La nuova puntata de “Il sottosuolo”di Ferdinando Camon riguarda la attualissima e scottante “questione Priekbe” e le problematiche a essa collegate.
Di seguito, l’opinione di Camon.
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DOVE SEPPELLIRE PRIEBKE?
Su Priebke corrono molti equivoci, ed è bene chiarirli subito. Non era un soldato. Le SS non erano soldati, erano una milizia del nazismo. Che il nazismo nascesse con intenti criminali, era chiaro prima che nascesse, perché prima di prendere il potere Hitler aveva pubblicato in un libro il suo programma. Nel libro c’è tutto. Distruzione degli ebrei, divisione dell’umanità in razze, soppressione delle razze inferiori, guerra all’est, cancellazione del Cristianesimo e del suo amore per i deboli e i perdenti, imposizione del diritto del più forte… Tutto. Priebke lo sapeva? Ma certo. Priebke fu tra i primissimi a iscriversi al neonato partito nazista. Faceva il cameriere a Rapallo quando sentì nascere il partito nazista, mollò tutto e corse in Germania a iscriversi. Fu un iscritto della primissima ora. Come mai in tanti anni diventò soltanto capitano? Per chi non lo sa, capitano è un grado bassissimo, appena sopra il tenente. Evidentemente, Priekbe era stupido. La sua qualità era l’obbedienza. Ma che cos’è l’obbedienza? È la dote di chi rispetta gli ordini? Tutti dicono così, ma non è così. Un tribunale italiano ha perfino assolto (o scarcerato) Priebke su questa base, ma ha sbagliato. La perfetta obbedienza sta nel condividere l’ordine prima che venga impartito, e nell’eseguirlo con volontarietà, non recalcitrando. Priebke era così ben disposto a massacrare i prigionieri delle Ardeatine, che doveva ammazzarne 330 e arrivò a 335. Lui ripeteva: “Personalmente, non ho ucciso nessuno”. È falso. Anche se non fosse falso, sarebbe inaccettabile lo stesso, perché dare l’ordine di uccidere significa uccidere. Ma poi dentro le Fosse successe questo: molti soldati tedeschi, al momento di sparare in testa ai prigionieri legati col fil di ferro e urlanti, vomitavano o tremavano o svenivano. Bisognava che l’ufficiale desse l’esempio e sparasse lui. Priebke lo fece. Visto l’esempio del loro capitano, i soldati prendevano coraggio e ammazzavano per alcuni minuti. Poi di nuovo tremavano e vomitavano. Bisognava ridare l’esempio. Il capitano Priebke lo ridiede. Quante volte? Lui dice: “Solo due”. Con ogni probabilità furono molte di più. Ma che importanza ha? Chi dava gli ordini, era un assassino di prigionieri. E chi entrava volontariamente nelle SS, dichiarava la propria disponibilità ad eseguire gli ordini che avrebbe ricevuto in futuro, tutti gli ordini, senza eccezione. Non si deve dire: “Gli ordini di Hitler erano mostruosi, ma le SS non potevano che obbedire”. Il discorso va capovolto: le SS erano pronte a obbedire, perciò arrivavano ordini mostruosi. Il motto della SS (la sigla vuol dire “staffette di sicurezza”) era: “Il suo onore si chiama fedeltà”. Se impicca o fucila o brucia per fedeltà al Capo, conserva il suo onore. Che una società, una cultura, un’ideologia abbiano costruito un uomo intorno a questa etica, l’obbedienza al Male come se fosse il Bene, è un immenso problema storico, non risolto. Per cinquant’anni si è creduto che fosse tutta colpa del Führer. Il Führer scuoteva il Popolo come la tempesta scuote il mare. Ma non è vero. Il caso Priebke lo dimostra. Il Führer è morto da settant’anni, il nazismo è scomparso con lui, ma Priebke è ancora un perfetto nazista, non si è mai pentito, nel testamento ripete che quel che ha fatto lo rifarebbe. Coloro che l’ammirano, che gli lasciano scritte di devozione sulla casa, che se vien sepolto a Roma vanno al funerale cantando e piangendo, non è che “chiudano un occhio” sulla strage, è che “approvano” quella strage. A suo tempo l’avrebbero eseguita. Se si ripete oggi, sono pronti ad eseguirla. Eppure la lezione della Storia è stata durissima, se non l’hanno capita non capiranno mai niente. Sono chiusi in un mondo separato. Il cadavere di Priebke fa parte del loro mondo, se lo seppelliscano tra di loro, non tra noi. Roma non vuole il funerale, e ha diritto di non volerlo: tutta Roma fu insanguinata dalla strage che lui ha compiuto. La Chiesa Cattolica non vuole la salma, e ha il diritto di non volerla, in nessun luogo sacro. C’è un cimitero di guerra tedesco a Pomezia, dove ci sono altri criminali di guerra, ma il sindaco di Pomezia non vuole il cadavere di Priebke, evidentemente il sindaco ritiene che la criminosità di Priebke supera il livello ammissibile. È un suon diritto. E allora, a chi consegnare il corpo di Priebke? Chi resta? Ma la madre, naturalmente. La Grande Madre Germania. È lei che l’ha partorito, l’ha allattato, l’ha educato, l’ha fatto capitano. Sia restituito in grembo alla Grande Madre. Se neanche lei lo vuole, allora sia bruciato, ridotto in cenere e sparso nei mari. Nei mari incontrerà il caro camerata Eichmann. Tra loro s’intenderanno.
[articolo pubblicato sui quotidiani locali del Gruppo “Espresso-Repubblica”]
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