Novembre 19, 2024

166 thoughts on “AVEVO VENT’ANNI: IL RUOLO DEL LIBRO IERI E OGGI

  1. Vi ripropongo le tre domande chiave:

    1. Il pensiero è diventato così debole da non sostenere il libro?

    2. E i libri, a loro volta, sono diventati insufficienti a capire e a spiegare il mondo?

    3. Oppure è sempre colpa delle famigerate nuove generazioni (di volta in volta trasparenti, mammoni, bamboccioni, sessisti, drogati…)?”

  2. Per i curiosi che volessero sapere di più su Aden Arabia…
    Ecco un articolo di Maria Agostinelli (dedicato al libro). Fonte: Rai.it

    Arabia Infelix
    “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”
    di Maria Agostinelli

    Il porto di Aden è costituito da una conca tra due penisole vulcaniche che si apre tra l’Oceano Indiano e il Mar Rosso. Un punto strategico, un luogo per secoli dibattuto tra vari poteri e nazionalità: quella araba, quella inglese, infine quella yemenita. Punto strategico, si diceva, per la sua posizione particolare nella penisola arabica e, ancora di più dopo l’apertura del Canale di Suez, per il traffico di mercantili, navi da guerra, fughe di vario tipo, natura e nazionalità che dalla vecchia Europa puntavano la prua verso l’Arabia Felix, la terra dei palmizi, degli arabeschi di Sanaa, del fantasma della regina di Saba, dell’aspro deserto Rab el-Khali, delle fortune coloniali inglesi.
    E doveva essere un viaggio veramente straniante per quei passeggeri che dalle coste britanniche, attraverso le rotte mediterranee, vedevano il paesaggio e le acque mutare sotto i loro occhi alla luce di un sole continuamente cangiante, senza alcuna soluzione di continuità negli odori, nei colori, nelle facce.
    Così apparve il tragitto a colui che quel viaggio si trovò a descrivere qualche anno dopo nel saggio-denuncia Aden Arabie, sotto i raggi del sole parigino, inondato dalla sensazione che l’altrove sia solo un giochetto per adolescenti cresciuti male. Il nome di costui era Paul Nizan, saggista, romanziere, giornalista, nato nel 1905 a Parigi, studente all’Ecòle Normale Superieure, amico di Jean-Paul Sartre, ben presto attratto da “una forza centrifuga irresistibile che spingeva gli uomini meno pesanti d’Europa lontano da quell’ombelico della terra che era forse Parigi”.
    Nizan era un intellettuale in un’epoca in cui questa parola aveva con tutta probabilità ancora un significato, o meglio in un’epoca in cui il suo significato lo stava acquistando alla luce della morale borghese di inizio secolo, e ancor più attraverso lo scontro dialettico con le ipocrisie più o meno strumentali che dalla Prima Guerra Mondiale avevano creato o rimodellato il concetto di Nazione.
    Era l’epoca del romanzo borghese d’opposizione, e tra i ricami all’uncinetto poggiati sui divani dei salotti bene, le disillusioni dell’ambiente accademico e intellettuale, i festeggiamenti post bellici intrisi di effimera euforia, il ventenne Paul Nizan cominciò a chiedersi se ci fosse un modo…per fare cosa? Un modo per ribellarsi, per rifiutare gli incasellamenti e le reiterate falsità di quell’Occidente ormai allo sfascio. Di fronte all’incapacità dell’Europa nel fare qualcosa per se stessa, Nizan cominciò a domandarsi: “Qual era ancora il contenuto della parola viaggio? Che c’era dentro quel vaso di Pandora?”.
    La via per scoprirlo era portare un po’ della sua “francesità” facendo l’insegnante di lingua per i sudditi della regina Vittoria, percorrendo appunto quel tragitto che dalle coste inglesi, attraverso il Mediterraneo, guidava nell’allora protettorato britannico di Aden. E qui l’assurda scoperta: tra la povertà degli indigeni, i profumi speziati dell’Oriente, il senso di confortevole estraneità in mezzo a consuetudini altrui, si annidava cristallizzato e sublimato quell’Occidente da cui l’autore si voleva salvare. I suoi protagonisti nulla hanno di umano, possono essere trattati alla stessa stregua di comparse. Il signor C., potentissimo commerciante inglese di caffè, vive illudendosi di agire, semplicemente mimando in un ambiente altro la vita che gli è stata insegnata; allo stesso modo il militare britannico, ormai anziano, si abbandona come relitto occidentale all’alcool e a fantasmi, spuri come il suo abbigliamento arabo-inglese.
    Nulla può rendere accettabili le ingiustizie viste dagli occhi di Nizan. Le sensazioni, le riflessioni, gli incontri raccontati in Aden Arabie demistificano irrimediabilmente la bontà del partire.

    “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”. Questo l’incipit di Aden Arabie. Nizan si accorge che la fuga non paga, che per dare senso ai propri vent’anni – questa età ingrata, insidiosa, piena di promesse vacue, di scelte obbligate – la ribellione deve arrivare fino in fondo, nelle fibre più intime della nostra cultura.
    Non era Aden il luogo in cui agire.
    Tornato a Parigi, Nizan si iscrisse al Partito Comunista Francese, ma anche da esso, dopo il patto Molotov –Ribbentropp del 1939, si ritrovò a fuggire, inseguendo quel rigore che lo porterà ad essere volutamente dimenticato dai comunisti francesi. Morì nel 1940, durante la battaglia di Dunkerque, accantonato come intellettuale e come scrittore, per essere riscoperto solo negli anni Sessanta ad opera dello stesso Sartre (autore della lunga prefazione ad Aden Arabie), e completamente riabilitato solo nel 1974.

  3. Io ho la sensazione che il libro non abbia più il valore di una volta. Fino a venti, trent’anni fa aveva una funzione che poteva anche considerarsi sociale. L’impressione è che oggi serva solo per intrattenere quei pochi che hanno ancora voglia di leggere

  4. Dimenticavo di dire un’altra cosa. Ciò che ho scritto sul libro, secondo me, vale anche per gli scrittori. Tempo fa essere scrittori significava avere una certa autorevolezza. Uno scrittore poteva anche esercitare una certa influenza. Oggi? Oggi solo chi va in televisione conta, a prescindere dalle capacità e dal valore intellettuale.
    Spero che cambi, ma al momento la situazione mi pare questa.
    Non so se siete d’accordo
    Saluti
    Gino

  5. Sono una scrittrice al mio quinto romanzo.
    Impossibile trovare un mio libro negli scaffali delle librerie.
    Impossibile anche trovare qualcuno che abbia la voglia ed il tempo di cercare un mio romanzo.
    Oggi solo chi va in televisione conta, è vero….forse i soliti nomi, quelli noti al pubblico.
    Ho così deciso di regalare i miei libri.
    Perchè? Il motivo è semplice, il mio unico desiderio sarebbe quello di essere letta.
    L’alternativa sarebbe quella di buttare i miei romanzi nella spazzatura. Lo considero uno spreco, magari qualcuno ha ancora voglia di leggere!!!!
    Cosa ne pensate?
    Susanna Sarti
    http://www.susannasarti.com

  6. Che dire? Purtroppo la strada sembra questa, parlo per gli autori ovviamente: come ribadito più volte, restano spesso numeri su uno scaffale.
    Per rispondere alle domande di Massimo
    1) Il pensiero è diventato così debole da non sostenere il libro?
    Si, ma il pensiero di chi? Secondo me del lettore. Attenzione, non attribuisco la colpa alla famigerata generazione di “mammoni, bamboccioni, sessisti, drogati, ecc”, ma ad altri tipi di evasione che oggi sono preferiti alla lettura.
    2) E i libri, a loro volta, sono diventati insufficienti a capire e a spiegare il mondo?
    Non ho mai creduto che un libro possa essere sufficiente a capire e a spiegare il mondo, semmai ce lo presenta sotto prospettive diverse, angolazioni alle quali non abbiamo mai pensato. E questi libri c’erano e secondo me ci sono ancora. Vanno scoperti (e riscoperti) senza preconcetti e sovrastrutture. In questo modo saremo persone libere di interpretare il mondo con nuove lenti.

  7. -Io non credo che il pensiero si sia indebolito, o che il libro oggi valga di meno. Il pensiero vive di oscillazioni costante da Socrate fino all’eternità nella dialettica tra sistemi forti e pensieri asistematici e quindi deboli, teorie prescrittive e teorie relative. Ovunque penda il pendolo si producono concettualizzazioni interessanti. Non credo neanche il libro abbia perso la sua qualità intellettuale, la sua capacità di aprire mondo. Contiunua a farlo, per chi lo sceglie.
    Solo – che non corre più da solo.
    Sono cambiate molte cose: sono cambiati i mezzi capaci di produrre senso, sono aumentati i canali, si è ampliato il concetto di cultura: non ci sono più solo i romanzi, ma ci sono per esempio i telefilm – qualcuno inorridirà ma girano de serial di ottima fattura, e capaci di notevoli sintesi concettuali. Dinnanzi a una produzione di senso che arriva da più fonti, c’è un’utenza che è aumentata: ma il fatto è che non è più utente solo del mezzo librario. Della carta scritta. C’è internet, c’è la tivvù, c’è la musica pop c’è la musica non pop. il mercato della produzione di senso dei nostri nonni, era un mondo ristretto di carta per i più eletti e di vinile, per qualcuno a seguire. Ma c’erano tantissime persone che raccoglievano la loro cultura intorno all’oralità. Non è che nei paesetti della nostra ruralissima italia girassero ste quintalate di romanzi, il mondo si scriveva a voce – di padre in figlio, cantando la sera per portare le cose raccolte. Invece i figli di questo mondo accedono a un orizzonte culturale condiviso, alcuni compreranno dei libri altri no, ma avvicineranno la costruzione di senso per altre strade, che prima non c’erano. sicchè in sintesi il libro un tempo troneggiava: unica cultura per un mondo di pochi, oggi è un mezzo tra gli altri, in un mondo per molti e con molti linguaggi.

  8. Io, molto semplicemente, penso che la magia del libro è rimasta immutata… nonostante tutto e nonostante la diversa managerialità operante oggi nel settore dell’editoria

  9. I LIBRI RESTERANNO SEMPRE. GUAI SE NON CI FOSSERO. VIVREMMO TRA BLOG E SCENE DEL CRIMINE TELEVISIVE! INVECE SI VA IN BIBLIOTECA O IN LIBRERIA E SI CERCA QUELLO CHE PUÒ APRIRE FINESTRE, SPALANCARE PORTE INTERIORI, SUGGERIRE SCELTE E SVOLTE, AIUTARE A FANTASTICARE. NON MI SEMBRA POCO…

  10. Intendevo rispondere a Desi, per dire che ho l’impressione che ci sia, oggi più di ieri, la ricerca ossessiva del caso letterario. Ma quali sono, quali saranno i libri destinati a rimanere nel tempo?
    Ci sono ancora libri del genere in giro? O sono meri prodotti del marketing usa e getta?

  11. Molto lucida l’analisi di Zauberei: è inutile tornare indietro, ai nostri vent’anni o a quelli dei nostri padri o dei nostri nonni. Oggi il mondo è diverso, piaccia o non piaccia. Ieri solo carta stampata, e semmai il teatro; oggi ci sono la tv, il cinema, compact disc, dvd, internet.
    Non credo che per questo i libri siano destinati a sparire, ma sicuramente non sono più l’unico strumento per spiegare o capire il mondo: sottoscrivo.
    E per “competere” anche con gli altri mezzi l’editoria è sempre più “industria”. Ma è corretta la proposta di De Matteis di “costruire una nuova ecologia per avere tanti lettori forti domani”: una strategia che mira a risultati nel lungo termine. Chi avrà il coraggio di attuarla ?

  12. Caro Massimo Maugeri,
    lieto di essere stimolato.

    Le rispondo affermando che senza lettura avremo sempre libri buoni, ma
    precipita la considerazione della loro funzione di oggetto culturale.

    E così avviene. Il libro viene considerato un oggetto dovuto come il successo e di conseguenza la sua immagine lo ottunde alla vera fruizione
    ed alla vera e propria lettura che lo rende vivente.

    I lettori sono tutti spettatori mediatici:
    Osservano lo scorrere delle pagine come uno scroll percettivo, se ne vanno direi ,”oftalmicamente”, dal percorso lineare della riga, la qual cosa stimola le strategie estetiche e di design dei prodotti, ed anche spesso la sperimentazione sinestetica dei media nei testi degli autori stessi, ma come risultato abbiamo l’ineludibile effetto schermo delle menti sulla pagina ed il telecomando della scelta binaria che premia
    o meno con l’acquisto, senza più nessun sforzo conoscitivo da compiere
    e nessuna relazione da intrattenere con il testo, per un rapporto interiore ed oggettivo con esso e con il mondo che ogni vero libro apre e dispiega.

    Un caro saluto
    Alberto Mori

    http://www.albertomoripoeta.com

  13. sto diventando monotona, e mi annoio da sola.
    condivido quello che è stato detto da zaub, e da carlo a seguire.
    per ogni commento mio, che sarebbe allo stato pleonastico, vediamo stasera.
    vado a lavorare.
    ciaociao

  14. Credo che i post precedenti abbiano perfettamente colpito nel segno. Dovendo riassumere il tutto in una sola parola direi: evoluzione. Ma quel che è peggio è la fatica a spiegare il mondo contemporaneo, che si traduce nella nostra incapacità di adattarsi al tempo, perchè ormai troppo legati al nostro passato e ai nostri canoni.

  15. I libri hanno ancora un gran valore, e come tutte le cose possono essere arte o marketing. Esistono libri brutti come musica e film brutti. Non è detto per forza che un libro bello non possa essere un’operazione di marketing, non è detto che un’operazione di marketing stia sempre solo dietro a libri brutti, e non significa neppure che i libri considerati “impegnati” siano sempre belli. Io, come dice bene Pennac, da lettore ho il diritto di decidere cosa leggere o no. Sta allo scrittore trovare la formula giusta per entrare nel cuore e nella testa di chi legge. Sono d’accordo con Zauberei comunque.
    Ciao

  16. La diatriba si preannuncia infinita. Iniziamo con il prendere definitivamente atto che negli ultimi decenni i libri che vengono pubblicati dalla grande editoria sono soltanto libri che si aspettano un riscontro commerciale ed una vendita assicurata presso il pubblico dei meno avveduti. La pubblicità ed i premi (questi sempre gestiti dal potere) fanno il resto. Il libro sostanzioso e valido lo si trova più spesso nella editoria minore, che cerca di fare “storia” , ma che non ha efficace distribuzione. Il pensiero è diventato debole perchè la massa è debole: non ha cultura, non ha preparazione, non ha ideali, non insegue valori, e si affida all’effimero quotidiano non dedicando alcun tempo alla lettura.
    La scuola ci mette il suo, la famiglia il resto, per cui i bamboccioni prefersicono perdersi nelle nullità televisive, nelle vuote occasioni, nelle fantasie povere di creatività .
    Il libro – il buon libro – esiste e cerca di entrare nel problema civile e culturale, ma non trova il pubblico adatto.
    Di chi la colpa? Sempre della politica che sovrasta, anch’essa ormai affidata ad uomini che non hanno la stoffa del vero uomo del potere, quasi sempre avventizi e ciarlatani, ormai anche loro ben lontani dagli ideali che un tempo distinguevano le diverse impostazioni teoriche.
    L’unica è sperare che la cultura riesca a rifondare una classe sociale degna di un avvenire più corposo.
    Antonio Spagnuolo (poeta e saggista)

  17. (Massimo te vuoi che io sia cortese buona e per niente cattivaccia nespà?
    saròllo.
    nel mentre attendo fiduciosa qualcuno che verrà a salvare tutti noi plebe illetterata che legge solo volgarissimi libri pubblicati per il volgo. anzichè…
    niente. buonilla e per niente cattivaccia. Per dindirindina.)

  18. Nel corso dell’ultima cena (intesa come appuntamento conviviale tra bloggers) ho detto una paradossale fesseria che ora riproporrei qui perché potrebbe avere qualcosa a che fare con questo post.
    Io credo che quel bel ganzo di Durante Alighieri (Dante, per gli amici) abbia inguaiato tutti con la sua Commedia.
    Lì dentro c’è amore, religione, filosofia, epica, amicizia, sangue, vendetta, dolore, noir, gothic, sesso, sfide, poesia e teologia (e forse ho dimenticato qualcosa). Come se quel fiorentino, insomma, ci avesse detto “e mo’ provate a inventarvi qualcosa di originale dopo che io ho pubblicato ‘sta cosetta qui”.
    Diciamo, quindi, che gli argomenti sono già stati scritti tutti quanti. E, più il tempo passa, e meno nuova appare ogni proposta letteraria.
    Si può, semmai, lavorare sulla creatività per proporre un “humus” conosciuto in forme diverse e originali.
    Credo che con questo gap sia necessario fare i conti. Ma la cosa, spesso, spinge gli scrittori a “stupirci con effetti speciali”, laddove quindi l’originalità diventa improbabilità o addirittura impossibilità.
    Intrecci complessi, personaggi costruiti in laboratorio come la creatura del dottor Frankestein, atmosfere da candy-candy, malvagi davanti ai quali Caligola sembrerebbe un chierichetto. Stupire a tutti i costi per arrivare a dire “certe cose le scrivo solo io”. Con conseguente risposta “e per fortuna!”.
    Poi, tanto per citare un mio chiodo fisso, ti salta fuori un Cormac McCarthy che con “La strada” sbotta un capolavoro basato su due persone senza nome che passeggiano tra alberi bruciacchiati.
    Fosse un problema di manico più che di plot?

  19. Il discorso è molto complesso. Credo che la responsabilità della caduta di spessore del libro come oggetto culturale stia soprattutto nella politica della cosiddetta “grande editoria”. Si tratta di mondi ormai blindati, dove è impossibile approdare con la semplice arma della scrittura. La piccola editoria, pur con tutta la buona volontà, garantisce agli scrittori emergenti una visibilità molto limitata e frammentaria. In più, il mercato tratta sempre più il libro come un prodotto di consumo, con tempi di decadimento molto rapidi. Niente da stupirsi che i primi a demotivarsi, a smitizzare l’oggetto libro siano gli stessi scrittori. Comunque sono d’accordo sul fatto che i buoni libri esistono ancora, nella grande come nella piccola editoria; forse è proprio in questo universo così demitizzato, televisivo e frammentato, che si può trovare un nuovo impulso per scoprirli ed, eventualmente, rileggerli. Alessandra Paganardi

  20. uuuh..
    sono arrivata e ho inciampato in una chiappa. mi sono chinata per raccoglierla e vicino c’era un naso.
    li ha forse smarriti qualcuno?
    caso mai ce li ho io. riposti in un cassetto insieme a un paio di sorrisi, per conservarli meglio.
    🙂

  21. Prima di tutto mi associo alla breve e ben sintetizzata analisi del sig. Alberto Mori (i poeti a volte hanno una capacita’ di uso della parola che sfugge ai narratori e perfino ai navigati saggisti).
    Poi, cerco di fare altrettanto ma con le mie opinioni in proposito.
    Dunque, l’amaro ”rapporto di fine partita” di De Matteis (il libro non e’ piu’ centrale per chi voglia farsi una cultura, dice in soldoni) e’ esatto e a cio’ si aggiungono le considerazioni di Zauberei, la quale precisa: e’ cosi’ per lo sviluppo dei mezzi conoscitivi, dunque, nella selva di opportunita’, il cittadino oggi, diversamente da ”ieri”, puo’ scegliere fra cd, tv, cinema, Internet, ecc; pertanto il libro e’ stato detronizzato.
    Bene. Sottoscrivo ma non mi basta. Manca un dato comparativo, il seguente: PERCHE’ QUESTA CADUTA VERTICALE DELLA LETTURA DEI LIBRI (non parlo dell’ACQUISTO ma dell’effettiva lettura) CARATTERIZZA SOPRATTUTTO L’ITALIA e non la Francia, la Germania, la Slovenia?
    Vediamo le ipotesi per capirlo:

    1) L’Italia ha delle BASI CULTURALI DI PARTENZA PIU’ DEBOLI DEGLI ALTRI PAESI EUROPEI, INSOMMA SI TRATTA DI DISISTIMA PREGRESSA PER IL LIBRO, la quale ha causato, messa a confronto con la tivu’ ecc., una caduta del mezzo meno forte, ossia il libro, che necessita sempre di piu’ impegno rispetto ad una cretinata o ad un programma intelligente televisivo. Questo vuol dire che gli sforzi divulgatori fatti dal Dopoguerra agli anni Ottanta NON ERANO BASTEVOLI, NONOSTANTE QUANTO DETTO DA DE MATTEIS e nonostante quanto fatto dalla scuola pubblica.

    2) L’Italia e’ guidata da una CLASSE POLITICA DI DEPRESSI CULTURALI, I QUALI CONSIDERANO IN REALTA’ IL LIBRO UN QUALCOSA DI INUTILE. Questo lo si vede da come i programmi culturali vengono trattati dalla RAI. E dal fatto che i discorsi dei politici vengono scritti da portaborse e segretari (spesso in nero o sottopagati, vergogna delle vergogne!).

    3)
    LA SCARSA CONSIDERAZIONE POPOLARE PER I LIBRI DI OGGI: ”EH… IO LEGGO SOLO I CLASSICI, CHE OGGI NON C’E’ PIU’ UN BUON LIBRO IN GIRO, SOLO ROBA POMPATA E VUOTA.” Anch’io l’ho detto spesso. Spesso sbagliando. Ma molta gente vede quel che offrono i grandi editori e capisce che e’ proprio serie ”b” fatta passare per ”caso editoriale”, almeno di sovente. Dopo un paio di fregature, si smette di andare in libreria. Anch’io ci vado molto di meno da dieci anni in qua.

    4)
    I tre precedenti punti messi insieme. Ovvero, ditemi voi se esagero, QUESTO PANORAMA COMPLESSIVO: UN PAESE CHE NON FUNZIONA, CLIENTELARE ANCHE NELL’EDITORIA, DAI MECCANISMI MALATI, LE LEGGI (SULL’EDITORIA) SBAGLIATE, UNA SCUOLA INEFFICACE ED UN POPOLO IMPIGRITO e demotivato, stanco di esser gabbato.

    Aggiungiamo che il NOVANTA PER CENTO DEI ROMANZI-NOVITA’ ITALIANI SONO IN REALTA’ DELLE SCENEGGIATURE MASCHERATE DA ROMANZO ed il gioco e’ fatto. Debacle totale e meritata – da tutti tranne che da pochissimi, i quali si arrangiano.
    Sergio Sozi

  22. PICCOLA INTEGRAZIONE:
    per cambiare la situazione bisognerebbe convincere i signori lettori ed editor delle case editrici (TUTTE, piccole e grandi), che NON DEVONO SOLO CERCARE DEI TESTI CHE IMITINO I FILM, MA DEI VERI LAVORI LETTERARI, OSSIA COSE DIVERSE DAI FILM, MOOOLTO DIVERSE.

  23. @ Gino.
    Intanto benvenuto. È la prima volta che scrivi qui?
    Dici che conta solo chi va in televisione? C’è del vero in ciò che scrivi. È possibile, secondo te, che nel prossimo futuro l’innegabile influenza della televisione verrà controbilanciata dalla maggior diffusione di Internet (medium senz’altro più democratico)?
    E secondo gli altri?

  24. SECONDA MINUSCOLA INTEGRAZIONE:
    chi mi legge spesso qui, sa a cosa mi riferisca quando parlo di ”leggi sull’editoria sbagliate”, ma sono disponibilissimo a spiegarlo a tutti.

  25. @ Silvia
    Grazie mille per il commento condivisibile, cara. Ci tengo a precisare che le domande le aveva poste De Matteis nel suo pezzo. Io le ho solo evidenziate per lanciare il dibattito.

  26. @ Martina
    Hai scritto: “Ma quali sono, quali saranno i libri destinati a rimanere nel tempo?”
    Bella domanda. Alla quale, però, credo sia difficile rispondere oggi così come lo era cinquant’anni fa.

  27. @ Carlo
    Hai scritto: “Ma è corretta la proposta di De Matteis di “costruire una nuova ecologia per avere tanti lettori forti domani”: una strategia che mira a risultati nel lungo termine. Chi avrà il coraggio di attuarla ?”

    Caro Carlo, tu che tipo di strategia proporresti? Hai qualche idea da proporre?

  28. @ Antonio Spagnuolo
    Da un certo punto di vista la politica scadente ha dato una grossa mano all’editoria, considerando il fatto che i libri sull’antipolitica proliferano e sono ben posizionati nelle classifiche.
    Ovviamente è una battuta, la mia.

  29. @ Enrico
    Da un certo punto di vista è già stato scritto tutto ben prima di Dante… basti pensare ai classici della mitologia greca.
    Credo, però, che il narratore contemporaneo abbia sempre la possibilità di riprendere le “solite trame” e adattarle alle esigenze del proprio tempo al fine di evidenziarne le caratteristiche (talvolta stigmatizzandole – o, al contrario – esaltandole)

  30. @ Sergio (di nuovo)
    Temo che molti di coloro che sostengono di non comprare i nuovi libri pubblicati, perchè considerati scadenti, alla fine non leggono nemmeno i classici.
    A dopo!

  31. @ massimo:
    hai ragione, ho scelto Dante perché mi sembra il più popolare e forse il più comlpleto. sono d’accordo anche sul resto, infatti esprimevo perplessità su certi percorsi per arrivare a destinazione. ma sulla destinazione medesima non ho dubbi. se può confortarti tutti i libri che ho letto scritti dai parecipanti al tuo blog, a qualche destinazione ci arrivano. e anche bene

  32. Nel testo di De Matteis ci sono le domande e le risposte. Altri momenti storici ed economici, altra sensibilità ( la scuola di massa vissuta come una conquista democratica ) e un certo comune sentire- e qui rispondo a Sozi. Con la fine della guerra, l’Italia si era anche liberata da una dittatura ventennale e viveva un momento di rilancio/fermento intellettuale, molto simile a quello attuale della Spagna. Eravamo poverissimi e nel giro di pochi anni fummo investiti da un cambiamento repentino e troppo veloce, che se da una parte registrò l’aumento degli scolarizzati, dall’altra produsse quasi un azzeramento dei precedenti equilibri. Si leggeva di più ma a farlo erano in pochi; come italiani scontiamo ancora, rispetto agli altri amici europei, la velocità della nostra industrializzazione. Leggiamo meno? Si vendono meno libri? Eppure le biblioteche sono sempre stracolme di persone e gli utenti, di tutte le età, sono costantemente in aumento. Personalmente frequento il Sistema Bibliotecario di Lecco che comprende tutti i paesi della provincia, e in questo ultimo anno il numero dei volontari, che prestano servizio alla sera e alla domenica, è addirittura raddoppiato. Grazie agli interventi nella scuola, ad Internet, all’università della Terza età. Ci sono più prodotti di senso; musica, teatro, cinema, ma il libro vive e sopravvive alla grande, nonostante il triste bilancio economico dell’Editoria. Forse il problema sta proprio lì, in una politica editoriale che ha ceduto troppo alle logiche commerciali, facendo implodere l’offerta e presentando, sempre più frequentemente, il libro più come oggetto d’acquisto che come proposta. Troppi libri e il lettore, pur con tutta la volontà, è smarrito, ha forti crisi di orientamento. Allora, ben vengano i blog, come Letteratitudine, e tutte quelle forme che favoriscono la circolazione delle proposte: il tam tam delle letture entusiasmanti. In questi giorni sto leggendo un libro terribile, Le Benevole di Jonathan Littell, 940 pagine dell’Orrore storico, raccontate, forse anche un po’ furbescamente, dai carnefici. L’ho preso in biblioteca e prima di me è stato letto da altre 12 persone.

    @ Carlo S., posso chiedere a Massimo la tua e-mail?

  33. Ero un ragazzino incolto, un ragazzino della via Pal, quando un poeta pazzo disse che bisognava buttare via le televisioni, che avrebbero ucciso la cultura e il sapere. Il poeta era Pasolini, ma la televisione era buona, era in bianco e nero, letteraria, perchè lasciava immaginare i colori; I fratelli Karamazov li ho conosciuti la; Cronin; Miller…
    Poi arrivò il colore. Era incredibile il colore, era bellissimo, stavo al cinema a casa mia e potevo fumare…poi mi veniva sonno e lasciavo cadere il libro sotto il comodino: Pasolini aveva già ragione.
    Il libro lo ha sepolto “il nuovo che avanza”. Certo il pensiero è diventato “mediocre” (mi cito addosso), mantenuto in vita da Umberto Eco (che di “state attenti” ne ha lanciati, cominciando dalla “Fenomenologia di Mike Bongiorno”) e buon ultimo da Alessandro Baricco che con “I nuovi Barbari”, ha intercettato le strade del nuovo pensiero – tanto quanto quello che dice @Zaub brillantemente, e cioè il libro è un mezzo tra i mezzi – stanno arrivando quelli che l’occidente considerava “Barbari”, i nuovi concetti dell’evoluzione, li abbiamo prodotti noi, noi che ci siamo adattati all’auditel, al “comunque” scritto cmq; alla rincorsa del “nuovo” deridendo chi si ostina a non avere un cellulare: scagli la prima pietra chi non ha lanciato mai un sms!

    Il libro non ha mai cercato, dopo l’800, di far capire il mondo ha tentato di piegarlo alla poesia e al sogno, sovente riuscendoci, da quando è nata la scuola moderna e la divisione tra letteratura e didattica.

    E che sarebbero “Le nuove generazioni”? Il mensile della Fgci, il giornale dei giovani comunisti degli anni ’70 si chiamava così. I vecchi comunisti(ancora reduci partigiani) ci tiravano su a ceffoni e a “…studiati il pezzo di Berlinguer su “Rinascita”, che lunedì al seminario t’interrogo, e poi, l’hai letto “Cronache di poveri amanti” di Pratolini? Dove corri? a vedere la televisione, eh? Quei fottuti americani con “La conquista del west”, zia Molly, zio Zeb: maledetta televisione”. Poi lo vedevano anche loro, ma continuavano a chiamarci bambocci, drogati, figli di papà “che non sapete un cazzo di cosa sia zappare…”.
    Il libro è cominciato a deperire allora, il premio Strega e il “Maurizio Costanzo show” hanno fatto il resto.

    3. Oppure è sempre colpa delle famigerate nuove generazioni (di volta in volta trasparenti, mammoni, bamboccioni, sessisti, drogati…)?”

  34. Ciao, cara Miriam,
    purtroppo io penso che la ”crisi di orientamento” dei fruitori dei libri sia da addebitarsi ad un fatto prioritario: i lettori degli editori e pertanto gli editori stessi non hanno capito che per vendere bene un libro, soprattutto di narrativa – cosa che io vorrei fortemente, per certi ”libri letterari”, perche’ se un libro buono vende va bene per tutti – dicevo che gli editori non hanno capito una cosa: DEVONO PIANTARLA DI SEGUIRE LE MODE, SOPRATTUTTO FILMICHE, E PUBBLICARE DELLA LETTERATURA. Cosi’ conquisterebbero il lettore che merita di esser conquistato (molta gente, non poca, credo) e avrebbero dei ”long sellers”, inoltre lascerebbero al futuro degli esempi decenti del proprio lavoro di editori.

  35. Ciao, Franceschiello mio,
    a parte i vissuti personali, credo sia meglio parlare dell’Italia intera: quella dei cattolici, i fascisti, i liberali, i comunisti, i ”cittadinicoscientiebasta” (pochi purtroppo), eccetera.
    Questa Italia, nel complesso, e’ caduta anche nelle scuolacce dei Partiti, certo, siamo d’accordo: come i figicciotti, anche i giovani democristiani ecc. dicevano: ”Cretinetti! Va’ a studiare il mio testo sacro, va’!”
    Ma il bilancio complessivo, che e’ quello comune del nostro Paese, e’ quello che e’: poca stima per i libri e tanto malcostume ed ignoranza tout court nell’editoria, che insegue affannata la tivu’ senza capire che cosi’ si sta dando la zappa sui piedi. Cavoli suoi, dirai: Mondadori e’ un’azienda che puo’ vendere quel che le pare. E cavoli nostri, perche’ se Mondadori vende libracci, insegue la tivu’ e gli americani (quelli pessimi), e lo stesso fanno i piccoli editori, va a finire che tutto diventa una grande tivu’, fatta di pagine ma tivu’.
    Dunque l’unica, dico, e’ RESISTERE! RESISTERE! RESISTERE! Leggere tanto ed evitare il telefonino quando possibile. Spegnere la tivu’ 23 ore al giorno e vedere quel che ci piace, SOLO QUELLO.
    Cosi’ rispondo anche Miriam: possiamo, ancora oggi, selezionare la modernita’ che ci piace e buttare nel cesso quella brutta. Cosi’ ci rifaremo del trauma di cui parla, della modernita’ eccessiva ed improvvisa che ci ha stravolto i lineamenti facciali e spirituali, o almeno morali.

  36. premetto che io leggo molto, credo troppo e quando non ho da leggere vado in astinenza, e questo da tenerissima età e sì c’è qualcosa che non va e non soltanto nella nostra amata patria, ma anche in giro, fuori
    il libro è diventato un “affare”, non per nulla De Matteis scriveva -dirigere molte major ci siano manager provenienti dalla grande industria- , che può portare soldi se poi diventa sceneggiatura, film , quindi se io pubblico un libro che mi fa guadagnare bene, non ho alcun interesse a perdere tempo a cercare nuovi talenti…
    e ci sono i nuovi talenti eccome!!!, ci sono piccole case editrici che cercano di far passare qualche buon prodotto, ma poi c’è la distribuzione ecc…
    a me viene da pensare che è vero quanto dice De Matteis, i libri letti nei miei anni giovanili, si sono serviti per raccontarmi un mondo o il desiderio di un mondo, ora i libri mi raccontano ben poco, è sparita la “storia” come racconto di qualcosa, anche i minimalisti sono quasi scomparsi, quello che si legge è “ordinario” e assolutamente inutile…
    io personalmente leggo molto alcuni autori o nick che scrivono sul Web, in blog o anche in libri scaricabili e penso spesso :- perchè non vengono pubblicati al posto di quegli orrori di Moccia o della Tamaro…?-
    chicca

  37. Ringrazio Miriam (per la citazione letteratitudiniana) e gli autori dei nuovi commenti.
    Un saluto a Didò e a Chicca.

    @ Sergio
    C’è del vero in ciò che dici… inutile negarlo. Ma non credi di generalizzare un po’ troppo? La Mondadori non pubblica solo Dan Brown, ma anche – per esempio – Consolo (che, se non sbaglio, è un autore che stimi molto).
    Stessa cosa per i piccoli editori.
    Chi ha pubblicato i tuoi racconti non è un piccolo editore? Non merita un po’ di rispettosa considerazione?

  38. Certo, generalizzavo, lo ammetto. Capita. Quel che conta e’ il discorso di base, non le eccezioni.

  39. Credo che il problema sia più vasto e riguardi ogni segmento della cultura: la musica, la pittura, il cinema ecc. ecc. non se la passano davvero meglio. Il paradosso è che oggi c’è sicuramente molta più offerta – forse troppa – rispetto al passato ma questo non ha garantito quasi mai una vera qualità…corro il rischio di essere banale, ma il “fare arte” – che per me rappresenta davvero la parte più alta e edificante dell’uomo – ha perso quasi completamente la sua aura magica …tutto viene venduto come un qualsiasi altro oggetto di consumo e nello stesso modo viene “bruciato”. Tutto nello stesso calderone, cose buone e cose di nessun valore perché tanto un fruitore, un pubblico, un lettore si troverà, oppure se non c’è si “plasmerà!…qualcuno mi potrebbe obiettare che così si rispettano i gusti di tutti democraticamente…beh, io non credo che la maggior parte degli editori, delle case discografiche, dei produttori siano così rispettosi e sensibili nei confronti dell’umanità ma che si accontentino semplicemente di assecondare
    – dopo le famose indagini di mercato- i gusti dei loro possibili acquirenti senza preoccuparsi più di tanto dell’aspetto socio – culturale, senza preoccuparsi che così facendo mancano di rispetto sia verso chi fa che verso chi riceve..in democrazia – mi sembra dicesse Popper – La classe politica ( tutto da ridere) , i media ecc. ecc. dovrebbero privilegiare la crescita culturale di un paese e non assecondare i più bassi istinti dei propri concittadini solamente per trarne profitto sia politico che economico…
    Non credo che bisogna comunque essere troppo pessimisti, ci sarà sempre chi
    gioirà tenendo un libro fra le mani e vorrà condividere questa suo piacere con altri – nonostante le tante “distrazioni”, ci sarà sempre chi scriverà un bel romanzo e chi lo leggerà, chi comporrà una bella musica e chi la ascolterà chi dipingerà un’opera d’arte e chi la vorrà ammirare…ma per fare che questa non rimanga solamente una utopistica speranza, bisogna darsi da fare e cercare di contagiare più persone possibili – senza arroganza intellettuale, senza supponenza- attraverso la trasmissione sincera delle emozioni, attraverso il piacere che abbiamo provato – scrivendo, leggendo,suonando, ascoltando – … Soltanto così potremo fare breccia nel muro di mediocrità che ci tiene prigionieri… Scusate se ho scritto delle ovvietà ma è davvero tardi. Ciao.Stefano

  40. …”Un libro può avere la capacità di dilatare il tempo. Quando lo ottieni per la prima volta devi ancora leggerlo e quindi il tempo che ti rimane da vivere è quello che impiegherai. Quando lo avrai già letto, per ricordarlo, dovrai rileggerlo, ma ogni volta ti sembrerà nuovo perchè leggendolo sarai cambiato anche tu ad ogni pagina e quindi non potrai smettere e riporlo con la certezza di non prenderlo più. Inoltre i segni ti riporteranno alla mente la sensazione in cui li apponesti e nuovi scenari ti si apriranno nella fantasia, la stessa pagina letta la sera non sarà uguale se letta la mattina. Fino a che avrò un libro con me, forse, il mio tempo non potrà finire…”

    Questo brano che mi sembra sorprendentemenet ad hoc l’ho tratto dal libro “Come pagina bianca” di Pasquale Esposito.

  41. Molto bello l’articolo di De Matteis. Come ha scritto Miriam, ci sono sia le domande che le risposte.
    Mi preme evidenziare queste frasi di speranza: “la cultura ha tempi lunghi. È come la terra, che ha bisogno di pause, concimi e lavorazioni faticose. Abituare (o disabituare, come nel nostro caso) alla lettura e al libro richiede tempo e fatica. Se sai seminare, la cultura produce i suoi frutti nel tempo, spesso anche dopo molto tempo.”
    Smile

  42. Concordo pienamente con Sergio e con De Matteis.
    Il problema è a monte. Non investe tanto il desiderio di leggere o le nuove generazioni, quanto l’industria dell’editoria caratterizzata da vere e proprie leggi di mercato. E’ giusto?…Fino a un certo punto perchè il prodotto, in questo caso, non è “merce” ma anima. Ecco perchè il libro finisce col coincidere con un prodotto squisitamente commerciale.
    Forse la strada seguita dalla vecchia guardia degli editori (come Einaudi) che più che pubblicare tenevano a scovare talenti e a circondarsene, può in qualche modo essere seguita dalle picole case editrici e da editori appassionati. Il problema, poi, è la distribuzione, far arrivare il libro su vasta scala, renderlo accessibile e leggibile.
    Conosco un piccolissimo editore siciliano (eh, Salvo?) che per amore dei suoi libri gira in macchina per tutta la Sicilia e li distribuisce su tutto il territorio della regione.
    Se ne fa carico personalmente, perchè è l’unico modo per sostenere il suo sogno.
    Ecco. Ci vorrebbero più persone così. Comunicherebbero anche coraggio e voglia pazza di sfogliare le pagine dei libri.
    O, forse, pur senza essere piccoli editori, all’interno delle case più affermate dovrebbe seguirsi un effettivo “doppio binario”. E investire una parte delle risorse per libri commerciabili che sostengano economicamente l’azienda, e una fettina da destinare al …sogno.E scovare talenti, sostenerli, distribuirli. Ma la percentuale che le case editrici più grosse dedicano ai sogni è forse l’1% del giro d’affari complessivo….

  43. Al di là dei nomi, giacché ognuno potrebbe fare i suoi, non nutro eccessiva simpatia (in senso letteralmente greco) verso chi snobba autori che vendono milioni di copie.
    Ci si lamenta che si leggono pochi libri, poi spunta un tizio che vende 8-9 milioni di libri e il primo “dovere” è quello di smontarlo dicendo che è populista, trito, superficiale…insomma un cazzaro.
    Magari questo cazzaro ha spinto qualche migliaio di esseri umani a spegnere la televisione (come auspicava Pasolini) e a leggere un libro.
    Però, perbacco, non legge il libro che diciamo NOI. Ma noi chi? Se esiste una setta segreta che attribuisce marchi di qualità ai libri, mi pregio di non farne parte.
    Peraltro, poi, credo anche che Pasolini possa aver detto una stronzata.
    Il problema non è possedere la televisione e la playstation. Non credo siano i gingilli tecnologici a impedire la lettura dei libri.
    Forse sono i tempi stretti, sempre più stretti, dei quotidiani affari.
    Forse ci si stanca e stressa più che in passato e allora la sera ci si affaccia al mondo con due paginate di televideo.
    Inoltre, e non è un ricatto morale, se una casa editrice vende milioni di copie di Tizio, può destinare parte del ricavato a far esordire Caio e Sempronio. Il problema, semmai, è quanti sforzi poi dedichi a promuovere gli esordienti. Normalmente la casa editrice gigantesca si impegna sugli sconosciuti solo se intravede la possibilità che diventino best-seller.
    Il piccolo editore, invece, ci si dedica perché altro non può fare, anche se non è scontato che lo faccia o che lo faccia bene. Resta comunque il fatto che, spessissimo, anche il risultato rimane piccolo.
    Ma tra l’editore minimo e l’editore massimo, esiste una pletora di editori medi che se la passano bene stando egregiamente sul mercato. Non voglio fare nomi ma un editore che appartiene a questa categoria una volta mi parlava di colui che egli considera il suo “autore di punta”, ossia il più venduto. Tale autore vende 5-6.000 copie.
    La realtà è questa. Harry Potter è magia, con tanta ammirazione per la signora Rawlings.

  44. @miriam (e @sergio)
    Te la do direttamente io (e vale anche per Sergio Sozi, che mi aveva proposto di reperire la sua, cosa che ho fatto, ma poi per pigrizia non gli ho mai scritto, e chiedo a lui venia) . Un saluto (a entrambi).
    carlocristiana@yahoo.it

  45. D’accordo con Enrico: di regole del mercato si era già parlato, peraltro, anche qui. I grandi editori sono SpA, e devono rendere conto degli utili agli azionisti. Massimizzandoli. Così funziona nelle democrazie occidentali basate sul sistema capitalistico, che avrà i suoi difetti , ma nche i suoi pregi. Del resto i sistemi basati sul comunismo non credo che fossero un paradiso per gli scrittori e neanche per i lettori. Molta censura e molta propaganda (saichebbello !!!). In attesa di una terza via (sarà utopia?) non resta che adattarsi.
    I medi e piccoli restano la nostra speranza, ma obiettivamente sono stritolati dalla concorrenza dei grandi, che guadagnano gli spazi migliori sugli scaffali, che garantiscono diffusione capillare fino nei supermercati, che godono di passaggi televisivi per gli autori da loro pubblicati e così via. Personalmente ho fiducia nei blog, se seri come questo, e nel tam tam che possono generare nei confronti del pubblico. Però dovrebbe seguire in qualche modo la distribuzione dei libri di cui si parla. Abbiamo apprezzato Pasquale “Evento” Esposito, Silvia Leonardi, Laura& Lory e tanti altri. Ma chi incuriosito volesse tentare di reperire i loro libri ? (a parte le nostre cene dove ce li scambiamo) – Dei libri di Pino Imperatore non si cita neanche la casa editrice !!!!
    In mancanza di una

  46. Ma poi insomma. secondo me cose nuove e belle e interessanti sono uscite in tempi recenti. E pure un bel po’. Simona Vinci è una scrittrice notevole per esempio. Il Piperno in specie fino alla alla prima metà del libro anche. milena agus non è male affatto – anche se ho letto solo dei pezzettini. Il buttafuoco, ha una prosa di bellezza veramente notevole. Le uova del drago è un libro splendido, anche se certe parti politiche dell’autore le dovrei indagare meglio. Ma appunto di letteratura si parla. Ora, salvo i presenti, ma ecco per esempio la prosa di Pasquale già mi piace molto, ma esclusi i presenti i cui libri posso leggere solo ora, nella piccola editoria, quella poco distribuita esiste anche una grandissima sciatteria – non c’è lavoro linguistrico serio – ma non è che basta avere il desiderio di scrivere delle cose per dire che è letteratura. e non è che siccome il mercato permette a molti di uscire – per decimarli in seconda battuta – vuol dire che sia sempre una perdita. Per non parlare del fatto che, l qualità notevole non si raggiunge solo scrivendo di Amore e Morte, ma anche la Leggerezza ben fatta ha i suoi grandi meriti. Personalmente trovo che sia meglio 1 ragazzo di Nick Hornby, rispetto a 57 racconti di Luca canali. Parere personalissimo.

  47. ….allora lei sostiene – Enrico Gregori – che la quantità di copie vendute siano sinonimo di qualità? certo, a volte possono coincidere ma siamo sinceri spesso sono soprattutto il frutto di un’efficace lavoro di marketing. Perché essere sempre così politicamente corretti, così democratici….io non amo gli intellettuali con la puzza sotto il naso ma non ho simpatia nemmeno per chi
    cerca- per differenziarsi a sua volta – di difendere la tesi del ” non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”… Mi dispiace ma il bello esiste, la qualità esiste … Fortunato chi ha la curiosità e la pazienza di cercarli.

    Io non ce l’ho con chi legge “certi libri” e nemmeno con chi li scrive ma ce l’ho con chi ce li propina attraverso un martellamento mediatico come capolavori. Le sembra normale il fanatismo che c’è ad ogni uscita di Harry Potter? … Non pensa che un atteggiamento simile sia figlio dei tempi e che non c’entrano nulla ne la letteratura ne la sua presunta qualità?
    Il Codice da Vinci non è forse stato l’evento mediatico più potente degli ultimi anni? Anche se le pagine fossero state bianche l’avrebbero venduto ugualmente.
    E poi sia generoso con chi vende poche copie…chi vende tanto ha celebrità e danaro…lasci almeno ai meno fortunati la speranza di aver scritto un capolavoro…sono loro da difendere e non la signora Rawling o il signor Dan Brown…non crede?

  48. guardi stefano, che il martellamento mediatico è la prassi. Ragione per cui, se la Rowlings vende più dei suoi colleghi (le faccio notare tra l’altro che non esce con Mondadori) ci deve essere un motivo che prescinde dalla supposta idiozia degli acquirenti. ai quali non appartengo, perchè non mi attrae il genere. Ma conosco fior di intellettuali che hanno giudicato bene l’harry potter poverillo.
    dopo di che il famoso meno fortunato, oltre alla sacrosanta necessità di fare una disamina delle regole del mercato, cercasse di attenersi alla necessità di una cosa che si chiama onestà intellettuale.

  49. @ stefano:
    in nessun passaggio del mio intervento c’è scritto che le copie vendute siano collegate alla qualità. nè c’è alcuna difesa della Rawlings o di altri autori di best seller i quali, suppongo, seppur contestati se ne impipano abbastanza dall’alto del loro successo.
    Ho affermato (forse malamente) un’altra cosa semmai opposta, ossia che vendere qualche milione di copie non vuol dire aver nessariamente scritto una porcata. Sillogismo, in realtà, piuttosto in voga tra intellettuali che leggono soltanto liriche di poeti cingalesi.
    Quanto al tam-tam mediatico/pubblicitario è possibile che sia sempre esistito, perfino negli eccessi. Io non so e non sono in grado di sapere se I promessi sposi del Manzoni siano apparsi su tutti i giornali dell’epoca o se altrettanto sia accaduto all’Alfieri.
    Lei potrebbe opinare che il Saul è migliore del commissario Montalbano. La comprendo. Ma per molti sarà il contrario. Se ne faccia una ragione, se crede.
    Aggiungo che, almeno a mio parere, anche i cataloghi di piccoli editori sono ricchi di puttanate intergalattiche di fronte alle quali “Harry Potter” sembra l’Amleto.

  50. 1. Il pensiero è diventato così debole da non sostenere il libro?

    2. E i libri, a loro volta, sono diventati insufficienti a capire e a spiegare il mondo?

    3. Oppure è sempre colpa delle famigerate nuove generazioni (di volta in volta trasparenti, mammoni, bamboccioni, sessisti, drogati…)?”

    SCUSATE, MA ERANO QUESTE LE PROPOSTE DI MAUGERI?

    Poi si è andati a finire sull’industria culturale (ultimo passaggio del brano di De Matteis, ma non fondante). Io avevo tentato un’analisi, partendo dalla metamorfosi della conoscenza e del nuovo modo di veicolazione del “pensiero” che ha trovato canali diversi: il libro è un Po’ in secca, quello che sempre lo alimentava, i giornali , stà agonizzando (ci si dimentica che la stampa ha reso per decenni grandi favori alla diffusione delle opere, pubblicando stralci o racconti per intero) mentre gli affluenti si vanno ingrossando, Web, tv e la “classe pensante”, gli intellettuali, invece di sopravanzare il nuovo stanno andando a rimorchio.

  51. Riprendo il discorso interrotto (dovevo accompagnare mio fratello all’areoporto, che se ne torna in Canada, dove peraltro vive da un quarto di secolo, felice e contento): dicevo che medi e piccoli editori dovrebbero lanciarsi di più sul web e garantire un servizio di ordinazioni via e-mail con spedizioni a domicilio (oggi si parla di e-commerce, tanto per essere come sempre anglofoni e moderni). E ristampare qualche copia in più quando qualche blog di rilievo parla dei loro libri.
    Il caso di Salvo, per quanto eroico e degno di immensa stima da parte mia (e di molti altri, mi auguro), mi pare però una metodologia del pleistocene, destinata a tramutarsi in “epica” già da domani. Piaccia o non piaccia io oggi vedo solo questa strada. Se ce ne fossero altre, ben vengano.

  52. Caro Stefano, non si faccia condizionare da spiriti barbagianneschi e consideri come molto positivo il fatto di bambini che trionfanti annunciano: ieri ho letto novanta pagine!!! Ovviamente di Harry Potter. Certo, poi occorre altro. Ma noi cosa leggevamo con tanto entusiasmo? Pensiamoci. Personalmente non oso nemmeno ricordare le letture, poco adatte all’età, che impressero nella mia piccola mente indelebili impronte e non tutte positive. Le biblioteche non facevano permanenze nelle scuole, soldi per i libri (come oggi) erano misuratissimi, la tele era solo agli inizi e i ragazzi attratti dalla lettura ricorrevano ai libri di famiglia, o degli zii. A quattordini anni lessi La ragazza di Bube e i Dolori del giovane Werther, a sedici I peccati di Peyton Place e Tropico del Cancro, Guerra e pace e (e per la militanza politica del mio papà) Le terre dissodate di Sholokhov… e altro…
    A me non sono bastati i successivi anni, per ricomporre, lentamente e con applicazione metodica, un orientamento di lettura e una sanità di giudizio. Non so, ma forse, tutto sommato è meglio adesso. Non crede? Con simpatia, Miriam

  53. @Miryam,
    d’accordo, anchio leggevo Miller a sedici anni e, dallo scaffale dello zio la “Selezione dal Reader Digest”, il para-organo della Cia (e per la militanza familiare), “Dieci giorni che sconvolsero il mondo” di John Reed.
    A mio figlio, che non voleva leggere, uno schricciolo bigotto, la sua insegnante d’italiano dai Barnabiti, ha minacciato di bocciarlo se non porta quattro recensioni di libri. Oggi è tornato a casa dicendo: “Pa’, in metro ho finito : una forza!” Poi vedendo un grasso scienziato in tv al congresso di Boston ha detto: “Guarda, eccolo, quello è Pereira, c’è sempre nel mondo un Pereira”.
    Un luccicone grande quando il Niagara mi è sceso sul naso:avrei voluto abbracciare quell’arida professoressa!

  54. Carlo afferma:”medi e piccoli editori dovrebbero lanciarsi di più sul web e garantire un servizio di ordinazioni via e-mail con spedizioni a domicilio”
    Io affermo: Carlo, vorrei diventare gay e fidanzarmi con te
    🙂

    ps: a chi risponde “ma lo sei già” oppure “stai un pezzo avanti” vada ad assumere informazioni in merito presso la propria sorella

  55. Grazie per l’e-mail, Carlo, ci sentiremo, spero.

    A Miriam:
    secondo me il problema sono gli adulti, perche’ i piccoli leggono molto. Gli adulti, invece… E’ anche un fatto di ”lavoro”: se i padroni sfruttano e costringono la gente a faticare come dei cani (”I’ve been working like a dog” The Beatles), licenziano, fanno contratti annuali, come si puo’ pretendere che la gente legga con tranquillita’ d’animo tre ore al giorno?

  56. @Enrico
    Tu mi turbi. Cerco di immaginarti en travesti.
    Ma decisamente non sei il mio tipo.
    (preferisco Silvia).

  57. Avrei voluto essere più corretta e leggere tutti i commenti prima di scrivere il mio, almeno per evitare inutili ripetizioni…ma arrivata a metà ho desistito.
    Io credo che il problema non sia tanto nella “debolezza del pensiero”, o meglio, credo che questa sia una conseguenza di qualcosa che è venuto a mancare alla base…qualcosa che ovviamente non conosco, ma… dov’è quella voglia matta che ci porta in libreria e che ci obbliga a leggere qualche pagina a caso di un libro preso a caso così che finiamo per comprare un tomo di 300 pagine di uno sconosciuto autore contemporaneo islandese?
    Io credo che si stia perdendo la “bellezza” del libro.
    Il lettore legge per passare il tempo, rimane solo una questione di gusti.
    E gli scrittori…non so, non sono una scrittrice e sicuramente mi mancano molti libri da leggere per poter dare un giudizio corretto, però, dal mio piccolo mondo di ventiduenne oggi, vedo solo che sono sommersa, letteralmente, sommersa da libri di autori esordienti o contemporanei che mi supplicano di leggerli e da tanti io mi sento tradita.
    Tradita perchè c’è ancora gente che legge per conoscere e per conoscersi, c’è ancora gente che legge per imparare parole nuove…e non so se prima le cose fossero così diverse. Sicuramente da un certo punto di vista si; ma leggere un libro è una questione di fede. Se non credi alle parole che leggi, se non le credi vere, è allora che un libro diventa uguale ad una palestra.

  58. @ Maria Serena,
    tu poni un problema non da poco: assediata dagli emergenti quando ancora ti “mancano molti libri da leggere per poter dare un giudizio corretto”. Alterna le letture, segui Letteratitudine , e alle presentazioni prendi tempo . Penso sia distruttivo leggere solo autori emergenti; è giusto, invece che tu pianifichi almeno la metà del tempo, che dedichi al leggere, con un bel progetto che comprenda i classici e i contemporanei italiani e stranieri. (io faccio così!)
    Bacioni

  59. @Maria Serena,
    che bella lettera fresca, di genuino candore. I consigli di Miriam li faccio miei. Ci possono essere esordienti bravissimi che però, per cavalcare il futuro, sperimentano nuovi linguaggi; come se si volesse conoscere la musica e si cominciasse dalla dodecafonica, da Luciano Berio e Karlheinz Stockhausen. Dividi i tuoi interessi nella percentuale in cui credi e spesso cerca di andare dove ti portano gli occhi, io spesso mi sono innamorato dell’estetica delle parole, senza interessarmi di dove volessero portarmi.
    Il libro è un piacere, una stanza segreta dove si può viaggiare, come su di un treno.

  60. @ Simona.

    Carissima Simona, dolcissima Simona, leggiucchiando casualmente ho visto che mi hai citato e allora ne approfitto per fare un piccolo intervento. Sono tempi bruttissimi per i piccoli editori, ma brutti brutti davvero. Noi di Terzo Millennio la distribuzione ce la facciamo da soli, il povero Salvo si carica i libri in spalla e pedalare. Quindi posso constatare che tanti, troppi librai stanno per chiudere. Sono al collasso. Non hanno più ragione di esistere in quanto i libri si trovano nei grossi ipermercati con lo sconto o semplicemente si possono acquistare via internet. D’altra parte le grosse catene di librerie non accolgono i libri dei piccoli editori, preferiscono lavorare sui grossi quantitativi. Quindi per i piccoli visibilità zero o quasi. In tale contesto con quale coraggio possono investire in letteratura, senza scadere nell’editoria a pagamento? Preferiscono puntare su libri più commerciali, libri sul territorio i quali, mal che vada si possono vendere nelle edicole.

  61. Quante volte mi è capitato di andare in un posto dove avevo lasciato i libri in deposito e non trovare più la libreria. Cacchio! ma non c’era la libreria qui? che ci fa il negozio di fiori? Una volta, a Sciacca, un libraio sommerso dai debiti, si è caricato i libri sul camion, di notte, ed è sparito nel nulla. Per giunta, come se non bastasse, di cognome faceva Provenzano. Chiedo a un altro libraio mio amico e mi informa che il tizio era originario di Corleone. La questione assume i contorni del giallo. Decido di andare a cercarlo nel suo paese. Conoscete un certo Provenzano che faceva il libraio a Sciacca? “Nenti sacciu”. Omertà assoluta. A furia di chiedere, stavo rischiando grosso. Una settimana dopo arrestano Bernardo Provenzano, quello vero. Chissà, forse ho contribuito a smuovere le acque. Ancor oggi mi chiedo se anch’io non abbia contribuito alla cattura di Provenzano.

  62. Salvo,
    questa su Provenzano ”uno” e ”bis” e’ aurea! Fossi in te non la brucerei sul blog ma la piazzerei in un libro… l’avrai gia’ fatto, spero per te…
    Ciao!
    Sergio

  63. Sui librai:
    PERCHE’ DIAVOLO NON E’ PASSATA LA LEGGE ”ANTITRUST” CHE METTEVA IL TETTO DEL DIECI PERCENTO AGLI SCONTI E DAVA UNA MANINA (SANTA) AI PICCOLI LIBRAI?
    …risposta ovvia: per la stessa ragione per cui non si varera’ mai una legge che obblighi tutti gli editori a pagare agli autori i manoscritti pubblicati. Wild wild west, ragazzi!

  64. Maria Serena,
    con la sua splendida semplicita’, la dice lunga e saggia: oggi molti libri tradiscono… promettono mari e monti e danno linguaggio comune, banale, e tre pagine di fantasia autentica su duecento di chiacchiere stile sceneggiatura cinematografica. Meditiamo, gente, meditiamo… gli scrittori attuali gareggiano con l’immagine in movimento, perdendo di brutto (tempo, professionalita’ e lettori).
    Mi sembra un monito chiaro ad editors e lettori di editori.

  65. forse è più che altro una questione di tempi. non tempi storici, nè tempi materiali in senso stretto. il tempo per fare una cosa che piace, appaga e fa stare bene lo si può sempre trovare. no, proprio di tempo interiore.
    la lettura è un’attività quieta, serena. un’oasi di fantasia e riflessione. il lettore compulsivo come me legge ovunque e in ogni circostanza (in coda, in una sala d’attesa, sui mezzi pubblici, persino camminando a volte, con conseguenze piuttosto buffe), ma anch’io anelo alla tranquillità di una poltrona, o ad un prato, o al letto con una pila di cuscini e l’abat-jour malandrino che proietta la luce sempre nel posto sbagliato.
    è questo che forse mal si concilia con la frenesia malata di cui siamo tutti vittime. i bambini in età prescolare hanno già agende fittissime di impegni, e crescendo diventano ragazzi in perenne agitazione, bisognosi di sempre nuove attività per riempire ogni buco nel tempo, e poi adulti che dopo aver lavorato aperitivo palestra riescono solo a crollare stremati davanti al focolare dei giorni nostri, che è la tv.
    the fast and the furious.
    sarebbe bello recuperare un minimo di lentezza. insegnare ai bambini che qualche ora di ”noia” è preziosa, e che in realtà chi ha imparato a godersi delle nicchie di slow living la noia non sa nemmeno cosa sia.
    e ti si schiudono mondi..

  66. @ Sergio
    Ti ho mandato una mail ieri l’altro, non mi hai ancora risposto. Che fai, lo snob?

  67. Anche Chicca conferma la mia tesi, dicendo:
    ”Ora i libri mi raccontano ben poco, è sparita la “storia” come racconto di qualcosa, anche i minimalisti sono quasi scomparsi, quello che si legge è “ordinario” e assolutamente inutile…”
    Insomma: basta con la tivu’ sulle pagine. Facciamo Letteratura. Pubblichiamo Letteratura. Basta conoscere un po’ di arte retorica per saperne le regole fondamentali. Studiamola. Poi mettiamoci a scrivere.

  68. Salvo… se hai problemi – magari hai scritto male l’indirizzo – dimmelo qui su Letteratitudine, che ti scrivo io una mail.

  69. Salvo,
    questa si’, ti ho appena risposto, ma l’altra dell’altroieri no.
    S.
    Nota
    (Scusatemi tutti per la conversazione privata)

  70. Parole sante, Gea, parole sante: vita lenta e lentezza. Ovvero intelligenza e profondita’, o almeno capacita’ di riflessione… anche di riflessioni sciocche ma comunque non frenetiche. Io vivo cosi’, anche se cio’ non mi da’ intelligenza in piu’: e’ pero’ il mio modo di vivere arcaico e tradizionalista e dunque ne sono fiero. Guai a chi mi impone la fretta: si scontrerebbe contro un muro. Non di gomma – il muro.

  71. “Cosa è veramente cambiato per la piccola editoria, oggi, rispetto a venti o a trent’anni fa?”
    Rispondo come se pensassi ad alta voce. E senza consultare date e libri (quindi, nel caso, non si tratta di strafalcioni, ma di vuoti o pieni di memoria).
    Venti o trenta anni fa sono, anche tra loro, due epoche diverse. Cominciamo dai trenta: tutto ruotava attorto agli ultimi singulti dell’impegno. Se prima c’era Savelli, poi rimasero Bertani e Mazzotta.
    Feltrinelli (che non è mai stato un piccolo) pubblicava gli opuscoli marxisti con sinibaldi e lerner. E per la letteratura di qualità e/o prendeva la rincorsa per il debutto del 79.
    Con gli anni 0ttanta (il decennio più stupido della storia d’Italia come ha commentato Fofi) si afferma definitivamente il modello Adelphi (ah, l’insostenibile leggerezza) e le sigle cominciano a moltiplicarsi. Si comincia a parlare di progetto culturale e non più di programma politico.
    Da allora in poi l’espansione è stata esponenziale. Sigle e marchi editoriali dappertutto perché tutti ci provano. Come diceva qualcuno, costa meno fare un libro che commissionare un indagine di mercato per sapere se quel libro venderà. E poi si spara nel mucchio.
    Un’ultima cosa. Con un esempio. Qualche tempo fa a Milano parlavo con un agente letterario del grande Erik Linder. I libri che rappresentava, lui li divideva e li affidava agli editori. A seconda delle competenze e delle specializzazioni. Quello che era un libro adatto per Mondadori non poteva andare a Feltrinelli. E viceversa. Il suo giudizio era ovviamente insindacabile. Quando l’ho conosciuto e frequentato alla fine degli anni Settanta, Linder lamentava il fatto che alcuni editori gli chiedevano dei
    libri che lui non considerava affatto adatti a loro. A questo punto il mio interlocutore ha commentato: oggi è successo proprio quello contro cui combatteva, tutti vogliono fare tutto

  72. D’accordo anche stavolta con De Matteis. Solo che un ”progetto politico”, per me, e’ quanto di meno utile possa esserci per la buona Letteratura. Oggi, ieri e domani. Forse sempre. Non esistono e nono sono mai esistiti tanti Virgilio, capaci di creare capolavori anche su commissione di un’ideale alto. Figuriamoci se quest’ideale sia terreno e materialistico. Lo zero assoluto.

  73. @Enrico
    …forse ho frainteso, comunque condivido le sue parole tranne la parte che mi riguarda, quella in cui “me ne dovrei fare una ragione”… crede davvero di conoscermi, pensa che io sia uno snob?… beh, mi creda, lei si sbaglia di grosso…. è una vita che me ne faccio una ragione – ma non mi rassegno – … se siamo qui a discutere non è certo perché viviamo nel paese degli uomini libro. non crede? Un saluto.
    @ Miriam
    Credo di aver dato un’impressione sbagliata e sicuramente è colpa mia, ma mi creda, io non ce l’ho assolutamente con chi legge le avventure del nostro maghetto – figuriamoci – che tra l’altro non sono assolutamente da disprezzare ma mi domandavo se l’entusiasmo esagerato che spesso rasenta il fanatismo mostrato ad ogni nuova uscita , fosse da considerare un fenomeno ” naturale”.
    Per quanto mi ricordo, da bambino credo di aver letto tutto quello che si poteva leggere a quell’età e le assicuro con entusiasmo.. ho avuto la fortuna di non dover precorrere i tempi e divoravo tutto quello che mi capitava fra le mani: i classici di avventura, da robin hood a capitani coraggiosi, i libri di verne ecc. ecc… forse la mia fortuna è stata proprio il non avere nessuna biblioteca in casa – i miei genitori non leggevano – ma probabilmente assecondavano la mia voglia di lettura che era e lo è ancora oggi, motivata semplicemente da una gran voglia di leggere storie appassionanti…
    La biblioteca ora ce l’ho (anch’io ho tremato quando il mio primogenito a 15 anni si è letto “il sosia” di Dostoevskij ) e ce l’hanno anche i miei figli, ma è la loro libreria con i loro libri….certo a volte ci sono degli scambi ma loro amano soprattutto i saggi mentre mia moglie e io adoriamo la narrativa. con altrettanta simpatia. Stefano

  74. Grandi Autori hanno saputo sottolineare importanti verità sulla vita, sugli uomini, sull’amore, sulla morte. Per creare tutti i loro personaggi essi hanno attinto dalla realtà con ricchezza di particolari descrittivi e di vita racchiusi nelle loro opere per cui è impossibile non ritrovarsi in alcuna delle loro sensazoni o in qualcuno dei loro ragionamenti.
    Oggi siamo continuamente bersagliati da un tipo di linguaggio che ci livella, ci fa sentire tutti uguali gli uni agli altri. Si usano spessissimo espressioni sentite alla televisione che hanno la tendenza a parlare per formule e frasi fatte che non comunicano quasi nulla perché si sono già consumate sulla bocca di tanti. Lo scrittore famoso, oggi, viene trasformato in un divo dell’industria culturale. In campo letterario prendono piede fenomeni di mercificazione e certi libri vengono lanciati quasi come si farebbe per un sapone. Questi non sono che aspetti vistosi delle nuove condizioni create dalla società di massa che riesce a produrre consenso attraverso massicci ed insistiti messaggi pubblicitari.

    Tuttavia se crediamo che oggi non vi siano Autori a cui fare riferimento rischiamo di trasformarci in epigoni nostalgici. Contrariamente a quanto si afferma abbiamo Autori italiani apprezzati nel mondo la cui scrittura è ben lontana dalla prolissità, dalle barocche costruzioni. Alcuni di loro scelgono uno stile secco, privo di compiacimenti proprio per reazione all’eccesso di ornamenti retorici che ha caratterizzato in certe epoche l’arte della scrittura. Anche la letteratura moderna (non quella televisiva) può arricchirci, mostrandoci nuovi orizzonti di pensiero, o anche soltanto nuovi modi per dire ciò che già sapevamo. La letteratura può anche essere strumento di contestazione del mondo che conosciamo, può aiutarci a concepire in modo alternativo qualunque aspetto del mondo, rovesciando la logica comune e quotidiana di cui siamo prigionieri.

    Maria Luisa Papini Pedroni

  75. Maugeri’s questions
    1. Il pensiero è diventato così debole da non sostenere il libro?

    2. E i libri, a loro volta, sono diventati insufficienti a capire e a spiegare il mondo?

    3. Oppure è sempre colpa delle famigerate nuove generazioni (di volta in volta trasparenti, mammoni, bamboccioni, sessisti, drogati…)?”

    Gregori’s answer
    1- Si sono indeboliti i lettori, semmai. I pensieri sono sempre gli stessi di Catullo e Saffo passando per Shakespeare e Dostoevskji. Giocare col cellulare ti impedisce di leggere libri solo se tu vuoi evitare di farlo.
    Ai tempi del sommo di Strattford si giocava a pallacorda, ai tempi di Leopardi a sottomuro. Ma chi voleva leggere, leggeva. Altri no.

    2- Credo che molti libri siano scritti da gente che non conosce il mondo vero. Per quel che è nelle mie corde e nelle mie competenze, per esempio, se credete che il sopralluogo sulla scena del crimine avvenga come in C.S.I., siete fuori strada di parecchio.
    Ma questo vale anche per la descrizione di ambienti, comitive, società, sentimenti ed emozioni.
    Spesso ho l’impressione di leggere libri scritti da autori che passano la giornata a vedere “Centovetrine” o “Ris”. Insomma compongono parodie di qualcosa che è già fiction.
    Forse basterebbe prendere l’ascensore e parlare con la portinaia per scoprire che l’ex marito non “l’ho lasciato perché inibiva la mia reale essenza femminile”, ma perché “lo stronzo si trombava quella zoccola del secondo piano che veste Prada”.

    3- trasparenti, mammoni, bamboccioni, sessisti, drogati…Li rispetto tutti ma non mi meravigliano neanche un po’. Tutto ciò che vedo oggi che passa per bullismo e/o trasgressione giovanile a me e ai miei amici fa tenerezza. E non eravamo avanzi di galera. O forse non ci vollero nemmeno lì
    🙂

  76. @sergio
    non vorrei essere antipaticamente puntigliosa, ma io non penso minimamente ad un modo di vivere arcaico e tradizionalista, e la mia vita, per necessità e scelta, è piuttosto veloce e piena.
    io credo negli spazi che uno si prende, anche in un contesto frenetico. credo nella necessità di non riempire compulsivamente ogni minuto del proprio tempo libero con attività tutto sommato superflue, credo nella bellezza della calma, della solitudine, del lusso stupendo di potersi immergere in mondi fantastici e specchiarvisi dentro, aprendo la mente ad orizzonti più ampi.

  77. Adoro le costruzioni complesse e barocche, adoro gli artifici retorici, l’esibizione di stile, ma se tutto cio’ ha dei contenuti profondi. Allora questa e’ buona Letteratura, secondo me. Il barocco e’ eccellente, il neoclassico, la prosa colta e ritmica, lirica, eccetera. Tutto e’ bello tranne quando e’ vuoto. Come ogni cosa, compresa la Letteratura. La Letteratura fatta dai non letterati, in soldoni, mi e’ completamente antitetica, anzi estranea.

  78. Bene, Gea. Precisa, precisa pure tu. Tanto io vivo cosi’ ugualmente. E se viviamo diversamente le stesse cose a me sembra molto bello. E anche se non fosse bello e’ semplicemente cosi’: a me la tradizione e l’arcaismo, a te il furto di tempo alla modernita’. Contenti entrambi, ognuno a casa sua. Ottimo.
    Buona Notte, cara.
    Sergio

  79. Un paio di precisazioni:
    1) integrazione: ”tutto e’ bello quando e’ ben fatto da chi professionalmente se ne intende ed anche non e’ vuoto, ma significa qualcosa di profondo. Insomma la Letteratura ai letterati come la medicina ai medici, e via dicendo.”
    2) Precisazione stricto sensu:
    la ”vita arcaica e tradizionalista” di cui parlavo era riferita al sottoscritto. L’ho detto chiaramente ma meglio ripeterlo, scanso confusioni non mie.

  80. @ Stefano Mina
    Su Harry Potter abbiamo dibattuto a lungo qui:
    http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/01/02/il-fenomeno-potter/
    Va’ a dare un’occhiata se hai tempo…
    Sulla questione marketing = vendite = bestseller, riprendo questo estratto di un mio commento postato in quell’occasione:
    “Tempo fa un grande editore del calibro di Livio Garzanti disse che i bestseller sono imprevedibili.
    Facendo pressioni sui critici, acquistando spazi pubblicitari, insistendo con i distributori e i librai, egli sosteneva di poter spingere le vendite di un libro al massimo fino a trentamila copie. Oltre era impossibile perché da lì in poi contava solo il passaparola dei lettori, che evidentemente è sempre imprevedibile.
    Ergo… allora, come oggi, è sempre il pubblico che fa il bestseller. Nel bene e nel male.”

  81. Si’, Massimo: se Grazanti pero’ riusciva a pompare fino a trentamila copie, perche’ quattro editori piccoli non si associano e pompano per vendere quelle tremila copie che potrebbero permettere lo ro di vivere bene ad anche – soprattutto – di pagare il manoscrito all’autore? Perche’?. Mistero. Zizzania. Individualismo. Fiele. chi ha del fiele non faccia Letteratura, che’ la Letteratura nasce da Dio e dagli Dei per unire il popolo, non per dividerlo. Ehhhh. Bisogna dire sempre le stesse cose: unitevi e abbiate forza nel campo che vi riguarda, gente. Studiate e proliferate.

  82. P.S.
    Attenzione: io non parlo mai ironicamente. Ho detto quel che ho detto sul serio, perche’ lo credo e lo sento. Chiaro? Ironia e sarcasmo li lascio ai deboli, ai poveretti che nono sanno esprimersi normalmente coi propri sentimenti e con la propria fede. Dico senza alcun riferimento ad alcuno.

  83. @Sergio,
    quando hai sonno ti contraddici:
    “Ironia e sarcasmo li lascio ai deboli, ai poveretti che nono sanno esprimersi normalmente coi propri sentimenti e con la propria fede.”
    Hai semplificato troppo e ti sei autoflagellato, dai, scaglia la prima delle pietre se sei convinto di non essere mai stato ironico o sarcastico!
    Ma come devo fare con te?
    Sei un fulmine tormentato, saetti tra le parole e, penso, ti vogliamo bene per questo.
    Buon Giorno (ma penso che starai ancora dormendo).

  84. Sono d’accordo con Maria Luisa Papini e con le risposte ironiche di Enrico Gregori…
    La crisi del libro è un po’ come la morte del romanzo: annunciata sempre, realizzata mai. La matita avrebbe dovuto scomparire con l’invenzione della penna o con quella dei palmari, eppure Moleskine e Staedtler si vendono sempre… Il libro è un medium che difficilmente potrà essere soppiantato, perché è riuscito ad essere democratico, economico, facilmente diffondibile e trasportabile – ci pensate alle tavolette, ai volumina di papiro, agli in-folio? Parlo dell’oggetto-libro. Passiamo al contenuto. Il libro – saggio, romanzo, poesia – si pone necessariamente come frutto di riflessione/riflesso. Spesso il libro viene realizzato dopo che si è attuata una riflessione su un particolare problema del mondo reale che nel frattempo si evolve e muta creando un effetto-ritardo sul libro. A volte i libri però preconizzano, profetizzano, un classico greco può rivelarci meccanismi della società attuale meglio di una inchiesta contemporanea. Legge chi vuole leggere, legge chi è invitato, invogliato a leggere – scuola, famiglia: dove siete? Parlo anche per me. Dove siamo? Che oggetti mettiamo in mano ai nostri figli? Playstation? Cellulari? PC? Libri? Raccontiamo storie ai nostri figli? LI abituiamo ad una reazione emotiva e istintuale al reale o alla riflessione e alla contemplazione?
    Anche oggi si ripetono meccanismi del passato, anche prima c’era chi leggeva e chi no. Anche prima ci si poneva il problema se “I dolori del giovane Werther” fossero fumisteria romantica o cogliessero il disagio giovanile dell’epoca…
    Oggi abbiamo in più l’arma a doppio taglio della tecnologia, che può sostenere il libro o metterlo in difficoltà. Ma il libro è il libro, ed io, romantica a tutti i costi, romantica e umanista ad oltranza, voglio crederci ancora.

  85. @Salvo,
    pensavo fosse superfluo dirti che sei un grande, ma no, sei unico!
    Mi hai ricordato, in positivo, quel personaggio di Peppuccio Tornatore interpretato da Castellitto (…Mio Dio, il nome del film? Memoria di vecchio bacucco).
    @Silvia Leonardi: tutti ti preferiscono ad Enrico (molti preferiscono anche una lieve influenza con catarro ad Enrico).

  86. Poco sopra Massimo ha riportato una citazione di Livio Garzanti che personalmente condivindo fin nelle virgole.
    A corredo ritengo che l’evetuale passaparola che determina la fortuna di un libro e di un autore sia un aspetto decisamente interessante del “gioco”.
    Interessante in quanto imprevedibile e connesso a chissà quali meccanismi.
    Immagino, per esempio, un tizio che esalta a un altro tizio i contenuti e la qualità di un certo libro. Il primo tizio suggestiona a tal punto il secondo tizio a correre in libreria o su internet ad acquistare quel libro.
    Ordunque, il primo tizio è un persuasore o il secondo tizio è un coglone?
    Per me nè l’una cosa nè l’altra. Esiste la possibilità di suggestionare e consigliare e questo, in una sorta di effetto domino, può arrivare a risultati imprevedibili.
    Un successo come quello di Harry Potter, per esempio, non può essere stato determinato dall’ufficio stampa. Altrimenti quel comunicatore così efficace lo avrebbero già assunto per vendere stufette in Equador.

  87. c’è una serie di persone, al di là delle questioni affettive, con le quali condivido background culturale e percorsi, e della cui opinione mi fido per quanto riguarda le letture. se una di queste persone mi segnala un libro mi viene naturale approfondire. poi posso decidere se si o no, perché per quel che mi riguarda l’istinto ha il suo peso, e i gusti personali non sono noccioline, ma la pulce nell’orecchio è entrata.
    secondo me il passaparola funziona così. non è necessariamente follia collettiva, non è necessariamente moda. è un incontro tra domanda e offerta.

  88. Io concordo con gea – soprattutto come analisi del fenomeno, perchè io di mio non ascolto consigli in tema, non so bene perchè e dovrei pensarci – ma non è questo il punto. Il punto è che il libro è una cpsa molto molto personale, e se qualcuno invoglia a comprarlo è perchè in qualche modo è riuscito a toccare quelle corde intime. Che sono anche corde complicate da trovare. Perchè forse più che corde ecco, sono accordi – ora che ci penso. Per questo non si fa granche pubblicità televisiva dei libri in forma di spot, ma molto presenzialismo alle trasmissioni. bisogna arrivare a far sentire un accordo.
    Che era quello che facevo quando facevo la commessa in libreria, mestiere tra i più belli a questo mondo.

  89. Io credo che nel passaparola sia importante l’aspetto emozionale.
    Se chi mi raccomanda un libro lo fa cercandomi di trasmettere il suo coinvolgimento, il suo amore per quelle pagine, beh, in qualche modo riesce perlomeno ad incuriosirmi e ad andare a sfogliare quel testo nella prima libreria che mi capita, alla prima occasione. Forse lo comprerò anche.
    E’un po’ come a scuola: sono gli insegnanti che sono in grado di trasmettere il loro amore per quel sapere che riescono ad ottenere i migliori risultati.
    E prendete Benigni quando legge Dante. Io guardandolo e ascoltandolo quello che recepisco maggiormente è l’amore che il Robertaccio prova per quell’opera, per il grandissimo Poeta. E mi fa venir voglia di andare poi a riprendere il libro e rileggere il testo scritto.

  90. @ carlo:
    ma come! io ho tentato di suggestionarti per spingerti a leggere il libro di pasquale e tu abbocchi a benigni sulla divina commedia? allora è vero che la realtà dipende da chi la racconta. che delusione!

  91. Riposto perchè ho incollato la versione sbagliata (avevo apportato qualche correzione):
    Io credo che nel passaparola sia fondamentale l’aspetto emozionale.
    Se chi mi raccomanda un libro lo fa cercando di trasmettermi il suo coinvolgimento, il suo amore per quelle pagine, beh, in qualche modo riesce perlomeno ad incuriosirmi e ad andare a sfogliare quel testo nella prima libreria che mi capita, alla prima occasione. Forse lo comprerò anche.
    Non è tanto il chi mi fa una segnalazione a contare, per me, ma il come.
    Prendete Benigni quando legge Dante. Io guardandolo e ascoltandolo quello che recepisco maggiormente è l’amore che il Robertaccio prova per quell’opera, per il grandissimo Poeta. E mi fa venir voglia di andare poi a riprendere il libro e rileggere il testo scritto
    E’ un po’ come a scuola: sono gli insegnanti che sono in grado di trasmettere il loro amore per quel sapere che riescono ad ottenere i migliori risultati. Gli altri sono sono solo degli erogatori di nozioni.
    (Sorry per il repeat).

  92. Carlo non lo so se ti riferivi a me, ma io non alludevo assolutamente a delle corde emozionali, al contrario: perchè se no si potrebbe pubblicizzare il libro come si fa col detersivo, che appunto campa sulle corde emozionali. E’ un’orchestra fatta di altro. Piuttosto di corde esperienziali, il che vuol dire privilegiare certi tipi di linguaggi, riconoscersi in certe visioni del mondo, in certe sensibilità piuttosto che altre.
    Per questo io capisco quello che dice Gea. Vuol dire avere due amici, stimarli molto entrambi voler molto bene a entrambi, e sai che entrambi sono persone culturalmente affidabili. Eppure, solo di uno prenderai sul serio i consigli, perchè l’altro… eh, non è facile a capire perchè l’altro no. Magari è un fatto di gusti per le scarpe. Magari è un fatto che sogna d’esse americheno ni ci piace John Fante, magari perchè la parrocchia ancora gli ruggisce dentro. non ce la farà mai a persuaderti. E di solito non è mai una perdita. Tanto se compravi il libro che ti aveva consigliato, non ti sarebbe piaciuto.
    (gea dimme se sbajo)

  93. Beh, Enrì, ho riletto Dante, ma ho letto anche Pasquale. E vuol dire che la tua raccomandazione era piena d’amore (per Pasquale). E poi dici che se fossi gay ti fidanzeresti con me. Mi usi invece, come Dante faceva con la donna-specchio.

  94. @Enrico,
    stai infilando una serie di cose sensate in questo post che comincio ad avere paura del mio equilibrio mentale: leggerò il libro di Pasquale!
    Ma arriva nelle librerie a sud del Garigliano?
    (problemi della piccola editoria)
    @Gea,
    “…c’è una serie di persone, al di là delle questioni affettive, con le quali condivido background culturale e percorsi, e della cui opinione mi fido per quanto riguarda le letture. se una di queste persone mi segnala un libro mi viene naturale approfondire.”
    E questo pure è condivisibile!

  95. Zau, il mondo è bello perchè è vario (anche se avariato).
    Io parlo per me, e non in polemica con te o con gea (che poi lo sai, vi adoro entambe). Io posso leggere anche la più bella recensione del critico che più stimo come vicino alla mia personale visione del mondo; ma può lasciarmi freddino se non riesce a trasmettermi di aver amato quel libro. Se ci riesce un perfetto sconosciuto ( e non dico Benigni, che era lì per fare l’esempio di amore), sono sicuro che può almeno incuriosirmi: non dico che comprerò il libro a scatola chiusa, ma che cercherò almeno di saperne di più; che cercherò di informarmi.

  96. Didò ad esempio è uno di quelli che io considero capaci di trasmettere emozioni. Abbiamo avuto modo di parlare un pochino, anche en privè (via e-mail) di Buzzati e mi ha fatto subito venire voglia di rileggerlo.
    E’ un Benigni napoletano.

  97. Carlissimo
    La questione è però che tu attribuisci valore al codice di provenienza didò, e immagino che le esortazioni a leggere buzzati da parte di didò medesimo fossero intessute di qualche comunanza. Lui deve averti fatto capire che quel libro in qualche modo ti riguarda per una serie di cose tue. Tu sai, che lui può dirlo. io per esempio, che non amo Buzzati e non lo conosco non lo so se mi fiderei come te del suo giudizio. Non è una battuta e non sto facendo dell’umorismo – è una dichiarazione onesta.

  98. Aridanga Zauberella!
    Anche didò non era l’esempio di uno sconosciuto, così come benigni. Ma quello che volevo dire è che se ANCHE UNO SCONOSCIUTO fosse in grado di … eccetera, eccetera.
    Insomma il mio discorso era fatto di due piani, separati e distinti:
    1) la trasmissione di amore per un libro (esempi:
    a-Benigni,
    b-Didò,
    c- alcuni insegnanti “illuminati”- ci hai presente “captain my captain” ?).

    2) la fonte di trasmissione (che può essere:
    a- conosciuta e autorevole, ma NON NECESSARIAMENTE in grado di trasmettermi curiosità; oppure
    b- sconosciuta e non autorevole, ma parimenti IN GRADO/NON IN GRADO di trasmettermi emozione e pertanto curiosità.)
    Chisto è lo meo penziero. Condivisibbile o no. Ma lo meo (mica lo tuo). Spero però chiaro.
    ciao

  99. @Zaù,
    hai fatto uno strano maquillage, cominci a piacermi sempre di più, maledetta strizzacervelli!
    @carlo’s,
    Effettivamente Zà-zà non avrebbe torto (“avrebbe” è condizionale), Buzzati è anche uno scrittore che intercetta le frustrazioni perchè frustrato a sua volta, e io di frustrazioni ne ho a badilate, potrei aver convinto tè perchè (lievemente) frustrato a tua volta?
    Dai guagliù, facciamo autoanalisi, che ai tempi miei marxisti si diceva autocritica, oggi gli snob esterofili lo chiamano “outing”!

  100. A proposito @Carlo’s,
    ho conosciuto Benigni nell’estate del’76 ad una festa de L’Unita alla Rivieria a Napoli, faceva una specie di avanspettacolo prima dell’esibizione del gruppo rock “AREA”, allora conosciutissimo con la voce dell’indimenticabile Dmetrio Stratos.
    Eravamo in sei persone a vederlo; sedeva su di una sediola vecchia, aveva “quella” solita giacca grigia e sudava come un granchio su di uno scoglio. I tecnici in canottiera Rambo gli passavano i cavi sulla testa senza tenerlo in nessuna considerazione, anzi si vedevano sbuffare platealmente, mentre Benigni tentava di imbastire un ragionamento (avessero saputo di stare infastidendo un premio Oscar, candidato pure al Nobel, gli avrebbero rubato le scarpe), ad un certo punto Roberto ci guarda ammiccando e fa: “Oh Rahazzi, fate finta di ride, che questi stasera mi danno c’entomilalire pe’ stà qui!”
    Era l’estate del ’76 poco dopo sarebbe andato a “L’Altra Domenica” di Renzo Arbore.
    Eh, ragazzi, intercettare la storia…

  101. In realtà , ma lo dico solo ora che Zaubrei si è arresa, anche il mio ragionamento ha una falla: Sandro Bondi.
    Se Berlusconi scrivesse un libro (in realtà probabilmente se lo farebbe scrivere da altri, ma ufficialmente sarebbe senz’altro suo) il nostro sandrobondi trasmetterebbe pubblicamente un amore sviscerato per tale incommensurabile opera dell’umano ingegno che rasenta il divino e che neanche Dante e che l’Italiatutta e che qui e che là.
    Allora c’è una terza categoria da considerare tra le fonti di trasmissione: quella dei conosciuti ma sicuramente non attendibili per fondato pregiudizio.
    Qui presto il fianco a Zau, ma pazienza.

  102. @ didò
    Frustrazioni tante, caro didò, come si può negare, e Buzzati ci è caro a entrambi forse proprio per questo; però te prego: Nooooo, l’autocritica nooooooooo!!!!!!!
    (PS Demetrio Stratos e gli Area erano la colonna sonora delle mie sedute di autocritica)
    (PPS l’outing lasciamolo ad Enrico, che ultimamente si è sbilanciato con strane profferte …)

  103. Non sono convinto che quel “signore” di cui hai parlato tu Carlo (non ho mai digitato in otto anni sulla tastiera “quel”nome) si farebbe scrivere un libro da altri, probabilmente lo scriverebbe lui e poi con la scusa dell’editing glielo riscriverebbero (peggio), ma Monda & Dori hanno probabilmente dei fondi perduti o di colore (nero), per potersi permettere delle perdite cosi elevate, pubblicando in ginocchio certe porcherie.
    Lancio un appello. Oltre allo stornellatore napoletano a cui lei ha dato tanta fortuna, Cavaliere meneghin, ci sarebbe anche un Tranvier ad uso di ghostwriter che rinnegherebbe anni di comunismo alla Bondi per farle da spalla letteraria. Ci pensi, caro il mio Caimano, mica vorrebbe Baricco?Si accontenti di me, ognuno ha le misure che gli spettano, e io, tra i mediocri, sono il migliore.

  104. @ didò:
    dunque, ricapitolando. da giovane andavi alle feste dell’unità, da adulto leggi (per esempio) il mio libro e vorresti leggere quello di pasquale. se da bambino facevi le costruzioni coi Lego evita di fare il bilancio della tua vita sennò un giorno o l’altro i miei colleghi del Mattino di Napoli potrebbero scrivere:
    “impossibile dire perché lo abbia fatto. Ma sotto gli occhi inorriditi di decine di passeggeri, quel conducente dell’autobus ha improvvisamente tirato il freno a mano. in un baleno ha armato un Remington ad avancarica e ha sfidato con lo sguardo donne e pensionati che viaggiavano sul suo bus. poi, un minuto a squarciagola imitando demetrio stratos e alla fine, inesorabile, la canna del Remington in bocca. Un colpo solo, secco e definitivo. Tra tanta gente sconvolta e addolorata che diceva….ma cazzo, io dovevo scendere alla prossima. e mo’?”

  105. Didò meglio così, anche se mah boh hum.
    carlissimo lo vedi che nel tuo ragionamento c’è un buchino?
    In tutto questo, po’ venì anche Dio, Dio proprio come dico io a dimme un libro da leggere tutto appassionato. Un libro che magari è tanto tanto affine alli temi che mi interesseno, ma il mio primo pensiero è “Mah”.
    Perchè poi secondo me c’è una distinzione di fondo: tra quelli che ni ci piace avere i consigli e quelli che sbuffeno.

  106. Era proprio l’uomo delle stelle e quel film era venuto in mente anche a me leggendo di Salvo. Solo che neanche io ricordavo il titolo e non ho scritto nulla. A didò è venuta in mente la stessa immagine e l’ha detto.
    Stessa età, stessi film, stessi amori letterari, stesse frustrazioni….. Didò, niente niente …. come si chiama tua moglie ?

  107. Ciao, Dido’,
    no, dai, io non saetto… parlo solo di questioni di principio che mi stanno a cuore, non voglio insegnare niente a nessuno. Affermo delle cose in cui credo veramente senza prendermela con nessuno. Che c’e’ di male a dichiarare: ”io sono serio, dunque non mi esprimo sarcasticamente”? Magari aiuta a capirsi meglio, a dare un tono vocale a questi messaggini standard da blog. E poi e’ vero: raramente sono sarcastico o ironico. Io scherzo o gioco o faccio sul serio, senza troppe altre soluzioni. Son fatto cosi’, ma lo faccio proprio per esser sincero e dunque non ferire nessuno, perche’ a me l’ironia e il sarcasmo feriscono, dunque non la uso con gli altri.
    Poi quando scrivo i racconti il discorso e’ diverso, ma parliamo di altra cosa. Io mi riferivo ai miei interventi nel blog.
    Ciaobbello
    Sergio

  108. Gli anni Ottanta per la sottoscritta erano gli anni del liceo. Gli anni in cui ho iniziato ad amare il libro come oggetto, a rispettarlo come fonte di sapere, a vederlo come un ricettacolo di cultura, di verità, di decodifica del reale, di “sacro furore”, qualche volta. I saggi, quelli importanti, li ho letti a partire dagli anni ’90. Ma la percezione che avevo del libro e la percezione che i miei coetanei lettori hanno ( e avevano) della lettura e del libri è rimasta inalterata. Credo che il giudizio di De Matteis sia molto lucido. Si, c’è un problema generazionale, è inutile negarlo. Ma c’è anche un problema di editoria, di scuola. E c’è un problema di MAESTRI. De Matteis, quando aveva vent’anni, ha avuto maestri migliori dei miei? Forse si. E sui manager editoriali, non posso fare altro che dargli ragione. Lì risiede uno dei nodi più difficili da sciogliere…

  109. @”L’uomo delle stelle” ha un momento di altissimo erotismo, quando Castellitto fa l’amore con Clelia Rondinella sulla sponda del camioncino(figlia del mitico cantante napoletano) e lei dice quella frase di una violenza inaudita:
    “Dai, se te la porti co’ ttia a fare ll’attrice t’ha fazzo sverzinare”.

    @Gregori, i tuoi colleghi de “Il Mattino”, tra cui alcuni miei amici, hanno litigato da tempo col giornalismo, altrimenti non si farebbero sorpassare dal fogliaccio “Leggo” e, nel caso in questione, arrivando sul posto dopo gli inviati de “L’Eco di Lubijana” scriverebbero:
    “Sarebbe inciampato su di una Beretta Sf 9/21 Brigadier (sono schifosamente italianista), sparandosi in bocca, il colpo fuoriuscito miracolosamente dallo stesso orifizio in cui fu colpita Frida Khalo nel famoso incidente d’auto del 1921 a Ciudad do Mexico, non ha leso organi vitali (a parte una diminutio di quella sua voce da trombone) ma ha colpito alla testa un giornalista romano alla testa e, non trovando organi vitali nel cranio dell’atleta dei sinonimi, sarebbe a sua volta fuoriuscito, colpendo l’ultimo divieto di sosta ancora in piedi, nella città tentacolare. Al giornalista romano, ricoverato da un gommista della zona la foratura alla testa è stata offerta dai sindaci Rosa, Russo & Iervolino.

  110. mi hanno fischiato le orecchie per tutto il pomeriggio, e ora capisco perchè.
    mi è stato chiesto di chiarire quello che intendevo, dando ragione a una e una sola interpretazione del gea-pensiero. in verità vi dico che sono d’accordo parzialmente con entrambi.
    carlo mio ha ragione quando sottolinea l’importanza della trasmissione affettiva del sapere, ma sottovaluta l’autorevolezza della fonte. il che non significa sei lauree e una cattedra alla normale di pisa, significa che io, recipiente, riconosco al dispensatore di informazioni un certo livello di competenza nel campo, o anche solo di empatia intellettuale.
    esempio: io ho un amica carissima. penso sia più di una sorella. beh, sui film posso seguirla. sui libri no. abbiamo gusti discordanti, e lei ha adorato, e descritto con calore ed entusiasmo, cose che io ho mollato alla seconda pagina.
    luciano-idefix è un tesoro, sa quello che dice, ha entusiasmi commoventi per alcuni libri, ma lo seguo solo in parte, e sono anche in grado di distinguere subito. da cosa? non lo so.
    e poi seguire per me è incuriosirsi e desiderare di approfondire, non accettare pedissequamente e ad occhi chiusi.
    per cui ha comunque anche ragione zaubissima.
    insomma, che accidenti volete da me? uffa.
    🙂

  111. Maria Serena – che bell’accoppiata! Detto da una col nome doppio come me ci devi credere…
    è unpiacere leggere la tua fresca prosa sui libri. Continua così. Sono i ragazzi come te che mi fanno ben sperare sul futuro del libro.

  112. @Gea,
    a parte che ho battuto lo spagnolo, hai citato Giovanni Paolo II?
    “Dio è il centro dell’universo e essendo l’uomo Dio, l’uomo è il centro dell’universo”, ergo sovente l’uomo decide cosa gli piace e cosa no, aprescindere dalla presunta empatia. Tu mi stai empatica!

  113. A tutti:
    avete visto? Il Maugger pimpante pimpante ci ha spiattellato sul video un altro giochino intelligente per bambini… (censura)!
    Indovinate un po’ CHI NON DOVRETE MAI PROPORRE COME COORDINATORE-RAGIONIER FANTOZZI dell’ennesima faticata bestiale?

  114. @ Sergio
    Hai scritto. “perche’ quattro editori piccoli non si associano e pompano per vendere quelle tremila copie che potrebbero permettere loro di vivere bene ad anche – soprattutto – di pagare il manoscrito all’autore?”

    Proponi consorzi di piccoli editori, fusioni o che altro?
    In questi anni abbiamo assistito al fenomeno delle major che inglobano editori medi e piccoli di qualità. E gruppi che si consolidano.

    P.s. per quanto riguarda il “giochino intelligente per bambini…” vedi di non fare il sarcastico. Altrimenti ti nomino d’ufficio coordinatore del gioco medesimo.

  115. Ciao, Massimino,
    ti ho appena proposto come coordinatore del giochino. Ne sei contento? (eh! eh! eh!)
    Sergio Scherzosus de’ Malvagibus

  116. L’economia non e’ il mio campo specifico, ne so poco, comunque per l’editoria propongo qualche associazione che faccia diventare piu’ forti i piccoli editori: forse un consorzio mi sembra – cosi’ a braccio – la soluzione ideale. Pero’ qualcosa bisogna fare contro lo strapotere dei grandi editori. Ed associarsi fra piccoli e’ la soluzione migliore e piu’ ovvia. Altrimenti si viene assorbiti dai ”leoni” del circo editoriale.
    Sergio
    P.S.
    Stavolta non mi incastrerete col giochino. E dico seriamente.

  117. @Maugger & Sozi: Consorzio editoriale?

    Leggete questo stralcio dal mio blog, 21 luglio 2007:

    “…ma ora Napoli stà inondando di parole l’Italia, con una produzione letteraria inusitata; la nuova editoria campana è in fermento spasmodico e sembra un ariete: ma cosa sfonda? In classifica ci vanno i libri di “Mondatori”. Mi pongo e rilancio: perché la casa di Segrate ha un nome? O perché i nostri editori sono semplici e disperati tipografi? Non è un limite indagare solo l’universo napoletano? Stasera da Fnac, tra gli scaffali, ho trovato questa nuova ed intelligente operazione di Giovanni Musella del gruppo Kairos: “Sangennoir”. E un progetto che supera di sicuro, per la sua sfrontatezza coraggiosa, i confini campani (all’interno vi è un mio brano, ed è l’unico limite della proposta), eppure, in una libreria napoletana era relegato tra i ripiani del folklore: di chi è la colpa? Come fare per aggirare questo limite di bigottismo commerciale dei librai? Possibile che non si esca dal circolo vizioso dei tre quattro editori sempre in classifica “in alto a sinistra” e poi gli altri”?

    O vi è la “paura di volare” degli editori che frena la nascita auspicata di un polo editoriale, compresa la frammentazione in tanti soggetti? mentre un’aggregazione, un consorzio o che altro potrebbe convogliare le buone firme presenti, in uno o due soggetti editoriali? ”

    Questo Didò affermava a Luglio, ma voi stavate al mare…

  118. @Maugeri perdona:
    Houston, abbiamo un problema, dicono che non riescono a collegarsi al mio blog: qualcuno può cliccare sul mio nome e collegarsi per farmi sapere?
    Scusate, grazie. Scusa Massimo.

  119. No, questa era una proposta che lanciavo a quei pusillanimi degli editori napoletani che si accapigliano come donnette, avendo in catalogo tre/quattro autori discreti poi quando si affaccia sul mercato uno brillante come Maurizio de Giovanni (tra i primi cento libri italiani) se lo fanno soffiare da Fandango (Il senso delo dolore- L’inverno del commissario Ricciardi/ Fandango Editore).

  120. @ Qualcuno disse: “QUEL LIBRO mi ha cambiato la vita!”
    Significa forse che il lettore ha interagito con il libro ad un punto tale che ha riflettuto sulla propria esistenza ed ha trovato fra le amate pagine quel che cercava da lungo tempo? Quel che è certo è che la memoria mantiene vivi i suoi ricordi se quella specifica lettura per lei è stata importante da un punto di vista formativo ed ha avuto un senso.
    A distanza di tanti anni non dimentico la bellezza delle fiabe della mia infanzia, dell’Infinito di Leopardi, i tempi sono quelli del liceo, di cui ho ancora in mente la siepe verde e ridente dalla quale spiccò il suo volo e non riesco, davvero non riesco, a disfarmi del ricordo dell’antipatico Bel Ami e della simpatica Palla di Sego nei racconti di Maupassant.
    @ Stefano scrive di un sistema ideato per il consumo frettoloso da effettuarsi con ingordigia. Sistema che trova il suo appoggio nella moderna tecnologia :internet permette la rapidità dell’informazione e del contatto, la spettacolarizzazione mediatica viene permessa dalla televisione, ponendo comunque lo spettatore in una posizione passiva, stravaccato sul divano, pigro e dormiente, nella vana speranza che le piume d’oca della subrette o della velina di turno possano oltrepassare lo schermo e posarsi sulle sue ciabatte.
    Si, ha ragione Alberto Mori quando scrive che la concentrazione nella lettura (all’infuori dei fumetti) guida il pensiero verso altre funzioni, anche se non è tutto oro quel che luccica e spesso necessita fare le giuste distinzioni in qualunque settore.

  121. Dido’,
    io mi sono appena collegato col tuo sito e funziona. Eccetto che non c’e’ il mio ”Maniaco” fra le tue recensioni pazzesche. Perche’? Se vuoi ti spedisco la copertina – un racconto e’ ”Il maniaco” e lo conosci gia’, altri li trovi in rete via Google.

    Poi. Il consorzio editoriale di cui parlo potrebbe avere un solo nome, intendo una solo marchio riconoscibile, mentre i titoli riporterebbero solo dietro il frontespizio il nome del piccolo editore aderente al consorzio che lo ha voluto pubblicare. Esempio immaginario: nome del consorzio: ”Calepino”, poi, dietro il frontespizio di ogni libro: ”Calepino – Editore Lo Russo 2008”. Cosi’ la gente vedrebbe un solo nome, un solo marchio, ”Calepino” e non farebbe confusione; e i quattro cinque editori consorziati avrebbero comunque ognuno la propria linea editoriale, pur con alcune caratteristiche comuni da concordare preliminarmente.

  122. (Questa e’ una proposta un po’ paracula, lo so, ma mi sembra che possa essere una bomba: funzionerebbe, sai, se gli editorini andassero d’accordo fra loro. Senza questo, puf: crolla tutto. Come sempre. Bisogna andar d’accordo e volersi bene, anche per fare gli affari piu’ sacrosanti come quello di diffondere buona Letteratura e intanto non fare la fame, diritto giusterrimo).

  123. @wooow! Compaiono i fulmini umoristici di Maurizio De Angelis: tremate gente, arriva aria fresca!
    @Sergio,
    ma sai che me n’ero dimenticato di pubblicare il tuo libro?
    La copertina la trovo sul web.
    La tua idea è formidabile, la passo a Pino Imperatore: hai visto mai?
    Un consorzio tipo il “Parmigiano Reggiano”, a questo avevo pensato anch’io. Cosa ne pensano @Maugeri e@Salvo?

  124. @Didò@Sergio

    Molti editori siciliani si sono associati per avere maggiore forza lavorando in gruppo, hanno eletto un presidente, i consiglieri, i probiviri. Organizzano fiere del Libro nel territorio siciliano, si fanno promotori di altri eventi culturali, prendono lo stand comune al Salone del Libro di Torino, hanno maggiore potere di contrattazione con la Regione Sicilia per ottenere contributi. Naturalmente per entrare nell’associazione occorrono determinati requisiti: un certo numero di pubblicazioni, determinati anni di attività, ecc. ecc. E’ un buon passo avanti ma per quanto riguarda le pubblicazioni ognuno lavora per sè, col proprio marchio. E mi sembra giusto. Altrimenti succederebbe un casino. Ognuno ha una propria linea editoriale da mantenere e non basterebbe il marchio all’interno per distinguersi.

  125. sarò stanco e annoiato dalla luce del monitor…i commenti non li ho letti ma ho letto solo l’inizio e mi è sorto un dubbio…
    quella frase era presente anche nel libro “La Cospirazione” di Nizzan…oppure me la sono sognata io…visto che mi pare di aver letto solo “I cani da guardia” e il primo citato che è uno dei miei preferiti…
    mah?!

  126. no, mi sa che mi ero letto anche adem arabia
    la frase sul libro La Cospiration
    è un’altra e non c’entra molto…
    sarà la vecchiaia o la primavera…oppure sarà che sto facendo troppo uso e abuso di internet…
    mah?!

  127. Salvo,
    secondo me bisognerebbe andar oltre: un solo marchio e’ la carta vincente… vedi i grandi: Mondadori, eccetera…
    Si deve trovare un unico marchio esterno al libro con all’interno i ”marchi individuali”. Cosi’ si fa forza e ci si impone a livello quantomeno nazionale. Se no si resta da soli.

    Nota bene, Salvo:
    una grande azienda ha anche UNA sola quotazione sul mercato, ha anche UN solo forte ufficio marketing e diffusione, UN solo forte ufficio stampa. Ma dipende dalla volonta’ di stare insieme e dalla fiducia, dall’amore reciproco di tutti gli editorini. Se non c’e’ amore non si fanno soldi, ricorda. Se non c’e’ amore non si sc**a e non si creano Nazioni ne’ altro. Si fanno solo str*****e, se non ci si unisce per amore e per fede.
    Ci manca una forte corporazione di etichette che stia sotto una sola forte etichetta, che anche se non volesse dire niente, non importa.

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