è evidente come la lettura non sia uno degli hobbies preferiti dagli adolescenti,vista come un qualcosa di inutile che sottrae tempo ad altre attività,secondo loro,più interessanti.
Altre cause che demotivano i ragazzi possono essere la stanchezza provocata dal leggere,poichè questo richiede un comportamento attivo a cui la televisione non abitua.
Anche gli insegnanti e le famiglie spesso non invogliano,o lo fanno a modo loro,i ragazzi a familiatizzare con i libri.
La lettura,secondo un nostro parere,è fondamentale perchè si presenta come un mezzo per apprendere nuove conoscenze,o come mezzo di comunicazione. A noi piace leggere perchè attraverso un libro riusciamo ad essere catapultate in un mondo parallelo,creato in parte dall’autore e in parte dalla nostra stessa immaginazione.
Dedicandoci a quest’attività riusciamo ad isolarci,quasi come se il tempo si fermasse e noi diventassiamo parte integrante del libro.
Tra gli innumerevoli vantaggi che fornisce la lettura prevale quello di migliorare la qualità della nostra scrittura e di conseguenza,esprimere al meglio il nostro pensiero e coltivare uno spirito critico. Per spronare un ragazzo delle scuole medie inferiori alla lettura bisognerebbe proporre un libro dal linguaggio semplice e dal contenuto scorrevole;un libro che lo possa appassionare e coinvolgere nelle vicende del protagonista;e un libro che abbia una giusta dose di mistero,avventura e colpi di scena.
Mentre un’ottima scelta per i liceali sarebbe una lettura più impegnativa,di formazione,che si avvicini alla realtà degli adolescenti. Per incentivare la lettura anche gli insegnanti potrebbero diminuire i compiti.Con ciò,vorremmo concludere dicendo che la lettura,secondo noi,è un posto magico dove ognuno può esprimersi liberamente,e viaggiare anche non avendone le possibilità.
Le alunne della VB ginnasiale di Avola:
Alessandra Presti
Carla Grienti
Francesca Zappulla
Giorgia Neri
Erika Faraci
Ilenia Canto
Marta Cusumano.
Scusate. Mi ero perso gli ultimi commenti pervenuti in questo post.
Ne approfitto per salutare e ringraziare Maria per il suo intervento… e per fare i migliori auguri di guarigione a Luciano per i suoi acciacchi.
Un caro saluto e un ringraziamento per il loro messaggio alle alunne della VB ginnasiale di Avola:
Alessandra Presti
Carla Grienti
Francesca Zappulla
Giorgia Neri
Erika Faraci
Ilenia Canto
Marta Cusumano.
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Grazie davvero…
anche sono del 1970 come Antonella Cilento…
sono una lettrice compulsiva perchè la lettlura mi ha salvata da un’infanzia difficile e non riesco a farne a meno. Quest’estate ho dovuto stare alcune settimane senza leggere per un intervento chirurgico agli occhi e ho avuto delle vere crisi di astinenza. Per i miei nipoti (non ho figli) sono “la zia che regala i libri” quindi mi pongo spesso il problema di come avvicinarli al mondo meraviglioso della lettura. Purtroppo non posso portarli con me in libreria, ma solo sperare di azzeccarci….però almeno nelle loro case non ci sono solo libri di scuola! Spesso i genitori mi tollerano o dicono che vorrebbero doni più utili ma non demordo. Regalo anche abbonamenti a riviste per bambini/ragazzi e non disdegno i fumetti (dopo tutto io ho deciso di leggere Shakespeare dopo averne letto le versioni Walt Disney (Paperinamleto o Paperotello….). La più grande ha 10 anni e sono stata felicissima quando quest’anno mi sono sentita chiedere per la prima volta un titolo, aveva visto La fabbrica di cioccolata e capito che era tratto da un libro ha chiesto di leggerlo!!! primi semi che germogliano!!
Grazie per il tuo commento, cara Stefania.
Continua a credere alla lettura che salva! E a regalare libri, ovviamente.
😉
Vivo da cinquant’anni al Rione Luzzatti e devo sottolineare la superficialità con la quale nel suo librto viene descritto questo quartiere periferico di Napoli.Il quadro che viene fuori dalla sua descrizione è quella di un quartiere dominato dalla mentalità e dalla barbarie camorristica(che lei non osa nominare), dove si rischia di essere aggrediti alle due del pomeriggio senza che nessuno ti venga in soccorso. Un quartiere dove la gente si barrica in casa per paura di uscire e quindi chi attraversa queste strade lo fa in piena solitudine e a proprio risschio e pericolo. Niente di più falso.Certamente il Rione Luzzatti vive situazioni di degrado e abbandono,ma non vive sotto il dominio della camorra e non si rassegna al malessere sociale.La sua scrittura sarà pure creativa ma certamente è male informata.
Salve a tutti, mi chiamo Francesca e ho quasi quindici anni.
Vengo da Napoli, e precisamente dal rione luzatti. Cosa strana però leggo, scrivo, ascolto buona musica e no, il mio rione non è degradato in quel modo. Riesco a parlare in italiano, e anche le mie amiche lo sanno fare.. L’avreste mai detto? AMO LEGGERE, amo la letteratura, faccio danza da quasi undici anni e se mi capita di andare a teatro colgo l’occasione per andarci, nonostante tutto vengo da Napoli e proprio da quel quartiere.. Uau . Penso di conoscerlo un po’ meglio della Cilento, e quindi posso dire che e’ un semplice quartiere di napoli, dove la popolazione e’ mista. Non è il Bronx , la signora Cilento ha dipinto tutt’altra cosa, e mi da fastidio. Sono stanca di chi scrive stereotipi, sono stanca di chi scrive e basta, senza cambiare nulla, sono stanca di tipi come la Cilento. Tralasciando il fatto che il problema non è la scuola in se per se, ma il governo che la manovra. E aprite un po’ gli occhi Dio mio! NAPOLI SI E’ EVOLUTA ,CARA CILENTO. Ho letto il tuo libro, oltre ad aver trovato quintali di baggianate mi permetto di dire che il tuo modo di scrivere e’ provinciale e scontato. Al giorno d’oggi pubblicano di tutto.
Tanti saluti.