In questo nuovo post della rubrica “Giovanissima Letteratura” ci occupiamo di… “Fate i cattivi” di Errico Buonanno con Caterina Di Paolo (Solferino)
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“Fate i cattivi” di Errico Buonanno con illustrazioni di Caterina Di Paolo (Solferino)
Una favola di Natale che con sensibilità e leggerezza svela le nostre contraddizioni, stupisce, diverte e ci regala un lieto fine che scalda il cuore.
Il protagonista di questa storia è un bambino di nome Filippo. Un ragazzino così povero, ma così povero che per risparmiare tutti lo chiamano semplicemente Pippo. Alle soglie dell’ennesimo Natale in cui si prevedono pochi regali, lui e i suoi fratelli, Peppe, Ciccio e Carletto, studiano un piano perfetto. Uno stratagemma ingegnoso per riuscire ad accaparrarsi una montagna di carbone da vendere al mercato per diventare miliardari: fare i cattivi. «Sì, ma attenti! Non basterà certo una cattiveria da niente! Bisogna essere cattivissimi! E sarà pure divertente, mi sa.»
E col pezzetto di carbone scrisse sul muro le seguenti parole: «TIRCHIO BABBO NATALE!». Grande, lì, bello a stampatello. Nero su bianco, chiaro e tondo. Gigante.
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«“Fate i cattivi” è un libro per bambini che volevo divertente e poco rassicurante», ha raccontato Errico Buonanno a Letteratitudine. «Come poco rassicuranti sono tutti i libri per bambini che mi piacciono, dal mio primo amore Roald Dahl. Ed è anche un libro che parla di povertà e di piccole e grandi ingiustizie, come ogni favola di Natale che si rispetti.
Era una favola che avevo ideato tanto tempo fa, quando i miei figli erano piccoli, e che se ne era restata in un angolo. Poi, anni dopo, mi ritrovai in una situazione curiosa. Avevo da poco conosciuto Caterina, l’avevo convinta a trasferirsi a Milano dal Friuli. “Eh, vedrai che vita splendida a Milano!” Era il 2020. Due settimane, e ci ritrovammo in lockdown. Mi dissi che dovevamo reagire, che potevamo rispondere a quel trauma collettivo con le uniche armi che avevamo: quelle della creatività. Lei iniziò a disegnare, io ripresi quella vecchia traccia… Ne è uscita fuori una storia che insegna a rispondere alle ingiustizie della vita facendo una piccola rivoluzione creativa. Credo che i bambini si divertiranno, e spero che impareranno a fare qualche boccaccia in più”».
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Brani estratti da “Fate i cattivi” di Errico Buonanno con illustrazioni di Caterina Di Paolo (Solferino)
I bambini molto ricchi sono anche molto buoni.
I bambini molto poveri no.
I bambini molto ricchi, quando fanno la merenda, hanno sempre un paninone. E siccome ne hanno già mangiati tre, danno le briciole ai piccioni.
Dare le briciole ai piccioni è buono.
I bambini molto poveri hanno la pancia che gli parla. Se hanno un panino, se lo sbafano tutto.
Essere ingordi non è buono per niente.
I bambini molto ricchi non fanno quasi mai lagne. Vengono sempre accontentati. Perciò, se le fanno, almeno durano poco.
Quelli poveri piangono, piangono, non la smettono più.
Fare i capricci non è buono per niente.
Guardate i bambini molto ricchi: sono puliti e pettinati.
Ѐ buonissimo.
Guardate i bambini molto poveri.
Dite: è così che ci si presenta a scuola?
Babbo Natale è un vecchio giusto. Lui non sta mica lì a guardare se un bimbo è povero o ricchissimo.
Le stesse regole per tutti: ai buoni regali, ai cattivi carbone.
Dunque ai bambini molto ricchi arrivano sempre dei regali bellissimi.
Ai bambini molto poveri no.
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Filippo era povero. E lo chiamavano Pippo. Giusto per risparmiare.
Aveva una mamma e un papà poveri. E tre fratellini: Peppe, Ciccio e Carletto. Ma erano poveri anche loro, purtroppo.
Siccome poi le disgrazie non vengono mai sole, abitavano tutti in una casa poverissima nel quartiere più povero della città. Brutta come la fame. Scurissima come la miseria ladra.
Il padre ogni tanto se ne usciva: “Qui ci vorrebbe un’idea per mangiare!” Ma aveva sempre troppa fame per aver buone idee. E si addormentava.
La mamma diceva: “Potrei fare torte da vendere al mercato!” Ma per fare le torte ci voleva lo zucchero, e la farina, e le uova. E ad avercelo, un uovo, se lo sarebbe mangiato.
Non facevano niente. Proprio zero spaccato.
Niente di male, chiaramente. Ma neanche niente di buono, ché non avevano strumenti. Niente di orribile e neanche niente di straordinario, sì, insomma.
E siccome si sa che Babbo Natale è un vecchio giusto, Filippo e i fratelli, a ogni santo Natale, ricevevano sempre dei regalucci così. Senza arte né parte. Né belli né brutti. Dei regalucci. Così.
Il bimbo Arturo Bomboloni, compagno di classe di Filippo, già dalla prima elementare aveva ricevuto un robot, che camminava, ballava, sparava il laser dal fucile e parlava. Filippo aveva ricevuto due calzini. Quasi uguali tra loro, quasi appaiati. Vabbè.
Il bimbo Arturo Bomboloni, in seconda, aveva ricevuto un aereoplanino telecomandato. Filippo tre pacchetti di figurine del campionato finito. Con sei doppioni. E l’anno dopo un cappello, che andava un po’ piccolo, purtroppo. Arturo invece un’auto elettrica quasi a grandezza naturale.
«Si vede che lui è più buono di noi!», gli aveva detto Carletto. E per forza! Babbo Natale mica sbaglia.
«Mi ha fatto giocare cinque minuti col robot, sì, in effetti.»
«E le figurine, tu, invece? E i calzini?»
Li aveva venduti alla bidella per rimediare una pizzetta.
Certo, rivendersi i regali non è buono per niente.
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Di seguito, una illustrazione di Caterina Di Paolo tratta da “Fate i cattivi” di Errico Buonanno e Caterina Di Paolo (Solferino)
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