Dicembre 21, 2024

316 thoughts on “IL PELE’ DEL SACRO CUORE (tra calcio e letteratura)

  1. L’idea(come ho scritto sul post) mi è venuta quest’estate, nel corso di una breve vacanza a Parigi. Un pomeriggio, nel quartiere di Montmartre, proprio ai piedi della Basilica del Sacro Cuore, sono stato attratto da una folla raccolta attorno a un ragazzo che palleggiava. Mi sono avvicinato e… be’, non vorrei esagerare, ma… quel ragazzo mi è sembrato un vero e proprio fenomeno.
    Ho avuto la possibilità di registrare un video. L’ho già inserito sul post, ma ve lo propongo anche qui tra i commentihttp://www.youtube.com/watch?v=ulxi2O-i2Ak&list=UUOp0145iw0E7byOFnrLEgHA&index=1&feature=plcp

    Guardatelo. Poi, se vi va, ne discuteremo insieme…

  2. Prendendo spunto dal video, vorrei organizzare un dibattito sul rapporto tra calcio e letteratura. E non è un caso se ho scelto come “immagine/icona” di questo post, la vecchia foto di Pasolini che gioca a pallone (Pasolini era un grande amante di questo sport).

  3. 2. Cosa ne pensate del gioco del calcio? Conserva ancora il suo fascino originario? Finirà con l’essere distrutto, soggiogato, dagli scandali legati alle scommesse, dal business, dallo strapotere delle paytv? Oppure riuscirà, in un modo o nell’altro, a salvaguardarsi e a mantenere integra la propria natura?

  4. 8. E Messi? A quale dei due campioni si avvicina di più? Considerata la ancora giovane età, Messi potrà mai raggiungere o superare Pelé e Maradona? (Be’, magari secondo qualcuno di voi lo ha già fatto…)

  5. Per il momento chiudo qui, cari amici di Letteratitudine. Vi rinnovo il benvenuto al primo “post del mese” di questo blog.
    E a tutti voi auguro una buona serata e una serena notte.

  6. Pier Paolo Pasolini scriveva:
    “Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”.

  7. Il portiere caduto alla difesa ultima vana,
    contro terra cela la faccia,
    a non veder l’amara luce.
    Il compagno in ginocchio che l’induce,
    con parole e con mano, a rilevarsi,
    scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

    Umberto Saba, “Goal”

  8. …questo per rispondere alla domanda n. 5 caro Massimo! Certo che calcio e letteratura hanno molto in comune!
    Bravissimo. Video meraviglioso, lascia senza fiato.

  9. Non sono un grande appassionato di letteratura, quindi spero di non dire stupidaggini. Eventualmente mi perdonerete. In ogni caso è stato Massimo Maugeri che mi ha incoraggiato ad intervenire. Nel caso, prendetevela con lui.

  10. Diciamo che sono un lettore medio che però segue molto il calcio. Sono rimasto pure io molto impressionato dal video. Non credo che i giocatori, anche i campionissimi, riescono a fare quello che ci ha mostrato il Pelè del sacro cuore. Un vero spettacolo.
    Bisogna vedere però se questo ragazzo “sa stare” in campo.
    Chi capisce di calcio, sa cosa voglio dire.

  11. Domanda due.
    Il gioco del calcio nonostante tutto sopravviverà a tutte le cose che dici. Anche se è indubitabile che il business detta legge. Ma lo spirito originario, a ben cercare, rimane lo stesso.

  12. Domanda tre.
    Il calcio nasce in Inghilterra, dunque Europa. Poi i paesi europei lo hanno colonizzato in sud america.
    Le sto sparando, non so se davvero le cose stanno così.
    però negli Usa non ha attecchito perché è di origine inglese.
    Anche questa la sto sparando.

  13. Domanda quattro.
    Chi ha visto giocare dal vivo Maradona, Platini e Falcao non può che dire che il calcio è un’arte.

  14. Domanda 5.
    A volte la letteratura è una palla.
    (Non vi offendete, eh?)
    E poi, mai sentito parlare di trame del gioco?

  15. Bravo Maugeri!
    Ecco, in aggiunta a quanto disse Annamaria Fermi, ciò che scriveva Pierpaolo Pasolini:

    «I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente: ala destra, allora, e i miei amici, qualche anno dopo, mi avrebbero chiamato lo “Stukas”: ricordo dolce bieco) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso. Allora, il Bologna era il Bologna più potente della sua storia: quello di Biavati e Sansone, di Reguzzoni e Andreolo (il re del campo), di Marchesi, di Fedullo e Pagotto. Non ho mai visto niente di più bello degli scambi tra Biavati e Sansone (Reguzzoni è stato un po’ ripreso da Pascutti). Che domeniche allo stadio Comunale!»

  16. E inoltre mi pregio di dire che per Pasolini il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio. Esso ha tutte le caratteristiche fondamentali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato.

  17. ” I “fonemi” sono dunque le “unità minime” della lingua scritto-parlata. Vogliamo divertirci a definire l’unità minima della lingua del calcio? Ecco: “Un uomo che usa i piedi per calciare un pallone è tale unità minima: tale “podema” (se vogliamo continuare a divertirci). Le infinite possibilità di combinazione dei “podemi” formano le “parole calcistiche”: e l’insieme delle “parole calcistiche” forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche…

    I “podemi” sono ventidue (circa, dunque, come i fonemi): le “parole calcistiche” sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combinazione dei “podemi” (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella “partita”, che è un vero e proprio discorso drammatico. I cifratori di questo linguaggio sono i giocatori, noi, sugli spalti, siamo i decifratori: in comune dunque possediamo un codice. Chi non conosce il codice del calcio non capisce il “significato” delle sue parole (i passaggi) né il senso del suo discorso (un insieme di passaggi)” .

    (Scritti corsari. Pier Paolo Pasolini)

  18. Pensi dunque al “romanzo” che ha scritto quel calciatore del suo filmato, caro ragazzo, il suo Pelè del Sacro Cuore.
    Una poesia, in cui è stato nostalgico, acrobata e visionario.
    Ha fatto pensare alla terra se usava i piedi, al cielo quando volava sul lampione, al pensiero se usava la testa, al cuore se teneva il pallone sul petto.
    Sono incantato, incantato, incantato.
    Olè.
    Il suo affezionato
    Professor Emilio

  19. Odio il calcio. Ma devo ammettere che questo ragazzo è uno spettacolo!
    Comunque, con tutto il rispetto di Pasolini, molto meglio un buon libro che una “pallosa partita”.

  20. se volessi sputare sul piatto dove mangio, direi che la letteratura e il calcio di oggi sono molto distanti dalla letteratura e dal calcio che amava pasolini.

  21. intervengo meglio domani. ora torno alla champions ultramiliardaria e poi a leggere un thriller in edizione economica.
    se mi vedesse pasolini, mi sputerebbe in faccia. ciao 🙂

  22. Grandi romanzi italiani contemporanei a tema calcistico:

    – È finito il nostro carnevale di Fabio Stassi
    – L’ascensione di Roberto Baggio di Vanni Santoni e Matteo Salimbeni

    Un vecchio classico:

    – Azzurro Tenebra di Giovanni Arpino

  23. Grazie, Giacomo Tessani. Mi hai fatto sorridere. Ma il calcio continua a non rientrare nei miei interessi. E’ uno di quei fenomeni di massa a cui preferisco non adeguarmi.

  24. Sono un pentito del calcio. non soltanto perché è ormai business, ma per il fatto che non c’è più alcuna ralazione di appartenenza tra la squadra e il territorio di cui pure porta il nome. Non accetto lo sfruttamento fisico dei giocatori: quando si fanno male, la preoccupazione maggiore di chi li gestisce è il ritorno in campo più sollecito non possibile ma fattibile in vista della prestazione, incuranti di una vera ripresa fisica che richiederebbe più convalescenza. Un usa e getta. Non mi piace il divismo e persino la divinizzazione e il conseguente enorme divario di guadagno tra la serie A e le altre serie. Non mi piace la tolleranza arbitrale verso l’aggressività in campo, il continuo sputacchiare sul prato che induce lo sputacchiare sul marciapiede di parte degli spettatori, il guadagnare la penalità a carico dell’aversario (ci sono gli specialisti della materia). Non mi piacciono i calci di rigore che non hanno niente di sportivo e molto della scommessa o ell’ordalia. Meglio la penalizzazione del colpevole nelle successive competizioni. Ma l’esasperazione è funzionale all’atmosfera tesa che si vuole creare attorno al gioco. L’esasperazione è funzione della difficoltà di segnare. Meglio allora la pallacanestro o la palla a volo! Non mi piace la parola “fede” applicata al tifo, nè del resto la parola tifo, malattia caratterizzata da un febbrone e da uno stato stuporoso, come per gli stupefacenti  (ètimo: typhos=stupore). Non mi piace, infine, la coltivazione affaristica della fede dei tifosi da parte degli amministratori della squadra, il cui benessere è funzionale al furore dei tifosi. 
    Piero

  25. per rispondere alle altre domande, caro massimo: il calcio conserva il suo fascino nonostante i cambiamenti, spesso in negativo; si sta perdendo dietro al business che è una specie di dittatura; credo che andrà sempre più a peggiorare, la tendenza è questa, d’altra parte, non vedo come si possa tornare indietro.

    credo che semplicemente questo sport abbia attecchito in europa e sud america perchè altrove lo spazio era già occupato da altri sport di squadra.

    nel calcio la componente artistica c’è, basta guardare i “numeri” dei singoli calciatori, o certe azioni esaltanti come un prestissimo sinfonico.

    la letteratura può descrivere il calcio, ma il calcio a volte, soprattutto nella storia di una particolare partita, può diventare letteratura, e nel ricordo diventa addirittura leggenda.

    la letteratura è vicino alla maratona.

    beh, nel mio libro chi chiude è el pibe; la risposta è secca, inappellabile. non c’è confronto con nessuno.

    messi ha bisogno di crescere ancora, somiglia certamente più a maradona che a pelé, però è maradona che non assomiglia davvero a nessuno, come il nuvolari di ferdinand porche nel settore piloti, diego è il più grande calciatore del passato del presente e del futuro.

  26. Condivido in tutto le risposte di Franz K.
    Ciao Franz. Mi piace che nel titolo del tuo libro ci sia il termine ‘passione’. Se il calcio vive ancora e’ solo perché la passione e’ rimasta intatta. Leggero’ il tuo libro con molto piacere.

  27. Il comune denominatore fra l’intellettuale Pasolini, lo show, il gioco del pallone, il divismo, è questa possibilità di uscire dall’anonima borgata e per destrezza diventare ricco e famoso. La possibilità di riuscirci. Quasi tutti i giocatori di calcio provengono da famiglie molto povere, da quartieri dove bastava pochissimo per divertirsi, due porte, una squadra, una palla, fare goal nella vita appartiene proprio a quel linguaggio …
    Un bel video Massimo, spero che almeno qualche soldino la gente glielo abbia dato
    Ciao Rossella

  28. Mi piace il commento di Rossella. Secondo me pero’ e’ piu’ facile sfondare con il calcio piuttosto che con la letteratura.

  29. Voglio dire che il numero dei calciatori ricchi e famosi supera enormemente quello degli scrittori altrettanto ricchi e famosi.

  30. ll calcio è una metafora della vita, sentenzia Jean-Paul Sartre. La vita è una metafora del calcio, corregge il filosofo Sergio Givone. Di certo, calcio e letteratura vanno a braccetto, in una simbiosi ormai consolidata. 

    Eugenio Montale si occupò di calcio, ipotizzando un campionato senza reti: «Sogno che un giorno nessuno farà più gol in tutto il mondo». 

  31. Un caso rilevante è quello di Giacomo Leopardi, con la sua canzone “A un vincitore nel pallone”, datata 1821. Leopardi, in questa canzone in cinque strofe, si riferisce a un ben preciso personaggio, il giovane Carlo Didini di Treia, e lo acclama come campione, elogiandolo per l’energia espressa nell’azione sportiva. Dietro questa profonda ammirazione si cela anzitutto una punta di invidia per una vigoria di corpo che il poeta non possedette mai. Ma, cosa ben più importante, si intravede la visione leopardiana della vita, che va presa come un gioco, come il calcio quindi, e come tale va giocata, cercando quindi di passare dall’ignavia all’azione; e non è necessario stare attenti allo scopo dell’azione, purché azione sia. Infatti “nostra vita a che val? Solo a spregiarla” è momento conclusivo della composizione. E allora Leopardi, oltre a elogiare il ragazzo, lo incita a continuare così e, anzi, a fare ancora di più, per non cadere nel suo stesso errore, del quale si è accorto troppo tardi per poter porvi rimedio. 

  32. Più aderenti al tema calcistico sono le “5 poesie sul gioco del calcio” di Umberto Saba, che si avvicina al calcio casualmente, entra la prima volta allo stadio solo per accompagnarvi la figlia desiderosa di vedere la squadra di casa, la Triestina. Fino a quel momento il poeta non aveva mai dato molto peso al calcio, anzi tutti quei tifosi che deliravano o si disperavano seguendo le evoluzioni di una sfera di cuoio lo irritavano; non riusciva a capirne il senso; ma da quel giorno per lui tutto cambiò, dentro quello stadio Saba si sentì perduto, avvolto dal calore della folla.

  33. Quel primo incontro col calcio è narrato in Squadra paesana; il poeta era ormai rapito da quello spettacolo che gli permetteva, fra l’altro, di riconoscersi nella massa, bisogno da lui sempre inseguito, e continuò a scrivere liriche sull’argomento, prendendo spunto ogni volta da alcuni momenti che lo avevano colpito maggiormente; così, mentre nella prima composizione aveva espresso lo stupore personale, nella seconda, Tre momenti, descrive la gioia e la felicità dei tifosi, la cui brevità è compensata dall’immensità, e inoltre gli istanti che precedono il fischio d’inizio e il comportamento del portiere, che si rilassa quando i suoi compagni hanno il controllo del gioco, ma che diventa guardingo appena lo perdono. Ancora il comportamento dei tifosi è il tema della Tredicesima partita scritta in occasione di uno incontro disputato a Padova del quale il poeta fu spettatore insieme a sua figlia. Dopo aver capito che la coppia, nonostante non parli il dialetto locale, tifa per la squadra di casa, i tifosi con un atto di galanteria regalano un mazzetto di fiori alla ragazza (il clima non era quello di oggi, non si lanciavano motorini giù dalle gradinate…); Saba per ringraziarli dedica loro quella poesia, nonostante non fossero tifosi della sua Triestina, facendo leva sul sentimento di unità che lega gli spettatori. Emblematico è invece il quarto capitolo della raccolta: è l’unico momento in cui Saba mostra una sorta di disprezzo per il calcio, anzi, piuttosto per i calciatori, che “odiosi di tanto eran superbi passavan là sotto” e “tutto vedevano, e non quegli acerbi”; gli acerbi sarebbero i ragazzini e, infatti, specialmente a loro è dedicata la poesia Fanciulli allo stadio, perché nelle loro speranze, puntualmente deluse, Saba crede di rivivere la propria infanzia. Infine c’è Goal, probabilmente la più famosa fra queste poesie di Saba a soggetto calcistico. Tema di questa lirica sono i sentimenti contrastanti dei due portieri nel momento di un goal, appunto: il vinto, che si dispera e “contro terra cela la faccia”, come a voler scomparire, e l’altro, che, obbligato a rimanere nei pali, lascia libera di vagare almeno la sua anima, alla ricerca della felicità insieme ai suoi compagni.

  34. In un suo saggio pubblicato dal quotidiano Liberazione con il titolo “La filosofia politica del pallonetto”, Darwin Pastorin scrive tra l’altro: 

    «[…] Per Thomas Stearnes Eliot “il calcio è un elemento fondamentale della cultura contemporanea”. Per me, che arrivo dal Sudamerica, dal Brasile, il pallone rappresenta un’utopia, un riscatto, una opposizione al potere. Basta leggere Eduardo Galeano: “Per quanto i tecnocrati lo programmino perfino nei minimi dettagli, per quanto i potenti lo manipolino, il calcio continua a voler essere l’arte dell’imprevisto”. 
    Da bambino, orgoglioso figli di emigranti veronesi, al quartiere Cambuci di San Paolo del Brasile, giocavo a calcio con i miei coetanei, mulatti ebrei giapponesi polacchi. E quella palla di stracci e speranza rappresentava la nostra lingua in comune. Il nostro modo per stare insieme, per sognare, per capire e farci capire. Già, che tempi. Quando eravamo noi “gli altri”.
    Il calcio è tuttora in grado di opporsi al pallone geneticamente modificato, di riportare l’uomo al centro del football, eludendo schemi, strategie, marketing. Il calcio dei funamboli, dei poeti estremi del prato verde, di una rinnovata immaginazione al potere. Il calcio del dribbling, del pallonetto. Ha detto Adriano Sofri: “Se avessi il materiale disponibile, e mi sentissi all’altezza, proverei a scrivere una storia del mondo sotto la specie del pallonetto”. Mi pare che questa idea del pallonetto sia la più promettente idea post-moderna, per tutte le strategie compresa la strategia politica.

    […] Il calcio, dunque, come movimento letterario e politico, come momento di rifiuto della normalità, del conformismo. E penso all’idolo della mia infanzia, l’ala destra brasiliana Mané Garrincha, citata dal presidente Lula come suo modello di riferimento sociale e culturale. Garrincha, l’analfabeta soprannominato “allegria della gente”, l’angelo dalle gambe storte, venne così descritto dal grande poeta Carlos Drummond De Andrade: “Fu un povero e semplice mortale che aiutò un paese intero a sublimare le sue tristezze. La cosa peggiore è che le tristezze ritornano e non c’è un altro Garrincha disponibile. Ne occorre un altro che continui ad alimentarci il sogno”. 

    Ma la sintesi di questo mio intervento può essere racchiuso nella frase-manifesto dello scrittore Edilberto Coutinho: “Perché lo scrittore scrive sempre delle sue passioni. E l’uso che in certi casi le dittature fanno del calcio non invalida il gioco, la forza magica della sua bellezza e della sua emozione. Che continuano a prevalere. Perché il calcio, come la letteratura, se ben praticato, è forza di popolo. I dittatori passano. Passeranno sempre. Ma un gol di Garrincha è un momento eterno. Non lo dimentica nessuno”».

  35. Nel libro “Calcio. Una religione alla ricerca del suo dio” (edizioni Frassinelli) – un libro scritto in occasione dei Campionati Mondiali di Francia – Manuel Vázquez Montalbán, tra un’osservazione tecnica sul campionato spagnolo e uno sberleffo agli odiati dirigenti, formula preziose osservazioni sul rapporto tra calcio e letteratura:
    «Sono stati soprattutto gli autori latino-americani a trasformare il calcio in una moderna forma di epica. E allo stesso modo in cui Paesi come il Brasile e l’Argentina esportano giocatori in tutto il mondo, l’epica calcistica di autori come Eduardo Galeano e Osvaldo Soriano è stata esportata in tutto il mondo. Questi scrittori hanno saputo presentare il calcio per quello che veramente è, ossia una forma d’arte popolare. In questi autori c’e una naturalezza, una semplicità che manca del tutto negli scrittori europei. Che infatti, nel loro intellettualismo, hanno sempre snobbato il calcio».
    «Il calcio si sta trasformando in una religione sostitutiva di tipo laico, con una sua ritualità, i suoi simboli, le sue cattedrali, le sue sette. Finora il Mondiale di Francia è stato l’evento piú importante in questo processo di globalizzazione del calcio, uno sport che si trasforma in proposta di alienazione collettiva su scala planetaria, fondata sulla contrapposizione tra Nord e Sud del mondo, tra Paesi che importano giocatori e altri che li esportano. Anche se tutto questo, fortunatamente, ha un contrappeso molto positivo nel carattere multirazziale del calcio contemporaneo». [da un’intervista a Avvenire, 2 agosto 1998]

  36. Il ragazzo del video e’ impressionante. E’ talmente bravo che alcune cose sembrano impossibili. Quando l’ho visto palleggiare appeso al lampione, sono scoppiato a ridere.

  37. Comunque, se in campo riesce a rendere il 10 per cento di quanto sa fare col pallone dovrebbe giocare con il Real Madrid o con il Barcellona.

  38. .. certo che calcio e letteratura hanno molto in comune! basti pensare alla pagina bianca e al campo con le sue geometrie…non sembra, dagli spalti dello stadio, di vedere tanti puntini che scrivono lettere? e poi, scusa, ma ci vuole proprio: forza catania. alè-òo, alè-òo….

  39. e poi…ecco perchè calcio e letteratura hanno il comune il sangue caliente….

    «Perché – avverte il brasiliano Edilberto Coutinho – lo scrittore scrive sempre delle sue passioni. E l’uso che in certi casi le dittature fanno del calcio non invalida il gioco, la forza magica della sua bellezza e della sua emozione, che continuano a prevalere. Perché il calcio, come la letteratura, se ben praticato, è forza di popolo. I dittatori passano. Passeranno sempre. Ma un gol di Garrincha è un momento eterno».

  40. e con ciò, scusate – ancora- la retorica finale. Di nuovo, forza catania. e buona notte

  41. Cari amici, grazie mille a tutti voi per i vostri commenti e per i contributi che avete fatto pervenire.
    Come ho scritto in premessa, questo un “post del mese”… dunque rimarrà in primo piano per tanti giorni.

  42. Grazie mille a Di Stefano, per i libri segnalati.
    In effetti di libri sul calcio ce ne sono davvero a decine. Potrebbe essere interessante costruire una sorta di data base sui libri in questione.
    Vedremo!
    Intanto, grazie!

  43. Come contributo alla discussione inserisco qualche passaggio di un articolo pubblicato su Repubblica qualche giorno fa, intitolato: “2012, la fuga dei tifosi. La “fede” è finita”
    (li riporto di seguito)

  44. La mappa del tifo in Italia sta cambiando in fretta e in modo profondo. Dal punto di vista dell’estensione e dei confini. Lo mostra, con chiarezza, il sondaggio di Demos-Coop presentato oggi nelle pagine di Repubblica.
    L’area dei tifosi, in primo luogo, si è ridotta in misura rilevante. Oggi è circa 3 punti meno del 2011 ma oltre 9 rispetto a due anni fa e addirittura 13 rispetto a tre anni fa. Nel 2010, comunque, oltre un italiano su due si diceva tifoso di calcio. Oggi poco più di quattro su dieci. Peraltro, l’unica componente del tifo cresciuta, seppur di poco, è quella più “tiepida”. La “passione italiana” per il calcio, dunque, sembra si stia raffreddando sensibilmente. Ormai da alcuni anni. E oggi non coinvolge più la maggioranza delle persone. Le partite di pallone attraggono ancora un’ampia fetta di persone. Una larga minoranza. Ma, appunto, una “minoranza”. Questo mutamento è stato prodotto e accelerato, in gran parte, dagli scandali che, da anni, corrodono l’ambiente. In modo ripetuto. Senza soluzione di continuità. Ieri Calciopoli, oggi le Scommesse. Domani chissà. Gli scandali, in Italia, non finiscono mai. E non si chiudono mai. Da ciò il clima di incredulità diffusa. In altri termini: gli italiani e gli stessi tifosi, in gran parte, non credono al calcio. Troppo condizionato da interessi (per l’84%). Lo scandalo scommesse: quasi un tifoso su due ritiene si tratti di un caso di giustizia sportiva che non si è risolto in modo giusto. Gli errori arbitrali: al 53% dei tifosi (circa 8 punti più di un anno fa) capita di pensare che avvengano in malafede.

  45. E si pensa, per questo, a introdurre novità tecnologiche, come la moviola in campo. Tuttavia, dubitiamo che basterebbe. Anche l’introduzione degli arbitri di porta non ha risolto il problema. Il fatto è che il calcio soffre di una crisi di fiducia – o di sfiducia. Agli occhi degli italiani e degli stessi tifosi. E se ieri nonostante tutto, nonostante i sospetti e le polemiche, il “tifo” resisteva, oggi non è più così. La sfiducia ha cominciato a erodere
    alla base l’edificio della passione per il calcio. Reso più fragile anche dalla crisi economica, che ha ridimensionato la “capacità di spesa” delle società. Comprese quelle tradizionalmente più importanti. L’appeal del nostro campionato si è, così, ridotto. Per oltre 6 tifosi su 10 è divenuto meno interessante di altri.

  46. Non è un caso che, mentre l’ampiezza del tifo “per” una squadra si è ridotto sensibilmente, quella del tifo “contro” si sia, invece, allargata. Tocca quasi il 56% dei tifosi: 5 punti più di un anno fa e 14 rispetto a due anni fa.

  47. Non ne capisco nulla di calcio, ma sono rimasta incantata dal video del ragazzo col pallone. Davvero bravo!

  48. C’è anche un altro aspetto che accomuna calcio e letteratura.
    La libertà.
    La pagina è il campo della libertà, così come lo è la partita. Un riscatto, una librazione (sia per il pubblico che per il giocatore), un improvviso sfogo che – tuttavia – si gioca dentro regole.
    Un bel modo per distinguere libertà e arbitrio.
    Che ne pensa, Franz?

  49. Caro Franz,

    credo che un aspetto di unione tra calcio e letteratura sia anche la capacità di far sentire un individuo parte della collettività, il dono di saper spogliare dell’identità e della coscienza il tifoso (e il lettore) per integrarlo nella sacra atmosfera della partita (e del libro) …
    Non crede?

  50. Bel dibattito e bravissimo il ragazzo del Sacro Cuore!
    La sua bravura rientra in una componente del calcio che lo avvicina alla letetratura: la creazione del mito, del ricordo, della memoria ossessiva.
    Una memoria ossessiva è forse, più creativa di quella di una persona normale; non nel senso che noi inventiamo cose, ma nel senso che abbiamo una capacità cinematografica e barocca di ricordare, piena di innovazioni come i salti di montaggio e lo split-screen.
    C’è quindi nel ricordo delle azioni calcistiche una componente fantasiosa e letteraria, che le avvolge di incanto,di poesia, di nostalgia.
    Non crede anche lei, signor Krauspenhaar?

  51. Esimio dott. Maugeri
    a questo punto mi permetterà una divagazione sui rapporti tra sport e letteratura che sono antichi assai.

  52. ……Nell’età carolingia, per es., la cavalleria è uno sport e si consolida come istituzione a carattere universale, in quanto milizia e in quanto costume; il combattimento con la spada o la sciabola si trasmette alla letteratura cavalleresca come elemento costitutivo di un codice ideale e morale. Nell’età rinascimentale, la tecnica e l’arte della scherma raggiungono un notevole sviluppo, sorgono ‘scuole’ e si codificano tecniche: il Flos duellatorum (1410) è il primo codice schermistico italiano, poi seguito, nei secoli, da un ampio repertorio di trattati. Tra gli scritti più significativi di questo genere vanno menzionati l’Opera nova chiamata duello di Achille Marozzo (1536), il Trattato di scientia d’arme (1553) di Camillo Agrippa, la Scherma illustrata (1670) di Nicoletto Giganti e il Trattato di scherma (1847) di Alberto Marchionni. Nel Medio Evo e nel Rinascimento le giostre, i tornei, le corse, le cacce al toro sono forme di vita sociale e mondana, passatempi giocosi dei nobili o del popolo ricchi anche di elementi pittoreschi, come testimoniano le odierne manifestazioni rievocative del Palio di Siena, della Giostra del Saracino, delle regate di Venezia, del Calcio fiorentino, gioco di squadra diffusosi al tempo dei Medici (Bardi 1580).

  53. Ancora sul finire del Cinquecento il culto della spada è di rigore e sono ‘spadisti’ valenti artisti come Caravaggio, Salvator Rosa, Benvenuto Cellini. L’esercizio fisico non è solo inteso come addestramento alla combattività ma anche come ‘arte’ ovvero attività umana basata sull’abilità individuale potenziata dallo studio, dall’esperienza e dalle conoscenze tecniche: concezione che si riflette nel trattato di Girolamo Mercuriale De arte gymnastica (1569) o ne L’arte del cavallo (1696) di Nicola e Luigi Santapaulina. Questi concetti si trasmettono alla letteratura e all’arte coeve, con forme e linguaggi diversi e con diverse finalità creative e artistiche.

  54. …ma per tornare all’oggi …. l’episodio della partita di rugby cui partecipa, nel fangoso campo del college irlandese, Stephen Dedalus, in apertura del celebre romanzo di James Joyce, Portrait of the artist as a young man (pubblicato nel 1916, ma elaborato tra il 1904 e il 1914), è sintomatico del rapporto tra calcio e letteratura.
    Da un punto di vista storico, inoltre, esso rivela che il gioco del rugby si praticava nei college già fin dalla metà dell’Ottocento e, ai fini del ritratto (e insieme autoritratto) dell’artista da giovane, riesce a esprimere la percezione da parte del protagonista della personale inadeguatezza rispetto alla combattività dei coetanei. L’episodio è un tassello significativo: la debolezza fisica e agonistica di Dedalus è spia di un carattere precipuo della sua personalità, se pur ancora allo stadio giovanile, segno della sua precoce ‘diversità’ rispetto ai compagni.

  55. dunque, e in conclusione, v’è da rammentare che lo sport è espressione non solo del corpo ma dello spirito dell’uomo, della sua volontà, della sua straordinaria versatilità.
    Come la letteratura.
    Mi abbia suo: portiere, terzino, o ala…che importa
    Professor Emilio

  56. caro antonio, sono d’accordo. nel mio libro parlo anche di questo, di questa libertà entro regole. caro luciano, certo, l’individuo nel calcio non è solo, si specchia in una collettività, si fa forza.

    caro raffaele, non ho capito quello che vuole dirmi. mi perdoni.

  57. Ho trovato questo frammento di intervista!
    “Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare? ”
    “Un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l’eros, per me il football è uno dei grandi piaceri”.
    Enzo Biagi intervista Pier Paolo Pasolini,
    «La Stampa», 4 gennaio 1973

  58. Carissimo Franz, mi perdoni se non sono stato molto chiaro!
    Volevo dire che quando ricordiamo un evento calcistico e poi lo raccontiamo, lo arricchiamo dell’emozione,delle nostre sensazioni, delusioni, palpitazioni.
    In fondo, scriviamo, e quella memoria si fa mitica, oggetto di affetto, di commemorazione.
    Ecco, la memoria di alcuni eventi sportivi è come una memoria letteraria, che elabora, seleziona, emoziona.
    Lo pensa anche lei?
    Mi scusi ancora e complimenti di cuore per il suo splendido talento.

  59. In punta di piedi mi permetto di segnalarvi anche “Storie esemplari di piccoli eroi”. E’ un libro di Cesare Fiumi, penna sportiva del Corriere della Sera. Come recita il sottotitolo si tratta di un viaggio nello sport dell’Italia di ieri, racconti epici da un tempo scaduto. La storia più antica è del 1912, la più recente è del 1951. I protagonisti, che si raccontano in prima persona, non sono solo calciatori, ma anche ciclisti, motociclisti e duecentometristi. Tra i protagonisti posso provare a stendere una formazione che funzioni (cercando di far si che funzioni anche col contrappunto da campanone dei cognomi tronchi): Buffon, Ferrario, Lodetti, Tagnin, Lorenzi, Meroni, Da Rin, Balmamion, Pivatelli, Blason e Pascutti.
    Grazie dell’attenzione.
    Giovanni

  60. una chicca.
    Vittorio Sereni presagì in tempi non sospetti gli odierni veleni tra l’Inter (di cui era tifoso) e la Juventus con questa poesia:

    Il verde è sommerso in neroazzurri.
    Ma le zebre venute di Piemonte
    sormontano riscosse a un hallalì
    squillato dietro barriere di folla…

  61. 1. Avete visto il video? Cosa ne pensate di questo giovane giocoliere del pallone che ho ribattezzato come il “Pelè del Sacro Cuore”?

    2. Cosa ne pensate del gioco del calcio? Conserva ancora il suo fascino originario? Finirà con l’essere distrutto, soggiogato, dagli scandali legati alle scommesse, dal business, dallo strapotere delle paytv? Oppure riuscirà, in un modo o nell’altro, a salvaguardarsi e a mantenere integra la propria natura?

    3. Perché in Europa e in Sud America il calcio è riuscito ad “attecchire” più di altri sport?

    4. C’è una componente artistica nel gioco del calcio, oppure è solo una competizione sportiva?

    5. Calcio e letteratura hanno qualcosa in comune?

    6. Qual è lo sport che, più di altri, può avere similitudini con la letteratura?

    7. Classica domanda calcistica: ”meglio” Pelé o Maradona?

    8. E Messi? A quale dei due campioni si avvicina di più? Considerata la ancora giovane età, Messi potrà mai raggiungere o superare Pelé e Maradona? (Be’, magari secondo qualcuno di voi lo ha già fatto…)

  62. @ Franz Krauspenhaar
    Caro Franz, una domanda che pongo molto spesso alle amiche scrittrici e agli amici scrittori che incrocio, è di raccontarci qualcosa sulla genesi dei loro libri.
    Così, anche in questa circostanza, ti chiedo: come è nato “La passione del calcio”?

  63. raffaele, grazie infnite a lei, sottoscrivo tutto, la scrittura riavvolge il nastro della memoria e lo fa diventare altro, trasforma i ricordi in mitizzazioni senza inventare nulla, semmai dipingendo, e sappiamo bene che la pittura ritrae ma trasfigura anche. la letteratura e la pittura sono sempre ammalate dello stesso cancro benigno, sempre sono avvinte in un abbraccio. un carissimo saluto a lei.

    carissimo massimo, questo libro è nato nell’estate del 2010, spontaneamente, subito dopo la fine dei mondiali del sudafrica. lo covavo da decenni, si può dire, è maturato dentro di me insieme all’amore che in alcuni tratti si è mescolato all’odio per questo sport così speciale. e alla fine dei mondiali più deprimenti della storia è fiorito appunto spontaneamente, come una specie di escrescenza, una reazione quasi di rabbia per una passione che vacillava e tuttora vacilla. il libro racconta l’anatomia di una passione, i cambiamenti che sono quelli di un amore vero e proprio; parlo di me, del mio caso particolare, perchè è quello che conosco meglio, ma l’intento è quello di rendere partecipi tutti, perchè tante cose ci uniscono, rendono universale un forte sentimento. dunque alla fine di una prolungata emozione calcistica, quella dei mondiali, ho scritto velocemente, come in una seduta psicanalitica, questo libro, che è anche “romanzo autobiografico di frammenti” su un solo tema. un tema, quello del calcio, che però è avvolgente e onnicomprensivo come pochi, perchè raggruppa le passioni, i sentimenti neri e bianchi, la rabbia cieca, l’amore, le epoche, i personaggi non solo sportivi, il costume, la politica, insomma tutto. attraverso il calcio racconto il mondo soprattutto italiano dagli anni 60 (periodo che mi vede nascere e cominciare ad assaggiare il calcio – il primo ricordo è quello di sivori con la maglia della juventus) ad oggi. il libro non aveva un percorso preordinato, mi è piaciuto mettere in relazione il passato dei ricordi e delle grandi suggestioni col presente dei mondiali, raccontati nell’immediatezza del presente, come in un documentario proiettato in diretta.

  64. Massimo, che acrobata il ragazzo del video! Meglio di Pelè.
    Mi ha fatto venire il desiderio di ricimentarmi col calcio, anche se l’età mi bloccherà prima del calcio d’inizio.
    Ho amato, e amo, il calcio perché è gioco che – specie per chi lo pratica – unisce (dovrebbe unire, meglio) più persone, esaltandone la collaborazione e perfino l’empatia per raggiungere un unico scopo.
    E’ gioco e nello stesso tempo arte là dove – come la letteratura – mira alla costruzione di una trama o di una strategia che colpiscano nel segno, in profondità.
    Il professor Emilio ne ha dato una dimostrazione dotta e perfetta.
    Qualche altro sport che abbia, più di altri, similitudini con la letterratura?
    Mi viene in mente l’atletica, dato che l’ho praticata. In modo particolare il salto in alto: l’atleta è solo dinanzi a all’asta bianca. Solo. Solo come uno scrittore dinanzi a un foglio (o a uno schermo) bianco.
    Cordialmente, A. B.

  65. Mi fa piacere che Franz Krauspenhaar abbia citato Sivori. Uno dei più grandi, a mio avviso. Un po’ troppo dimenticato, forse.

  66. Mi piace il parallelismo di Ausilio Bertoli su salto con l’asta e scrittore davanti al foglio bianco.

  67. Il ragazzo del video è un genio del pallone! Sembra sfidare , con successo, le leggi della fisica.

  68. Meglio Pelé. Come calciatore e come uomo.
    Messi è ancora giovane, può superare sia Pelé che Maradona.

  69. Mamma mia, quanto e’ bravo ‘sto ragazzo! Mi piace il nome di Pelé del Sacro cuore. Chissà se giocare a palla e’ il suo mestiere.
    Secondo me dovrebbe lavorare in un circo o qualcosa del genere.

  70. arrivato tardissimo, timidamente, volevo annoverare per puro intento statistico, consapevole della dimensione ludica che lo ha ispirato anche il nostro ebook LA PRIMA ANTOLOGIA DEL CALCIO ASTRALE, (con prefaz. di Enrico Vaime, e racconti, fra l’altro, di Franz Krauspenaar). Senza social DRM, su cletusproduction.it .

  71. Pier Paolo Pasolini, che è stato una fantasiosa ala destra, si spinge addirittura oltre ciò che hanno dichiarato gli altri scrittori sopra citati:

    «Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro».

  72. Per la sua passione calcistica illimitata Pasolini assimila in modo alquanto originale il calcio a un vero e proprio linguaggio, coi suoi poeti e prosatori, e definisce il football un sistema di segni, cioè un linguaggio, che ha tutte le caratteristiche fondamentali di quello scritto-parlato:
    «[…] Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio. Esso ha tutte le caratteristiche fondamentali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato.
    Infatti le “parole” del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato. Ora, come si formano queste ultime? Esse si formano attraverso la cosiddetta “doppia articolazione” ossia attraverso le infinite combinazioni dei “fonemi”: che sono, in italiano, le 21 lettere dell’alfabeto.

    I “fonemi” sono dunque le “unità minime” della lingua scritto-parlata. Vogliamo divertirci a definire l’unità minima della lingua del calcio? Ecco: “Un uomo che usa i piedi per calciare un pallone è tale unità minima: tale “podema” (se vogliamo continuare a divertirci). Le infinite possibilità di combinazione dei “podemi” formano le “parole calcistiche”: e l’insieme delle “parole calcistiche” forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche.

    I “podemi” sono ventidue (circa, dunque, come i fonemi): le “parole calcistiche” sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combinazione dei “podemi” (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella “partita”, che è un vero e proprio discorso drammatico.

    I cifratori di questo linguaggio sono i giocatori, noi, sugli spalti, siamo i decifratori: in comune dunque possediamo un codice.
    (continua)

  73. Chi non conosce il codice del calcio non capisce il “significato” delle sue parole (i passaggi) né il senso del suo discorso (un insieme di passaggi).

    Non sono né Roland Barthes né Greimas, ma da dilettante, se volessi, potrei scrivere un saggio ben più convincente di questo accenno, sulla “lingua del calcio”. Penso, inoltre, che si potrebbe anche scrivere un bel saggio intitolato Propp applicato al calcio: perché, naturalmente, come ogni lingua, il calcio ha il suo momento puramente “strumentale” rigidamente e astrattamente regolato dal codice, e il suo momento “espressivo”.

    Ho detto infatti qui sopra come ogni lingua si articoli in varie sottolingue, in possesso ciascuna di un sottocodice.

    Ebbene, anche per la lingua del calcio si possono fare distinzioni del genere: anche il calcio possiede dei sottocodici, dal momento in cui, da puramente strumentale, diventa espressivo.

    Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico.

    Per spiegarmi, darò – anticipando le conclusioni – alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un “prosatore realista”; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un “poeta realista”.

    Corso gioca un calcio in poesia, ma non è un “poeta realista”: è un poeta un po’ maudit, extravagante.

    Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua è una prosa poetica, da “elzeviro”. Anche Mazzola è un elzevirista, che potrebbe scrivere sul “Corriere della Sera”: ma è più poeta di Rivera; ogni tanto egli interrompe la prosa, e inventa lì per lì due versi folgoranti.
    (continua)

  74. Si noti bene che tra la prosa e la poesia non faccio distinzione di valore; la mia è una distinzione puramente tecnica.

    Tuttavia intendiamoci: la letteratura italiana, specie recente, è la letteratura degli “elzeviri”: essi sono eleganti e al limite estetizzanti: il loro fondo è quasi sempre conservatore e un po’ provinciale… insomma, democristiano. Fra tutti i linguaggi che si parlano in un Paese, anche i più gergali e ostici, c’è un terreno comune: che è la “cultura” di quel Paese: la sua attualità storica.

    Così, proprio per ragioni di cultura e di storia, il calcio di alcuni popoli è fondamentalmente in prosa: prosa realistica o prosa estetizzante (quest’ultimo è il caso dell’Italia): mentre il calcio di altri popoli è fondamentalmente in poesia.

    Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del “goal”. Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno. In questo momento lo è Savoldi. Il calcio che esprime più goals è il calcio più poetico.

    Anche il “dribbling” è di per sé poetico (anche se non “sempre” come l’azione del goal). Infatti il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai. E un sogno (che ho visto realizzato solo nei Maghi del pallone da Franco Franchi, che, sia pure a livello brado, è riuscito a essere perfettamente onirico).

    Chi sono i migliori “dribblatori” del mondo e i migliori facitori di goals? I brasiliani. Dunque il loro calcio è un calcio di poesia: ed esso è infatti tutto impostato sul dribbling e sul goal.
    (continua)

  75. Il catenaccio e la triangolazione (che Brera chiama geometria) è un calcio di prosa: esso è infatti basato sulla sintassi, ossia sul gioco collettivo e organizzato: cioè sull’esecuzione ragionata del codice. Il suo solo momento poetico è il contropiede, con l’annesso “goal” (che, come abbiamo visto, non può che essere poetico). Insomma, il momento poetico del calcio sembra essere (come sempre) il momento individualistico (dribbling e goal; o passaggio ispirato).

    Il calcio in prosa è quello del cosiddetto sistema (il calcio europeo): il suo schema è il seguente:

    il “goal”, in questo schema, è affidato alla “conclusione”, possibilmente di un “poeta realistico” come Riva, ma deve derivare da una organizzazione di gioco collettivo, fondato da una serie di passaggi “geometrici” eseguiti secondo le regole del codice (Rivera in questo è perfetto: a Brera non piace perché si tratta di una perfezione un po’ estetizzante, e non realistica, come nei centrocampisti inglesi o tedeschi).
    (continua)

  76. Il calcio in poesia è quello del calcio latino-americano: il suo schema è il seguente:

    schema che per essere realizzato deve richiedere una capacità mostruosa di dribblare (cosa che in Europa è snobbata in nome della “prosa collettiva”): e il goal può essere inventato da chiunque e da qualunque posizione.

    Se dribbling e goal sono i momenti individualistici-poetici del calcio, ecco quindi che il calcio brasiliano è un calcio di poesia. Senza far distinzione di valore, ma in senso puramente tecnico, in Messico [Olimpiadi 1968] è stata la prosa estetizzante italiana a essere battuta dalla poesia brasiliana.»

    [Pier Paolo Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, Vol. II, Meridiani Mondadori, Milano 1999]

  77. Pier Paolo Pasolini è stato poeta, regista, scrittore, pittore… e calciatore. La sua carriera calcistica non è l’eredità più grande che ci abbia lasciato. Tuttavia il suo amore per il calcio dice abbastanza circa la sua convinzione che la cultura popolare fosse un terreno di lotta politica per dare voce ai diseredati.

    Giocò a calcio dapprima a Casarsa, la sua città natale in Friuli, all’inizio degli anni Quaranta mentre cominciava a scrivere le prime poesie. È qui che diede il meglio di sé come centrocampista per la squadra locale. Come poi nella vita politica, gli anni da calciatore furono turbolenti, non certo privi di controversie, e hanno lasciato alla gente di Casarsa diversi ricordi. [Nella foto qui accanto, la squadra di calcio del Casarsa: Pasolini è il primo a sinistra, in piedi.]

    L’amore di Pasolini per il gioco del calcio e la sua conoscenza tecnica di giocatori, schemi, stili e tattiche sono noti. Lui stesso si dedicò al calcio: ogni occasione era opportuna per praticare il suo gioco preferito, soprattutto sui campetti delle periferie romane e non, negli intervalli di lavorazione dei suoi film o appena aveva tempo disponibile.

    «In Italia c’è un’eredità nobile nel rapporto tra poesia, letteratura e calcio. Penso ad uno come Pasolini. Non c’è niente che spieghi Pasolini quanto il suo modo di giocare a pallone. Io l’ho conosciuto a Roma, a Porta Portese, su un campo il cui fondo era di carbon fossile».
    [Intervista di Lorenzo D’Alò ad Adriano Sofri.]

  78. Sì, concordo con chi ha detto che il calcio possa essere considerato anche “un’arte” e i suoi grandi interpreti quindi (oggi Messi, ieri Pelè, Maradona, Falcao, Platini, Sivori, io aggiungerei anche Baggio – ma anche l’altro ieri Schiaffino, Piola, e chissà quanti altri) “artisti”.
    La prima grande differenza tra calcio e letteratura che mi salta agli occhi è che il grande artista del pallone viene riconosciuto come tale fin da subito, già dal suo esordio spesso è in grado di incantare il proprio pubblico (vedi Messi, ma non solo), diventare rapidamente un idolo delle folle e come tale venire remunerato con remunerazioni da nababbo.
    Ben diversamente accade per la letteratura, dove la reale grandezza spesso viene riconosciuta con grave ritardo, in alcuni casi post-mortem, arricchendo solo gli editori di libri postumi. Nel frattempo i soldi li fanno la Rowling (è il più ricco scrittore vivente) o, da noi, Moccia e scrittori del genere. In molti casi vendendo al cinema o al merhandising diritti vari di sfruttamento di personaggi, trame o semplici marchi.
    E questo mi dà da pensare.

  79. Ma al di là dell’aspetto economico (nel mondo attuale tutto è diventato merce, e il suo valore riconosciuto è legato essenzialmente al denaro che se ne può ricavare) che ha già snaturato in gran parte questo (ed altri) sport, ciò che mi spaventa è il crescente gradimento da parte di un sempre più vasto pubblico che ha portato il calcio a diventare “fenomeno di massa” (proprio grazie al quale il suo interesse economico è diventato enorme, e qui torniamo al suo snaturamento) e come tale in balìa spesso anche di branchi di imbecilli fanatici in grado di condizionarlo (io, simpatizzante – non fatemi mai più usare il termine ormai per me odioso di “tifoso” – genoano, sono ancora disgustato dall’episodio vomitevole di Genoa-Siena dello scorso campionato), pure se di fatto si tratta di rumorose e violente minoranze.
    Qualsiasi idea di “arte” e di “bellezza” scompare di fronte a fatti di questo tipo, o al ricordo di ancora più gravi tragedie come la notte dell’Heysel.
    Il calcio di Pasolini non esiste più da tempo. I suoi “fonemi” sono cambiati. Anche nei campetti di ragazzini oggi si affermano le logiche dell’arrivismo a tutti i costi, della competitività più spinta (ben oltre quella dettata dal puro spirito sportivo), e la poesia è scomparsa del tutto.
    Ancora mi ricordo (erano i primissimi anni 70 ed ero un ragazzino) una partita di cui fui spettatore in un campetto di Roma, privo di un filo d’erba, e sul quale talvolta avevo giocato anche io, a Donna Olimpia. Pasolini giocava all’ala. Il “suo” pubblico, quella gioventù popolare dello stesso quartiere dove aveva ambientato “Accattone” lo fischiava dai piccoli spalti come toccava palla urlandogli “frocio, frocio”. Lui non se ne curava, attento al pallone.
    Lui era il vero poeta, in qualsiasi modo giocasse.

  80. Può essere che in campo quel ragazzo del video scompaia, ma come palleggi le da’ a Pelé, Maradona, Messi e compagnia.

  81. Ciao, non sapevo ci fossero tutti questi collegamenti tra calcio e letteratura. Molto istruttivo. Grazie!!

  82. Vorrei citare un paio di libri riguardanti l’argomento calcio e tifo (v. il mio commento di ieri sera), scritti da due autori inglesi, e abbastanza noti:
    “Febbre a 90′ ” di Nick Honby, che racconta l’amore dello scrittore per la sua squadra (l’Arsenal) ed il suo rapporto con il tifo a Londra in epoca post-hooligans;
    “Questa pazza fede” di Tim Parks, che racconta un anno al seguito dei più scatenati tifosi del Verona, che alla fine, presi e ritratti individualmente, riescono anche a risultare simpatici.
    Interessanti letture per bibliofili-calciofili

  83. Vorrei aggiungere a quanto già detto che il rapporto tra letteratura e calcio si fa particolarmente evidente e sofferto, quando i protagonisti diventano i medesimi calciatori…

  84. Ci sono stati infatti calciatori che hanno identificato – come mai nessun personaggio letterario – la solitudine, la povertà squarciata dal successo in campo, l’isolamento sconfitto da un applauso…

  85. Garrincha in realtà si chiamava Manoel Francisco dos Santos.
    Non era un atleta con un futuro, non aveva da esibire una preparazione impeccabile nè un corpo senza imperfezioni….
    Al contrario, fu afflitto da diversi difetti congeniti: un leggero strabismo, la spina dorsale deformata, uno sbilanciamento del bacino, sei centimetri di differenza in lunghezza tra le gambe..

  86. Non somigliava affatto agli atleti di oggi costruiti in palestra, dolorosamente tentati dalle droghe, affetti dalla ossessione della perfezione fisica e della bellezza.
    I medici lo dichiararono invalido e gli sconsigliarono di praticare il calcio.

  87. Il soprannome “Garrincha” gli fu attribuito da una sorella perché il suo aspetto minuto le ricordava quello di un volatile che egli era solito cacciare da bambino.
    Ma quando Garrincha cominciò a praticare il calcio il soprannome mutò accezione, ben attagliandosi alla particolare andatura dovuta all’handicap fisico simile a quella di un uccellino che saltella. Fu anche noto come L’angelo dalle gambe storte, Il Chaplin del calcio e Alegria do Povo (Gioia del Popolo)

  88. La sua vita divenne esemplificativa della forza morale che sconfigge le previsioni, dell’isolamento che viene superato grazie al coraggio, della malattia superata dalla forza di volontà.

  89. Una vicenda così forte non poteva non essere colta da un poeta e da uno scrittore come Galeano, che lo cantò cogliendone i saltelli da animaletto sghembo e maldestro, ma tenace e malinconico.

  90. “Se era in forma, il campo si trasformava in un circo, la palla diventava un animale obbediente e il gioco un invito alla festa. Garrincha proteggeva il suo cucciolo, la palla, e insieme inventavano trucchi incredibili che mandavano in estasi gli spettatori. Lui la saltava e lei rimbalzava sopra di lui. Poi si nascondeva prima che lui scappasse, per poi ritrovarla che correva già davanti a lui. Nella corsa i suoi inseguitori si scontravano tra di loro nel tentativo di fermarlo”.
    Eduardo Galeano (Splendori e miserie del gioco del calcio)

  91. @ Carloesse
    Carissimo Carlo, che bello ritrovarti!
    Per te simpatizzante genoano (residente a Roma) stasera è andata bene, dato che il Genoa ha battuto la Lazio in trasferta. 😉
    Grazie anche per i libri e gli autori che ci segnali.

  92. Caro Massimo, buongiorno a te ed a tutt*.
    Anche se con ritardo sono felice di poter partecipare a un dibattito così interessante, pur non essendo una grande intenditrice di calcio.
    Veniamo alle domande ed alle conseguenti risposte.

  93. 1. Avete visto il video? Cosa ne pensate di questo giovane giocoliere del pallone che ho ribattezzato come il “Pelè del Sacro Cuore”?

    Mi sembra davvero fenomenale. C’è da rimanere impressionati. Immagino che vederlo dal vivo sia ancora più impressionante. Bravissimo, questo Pelé del Sacro Cuore.

  94. 2. Cosa ne pensate del gioco del calcio? Conserva ancora il suo fascino originario? Finirà con l’essere distrutto, soggiogato, dagli scandali legati alle scommesse, dal business, dallo strapotere delle paytv? Oppure riuscirà, in un modo o nell’altro, a salvaguardarsi e a mantenere integra la propria natura?

    Io penso di sì. Che in parte conservi ancora il suo fascino. Del resto se parliamo dello sport del calcio, non dobbiamo pensare solo alle squadre che giocano nei massimi campionati, ma anche alle squadre di quartiere, a quelle dilettantistiche, ecc.

    Rispetto a queste ultime, nulla è cambiato.

  95. 3. Perché in Europa e in Sud America il calcio è riuscito ad “attecchire”  più di altri sport?

    Non lo so, forse perché è un gioco istintivo. Se vedi una palla per terra, ti viene di istinto prenderla a calci. Non so, piuttosto, perché altrove abbia attecchito un po’ meno.

  96. 4. C’è una componente artistica nel gioco del calcio, oppure è solo una competizione sportiva?

    Quel ragazzo del video è senz’altro un artista, così come lo sono coloro che hanno regalato pagine memorabili della storia del calcio. Alcune di quelle rimangono impresse nella memoria anche di chi, come me, non è particolarmente vicina al mondo del calcio.

  97. 5. Calcio e letteratura hanno qualcosa in comune?

    Il finale. In un buon libro e in una bella partita, il finale non è mai scontato.

  98. 6. Qual è lo sport che, più di altri, può avere similitudini con la letteratura?

    Forse l’atletica, come già è stato fatto osservare.

  99. 7. Classica domanda calcistica:  ”meglio” Pelé o Maradona?

    Ho visto giocare in Tv Maradona, non Pelé. Perciò propendo per il primo.

  100. 8. E Messi? A quale dei due campioni si avvicina di più? Considerata la ancora giovane età, Messi potrà mai raggiungere o superare Pelé e Maradona? (Be’, magari secondo qualcuno di voi lo ha già fatto…)

    Non conosco Messi. In quale squadra gioca? E’ davvero così bravo da essere paragonato a quegli altri due?

  101. Non posso dire niente, di pelè, der pelè der sacro cuore, di maradona, di messi perchè di calcio, in senso tecnico sportivo non mi importa una cippa, non lo conosco e non posso dare pareri. Ne sono affascinata ma non salto lo steccato.
    Però mi piace un sacco la letteratura che parla di calcio, perchè il calcio è trasversale, umano e collettivo ed è grande occasione di trame. Non lo vedo molto congruo come metafora dell’arte perchè lo sento troppo collettivo, troppo di squadra mentre ho un’accezione della composizione molto singolare e individualista – e l’arte per me è roba di cappa e spada. Ma come oggetto mi ha regalato cose amabili e belle – l’inarrivabile Soriano, di pensare con i piedi e il grandissimo Brizzi dell’inattesa piega degli eventi.
    saluto tutti che era tanto che non passavo di qui:) ciao Massimo – mi scuso se ho detto cose dette da altri nei loro commenti, che non posso leggere ora:)

  102. Non sono qualificata neanch’io a scrivere di calcio, dato che sono incompetente in materia, ma vedere il video mi ha fatto pensare a una grande verità: gli esseri umani sono dotati di intelligenze differenti, come quella musicale, quella matematica e così via… qui si tratta di intelligenza motoria e i bambini e ragazzi che ne sono particolarmente dotati amano apprendere tramite il movimento. Per loro una scuola troppo “seduta” non va affatto bene.
    Ho pensato alla gioia che dà vedere un giocoliere all’opera, un equilibrista, che in fondo sono artisti del movimento.
    Il calcio come opera d’arte? Magari l’arte medievale, molto più collettiva di quella romantica individuale individualista soggettiva.
    Però vedo il calcio soprattutto come una bella metafora della vita: la vittoria, la sconfitta, il sudore e le lacrime. Il fatto che non si vince né si perde da soli. Che quel campo è l’esistenza, con le sue regole, i falli, le punizioni, le espulsioni.
    La letteratura legata al calcio? Ricordo il romanzo di Turi Scalia, per citare un romanzo che narra di calciatori, di sconfitte e delusioni.
    Spero davvero che dopo la sbornia del calcio gonfiato, dopato, venduto, si torni a vederlo per quello che è: un gioco.
    Che può essere educativo per insegnare ai ragazzi il rispetto delle regole, il sentimento di solidarietà nei confronti dei compagni, il fair play.

  103. essendo uno dei picador assoldati da Carlo D’Amicis provo anch’io a rispondere alle tue domande. 1. il ragazzo è bravo, ma nel calcio ci sono molti fattori tra cui il saper dare del tu al pallone è solo una delle componenti essenziali. Ho conosciuto fenomeni in allenamento che in partita non toccavano palla. 2. il calcio resta un ambito dove se sbagli uno stop e poi ne sbagli un altro finisci in terza categoria invece ci sono scrittori che non azzeccano un libro in vita loro eppure sono osannati dalla critica. 3. una volta in Italia c’era il ciclismo, ma recuperare un baratolo per fare due tiri è più semplice. 4. c’è il talento e il talento presuppone un’arte qualunque essa sia. 5. no perché il calcio è uno sport collettivo e anche il solista senza gregari non va da nessuna parte. 6. lo scrittore è solo perciò sono d’accordo con Hemingway che vede un legame tra la letteratura e il pugilato. 7. ti rispondo come rispondeva mio padre… bravissimi tutt’e due, ma Schiaffino era un’altra cosa. 8. Messi è un fenomeno e i fenomeni trovano un posto tutto loro al sole e lui sta diventando uno da prendere a paragone perciò in futuro si dirà ma tizio può essere paragonato a Messi?

  104. Concordo con l’intervento di Cosimo Argentina, che saluto con particolare piacere anche perché sono un suo fedele lettore.

  105. Tempo fa ho ricordato un funambolo del calcio degli anni ’60, Gigi Meroni, stella del Torino che morì precocemente a soli 24anni, investito per ironia della sorte da un suo fan, Tilli Romero, che trentacinque anni dopo sarebbe diventato Presidente del Toro per espiare una colpa. Gigi Meroni era soprannominato “Calimero”, ed era il calciatore italiano beat e anticonformista per eccellenza, ricordava George Best… Nando Dalla Chiesa gli ha dedicato un libro bellissimo, “La Farfalla granata” (edizioni Limina). Il calcio può diventare epico se i suoi “interpreti” si chiamano appunto Meroni, Maradona, Rivera, Cruyff, Baggio, Paolo Rossi…in parole povere si tratta di giocatori con anima, che ci mettono il cuore (come il mediano Oriali nella struggente canzone di Ligabue).

  106. Il calcio ha un’anima, come la letteratura. Quest’anima rischia di essere inquinata dal business e dalla eccessiva spettacolarizzazione, ma ha in se’ gli anticorpi per sopravvivere.

  107. Certo, anche Maradona e’ stato un grande. Ma Pelé e’ stato una pietra miliare del calcio di tutti i tempi. Talmente grande che è divenuto il simbolo per eccellenza di un’intera nazione.

  108. Cari amici, grazie a tutti per i nuovi comemnti pervenuti su questo dibattito online dedicato al rapporto tra “calcio e letteratura”.
    Come dicevo in precedenza, questo è un “post del mese”… e rimarrà in primo piano per circa trenta giorni.

  109. Saluti e ringraziamenti a: Amelia Corsi (come farei senza le tue risposte?), a Zauberei (bentornata, carissima: Letteratitudine è sempre casa tua), Maria Lucia (grazie, Mari).

  110. una buona notte caro socio! Tra libri, palloni di calcio, campi da gioco, pagine di scrittura e pensieri (potresti sognare te stesso in un campo da calcio con il pallone ai piedi, la penna in mano, che fai le acrobazie del Pelè del Sacro cuore tentando di scrivere e palleggiare tutto insieme…temo ti risveglieresti esaurito….)

  111. ringrazio io te per avermi coinvolto nella chiacchierata. Di Pelè aggiungo che avendo abbattuto la barriera dei 1000 gol resta il mito, ma Maradona si confrontò con il calcio europeo che ha sempre avuto difensori molto più forti di quelli che militano nei campionati brasiliani. Di Meroni ho sempre sentito parlare, ma mi permetto di consigliare anche il libro di Ezio Vendrame “Se mi mandi in tribuna godo”. “Godibile” come lettura.

  112. Gigi Meroni è stato il mio idolo da ragazzino (per me, genoano, e lui esordì in rossoblù, era il quinto dei Beatles e condivideva con loro il mio Olimpo) ed il libro di Nando Della Chiesa segnalato da Trischitta è realmente un buon libro, e un suo bel ritratto. Poi anche mio padre (come quello di Cosimo Argentina) direbbe che tra tutti… Schiaffino era un’altra cosa. E così rimpiango di non averlo mai visto giocare.

  113. Non pensavo che mettendo insieme calcio e letteratura potesse uscire una discussione così interessante.
    Grazie Letteratitudine!
    🙂

  114. Ho visto il video del fenomenale ragazzo del Sacro Cuore, ma vi garantisco che aver visto giocare Maradona al San Paolo è stata tutta un’altra cosa.

  115. Il calcio,come altri sport, passa nella letteratura attraverso la psicologia.
    Ogni figura del gioco del calcio ha un significato psicologico in sé.
    Mi piacerebbe conoscere il ragazzo del video. Penso che sia uno che palleggi anche nella vita e che l’affronta palleggiando. In quel che facciamo bene e spesso c’è quel modo di noi stessi con cui guardiamo e sentiamo il nostro rapporto con il mondo.
    Il calcio dà modo di esprimere, metaforizzare e rendere allo stesso tempo materia concreta la vita. Metafora e materia nel calcio sono due facce della stessa medaglia. Direi che vedo nel calcio una triade hegeliana.
    Il gioco del calcio non morirà mai anche se stanno facendo di tutto per farlo crepare, basti pensare che è ancora presente da quando il personaggio omerico giocava con la palla. Questo sport non finirà fino a quando c’è una porta che aspetta di essere violata.
    La porta rappresenta il fine esistenziale del sogno, del desiderio, del bisogno. Metaforicamente per sentirci gratificati, per avere successo, per stare bene con noi stessi dobbiamo attraversare sempre una porta.
    Il giuoco del calcio rappresenta l’esperienza umana nella sua quasi totalità. Un campo di calcio è l’arena entro cui l’uomo si misura con se stesso e lo stadio rappresenta l’immedesimazione organica della folla con l’eroe. Fino a quando le cose stanno così il calcio come coinvolgeva Pasolini coinvolgerà appassionatamente altri intellettuali.

  116. ho scritto di getto, senza aver letto i precedenti commenti.
    Ma nonostante la mia rispettabile età il calcio mi ha sempre appassionato specie quando giocava Pelè che preferisco a Maradona come giocatore mentre Maradona mi interessa di più come soggetto umano da conoscere.
    Ciao Massimo.

  117. Ma secondo voi Pelé e Maradona sarebbero riusciti ad esprimersi nel calcio fisico e agonistico di oggi? Permettetemi di avanzare qualche dubbio. Ecco perché propendo per il giovane Messi.

  118. Il ragazzo del video e’ un vero fenomeno, ma il calcio e’ altra cosa. È gioco di squadra e non esibizione circense.

  119. Il calcio entra nel nostro immaginario in maniera prepotente. Ecco perché la letteratura non può non occuparsene.

  120. Il calcio e’ metafora della vita. Nella sua forma competitiva e’ una specie di surrogato positivo del combattimento, della guerra.
    Ecco perché sopravvivrà.

  121. Sono molti gli scrittori che, in un modo o nell’altro, si sono occupati di calcio.
    Leggete l’incipit di questo racconto di Alessandro Piperno, ad esempio…
    “Per troppo tempo non sono riuscito a prendere sonno per via della Lazio. È come se quel concetto astratto, che mi ostinavo a riempire di così tanti dettagli concreti – colori, odori, fissazioni, riti, mal di stomaco, giornate uggiosamente piovigginose –, e che si materializzava di fronte ai miei occhi ogni qual volta la mia lingua e il mio palato trovavano il coraggio di unire le due magiche sillabe “La-zio!”, si fosse preso l’ingrato compito di riempire i vuoti sinistri del mio nulla esistenziale. Era strano come le vicende che accadevano sui campi di calcio che non avevano alcuna seria relazione con la mia vita potessero coinvolgermi in un modo che se non poteva dirsi paranoico, certo arrivava a sfiorare la nevrastenia. E dire che non era sempre stato così.”
    (…)

  122. di Nick Hornby

    Nel maggio del ‘68 (una data significativa, naturalmente, ma è tuttora più probabile che io pensi a Jeff Astle piuttosto che a Parigi), poco prima del mio undicesimo compleanno, mio padre mi chiese se mi sarebbe piaciuto andare con lui alla finale di Coppa fra West Brom e Everton; un collega gli aveva offerto un paio di biglietti. Gli dissi che il calcio non mi interessava, neppure la finale di Coppa – il che era vero, per quanto ne ero consapevole – ma rimasi comunque incollato alla televisione per l’intera partita. Alcune settimane più tardi guardai, incantato, l’incontro Manchester United – Benfica, con mia mamma, e alla fine di agosto mi alzai presto per sentire come era andato lo United nella finale della Coppa Intercontinentale.
    Amavo Bobby Charlton e George Best (non sapevo niente di Denis Law, il terzo della Santissima Trinità, che aveva saltato l’incontro con il Benfica a causa di un infortunio) con un ardore che mi aveva preso completamente di sorpresa; durò tre settimane, finché mio padre non mi portò a Highbury per la prima volta.

  123. La squadra del cuore di Nick Hornby non è, per la precisione, il pluridecoratoManchester United né il magnifico Liverpool, bensì il “noioso” Arsenal.

    “Tutti quegli orribili pareggi 0-0 contro il Newcastle” si sarebbe lamentato negli anni successivi mio padre. “Tutti quei sabati pomeriggio gelidi e noiosi”. In realtà furono soltanto due gli orribili pareggi per 0-0 contro il Newcastle, ma entrambi durante le mie prime due stagioni a Highbury; quindi sapevo cosa intendeva, e mi sentivo personalmente responsabile.

  124. Ma, naturalmente, la squadra non è importante; Hornby descrive la propria passione calcistica come una debolezza, una sorta di nevrosi in cui rifugiarsi e da cui fuggire allo stesso tempo. Ogni tifoso sa bene che per la squadra si gioisce, si soffre, ci si comporta in modo così… weird (come rende bene questo vocabolo inglese…)

    Successe che Chris Roberts comperò un topo di zucchero da Jack Reynolds (”Il Re dei Leccalecca”), gli morse via la testa, il topo gli cadde in Newmarket Road prima che riuscisse ad assaggiarne il corpo e una macchina ci passò sopra. Quel pomeriggio il Cambridge United (la “seconda squadra” di N.H., che milita in divisioni assolutamente non in competizione con l’Arsenal), che fino a quel momento aveva avuto vita dura in seconda divisione (due vittorie in tutta la stagione, una in casa e una fuori), sconfisse l’Orient per 3-1, e così nacque un rito. Prima di ogni partita ci radunavamo tutti nel negozio di dolci, mangiavamo via la testa come se stessimo togliendo la linguetta di una granata e gettavamo i corpi sotto le ruote delle macchine che passavano; Jack Reynolds stava a guardarci sulla porta, scuotendo la testa desolato. Lo United, così protetto, rimase imbattuto all’Abbey per mesi.

    So di essere particolarmente stupido in quanto a riti, e di esserlo sempre stato da quando cominciai ad andare alle partite, e so anche di non essere l’unico. Ricordo che da ragazzino, a Highbury, dovevo portare con me un pezzo di stucco, o di pongo, o qualche altra stupidata da manipolare nervosamente tutto il pomeriggio (ero un fumatore ancora prima di averne l’età); ricordo anche che dovevo comperare il programma dallo stesso rivenditore, e che dovevo entrare allo stadio dallo stesso cancelletto girevole.

    Ho fatto centinaia di sciocchezze di questo genere, tutte destinate a garantire vittorie a una o all’altra delle mie due squadre.

    Niente (tranne i topi di zucchero) ha mai funzionato.

  125. Il mondo calcistico privato di Nick Hornby ruota intorno a quello britannico, in senso collettivo.

    Le vittorie, le sconfitte, i noiosissimi e gelidi 0-0 sono un ritmo leggero, una presenza costante, capace di influenzare l’umore di una domenica, di far declinare inviti a causa di un’imperdibile partita ad Highbury ma comunque in secondo piano rispetto alle “cose importanti” della vita.
    E mentre Hornby, sempre fedele allo stile brillante che lo contraddistingue, rimanda le proprie riflessioni sui sentimenti (o sulla musica, o su entrambi) a romanzi come Alta Fedeltà, Un Ragazzo (di cui è stato tratto il film, con Hugh Grant!) o Come Diventare Buoni, in “Febbre a 90′” ci sono i sogni di un bambino, il distacco di un adolescente e il ritorno di un adulto nei confronti dello sport più amato d’Europa.

    C’è poi l’amara riflessione sul disastro di Heysel o sulla sicurezza degli stadi britannici.

    E ci sono tanti nomi… qualcuno rimane particolarmente impresso, altri si perdono tra le pagine.

    Consigliato a: chi ama il calcio, chi ama Nick Hornby, chi avrebbe una gran voglia di annichilirsi davanti alla TV per tutta la durata dei mondiali ma pensa che il calcio sia una passione di poco conto, snobbata dagli scrittori…

    (Anche da “Febbre a 90°” è stato tratto un film)

  126. Una cosa è certa. Se il ragazzo del video giocasse in campo così come palleggia, non penso che avrebbe tempo e voglia per palleggiare al Sacro Cuore.

  127. Messi è un campione. Forse si avvicina più a Maradona che a Pelé, tranne per i calci di punizione ( di cui Maradona è stato un maestro insuperabile ). Ma con i ritmi del calcio di oggi, possono ancora nascere, crescere e trovare spazio campioni come i due grandi citati?

  128. Piccola nota. Quasi esclusivamente gli scrittori si sono occupati di calcio. E’ raro trovare libri di scrittrici che riguardano l’argomento. Il motivo è evidente. Il calcio interessa più gli uomini che le donne.

  129. Se e’ vero che il calcio e’ una metafora della vita, allora la letteratura si presta bene a raccontarlo.

  130. Mi dispiace, ma purtroppo non riesco a vedere il video del ragazzo che palleggia, ma dai commenti letti deve essere davvero bravo.

  131. Furono gli inglesi a portare il calcio in Sudamerica….In piena espansione coloniale, il calcio era un prodotto di esportazione come i tessuti di Manchester, le ferrovie, i prestiti bancari e la dottrina del li­bero commercio, che un giorno il gioco del pallone avrebbe fatto propria. Così furono gli inglesi a giocare le prime partite in Sudamerica; i cittadini di Sua Maestà, diplomatici, funzionari delle im­prese del gas e delle ferrovie, die­dero vita alle esordienti formazio­ni locali.

  132. Ultimo pensiero. Nel calcio, come nella vita, un ruolo fondamentale e’ svolto dai gregari. Giocatori e uomini invisibili che rendono possibile il raggiungimento di certi obiettivi, anche se poi la gloria interessa quasi esclusivamente i fuoriclasse

  133. …poi, poco per volta… quello che era un divertimento per i ragazzi bene della borghesia lo­cale inizia a diffondersi lungo le strade che costeggiano il Rio de la Plata. Così come il tango anche il calcio cresce nelle periferie e sono proprio gli immigrati, i diseredati locali e i meticci a plasmarlo in maniera inconfondibile e indelebi­le. Il pallone diventa il dizionario di un esperanto, di un linguaggio universale che unisce tutti i popoli della terra, soprattutto i poveri che per giocare hanno bisogno solo della voglia e di uno straccio di pe­lota.

  134. …dunque dicevo…Negli stadi di Buenos Aires e Montevideo stava nascendo uno stile, il ballo si mescola al gioco e viceversa, la palla non si calcia ma si possiede e il palleggio diventa un’arte sopraffina, tipica del futbol sudamericano. Nello stesso momento prendeva forma il calcio brasiliano, con le sue finte di cor­po che provenivano dalla “capoeira”, la danza guerriera degli schia­vi negri e dei briganti che viveva­no nei sobborghi delle grandi città.

  135. Saluto Marta. Le nostre vite si sono incrociate nello stesso minuto in cui scrivevamo su questo blog. Manco a farlo apposta. È più facile segnare un goal.

  136. Per i conservatori era la testimonianza dell’inferio­rità del volgo, della sua ignoranza e del suo istinto animalesco; men­tre i sinistrorsi vedevano nel calcio “il cavallo di Troia” della borghe­sia, capace attraverso il circo peda­torio di deviare le energie rivolu­zionarie delle masse. Ma se nel 1902 Rudyard Kipling si prende­va gioco delle «piccole anime che possono essere saziate dagli infan­gati idioti che giocano a pallone», qualche anno più tardi il comuni­sta Antonio Gramsci elogiava: «Questo regno della lealtà umana esercitata all’aria aperta».

  137. e con ciò…penso di avere risposto alla tua domanda caro Massimo!
    Il calcio si è imposto laddove consentiva uno sfogo passionale a istinti, desideri, ribellioni e voglia di vincere. Nei paesi sudamericani c’erano troppe differenze di classe, troppo disagio, troppa povertà e malessere perchè non si riversasse su questo gioco un significato: una grande epopea di riscatto, una possibilità di ribaltare il destino.

  138. Oggi, assistiamo invece alla violenza negli stadi, alle logiche delle grandi scommesse, ai soldi che corrompono l’anima e devitalizzano quel significato alto e morale del gioco.
    Ma il modo in cui si gioca è specchio dell’epoca che si vive, e oggi la povertà non è più quella delle strade, o non solo. E’ quella del cuore.
    Un abbraccio e complimenti per la bellissima discussione (non posso lasciare commenti su Letteratitudine cinema, perchè sono disabilitati, ma devo dire che è una rubrica meravigliosa e che la Sgroi è bravissima! Puoi riferirglielo, Massimo?)

  139. Nel momento in cui Messi farà grandi cose con la sua nazionale, secondo me avrà superato Pelé e Maradona.

  140. P.s. Su Tuttolibri di ieri leggevo di un libro dedicato al mitico Agostino Di Bartolomei , ex capitano della Roma, pubblicato da Fandango.
    Se ne potrebbe parlare ? Lo chiedo a Massimo Maugeri

  141. Pensavo, visto che sono stati tirati in ballo Pelé, Maradona e Messi, che si potrebbe raccontare qualcosa di loro.
    Anche questo potrebbe essere qualcosa che sta tra calcio e letteratura. Ma è solo un’idea. Ciao.

  142. Ago Di Bartolomei. Un grande. Non solo per la storia calcistica giallorossa. Sono curioso di leggere il libro.

  143. X Annalisa
    Ancora più interessante potrebbe essere tracciare eventuali similitudini tra le vite dei tre campioni Pelé Maradona Messi.

  144. Differenze tra calcio e letteratura.
    Nel calcio se non dimostri di essere bravo in campo, ti fanno fuori. Non ci sono raccomandazioni che tengano.
    È così anche per la letteratura?

  145. A livello editoriale, per esempio, si può puntare su un nome celebre (che tanto vende a prescindere). Si può intervenire a livello di editing per rendere pubblicabile anche le porcherie e il gioco e’ fatto.
    È così per il calcio?

  146. Non credo. Nel calcio devi essere bravo. Punto. Non ci sono raccomandazioni o celebrità conquistate in altri campi che tengano!
    Ecco perché il calcio e’ più democratico della letteratura.

  147. Aforisma: per ogni scrittore che scrive con i piedi, c’è almeno un calciatore che inventa grandi storie.

  148. Vado in ordine alla sequenza delle domande
    1) Un grandissimo giocoliere, un tutt’uno col pallone, ma il gioco del calcio non finisce li. Se si ha la capacità di trasmettere in una squadra (composta da 11 giocatori e nel rispetto delle regole del gioco) le proprie doti personali e renderle omogenee ad un sistema molto complesso e piene di variabili (11 all’undicesima elevata ancora alle variabili arbitrali) e allora ben venga. Altrimenti è un gande palleggiatore che può solo fare spettacolo e non il gioco del calcio. Sono certo che è capace di sostituire alla pallone una palla da tennis, una di pallavolo, una di golf, etc….
    2) Il gioco del calcio avrà ancora lunga vita. Anche perché come poco fa accennato le variabili sono tante che scandali e scommesse(purtroppo persistenti) lo danneggiano, ma non lo uccidono
    3)Ha attecchito perchè bata uno spiazzo un elemento sferico realizzato con qualsiasi mezzo e lo possono giocare tutti. Non guardiamo il calcio solo come grande evento spettacolare ma come elemento di aggregazioni sociale. Continua

  149. In riferimento ai commenti precedenti postati da qualcuno di voi.
    Per me va benissimo se vi va di scrivere qualcosa sulle vite di Pelé, Maradona e Messi.
    Insomma, fate pure… 😉

  150. Intervengo previo scambio mail con Massimo Maugeri, nel ruolo di fan sfegatato di Leo Messi, a mio avviso il più forte giocatore di tutti tempi. Ancora più forte di Pelé e Maradona, considerando anche che è ancora molto giovane.
    Dunque riporterò qualche informazione biografica su questo grande campione per farlo conoscere a chi sta seguendo questo forum.

  151. Il calciatore Lionel Andrés Messi, noto anche con il diminutivo Leo è nato a Rosario, in Argentina, il 24 giugno 1987.
    E’ attaccante del Barcellona e della Nazionale argentina, di cui è il capitano.
    E’ da tutti considerato uno dei giocatori più forti di tutti i tempi (la mia personale opinione l’ho espressa sopra).

  152. Dall’edizione del 2009, Messi detiene ininterrottamente il Pallone d’oro, di cui è il massimo vincitore – insieme a Johan Cruijff, Michel Platini e Marco van Basten – e l’unico (dopo il francese) ad averlo conquistato per tre volte consecutive. Con i blaugrana (il Barcellona) ha conquistato finora cinque volte la Liga, altrettante Supercoppe di Spagna, due Coppe di Spagna, tre UEFA Champions League, due Supercoppe UEFA e due Mondiali per club.
    È stato nominato FIFA World Player of the Year nel 2009 e UEFA Best Player in Europe nel 2011. Con la Nazionale argentina ha vinto la medaglia d’oro a Pechino nel 2008.

  153. Messi, inoltre, è l’unico calciatore ad aver segnato cinque gol in una partita di Champions League, ed anche l’unico giocatore ad aver vinto per quattro anni consecutivi la classifica dei marcatori della massima competizione continentale.
    Per cinque volte consecutive (dal 2007 al 2011) è stato nominato per il FIFPro World XI, mentre per quattro volte consecutive (dal 2008 al 2011) è stato inserito nella Squadra dell’anno UEFA e per sei volte (nel 2005-2006 e consecutivamente dal 2007-2008 al 2011-2012) è stato inserito nella Squadra dell’anno ESM.
    Detiene inoltre il record assoluto di marcature in una singola stagione (73 nel 2011-2012, 82 compresi i gol in nazionale).

  154. Riprendo la biografia di Messi.
    Come dicevo è nato a Rosario (provincia di Santa Fe) da Jorge Horacio Messi, un operaio di un’acciaieria, e da Celia María Cuccittini il 24 giugno del 1987.
    Forse non tutti sanno che Lionel Messi è di lontane origini italiane, essendo il suo trisavolo Angelo Messi emigrato da Recanati a Rosario nel 1883, ed è un lontano parente dell’omonimo pugile Luca con cui condivide le origini famigliari.

  155. Ha due fratelli maggiori, Rodrigo e Matías, ed una sorella di nome María Sol. Nell’ottobre del 2011 il quotidiano di Lleida “Segre” rivela la parentela tra l’argentino e Bojan Krkić, che sarebbero cugini di 4º grado.Possiede il passaporto spagnolo.
    Nel 2007, Messi ha dato vita alla Leo Messi Foundation, una fondazione che si occupa di garantire sostegno, soprattutto medico, ai bambini indigenti.
    L’11 marzo 2010 è stato nominato ambasciatore UNICEF.

  156. Nel marzo 2010, France Football lo ha classificato al primo posto tra i calciatori più ricchi del globo, comprendendo non solo l’ingaggio corrispostogli dal Barcellona, ma anche il guadagno derivante dai numerosi contratti pubblicitari.
    Messi è ritratto sulla copertina dei videogiochi Pro Evolution Soccer 2009, Pro Evolution Soccer 2010 e Pro Evolution Soccer 2011.
    L’argentino è sponsorizzato dall’azienda tedesca dell’Adidas, per la quale ha realizzato anche degli spot pubblicitari.
    Nel giugno 2010, Messi ha siglato un contratto di tre anni con Herbalife che garantisce un prezioso sostegno alla Leo Messi Foundation.

  157. Nell’aprile 2011, Messi è stato inserito tra i nomi papabili per vincere l’annuale classifica del Time che premia il personaggio più influente dell’anno.
    Nel luglio 2011 è stato dichiarato “Patrimonio storico sportivo dell’umanità”.
    Nel dicembre 2011 è stato nominato “Cittadino illustre” e “Ambasciatore” della città di Rosario, sua città natale.
    È citato nella canzone “Un pallone” di Samuele Bersani che ha vinto il Premio Mia Martini.

  158. Ed ecco un riferimento che riguarda il rapporto tra calcio e letteratura.
    I sacrifici del giovane Messi e della sua famiglia, la lotta contro la malattia e altri aneddoti della sua vita sono l’oggetto di in un capitolo de “La bellezza e l’inferno” di Roberto Saviano (di cui magari dirò di più in seguito).

  159. Diego Armando Maradona ha detto di lui: « Il pallone gli resta incollato al piede; ho visto grandi giocatori nella mia vita, ma nessuno con un controllo di palla come quello di Messi. »

  160. Alto 169 centimetri, e con il baricentro del corpo più basso rispetto a corporature più longilinee, Messi ha ottime qualità nel controllo della palla e nell’accelerazione. Mancino, con l’esterno sinistro si porta avanti il pallone, cambia direzione di movimento in pochissimo tempo ed esegue dribbling, mentre con l’interno del piede fornisce per lo più assist per i suoi compagni di squadra.
    A livello tattico, gioca su entrambe le fasce del campo cercando spesso l’azione solitaria in contropiede; è anche in grado di interpretare e sfruttare i “tagli” nella difesa avversaria, trovando quindi più facilmente la via del gol.

  161. Due parole sull’esordio di Messi nel mondo del calcio.
    Soprannominato la Pulga (in italiano la Pulce), per via della sua statura, inizia a giocare a calcio all’età di cinque anni nel Grandoli, squadra allenata dal padre. Nel 1995, a otto anni, gioca qualche partita con la maglia del Central Córdoba, per poi passare al Newell’s Old Boys.
    All’età di 11 anni, gli viene diagnosticata una forma di ipopituitarismo (deficienza di secrezione di somatotropina): da qui il racconto di Roberto Saviano.

  162. Il River Plate mostra interesse nei suoi confronti, ma non ha abbastanza denaro per pagargli le cure necessarie da 750 euro al mese e il trasferimento dal Newell’s Old Boys. È quindi il Barcellona, attraverso il direttore sportivo Carles Rexach, ad interessarsi al suo talento dopo averlo visto giocare e ad assicurarsi le prestazioni sportive del ragazzo, rendendosi disponibile a pagargli le cure qualora si fosse trasferito in Spagna; non avendo a disposizione della carta Rexach fa firmare a Messi un contratto scritto su un tovagliolo di carta.

  163. Messi arriva quindi in Europa insieme alla famiglia, venendo aggregato alle formazioni giovanili dei blaugrana e firmando il suo primo contratto ufficiale il 1º marzo 2001.
    L’arrivo in Spagna è facilitato dal fatto che Messi aveva dei cugini a Lleida, in Catalogna.
    Nel 2002 sostenne un provino con la squadra italiana del Como, come dichiarato da Enrico Preziosi, allora presidente della squadra lariana: «Venne da noi per un provino: aveva 15 anni e lo scartammo».
    Fa il suo esordio non ufficiale in prima squadra contro il Porto il 16 novembre 2003 e dopo meno di un anno debutta in una gara ufficiale contro l’Espanyol il 16 ottobre 2004, diventando il terzo più giovane giocatore a vestire la maglia del Futbol Club Barcelona ed il più giovane a giocare nella Liga (record battuto solo dal compagno Bojan Krkić nel settembre 2007). Quando realizza il suo primo gol in prima squadra contro l’Albacete il 1º maggio 2005, ha solo 17 anni, 10 mesi e 7 giorni, diventando così il più giovane giocatore ad aver segnato in una gara di campionato per il Barça fino al 2007, quando è ancora Bojan Krkić a superare questo record, realizzando una rete su assist dello stesso Messi.

  164. Ricordo che Roberto Saviano parlò di Messi su RaiTre, in uno degli appuntamenti tv di Fabio Fazio. E ricordo che paragonò un goal di Messi al celebre goal di Maradona ai mondiali contro l’Inghilterra (quando, prima di segnare, dribblò quasi l’intera squadra avversaria da solo).
    Molto bello!

  165. Affermare la superiorità calcistica di Messi a seguito di un raffronto con Pelé e Maradona e’ pura follia.

  166. E poi le vite dei due veri e unici Grandi del calcio mondiale di tutti i tempi sono più interessanti di quella di Messi.

  167. Questo post è rimasto in primo piano per circa venti giorni. Adesso rientra nella sua “giusta collocazione” (ordinato in base alla data di pubblicazione).
    Però rimane ancora aperto per altri ulteriori interventi.
    Ne approfitto, intanto, per salutare e ringraziare tutti coloro che sono intervenuti.

  168. È un sogno per quel ragazzo poter far vedere le sue evoluzioni davanti a un pubblico tanto ampio e interessato, e non è tanto diverso da ciò che fa un calciatore: donare uno spettacolo ai tifosi. Nel caso di questo artista di strada, non c’è agonismo, solo magia: il pallone che volteggia a metri d’altezza, senza toccar mai terra, come guidato da un filo mosso da un invisibile burattinaio. È questa l’arte dello sport, un’arte che va oltre lo 0-0 o il 4-4, che strappa l’applauso anche di chi non parteggia per chi ha compiuto il gesto tecnico: la veronica, la melina, il sombrero, il gol in rovesciata. Lo spettacolo è anche una partita di Serie D in cui il difensore salva sulla linea un gol fatto, un attaccante segna di rapina, un arbitro azzecca il tempo per fischiare un fallaccio.

  169. Ma è la semplicità la chiave del gioco del calcio propriamente detto: per questo ha avuto tanto successo e longevità. E varianti, come il calcio a 5 o a 7… Europa e Sud America hanno avuto il merito di istituzionalizzare questo sport prima della guerra, di costruire le strutture e pubblicizzarlo, ottenendo però in cambio la crescita di tanti campioncini che hanno attirato tifosi e adepti. Gli stessi tifosi che oggi sempre più spesso si stanno allontanando dallo stadio o dallo sport in generale, giustamente delusi dalla falsità di un ambiente che ha dimenticato i valori. Ma, in fin dei conti, è la naturale evoluzione di uno sport che ha fatto avvicinare interessi e ambizioni tutt’altro che puri. È qualcosa di ovvio, si sa che è così e anche negli sport cosiddetti minori non tutto è così limpido… Mi ricordo ancora quando dei miei amici, ai tempi della scuola, mi raccontavano che in Prima Categoria si “appartavano” le partite: livelli molto bassi, con minimi interessi economici, ma che sono specchio concavo di una realtà studiata troppo poco ad alto livello.

  170. Ma il calcio non morirà, ne sono certo. Non morirà anche perché ha un legame forte con la letteratura, ha una tradizione e un radicamento nella cultura popolare che può essere sradicato solo da una rivoluzione culturale. Lo dimostrano gli ultimi scandali delle scommesse: le sentenze non fugano affatto i dubbi sull’innocenza o la colpevolezza dei protagonisti, né in che misura, e i supporter parteggiano non per l’innocente o il colpevole, ma per chi tifano e contro chi avversano. La letteratura, anche giornalistica, ha creato una tradizione che risale non solo a Brera, ma a Pozzo nel periodo tra le due guerre, a Soriano, alle voci dei radio- e telecronisti, ai singoli cronisti dei giornali locali. Il calcio, più degli altri sport, ha avuto interpreti letterari d’alto rango, e proprio per
    questo se n’è avvicinato.

  171. Per me Pelé è superiore a Diego Maradona perché è un esempio da seguire, così come Lionel Messi. Grandissimi tutti e tre, si badi bene. Messi però ha in più la caparbietà con cui è riuscito a crescere contro la natura che lo voleva piccolo, ad affermarsi al fianco dei giganti del calcio, di volti che fra settant’anni saranno ancora sulla bocca degli appassionati, anche se magari sarà cambiato tutto.

  172. 1)Il ragazzo del video rappresenta perfettamente la bellezza del calcio ,la perfezione stilistica di certi palleggi dice molto dell’unicita’ del football tra tutti gli sport

    2) Sempre piu’ attaccato dagli scandali e cannibalizzato dalle pay tv il calcio di una volta (il piu’ bello )sopravvive solo nelle giocate dei sempre piu’ rari campioni,e paradossalmente nei campionati minori,meno toccati dall’orgia di calcio televisivo,e da certe norme di ordine pubblico che nei tornei maggiori hanno reso l’accesso allo stadio piu’ complicato di un percorso di guerra.

    3) Il calcio e’ attecchito piu’ d’altri perche’ e’ lo sport di squadra piu’ imprevedibile, e questo ha fortemente influenzato l’immaginario collettivo del pubblico. Negli altri sport l’ultima in classifica non batte mai la prima,nel calcio puo’ accadere.

    4) Nel calcio c’e’ senza ombra di dubbio una parte artistica. Giocate e movenze come quelle di Pele’,Maradona o Garrincha sono arte senza dubbio alcuno.

    5 e 6)La letteratura parla della vita, il calcio quindi ne fa parte,come nessun altro sport

    7) In questa domanda ci si divide sempre in categorie anagrafiche: chi ha piu’ di 50 anni dice Pele’ nel 90% dei casi, chi ne ha meno di 50 dice lo stesso di Maradona. Il mio punto di vista personale e’ che il ”pibe de oro” sia stato superiore per aver giocato in un calcio piu’ veloce,e con un fisico che non era certamente all’altezza di quello di Pele’

    8)Messi non assomiglia a nessuno dei due.E’ un grande solista (a mio avviso anche il piu’ grande attaccante opportunista dai tempi di Gerd Muller) ma non e’ uomo squadra. Infatti con la sua nazionale non ha vinto nulla,e non e’ riconosciuto dai compagni come vero leader dello spogliatoio

  173. Care amiche e cari amici,
    ho rimesso in primo piano questo post (originariamente pubblicato il 19 settembre 2012), dove si è sviluppato il forum dedicato al rapporto tra “calcio e letteratura“.

  174. Caro Marco, prima di approfondire la conoscenza del tuo romanzo ti proporrei le “domande del post”.
    Le riscrivo nel commento a seguire.
    Ti andrebbe di rispondere?
    (Se non a tutte, magari a quelle che trovi più interessanti)
    Ecco le domande…
    Poi ci occuperemo del tuo libro.

  175. LE DOMANDE DEL POST: “CALCIO E LETTERATURA”

    1. Avete visto il video? Cosa ne pensate di questo giovane giocoliere del pallone che ho ribattezzato come il “Pelè del Sacro Cuore”?

    2. Cosa ne pensate del gioco del calcio? Conserva ancora il suo fascino originario? Finirà con l’essere distrutto, soggiogato, dagli scandali legati alle scommesse, dal business, dallo strapotere delle paytv? Oppure riuscirà, in un modo o nell’altro, a salvaguardarsi e a mantenere integra la propria natura?

    3. Perché in Europa e in Sud America il calcio è riuscito ad “attecchire” più di altri sport?

    4. C’è una componente artistica nel gioco del calcio, oppure è solo una competizione sportiva?

    5. Calcio e letteratura hanno qualcosa in comune?

    6. Qual è lo sport che, più di altri, può avere similitudini con la letteratura?

    7. Classica domanda calcistica: ”meglio” Pelé o Maradona?

    8. E Messi? A quale dei due campioni si avvicina di più? Considerata la ancora giovane età, Messi potrà mai raggiungere o superare Pelé e Maradona? (Be’, magari secondo qualcuno di voi lo ha già fatto…)

  176. Ciao a tutti, sono felicissimo di essere qui, da lettore prima di Letteratitudine, e poi da autore di Atletico Minaccia Football Club 🙂
    Ringrazio un’ultima volta Massimo e chiunque di voi si interesserà al mio romanzetto: GRAZIE, in anticipo.
    Rispondo alle 8 domande, anche perché, se a me fanno domande sul calcio, io vado avanti per ore, giorni, forse mesi.

    1) Credo che il ragazzo del video sia un incrocio tra una divinità greca a una sensazione umana, tipo lo stupore. Ma come diavolo fa?! Detto questo: io, da difensore cattivo e scarparo, ho sempre avuto un’avversione (sportiva, si capisce), per i giocolieri. Un po’ per invidia, un po’ perché poi in campo gente così non riesce nemmeno a fare un tiro decente, spesso. Però: complimenti al ragazzo, un eroe.

    2) Il Calcio potrà essere tradito, ferito, a volte persino ammazzato, ma non morirà mai. Cito sempre il maestro (immenso) Zeman, in questi casi: il calcio è lo sport più popolare perché in ogni angolo di strada, in ogni piazza, c’è sempre un bambino che lo gioca. Ed è per questo, secondo me, che il Calcio sarà eterno. La più grande fucina emotiva dell’essere umano, pochi cazzi.

    3) Perché l’Europa, in buonissima parte, è fatta di popolazioni “sanguigne”. Noi, gli spagnoli, i portoghesi, gli inglesi, i turchi (i turchi sono dei PAZZI). In Sudamerica inutile dirlo: lì il calcio è forse (quasi) più una malattia che dalle nostre parti. Una partita è l’evento clou delle settimane di milioni di persone, il tifo una professione. A me piacciono un sacco i loro stadi, per esempio. Fantastici. I loro cori. Spettacolari.

    4) Il Calcio è solo arte, il lato sportivo è puramente secondario. Il Calcio è la manifestazione più colorata dell’animo umano, che, pensandoci, è la più grande e inspiegabile forma artistica degli ultimi cinque miliardi di secoli (li abbiamo vissuto cinque miliardi di secoli?). Certe finali di Coppa dei Campioni (pardon: Champions League) io le ho nell’hard disk del computer, al pari di un film di Lynch, Sorrentino, Jodorowsky. Opere d’arte, insomma, sì.

    5) Be’, Calcio e letteratura sono mezzi propedeutici tra loro, volendo. Un grande racconto di una partita può essere letteratura, non a caso il Calcio, per sua natura, viene raccontato anche se le immagini, in teoria, basterebbero. Telecronache, commenti nei post partita, articoli sui giornali, manuali, saggi, romanzi, come in questo caso. Il racconto, narrativo in qualsiasi sua forma, del Calcio è un elemento fondamentale di questo sport. Forse, la parte più divertente.

    6) Senza dubbio, oltre al Calcio, il tennis: lo scrittore come il tennista è solo, ha uno strumento personale (racchetta & computer). Lo scrittore come il tennista deve lavorare di mente, prima che di braccio, perché il tennis, come un romanzo, devi viverlo con equilibrio, altrimenti sei fottuto: perdi la cabeza, cominci a sparare colpi oltre la linea di fondo e perdi la partita.

    7) È una domanda? Cioè, scusatemi, davvero c’è gente che se lo domanda? MARADONA. E non devo nemmeno aggiungere altro. Pur essendo milanista da sempre ho una venerazione totale e malsana per Diego. Il Re. Un personaggio che resterà nella storia dell’umanità come Hitler e Leonardo da Vinci. Poi, dopo Maradona, viene il resto del Calcio.

    8 ) Messi NON potrà mai raggiungere, né tantomeno superare, Maradona. Per il semplice fatto che Maradona è altro, Maradona è una parola, una frase, un pensiero, non un calciatore normale. Però Messi è l’unico che, nella storia (oltre al primo Ronaldo, il fenomeno, non il tamarro gelatinato del Real, che pure è forte, però… calmini), è minimamente accostabile al Pibe de Oro. Ma Messi gioca in un altro calcio, in un altro sistema, nella squadra più forte di sempre, probabilmente. È un fenomeno, senza dubbio, il più forte dei nostri anni. Ma Maradona non si tocca.

    Che belle domande, non ce ne sono altre duecento così?

    Marco

  177. Approdo a questo forum per vie traverse e ne dsono felice. Sono, come si dice, un appassionato di calcio ed un lettore forte. Sì, è possibile che le due categorie si uniscano in un solo essere umano.

  178. Naturalmente seguirò il dibattito sin dall’inizio, appena avrò tempo. Per ora ho letto gli ultimi commenti e le risposte di Marco Marsullo. Scopro il suo romanzo, che mi interessa molto (ovviamente) per i motivi spiegati.

  179. Rispetto alle risposte di Marco Marsullo non sono d’accordo sulla n. 8
    Premesso che Maradona è un grande, il punto è che prima di Pelè… nessuno.
    Pelè è l’inventore del calcio come arte. Tutti gli altri, Maradona incluso, vengono dopo.
    Ma è solo il mio parere. Rispetto quello degli altri. 🙂

  180. Il ragazzo del video è un mago. Un prestigiatore della palla, come qualcuno ha detto.
    Diciamo anche che, se in campo valesse la metà di quanto vale come giocoliere, lo vedremmo di certo in qualche nazionale.

  181. Desidero fare tanti in bocca al lupo a Marco Marsullo per questo libro e per il suo futuro di scrittore.
    Ho letto e molto apprezzato il brano disponibile su Letteratitudinenews.
    Complimenti!

  182. Mi fa altresì piacere rivedere in home page questo bel dibattito.
    Un saluto a tutti!
    Ciao Massimo!

  183. ciao Raffaello e ciao Amelia!

    lieto di leggervi
    (Raffaello: su Pelè e Maradona mi sa che non ci troveremo mai :D).
    Se prendete l’Atletico Minaccia: fatemi sapere, eh.

  184. Caro Marco,
    una domanda che pongo sempre a tutti (e che ha a che vedere con la “genesi” del libro).
    Come nasce “Atletico Minaccia Football Club”?
    Da quale idea, esigenza o fonte di ispirazione?

  185. Il Calcio, prima di tutto. La voglia di raccontarlo “per bene”, perché ha ragione Gianni Mura, quando ha parlato (bene, un po’ di orgoglio, cacchio) di Atletico Minaccia su Repubblica: c’è la credenza in Italia che il calcio non si possa raccontare con un alone mitico, quasi epico. Che solo in Sudamerica o in Inghilterra si possa fare. E no, si può anche qui. Almeno, ci ho provato.
    E poi Vanni Cascione è nato così, spontaneamente, talmente tanto da essere lui a guidare me. Spero sia nato un bel personaggio, cui i lettori possano, per davvero, volere bene.

  186. Ottimo, caro Marco!
    Approfondiamo un po’ la conoscenza del personaggio Vanni Cascione.
    Che tipo di persona è?
    Quali sono i suoi pregi e i suoi difetti?
    Insomma… parlaci un po’ di lui!

  187. saluto con piacere marco marsullo.
    ho appena ordinato il tuo libro su un libreria on line.
    una domanda: hai un passato da calciatore, o questo libro nasce da una passione da ‘calcio visto e non giocato’?

  188. Ciao Giacomo,
    ti ringrazio, poi fammi sapere cosa ne pensi, mi interessa molto.

    Per rispondere alla tua domanda: no, non ho un passato da calciatore, salvo qualche mese di scuola calcio (gioco difensore centrale, se vi servo per una partitella ci sono). Il libro nasce per la passione che ho per il calcio e ho provato a raccontarlo nel modo più sincero che potevo. Spero di esserci riuscito… 🙂

  189. grazie! rilancio la domanda di maugeri chiedendoti notizie su cascione. sembrerebbe un bel personaggio.

  190. Buongiorno Marco Marsullo. Complimenti per il romanzo. Come ha vissuto l’esperienza della pubblicazione del romanzo d’esordio con un editore importante come Einaudi?

  191. Una domanda sul calcio.
    Ma secondo lei il calcio di oggi è ancora credibile, con gli scandali e il grande giro di soldi che ruota intorno?
    Parlo del grande calcio. Voglio dire, non è che forse è più credibile il calcio di provincia, più lontano dai grandi giri di interessi?

  192. Gentile Marco,
    il libro mi sembra venato da un’ironia deliziosa!
    E’ un accostamento nuovo e spiazzante (calcio e ironia), perchè lo sport ha perso oggi quel suo iniziale carattere ludico e leggero che ne faceva, in passato, un atto profondamente liberatorio.
    Credo che sia anche un po’ tornare allo spirito burlesco dell’infanzia.
    Complimenti!

  193. Carissimo Marco
    la squadra che descrivi sembra un’armata brancaleone un po’ malmessa, con mille speranze e pochi mezzi…
    Ma…alla fine “riusciranno i nostri eroi?”

  194. ho letto un’estratto del libro e l’ho trovato esilarante. scrittura secca e scorrevolissima, piacevole persino per me che odio il calcio. ma mi chiedo: è davvero un libro sul calcio o forse il calcio non è che un pretesto per raccontare il nostro scalcinatissimo sud?

  195. infatti ci sono i sorrisi ma anche l’amarezza, la difficoltà di raggiungere obiettivi, la malavita, gli arrangiamenti, i detenuti agli arresti domiciliari….mi chiedo: è una squadra di calcio o una città del meridione? 🙂

  196. Mi complimento assai vivamente con la signorina Lauretta che pone interrogativi interessanti.
    In effetti, narrare un mondo ristretto come quello di una squadra vuol dire, in qualche modo, ricostruire le dinamiche del mondo più grande.
    E in questo mondo, Spettabile dott. Marco Marsullo, che ruolo hanno i sogni?
    Un abbraccio affettuoso anche a Lei, Esimio dott. Maugeri dal sempre suo,
    Professor Emilio

  197. Eccomi, scusate il ritardo ma oggi è anche il mio compleanno (ne faccio 28, auguri a me) e tra intervista con la Gazzetta e un paio di radio mi sono impantanato, ma la discussione è davvero interessante. Rispondo ad personam (che pari si porti, in Italia, fare le cose ad personam).

    – Per Massimo Maugeri e Giacomo, che mi chiedevano di Casione: Vanni racchiude in sé le caratteristiche di un appassionato di calcio “medio”, è incazzoso, un po’ arrogante quando si parla della sua squadra (l’Atletico), e innamorato del pallone. Però è un disastro. Fa un sacco di pasticci con i suoi giocatori, sua moglie (che a un certo punto lo caccia di casa!), sua figlia. Però poi prova sempre a mettere tutto in ordine, certo, a modo suo, ma alla fine del romanzo crescerà tanto e capirà dai suoi errori (si spera, almeno). Ma tutto sommato è un bravo ragazzo, è come quei bambini che si mettono sulle sedie a Natale per leggere le poesie; tutti quanti sappiamo che gliela daremo vinta, alla fine. Perché sono troppo teneri. Ecco: Vanni Cascione.

    – Annamaria, domanda 1: Esordire col romanzo con Einaudi è una cosa fantastica. Oltre che per il marchio, per le persone che ci ho trovato dentro. Severino Cesari (a cui spedii il romanzo, perché io sono arrivato da Einaudi semplicemente spedendo il manoscritto e incrociando le dita, sembra assurdo ma è così), Rosella Postorino (la mia editor, a cui voglio un sacco di bene ormai, è una persona speciale), Paolo Repetti. E poi tutto l’ufficio stampa, l’ufficio diritti. Sono persone gentili, professionisti coi controcazzi. Io li adoro, mi hanno fatto sentire parte di un progetto importante (anche il prossimo sarà con loro di Stile Libero). È un orgoglio grande. Ma soprattutto: sapere di essere in ottime mani e poter scrivere serenamente e liberamente le mie, tantissime, storie. Bello, bellissimo.

    – Annamaria, domanda 2: sì, purtroppo il ”grande” calcio, quello della Serie A, ha perso un po’ di credibilità. Me ne rendo conto, pur essendo un innamorato cronico del pallone. Purtroppo certe cose sono vergognose, e allora ci si rifugia nei campetti coi bambini, nelle strade delle città, dove i ragazzini ancora si sfidano alla morte fino al tramonto, sfidando automobili, cani randagi, signore che vogliono bucargli i palloni (retaggi infantili, perdonatemi). Io credo che il calcio, il suo spirito soprattutto, non morirà mai. È qualcosa di troppo radicato nelle notre coscienze, nelle nostre anime. È troppo importante, più forte persino degli scandali che tentano di affossarlo.

    – per Simona Lo Iacono: grazie mille per l’opera deliziosa, ho dato il massimo (ma dammi del tu, datemi sempre tutti del tu, vi prego, ho 28 anni e farmi dare del “lei” proprio non mi convince!). E sì, sono d’accordissimo: questo è un libro molto ”infantile”, che prova a far sorridere toccando corde sincere, senza sovrastrutture narrative ad hoc. Io ho provato davvero a essere quanto più potevo sincero e semplice, nel delineare la mia storia, i miei personaggi, colorandoli leggeri, che fossero loro a parlare, e a far parlare chi li leggesse, piuttosto che io con la scrittura. Certe storie sono storie indipendentemente dalla nostra volontà, giocano con il nostro cuore e la nostra pancia. Io ho provato a fare questo. Spero di esserci riuscito 🙂

    – per Renata: Sì, l’Atletico Minaccia FC è proprio malmessa, una vera Armata Brancaleone del pallone! Mi chiedi se i nostri eroi “riusciranno a…”? Be’, scoprilo seguendo la loro stagione. Diciamo che a un certo punto capiranno che dovranno dare il cuore, che Vanni Cascione lo capirà per primo, e succederanno cose molto belle (per loro). Ma, chissà… il calcio talvolta è governato dalla sorte 🙂 Se leggi, fammi sapere cosa ne pensi del finale, ci tengo.

    – per Lauretta: ottima riflessione. Raccontando una squadra del Sud c’è anche tanto, del nostro Sud. Però ho provato a farlo nel modo più libero e originale che potevo. Ci sono anche altre realtà, alcuni anche stranieri. È un modo per descrivere le viscere di una squadra di pallone davvero scalcagnata, con i difetti e le stranezze di ognuno dei personaggi. Ma anche i tanti punti di forza, perché, spesso, le cose più grandi le tirano fuori proprio quelli su cui non avresti puntato un euro. O no?

    – per il Prof. Emilio: (anche a lei prego di darmi del tu, mi farebbe felicissimo!) i sogni sono tutto. L’Atletico Minaccia, e il suo mister Cascione, sono una fucina di sogni, un cielo di stelle cadenti a cui chiedere un desiderio. Ognuno di loro ha un obiettivo, quasi, irrealizzabile. Cascione vuole essere Mourinho, per dire. E come si fa? Mourinho è l’allenatore più pagato, più fascinoso, più bravo (forse) del mondo. Cascione… be’, Cascione è un rebus di problemi umani irrisolti 🙂 Lui tende a Mourinho, al sogno. Come utopia, come strada da percorrere senza meta. Un po’ come il cowboy che cavalca nel tramonto. È un bel paesaggio, è anche romantico, ma non lo raggiungerà mai. Ma è pur vero che senza il tramonto il cowboy non avrebbe cavalcato verso niente. Cascione, come me, come spero tutti, è un sognatore. Inguaribile. E per fortuna!

    grazie a tutti, mi piace un sacco questo dibattito! mi diverte molto rispondervi, e grazie.
    Se prendete il romanzo fatemi sapere, davvero. I lettori sono la parte più bella di scrivere storie.

    un abbraccio a tutti,
    Marco

  198. Amelia, speriamo bene, ti ringrazio per gli auguri. E ringrazio pure a te, Massimo. Be’, cinquanta romanzi sono sufficienti, direi, proprio in generale 🙂

  199. Che bravo ragazzo che è lei, carissimo Marco. Mi compiaccio e le porgo i miei più sinceri auguri di buon compleanno. 28 anni! Ha la vita davanti e io gliela auguro ricca di felicità! Ma il tu proprio no, e non per creare barriere. Ma perchè io sono più che ottuagenario, e ai miei tempi il lei era segno di grande amore e rispetto per l’altro.
    Quindi il mio lei le suoni affettuoso, caro Marco, e colmo del riconoscimento della sua alta dignità.
    Ciò posto mi perdoni la curiosità di un vecchissimo insegnante di liceo come me, che ama il calcio alla Pasolini e dunque non sconosce il suo alto valore simbolico e letterario. E tuttavia è affascinato anche da quello attuale, mediatico. Vuol parlarmi della sua esperienza a “quelli che il calcio”? Mi pare così divertente e in sintonia con lo spirito del suo libro! Vuol dirci qualcosa, caro ragazzo?
    E mi abbia davvero tra i suoi lettori
    suo
    Professor Emilio da Catania

  200. a me, a pelle, fa più simpatia Cascione di Mourinho, proprio perchè così malmesso, e così deciso a emulare un grande…mi ispira tenerezza. Sarà più sprovveduto, ma somiglia di più a tutti noi, alle prese coi sogni e con la difficoltà di realizzarli, con i grandi miti (irraggiungibili) e con la quotidianità dell’esistenza. In definitiva è più vicino a chi sperimenta tutti i giorni il grande scarto tra vita reale ed aspirazioni, tra possibilità concrete e immaginarie, tra contesti sociali disagiati e mondi da star. Alla fine, è più vero il suo mondo scalcinato, talmente simile al nostro.
    Complimenti, caro Marco. E un simpatico abbraccio

  201. bellissima conversazione. Mi pare, carissimo Marco, che questo suo spirito amaro e al tempo stesso ridente ci riporti un po’ ai tempi di Totò e Peppino! Che ne dice? Ne è consapevole?

  202. Eccomi qui, scusate il ritardo ma oggi è stata una giornata campale.

    Allora, premetto che questo dibattito mi piace sempre più e voi siete veramente, tutti, stupendi con me. Da quando è uscito il romanzo è sicuramente la cosa più stimolante per me, come autore. GRAZIE. Rispondo…

    – Professor Emilio: se la mette in questo modo non solo rispetto la sua volontà, ma la abbraccio. Davvero, mi sono venuti i lucciconi a leggere il suo messaggio. Grazie. Sul tema “Quelli che il calcio” sono totalmente d’accordo con la sua affermazione. Per spirito della conduzione e modo di raccontare il calcio, la trasmissione si sposa perfettamente con il romanzo. Io sono molto felice di essere stato lì per due domeniche di fila (e, ufficiale: ci torno anche questa domenica qui, 10 febbraio), e sono anche molto orgoglioso del fatto che un giornalista sportivo del calibro di Massimo Caputi mi abbia fatto i complimenti in un paio d’occasioni per come ho raccontato delle azioni da gol. E lo sono per un motivo molto semplice: a me diverte lo spirito goliardico della trasmissione e vivere dal di dentro il mondo della tivù (se pur in parte minima, intendiamoci) è un’esperienza che mi sta arricchendo tanto, ma voglio che passi un messaggio molto chiaro a chi mi guarda da casa: io sono uno scrittore, e un appassionato di calcio. Sono lì per promuovere il romanzo, certo, ma se mi dànno un monitor con una partita io guardo la partita, e la commento, con le mie competenze tecniche sul calcio, provando, oltre a fare del sano intrattenimento televisivo, anche a offrire un servizio quanto più possibile valido dal punto di vista sportivo. Io amo il calcio, raccontarlo per bene e giocarci su è una cosa grandiosa.
    E, per concludere, professor Emilio: io mi vanto di averla tra i miei lettori! Sono davvero molto felice delle sue parole nei miei confronti, e anzi, spero di incontrarla presto in qualche occasione, magari proprio legata ai libri.
    La saluto con un caro abbraccio.

    – per Renata: concordo sulla tua visione, e simpatia!, per il nostro scalcagnato Vanni Cascione 🙂 Hai proprio ragione su tutto. E sono contento che il messaggio che volevo filtrasse, attraverso questo personaggio cui voglio tanto bene, sia arrivato ai lettori. E ringrazio anche te per i complimenti: certe cose dette da una lettrice ti fanno davvero sentire bene!

    – per Antonio: che bel paragone! Be’, Totò e Peppino sono due simboli della mia terra. Inutile dire che sono cresciuto con i loro film (mio padre comprava una collana di vhs in edicola, settimanalmente, con tutti i film di Totò), li conosco a memoria. Posso dire che sì, riflettendoci l’ironia napoletana è agrodolce: riusciamo a scherzare e fare di tutto un gioco, ma conserviamo sempre vivo l’altro lato della maschera; un ghigno che è metà allegria e metà rassegnazione per certe cose che proprio non cambiano mai.
    Grazie anche a te Antonio per questa osservazione.

    Sono qui se avete voglia di domandarmi altre cose!

    Marco

  203. Marco Marsullo, tanti complimenti per la bella pagina su Sette del Corriere di oggi firmata da Antonio D’Orrico. Parla di te e del tuo libro in maniera molto, molto lusinghiera!

  204. Letizia e Amelia Corsi: vi ringrazio tanto. In effetti le parole di D’Orrico sono veramente bellissime, mi ha definito un nuovo talento, e io proprio non me lo aspettavo. Dopo quelle di Gianni Mura su Repubblica, e le ultime di Ida Bozzi su l’ultimo numero de La lettura del Corriere… be’, direi che sto apposto per una vita intera 🙂

    Marco

  205. Caro Marco, mi scuso con te e con le lettrici e i lettori di Letteratitudine se non sono più intervenuto. Purtroppo ho dovuto fare i conti con una terribile influenza (peraltro non ancora del tutto passata).

  206. Ne approfitto, caro Marco, per farti i più sinceri complimenti per il grande successo che sta riscuotendo il tuo romanzo (a tutte le latitudini, direi). Complimenti davvero!

  207. Grazie Amelia, sì, la recensione di Ida Bozzi su La lettura del Corriere è stata fantastica, 5 quadratini su 5 per la storia, e 4 su 5 per lo stile. Uau. 🙂
    in più il romanzo è entrato nelle classifiche dei più venduti un po’ ovunque e questa cosa mi rende sempre più felice. ma la cosa più bella sono le mail dei lettori, continue, e sempre più appassionate.
    Che dire: GRAZIE A TUTTI.

    Massimo: tranquillo. ora stai meglio?

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