I paesi della Lucania sono centotrentuno. Di questi, centotrenta sono infelici, mentre il centotrentunesimo è arrabbiato nero. Questo paese si chiama Colobraro. Per una strana assonanza lessicale, il paese sembra chiamarsi così perché somiglia a una “columbària”, cioè a un serpentario. Questo paese sconosciuto è una rocca, una collina rocciosa (da qui i serpenti), un “eden” di ginestre, olivi, boschi e canneti.
Colobraro è un piccolo paese della provincia di Matera – dal capoluogo dista una novantina di chilometri – e dai suoi pianori si possono ammirare gli ineffabili calanchi del materano, i campi di grano sterminati, i giardini di Tursi (il paese del grande poeta dialettale Albino Pierro), le ricche coltivazioni di Policoro, le luci ammalianti di Valsinni (il paese dove visse e dove tragicamente morì la poetessa Isabella Morra), la diga di Senise, l’immenso lago artificiale che dà da bere alla Puglia, e le mastodontiche tubature dell’Acquedotto Pugliese.
Gli abitanti di Colobraro – il paese più arrabbiato della Lucania – sono appena millecinquecento, ma un tempo i colobraresi furono quasi cinquemila. Dove sono finiti tutti i colobraresi? E perché sono così arrabbiati? Qual è il segreto di Colobraro? Ecco, il segreto di Colobraro è che milioni di superstiziosi-imbecilli, in Italia, quando sentono questo nome – Colobraro, appunto – si toccano le palle e fanno le corna sul ferro. Il paese materano, purtroppo, ha una brutta nomèa, ché viene considerato il paese della iella, delle “masciare”, delle fattucchiere e dei sortilegi d’amore – Colobraro è il paese che non si può dire, in definitiva.
Arrivo a Colobraro nel pomeriggio di un venerdì afoso di luglio. Ho guidato sulla Sinnica con i finestrini aperti, facendomi intorpidire dal calore del sole. Sulla mia destra, per molti chilometri, mi hanno tenuto compagnia le tubature arrugginite dell’Acquedotto Pugliese, mentre in alto, sulla rocca, come uccellacci della modernità sostenibile, ad annunciarmi il paese c’erano alcune pale eoliche ferme nell’immobilità dell’aria. So già, mentre salgo la strada dissestata che porta a Colobraro, che la storia della iella e delle “masciare” è solo una leggenda nera, una leggenda paesana senza nessun fondamento, ma voglio verificare, parlare con la gente, capire la storia di quest’assurda “condanna” secolare.
Parcheggio in piazza e mi guardo intorno. Decido di entrare nella chiesa nuova del paese – quella vecchia fu colpevolmente abbattuta negli anni Sessanta. Tre signore anziane recitano il rosario, ma non sono fattucchiere, sono solo tre signore cattoliche molto devote. Esco, e mi faccio abbagliare dal sole caldo. Una bella ragazza sta seduta, annoiata, davanti a una macelleria, mentre un’altra ragazza, scura di pelle, entra trafelata in un bar, e mostra orgogliosa un bel tatuaggio sulle gambe.
Parlo con un ragazzo seduto ai piedi della statua della Madonna. Fuma e parla poco. Gli chiedo cosa c’è da vedere a Colobraro, ma lui mi dice, con diffidenza: “Niente, non c’è da vedere niente”. Lo saluto e ovviamente non gli credo, ché un paese è sempre pieno di storie nascoste, di cose belle. Mi fermo davanti al tabacchino e parlo con un signore. A bruciapelo gli domando com’è nata questa storia delle “masciare”, ma lui si irrita, è sulle difensive, mi dice che di questo non vuole parlare, che in paese c’è gente disposta a fare a botte, contro i superstiziosi. Gli dico che non sono a Colobraro per inventarmi finte maghe, ma per conoscere la verità, per sfatare una triste nomèa. L’uomo parla – poco, ma parla.
E per la prima volta sento parlare di un famigerato “avvocato”, ma dopo qualche secondo, come ci fosse davvero la provvidenza, una macchina si ferma e un uomo anziano mi fa segno di avvicinarmi. E’ Rocco Mango, il mio salvatore, il mio Virgilio colobrarese. Mi avvicino a lui e subito mi domanda, come fossi il rappresentante del governo di Roma, se “abbiamo” trovato un accordo sulle pensioni. Gli dico che passo le mie giornate a girare paesi e a leggere libri, e che di pensioni non so nulla. Mi parla male dei politici italiani e mi chiede di seguirlo con la macchina – mi porta a due chilometri dal centro, in un posto chiamato Serra, in un “eden” di boschi e di panorami mozzafiato. Subito mi accorgo di aver trovato la persona giusta. Il suo racconto, infatti, coincide tout-court con il racconto di Colobraro: “Ho fatto per quarant’anni il maestro di scuola elementare. Ho settantacinque anni. Di questo paese conosco tutto. Ho fatto finanche le occupazioni delle terre negli anni Cinquanta contro i Berlingieri. La storia della iella? Non c’è niente di vero, credimi. Io mi gioco la casa, mentre tu ti giochi un caffè. Ci stai? Trovami una sola fattucchiera a Colobraro, una sola testimonianza del passato, e io ti regalo la mia casa”.
Sto in ascolto, con le braccia incrociate. Poi gli domando com’è nata, questa “leggenda nera”, perché qualcosa deve pur essere accaduto, negli anni che furono, per consolidare questo luogo comune. Rocco Mango spalanca gli occhi e si accalora: “Sai com’è nata questa stupida leggenda? E’ nata dal fatto che nei primi anni del Novecento, a Colobraro c’era un grande avvocato, Biagio Virgilio, che era il miglior avvocato del materano. Vinceva tutte le cause, aveva una testa grossa così. Ovviamente era invidiato, soprattutto a Matera. Un giorno, mentre discuteva animatamente con alcuni suoi colleghi, che evidentemente non sopportavano la sua bravura, cadde a terra un grosso lampadario. Tutti pensarono: ‘Ecco, questo porta iella, adesso abbiamo capito perché vince tutte le cause’. E la nomèa dilagò a Matera in un batter d’occhio. Biagio Virgilio, il grande avvocato, divenne ingiustamente l’Innominabile. Poi, con gli anni a venire, ogni volta che uno passava davanti a Colobraro, subito pensava: ‘Questo è il paese dell’Innominabile’. Il passo fu breve. Nel volgere di pochi anni l’intera Colobraro divenne innominabile, e così si diffuse la leggenda del paese della iella. Ma qui di fattucchiere non ce ne sono mai state, né ieri né mai”.
Diventiamo amici, io e Rocco Mango. Il sole arancione – e ancora caldo – si spegne superbamente all’orizzonte. Entra nella mia macchina e mi guida per il paese – mi porta nel ristorante di Raffaele, un suo ex alunno, e mi mostra il convento del XII secolo. Il suo racconto non ha sosta: “Il nostro paese è stato rovinato da questa leggenda. I ragazzi emigrano da sempre. Molti si vergognano di dire che sono di Colobraro. Io invece ne approfitto. Sai che faccio? Se vado a Matera in qualche ufficio, basta che vedo una lentezza burocratica o un’ingiustizia, e subito dico ad alta voce: ‘Devo rientrare a Colobraro, è tardi!’ Non appena dico così, tutti mi trattano bene, come un Re. Sono imbecilli, e io approfitto della loro imbecillità. Una volta la polizia mi fermò verso Altamura. Avevo fatto un sorpasso azzardato. Il poliziotto mi chiese patente e libretto, ma quando lesse che ero di Colobraro mi fece andare e mi chiese scusa. Sono imbecilli, e io me ne approfitto. Che altro devo fare?”
Rocco ride, ma un violento colpo di tosse spezza la sua ilarità. Sta male, Rocco, e io me ne accorgo. Mi guarda con i suoi grandi occhi verdi e mi confessa il male oscuro che lo sta consumando: “Non ho mai fumato una sigaretta, eppure ho un tumore al polmone. Faccio la chemioterapia a Policoro. Ho avuto anche un tumore al colon, che mi hanno guarito a Bari. Ma sono ancora vivo. Anzi, il male è come se non mi appartenesse. Ci rido sopra. Non ho paura di morire. Tanto è un ciclo. Tutti dobbiamo morire prima o poi, ma se ti deprimi è finita”.
Rocco mi parla dei tempi andati: dei contadini di Colobraro (del loro fiero individualismo, della loro mitezza, così diversa dall’aggressività e dall’intraprendenza dei tursitani), di quando in paese si coltivava il cotone, di quando Emilio Colombo (mammasantissima della Democrazia Cristiana lucana e italiana, presidente del consiglio nei primi anni Settanta) venne a Colobraro e, poco prima del paese, ridendoci sopra (e ignorando il luogo comune delle gomme che si forano in paese) bucò una ruota della sua macchina. Rocco mi dice: “Sai perché a Colobraro si foravano le gomme? Perché le strade sterrate erano disseminate di chiodi dei ferri di cavallo. Anche questo, però, contribuì a rafforzare la leggenda nera”. E poi mi confessa il suo sogno segreto di una Repubblica Indipendente della Lucania: “Se mettessimo il ferro spinato intorno alla nostra terra, noi saremmo ricchissimi. Abbiamo grano, abbiamo acqua, abbiamo petrolio. Siamo una terra ricca e invece anneghiamo nella miseria e affondiamo nell’emigrazione”.
In paese ci affacciamo da un piccolo pianoro. C’è Valsinni davanti a noi, illuminata come un pugno di gioielli. Rocco sorride: “Adesso te lo posso dire. A Valsinni un fattucchiere effettivamente c’era. Si chiamava Zi’ Giuseppe, abitava verso il monte Coppola. Ma non capiva un fico secco. Quando avevo vent’anni io stavo male, ero debole, non mangiavo. Mia madre gli portò la mia maglia. Lui la annusò e disse che ero sotto gli effetti di un sortilegio d’amore. Invece avevo una malattia vera. Altro che sortilegio!”, e ride di nuovo, stanco di aver parlato così a lungo, di avermi fatto conoscere i suoi amici (il mite preside in pensione, il finanziere con le guance rosse di mille venuzze), di avermi portato a casa dei suoi parenti (una sua zia mi regala, per il viaggio di ritorno, due buonissime focaccine ripiene di zucchine e di verdure), di avermi messo a parte, in così poco tempo, di tutta la sua vita.
E’ quasi buio. L’aria si rinfresca. La zia di Rocco mi mostra, prima di partire, la foto del marito morto – faceva il collocatore privato, dava i nullaosta ai colobraresi che partivano per la Germania, la Francia, la Svizzera. Rocco vorrebbe tenermi lì ancora a lungo, ma è tardi. Il paese mi sembra fraterno, di una fraternità assoluta. “Qui non c’è mai stato un solo omicidio” fa in tempo a dirmi Rocco Mango, maestro di scuola elementare, fiero cittadino di Colobraro, “e quando morirò, sulla mia lapide scriveteci questo: ‘Amò profondamente il suo paese’. Non scriveteci altro”.
No, non ci sono fattucchiere e “masciare”, a Colobraro. Ci sono solo uomini che hanno voglia di raccontarti i loro pensieri, indicando l’orizzonte di una dolcissima Lucania. E a Colobraro bisogna venirci perché è bellissima, e perché il paese più offeso e arrabbiato della Lucania attende da decenni un gesto riparatore dall’Italia dei superstiziosi e degli imbecilli. Ma sono sicuro che Rocco non morirà prima di questo gesto riparatore, ché lui farà in tempo a vedere il suo piccolo paese affollato di turisti, di colobraresi offesi che ritornano, di politici che finalmente si decideranno a dare il secondo medico, visto che in paese ce n’è solo uno e deve farsi carico di troppe persone. Sono sicuro che Rocco Mango farà in tempo a vedere la grande festa di Colobraro, il paese che, nel 2007, assurdamente, ancora non si può dire.
Andrea Di Consoli
Andrea Di Consoli è nato a Zurigo nel 1976 da genitori lucani. Attualmente vive a Roma, dove lavora ai programmi radiotelevisivi della Rai. Collabora inoltre a «l’Unità», a «La Sicilia» e a varie riviste, inoltre scrive sul «Messaggero» e «Nuovi Argomenti». Ha pubblicato il saggio Le due Napoli di Domenico Rea (Unicopli 2002), la raccolta di poesie Discoteca (Palomar 2003) e i racconti di Lago negro (L’ancora del Mediterraneo 2005). Il romanzo Il padre degli animali (2007) ha vinto il premio Mondello ed è finalista al premio Viareggio-Repàci.
Sul fatto che Andrea Di Consoli sia uno scrittore sopraffino non c’è alcun dubbio. La storia di Colobraro è bellissima e, per certi versi, angosciante. E Di Consoli riesce a raccontarla in maniera davvero efficace.
Io lo ringrazio per averla messa a disposizione di Letteratitudine.
Cosa ve ne pare?
Che effetto vi ha fatto?
E poi si potrebbe creare un dibattito sui pregiudizi e sulle superstizioni che ancora oggi, pur aver varcato le soglie del terzo millennio, continuano a condizionare le nostre vite. Magari avete anche voi una storia da raccontare!
Ilracconto di Andrea Di Consoli è davvero bella e avvincente. Complimenti. Addentrarsi in storie dal sapore lontano, per certi versi magico. Abbandonarsi alla lettura, piacere e ‘mistero’ del non conosciuto. Del passato. Di ciò che si vorrebbe conoscere e toccare, ma si mantiene a distanza perché ‘non si sa mai’. La superstizione, attraente e pericolosa. Oppure innocua.
Bellissimo questo racconto/cronaca di Andrea Di Consoli. Non conoscevo Colobraro, né quest’aspetto della sua storia. Massima solidarietà agli abitanti di questo paese. E’ in credibile che all’interno di una nazione moderna e civilizzata come la nostra si ascoltino storie del genere.
Il profumo dei paesi piccoli. Misteriosi al punto giusto. Pieni di storie irrisolte. Attaccate agli edifici storici. Trasferite tra generazioni. Sguardi sbiechi per gli ‘stranieri’ che non sanno. Non possono. Nè devono, forse.
Molto delicato.
Avrei una curiosità da apprendista: la scelta di narrare in prima persona è voluta (da consapevolezze tecnico-stilistiche) o è nata come conseguenza del ‘tipo’ di storia?
Barbara
ps: in quanto a superstizioni posso raccontare che da dieci anni lavoro in un paese che ormai a nominarlo non mi accorgo più del ‘significato’ della parola però i primi tempi tutti si… davano una mano alla fortuna, diciamo. Camposanto. Il paese dove lavoro si chiama così. In provincia di Modena.
Mi capita di rado di leggere su monitor e tutto di un fiato un post così lungo.E’ un fluire della scrittura che cattura. Se,poi, ci mettiamo il mio debole per la Lucania “les jeux sont faits”. Ti ringrazio Massimo per questa opportunità.
Bello l’articolo. Complimenti ad Andrea. Spero che possa servire a riscattare almeno in parte questo paese bistrattato.
Per quanto riguarda la superstizione e le credenze nel nuovo millennio potrebbe aprirsi tutto un discorso su maghi, indovini e lettori di carte che continuano a guadagnare cifre assurde. Forse, in fondo, non siamo così moderni, vero?
Smile
Forse sarò un po’ sadico, ma a me questo articolo ha fatto molto ridere e divertire. Della serie “incredibile ma vero”. Magari questa storia si potrebbe sfruttare a scopi turistici ribaltando gli scenari.
Bellissimo articolo/racconto.
Da leggere di getto, avvincente. Mi evoca i bellissimi articoli di Dino Buzzati sui misteri d’Italia….
complimenti ad Andrea, così giovane e già bravo e grazie a te, Massimo, per averlo proposto.
e se qualcuno pensasse di scriverci un romanzo su colobraro? magari lo stesso andrea di consoli?
Bell’articolo davvero, mette a fuoco una realtà che purtroppo non appartiene soltanto alla Lucania. Sembra un paradosso, ma la superstizione dilaga ovunque, anche al nord, nelle campagne, nei paesini, in netta contrapposizione con ciò che dovremmo essere: un paese moderno e mentalmente aperto. In molti casi siamo tutt’altro che questo, e facciamo purtroppo anche dei danni (si pensi a quante persone note o meno -ne conosco- sono state vittime della superstizione). Bravo il giornalista.
Davvero bello quest’articolo. Grazie mille. E’ sempre un arricchimento avere la possibilità di scoprire realtà nuove e storie particolari.
Palmiro Togliatti era così superstizioso che un giorno, quando vide il compagno (un famoso notaio cittadino) che la federazione di Bergamo aveva mandato all’aeroporto, si rifiutò di salire sull’auto. Inventò scuse, pretese l’abituale accompagnatore di via Volturno, e a quel tizio, fra l’altro simpatico e gran bevitore, alto, magrissimo e tutto vestito di nero non strinse nemmeno la mano.
Accadde veramente e il fatto diventò leggendario, mio padre e i suoi amici me lo raccontarono più volte. Sembra che Togliatti portasse con sé, inseparabile, un bellissimo cornetto rosso.Quel giorno, ma forse siamo già alla leggenda, percorse l’intero tragitto senza mai togliersi la mano dalla tasca…
Ha che bello, mi ha riportato nella terra madre. I miei gneitori sono entrambi lucani, di Castel Lagopesola, io sono nato e cresciuto in Toscana, a Firenze. Ma questo racconto mi a fatto venire in mente la bella Basilicata. Complimenti. Ciao. Roberto
per Alesandro Pedrina: il tuo racconto che ho letto qui da qualche parte è triste e non mi piace.
Di certo non si può piacere a tutti, questo è certo. Tuttavia si riconosce la passione. E la consapevolezza. Questa sì che non è da tutti. Coraggio Alessandro!
Vi ringrazio molto per i commenti.
Ringrazio in particolare l’Agenzia di stampa internazionale indipendente Novopress per aver promosso il post e ilblog attraverso il proprio sito.
Aspetto altri messaggi. Conto di aggiornare il blog con un nuovo post stasera.
Un caro saluto a tutti!
Buongiorno a tutti.
Saluti a Massimo e complimenti per la nuova versione del sito.
Ne approfitto per segnalare un altro articolo su Colobraro pubblicato sul quotidiano La Stampa.
2/1/2007 – COLOBRARO, LA SUPERSTIZIONE RISALE AGLI ANNI TRENTA
Il paese senza nome “Porta sfortuna”
In Basilicata tutti lo chiamano “quel posto”
di ANTONIO MASSARI
COLOBRARO (Matera)
«Scusi: per Colobraro?». Chiedi un’indicazione e t’infili in una processione di scongiuri. Dita che toccano ferro, si trasformano in corna, frugano scaramantiche nelle tasche. E poi ti mandano dritto a «quel paese». Non per scortesia. Al contrario. E’ che scatta la tutela dello sprovveduto. L’ignaro – chiamando il paesino col suo nome – non sa cosa rischia: «Stia attento mentre guida… – dice un ragazzo di Pisticci -, e mi raccomando: non lo nomini». «Cosa non dovrei nominare?». «Quel paese. E’ meglio: non si sa mai». Ecco fatto. Pur di non nominarlo, da queste parti, lo chiamano così: «Quel paese». E non è piacevole.
«Certo che m’infastidisce – dice Antonio, di professione insegnante – noi ci scherziamo su, ma quando incontro gente che fa sul serio m’innervosisco. Se vedo che qualcuno si tocca… lei capisce dove, io gli rispondo: toccati la faccia». E’ il metodo del sillogismo graffiante. In fondo siamo il Paese del «non è vero ma ci credo». E Colobraro ne è la prova provata. Così ognuno, in questo comune di mille anime, deve inventarsi una risposta per l’occasione.
Il sindaco, Domenico La Rocca, ha un ricco repertorio d’aneddoti a disposizione. Prendi il metodo del ragioniere. Una volta si presentò in un ufficio pubblico e, documenti alla mano, disse candidamente: «Sono di Colobraro». L’impiegata, per prudenza, disse al collega: «E’ di quel paese». E allora il ragioniere replicò: «Superstiziosa?». «Sì». «Poverina – disse lui, con lucido sarcasmo – I superstiziosi sono condannati a vivere molto, ma molto male». E’ il metodo suggestivo e minaccioso. «D’altronde – commenta il sindaco – non possiamo chiedere una legge per eliminare la superstizione». Già. Ma com’è nata, questa superstizione? «Prima della Seconda guerra mondiale, don Virgilio, potestà del paese, un giorno lanciò un’invettiva minacciando: “Che possa cadere il candelabro”. E a quanto pare, di lì a pochi giorni, il candelabro cadde”. Lasciando tutti con un forte sospetto. Sin qui la leggenda. Il resto è superstizione, auto-ironia, e anche una buona dose di discriminazione».
Come, per esempio, quando una pattuglia ti ferma per strada e chiede i documenti: «Leggono la residenza sulla patente e poi, magari, incrociando le dita, ti dicono: vada, vada…». Discriminazione positiva: almeno può evitare qualche multa. Ma non c’è solo quella. «Noi ci scherziamo, ma il problema c’è – conclude il sindaco -. Chi non ha dimestichezza con noi, un po’ ci discrimina». Intanto, qualche anno fa, in paese hanno cercato di sfruttare al meglio questa fama poco accattivante. Un’iniziativa realizzata con la Regione Basilicata, la Provincia di Matera e il contributo dell’Unione europea: «Progetto Colobraro terra del magico e del fantastico». Del progetto restano la pubblicazione di un romanzo, «La storia immaginata – Dentro le stelle di Colobraro», e una collezione di 10 cartoline che ritraggono il paese tra saette fantasmi e trombe d’aria.
Intanto s’è fatta sera, e prima di lasciare il paese, cediamo al richiamo: tentare la fortuna. A Colobraro – si dirà in giro – non è una grande idea. E invece puntiamo 1 euro su un gratta e vinci e voilà: incassiamo 50 euro. «Lo scriva – dice il tabaccaio pagandoci la posta – questo paese porta fortuna. Altro che chiacchiere e leggende». E imboccata la via del ritorno, quella che ci porta sulla strada provinciale, pensiamo alle parole del ragazzo di Pisticci: «Attento alla guida, non si sa mai». Infatti. Ma la sfortuna non c’entra. E’ mezza franata. E non c’è un solo lampione.
IL NOME
Il luogo amato dalle serpi
Colobraro, piccolo comune in provincia di Matera, sorge a 630 metri sopra il livello del mare e conta 1.535 abitanti, distribuiti in 606 nuclei familiari. Il signficato del nome, come scriveva un antico, cronista locale è un po’ «sinistro»: «Se columbarium, apiarium, formicularium indica luogo che raccoglie e nutrica colombi, api, formiche, Colubrarium indicherà luogo che contiene o produce serpi, colubri».
Fonte: La Stampa: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/societa/200701articoli/16006girata.asp
Sono passato da Colobraro per andare a presentare la collana Santa Maria della Rocca della mia casa editrice, una collana di libri scritta da autori lucani e coordinata da Maria Bamundo, avvocato materano. A me non dispiace la Lucania, pure se molti paesi sembrano usciti da un’altra dimensione, profumano di tempi passati, di antico…
A parte tutto, il racconto è ben scritto e a me sono sempre piaciute le cose tristi. Altrimenti non amerei Cuba…
Gordiano
Caro Massimo…. Su questo argomento ho una storia vera e neanche un po’ romanzata!
E’ successa proprio a me, positivista, razionalista e poco incline a credere a maghi e fattucchiere. Non ci pensavo neanche a iella o malocchio ma a posteriori ho dovuto per forza accettare i fatti.
Si trattava della mia tesi di laurea, che riguardava Basilicata e Puglia. Non sapevo assolutamente che quella regione fosse nota per esperienze magiche, per così dire.
Sono partita felice e contenta in una bella e torrida estate con una mia cara amica : si trattava di raccogliere materiale per una tesi di ricerca
sull’architettura medievale. I luoghi e la gente mi catturarono subito, tutto mi sembrava bello e gentile, mi sono messa in contatto con i curatori dei siti prescelti….avevano anche organizzato delle serate con
balli sull’aia per noi…avevamo chi ci accompagnava per scattare foto e fare ricerche….dopo pochi giorni mi è successo di tutto. E’ durato un anno. Ti dico solo che alla fine disperata ho chiesto al mio prof. di
escludere la Basilicata dalla tesi, poi….. sono guarita e mi sono laureata felicemente sulla Puglia con 110 e Lode e il bacio accademico.
Se vuoi il racconto completo te lo scriverò!!!!
Alessandra
Ringrazio Cicerone 1, ma all’articolo pubblicato sulla Stampa preferisco di gran lunga quello di Andrea Di Consoli. Mi pare molto più artistico e più… d’autore.
Smile
Cara Elektra, non devi ringraziarmi. Le mie sono segnalazioni “dovute”.
Anzi ne approfitto per riportare da Wikipedia ulteriori informazioni su Colobraro.
E’ un comune di 1.535 abitanti della provincia di Matera. Centro agricolo dell’Appennino Lucano nella valle del fiume Sinni. Sorge sulle pendici meridionali del Monte Calvario (777 m), arroccato su uno sprone dal quale domina da sinistra un tratto della valle.
Antico centro basiliano, appartenne alla Badia di Santa Maria di Cersosimo di cui seguì le sorti fino al secolo XII. Posseduto per breve tempo dal conte Bertaimo d’Andria, passò ai conti di Chiaromonte e da questi, nel 1319, ai Sanseverino di Tricarico. Assegnato a metà del secolo XIV ai Poderico, fu successivamente dei Pignatelli, dei Carafa (principi dal 1617) ed infine dei Donnaperna. La parrocchiale conserva un trittico (Madonna col Bambino) del secolo XIV; nella chiesa dei Francescani vi sono ricchi altari in marmo policromo.
Modeste le risorse agricole (frutta, foraggi, olive e uva) e dell’allevamento (ovini e lavorazione dei formaggi).
Il paese è chiamato anche, in modo dispregiativo, “Quel paese”, a causa della presunta innominabilità della parola “Colobraro”, superstizione causata dalla forte tradizione popolare ai riti magici. Tale innominabilità nasce da un aneddoto (non si sa se realmente avvenuto) risalente a prima della seconda guerra mondiale: pare che il potestà di allora (carica istituzionale equivalente a quella odierna di sindaco), don Virgilio, minacciò: “Che possa cadere il candelabro”. Pare che pochi giorni dopo, il candelabro cadde davvero, causando tra l’altro la morte proprio della persona che aveva causato l’ira e le imprecazione di don Virgilio.
Ovviamente tutto ciò fa parte solo della superstizione locale collegata al forte radicamento popolare del rito della magia. Ciò attiro il famoso antropologo Ernesto de Martino nel 1952 (dal 29 settembre al 29 ottobre) e successivamente nel 1954 (tra l’8 e il 14 agosto). Insomma una questione dell’antropologia e non della magia.
a massimo maugeri, andrea di consoli e al popolo di letteratitudine.
idea.
perché non fare di colobraro luogo d’incontro periodico, per esempio annuale, di letteratitudine?
una conferenza annuale sponsorizzata dal comune a seguito di questo post di andrea di consoli. vi sembra bislacca come idea?
Ancora grazie per i commenti.
Gennaro, terremo conto della tua idea 😉
l’idea è bellissima. un incontro annuale a colobraro!! sarebbe un raduno contro la stupidità. caro maaugeri, perché non lanci quest’idea?
Questo racconto è scritto così bene che, arrivato alla fine, dispiace che non ci siano altre righe. Sono così appagato da questa lettura che mi viene naturale complimentarmi con l’autore per il suo stile elegante, ma sobrio, e per la straordinaria capacità di incantare.
Accolgo l’invito di Spartaco che riprende l’idea di Gennaro girandolo a mia volta ad Andrea Di Consoli che conosce la Lucania e Colobraro.
“1° incontro di Letteratitudine a Colobraro: un raduno contro la stupidità”.
Passo la palla ad Andrea. 😉
Arrivo qui grazie alla segnalazione di Renzo Montagnoli. Ho letto e, visto che sono del mestiere, dico che un cronista di vaglia si riconosce dalle prime righe. Più un articolo che un racconto, quello di Andrea. Bello, un reportage di una ricerca e un incontro fortunato. Non sapevo dell’esistenza di Colobraro e devo dire che mi è venuta la curiosità di visitarlo.
Laura
Devo fare ulteriori complimenti ad Andrea Di Consoli. Questo pezzo su Colobraro sta facendo davvero il giro del mondo. Mi hanno scritto per mail diversi italiani (ma anche stranieri appassionati della nostra lingua) residenti all’estero che hanno letto il post e sono rimasti molto colpiti.
Intanto l’articolo viene pubblicato su “L’Unità” di oggi (che dedica una bella pagina). Se potete, acquistate il quotidiano e andate a cercare il pezzo. E ovviamente… rileggetelo, che male non fa. 🙂
Ciao a tutti sono una ragazza di Colobraro che si sente fortunata e non infelice di essere nata in “quel paese”…Scendo in campo per difendere l’ingiusta nomea che è stata attribuita al mio paese, non è vero niente, non ci sono fattucchiere non si fanno magie e soprattutto chi ancora fa gli scongiuri nel 2007 è una persona con scarsa cultura…che si lega ancora alle credenze popolari legati ad un retaggio ed a una civiltà superata, quella contadina. Sto facendo degli studi e delle ricerche legate agli studi etnografici di E. De Martino, presto uscirà il mio libro a difesa di Colobraro. Per ora vi invito a visitare il nostro sito web http://www.colobraro.eu presto verrà attivato uno spazio da me curato sulla magia e le tradizioni popolari dove risponderò a tutti gli interrogativi dei curiosi.Vi invito a visitare il posto il mese di agosto è pieno di iniziative culturali si passano serate piacevoli con gente semplice e soprattutto accogliente. Ringrazio Andrea per la sua testimonianza e sono a disposizione per risponder alle domande dei curiosi.
Saluti da Colobraro a tutti
Maria, grazie per il tuo intervento e in bocca al lupo per il sito (che ho già avuto modo di visitare) e per il tuo progetto.
Non pensavo fosse così piacevole alzarsi alle 5 di mattina e ritrovarsi, per caso, a leggere un articolo su Colobraro. Naturalmente sono di Colobraro. Devo complimentarmi con Andrea per aver scritto in modo molto diverso rispetto a quello che siamo abituati a leggere da tantissimi anni. Intanto, mentre qualcuno continua a fare scongiuri ( forse è l’unica occasione che rimane ad alcuni per verificare che tutto sia ancora al proprio posto!Quindi, perche togliere questa piccola libertà?) Colobraro porta avanti un progetto molto importante intitolato “Colobraro Terra del Magico e del Fantastico” che nel convegno dedicato alla letteratura fantastica svoltosi il 18 dicembre del 2004, andato in onda su SKY, ha visto partecipare e lavorare il Prof. Romolo Runcini, il Prof. Antonello Colli, la D.ssa Lia de Martino, la Prof. Laura Santone ( http://www.lafenice-mt.it/rivista-4-04/pagina19.html ). Questa sera alle 18 presso l’ex scuola media, ( http://www.colobraro.eu ) c’è la presentazione del testo curato dalla Prof.ssa Laura Santone che chiude la prima parte del progetto con la traduzione in francese degli atti del convegno. Colgo l’occasione per fare un invito a farci vistita in questa occasione.
A Maria di Colobraro dico che la “i colti” hanno la colpa di non aver trasmesso, alla civiltà contadina, cultura ma solo superstizione. Il popolo meno comprende è più semplice sarà “governarlo”. E’ la realtà.
Un caro saluto tutti.
Rispondo anche se in ritardo a Luisa, un Romanzo su colobraro esiste già si chiama la “strega di Colobraro” l’autore è Giulio Petroni casa editrice Dalia Roma 2004. http://www.giuliopetroni.com/ilibri.htm
Tutto quello che c’è scritto sul paese non è vero nemmeno la geografia del posto, viene utilizzato il nome solo per colpire il lettore…
quindi che ben venga un Romanzo su Colobraro ma che aderisca alla realtà.
P.S. Tra l’altro Colobraro ha portato fortuna allo scrittore del Librob che ha fatto già due ristampe e nel 2004 risultava tra i romanzi più venduti “La strega di Colobraro”.
Un saluto a tutti dalle colline Colobraresi
Grazie al sito http://www.colobraro.eu/ ho potuto leggere questo meraviglioso articolo su Colobraro. Il mio nome è Elena sono nata, vivo e lavoro a Colobraro e ovviamente sono orgogliosa di far parte del popolo del paese che non si può nomimare. Scrivo questo commento oggi venerdi 17 solo per caso. Il mio lavoro è fare “LE FATTURE” sono commericalista e mi occupo della consulenza amministrativa e fiscale di aziende. Ho partecipato anche io alla realizzazione del progetto “Colobraro Terra del Magico e del Fantastico”, sono stata intervistata in molte occasioni e devo dire che la persona che ha saputo cogliere la Verità sul nostro paese è senza alcun dubbio il Sig. Andrea, che ha avuto la fortuna di incontrare nel suo viaggio una persona come il Maestro Rocco. Grazie di aver semplicemente descritto alla perfezione la realtà del mio paese.
Ciao a tutti sono sempre Maria di Colobraro, volevo ricordare a tutti che da venerdì 17 agosto è stato attivato sul sito http://www.colobraro.eu un Forum specifico sulla Magia e la Sperstizione …
Scriveteci vi aspettiamo numerosi per scambiarci delle opinioni….
A presto saluti da Colobraro
Ciao a tutti!!!!
sono una ragazza figlia di un colobrarese!
ogni estate vado in vacanza a colobraro….è assolutamente un paesino carinissimo e molto tranquillo(abituata al caos di roma!!!!).
la gente è gentilissima e molto aperta verso i “forestieri”(come i colobraresi chiamano i turisti!!)!!!!
inoltre si mangia benissimo!!!! io sono cresciuta con i prodotti tipici locali e vi assicuro che sono fantastici!!!!
se passate di li, fermatevi! e ammirate il bellissimo panorama dal belvedere: se non ci sono nuvole si arriva a vedere anche il mare!!!!
un saluto da una mezza-colobrarese!!!!
ciao a tutti!!!!
sono un ragazzo di colobraro…!!
non vivo più da qualche anno a colobraro per motivi di lavoro….ma ogni estate non posso fare a meno di ritornarci…!quest’anno poi ho trovato il paese migliorato…con una voglia di farlo rinascere…!!continuate così…arriverà il giorno che colobraro sarà ricordato per le sue molteplici iniziative…..e la superstizione farà parte del passato!!!ciao a tutti i colobraresi
Ciao a tutti. Anch’io sono di Colobraro e me ne vanto!!!Ci sono nato circa 40 anni fà. Vivo in Basilicata, in un paese non molto distante e torno a Colobraro ogni volta che posso. Finalmente scopro tanti come me entusiasti di esaltare l’appartenenza al proprio paese, da sempre bistrattato e abbandonato da un movimento di opinione contrario e disarmante. E’ ora di voltare pagina e l’entusiasmo e la ricchezza di idee della nuove generazioni stanno dimostrando che si può. Ben venga ogni iniziativa volta a promuovere la conoscenza del paese e la divulgazione delle sue tradizioni, della sua storia e della sua cultura. Riscattiamoci. Un grazie commosso a quanti -come me- credono ancora nella proria terra.
Scopro per caso questa pagina interattiva, mentre navigo qua e là per reperire informazioni con le quali chiudere un articolo in corso. Non posso che rallegrarmi di fronte a testimonianze d’amore nei confronti di un Paese che di riflesso mi ha adottata, così come non posso non invitare tutti, in qualità di studiosa del fantastico, alla lettura del libro da me curato e presentato a Colobraro il 12 agosto: Nella terra del magico e del fantastico:Colobraro/Dans la terre de la magie et du fantastique: Colobraro, Nuova Arnica Editrice, Roma 2007. A lettura completata solo un’indomabile ignoranza – è questo, ahimé, il vero primitivismo culturale, non quello descritto da De Martino, di tutt’altra accezione – potrà giustificare formule insulse, denigratorie e del tutto gratuite che ancora oggi, purtroppo, sopravvivono.
Buona lettura a tutti e grazie ancora a coloro che, numerosi, erano presenti la sera del 12!
Il racconto mi ricorda “La patente” di Pirandello. Già da ragazzina mi dava tanta pena leggere di quel poveraccio ridotto a chiedere, a pretendere la patente di jettatore per sopravvivere a un mondo che lo vedeva portatore malato di jella.
Lottare contro le superstizioni è giusto. Tradizione sì, ma non nelle sue forme deteriori!
Qui da noi a Siracusa c’è una casa “infestata” e tutti suonano il clacson tre volte quando ci passano davanti per evitare ritorsioni degli spiriti… Io preferisco un “Requiem eternam”. Per alcuni questo è peggio dei clacson!
Ringrazio vivamente il sig. Andrea per aver colto, in un solo giorno, la bellezza e la semplicità del mio paesino,Colobraro.Non abito più a colobraro
da qualche anno per motivi di studio e leggere questo articolo ha risvegliato in me tanti ricordi… i pomeriggi passati ad osservare l’ incantevole paesaggio che esso offre, avvolti dall’ intenso profumo delle ginestre.Non so dove mi condurrà la mia strada ma sono ORGOGLIOSO che essa sia partita proprio da Colobraro.
Finalmente un articolo scritto bene, interessante e bello da leggere.
Io sono pugliese, amo la Basilicata, dove sono stata un sacco di volte ma non ho mai sentito questa storia. Se lo avessi saputo sarei andata di corsa a Colobraro, perché non sopporto le superstizioni.
Ora sono in USA e non posso più. Un abbraccio a tutti i colobraresi!
Giusi
Il mio cognome è Modarelli e pur non essendo colobrarese da ben quattro generazioni, essendo questo un cognome tipicissimo di “quel paese”, quando mi presento a qualche lucano o anche a qualche pugliese, che sa’, sono oggetto di infiniti scongiuri.
Cosa dobbiamo fare, sono le soddisfazioni di chi ha una qualche fama, peggio sarebbe non averne nessuna, meglio sarebbe averne una positiva.
Ora però devo confessarvi una cosa. Mia madre era di “quel paese” e sapeva “togliere l’affascino”; io che “anche” da piccolo ero molto bello, spesso ero vittima “dell’affascino” e ricordo benissimo a distanza di oltre cinquant’anni la sensazione di estremo piacere e di rilassamento che mi procuravano queste pratiche, che lei spesso esercitava su di me per liberarmi di forti mal di testa, vomito e altri malesseri che l’invidia (?) degli estranei spesso mi procuravano.
Questo vi dovevo dire per portare ulteriore chiarezza alla già chiara situazione.
Con questa mia spero di aver fatto nascere in molti eventuali lettori la voglia di visitare “quel paese”, chi sa che anche loro non avranno poi qualcosa di incredibile da raccontare.
Mentre scrivo, sono raggiunto da mia moglie, che spia e mi ricorda che anche lei conosce queste pratiche avendole apprese, non da colobraresi ma da massafresi (abitanti di Massafra, in provincia di Taranto, anch’esso noto per queste pratiche, ma non all’altezza di “quel paese”), anche lei le ha dovute praticare, essendo belle anche le mie figlie.
Vi lascio e ricontrollo il mio scritto prima di postarlo, non sia mai mi fosse scappato di scrivere Col…….. al posto di “quel paese”. Lo faccio per voi mica per me.
Un saluto. Devo però specificare che non sono affatto superstizioso, doveste credere il contrario!
ricordo anchio circa 40 anni fa a Matera e provincia che molte signore sapevano toglire l’ affascino, e sono stato presente a due di queste sedute che pregando e facendo segni probabilmente di croce sulla testa del malcapitato, chi praticava questi riti manifestava grandi sbadigli e sudorazione nel togliere l’affascino con l’effetto della guarigione istantanea dei sintomi di forti mal di testa, vomito e altri malesseri
…Avevo voglia di scrivere al signor Andrea Di Consoli, ed eccomi qui ad imbrattare questo pseudo foglio di carta.
Salve, ieri, 8 aprile 2008,al tg2, costume e società, ecco che spunta fuori un’altro servizio su colobraro…questa volta in risposta alle accuse della sua ormai nota nomea di paese porta iella (tutti gli abitanti hanno la famosa “patente”).E’ successa una cosa strana, che a dir la verità, mi ha fatto rabbrividire.
Dopo aver visto questo servizio, mi sono seduta alla mia scrivania ed ho cominciato a “navigare” in rete; HO trovato questo suo articolo e l’ho letto tutto d’un fiato…E’ bello sapere che c’è gente come Lei che non si limita a puntare il dito e ad etichettare questo meraviglioso paese dai panorami mozzafiato come paese che porta iella. E’ bello avere l’anima di un poeta quando si parla della gente semplice e umile di Colobraro…e proprio di questo volevo parlarLe. Lei nel suo articolo ha messo in evidenza proprio questo…ha fatto capire con la citazione del signor Rocco Mango, che malgrado tutto e tutti noi colobraresi siamo fieri di essere nati in questa terra di nessuno abbandonata a se stessa…ma continuo a leggere e mi soffermo sulla malattia del sopracitato Rocco…Lei diceva che Rocco non sarebbe morto prima di, come scriveva Lei, ” a Colobraro bisogna venirci perché è bellissima, e perché il paese più offeso e arrabbiato della Lucania attende da decenni un gesto riparatore dall’Italia dei superstiziosi e degli imbecilli. Ma sono sicuro che Rocco non morirà prima di questo gesto riparatore, ché lui farà in tempo a vedere il suo piccolo paese affollato di turisti….”!Purtroppo non è stato così, Rocco Mango è morto proprio ieri alle 17 senza aver avuto il modo di rivedere il suo paesello rifiorire e senza vedere qualcuno come Lei pronto a non rigirare il coltello nella piaga…intanto Colobraro ancora si lecca le ferite della sua terribile nomea, e un altro colobrarese se ne è andato con questa (anche se non gravissima) spina nel cuore!
Noi siamo persone come le altre, persone con valori, persone estremamente legate alle propie origini…ma soprattutto siamo persone dispiaciute e amareggiate dalla stupidità della gente “diversa”….
Ho letto divertito e nostalgico sia l’articolo sia i vari commenti su Colobraro. Conosco benissimo il prof. Rocco Mango, l’accompagnatore del giornalista. Vorrei semplicemente dire che i Colobraresi son dei gran piagnoni! Si svegliassero: con un paese meraviglioso che hanno così vicino al mare, così vicino alle cime appenniniche dell’alto Sinni con una vista invidiabile e unica, pensassero ad organizzare pensioncine, affittacamere, affittappartamenti… sistemando la strada di accesso dalla Sinnica al paese, l’unica diretta e breve, che è tutta dirupata e franante, mettessero un cartellone con foto del paese e segnaletica di uscita sulla Sinnica, invitando i turisti in questo bellissimo paese metà montano dall’aria salubre… Sfruttassero pure questa divertente e autoironica fama di iettatura… E per chi non lo sapesse (e nessun colobrarese lo sa!) esiste un bellissimo romanzo su Colobraro, scritto da Giulio Petroni (nato a Roma e fotografo accompagnatore di Ernesto De Martino) dal titolo “La strega di Colobraro” Editore DALIA, che si presterebbe per una avvincente sceneggiatura di un Film.
Ho riportato l’articolo sul Blog: http://www.tracieloemandarini.blogspot.com
Grazie
Ho insegnato a Colobraro per 2 anni, sono stati gli anni più belli, alunni colleghi, collaboratori scolastici meravigliosi, un Dirigente di una bontà e umiltà mai conosciuta, tutta la gente disponibile, un paese che porterò nel mio cuore sempre. Non mi è mai accaduto niente ed ero fiera di insegnare in “Quel paese” come lo chiamano tutti .
Mi arrabbio molto quando vedo i miei colleghi ingiurare e toccarsi……. mi sento offesa nonostante io sia di Matera, lo difendo a denti stretti e continuerò a farlo…SEMPRE
Salve a tutti i Colobraresi anche quelli che sono all’estero come me che vivo da anni in Africa. Conosco bene Rocco Mango “il professore” visto che sono sua cugina. Putroppo oggi non c’é più e spero che sulla sua lapida sia scritto “Amo’ profondamente il suo paese”. Comé me che sento sempre il bisogno di ritornarci perché trovo li’ quello che mi servira per un anno. Come dici mio figlio Wilfried (anche lui appassionato di Colobraro) i miei piedi sono in Africa ma il cuore é rimasto a Colobraro
Se volete maggiori informazioni sulla cultura a Colobraro visitate il sito http://www.mostracontadina.altervista.org
Sono un colobrarese che pur vivendo fuori sono attaccatissimo alle mie radici, a volte ho scritto anche con tanta rabbia di fronte all’incuria e alla mancanza di intraprendenza dei politichesi del paese…. Grazie alle mie critiche ed alle mie idee che sciorinavo in ogni circostanza e con qualsiasi colobrarese che incontrassi… finalmente ne ho visti i risultati. Perchè dài oggi, dài domani i consigli e le buone critiche arrivano a chi di dovere. Diedi tanti anni fa al signor Lucarelli le mie conoscenze e ricerche sul musicista Michele Carafa e ne è venuto fuori un certo fermento storico-culturale…..Ho scoperto un quadro sull’altro principe, Giovanni Carafa, morto nel 1736 nella guerra contro i turchi… dandone notizia e foto sempre al signor Lucarelli, che poi in un articoletto giornalistico l’ha sfruttato alquanto maluccio ! Finalmente a febbraio recandomi a Colobraro ho percorso con piacere e soddisfazione la strada di collegamento immediato alla Sinnica tutta rifatta e sistemata, un fiore all’occhiello, che invoglia e affascina chi decide di fare un salto su verso questo magico paese. Prima era una strada dirupata, abbandonata all’incuria, in balia di frane e smottamenti….proibita al traffico, ma ugualmente usata a proprio rischio e pericolo. Finalmente hanno capito che quella è un’arteria vitale per il commercio, il turismo, per l’immagine un biglietto da visita professionale. Ma quante critiche forti e feroci ho distribuito a chiunque incontrassi perchè si svegliassero! Ora se vogliono perfezionare l’opera, devono collocare sulla Sinnica al posto di quel piccolo cartello segnaletico un bel cartellone turistico a fondo giallo con qualche foto particolare, ad esempio la cappella dell’ICONA, e la scritta segnaletica di uscita per Colobraro molto molto più grande. Inoltre per completare la segnaletica nell’ambito del distretto Tursi-Rotondella, che deve facilitare ed anticipare a chi viaggia la sicurezza di andare nella direzione giusta e di approssimarsi verso la meta scelta, serve mettere sulla superstrada Val d’Agri al bivio per Tursi anche la segnaletica “per Colobraro”, così anche quando si arriva al bivio Tursi-Sinnica-Policoro-Anglona, qui più che mai ci vuole il cartello indicatore “per Colobraro” e finalmente un’ ultimo alla rampa di immissione sulla Sinnica. Sarebbe il massimo per facilitare ed invogliare i turisti. E’ un paese unico per la posizione, baciato dalla fortuna, con vista e apertura verso i monti, facilmente raggiumgibili, e con lo scenario della pianura e di tutto il golfo del mar Jonio che sta disteso ai suoi piedi con siti archeologici e spiagge organizzate e alcune ancora allo stato naturale che puoi raggiungere in mezz’ora, trequartid’ora…..
Ho visto anche che fervono i lavori di restauro dei ruderi del Castello dei Carafa. Magari venisse loro l’idea e i mezzi economici non solo di consolidare i ruderi, ma RICOSTRUIRLO come ho visto fare in certi dinamici comuni del Trentino e dell’Alto Adige. La posizione meriterebbe una ricostruzione. Darebbe al paese completezza architettonica, possibilità di farne un uso alla grande per le manifestazioni culturali e si avrebbe quella vista superba della “Vedetta del Sinni” per chi sta alla “marina”, che ebbe il famoso viaggiatore ABBE’ DE SAINT-NON nel 1778 e che fece anche riprendere da un pittore al suo seguito nell’opera “Voyages pittoresque”, Paris 1783. Sullo sfondo di queste vedute spicca la sagoma di Colobraro caratterizzata dalla forma elevata e angolosa del Castello con sua torre ed il campanile, allora a punta a forma di cipolla secondo lo stile di tante chiese di Lucania,, della Chiesa madre. Perchè, mi viene adesso di gettito l’idea, non completare l’attuale campanile tagliato e piatto alla sommità, facendogli semplicemente una copertura piramidale con tegole nostrane ed “antiche” ?!
Complimenti comunque al sindaco attuale o a quello precedente, perchè non so chi dei due si sia reso meritorio di questo normale senso del proprio dovere di dare segnali di rinnovamento…….
Soy hija de un colobrarese, nacida en el norte de Argentina (Resistencia) pero hace años vivo en España (Ibiza), por falta de tiempo (soy médico), aún no he podido conocer Colobraro, pero será la primera tierra que bese cuando vaya a Italia, muero por conocer la “via Pistoia” donde nació mi padre que ya no está. Perdón por escribir en español es que mi italiano es muy malo para escribirlo.
Al señor Andrea, gracias por contar la cara bella de la historia, ahora no se si desearle a Colobraro mucho turismo, ya que viviendo en ibiza puedo asegurar que el turismo puede dejar dinero pero deja mucha ruina y quita calidad de vida a los habitantes.
Si todo se da bien para principios de 2010 podré conocer la tierra de mi padre.
Saludos.
Cara Cecilia,
grazie per il tuo commento.
Un caro saluto a te e a tutta la Spagna (e a Ibiza in particolare).
Gracias Mqassimo, continuaré visitando tu blog, y asi mejorar mi italiano. Saludos.
bè…che dire! Dal racconto si evince la speranza di chi scrive, ma ahimè ad oggi…mi sà che il sogno di Rocco non si è avverato!!!!!!!!!
Spetterebbe a noi giovani promuovere il nostro bel territorio e difenderlo dai soprusi di chi ha i soldi!…..
con speranza, un saluto a tutti i colobraresi
Bellissimo racconto, davvero. Però stasera ho deciso di scrivere su google “la strega di Colobraro” e ti spiego il perché. Il mio ragazzo stamattina è andato in questo paese per motivi di lavoro e citofona in una casa. Bhè tu dirai fin qui tutto bene, ma la cosa strana è che questa casa ha un cancello e ai lati ci sono due leoni con due occhi rossi che ti guardano. Appena entri in questo cancello c’è una porta vecchia con una fessura, e dentro questa fessura ci sono collane e anelli, fuori da questa porta c’è un cranio di un agnello e nel giardino c’è un gatto arancione con un pelo folto, però la cosa strana è che all’altezza degli occhi non c’è pelo e ha un taglio sugli occhi. Già qui c’è un po da preoccuparsi. Il campanello è molto strano però la cosa ancora più strana è che li va ad aprire una piccola vecchia vestita di nero e con un velo, appunto nero. Dopo che il mio ragazzo li parla, lei dopo qualche secondo li parla in una lingua sconosciuta e dopo che li ha detto questa cosa incomprensibile incomincia a diventare bianco con le borse sotto gli occhi e li fa malissimo la pancia tanto da andare ripetutamente in bagno. Al ritorno (strada per Altamura), sulla 4 corsie li passa un cane davanti, fa per frenare però i freni non funzionano, incomincia a scialpare con le parole. In paese ogni volta che nomini questa vecchia tutti che fanno li indifferenti, c’è stato un uomo che ha raccontato che mentre dei dipendenti enel stavano montando le pale vicino la montagnetta di casa sua, uno sguardo è bastato e questi due dipendenti enel sono feriti gravemente e uno ha la febbre a 40. Un ragazzo doveva fare un lungo viaggio ma questa vecchia li ha detto che alla terza curva mentre scendeva x lasciare il paese doveva morire, ed è caduto nel burrone ed è morto. Queste le chiamate coincidenze? Io non penso…ma sopratutto sono convinta che questo bravo uomo non ti abbia detto tutta la verità, perchè qualche strega c’è, infatti anche i carabinieri e il sindaco hanno paura ad avvicinarsi vicino casa di questa vecchietta. Certe sere di vedono luci strane e versi strani. Spero solo che si capisca chi è questa vecchietta!
Io trovo che le storie che ci sono a colombraro non siano motivo di vergogna, anzi mi spiace che la gente interpreti o veda così di malocchio “streghe e fattucchiere”, mentre è solo un’altra forma di sapere popolare, leggetevi i libri di Massimo Centini!!Io lo trovo meraviglioso, tutta la Lucania lo è, e spero che qualcuno scriva di questo bellissimo e misterioso folklore invece di deriderlo e condannarlo! come una piaga o un motivo per cui essere arrabbiati!L’uso di ossa e corna è una forma di sciamanesimo che è sempre esistita in Italia, non vedo cosa ci sia da condannare.
Leggo questo articolo a distanza di sei anni dalla sua stesura… Nel 2013 ho ancora sentito parlare di “Quiru paìs ddà”, non di Colobraro… Ma non importa, la superstizione per fortuna appartiene agli imbecilli, come dice il signor Mango!
Grazie per il tuo intervento, Miriam.
Dopo tutti questi anni il post in questione continua a far discutere.
Un saluto e un ringraziamento agli altri intervenuti!
sono stata in Basilicata lo scorso settembre e me ne sono subito innamorata, ho incontrato gente splendida e accogliente e nel mio peregrinare di paese in paese cercando di vedere il più possibile mi sono imbattuta nel bel borgo di Colobraro che proprio quella sera proponeva uno spettacolo messo in scena dagli abitanti con la collaborazione attiva del loro sindaco, che raccontava appunto in modo estremamente divertente e comico la storia che lo caratterizza. Devo dire che ho ammirato la fierezza della gente del posto e ho avvertito la diffidenza di certi locali che mi hanno confidato come fosse la prima volta che si recavano a Colobraro! Ma l’atmosfera è stata a dir poco speciale la gente del posto splendida e il sindaco è un grande! Mi dispiace solo di non essere riuscita a capire tutte le battute dello spettacolo perchè era in dialetto ed io sono romagnola ( dell’Emilia Romagna non della Romania come mi ha chiesto un vecchietto mentre facevamo due chiacchere:) !). Consiglio a tutti un viaggio in questa meravigliosa terra ricca di arte, cultura, natura, ottimo cibo, gente speciale e borhi tutti caratteristici ognuno con la sua storia speciale come quella di Colobraro!
Daniela
Mi chiamo Adriana sono Lucana di Latronico ma abito a Parigi da ormai 25 anni. Vorrei lanciare un messaggio a tutti I lucani che sono sparsi nel Mondo ( sono tanti e spesso occupano posti molto importanti),mettiamoci tutti insieme per non far morire i paesini lucani come Colobraro e Latronico .
Se le stupide superstizioni servono a portare iu turisti e far vivere il paese benvengano;
Facciamo qualcosa per salvare il nostro patrimonio culturale.
Se avete delle idee io sono disponibile
a presto adriana marzano
Grazie per il tuo intervento in questo vecchio post (e per averlo, dunque, riportato alla luce), Adriana!