Novembre 18, 2024

66 thoughts on “CENT’ANNI DI VITALIANO BRANCATI

  1. L’articolo è molto bello, Massimo. Brancati è un autore che ho amato e che amo tutt’ora. Più tardi darò un’occhiata ai video, poi tornerò a scrivere.

  2. Dimenticavo… stessa cosa come Barbara. Nemmeno io vedo i video sulla pagina. C’è uno spazio bianco al loro posto. Li vedrò comunque direttamente su youtube.
    Poi ti segnalo un altro problema. Ogni volta che apro la pagina non vedo nulla. C’è uno spazio bianco. Per leggere l’articolo devo scendere giù in basso. E non visualizzo la colonna destra. Non so se è un problema del mio computer o è cosi anche per gli altri.

  3. Intanto complimenti per il blog. E’ da un po’ di settimane che la seguo.
    Le confermo le difficoltà di visualizzazione segnalate da Barbara e da Rosa.
    Bello sia l’articolo che i video (visti su you tube).
    Per me Brancati è uno dei più bravi autori del novecento. Ha sbagliato chi lo ha tacciato di provincialismo.
    Buon fine settimana.

  4. Matteo Collura, nella sua bella prefazione all’edizione 2003 (allegata al Corsera) dell’incompiuto ”Paolo il caldo”, ha scritto, fra le altre utili cose, quanto segue:
    ”(…) Paolo il caldo e’ un’opera di fantasia, ma come tutte le altre di Brancati ha una forte carica moralistica oltre che realistica. E vengono, moralismo e realismo, da un incessante ascoltare e auscultare la vita, quella propria e quella degli altri, per ricavarne materia narrativa e nello stesso tempo risentiti e severi ”avvisi ai naviganti” nel mare assurdo e bellissimo, e percio’ drammaticissimo, dell’esistenza umana.” (p.8).
    Belle parole, direi. Condivisibili.
    Complimenti anche a Massimo per il bel pezzo sul Mattino.
    Sergio Sozi

  5. Mi renderò probabilmente impopolare, ma premetto che di Brancati ho letto solo “Il bell’Antonio”, quindi la mia opinione parte da un angolo di visuale certamente minimale.
    Lo scittore ha (per me) capacità descrittive notevoli. Le facce, le situazioni e i luoghi ce li dipinge talmente bene da renderli “tangibili”.
    Ma tutto ciò che avviene, però, come se avesse soltanto un ripostiglio come spazio vitale. Avverto come un senso claustrofobico e ossessivo legato non tanto alle vicende, quanto alla dimensione nella quale le vicende stesse avvengono. Grande sensazione di attufamento, insomma.

  6. Io di Brancati conosco soltanto i romanzi.
    Il mio preferito è “Il bell’Antonio” che guarda caso è l’unico letto da Enrico Gregori. Io però questo senso claustrofobico non l’ho percepito. Non è che lei, Enrico Gregori, l’ha letto mentre era rimasto bloccato dentro un ascensore?
    Smile

  7. Qualche piccolo problema di visualizzazione ce l’ho anch’io, sai?
    Per quanto riguarda i video sono passata da youtube attraverso i link che hai messo nel post, solo che l’adsl oggi mi va lentissimo. Provo più tardi e ti faccio sapere.
    Smile

  8. In tal caso qualche spiritosone potrebbe sempre dire: vabbé, allora dev’essere un signor libro.
    Smile

  9. Grazie per i commenti.
    Lunedì scriverò alla redazione di kataweb per quanto concerne i problemi segnalati.
    Altre considerazioni su Brancati?
    Sui video caricati su YouTube?

  10. “Il bell’Antonio” è certamente un signor libro. Non ho infatti detto che è brutto, ma che mi rompe la palle. Anche Monica Bellucci è bella, ma quando recita mi rompe le palle…….spiritosona 🙂

  11. Io sono meno Belluccia di Monica, non so recitare, ma in compenso sono molto simpatica.
    E adoro Brancati e “Il bell’Antonio”.
    Smile

  12. Brancati ha scritto solo ”signori libri” – almeno dal ”Don Giovanni” fino alla prematura scomparsa.
    Sozi

  13. P.S.
    …ed oggi se ne parla solo in occasione di una ricorrenza soltanto perche’ l’invidia generalizzata per i veri scrittori e’ talmente diffusa da ingenerare il silenzio critico.
    Sozi

  14. A proposito di prematura scomparsa… ho visto i video. Molto interessanti. Non ero al corrente della storia dell’intervento chirurgico per una cosa banale.
    Grazie Max.
    Smile.

  15. Ecco. Quando arriva, lapidario e definitivo, il commento di Sergio Sozi io mi sento come lo strimpellatore di chitarra della Metropolitana davanti a Segovia 🙂

  16. Omaggio a Brancati
    =
    di Cettina Messina
    =
    Intensa performance di Anna Proclemer alle Ciminiere di Catania il 24 luglio in occasione del centenario della nascita dello scrittore siciliano
    =
    Una scenografia totalmente buia ed essenzialista, bucata da due leggìi chiari, a lato un calice con un bicchiere che, da lontano, pareva quasi una maschera argentata: così si presentava il palco prima dell’arrivo dell’attrice Anna Proclemer e di sua figlia, Antonia Brancati. Pian piano tutto ha preso colore grazie alle letture delle due donne, talora avvincenti, talora pacate, talora intimamente struggenti. Entrambe hanno ripercorso alcuni tra i brani più significativi dell’arguto letterato, cominciando dal tema a lui preferito: la donna. “Contrariamente a ciò che pensa la maggior parte degli uomini, io credo che solo con le donne si debba parlare di cose gravi e tormentose […] Voi togliete al pensiero quanto esso ha di più tragico”. Così dice l‘ autore in Singolare avventura di Francesco Maria e da ciò si può dedurre facilmente che egli è un apparente misogino; in realtà la componente sessuale-sensuale nelle opere di Brancati è determinante, tanto che egli è rimasto famoso soprattutto per il cosiddetto “gallismo” che emerge spesso nelle storie umane da lui descritte. Il sesso è spesso, come sottolineato anche dalle lettrici interpreti della serata, una metafora per evidenziare il vuoto profondo che la dittatura fascista e gli abusi del potere avevano lasciato al mondo. “Non amo la mia epoca” scriveva Brancati sulla rivista “Il tempo” nel 1941; nonostante ciò il suo impegno intellettuale e civile è stato comunque sempre costante e vigile. Lo attestano scritti come Il bacio, racconto del 1938 di spirito gogoliano, in cui è palese la riflessione sul fascismo ed il sovrintendente somiglia tantissimo, nel suo temperamento, a Mussolini; straordinaria è nello scrittore la capacità di passare dal registro comico – grottesco alla struggente quotidianità, e la lettura della Proclemer ha reso ciò ancor più evidente. Tra le altre opere citate, sempre di sapore politico, ricordiamo Epigrafe ai piaceri della crudeltà del 1943, ed in particolare il saggio Ritorno alla censura, sfogo personale di Brancati riguardo un’opera teatrale, La governante, scritta da lui per la Proclemer, che fu soggetta a censura e potè essere rappresentata solo nel 1965, 11 anni dopo la sua morte.

    Così, parlando con le stesse parole di Brancati, la serata si è conclusa in un’atmosfera malinconica, forse proprio come l’animo di Brancati, suggellata da due lettere d’amore, una, quella che lo scrittore aveva inviato tanti anni fa all’attrice già famosa, dichiarandole il suo amore, letta da lei stessa appassionatamente, e l’altra, quella che, tanti anni dopo la sua morte, la Proclemer ha scritto a lui, piena di nostalgia. Duemila cartoline, raffiguranti l’immagine di Vitaliano Brancati, su disegno di Bruno Caruso, sono state distribuite al pubblico, lasciando il segno di una personalità riservata, ma incisiva nella cultura italiana.
    =
    Fonte: La Svolta.net
    http://www.lasvolta.net/index.php?option=com_content&task=view&id=450&Itemid=1

  17. Immaginiamo che esista al mondo un pazzo (o una pazza) che in vita sua non ha mai letto nulla di Brancati e che dopo essersi imbattuto (o imbattuta) in questo post desideri redimersi. Ecco, immaginando che esista un pazzo (o una pazza) del genere, con che libro consigliereste di cominciare?
    Uno… o una

  18. Caro Uno o Una:
    secondo me in questo caso e’ meglio lasciar perdere la filologia ed iniziare a conoscere Brancati dalla ”omega”: ”Paolo il caldo”: sintetico, rappresentativo di un uomo-scrittore e di una scrittura giunta all’apice della propria tremenda bellezza.
    Saluti
    Sergio Sozi
    P.S. per Enrico Gregori:
    Enrico, che ne pensi di ”tremenda bellezza”: e’ paranoica o schizofrenica questa contraddizione in termini?

  19. Caro Sergio, così a freddo mi viene da rispondere che la bellezza “tremenda” è quella irraggiungibile. Che, insomma, possiamo solo ammirare. Ovviamente, invece, ci piacerebbe goderne. Quindi, nell’intimo, ci crucciamo. Ma all’esterno comunichiamo un chè di critico. Esempio: Cameron Diaz è bella….però, certo, le caviglie non sono un granché.
    Alla ricerca del difetto perfetto, insomma, per darsi una giustificazione nel non poter raggiungere la bellezza “tremenda”.
    ps: credo di averti dimostrato con questa digressione che io, invece, sono schizofrenico 🙂

  20. Per tornare a noi – o meglio a Vitaliano Brancati:
    a pag. 2 di ”Paolo il caldo”, c’e’ una brevissima descrizione di Santa Maria del Fiore, della torre del Palazzo della Signoria e del campanile di Santa Maria Novella a Firenze, che secondo me tratta della bellezza come concetto:
    ”Nello spazio tenebroso e universale in cui sono immerse, queste tre forme di grande bellezza, cosi’ umane e vive di genio, danno la pena sottile che si prova nel vedere l’opera dell’uomo misurarsi col tempo e lo spazio. Pena che possiamo superare soltanto con l’aiuto della divina ragione, che ci spiega come il processo, per cui siamo arrivati a concepire l’infinito e l’eternita’, e’ quello stesso con cui si riesce a comporre la Quinta Sinfonia o a disegnare la cupola di Santa Maria del Fiore, e che dunque i due effetti di una stessa audacia della mente non hanno nulla da temere l’uno dall’altro, essendo di pari forza, natura ed estensione.”
    Ecco. Tant’e’. Questa e’ la bellezza anche secondo me.
    Sergio Sozi

  21. Da Don Giovanni In Sicilia.
    “Non c’era uscita che quella di diventare freddo, indifferente, e ironico. Ed egli la imboccò alla men peggio, sebbene quel dover sempre sorridere con mezza bocca lo riempisse diamaro come una foglia di aloe. Ma insomma, sia fatta la volontà di Dio!”

  22. CIAO CETTYYYYYYYYYYYYYYYYY!
    Sono contenta che abbia iniziato a scrivere su questo blog la cara collega e amica Cettina Messina da Augusta… Abbiamo insegnato a Noto assieme – io però sono di Siracusa. E ora la ritrovo a parlare di Brancati su Letteratitudine… Il web è piccolo! Visitate il sito in cui scrive, è molto interessante.
    Dopo questo mio esordio personale che non giova a niente e a nessuno, torniamo seri.
    Brancati è un autore che secondo me si inserisce in quella corrente siciliana di esploratori, di scavatori della verità con le armi di un’affilata ragione temperata dal sorriso e spesso da un ghigno amaro e beffardo. Pirandello docet. Sciascia, così illuminista e a volte così cupo nella sua ironia su uomini e cose. é a torto considerato un provinciale ma, come diceva Gogol’ se non sbaglio, parla del tuo paese e sarai universale. E Brancati ha fatto proprio così.
    Mi sono rimasti in mente dei flash: le fans di Mussolini ingravidate guardando la sua foto – che moderna questa visione della propaganda come matrice di mostri!!! – , le occhiate allupatamente disperate dei “galli”, le loro fantasie di storie con tanto di matrimonio e figli che svaporano con lo scirocco, la governante – che pièce! da brivido – tormentata dalla sua natura diversa e dalla sua ragione così scettica e protestante…

  23. Alcuni aforismi di Vitaliano Brancati:
    – Ci sono sofferenze che scavano nella persona come i buchi di un flauto, e la voce dello spirito ne esce melodiosa.
    – La felicità è la ragione.
    – L’avvenire non è un dono del cielo, ma è reale, legato al presente come una sbarra di ferro, immersa nel buio, alla sua punta illuminata.
    – Un uomo può avere due volte vent’anni, senz’averne quaranta.
    – La ricchezza guasta l’intelligenza, come un pasto troppo forte vela di sonno anche l’occhio più vivace.
    – È vero che ciascuna persona ha sotto il braccio il libro che si merita.
    – L’anima è eterna, e quello che non fa oggi, può farlo domani.

  24. Scusate… per meglio precisare:
    – Ci sono sofferenze che scavano nella persona come i buchi di un flauto, e la voce dello spirito ne esce melodiosa. (da Paolo il caldo, Bompiani)
    – La felicità è la ragione. (da Paolo il caldo)
    – L’avvenire non è un dono del cielo, ma è reale, legato al presente come una sbarra di ferro, immersa nel buio, alla sua punta illuminata.
    – Un uomo può avere due volte vent’anni, senz’averne quaranta. (da Paolo il caldo)
    – L’anima è eterna, e quello che non fa oggi, può farlo domani. (da Paolo il caldo)
    – La ricchezza guasta l’intelligenza, come un pasto troppo forte vela di sonno anche l’occhio più vivace. (da I piaceri)
    – È vero che ciascuna persona ha sotto il braccio il libro che si merita. (da Lettere al direttore)

  25. Grazie, Attilio: Lei ha reso perfettamente la poliedricita’ filosofica di Brancati.
    Attilio: tu me fai ”ammazza’ da ‘e risate!” Grazie di cuore anche a te!
    Sergio

  26. Alla sig.ra Maria Lucia Riccioli:
    ”giusterrimo” direi: ”Parla del tuo paese e sarai universale. E Brancati ha fatto proprio cosi”’.
    Brava! Eccellente constatazione, sia che l’abbia partorita Gogol’ sia che venga dalla notte dei tempi o dal vagito di un bambino (solo i bimbi sono saggi, insieme ai fili d’erba). Altro che provincialismo, non diciamo fesserie.
    Sozi

  27. Errata gorrige:
    Prima ho scritto Attilio ma intendevo Enrico. Che me fa ammazza’ da ‘e risate.
    Sergio

  28. Rierrata corrige:
    era un ”errata corrige” e non ”gorrige”! (Povero me, stanotte! Sto scrivendo un lavoro critico su Diego Marani e intanto sorseggio… non acqua: si vede? Censuratemi pure.)
    Sergio nonche’ Sozi

  29. Uno o una (ma sei un trans?), come vedi la mia insofferenza nei confronti di Brancati è opinione isolata. Peraltro, confermo che lo scrittore è di grandissimo valore. Diciamo che non è nelle mie corde. Ma aldilà delle personali valutazioni di chiunque, è sempre meglio leggere e farsi una propria idea…potendo

  30. Desidero solo preservare l’anonimato in maniera simpatica. Per questo Uno… o una.
    Se finora non avevo letto Brancati un motivo c’è: il sospetto di addentrarmi in un tipo di lettura che lascia strascichi come quelli da lei simpaticamente descritti.

  31. preservi, preservi. Certo, se lei dichiarasse almeno il sesso, sarebbe facilissimo individuarla. Supponamo che lei si manifestasse come “uno”, qui sarebbe un coro: “Uno? ah sì, Gerardo Bussetti, quello che abita in via della Concordia 77 a Guglionesi!”

  32. L’obiettivo era scegliere un nomignolo che non passasse inosservato, e dal suo commento credo di esserci riuscito… o riuscita.

  33. @ Uno… o una.
    Gentile signore… o signora,
    abbandoni le sue perplessità e si dia alla lettura di Brancati. Io le ho consigliato di partire dal Don Giovanni, ma si affidi pure al suo istinto.
    Una cosa importante è la seguente: quando qualcuno inizia l’avventura di reciproco scambio (scambio perché lei offre un po’ del proprio tempo in cambo, si spera, di una forma di arricchimento o quantomeno di intrattenimento) con un libro il primo consiglio utile è quello di procedere alla lettura senza essere prevenuto… o prevenuta.
    (Peccato che mi chiamo Massimo Maugeri. Se mi fossi chiamato – che ne so – Piero Chiara avrei potuto chiudere scrivendo: “non so se sono stato chiaro… o Chiara”).

  34. Gentile signor Gregori, oggi è davvero difficile incontrare qualcuno capace di riconoscere il genio altrui. Il suo commento le fa onore.
    Gentile signor Maugeri, leggerò Brancati, stia tranquillo. Io sono una persona intellettualmente onesta e in quanto tale non posso essere prevenuta (e poi persona “prevenuto” non funziona).

  35. Sulla pièce “La governante”.
    La vicenda è imperniata su Caterina Leher, governante francese calvinista, considerata da tutti un modello d’integrità, assunta in casa Platania, famiglia siciliana e borghese trapiantata a Roma. A farle da contraltare è Leopoldo, il patriarca di casa. Se in Caterina il calvinismo è operante (è una donna che non perdona a se stessa), il cattolicesimo di Leopoldo è un’abitudine che come tale fa a meno anche dell’osservanza. Ma Caterina vive segretamente la propria omosessualità, che non riesce a non considerare una “colpa”…
    La governante è senz’altro il capolavoro teatrale di Vitaliano Brancati. Nei primi anni Cinquanta la commedia fece scandalo e la censura ne impedì la messa in scena, nonostante l’appassionata difesa dell’Autore che avvertiva: “la sostanza della vicenda è più la calunnia che l’amore fra due donne”. La commedia poté finalmente essere rappresentata solo undici anni dopo la morte di Brancati e da quel momento è stato uno dei più riusciti e fortunati pezzi teatrali degli ultimi decenni.

  36. ciao massimo. complimenti per l’articolo. bello.
    i video sono molto istruttivi.
    e le tue iniziative sempre lodevoli 🙂
    lu

  37. Sul fatto che Brancati amava la Proclemer non ci sono dubbi. Sul viceversa non ci metterei la mano sul fuoco. Ricordo che lo scrittore fu lasciato un anno prima della morte.

  38. La questione sull’opera di Vitaliano Brancati
    =
    di Antonio Magliulo
    =
    Talvolta, quando ci si accosta alla produzione letteraria di Brancati, si tende a confinarla entro ambiti demarcati, ristretti, come se la sua opera dovesse ritenersi esaurita, conclusa entro i limiti spazio-temporali in cui l’autore visse ed operò.

    Grava sul nostro artista un semplicistico cliché, che tende a consegnarlo ai posteri come un pensoso ed inquieto testimone di un mondo erotico, tutto meridionale, che non esiste più.

    Prima, però, di affrontare la questione che riguarda l’opera dell’autore siciliano, gioverà, ripercorrere le principali tappe della sua esistenza.

    Nacque, Vitaliano Brancati, nel 1907, a Pachino, in provincia di Siracusa. Giovanissimo, si trasferì con i propri familiari dapprima a Modica e poi a Catania, dove compì la sua formazione culturale. Qui, infatti, Brancati cominciò i consueti studi, accostandosi alle Lettere e appassionandosi, in particolar modo, a Gabriele D’Annunzio. Nel 1922 aderì al Partito Fascista.

    Nel 1929 conseguì la laurea in Lettere, con una tesi su Federico de Roberto, dopo di che si trasferì a Roma, dove cominciò a scrivere, come redattore, per “Il Tevere” e, successivamente, per il settimanale “Quadrivio”. Appartengono a tale periodo le prime opere drammatiche, d’ispirazione fascista, poi ripudiate: “Fedor” e “Piave”. Nel 1930, Brancati si rivolse ad una nuova forma letteraria, il romanzo. Scrisse, infatti, “L’amico del vincitore”, opera imperniata sulla borghesia del tempo e nella quale è facile cogliere spunti autobiografici, che denotano un’esistenza fragile e preludono all’interesse che lo scrittore manifesterà, poi per i temi della sensualità, e dell’eros. Fu, “L’amico del vincitore”, il primo componimento di satira, e pungentemente ironico risulterà, il carattere dell’intera sua produzione letteraria successiva.

    In seguito, pur di non scendere a compromessi col regime, l’autore lasciò Roma e fece ritorno in Sicilia. Nel 1934, scrisse: “Singolare avventura di viaggio”, che venne censurato dai fascisti per idee contrarie al buon costume. Il 1936 è l’anno che segna la sua collaborazione con la rivista letteraria “Omnibus”, soppressa pochi anni dopo, a causa della sua impronta liberale. Dal 1939 al 1941, Brancati si dedicò all’insegnamento, in seguito tornò nella capitale e pubblicò: “Gli anni perduti”, opera nella quale è evidente la disillusione verso la realtà, socio-politica del suo tempo. Nel ’42 pubblicò: “Don Giovanni in Sicilia”. Trattasi di una storia sensuale e spregiu-dicata. Protagonista ne è il quarantenne Giovanni Percolla. Egli ha trascorso una pigra esistenza, vezzeggiato da tre premurose sorelle e attorniato da amici, con i quali intavola, quotidianamente, fantasiosi discorsi sulle donne. Inaspettato, arriva l’amore: incontra la marchesina Ninetta di Marronella, la sposa e si trasferisce a Milano con lei. Qui, per Giovanni, la vita cambia radicalmente. L’uomo a contatto con la mentalità, del Nord, diventa attivo, efficiente, concedendosi persino delle avventure extraconiugali. Un giorno, la coppia decide di fare un salto in Sicilia. Giovanni è accolto dalle sorelle a braccia aperte e, grazie alle loro attenzioni e all’incomparabile spettacolo di bellezza offerto dalla propria terra, ritrova il gusto del dolce far niente, per cui decide di non tornare più a Milano.

    Nel ’42, Brancati conobbe l’attrice di prosa Anna Proclemer, che sposò qualche tempo dopo. Nel ’44 pubblicò il racconto “Il vecchio con gli stivali”, nel quale affronta il tema dell’inettitudine dell’uomo, sopraffatto dalla realtà, del proprio tempo. Nel ’46, l’autore si stabilì definitivamente a Roma e nel ’49 pubblicò “Il bell’Antonio”. La vicenda parla di una giovane coppia di sposi: Antonio Magnano e Barbara Puglisi, il cui matrimonio non è stato ancora consumato. Antonio, con un passato di grande conquistatore di cuori femminili, è molto innamorato della moglie, che è donna, per altro, di rara e soave bellezza, tuttavia, nell’intimità,, prova verso di lei un’inspiegabile inibizione, che lo porta a pensare d’essere impotente. Nel piccolo paese dove i coniugi vivono scoppia lo scandalo. I genitori di Barbara, mossi in realtà, dalla prospettiva di maritare la figlia ad un facoltoso notabile locale, chiedono l’annullamento del matrimonio e così Antonio resta solo ed affranto, a meditare sulla propria, amarissima sorte.

    Nel 1953, Brancati troncò il proprio legame con la Proclemer. Si spense l’anno successivo, a Torino, all’età, di soli quarantasette anni.

    Nel ’55 venne pubblicato postumo il romanzo incompiuto “Paolo il caldo”, storia di un’ossessione erotica, che riprende i consueti temi dell’eros, ma da alcuni ritenuta la più distintiva e matura della produzione brancatiana, perché il primitivo moralismo cede il passo ad un’analisi fredda e razionale sulla crisi e l’annullamento dell’individuo, conseguente alla perdita dei valori nella società, borghese.

    Oltre che di letteratura, Brancati si occupò anche di cinema, scrivendo pregevoli sceneggiature. Da segnalare: Anni difficili (1947); Signori in carrozza (1951); Guardie e ladri (1951); Altri tempi (1952); L’arte di arrangiarsi (1955); Dov’è la libertà, (1954); Viaggio in Italia (1954);

    Fra le opere teatrali di Brancati vanno ricordate: “Le trombe di Eustachio” (1942); “Don Giovanni involontario” (1943); “Raffaele” (1946) “La governante” (1952). Da menzionare ancora, per la saggistica: “I piaceri”; (1946) “I fascisti invecchiano” (1946) e “Ritorno alla censura” (1952).

    L’equivoco in cui è incorsa certa critica è quello cui si accennava in principio, cioé di aver liquidato l’opera brancatiana come una forma di bozzettismo provinciale, intriso d’ironico moralismo e tutto teso a indagare le torbide pulsioni erotiche del maschio meridionale frustrato. Una simile interpretazione (che per fortuna, è quasi del tutto superata) è però fuorviante, giacché è vero che Brancati descrive un certo ambiente, in un determinato periodo storico, ma lo fa alludendo ad un mondo parallelo, ben più ampio del suo. Ugualmente sbagliato sarebbe ricercare il valore della sua arte nelle vicende dei suoi personaggi, perché esso è piuttosto in ciò che fa loro da sfondo, ossia nella denuncia, volutamente soffusa, della meschinità,, dell’ipocrisia e del pregiudizio, che caratterizzano, storicamente, larga parte della società, borghese. Rivolgendosi all’opera dello scrittore siciliano, si dovrebbe perciò esaminarla come si fa con un dipinto, in cui l’atmosfera circostante e le figure secondarie giocano spesso un ruolo considerevole e persino rivelatore per la sua comprensione. La narrazione, infatti, è risolta attraverso un abilissimo gioco plastico (tanto caro al cinema barocco) teso a dare rilievo ora ai personaggi principali ora al contesto in cui essi si muovono. E’ proprio la sottilissima psicologia d’ambiente, così presente in ogni racconto di Brancati, a conferire sostanza e prospettiva alla sua opera, traendola dal contesto storico-geografico suo proprio e rendendola universale.

    Si potrebbe a questo punto obiettare che la Sicilia, che l’autore propone, non è l’universo, ma una realtà, ristretta, immobile, ferma ad un tempo passato e che soltanto in alcuni quadretti umoristici ha le sembianze di una donna in nero, con l’indolente “galletto” all’angolo del bar e il metallico suono dello scacciapensieri, che riecheggia nei vicoli paesani. Certo, la Sicilia non è più così e, soprattutto, non è mai stata interamente così, nemmeno nel passato. Ma Brancati, come ogni artista, propone quel che meglio conosce, parte dalla propria realtà, storico-ambientale, dilatandola, esasperandola e connotandola persino di grottesco, attraverso un congegno ironico, che non è fine a se stesso, ma ha l’intento di denunciare vizi e contraddizioni del consorzio umano. Il gallismo e il machismo a cui allude Brancati non sono tanto peccati capitali, quanto sintomi di un atteggiamento mentale distorto e, perciò, da respingere. L’autore tratta prevalentemente di passioni erotiche, non perché ne sia compiaciuto o scandalizzato, ma perché esse hanno una parte importante nella vita umana. Talune situazioni estreme (vedasi, ad esempio, quelle esposte in Paolo il caldo) sono la metafora della crisi della società, borghese, per cui il sesso diviene l’unico contatto possibile con una realtà, sfuggente, in cui l’individuo non crede più.

    Quella descritta dall’autore siciliano è un’ampolla di vetro, da cui riemerge il vecchio mondo del Sud, ma in cui può anche specchiarsi, e talvolta riconoscersi, l’uomo del nostro tempo.

    Ecco perché, ad esempio, una figura come il “bell’Antonio”, il cui problema dell’impotenza virile sembrerebbe oggi definitivamente superato dall’evoluzione della mentalità, e del costume, risulta ancora attuale. Se Brancati potesse ridisegnare oggi un simile personaggio, gli attribuirebbe quasi sicuramente i medesimi connotati, quelli cioé d’un individuo sensibile, afflitto dalle proprie manie e ossessionato dal dover dimostrare a qualcun’altro le proprie capacità, prestazionali (forse, non più necessariamente amatorie) e alla fine ugualmente frustrato, sconfitto, perché annichilito dal peso della competizione, in un contesto, perennemente “in gara”, ed ai cui ritmi frenetici è, talvolta, difficile adeguarsi.

    Lungi dall’esser tramontata con la scomparsa del suo autore, opera brancatiana conserva tutta la sua vitalità,, in quanto originatasi in un animo sensibile e scaturita da amore per la verità, e desiderio di rinvenire i valori più alti della vita.
    =
    Bibliografia essenziale
    – P. Pancrazi, Scrittori d’oggi, serie IV (Bari, 1946)
    – G. Ravegnani, Uomini visti, Volume II (Milano 1955)
    – Falqui, Prosatori e narratori del Novecento italiano ( Torino, 1950)
    – S. Guarnieri, Cinquant’anni di narrativa (Firenze, 1955)
    – L. Jannuzzi, Vitaliano Brancati (1975, Milano)
    – E. Ragno, Vitaliano Brancati (1984, Roma)
    =
    FONTE:
    Prometheus
    Quindicinale di informazione culturale
    Direttore responsabile: Gianfranco Restivo
    ——————————————————————————–
    Anno II. N. 30 – lunedì 22 luglio 2002
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  39. Laureato in lettere, insegnò all’Istituto magistrale di Catania, per trasferirsi in seguito a Roma.
    Nel dopoguerra collaborò come soggettista e sceneggiatore a numerosi film italiani. Le sue prime esperienze di scrittore sono rappresentate da una serie di opere teatrali di carattere eroico, di romanzi politico-avventurosi e di racconti quasi mondani che vanno da Piave (Milano, 1932) a L’amico del vincitore (Milano, 1932), primo tentativo di rappresentazione satirica del mondo della borghesia siciliana in cui già é presente quello spunto politico che diventerà uno dei temi costanti della sua narrativa, a Singolare avventura di viaggio (Milano, 1934), e a In cerca di un sì (Catania, 1939), che rivelano l’acuta osservazione di costumi che é il fondamento della sua esperienza di scrittore. Nel 1941 Brancati ripudiava tutta la sua opera precedente, pubblicando Gli anni perduti (Firenze, 1941) e Don Giovanni in Sicilia (Milano, 1941). Nasce così, quasi di colpo, il cupo, amaro, disperato moralismo di Brancati, indagatore dell’eterno vizio di pigrizia, di incapacità di azione, di debolezza morale della società borghese meridionale, che a un certo punto si riverbera sull’intera situazione della borghesia italiana, descrivendone l’immagine di vizio, inganno, morte.
    Gli anni perduti é il romanzo dell’immobilità angosciosa, perché inconscia, della società cittadina di un grande centro della Sicilia, in cui è riconoscibile Catania: una gioventù fra fragili avventure, aspirazioni incerte, miti, desideri sempre delusi (per incapacità di autentica liberazione e di slancio di azione) di evasione verso il continente e Roma, concepiti come i centri della vita vera, e un ricadere ogni volta più cupo nella noia provinciale, nell’inutile rovello, nei vuoti discorsi, sempre uguali come ritornelli di un’esistenza che trapassa insensibilmente dalla giovinezza alla maturità senza che nulla muti, né vengano la coscienza del vivere, un impegno, uno scatto sincero. Don Giovanni in Sicilia ha lo stesso intento acremente corrosivo: qui, é il siciliano emigrato, l’uomo che ha fatto il gran passo, che ha trovato la forza di liberarsi dalle costrizioni dell’ambiente siciliano, dai complessi insulari, che é andato al Nord, a costituire il termine dell’indagine dello scrittore, che lo indica nel punto del suo fallimento, nel suo ricadere, non appena le vicende dell’esistenza gliene offrono l’occasione, nei vizi antichi, in quell’abissale pigrizia e incapacità di seria volontà morale, in cui, secondo lo scrittore, sta il vizio profondo della borghesia meridionale. Si inserisce a questo punto la scoperta da parte di Brancati delle ragioni politiche di questa disgregazione morale, o, meglio, l’espressione politica di questa condizione diminuita e perduta, nell’enorme, grottesco inganno e oppressione che fu il fascismo (che gli dà la chiave, altresì, per cercare di allargare all’intera borghesia italiana il senso della sua analisi): e ne nascono i testi più significativi della sua narrativa, da Il vecchio con gli stivali (Milano, 1945) a Il bell’Antonio (ivi, 1949). La vicenda del povero impiegato che, per migliorare le proprie condizioni economiche, riesce, entrando nella trama delle piccole truffe, nei compromessi, negli inganni meschini del sistema fascista, a farsi passare per antemarcia ottenendo il sussidio e facendo una modestissima carriera, così che, alla liberazione, finisce unico epurato, e proprio dai suoi superiori di ieri, più abili di lui a farsi meriti per dopo, non é l’elegia del povero diavolo che, nei rivolgimenti, finisce per andare sempre di mezzo: é la rappresentazione acremente ironica, impietosa, del vecchio che si mette gli stivali, che sostiene il sistema grottesco del fascismo, perché non ha fede che nell’astuzia, non ha altra etica che la famiglia, il piccolo guadagno; e la satira cade violenta, su di lui come sui più impotenti profittatori del regime che lo proseguono al di là della caduta perpetuandone i metodi. Sono le stesse ragioni che sostengono la grandiosa, forte e colorita, acre e ridente irrisione contenuta ne Il bell’Antonio: da un lato, la rappresentazione più matura del mondo catanese, quello degli Anni perduti, con i suoi miti, le sue vane tensioni, le sue attese a vuoto, i pettegolezzi, resi più sapidi dall’atmosfera della dittatura; dall’altro, la rappresentazione corrosiva del fascismo nei suoi miti di sesso, possesso, conquista, infantilismo; in mezzo, la vena disperata e funebre di Brancati, che spunta fuori della sua violenza irridente e beffarda, e usa ora la metafora del bell’Antonio, il giovane bellissimo e impotente che rappresenta a tratti come il limite grottescamente incarnato proprio nel supremo ideale del fascismo e della società borghese e meridionale, il sesso, dell’impotenza morale, militare, politica del regime, del suo fallimento, della disfatta italiana, ora interviene con la diretta dizione della coscienza desolata dell’inutilità degli sforzi di mutare il mondo, secondo una posizione in cui l’odio per la dittatura e il senso del ridicolo si uniscono con la consapevolezza ancestrale che non ci sarà nulla da fare, che la società italiana è guasta fino in fondo, e altri “mostri” sorgeranno dal cadavere del fascismo. Nasce di qui l’ultima opera, Paolo il caldo (Milano 1955), incompiuto romanzo della disperazione, dello scetticismo radicale, dell’annullamento, perseguito attraverso l’analisi atroce della dissoluzione fisica e mentale del protagonista nel sesso, come l’unico contatto che gli é possibile con una realtà che gli sfugge, in cui non crede più, entro una società che é ormai ricaduta nei vizi morali di sempre, nella corruzione, nell’inganno, nella menzogna, nell’erotismo come al tempo più oscuro del fascismo. Il protagonista di Brancati precipita verso l’autodistruzione, con disperazione e con ironia sempre più desolata e triste, sempre più scettica e al tempo stesso piena di rovello per il rinnovamento che non c’è stato.
    =
    da: Grande dizionario enciclopedico UTET

  40. Ricordo una bella rappresentazione de LA GOVERNANTE di Vitaliano Brancati al Teatro Stabile di Catania. Sarà stato qualche anno fa.
    Gli attori erano: Andrea Jonasson, Pippo Pattavina, Luca Biagini.
    Bellissima!
    Mi piacerebbe rivederla nuovamente, con gli stessi attori, ma anche con un cast diverso.

  41. Pensavo che sarebbe bellissimo vedere una rappresentazione de LA GOVERNANTE interpretata dalla bravissima Laura Morante. Non so se siete d’accordo.

  42. Certo, anche se la bellissima Morante ultimamente sta combinando poche cose e troppo… televisive.
    Sozi

  43. Vi ringrazio molto per i nuovi commenti. Davvero!

    @ Cicerone 2:
    Ti ringrazio moltissimo. Sei davvero prezioso. Però penso che questi tuoi interventi siano più che sufficienti. Non vorrei che traslassimo qui tutti i riferimenti enciclopedici dedicati a Brancati.

  44. @ Gemma.
    Anche a me piace molto la Morante: brava, bella e di classe (non necessariamente nell’ordine).
    Te lo dico in un orecchio (non ascoltare Sergio Sozi; è un po’ scocciato perché Laura ha declinato il suo invito a interpretare un personaggio femminile che affiancava il suo Euterpe Santonastasio in una scena amorosa. Euterpe, naturalmente, doveva interpretarlo lui).

  45. Complimenti per l’iniziativa. Lodevole, come ha già detto qualcun altro. Lodevole, ma inutile. Potete parlare di Brancati fino alla nausea ma secondo me non ci saranno nuovi lettori. Diciamo la verità. Ormai nessuno legge i classici, tranne quelli che ci sono costretti per motivi di studio. Leggono in pochi, l’offerta di libri nuovi è tanta. perché si dovrebbe leggere ancora Brancati?

  46. Ad Actarus:
    Ed io rispondo sempre senza alcuna polemica.
    Ammesso e non concesso che nessuno oggi legga piu’ i classici, credo che sia un dovere preciso di blog come questo, appunto, ”rinfrescare la memoria” della gente scordereccia di oggi. Mica siamo un branco, no? Qui facciamo delle scelte in base alla qualita’ delle letture. Pertanto Brancati e’ un bravo scrittore e diciamo che andrebbe letto. Poi… gli altri si regolino come meglio credono. Se la gente si e’ instupidita, mica dobbiamo rincretinirci anche noi – e questo sempre senza auto-sopravvalutarsi, certo.
    Cordialmente
    Sozi

  47. senza polemica, ma aspetto speranzoso l’articolo su Evangelisti.
    Il blog è bello, nulla da eccepire.
    Più che cordialmente.
    Actarus

  48. @ Actarus:
    eccoti accontentato (il post su Evangelisti è on line).
    Non sono d’accordo con quello che dici. A mio avviso c’è tanta gente (anche tra i giovani) che legge ancora i classici. E molti lo fanno per piacere personale e non per obblighi.
    Brancati è un autore che vale la pena leggere ancora oggi. È sopravvalutato? Secondo me no. Ma se ne può discutere.

  49. ho letto alcuni libri di Brancati, nella vecchia edizione mondadori, oramai piu` di dieci anni fa.
    Che dire ? Fa per me parte di quella nutrita schiera dei secondi ex aequo. nel senso che non vale calvino, gadda ma sicuramente lo potrei paragonare o vedere simile ad un mario pomilio oppure ad un silone. leggeremente meglio di saverio strati.

    di sicuro un autore da leggere, anche se non un autore che potrebbe cambiarti la vita. ( almeno a me non l`ha cambiata ).

  50. Per Maugeri.
    Su Evangelisti ho scritto e credo che tornerò a scrivere. Outworks conferma la mia impressione su Brancati sopravvalutato

  51. @ Sozi: grazie delle sue parole, sempre gentile…
    @ Maugeri: Ho visto “La governante” interpretata dall’ottima compagnia teatrale di Pachino, città natale di Brancati… Ultimamente c’è stata la settimana brancatiana come ogni anno a Pachino, che non è solo la terra del ciliegino…

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