Diamo la notizia in tempo reale (h. 13): Doris Lessing, autrice britannica nata in Iran – ex Persia – (nel 1919) ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2007. Come al solito le voci della vigilia si sono bruciate nell’aria fritta che le aveva generate. Nelle ultime ore si parlava di una probabile vittoria di Claudio Magris (dimenticando la recente attribuzione del Nobel a un italiano: Dario Fo). Gli altri nomi che circolavano erano Philip Roth, Les Murray, Vargas Llosa, Amos Oz.
La Lessing è un’autrice nota – in Italia la pubblicano Feltrinelli e Fanucci– ma la sua vittoria quest’anno era piuttosto inattesa. Ecco la motivazione del Premio: “that epicist of the female experience, who with scepticism, fire and visionary power has subjected a divided civilisation to scrutiny”.
(“cantrice dell’esperienza femminile, che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa”).
I suoi libri più importanti sono: L’erba canta, Le nonne, Il taccuino d’oro, Il senso della memoria, Sotto la pelle.
Videointervista di RaiNews24 a Doris Lessing (precedente al Premio)
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Riporto di seguito la biografia di Doris Lessing pubblicata su Wikipedia Italia.
Poi aspetto i vostri commenti. Non mancate!
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Doris Lessing (22 ottobre 1919) è una scrittrice inglese, nata Doris May Tayler, a Kermanshah in Persia (Iran).
Il padre, un ufficiale britannico reduce della prima guerra mondiale, dove aveva sofferto diverse amputazioni, aveva sposato la madre di Doris, una infermiera, e si era trasferito in Iran dove lavorava come impiegato di banca. La sua famiglia si trasferì nella colonia inglese della Rhodesia del Sud (l’odierno Zimbabwe) nel 1925, conducendo la difficile vita dei coltivatori di mais. Sfortunatamente i mille acri di bush africano non divennero sufficientemente fecondi, ostacolando il desiderio della madre di vivere il sogno vittoriano delle “terre selvagge”.
Doris Lessing frequentò una scuola cattolica femminile, sebbene la sua famiglia non fosse cattolica. Anche come manifestazione del suo conflitto con la severità materna, lasciò la scuola all’età di quindici anni, divenendo da quel momento autodidatta.
Nonostante le difficoltà e un’infanzia infelice, le opere della Lessing sulla vita nell’Africa Inglese sono piene di compassione sia per le infruttuose vite dei coloni britannici sia per le sfortune degli indigeni.
Si è sposata due volte (entrambe seguite dal divorzio) e ha tre figli. Il secondo marito fu Gottfried Lessing, un emigrante tedesco. Il suo primo romanzo, L’erba canta, fu pubblicato a Londra nel 1949 (anno del secondo divorzio), dopo il suo trasferimento in Europa, dove ha vissuto da allora.
Nel 2001 fu premiata con il Premio Príncipe de Asturias nella categoria Letteratura per le sue opere in difesa della libertà e del Terzo Mondo e il Premio Grinzane Cavour. Ha ricevuto inoltre il David Cohen British Literature Prize.
Le opere della Lessing sono comunemente divise in tre periodi: Il comunismo (1944-1956) quando scrive radicalmente su temi sociali, Il tema psicologico (1956-1969) e il Sufismo che viene esplorato nella serie di Canopus. Dopo i temi sufisti la Lessing ha lavorato in tutte e tre le aree.
Il suo romanzo Il taccuino d’oro è considerato un classico della letteratura femminista da molti studiosi, ma stranamente non dall’autrice stessa. Il romanzo la fece entrare nella rosa dei possibili candidati al Premio Nobel, ma i suoi successivi romanzi di fantascienza l’hanno screditata, eliminandola dalla rosa dei possibili vincitori. La Lessing non ama l’idea di essere considerata un’autrice femminista. Quando una volta le chiesero perché, rispose:
« Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è ‘Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più’. Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande rammarico a questa conclusione.»
Quando le chiedono quali dei suoi libri considera il più importante, la Lessing sceglie la serie fantascientifica di Canopus in Argos. Questi libri mostrano, da molti punti di vista, come una società avanzata può combattere l’evoluzione forzata (vedi anche il Ciclo delle Cinque Galassie di David Brin). La serie di Canopus è basata in parte sul sufismo, cui la Lessing fu introdotta da Idries Shah. I suoi primi lavori sullo “spazio interno” come Memorie di una sopravvissuta sono anch’essi connessi a questo tema.
A parte questo, ha scritto numerosi racconti sui gatti, che sono i suoi animali preferiti.
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Aggiornamento serale
Vi segnalo dei video su Repubblica Tv con impressioni a caldo della Nobel.
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AGGIORNAMENTO DEL 12 ottobre 2007
Fanucci Editore mi ha inviato un brano estratto del romanzo della Lessing che uscirà tra circa un mese, “Un pacifico matrimonio a Canopus”, inedito in Italia. Io ringrazio e pubblico. Credo sia un buon modo per far conoscere meglio questa autrice non più giovane, ma fresca di Nobel.
Preciso che Canopus in Argos è una serie ambientata in un nuovo Cosmo ove il destino della Terra dipende dalle interazioni di tre potenti imperi galattici.
(Massimo Maugeri)
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Nelle immense lande delle Zone, strani reami che circondano la Terra, si sta per celebrare un’unione le cui conseguenze potrebbero cambiare per sempre il destino del pianeta. La Zona Tre, un paradiso pacifico e matriarcale, è guidata da una mite regina, mentre la confinante Zona Quattro è una terra abbandonata alla guerra e al caos, schiacciata dal dominio del brutale re guerriero Ben-Ata. Il matrimonio tra i due, che rappresentano gli estremi princìpi di femminilità e mascolinità, minaccia di destabilizzare l’intero impero galattico e i reami delle Zone. In una potente commistione di mito, favola e allegoria, la stupefacente creazione visionaria di Doris Lessing riflette e ridefinisce la storia del mondo dalle sue più remote origini all’inevitabile e tragico processo di autodistruzione.
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Doris Lessing, Un pacifico matrimonio a Canopus , 320 Pagine, Euro 16,00, Collana: Collezione Vintage, Fanucci 2007, Traduzione dall’inglese di Eleonora Federici
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Prima edizione: ottobre 2007© – 1980 by Doris Lessing© – 2007 Fanucci Editore
Le dicerie portano pettegolezzi, ma ancor di più generano canzoni. Noi, i Cronisti e compositori della nostra Zona, dichiarammo che ancor prima che i partner di queste nozze esemplari comprendessero il significato che le nuove direttive avrebbero avuto sule loro vite, le canzoni erano nostre e venivano ampliate e composte da una parte all’altra della Zona Tre. E lo stesso accadeva nella Zona Quattro.
Il grande nel piccolo
L’alto nel basso
Il tre nel quattro
Non può funzionare,
Questa era una filastrocca per bambini. Li stavo guardando dalla finestra il giorno che seppi la notizia. E uno di loro mi corse incontro facendomi un indovinello che gli avevano insegnato i genitori: nell’unione tra un cigno e un papero, chi ha la meglio?Decidemmo di non registrare ciò che veniva composto o cantato negli accampamenti e nelle baracche della Zona Quattro. Non è per esprimersi con mezzi termini, ma piuttosto perché ogni cronaca deve avere il tono giusto. Sto dicendo forse che uno disdegnava l’altro? No, non ci è permesso criticare ciò che ci viene dato dai nostri Tutori, ma si può dire che nella Zona Tre non dimentichiamo. Una poesia burlesca di quei giorni suonava così:
Il tre viene prima del quattro
Da noi c’è pace e abbondanza
Da loro… la guerra!
Erano giorni lontani, prima che tutto accadesse. Mentre questo sposalizio era celebrato nell’immaginazione di entrambi i reami, i due protagonisti erano più preoccupati. Non capivano cosa si volesse da loro. Nessuno si era aspettato queste nozze. Nessuno ci aveva pensato. Le Zone Tre e Quattro se la cavavano bene, con l’aiuto di Al-Ith per noi e Ben Ata per loro. O così perlomeno pensavamo noi.A parte la questione delle nozze, c’erano moltri altri argomenti. Cosa significava che Al Ith fosse stata chiamata nel territorio di Ben Ata, cosicché lo sposalizio avesse luogo là? Era questo che ci chiedevamo. Che significato avevano queste nozze?A cosa portava questo matrimonio? Quando Al-Ith venne a sapere dell’Ordine, pensò fosse uno scherzo. Lei e la sorella ne risero. Tutta la Zona Tre sapeva quanto ne avessero riso. Poi arrivò un messaggio che poteva essere interpretato solo come un rimprovero, e le persone iniziarono a incontrarsi in consigli e conferenze in tutta la Zona. Ci fecero chiamare – i Cronisti, i poeti, i compositori di canzoni e gli archivisti delle Memorie. Per settimane non si parlò che di matrimoni e sposalizi, e ogni ballata e vecchia storia venne ripresa e riletta con attenzione, in cerca di informazioni.
Dei messaggeri vennero mandati nella Zona Cinque, dove pensavamo avessero luogo matrimoni di qualche tipo. Ma c’erano guerre lungo tutti i confini della Zona Quattro, e non riuscimmo ad entrare in quel territorio. Se il matrimonio doveva aver luogo seguendo deteminati riti, forse le Zone Tre e Quattro dovevano organizzare un vero e proprio festeggiamento? Ma queste Zone non potevano mescolarsi, erano nemiche per natura. Non eravamo nemmeno sicuri di dove si trovasse la frontiera. La nostra non era pattugliata. Gli abitanti della Zona Tre che vivevano vicino ad essa, se vi si avvicinavano per curiosità, soprattutto bambini e giovani, ne erano ripugnati, o almeno provavano una forte sensazione negativa per quell’atmosfera; sembrava un luogo in letargo, ed estremamente noioso. Non si può certo dire che la Zona Quattro provasse per noi attrazione o fascino per il proibito: la cosa più accurata che posso sostenere è che ce ne dimenticammo.
Forse avrebbero dovuto esserci due festeggiamenti distinti e simultanei, in ciascuno dei territori, così diversi uno dall’altro. Almeno avrebbe avuto un significato. Ma aveva senso? Dopotutto, festeggiamenti e celebrazioni non erano piaceri di cui dovessimo fare a meno. Forse dovevamo organizzare dei pranzi di nozze tra di noi per celebrare l’evento? Ci servivano nuovi vestiti? Addobbi per le strade? Regali? Tutto questo veniva raccontato nelle vecchie storie e canzoni.
Trascorse del tempo. Sapevamo che Al-Ith era giù di morale, e restava chiusa nella sua stanza. Non lo aveva mai fatto prima, era sempre stata disponibile con noi. Le donne erano arrabbiate e scoraggiate per queste nozze. I bambini soffrivano. Poi arrivarono i primi segni visibili della nuova èra. Ben Ata inviò un messaggio annunciando che i suoi uomini sarebbero venuti a prenderla per scortarla da lui. Questo era l’atteggiamento che ci aspettavamo dalla sua Zona. Un regno dedito alla guerra non aveva bisogno di un atteggiamento gentile. Era la prima prova che il nostro timore e riluttanza di essere maltrattati dalla Zona Quattro era giustificato.
Al-Ith era risentita, si ribellava a questo. Disse che non sarebbe andata.
Seguì un altro Ordine: diceva semplicemente che era obbligata a farlo. Al-Ith indossò il vestito blu da lutto, unica espressione dei suoi sentimenti che poteva ancora concedersi. Non diede alcuna istruzione per un Cordoglio, ma tutti ne sentivamo l’esigenza. La sentivamo in modo confuso e – sospettavamo – ingiustamente. Non siamo abituati a questo tipo di emozioni. Non abbiamo memoria di averle provate in passato. Come individui di questo regno non ci aspettiamo – non ci viene chiesto – di soffrire, piangere o gemere. Può forse succederci qualcosa che non accade ad altri in un altro momento? Il dolore per una perdita, per un lutto, è formalizzato, ritualizzato in pubbliche occasioni considerate canali e veicoli per i nostri personali sentimenti. Non significa che non proviamo sentimenti! Ma pensiamo che debbano essere mostrati e che servano a rafforzare un concezione di noi stessi e del nostro regno. Ma con questa scelta di Al-Ith, sembrava stesse accadendo il contrario. Mai la nostra Zona pianse tante lacrime, fece accuse e provò sentimenti tanto irrazionali.
Al-Ith chiamò a sé tutti i suoi figli, e quando piansero non li confortò. Disse che questo le era dovuto e non doveva essere considerato un atto di ribellione. Ci fu chi tra di noi – molti – si sentì turbato; altri la criticarono. Non ricordavamo nulla che assomigliasse a questo; e iniziammo subito a parlare di quanto tempo era passato dall’ultimo ordine dei Tutori che avevamo ricevuto. Di come precedenti cambiamenti del Bisogno – che ci era sempre stato riferito semplicemente, e senza altra spiegazione con questa sola parola – fossero stati da noi vissuti. Del perché ora doveva verificarsi un simile stravolgimento. Ci chiedemmo se per caso avessimo iniziato a vedere noi stessi in modo falsato. Ma come potevamo non approvare la nostra armonia, il benessere e la prosperità della nostra terra? Credevamo che la nostra Zona fosse uguale alle altre per la ricchezza e l’assenza di discordia. È stato forse uno sbaglio esserne così fieri? E ci rendemmo conto di quanto tempo era trascorso dall’ultima volta che ci eravamo chiesti cosa succedesse oltre i nostri confini. Sapevamo che la Zona Tre era solo uno dei regni amministrati da Lassù. Pensavamo, le poche volte che lo facevamo, di interagire con gli altri regni, ma in modo astratto. Ci comportavamo forse come persone di strette vedute? Che non avevamo bisogno di nessuno?Al-Ith aspettava nella sua stanza. E arrivarono, una truppa di venti soldati a cavallo con le armature. Avevano scudi per proteggersi dalla nostra aria, per non ammalarsi, e questo era giusto. Ma perché anche una protezione per le teste e le famose armature della zona Quattro che potevano respingere ogni arma? Tutti quelli che erano vicino al percorso di quegli ospiti non graditi avevano un’espressione cupa e si mostravano critici nei loro riguardi. Eravamo determinati a non dare alcun segno di approvazione. Ma anche i soldati non ci salutarono. Percorsero in silenzio il tratto fino al palazzo e si fermarono sotto le finestre di Al-Ith. Un cavallo con sella e briglie era senza cavaliere. Al-Ith li vide. Seguì una lunga attesa. Poi emerse in cima al lungo scalone bianco, una figura vestita di scuro. Rimase in silenzio e osservò i soldati: un tale comportamento nel suo regno poteva solo significare essere un prigioniero di guerra. Lasciò loro il tempo di guardarla, di ammirare la sua bellezza, la sua forza, la sua sicurezza, il suo portamento regale. Poi scese la gradinata lentamente, da sola. Si diresse verso il cavallo che avevano portato per lei, lo guardò negli occhi, e gli accarezzò il muso. Il nome del cavallo era Yori, che da quel momento venne citato nelle narrazioni. Era un bel cavallo nero ma non più possente di quello dei soldati. Dopo averlo salutato, tolse la pesante sella. La tenne tra le braccia rivolgendo lo sguardo agli uomini finchè uno di loro capì cosa voleva fare. Allora lei gli gettò la sella e lui dovette bilanciarsi per reggerne il peso. Le rivolse un sorriso divertito, guardando i compagni, mentre lei restava ferma con le braccia incrociate a osservarli. Era il tipo di sorriso che si fa ad un bambino intelligente che riesce a fare qualcosa di più grande di lui. Tutto ciò non sfuggì a Al-Ith, che dimostrò loro che non avevano capito le sue vere intenzioni, togliendo all’animale con gesto lento e deliberato anche le briglie, che lanciò a un altro soldato. Poi reclinò il capo all’indietro, scuotendolo, in modo che i suoi capelli neri che teneva dolcemente legati le ricadessero lungo la schiena. Le nostre donne acconciano i capelli in diversi modi, ma se sono raccolti, in trecce o in altra maniera, e vengono scossi e liberati dall’intreccio, quello è considerato un gesto di afflizione. Ma i soldati non lo compresero, e restarono ad ammirarla, come degli sciocchi; forse lei aveva voluto lanciare un segnale agli astanti che ora affollavano la piccola piazza. Al-Ith aveva le labbra arricciate in una smorfia di disprezzo nei confronti dei soldati, e d’impazienza. Devo registrare qui che una simile forma di arroganza – sì, è necessario chiamarla in questo modo – non era qualcosa che ci saremmo aspettati da lei. Quando tornammo a parlare di quell’episodio, tutti furono d’accordo nel dire che l’amarezza che Al-Ith mostrava nei confronti del matrimonio si stava probabilmente ritorcendo contro di lei.
In piedi, con i capelli sciolti e gli occhi di fuoco, si avvolse lentamente un elegante velo nero intorno alle spalle e alla testa. Sempre mostrando il proprio dolore. Dietro quello scuro strato trasparente rilucevano i suoi occhi. Un soldato tentava in modo maldestro di scendere dal proprio cavallo per aiutarla a salire sul suo, ma lei era montata già prima che l’uomo toccasse terra. Lei fece voltare l’animale e galoppò via, attraversando i prati, diretta a est, alla volta dei confini della Zona Quattro. I soldati si lanciarono dietro di lei. A noi che li osservavamo, parve un inseguimento.
Fuori dalla nostra città, frenò il cavallo e lo fece procedere al passo. Gli altri la imitarono. La gente, ai bordi delle strade, la salutava e fissava i soldati, che non sembravamo più inseguirla, perché ora, imbarazzati, sorridevano come sciocchi, mentre Al-Ith pareva tornata quella di sempre. C’è una discesa che parte dall’altopiano al centro della nostra terra e attraversa strettoie e gole: non era possibile procedere troppo speditamente, e non solo perché Al-Ith si fermava ogni volta che qualcuno desiderava parlare con lei. Ogni volta che notava una persona che voleva rivolgerle la parola, infatti, fermava il cavallo e la lasciava avvicinare. Ora i sorrisi che i soldati si scambiavano erano differenti, e molti si lagnavano, perché erano convinti che sarebbero rientrati nei loro confini per l’imbrunire. Alla fine, quando un ennesimo gruppo di persone le aveva fatto segno e l’aveva chiamata, e lei aveva udito le voci dei soldati che si sollevavano dietro di lei, si era voltata portandosi a pochi passi da loro, costringendoli a frenare i loro animali bruscamente.
«Qual è il problema?» domandò. «Non sarebbe meglio che me lo diceste apertamente, invece di lamentarvi tra voi come dei bambini?»
Gli uomini non gradirono quell’osservazione, e tra loro si levò un turbine d’ira che il comandante soffocò.
«Abbiamo ordini da rispettare» rispose quest’ultimo.
«Finché resto nel mio Paese,» rispose lei «mi comporterò secondo le nostre usanze.»
Si accorse che non l’avevano capita, e dovette spiegarsi. «Ho la posizione che detengo per volere del popolo. Non posso avere l’arroganza di passare oltre, se qualcuno mi fa cenno di volermi dire qualcosa.»
Gli uomini si scambiarono altre occhiate. Il comandante non poté celare un’espressione impaziente.
«Non potete aspettarvi che io stravolga i nostri costumi e assuma i vostri in questo modo.» aggiunse lei.
«Abbiamo razioni d’emergenza sufficienti a un solo pasto» disse l’uomo.
Lei scosse appena il capo, come se non potesse credere a quanto aveva appena sentito. Il suo non voleva essere un gesto di disprezzo, ma così fu interpretato. Il comandante arrossì, ed esplose: «Ognuno di noi è in grado di digiunare per un’intera campagna, se necessario.»
«Non chiedevo tanto» rispose lei in tono grave, che questa volta fu preso per umorismo. Gli uomini risero, e lei riuscì a rivolgere loro un rapido sorriso, poi sospirò e aggiunse: «So che non vi trovate qui per vostra volontà, ma a causa dei Tutori.»
Ma quelle parole, per cause che lei non seppe spiegarsi, furono percepite come un insulto e una sfida, e i cavalli si agitarono e si mossero, percependo le emozioni dei loro cavalieri. Lei rispose con un’alzata di spalle, si voltò e andò verso il gruppo di giovani che la aspettavano all’angolo della strada. Dietro di loro, oltre le montagne, si intravedeva la pianura. I prati brillavano di giallo per il tramonto, e i picchi dei monti riflettevano il sole, ma il gruppo se ne stava all’ombra e al freddo. Gli uomini si raggrupparono attorno al cavallo parlando e mostrando di non avere alcun timore o paura, e il viso dei soldati rivelò il loro sgomento. Nel momento in cui un giovane accarezzò il muso dell’animale, gli uomini armati emisero all’unisono un sospiro di disapprovazione. Ma erano dubbiosi, in conflitto con loro stessi. Non potevano mostrare di disprezzare quel regno o i chi lo governava: lo sapevano. Eppure tutto ciò che vedevano, in ogni momento, contraddiceva il loro concetto di ciò che è giusto. Al-Ith alzò una mano per salutare i giovani, e i soldati si prepararono a partire a quel segnale che però non era stato rivolto a loro. Procedette cavalcando in testa al gruppo finché non furono tutti sulla pianura, poi si voltò di nuovo.
«Suggerisco che poniate qui l’accampamento, ora che abbiamo superato le montagne.»
«In primo luogo» le rispose il comandante in tono brusco – seccato dal fatto che i suoi uomini seguissero lei e non aspettassero i suoi ordini «in primo luogo, non ho preso in considerazione di fermarci prima di raggiungere la frontiera. E in secondo luogo…»
Ma la rabbia che provava lo fece tacere.
«È solo un suggerimento» disse lei «Ci vorranno nove, dieci ore prima di arrivare al confine.»
«Di questo passo certamente.»
«A qualsiasi passo. La maggior parte delle notti, sulla pianura soffia un forte vento da est.»
«Signora! Per chi ha preso questi uomini? Per chi ha preso tutti noi?»
«So che siete dei soldati» gli rispose. «Ma pensavo agli animali. Sono stanchi.»
«Seguiranno gli ordini. Come li seguiamo noi.»
I nostri Cronisti e artisti hanno rappresentato mirabilmente questo dialogo tra Al-Ith e i soldati. Alcune storie iniziano proprio da tale momento. Lei sta di fronte a loro, sul suo cavallo che tiene basso il muso per la fatica del viaggio. Lei lo accarezza con la mano bianca, che brilla di gioielli… Ma Al-Ith era nota per il suo modo di vestire semplice, per la mancanza di gemme o ornamenti regali! La raffigurano con i lunghi capelli neri al vento, il velo anch’esso mosso dal vento e fermato sulla fronte da un fermaglio brillante. Raffigurano la rabbia del comandante, il viso distorto, e il fare beffardo dei soldati. In lontananza, nuvole sparse e allungate dal vento e i campi della pianura.
In questa raffigurazione si ritrovano numerose specie di piccoli animali. Uccelli che volano sopra le loro teste. Un cerbiatto, animale molto amato dai nostri bambini, sul ciglio del sentiero, volge il proprio muso verso il cavallo di Al-Ith per confortarlo e portagli un messaggio da parte degli altri animali. Spesso questi dipinti sono intitolati Gli animali di Al-Ith. Alcune storie narrano dei soldati a caccia di uccelli e del cerbiatto, e di come essi vengano rimproverati da Al-Ith.
Mi prendo la libertà di dubitare che tale evento possa aver avuto un effetto drammatico sui soldati, e persino su Al-Ith. I soldati volevano proseguire e andare via da quella terra che non comprendevano e che li sconcertava. Il comandante non voleva ritrovarsi a dover seguire i consigli di una donna, ma non voleva nemmeno cavalcare per ore in quel vento freddo. Un vento che già soffiava forte.
Al-Ith si sentiva di nuovo sé stessa, molto di più che nelle settimane passate. Capì che avrebbe potuto fare molte altre cose invece che piangersi addosso nelle proprie stanze! Era stata negligente nei propri doveri. Si ricordò di tutti i messaggi ricevuti da ogni parte del regno a cui non aveva risposto perché troppo occupata a tenere a bada i sentimenti intensi che provava. Stava ritrovando in sé stessa una forte disobbedienza, e ciò che questo implicava. Questo la rese più gentile con quella truppa di barbari e con quel comandante, che era poco più che un ragazzo.
«Non mi ha detto il suo nome» gli disse.
Lui esitò. Poi rispose: «Jarnti.»
«È al comando dei cavalli del re?»
«Sono al comando di tutte le sue forze. Le forze armate del re.»
«Le mie scuse» sospirò lei, e la sentirono tutti. Pensarono fosse un segno di debolezza. Ogni volta che succedeva qualcosa del genere con lei, i soldati non potevano fare a meno di provare una sensazione di trionfo, la stessa che i barbari nutrono sempre quando si trovano davanti alla debolezza, così come sentono il bisogno di unirsi raggrupparsi davanti a una dimostrazione di forza.
«Vorrei allontanarmi per alcune ore» disse lei.
A quel punto, come spinti dallo stesso impulso, e senza alcuna indicazione dal loro comandante, la accerchiarono. Al-Ith si trovò al centro di un cerchio formato da coloro che l’avevano catturata.
«Non posso permetterlo» disse Jarnti.
«Quali sono gli ordini del re?» gli chiese. Era calma e paziente, ma tutti scambiarono il suo atteggiamento per arrendevolezza.
Si levò un coro di risa rauche. La tensione esplose. Ridevano e urlavano, e se ne sentiva l’eco nei dirupi alle loro spalle. Gli uccelli che si erano già posati per trascorrere la notte tornarono a levarsi in cielo. Nell’erba alta lungo la strada, gli animali che erano nascosti scapparono via.
Complimenti per la celerità. Vado a caccia di notizie.
SBALLATI I PRONOSTICI MA ERA UN RICONOSCIMENTO ATTESO DA ANNI
Letteratura, Nobel a Doris Lessing
La scrittrice inglese considerata suo malgrado un punto di riferimento delle femministe ha 88 anni
Era fuori dalla lista dei papabili di quest’anno ma Doris Lessing era da tempo in odore di Nobel: un riconoscimento atteso da decenni. E alla veneranda età di 88 anni (li compirà tra qualche giorno, il 22 ottobre) eccolo arrivato. La scelta dei quindici saggi dell’Accademia di Svezia (mancavano i due dissidenti) è caduta infatti sulla scrittrice cresciuta in Africa (la sua famiglia si trasferì nella colonia inglese della Rhodesia del Sud, l’odierno Zimbabwe, nel 1925. Le sue opere sulla vita nell’Africa inglese sono piene di compassione sia per le infruttuose vite dei coloni britanici sia per le sfortune degli indigeni: a partire da «L’ erba canta» (1950) che racconta il fallimento di una coppia di bianchi che si oppone alla società coloniale
«Il taccuino d’oro» pubblicato nel 1962 è il romanzo la fece entrare nella rosa dei possibili candidati al Nobel: è considerato un classico della letteratura femminista da molti studiosi ma non dall’autrice stessa. Quando una volta le chiesero perché, rispose: «Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è “Sorella, staro al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più”» disse al New York Times nel 1982.
Nel 1984, dopo alcuni romanzi di fantascienza, è tornata al realismo con «I diari di Jane Somers» (Feltrinelli). Nel 2002 è uscito «Il sogno più dolce» (Feltrinelli). L’ultimo libro lo ha publicato tre anni fa, a 85 anni: si intitola «Le nonne» (Feltrinelli).
11 ottobre 2007 (h. 13,29)
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Fonte:
http://www.corriere.it/spettacoli/07_ottobre_11/doris_lessing.shtml
Ahahah nunzelo merita manco pe un quarto! Ma je vojo bbene come a una sorella e sono contentona per lei!
Perchè ecco, che questo l’è un sito fine e meglio attenersi sintatticamente, non è una campionessa della profondità e della letteratura, non è una scrittora epocale e vertiginosa. C’era di meglio – ma noi femmine sinistre e appena fuori l’adolescenza, noi quei racconti londinesi, quel matrimonio per bene, tutti quei tascabili feltrinellini – noi ci trovavamo una strada, una sintassi esistenziale. Un modo possibile. erano romanzi con pezzi di Doris e pezzi di nuove donne, donne politiche perplesse sull’essere politiche e donne perplesse dal proprio amore per gli stereotipi che, pure, combattevano. Ci sono state scrittrici decisamente migliori di lei – la mia adorata Toni Morrison, nobelessa pur’essa – ma io ne sono felice ugualmente:))
11/10/2007 (13:50)
Nobel Letteratura a Doris Lessing
Doris Lessing, premio Nobel per la Letteratura 2007
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La scrittrice britannica 88enne premiata per essersi distinta come
«cantrice dell’esperienza femminile»
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STOCCOLMA
Il Nobel 2007 per la Letteratura è stato assegnato alla scrittrice britannica di origine iraniana Doris Lessing, 88 anni, autrice tra l’altro de Il taccuino d’oro (1962) e di Le Nonne (2004). Doris Lessing è stata premiata dall’Accademia svedese con questa motivazione: «Questa cantrice dell’esperienza femminile, con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa».
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Il profilo di una grande scrittrice
Nata il 22 ottobre 1919 come Doris May Tayler, a Kermanshah, in Persia, nell’attuale Iran, la famiglia della scrittrice inglese Doris Lessing si trasferì nella colonia inglese della Rhodesia del Sud (l’odierno Zimbabwe) nel 1925, conducendo la difficile vita dei coltivatori di mais. Sfortunatamente i mille acri africani non divennero sufficientemente fecondi, ostacolando il desiderio della madre di vivere il sogno vittoriano delle «terre selvagge». Doris Lessing frequentò una scuola cattolica femminile, sebbene la sua famiglia non fosse cattolica. Lasciò la scuola all’età di 15 anni, divenendo da quel momento autodidatta.
Nonostante le difficoltà e un’infanzia infelice, le opere della Lessing sulla vita nell’Africa inglese sono piene di compassione sia per le infruttuose vite dei coloni britanici sia per le sfortune degli indigeni. La scrittrice si è sposata due volte (entrambe seguite dal divorzio) e ha tre figli. Il secondo marito fu Gottfried Lessing, un emigrante tedesco, di cui ha mantenuto il cognome. Il suo primo romanzo, L’erba canta, fu pubblicato a Londra nel 1949, dopo il suo trasferimento in Gran Bretagna, dove ha vissuto da allora. Nel 2001 fu premiata con il Premio Principe delle Asturie nella categoria Letteratura per le sue opere in difesa della libertà e del Terzo Mondo e con il Premio Grinzane Cavour.
Le opere della Lessing sono comunemente divise in tre periodi: il comunismo (1944-1956), quando scrive radicalmente su temi sociali, il tema psicologico (1956-1969) e il sufismo che viene esplorato nella serie di «Canopus». Dopo i temi sufisti Lessing ha lavorato in tutte e tre le aree. Il suo romanzo Il taccuino d’oro è considerato un classico della letteratura femminista da molti studiosi, ma stranamente non dall’autrice stessa. Il romanzo la fece entrare nella rosa dei possibili candidati nel 1996 al Premio Nobel.
Lessing non ama l’idea di essere considerara un’autrice femminista. Quando una volta le chiesero perchè, rispose: «Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perchè proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno piu». «Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande rammarico a questa conclusione».
Quando le chiedono quali dei suoi libri considera il più importante, Lessing sceglie la serie fantascientifica di «Canopus in Argos». Questi libri mostrano, da molti punti di vista, come una società avanzata può combattere l’evoluzione forzata. La serie di Canopus è basata in parte sul sufismo, cui la Lessing fu introdotta da Idries Shah. I suoi primi lavori sullo “spazio interno” come Memorie di una sopravvissuta sono anch’essi connessi a questo tema. A parte questo, ha scritto numerosi racconti sui gatti, che sono i suoi animali preferiti.
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Fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200710articoli/26543girata.asp
Da “Il Giornale.it” (H. 13.54)
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Stoccolma – E’ la scrittrice britannica Doris Lessing a vincere il premio Nobel 2007 per la letteratura. La Lessing, 88 anni il prossimo 22 ottobre, è autrice tra l’altro de “Il taccuino d’oro” (1962) e di “Le Nonne” (2004). Lo ha riferito oggi l’accademia svedese, che ogni anno assegna il prestigioso premio da 10 milioni di corone svedesi (1,54 milioni di dollari). L’accademia ha definito l’autrice una scrittrice “epica delle esperienze femminili, che con scetticismo, fuoco e potere visionario ha sottoposto una civilizzazione divisa allo scrutinio”.
I genitori coltivavano il mais Nata il 22 ottobre 1919 a Kermanshah, in Persia (l’attuale Iran) la famiglia della scrittrice si trasferì nella colonia inglese della Rhodesia del Sud (l’odierno Zimbabwe) nel 1925, conducendo la difficile vita dei coltivatori di mais. Sfortunatamente i mille acri africani non divennero sufficientemente fecondi, ostacolando il desiderio della madre di vivere il sogno vittoriano delle “terre selvagge”.
Frequentò una scuola cattolica Doris frequentò una scuola cattolica femminile, sebbene la sua famiglia non fosse cattolica. Lasciò la scuola all’età di 15 anni, divenendo da quel momento autodidatta. Nonostante le difficoltà e un’infanzia infelice, le opere della Lessing sulla vita nell’Africa inglese sono piene di compassione sia per le infruttuose vite dei coloni britanici sia per le sfortune degli indigeni.
Due volte sposata, ha tre figli La scrittrice si è sposata due volte (entrambe seguite dal divorzio) e ha tre figli. Il secondo marito fu Gottfried Lessing, un emigrante tedesco, di cui ha mantenuto il cognome. Il suo primo romanzo, “L’erba canta”, fu pubblicato a Londra nel 1949, dopo il suo trasferimento in Gran Bretagna, dove ha vissuto da allora. Nel 2001 fu premiata con il Premio Principe delle Asturie nella categoria Letteratura per le sue opere in difesa della libertà e del Terzo Mondo e con il Premio Grinzane Cavour.
Fonte:
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=212491
L’Accademia di Svezia assegna il riconoscimento alla scrittrice britannica
La motivazione: “Ha messo sotto esame, con scetticismo e passione, una civiltà divisa”
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Nobel letteratura a Doris Lessing: “cantrice dell’esperienza femminile”
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STOCCOLMA – Il Nobel per la letteratura è stato assegnato alla scrittrice Doris Lessing. E’ stata scelta dall’Accademia di Svezia perché – così recita la motivazione ufficiale – “cantrice dell’esperienza femminile, che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa”. Era nell’elenco dell’assegnazione del premio per la letteratura fin dal 1996.
“Felicissimi” gli agenti della scrittrice: “E’ un riconoscimento grandemente meritato e siamo assolutamente felici”, commentano dalla società Jonathan Clowes Ltd., che rappresenta la Lessing da anni, precisando che, al momento in cui hanno rilasciato la loro dichiarazione, la scrittrice “non era ancora al corrente del Nobel”.
Autrice, fra l’altro, di L’erba canta, Il taccuino d’oro, Il senso della memoria, Sotto la pelle. La mia autobiografia, Doris Lessing è stata, via via, icona delle cause marxiste, poi anticolonialiste, poi anti-apartheid e infine femministe. Con lei arriva a 11 il numero delle donne premiate con un Nobel per la letteratura dal 1901, data della prima attribuzione del riconoscimento. L’ultima in ordine di tempo era stata l’austriaca Elfriede Jelinek. Lo scorso anno invece era stata la volta dello scrittore turco Orhan Pamuk.
Doris May Taylor, questo il vero nome della Lessing, nasce nel 1919 a Kermanshah, nell’odierno Iran, da genitori inglesi, poi nel 1925 la famiglia si trasferisce nella Rhodesia meridionale (oggi Zimbabwe). Doris viene mandata a studiare prima in un convento e poi in una scuola femminile a Salisbury, che lascia all’età di 15 anni. Da quel momento inizia la sua carriera da autodidatta.
Nonostante le difficoltà e un’infanzia infelice (in Rhodesia conduceva la vita, dura, dei coltivatori di mais) le opere della Lessing sulla vita nelle colonie britanniche in Africa sono piene di sentimento sia per le vite dei coloni britannici sia per le sfortune degli indigeni. La scrittrice si è sposata due volte (e in entrambi i casi ha divorziato) e ha tre figli. Il secondo marito fu Gottfried Lessing, un emigrante tedesco, di cui ha mantenuto il cognome.
Il suo primo romanzo, L’erba canta, viene pubblicato a Londra nel 1949, dopo il suo trasferimento in Gran Bretagna, dove vive da allora. Al 2001 risalgono il Premio Principe delle Asturie per la Letteratura, per le sue opere in difesa della libertà e del Terzo Mondo, e il Premio Grinzane Cavour.
Il suo romanzo Il taccuino d’oro (che la fece entrare nella rosa dei candidati al Nobel nel 1996) è considerato da molti studiosi un classico della letteratura femminista, sebbene la Lessing non ami essere condierata un'”autrice femminista”: “Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è ‘Sorella, sarò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno piu”.
Fra i libri che l’autrice considera più importanti c’è la serie di Canopus in Argos, basata in parte sul sufismo, cui la Lessing fu introdotta da Idries Shah. I suoi primi lavori sullo “spazio interno”, come Memorie di una sopravvissuta, sono anch’essi connessi a questo tema.
(11 ottobre 2007)
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Fonte: http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/spettacoli_e_cultura/nobel-letteratura/nobel-letteratura/nobel-letteratura.html
A Doris Lessing il Nobel per la Letteratura, ma lei non lo sa: è in giro per Londra a fare spese
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STOCCOLMA (11 ottobre) – Il premio Nobel per la Letteratura 2007 è stato assegnato a Doris Lessing. La motivazione del premio alla scrittrice inglese, nata nel 1919 a Kermanshah, cita l’epica dell’esperienza femminile, lo scetticismo, il fuoco e la potenza visionaria con i quali Doris Lessing ha indagato una civiltà divisa.
L’agente della scrittrice Doris Lessing ha detto di essere estasiata dalla notizia, ma che l’autrice ancora non era stata informata, diversi minuti dopo che è stato dato l’annuncio, alle nostre 13, perché è in giro per Londra a fare spese. «Sta facendo delle compere e stiamo cercando di contattarla», ha affermato una portavoce dell’agenzia letteraria Jonathan Clowes.
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Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=10835&sez=HOME_SPETTACOLO
arte ne genio non c’entrano.
solo la politica.
deprecabile.
Premessa doverosa e contrita: conosco Doris Lessing solo di nome e di lei non ho letto alcunché. A prescindere, quindi, dal suo valore che non oso assolutamente mettere in dubbio, posso avanzare l’ipotesi che si tratti di un riconoscimento attribuito in previsione che l’autrice potrebbe non concorrere al Nobel 2008?
Ovviamente, personalmente, le auguro di campare altri 100 anni in ottima salute, ma qualche perplessità mi viene.
Mah Enrico, e ce mancassero gli scrittori con un piede naa fossa! Non mi sembra plausibile.
La Fanucci Editore è lieta di annunciare che Il Premio Nobel per la Letteratura 2007 è stato assegnato a Doris Lessing, nostra autrice.
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Doris Lessing, attraverso la visione di un futuro possibile, commenta i peccati e la debolezza dell’umanità di oggi, per criticare le pulsioni di guerra, la schiavitú, il razzismo, la discriminazione sessuale, e per esaltare l’unica grazia salvifica del genere umano: la capacità di amare.
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Doris Lessing è nata in Persia, a Kermanshah, nel 1919, da genitori inglesi. Ha trascorso la sua infanzia nella Rodesia del sud (ora Zimbabwe), dove la famiglia aveva acquistato una fattoria. Di quegli anni passati a esplorare con il fratello Harry la magnifica natura africana, a contatto con una società dove si evidenziavano già i primi segni del conflitto razziale. Dopo aver frequentato una scuola femminile a Salisbury, a tredici anni Lessing conclude la sua esperienza scolastica per trasformarsi in un’intellettuale autodidatta. A quindici anni va via di casa e lavora prima come infermiera, poi come centralinista e infine come impiegata. Nel 1937 si sposa, per poi divorziare nel 1943, ed entra a far parte del Left Book Club, un’associazione comunista dove conosce Gottfried Lessing, attivista politico tedesco che in seguito sposerà e dal quale avrà un figlio. Nel 1949, fallito anche il secondo matrimonio, si trasferisce col figlio in Inghilterra. Inizia così la sua attività di scrittrice politicamente impegnata, soprattutto sul fronte delle battaglie femministe. Lessing ha pubblicato poemi, saggi e romanzi, accanto a numerose opere influenzate dalla fantascienza, poco note in Italia. Tra queste il famoso ciclo “Canopus in Argos” (di prossima pubblicazione per Fanucci Editore).
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In uscita fra tre settimane “UN PACIFICO MATRIMONIO A CANOPUS”, inedito in Italia
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Doris Lessing, Un pacifico matrimonio a Canopus, 448 Pagine, Euro 16,50, Collana: Collezione Vintage
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Fanucci Editore avvia la pubblicazione della straordinaria serie Canopus in Argos di Doris Lessing, ambientata in un nuovo Cosmo ove il destino della Terra dipende dalle interazioni di tre potenti imperi galattici.
Nelle immense lande delle Zone, strani reami che circondano la Terra, si sta per celebrare un’unione le cui conseguenze potrebbero cambiare per sempre il destino del pianeta. La Zona Tre, un paradiso pacifico e matriarcale, è guidata da una mite regina, mentre la confinante Zona Quattro è una terra abbandonata alla guerra e al caos, schiacciata dal dominio del brutale re guerriero Ben-Ata. Il matrimonio tra i due, che rappresentano gli estremi princìpi di femminilità e mascolinità, minaccia di destabilizzare l’intero impero galattico e i reami delle Zone. In una potente commistione di mito, favola e allegoria, la stupefacente creazione visionaria di Doris Lessing riflette e ridefinisce la storia del mondo dalle sue più remote origini all’inevitabile e tragico processo di autodistruzione.
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“Non finisce mai di sorprenderci, la mite, lucida, dissacrante, grandissima Doris Lessing.”
Il Messaggero
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L’ultimo romanzo della scrittrice THE CLEFT, pubblicato nel 2007, è stato acquistato per le nostre edizioni e verrà pubblicato nel 2008.
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Un senatore dell’antica Roma, giunto al termine della sua esistenza decide di intraprendere la sua ultima impresa: il racconto della storia dell’umanità. La sua narrazione tratta del popolo delle Cleft, ormai perduta comunità di donne che vivevano in una sorta paradiso terrestre, procreando senza conoscere uomini, e dando alla vita solo bambine a perpetuare la loro specie, finché la nascita inattesa di una creatura strana e sconosciuta, un maschietto, spezza per sempre l’armonia della piccola società mettendone a repentaglio l’esistenza stessa.
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Libri pubblicati dalla Fanucci Editore:
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“Memorie di una sopravvissuta”
di Doris Lessing
Collana: Collezione Immaginario
Genere: Narrativa
Anno: 2003
Pagine: 256
Euro 13.5
“Un tentativo di autobiografia” dice Doris Lessing descrivendo Memorie di una sopravvissuta, un romanzo che sembra una fiaba e che nasce da quell’antica tradizione in cui i narratori prendono il volo verso la dimensione fantastica a partire dalle solide fondamenta della realtà. E la realtà del romanzo è quella che abbiamo davanti a noi, nel futuro, un mondo dove la barbarie è la norma e ognuno deve lottare per sopravvivere, uomini, donne, persino i bambini, in un vortice di ferocia. La voce narrante è quella di una donna che osserva le cose cadere in pezzi, mentre le orde migranti si spostano alla ricerca di un luogo sicuro, di un rifugio, di una vita migliore che sempre si trova da qualche altra parte. Una donna a cui uno sconosciuto ha affidato una bambina, Emily, con poche lapidarie parole: “Abbi cura di lei, ne sei responsabile”. Ora la bambina è una meravigliosa ragazza, e ad accompagnarla c’è Hugo, metà cane, metà gatto, bizzarra e adorabile creatura capace di proteggere e di confortare…
Ma in tutto questo esiste un luogo dove il tempo si dissolve come i sogni o le nuvole, in cui scene fantasmagoriche sembrano evocare le paure di un bambino o la sofferta esperienza di un adulto, e dove prendono corpo presenze sovrumane, dolci e potenti, che vigilano su di noi… ma cosa sono, dove si trovano? Mentre nel mondo visibile la civiltà va in frantumi, qualcosa di molto diverso prende vita in questo spazio segreto che è al margine delle nostre esistenze quotidiane, e in cui forse vivono altri noi stessi, proiezioni o sogni dei nostri desideri.
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“Mara e Dann”
di Doris Lessing
Collana: Collezione Immaginario
Genere: Narrativa
Anno: 2004
Pagine: 528
Euro 18
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Mara e Dann è prima di tutto un romanzo politico in cui Doris Lessing, attraverso la visione di un futuro possibile, commenta i peccati e la debolezza dell’umanità di oggi, per criticare le pulsioni di guerra, la schiavitù, il razzismo, la discriminazione sessuale, e per esaltare l’unica grazia salvifica del genere umano: la capacità di amare.
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“In parte fiaba, in parte commento sul nostro tempo, questo è un libro ambizioso, rigoroso, straordinario. Con Mara e Dann Doris Lessing ha creato una ragazza e un ragazzo di dimensioni mitiche, ma toccanti e credibili. In Mara, la bambina che deve badare al fratellino quando non sa neppure badare a se stessa, Lessing ha riversato tutta la sua comprensione della natura femminile. Un romanzo ricco, profondo, malinconico.”
Sunday Telegraph
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“Insieme, Mara e Dann disegnano le forme dell’amore umano, dall’infanzia alla maturità. Le avventure di Mara sono femminili, storie di amore, fertilità, vulnerabilità e infine acquisizione di potere. Quelle di Dann sono racconti più oscuri, di peccato e tentazione. E nel corso del romanzo viene ripetutamente espressa la fede nell’indistruttibilità dell’amore umano.”
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“La storia del generale Dann, della figlia di Mara, di Griot e del cane delle nevi”
di Doris Lessing
Collana: Collezione Immaginario
Genere: Narrativa
Anno: 2005
Pagine: 240
Euro 16
“Affiora ancora una volta il fascino struggente e travolgente di una scrittrice decisamente unica.”
Ttl, supplemento de La Stampa
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Guidato dalla sua inesauribile sete di avventure, il giovane Dann decide di intraprendere il cammino verso le Montagne di Ghiaccio che delimitano il confine meridionale di Yerrup, a nord di Yfrik; giunto in cima a una scogliera, contempla l’ineffabile, remoto candore del paesaggio naturale, e sfida gli elementi.
Nel suo destino c’è un laborioso percorso di conoscenza, durante il quale incontrerà occasionali compagni di viaggio, approfondirà la consapevolezza della propria duplice sessualità e aprirà il cuore a quello che si rivelerà il più fedele degli amici, un cane delle nevi. Finirà per essere l’artefice quasi inconsapevole della rinascita di uno Stato, di cui diverrà generale e principe, grazie soprattutto al suo zelante subalterno, Griot. In questo ruolo, per lui nuovo e ingombrante, e restando avvinto dal profondo rapporto che lo lega a sua sorella Mara, proseguirà, nel bene e nel male, il viaggio intrapreso dai loro genitori verso un futuro indefinito, puntellato sulle vestigia di un’umanità ormai muta e affondata nel passato.
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“Il senso della memoria”
di Doris Lessing
Collana: Collezione Immaginario
Euro 11
Un racconto e due saggi. Il racconto Una ragione per cui è la storia della nascita, dello sviluppo e del declino di una cultura esistita in un’epoca assai
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Valentina Notarberardino
Ufficio Stampa Fanucci Editore
Via delle Fornaci, 66 – 00165 Roma
ufficiostampa@fanucci.it
06. 39366384
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Gli eredi della Lessing sono pieni di bernoccoli in testa per i salti di gioia e relative capocciate al soffitto.
La vecchina ottantottenne si pappa dieci milioni di corone svedesi che valgono qualcosa come 1,54 milioni di dollari.
Mica facile spendere quella cifra in poco tempo.
Ste
Zauberei, non mi sono permesso di dubitare del volore della Lessing.
Mi domando solo se e quanto, nell’assegnazione di un Nobel, conti anche che lo scrittore è moribondo, perseguitato, sfigato, pesante, elitario e quant’altro.
Insomma, non è che auspico che il prossimo Nobel lo vinca Totti con le sue barzellette, ma che almeno non sia uno scrittore che, al solo guardarlo, ci si gratti i gingilli.
Ieri sera, mentre tornavo a casa in amcchina, ho sentito Cirri&Solibello della trasmissione radiofonica Katerpillar dire che i bookmakers inglesi davano Magris vincitore. E infatti…
Grazie per vostri primi commenti.
Grazie a Cicerone 1 per la rassegna stampa in tempo reale.
Sapete che siamo riusciti a dare la notizia prima dei quotidiani online?
Sulle voci che davano la vittoria di Magris mi ero già espresso, ricordate?
Ma cosa pensate di Doris Lessing? La conoscevate?
Nobel meritato il suo?
Zauberei ed Enrico Gregori hanno già detto la loro. Li ringrazio.
Tratto da “la Repubblica”, 11 marzo 2002
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Luglio 1914. Julia Arne, quattordicenne di Stoccarda figlia di un diplomatico e di un musicista, si fidanza con Philip Lennox, terzo segretario all´ambasciata inglese di Berlino. Poco dopo scoppia la prima guerra mondiale. Le due ottime famiglie sono incredule: perché mai Germania e Inghilterra dovrebbero combattersi? Il Kaiser non è nipote della Regina Vittoria?
Su opposte trincee, Julia perse due fratelli e Philip un braccio. Si ritrovarono, però. E, anche se ormai irriconoscibili l´uno all´altra, si sposarono. Lei si trasferì a Londra e lui rinunciò a una carriera di ambasciatore per via della moglie tedesca, scegliendo spontaneamente di lavorare al Foreign Office. Forse si amarono. Certo fra loro la buona educazione, radicata come una seconda pelle, ebbe il sopravvento. “E´ una storia vera. Qualcuno me l´ha raccontata tempo fa. Mi colpì, e ora mi sono trovata ad usarla. Ogni tanto mi succede”, mi dice Doris Lessing.
Anche se non collocata nelle primissime pagine de Il sogno più dolce, suo ultimo affascinante romanzo, è proprio questa la storia che dà origine alle infinite altre storie che popolano questa saga di una famiglia, i Lennox di Londra, che copre l´intero Novecento, fitta di adolescenti e di vecchi, di amori e di solitudini, di splendori e miserie, di sognatori bugiardi e di silenziosi eroi quotidiani.
“In fondo”, afferma l´autrice, “si tratta di un romanzo familiare vecchio stile, che proietta e conduce avanti una storia. Non ci sono trucchi. Ci tengo molto, a questo spessore di tempo. In Inghilterra ho ricevuto recensioni che enfatizzano ognuna un periodo: gli anni Trenta, gli anni Sessanta, gli ultimi anni un cui sposto l´azione in Africa. E invece a me preme far capire che questa è una storia tutta intera, da leggere e, spero, godere dall´inizio alla fine, pagina per pagina, passaggio per passaggio, trasformazione per trasformazione”.
E, verrebbe da aggiungere, salto per salto: non per via della trama, che è solidissima, ma del secolo fitto di soprassalti che Doris Lessing ha scelto di raccontare, e che rende la lettura un bel po´ più emozionante e coinvolgente per noi che non quella di un romanzo di Jane Austen. La narrazione va avanti spavaldamente sul privato: dialoghi fra amiche, fra innamorati, fra adolescenti, fra suocera e nuora, fra ex (amanti, coniugi, compagni di partito); minute descrizioni di cosa c´è da mangiare o di chi si siede a tavola; disappunto per offerte di lavoro che non si possono accettare o per amori impossibili o per pianti o silenzi di bambini. Il punto di vista è femminile, come nei libri della Lessing che fecero scalpore in Italia negli anni del femminismo, a cominciare da Il taccuino d´oro. Sullo sfondo, però, passano nientemeno che nazismo, comunismo, due guerre mondiali, due dopoguerra, la decolonizzazione, la battaglia per il disarmo atomico.
Signora Lessing, Lei dice nella nota introduttiva di avere scritto questo libro al posto del terzo volume della sua autobiografia. Ci sono, qui, personaggi o situazioni che riguardino la sua vita?
“No, assolutamente. Questo è un romanzo, qualcosa di molto diverso dall´autobiografia. Ho scelto questa scrittura basata sull´invenzione proprio per non far soffrire alcune persone. Anzi, per proteggerle”.
Il titolo è Il sogno più dolce. Ma di sogni, qui, ce ne sono almeno due: quello comunista degli anni Trenta e quello (quelli) degli anni Sessanta, culminati nel ´68.
“Mi interessava scrivere sugli anni Sessanta, su cui oggi fra l´altro c´è tanta curiosità. Ci ho pensato a lungo. Mi affascinava quella sorta di pazza generosità, i giovani viaggiavano il mondo, dormivano qua e là ed erano dovunque i benvenuti (nella casa di Frances se ne alternano a decine). Vigeva una sorta di cultura del “vieni pure avanti, chiunque tu sia, di qualunque colore tu sia”. Una giornalista tedesca trentenne che mi ha intervistato era inorridita. Ma perché facevano questo?, chiedeva. Invecchiando, uno non si rende conto di quanto il tempo corra, e di quanto presto tutto sia dimenticato. Non parliamo poi delle donne giovani: danno tutto per scontato, come se gli agi e i diritti di cui godono fossero sempre stati lì e non fossero costati niente a nessuno”.
Dunque il “sogno più dolce” è quello degli anni Sessanta?
“Oh, no. È quello della mia prima giovinezza. È il sogno comunista”.
Questo sogno alla fine del libro è rappresentato dai tragici risultati del comunismo in alcuni paesi africani immaginari ma non tanto. Ma, in tutto il romanzo, fin dalla primissima pagina, è impersonato da una figura dominante e motrice di eventi, insieme emblematica e caricaturale: il “compagno Johnny”, marito (ma solo per poco) di Frances. Nasce nel 1920, figlio di Philip e Julia, ultima inaspettata aggressione del “nuovo che avanza” per i due sventurati aristocratici. Viene chiamato Jolyon Meredith Wilhelm Lennox, ma pur andando a scuola a Eton, si trasforma presto nel “compagno Johnny”. Non è solo affascinato dall´ideologia comunista. È anche bugiardo, egoista, “macho”, petulante, fanfarone (si vanta di aver fatto la guerra in Spagna mentre non è vero), sbafatore, ricattatore psicologico (in nome della rivoluzione marcia sulle vite di quanto gli stanno intorno, pronto ad accusarli di fascismo per ottenere soldi e favori). Al momento opportuno, infine, si ricicla in santone, salvo qualche brindisi a Lenin.
Che personaggio incredibile…
“Non capisco perché lei dica questo. È un comunista. Sono così, lasci che glielo dica io che ne ho sposato uno”.
Ma questo è un po´ speciale. Intanto è un aristocratico. È vero che in Inghilterra ci fu la vague comunista mescolata con l´omosessualità a Oxford e Cambridge, e ci furono i famosi casi delle spie, da Burgess e Mac Lean fino ad Anthony Blunt. Ma questa è una storia inglese, una storia a parte.
“Non è affatto vero. È un modello che si ripete. Classi alte e medie”.
Può darsi, ma c´è almeno un paese in cui la maggioranza dei comunisti era povera gente. Il partito comunista non li ha ammazzati né imprigionati, anzi a suo tempo ha fatto molto per loro.
“E sarebbe?”.
L´Italia, dove Lei sta per andare in libreria. Nel dopoguerra era un paese povero, di contadini analfabeti spesso obbligati a emigrare. Il partito comunista ha dato un contributo decisivo alla Resistenza, alla scrittura di una Costituzione democratica, alla educazione (anche democratica) della gente…
“Il secondo volume della mia autobiografia parla molto dei comunisti. Tutti li ammiravano, erano bravissimi, ma poi quando si veniva dalla Russia…”.
Anche in questo l´Italia è diversa. Già negli anni Settanta Enrico Berlinguer teorizzava una “terza via” tra capitalismo e socialismo, dichiarava di preferire la Nato, parlava di diritti civili a Castro e litigava coi leader sovietici. Al suo funerale Mosca mandò solo un oscuro funzionario che si proclamava suo allievo, Michail Gorbaciov…
“Vede, io penso che il sogno comunista sia stato una terribile perdita di energie. Da ragazza ero piena di sogni. Sono cresciuta in Rhodesia (oggi Zimbabwe). Ero contro il dominio bianco. Ci credevo, credevo alla liberazione di quei paesi e non potevo stare vicino ai neri quanto avrei voluto per colpa dell´apartheid. Quante sciocchezze. E ora, nello Zimbabwe, la gente non fa che morire. Ci sono stata di recente, ho visto gli ospedali che vanno inutilmente e illegalmente avanti senza medicine grazie alla pazzia di qualche volontario bianco… ho amici lì, ho visto… ti si spezza il cuore, ecco”.
Pensa che l´Africa sia definitivamente condannata?
“Non proprio. Nel Botswana e in Mozambico ci si muove seguendo il buon senso. Penso che quello che è stato distrutto non sparirà, ed entrerà nel futuro. Ma il futuro sarà diverso da quello che noi abbiamo sognato e per cui abbiamo combattuto. Ma questo forse è solo sentimentalismo”.
Lo so, la favola della volpe e l’uva è antica, più della Lessing :-). Si potrebbe dire che è facile parlar male di un premio che nessuno di noi che qui interviene vincerà mai. Almeno non io.
In realtà potrei parlar male anche dell’albero della cuccagna. quel palo scivoloso di grasso fetente al culmine del quale ci sono, pressoché irraggiungibili, salsicce e formaggi.
Il problema è che mi hanno rotto i coglioni i premi, le coppe, le medaglie e le coccarde. La Lessing merita il Nobel? Benissimo. Giù il cappello e diamole quella carrettata di soldi per farle passare al meglio quel po’ di vita che le resta. E se per malaugurata ipotesi dovesse venirle un colpo, che almeno non finisca in un ospizio per diseredati ma venga assistita in maniera civile e umana.
Vorrei che ci risparmiassero pinguini in smoking e sermoni da parte di tromboni che (sospetto) la loro lettura più impegnativa sia stata le istruzioni del cellulare.
Lancio una provocazione.
Quale sarebbe il valore politico di quest’assegnazione del Nobel?
Si è forse voluto conferire un premio all “letteratura femminista”?
Ma in tal caso, non siamo un po’ fuori dal tempo?
@ Cicerone 1 e compagni:
grazie di cuore, ma non inserite più nulla altrimenti appesantiamo il post e “ammazziamo” il dibattito.
Unica eccezione: se, magari domani, riuscite a trovare opinioni illustri particolarmente interessanti (editoriali, ecc.).
la vecchietta è semplicemente deliziosa. ho visto il video.
secondo me a quest’età cosa vuoi che importi dei soldi!
restare nella storia della grande letteratura, però, è altra cosa… un pezzo di immortalità… o un illusione di immortalità. come preferite voi.
p.s. per sbaglio ho scritto questo messaggio nel post di evangelisti, colpa di ste che col suo commento mi ha tratto in inganno
Gennaro, era deliziosa anche la nonna di cappuccetto rosso. E allora?
Io non sto contestando il premio alla Lessing. Ho perplessità sulla kermesse e sulle motivazioni che inducono a scegliere il vincitore. Se poi la Lessing lo merita, ripeto, giù il cappello. E che adesso non sciuperà i soldi tra discoteche e luna park lo immagino benissimo.
enrico, io ho solo detto di aver visto il video su repubblica tv e che dal video la nobel mi è parsa una simpatica vecchietta. mica ho detto che l’attribuzione del premio è stata giusta perché la lessing è una simpatica vecchietta.
mo’ vado a magnà e a a fa’ la doccia. meglio, a fa’ la doccia e a magna’
Io credo che il nobel è sempre un premio politico, e Doris Lessing è effettivamente un autrice che è amata dalle donne che stanno a sinistra ma stanno scomode a sinistra, so femministe ma stanno scomode nel femminismo. E sinceramente coi tempi che corrono in specie in paesi come questo, dove alle femmine danno il ministero dei cessi de sabato e quello dei giardinetti de lunedi, inzomma “fuori tempo” mi sembra fuori luogo.
Provocazione: le donne colte leggono romanziere e romanzieri. Gli uomini colti, un po’ di meno. Lo fanno, ma sono più allergici alla scrittura femminile e alle tematiche femminili di quanto accada il contrario. Le donne colte leggono Mailer ma gli uomini colti fanno fatica ad andare oltre la Yourcenar, che infatti – pare n’omo.
ed ecco qui. Tutti alla sprovvista, e tutti a dire della Lessing che le hanno dato il nobel perchè aveva un piede nella fossa o perchè è una simpatica vecchietta. Ma nessuno l’ha letta.
Zauberei, al momento il governo prevede:
Affari Regionali e Autonomie Locali
Ministro: Linda Lanzillotta
Diritti e pari opportunità
Ministro: Barbara Pollastrini
Politiche euroee
Ministro: Emma Bonino
Politiche per la famiglia
Ministro: Rosy Bindi
Politiche Giovanili e Attività sportive
Ministro: Giovanna Melandri
Commercio internazionale
Ministro: Emma Bonino
Salute
Ministro: Livia Turco
Non mi pare pochissimo, ma il punto non è questo. Anzi, qualora, ci potrebbe essere tranquillamente un governo formato da sole donne. Forse, però, il criterio per mettere il culo di un ministro sulla poltrona dovrebbe essere (non in Italia ci mancherebbe) la competenza.
Assegnarlo perché si è donne, o gay, o sciancati, o interisti, o seguaci di Geova non mi sembra procedura efficace. Ciò premesso, e qualora competenti, io sono portato a fidarmi più delle donne che degli uomini.
Mi pare che la stessa Lessing abbia rifiutato l’etichetta di romanziera femminista che le hanno affibbiato. Ci sarà un motivo?
Se alle donne italiane del 2007 danno ancora il ministero dei cessi non può essere che il femminismo del secolo scorso è stato un po’ fallimentare?
Ancora!!!!!! Qui il problema non è che assegnano il ministero dei cessi, ma che mettono dei cessi a capo dei ministeri. O no?
Un discorso lungo, l’ho fatto spesso in altra sede. La maggior parte dei ministeri citati è comunque senza portafoglio. Il femminismo aveva delle cose macroscopiche da recuperare e un po’ l’ha fatto.
Ma non volevo parlare di questo – no?
E ho parlato di donne scomode nel femminismo -Ste.
In ogni caso. Mi riferivo principalmente al fatto che le donne leggono tutto. Gli uomini – non sempre ma spesso – meno.
E poi come si fa a dire che ‘le donne colte leggono romanziere e romanzieri. Gli uomini colti, un po’ di meno’? E’ stato fatto un censimento?
io la pianterei sennò fra un po’ arriva qualcuno a dire “gli uomini sono più bravi perché sanno pisciare contro il muro”. Pietà!
@ Ste
Mi inserisco solo per precisare che effettivamente le donne leggono più degli uomini. È statisticamente accertato. Ne abbiamo parlato qui, ricordate?
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/05/14/perche-le-donne-leggono-piu-degli-uomini/
Doris Lessing mi ha sempre lasciato molto perplesso anche se c’è chi impazzisce per lei. D’altra parte i candidati concorrenti non è che facessero impazzire neppure loro. Il Nobel in fondo è sempre stato un premio alla memoria più che una indicazione di scrittori dal futuro sicuro e smagliante. I giudici svedesi più che fare ardite scommesse scrivono lapidi e cippi di cui nessuno dovrebbe sentire il bisogno.
Amen.
Vorrei sfatare il mito che gli uomini non leggono le scrittrici.
Io la Lessing l`ho letta. Ebbene si`, si tratta del “quinto figlio” edizione feltrinelli. Sinceramente non mi e` dispiaciuto, anche se non mi ha fatto impazzire.
QWuest`anno il nobel e` andata ad un autore non del tutto sconosciuto. E` gia` un passo avanti.
Altresi` sono d`accordo con chi afferma che il nobel e` un premio alla memoria.
Ha oramai piu` un significato politico che artistico.
Comunque visto che continuano ad assegnarlo ogni anno, mi sa che dobbiamo rassegnarci.
non ho letto nulla di Doris Lessing e non posso quindi nè gioire nè dispiacermi del nobel che ha vinto. Gioisco altresì dello scampato pericolo del nobel a Benigni o a Dylan, che è questa smaniosa voglia di contaminazioni!?
Hanno ignorato il mio Philip Roth, bah, lo considero un buon augurio perchè campi un altro anno e veda un’altra estate morire prima di lui.
Per quanto riguarda l’ipotesi del nobel dato alla Lessing perchè ha un piede nella fossa, allora mi chiedo come si spiega quello dato al relativamente giovane Orhan Pamuk nel 2006? Forse perchè lo scrittore turco è a rischio attentato per le sue posizioni sulla questione armena?
Il Nobel letteratura come premio alla memoria? Ma quando mai!
Perfettamente d’accordo con Giovanni. Lui cita, giustamente, Pamuk che è il Nobel dell’anno scorso, ma si potrebbero fare vari esempi. Mi viene in mente Coetzee. Sul fatto che il Nobel è anche un premio politico sono d’accordo, ma non politico in senso becero.
Alla grandissima scrittrice, autrice de “Il taccuino d’oro“, uno dei miei libri-ossessione, dei miei libri più amati, di Racconti africani e di tanti altri, un commosso omaggio e un inchino. Questo riconoscimento mi rende felice ed è una festa della letteratura. Di quella grande.
=
Fonte: Books and other sorrow
http://scritture.blog.kataweb.it/francescamazzucato/2007/10/11/doris-lessing-un-commosso-omaggio/
Ho appena visto la videointervista della Lessing che hai messo all’interno del post, Massi.
Bello. Lei è una donna molto, molto interessante. Ho sentito un paio di frasi che fanno riflettere. Se posso ci torno più tardi.
Smile
Grazie per l’inedito. A te e alla Fanucci
caro Massimo, credo tu abbia capito che a me piace da morire cormac McCarthy. mi ha colpito come la Lessing sostenga una cosa identica: “tutto ciò che lo scrittore ha da dire è nei suoi libri”.
Cormac è addirittura più estremo. Se la Lessing (obtorto collo) si concede, lui ha scelto l’isolamento e il silenzio.
Io conosco solo questa intervista a McCarthy tradotta in due “puntate” da Il Foglio.
http://lucafiore.blogspot.com/2007/06/il-foglio-traduce-maccarthy.html
Letto inedito della Lessing ed è prima cosa che di lei leggo. La mia modestisima opinione è che ci sia una forza narrativa dirompente. Ma anche laddove si evoca un dramma ciò non avviene mai in maniera lugubre. Sono decisamente colpito dalla sua “estetica” mentre rimango del tutto avulso dall’atmosfera. Ma è certamente un mio limite. In qualche parte del mondo ci sarà pure chi ha detto “bè, caruccia” di fronte alla Divina Commedia, oppure “mica male ‘sto pupazzetto” al cospetto della Gioconda. Ciò non toglie che siano quel che sono.
Avete saputo che hanno dato il Nobel per la pace ad Al Gore?
Mah!!!
Sì, letto. Assegnato a lui perché Hitler non poteva concorrere
Dopo il Nobel per la pace ad Al Gore mi verrebbe da dire: ‘Eh, sì… viviamo proprio in un brutto clima’.
Ste
ammazza quanto materiale. leggerò nel fine settimana. grazie eh?
Solo per precisare che Doris Lessing è pure autrice di Minimum Fax
http://www.minimumfax.it/libro.asp?libroID=19
http://www.minimumfax.it/libro.asp?libroID=73
Non vorrei sembrare pedante, ma adesso che ricordo della Lessing ho letto anche “Il taccuino d`oro”.
Solo per completezza di informazione. eh eh eh eh
La mia opinione resta comunque che abbiamo scampato il pericolo che lo assegnassero ad una scrittrice o scrittore che conoscevano in 15….
Dai, Outworks.
Visto che l’hai letto raccontaci un po’ di questo “Il taccuino d’oro”. Il tuo personale punto di vista.
Ma non te la tirare troppo, eh?
Smile
Sarò laconica. Doris Lessing meritava il premio Nobel da tempo. Io non ci vedo dietrologie politiche. Per quanto mi riguarda è il riconoscimento a una grande autrice e alla letteratura femminile di qualità.
Penso che le giovani autrici nostrane debbano guardare alla Lessing e dimenticare la narrativa modaiola, quella che da Bridget Jones alla Kinsella. Vogliamo dimostrare che le donne, anche le giovani, sono capaci di scrivere ben altro?
Vi ringrazio per i nuovi messaggi.
Vi siete già accorti che il post è stato aggionato.
1. Ho caricato un video da YouTube, realizzato da RaiNews24, relativo a un’intervista alla Lassing. Dovrebbe risalire a due anni e mezzo fa circa. Guardatelo. È molto bello. La Lessing parla anche della letteratura in generale e dice cose interessanti.
2. Ho inserito un inedito gentilmente inviatomi dalla Fanucci Editore. Sono alcune pagine del romanzo “Un pacifico matrimonio a Canopus”, inedito in Italia. Uscirà il mese prossimo.
–
Naturalmente vi invito a commentare videointervista ed estratto del romanzo
@ Anonimo:
Hai fatto bene a precisare. Mi scuso con gli amici di Minimum Fax. Anzi, ne approfitto per salutare Martina Testa che è responsabile della narrativa straniera, oltre a essere un’ottima traduttrice dall’inglese. Traduce anche Cormac McCarthy, sapete?
Vi lascio con questa considerazione…
L’Accademia svedese ha premiato un’autrice che ha scritto anche romanzi di fantascienza. Significherà qualcosa?
….che non sapeva che li avesse scritti 🙂
Significa che era di finirla di fare distinguo tra “letteratura alta” (serie A) e “letteratura di genere” (serie B). C’è solo buona letteratura e letteratura scadente. Ci sono scrittori bravi e scrittori scarsi. A prescindere da genere ed etichette.
Doris Lessing è una brava scrittrice ed è in grado di scrivere buoni libri siano essi fantascienza o altro.
Mi dispiaccio per Claudio Magris e Boris Pahor. Pero’ faccio le mie sentite congratulazioni alla vegliarda della Letteratura britannica: una carriera come la sua e’ sempre qualcosa da riconoscere ed ammirare. Anche perche’ per la Letteratura… mala tempora currunt. Bisogna accontentarsi. Solo che preferirei che altri Nobel venissero assegnati ad autori – come ho gia’ affermato in precedenza – poveri, misconosciuti, prolifici ed eccellenti. Se no, che vada ad una riccona, ma almeno prolifica e brava. Non eccellente, vero?
Ai posteri…
Sozi
Scusate: “è ora di finirla”, non “era di finirla”.
Forse andro’, ora, fuori argomento – ma lo faccio approfittando della ”fiacca” che tira in questi giorni sul blog.
Ecco, Umberto Eco, stasera verso mezzanotte, e’ stato intervistato su Rai Uno da Gianni Riotta. Poiche’ e’ un vero evento, estrapolo qualche affermazione dell’illustre scrittore, che ha appena pubblicato la sua ”Storia della bruttezza” ed attualmente e’ alla Fiera del Libro di Francoforte. Magari cio’ ci potra’ dare qualche dritta per parlare anche di qualita’ della Letteratura e relativi premi letterari.
”Oggi ci troviamo davanti ad un politeismo della bellezza: non c’e’ una bellezza unica… e lo stesso avviene per la bruttezza… non esiste una bruttezza unica.”
”La fenomenologia della bruttezza e’ piu’ ampia di quella della bellezza: c’e’ un solo canone per la bellezza, mentre la fenomenologia dei brutti e della bruttezza e’ piu’ varia…”
Poi Riotta accosta come e’ ovvio estetica e contenuto, andando a finire sull’argomento buono-cattivo. Vediamo cosa dice Eco, fra le altre considerazioni:
”I nostri padri erano sempre peggiori di noi: pensate ai Romani che andavano a vedere i gladiatori che venivamo mangiati dai leoni.”
Ma l’affermazione piu’ importante – e secondo me vera – del colloqui Riotta-Eco e’ la seguente:
”Per la folla bruta, per la gente di basso livello intellettuale, c’e’ sempre stato il bisogno di dare sangue e crudelta’, la televisione da’ questo stesso materiale alla gente di basso livello intellettuale, solo che fa finta di darlo a quelli di alto livello intellettuale.”
Gli viene obiettato che questi programmi sanguinolenti vengono, sotto sotto, visti anche dagli intellettuali, e Eco cosi’ inizia a ragionarvi sopra:
”Chiunque ogni tanto prova il piacere d’incanaglirsi (…)”
Eccetera. Ho trascritto il tutto riascoltando l’intervista che ho registrato.
Cosa ne pensate?
Sozi
Alla sig.ra Fazzi:
non c’e’ bisogno di dimostrare ulteriormente niente, delle capacita’ femminili. Questa dimostrazione e’ gia’ piu’ che ampia facendo solo i nomi di persone come Marguerite Yourcenar, Ada Negri, Elsa Morante. Qui bisogna dimostrare, piuttosto, l’utilita’ e l’intelligenza dell’intero genere umano. Cosa un poco piu’ ardua, direi.
Saluti Cari
Sozi
@ Elektra
E` una sorta di viaggio interiore nell`animo femminile.
Ragion per cui non posso dirti se fosse piu` o meno accurato non essendo io una donna. Certo mi ha destato una grande curiosita` e soprattutto mi ha fatto comprendere meglio di altri libri come la rinascita di una donna possa passare attraverso piccoli ed insignificanti gesti. Come anche scegliere un taccuino, appunto il taccuino d`oro, dove descrivere le proprie espeirenze possa rappresentare un passaggio fondamentale per uscire dalle piccole prigioni che ci costruiamo.
Un libro, secondo me, che nonostante sia molto lungo e` anche piuttosto compatto. Non ha il respiro dei classici ma e`comunque un ottimo libro.
Caro Sergio, perché parli di “fiacca” che tira in questi giorni sul blog?
In tutta sincerità non sono d’accordo.
L’argomento che “tiri fuori” coinvolgendo Eco e il suo nuovo saggio mi pare interessante. Secondo me dovrebbe essere oggetto di un post apposito.
Quindi invito gli altri a non risponderti, proprio perché avremo modo di parlarne in maniera più analitica e… centrata nei prossimi giorni. E visto che hai lanciato “l’iniziativa” ti coinvolgo in prima persona.
Potresti rielaborare ciò che hai scritto (magari riguardando l’intervista) e mandarmi il materiale per mail?
Ciao.
Allora innanzitutto un saluto colletivo non solo a Massimo ma si lettori Letteratitudineschi, in specie quelli masculi che mi hanno trattato bene la Doris, portandomi ad avere più fifucia riguardo alla relazione genere sessuale e letture. anche se Massimo mi piacerebbe un post su sta cosa!
Poi saluto Massimo che ringrazio per l’inedito.
Poi dico a sergio Sozi che quell”intervista di Eco non mi piace manco un po’. Massimo facce n’artro post! il basso, l’alto- tutto m’aspetto da un semiologo ma non questo.
Cara Zauberei, sono io che ringrazio te per i tuoi validi contributi. E ne approfitto per ringraziare tutti gli altri. Senza il vostro aiuto mi sarebbe impossibile portare avanti il “progetto letteratitudine”.
Io sarei dell’idea di raccogliere l’input di Sergio, Zauberei. Potremmo discutere più ampiamente di queste esternazioni di Eco e tu avresti modo, nell’ambito di un dibattito ad oc, di esprimere le tue perplessità.
Sul discorso “letture / generi sessuali” potremmo scrivere un apposito post a integrazione di quello dove abbiamo evidenziato che le donne leggono più degli uomini.
Più in generale (mi rivolgo a tutti), se avete argomenti di discussione da propormi, iniviatemi un’apposita mail (trovate l’indirizzo nella sezione info del blog). Questa è una cosa che mi piace molto e che rientra nell’ottica di “open blog”.
Grazie davvero.
Ora, almeno nell’ambito di questo post, torniamo a parlare della Lessing.
😉
Cara Erika Di Giorgio,
grazie per avermi citato, solo che io ho citato la Ada Negri, non la Alda Merini. Pero’ mi piace anche lei: e’ l’unico poeta-essa italiano/a valido a tutt’oggi.
Ciao
Sozi
A Zauberei,
cara mia… l’intervista ad Umberto Eco era di Riotta… un giornalista corrier-televisivo ”arrivato” e pauroso di incorrere nelle condanne che i telespettatori infliggono a chi pensi troppo. Cosa ti aspetti?
In ogni caso, io ne parlerei su Letteratitudine piu’ per esteso, visto anche che molte persone quel colloquio non lo hanno proprio visto (era a mezzanotte) e che comunque degli spunti ci sarebbero per parlare di cose non frivole.
Saluti Cari
Sozi
Caro Sergio, sono un po’ preoccupato per te!
Hai scritto un commento all’1:26 am. E fino a qui…
Ma l’altro è stato inviato alle ore 4:31 del mattino.
Ma quando dormi?
E quanto dormi?
Mi scuso con Sergio Sozi. Ho letto in fretta. E nella fretta anziché Ada Negri mi ricordavo di aver letto Alda Merini. Poco male, visto che la Merini ti piace.
Tornando al Nobel alla Lessing ho verificato che quelli del premio Grinzane Cavour ci azzeccano spesso. Avevano già premiato la Lessing nel 1989. Il Grinzane gioca spesso d’anticipo rispetto al premio Nobel.
I seguenti autori sono stati premiati da loro ben prima del riconoscimento dell’accademia svedese:
– Nadine Gordimer
– Wole Soyinka
– José Saramago
– Gunter Grass
– Vidiadhar S. Naipaul
– J. M. Coetzee
– Orhan Pamuk
E infine la Lessing.
Carissimi Grinzane Cavour,
sarei disponibile a mandarvi casella della mia email per ricevere da voi pronostici del Superenalotto.
Ossequi
Eeeeh, caro Massimo: visto che il genio non mi e’ stato donato, lasciami almeno un po’ di sregolatezza – cose minime, purtroppo, ben al di sotto del livello dei buoni vecchi parnassiani: niente droghe o perversioni, niente sesso ne’ rocchenrolle… solo ore piccole!
Sergio
P.S.
Piaciuto il pezzo su Eco?
@ Sergio:
Va bene, ti concediamo le ore piccole. Perfettamente d’accordo sul niente droghe o perversioni. Sul niente Rock&Roll dico: ognuno ha i suoi gusti. Sul niente sesso rimango un po’ perplesso…
😉
P.S. Il pezzo su Eco mi è piaciuto. Lo pubblicheremo presto (anche se Gianni Riotta non sarà molto contento; sai, mi risulta che ogni tanto un’occhiata qui la butta anche lui).
Tornando alla Lessing e al Nobel tributatele volevo segnalarvi la posizione di “Domenica” inserto domenicale di cultura, letteratura ed arte de Il Sole24Ore. Uno degli inserti culturali più importanti in Europa, dunque da tenere in considerazione.
–
Posizione piuttosto critica, quella del “domenicale”.
Già il responsabile dell’inserto, Riccardo Chiaberge, ne approfitta per dare una prima stoccata nella sua rubrica “Contrappunto”.
Scrive Chiaberge (cfr. Il Sole24Ore di domenica 14 ottobre 2007, pag. 33):
“(…) ha esclamato Doris Lessing ‘erano trent’anni che l’aspettavo!’. Ci fa simpatia e tenerezza questa ottantasettenne in sandali e gonna di jeans che torna a casa dal supermercato con le borse della spesa, e trova ad attenderla una ressa di giornalisti e cameramen. Ma la sua reazione avrebbe dovuto essere un’altra: trent’anni dopo, questo premio non vale più. Perché la Lessing trasgressiva e militante è finita negli anni Settanta, e quella che le sopravvive è una rispettabile scrittrice post-femminista che, incassata la sconfitta degliideali d’antan si è rifugiata nell’autobiografismo e in una vena fantasy un po’ sconclusionata. ha ragione Luigi Sampietro: incoronarla adesso col Nobel è come archiviare una vecchia pratica.”
Chiaberge cita Luigi Sampietro autore di un articolo, pubblicato sullo stesso numero del Domenicale a pag. 39, che un titolo molto indicativo: “Un trofeo all’ortodossia”.
–
Scrive Sampietro (cfr. Il Sole24Ore di domenica 14 ottobre 2007, pag. 39):
“(…) il Nobel è stato assegnato a Doris Lessing che era in lista d’attesa da qualche decennio. Tripudio da parte dei suoi stagionati lettori che vedono sancito il loro “come eravamo”. Gli accademici svedesi sono andati sul sicuro, nel senso che hanno puntato su di una vecchia bandiera in materia di battaglie politiche e sessuali: una visionaria con i piedi per terra approdata alla fantascienza. Donna “contro” e anticonformista in periodi non sospetti, è stata tirata fuori dal cappello oggi, quando ormai va di moda il conformismo dell’anticonformismo. Dal quale però lei, inquieta com’è, bisogna riconoscere che non si è mai fatta intrappolare.
Marxista fino all’invasione dell’Ungheria, non si può più nemmeno dire che sia di sinistra. Femminista ante litteram con il famoso “The Golden Notebook” (1962), in anni recenti ha scandalizzato le sue seguaci di retroguardia con le sue affermazioni contro le donne prepotenti che schiacciano i giovani maschi in formazione (…).
La mia personale impressione è che con l’assegnazione del premio Nobel sia stata archiviata, con il dovuto sussiego, una vecchia pratica riguardante tutte le possibili illusioni, trasgressioni e liberazioni dell’ultimo mezzo secolo, e che si tratta di trofei di caccia imbalsamati”.
Massimo, quando ho conosciuto mio marito gli ho fatto conoscere l’inserto del sole 24 ore, mo’ se lo compra tutte le domeniche, e io invece lo userei come carta per il caminetto.
C’è qualcosa di distorto in questo articolo che citi sul Nobel e la Lessing. Quancosa che si fa fatica a capire dove stona. Ma c’è. Ed è una specie di cortocircuito ideologico tra l’opinione personale che ha il Sampietro e appresso il Chiabeirge in fatto di emancipazione femminile liberalizzazione sessuale, gestione politica da parte delle donne, etc e l’interpretazione del premio nobel alla Lessing. Come se il Nobel fosse qualcosa che riguardasse chi se lo prende – quando spesso penso che quest’ultimo è solo una specie di fantoccio fortunato – il fantoccio di un processo culturale, che non procede per passi lineari e che ha uno dei suoi mezzi più visibili nell’assegnazione dei nobel. Il nobel è un segno del vento, dove tira dove porta e dove colloca nel prensente i contenuti dell’etica. In questo senso, io che ho amato la Lessing più come strada esistenziale che come scrittrice vera e propria, sono contenta di questo premio, perchè non credo che archivi ma che riattualizzi. Non sempre quando si parla di premi ai vecchi si pensa all’archiviazione, curiosamente si è pensato a proposito della “simpatica vecchietta” epiteto che trovo estremamente volgare – in tutta onestà e specie in quel contesto. se la si voleva archiviare, era già bella che archiviata – anche considerando che le ultime cose che ha scritto non erano sto gran chè…c’è qualcosa di capzioso in tutto ciò, di forzato.
Caro Massimo,
d’accordo che a Riotta il mio articolo non piacera’, pero’… avere davanti Eco, l’intellettuale italiano piu’ famoso nel mondo, e parlarci solo di attualita’… beh… e’ riduttivo, no? Ci fosse una volta che qualcuno abbia il coraggio di parlare con una persona solo ed esclusivamente di quel che quella persona SA FARE. No: bisogna sempre esser generici e poi andare a finire su quel che interessa veramente alle masse: i partiti politici, la televisione e il sangue in tv, le dichiarazioni dei ministri, eccetera.
Uffa! E’ banale, lo fanno tutti i giornalisti televisivi: fingono autocritica e poi continuano bellamente ad inzuppare il pane sulle disgrazie altrui che portano soldi e pubblico. Perche’ non cambiano argomenti, se veramente credono che la LORO TV sia sbagliata? Perche’ non trasbordano nella cronaca culturale?
Te lo dico io perche’ continuano a fare quel che fanno, con lacrime di coccodrillo: PERCHE’ LA CULTURA NON PORTA SOLDI.
Quindi, Riotta non si attenda degli applausi da chi fa giornalismo culturale. Ecco tutto.
Sergio
P.S.
E se leggesse quel che scrivo, meglio, cosi’ lo sa: parlare alle spalle non fa parte delle mie tradizioni familiari e personali.
Cara Erika Di Giorgio, hai interpretato perfettamente ciò che intendevo dire. Ti ringrazio.
Anche per me le posizione di Chiabergie e Sampietro sono un po’ pretestuose. E poi, perché l’accademia svedese avrebbe dovuto avere la necessità di archiviare la pratica? Qualcuno la obbligava a conferire il Nobel a Lessing?
Tripudio da parte dei suoi stagionati lettori che vedono sancito il loro “come eravamo”?
Be’, non mi pare che coloro che ne abbiano parlato bene qui nel blog siano degli ottuagenari.
Le sensazioni personali non sono fonti attendibili.
Smile
elektra, se fosse stato premiato un autore poco noto o misconosciuto avrebbero parlato di tripudio da parte di amici e parenti. eh, eh 🙂
Torno indietro al nobel per la letteratura. Rispondendo a quei commentatori che hanno sostenuto che le ragioni per scegliere a chi assegnare il premio derivano soltanto da valutazioni politically correct, Doris Lessing ha pubblicato un articolo sul NY Times ripreso da La Repubblica del 17 ottobre scorso.
Il suo ragionamento prende forma dall’analisi del rapporto tra comunismo e linguaggio, che la Lessing considera malsano e anestetizzante. Il primo elemento negativo che evidenzia è da ricercare nella funzione stessa del linguaggio: l’intento comunicativo è posto in secondo piano, cosa assai strana per una voce di regime, mentre frasi e parole paiono concepite esclusivamente per occupare il maggior spazio possibile, senza tuttavia dire nulla di significativo.
E il secondo elemento è una diretta conseguenza del primo: le idee possono essere espresse con forza solo attraverso un linguaggio appropriato.
Credo tuttavia che queste considerazioni si possano fare anche per il mondo non comunista: il nostro, occidentale nella geografia e nella concezione, che si presenta come del tutto speculare a quello (un tempo?) presente oltre la cortina di ferro, parla con parole non troppo diverse, con significati che sfumano e cambiano di giorno in giorno, con un linguaggio che anestetizza coscienze e intelletti.
La seconda parte del discorso si sposta invece sui contenuti dell’opera letteraria, che viene definita imprevedibile, non-conformista e spesso scomoda. Doris Lessing spiega che l’errore che più frequentemente si fa è di chiedersi o pretendere che un romanzo o un racconto sia “su” qualcosa, che tratti uno specifico tema.
In questo caso mi sento di fare un distinguo, senza per nulla voler sminuire le opinioni di un premio Nobel: a volte in un romanzo “si parla di…”, a volte le definizioni stanno strette. Semplicemente, dipende da caso in caso. E in più c’è da considerare che al mercato piace appiccicare su tutti i prodotti un’etichetta che contribuisca a guidare e semplificare il più possibile il comportamento del consumatore. E ai consumatori piace essere rassicurati da etichette di questo genere. Poi, certo, è difficile, oltre che ingiusto, liofilizzare un romanzo nello spazio limitato di un’etichetta. Difficile, ingiusto, ma pur sempre possibile.
Eppure, il linguaggio anestetizzante, comunista o occidentale, ben si sposa con la liofilizzazione delle idee. E la liofilizzazione delle idee, politically correct o meno, non ha bandiera o colore.
http://inprimapersona.blogspot.com
Caro Andrea, ti ringrazio molto per questo ottimo contributo.
–
Ne approfitto per segnalare che la Lessing ha fatto parlare di sé (articolo su Repubblica di oggi 22 ottobre) sostenendo che gli attentati dell’IRA sono stati più pericolosi (o importanti o significativi… non ricordo bene) dell’11 settembre. Qualcuno di voi ha letto questo articolo?