La nuova puntata di Letteratitudine Cinema la dedichiamo al film “BLONDE” (2022) diretto da Andrew Dominik e interpretato da Ana de Armas. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates
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(DIS)IDENTIFICAZIONE DI UNA DONNA. “BLONDE”, IL FILM.
Marilyn Monroe è recentemente ritornata al cinema con il corpo di Ana de Armas
di Mario Michele Amato
Diretto da Andrew Dominik, ispirato all’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates, “Blonde” si presenta come una fenomenologia del dolore. La storia ruota intorno a Norma Jeane prima e dopo la sua conversione in Marilyn Monroe, senza che la persona si identifichi mai del tutto con il personaggio: diverse scene insistono sulla disidentificazione della donna dall’attrice. Ma non manca un’affermazione a metà film, forse la chiave per accedere alla sua interpretazione, che fa pensare a qualcosa di più profondo. Norma afferma:
“[…] è così angosciante che una scena con le persone vere continui senza sosta, senza finire mai. Come si può fermare o… comprendere che cosa vogliano dire le persone… che probabilmente non vogliono dire niente. Non come in un copione… senza senso. Succede e basta. Come con la pioggia.”
Queste parole lasciano intendere che il suo sogno di fare l’attrice dipende dalla possibilità di poter vivere storie piene di senso: in un’opera di finzione c’è un inizio e una fine in cui tutto si rivela in modo significativo. Nella vita, al contrario, ogni cosa sembra avvenire per caso. Siamo noi stessi gli interpreti di questo insieme di eventi caotici. La storia che ci racconta Dominik è incentrata sul tentativo di Norma di cogliere il senso di ciò che le è accaduto e che le continua a vivere dentro gli occhi. La resa stilistica segue rigorosamente questa idea: la vita dell’attrice è raccontata in una serie di lampi visivi e uditivi, non rare volte dissociati, ma sempre disposti secondo un ordine cronologico. L’occhio della cinepresa s’identifica quasi del tutto con quello della protagonista: i movimenti di macchina, le ricorrenti sfocature dell’orizzonte e le deformazioni dell’immagine riescono a rendere il magma della sua psiche. Come se Norma non vedesse o solo raramente riuscisse a ritornare nella realtà e a collegare gli effetti alle cause. Messi in secondo piano gli eventi esterni, ciò che emerge della sua vita è il suo continuo tentativo di essere. Scena dopo scena assistiamo alla costruzione di un dolore.
Gli elementi biografici, dalla schizofrenia della madre all’assenza del padre, dai matrimoni falliti ai dolorosi aborti, si alternano a scene di fantasia. In tal senso il regista segue il romanzo e traspone la differenza tra realtà e fantasia attraverso l’opposizione cromatica di scene a colori e in bianco e nero.
Vale la pena continuare l’analisi seguendo la pioggia di critiche che il film ha scatenato. Solo sulla straordinaria interpretazione di Ana de Armas nessuno si è mostrato in disaccordo. Un esempio per tutti: giunti a una celebre scena di “A qualcuno piace caldo” lo spettatore ha per un attimo la sensazione di assistere alle immagini del vero film con la vera attrice prima di scoprire che si tratta di una ripresa in corso. Passando alle critiche, esse riguardano, in misura minore, la resa stilistica dell’opera e la decostruzione del genere biopic. Probabilmente ci si aspettava un racconto realistico che rivelasse una volta per tutte il mistero della morte di Marilyn Monroe o semplicemente non è piaciuto come è stato reso a livello formale. Le critiche più violente riguardano invece il tema dell’aborto, il ritratto dissacrante del Presidente Kennedy e il modo unidimensionale in cui la diva stessa viene presentata. Relativamente a queste ultime critiche procediamo punto per punto.
Norma Jeane ci viene in effetti presentata come vittima di un sistema familiare, sociale e cinematografico: tutto accade sempre per colpa altrui. In questo contesto s’inseriscono in modo intenso elementi femministi che colgono gli abusi dei produttori e dei meccanismi di Hollywood nonché in generale della società patriarcale degli anni ’50. Nonostante ciò, le varie scene dell’aborto sono state, al contrario, interpretate come una critica a tale pratica e alla donna. Le grottesche immagini che mostrano il feto stesso che parla alla madre appaiono a dir poco brutali. Occorre sottolineare che non è semplice, quando si trattano temi così delicati, distinguere le idee politiche del regista (esterne alla diegesi) da quelle dei personaggi (interne alla diegesi). L’errore ermeneutico è ormai un classico colto dai teorici di narrativa come confusione tra autore e narratore. Ma nei nostri tempi la confusione è radicalizzata da una pratica aberrante: la storia, una qualsiasi storia, da una fiaba a un evento storico, viene sempre più riletta secondo un’operazione moralizzante che fraintende e distorce “l’ordine degli anni e dei mondi”. Nel caso di “Blonde”, anche se leggessimo il film seguendo ciò che la stessa Norma sente nel suo desiderio di maternità, le diverse raffigurazioni del feto e le scene in sala operatoria restano alquanto controverse, al di là delle proprie posizioni politiche. Controverso è apparso anche il ritratto del Presidente Kennedy: ci viene presentato disteso a letto, seminudo, indaffarato al telefono e interessato solo al piacere sessuale. Norma, più bella che mai, non viene nemmeno vista. La scena che segue è tanto originale nella sua costruzione quanto devastante dal punto di vista emotivo: costretta a praticare sesso orale, Norma trasforma questo momento in una grande visione cinematografica. Immagina se stessa come un’attrice di film pornografici vista da tantissimi spettatori in una grande sala. Anche per questa scena, Netflix ha vietato il film ai minori di diciotto anni. In sottofondo, tra i gemiti e le parole di piacere del Presidente, siamo resi partecipi dei suoi pensieri:
“Chi mi ha portato qui, in questo posto? È stata Marilyn? Ma perché Marilyn fa queste cose? Cosa vuole Marilyn? O è una scena di un film? Sto interpretando la parte di una famosa attrice bionda che incontra l’attraente leader del mondo libero: il presidente degli Stati Uniti per un romantico appuntamento. La ragazza del piano di sopra in un innocuo film erotico. Solo una volta. Perché no? Qualsiasi scena può essere interpretata. Può essere interpretata a prescindere… e non durerà che qualche minuto. Basta non vomitare, non qui. Non in questo letto. Non tossire, non soffocare. Devi inghiottire, devi inghiottire.”
Proprio in questo punto del film, si rivela ancora una volta la contrastante identificazione di Norma con il suo personaggio. La schizofrenia si è manifestata in tutti i piani dell’opera: dalla doppiezza cromatica a quella del rapporto persona-personaggio, realtà-fantasia, verità-menzogna, vita-morte. Lo spettatore resta alla fine con la sensazione che non ci sia stata raccontata né la storia di Norma Jeane né quella di Marilyn Monroe, né la sua vita né tanto meno il mistero della sua morte. E forse proprio in questo non racconto è il senso del film.
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Il trailer del film
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