Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” è dedicato al volume “Dipingere l’invisibile. Sulle tracce di Francis Bacon“ di Fabrizio Coscia (Sillabe).
Ne approfittiamo contestualmente per aprire una finestra dedicata alla collana di Sillabe, che ospita il libro di Coscia: si chiama «Parole dell’Arte» ed è diretta da Antonio Celano.
Qui di seguito diamo la parola all’autore del libro e al curatore della collana.
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DIPINGERE L’INVISIBILE. Sulle tracce di Francis Bacon
Il testo di Fabrizio Coscia è un originale «reportage interiore», dove vita e opere sono sempre reciprocamente illuminanti. Ad emergere sono aspetti inediti dell’arte di Bacon, accompagnati dalle analisi di singoli quadri e dalle dichiarazioni rilasciate dal pittore nelle sue celebri interviste.
È sulla figura umana, e in particolare sul corpo, che Bacon concentra tutta la sua attenzione, con amore e disperazione, con sadica aggressività e inattesa tenerezza. Corpi che vengono deformati, scorticati, rotti, spaccati, torturati, aperti, per attingere all’essenza emotiva, demonica, arcana della condizione umana. Artista della passione e del desiderio, della memoria e del dolore, del sesso e della morte, ovvero di tutte quelle forze invisibili e inconsce che dominano e regolano la nostra esistenza, Bacon diviene, inaspettatamente, campo di indagine anche per chi (come l’autore di questo libro) lavora con le parole e s’interroga su ciò che esse evocano, cercano, chiedono.
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«Ho scritto un libro su Francis Bacon, ma pensando alla memoria involontaria di Proust, ai saggi di Georges Didi-Huberman e agli scritti di Lacan», ci ha spiegato Fabrizio Coscia. «Ho cercato insomma di ragionare attorno all’idea dell’immagine, a che cosa si nasconde dietro e oltre l’immagine e soprattutto al rapporto che ha uno scrittore con l’Immaginario. Il libro inizia infatti con un interrogativo: esiste una memoria di ciò che non è mai stato? È un modo per interrogarsi su ciò che teniamo sepolto dentro di noi e che prima o poi abbiamo il compito di scandagliare. E finisce con un ricordo d’infanzia personale che forse non è mai esistito. A fare da filo conduttore, un quadro di Bacon rimosso, un’immagine cancellata, dunque. Per questo il sottotitolo del libro è: sulle tracce di Francis Bacon. Perché è più che altro un pedinamento, un inseguimento. Ho cercato infatti di cogliere Bacon da una prospettiva molto personale, quella cioè di un critico, di uno scrittore che lavora con le parole e si confronta con un grande artista che lavora con le immagini.
Quello che mi ha sempre colpito in questo senso di Bacon è il suo rifiuto sia dell’illustrativo che dell’astratto, e dunque la sua ricerca di un modo diverso di rappresentare l’uomo e il corpo umano, con un linguaggio che elabora la lezione picassiana e cubista per proseguire in un modo personalissimo, che gli consente di far emergere tutte quelle forze, “energie”, che si nascondono dentro di noi e che tuttavia agiscono orientando la nostra vita: il desiderio, l’aggressività, l’eros, il dolore, le pulsioni di morte. In altre parole: le forze inconsce. Ora, che cosa ha a che vedere tutto questo con la scrittura? Parlando dei suoi trittici, Bacon disse: «Uno dei problemi è che appena metti più figure sulla stessa tela si sviluppa un racconto. E in quell’istante stesso, ecco la noia. Il racconto parla più forte della pittura». Si potrebbe affermare, allora, con altrettanta chiarezza, che il racconto parla più forte della letteratura? La letteratura dovrebbe avere allora il compito di smontare le storie, di deformarle, assemblarle, aprirle, scorticarle, per mostrare ciò che vi si nasconde dietro, per rendere visibile l’invisibile, proprio come Bacon faceva con l’illustrativo quando ritraeva la figura umana. Ecco, allora, che scrivere di Bacon è stato anche un modo, per me, di sfuggire alla dittatura del significato e della «storia», nel tentativo di attingere direttamente all’essenza dell’essere umano».
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Ma come nasce la collana «Parole dell’Arte»? E quali sono i suoi obiettivi?
«“Parole dell’Arte” nasce dall’esigenza – pienamente condivisa da Maddalena Winspeare, direttore editoriale della casa editrice Sillabe – di riportare in scaffale, attraverso un curatissimo formato tascabile e un prezzo più che abbordabile, l’arte contemporanea italiana e internazionale», ci ha spiegato Antonio Celano. «In altre parole, l’idea della collana prende il suo avvio dalla constatazione che l’Italia, nonostante una sua precisa tradizione in tal senso, attualmente manchi di una serie monografica autoriale sugli artisti contemporanei, vale a dire quelli che più hanno segnato, con la loro sensibilità, il secondo Novecento e questi due decenni del nuovo Millennio.
L’obiettivo è, dunque, quello di proporre – per un pubblico colto, ma molto ampio – una formula di reportage critico di impostazione giornalistica e letteraria capace di tradursi in un corpo a corpo tra l’autore e l’artista. Incontro che, come in un acceleratore di fasci di particelle, ci offra qualcosa di diverso sull’esperienza di un artista direttamente frequentato, amato o con cui si è potuto misurare lo scrittore/giornalista con lo stile e la sensibilità che gli sono propri.
Per sperare questo, a differenza di altri esperimenti editoriali, “Parole dell’Arte” lascia necessariamente più sullo sfondo le tecniche artistiche, così come lo sviluppo storico di correnti o gruppi, tentando di evitare, per altri versi, di ricadere nel solco di certa critica pittorica accademica o didascalica. In definitiva, privilegiando il ritratto vivo e la guida esperienziale e umana al pittore, la collana, nel suo insieme, vuole offrire, di volta in volta, la sorpresa dei risultati di ogni scelta combinatoria; scelta che, se disperde il dato enciclopedico di raccolta, ne esalta il momento collezionistico o di singola “chicca” preziosa da non perdere.
È toccato a Fabrizio Coscia inaugurare la collana mettendosi con il suo “Dipingere l’invisibile” – come recita il resto del titolo del suo lavoro – “sulle tracce di Francis Bacon” (80 pp., 10 €). A questo seguiranno, a stretto giro, i volumi dedicati ad Alexander Calder e a Giosetta Fioroni, rispettivamente firmati da Alessandro Zaccuri e Sandra Petrignani. E le sorprese non finiscono qui…»
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Fabrizio Coscia (Napoli, 1967) è scrittore, docente, critico letterario e teatrale. Collabora al quotidiano «Il Mattino» e alla rivista «Nuovi Argomenti». Ha pubblicato il romanzo Notte abissina (Avagliano, 2006), la raccolta di saggi narrativi Soli eravamo e altre storie (ad est dell’equatore, 2015, tradotto in tedesco) e La bellezza che resta (Melville Edizioni, 2017, finalista al Premio Brancati 2017). È stato definito «uno dei critici e saggisti letterari più affascinanti di questi ultimi anni» (Massimo Onofri, «L’Avvenire»).
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