FEDERICA MANZON VINCE LA 62^ EDIZIONE DEL PREMIO CAMPIELLO
La scrittrice si è aggiudicata il premio con il libro “Alma” (Giangiacomo Feltrinelli), che ha ottenuto 101 voti sui 287 inviati dalla Giuria dei Trecento Lettori Anonimi.
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Venezia, 21 settembre 2024 – Federica Manzon, con il romanzo Alma (Giangiacomo Feltrinelli), vince la 62^ edizione del Premio Campiello, concorso di narrativa italiana contemporanea organizzato dalla Fondazione Il Campiello – Confindustria Veneto. Il libro vincitore, annunciato questa sera dal palco del Gran Teatro La Fenice, ha ottenuto 101 voti sui 287 inviati dalla Giuria dei Trecento Lettori Anonimi.
Al secondo posto si è classificato Antonio Franchini “Il fuoco che ti porti dentro” (Marsilio) con 78 voti, al terzo posto Emanuele Trevi “La casa del Mago” (Ponte alle Grazie) con 66 voti, al quarto posto Michele Mari “Locus Desperatus” (Edizioni Einaudi) con 33 voti, al quinto posto Vanni Santoni “Dilaga ovunque” (Laterza) con 6 voti.
Federica Manzon ha dichiarato: “ Vorrei dedicare questo libro, che è nato sul confine a tutte quelle persone che oggi li stanno attraversando sognando un presente prima ancora che un futuro.
Vincere il Campiello è un’emozione enorme perché è Venezia, è il nordest e soprattutto perché questo libro parla di questo territorio e di radici che non hanno confini.”
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La scheda del libro: “Alma” di Federica Manzon (Feltrinelli)
Libro vincitore del Premio Campiello 2024
Libro vincitore del Premio Alassio Centolibri 2024
Libro finalista del Premio Lattes Grinzane 2024
Federica Manzon scrive un romanzo dove l’identità, la memoria e la Storia – personale, familiare, dei Paesi – si cercano e si sfuggono continuamente, facendo di Trieste un punto di vista da cui guardare i nostri difficili tentativi di capire chi siamo e dov’è la nostra casa.
Tre giorni dura il ritorno a Trieste di Alma, che dalla città è fuggita per rifarsi una vita lontano, e ora è tornata per raccogliere l’imprevista eredità di suo padre. Un uomo senza radici che odiava il culto del passato e i suoi lasciti, un padre pieno di fascino ma sfuggente, che andava e veniva al di là del confine, senza che si potesse sapere che lavoro facesse là nell’isola, all’ombra del maresciallo Tito “occhi di vipera”. A Trieste Alma ritrova una mappa dimenticata della sua vita. Ritrova la bella casa nel viale dei platani, dove ha trascorso l’infanzia grazie ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea, dei caffè colti e mondani, distante anni luce dal disordine chiassoso di casa sua, “dove le persone entravano e se ne andavano, e pareva che i vestiti non fossero mai stati tolti dalle valigie”. Ritrova la casa sul Carso, dove si sono trasferiti all’improvviso e dove è arrivato Vili, figlio di due intellettuali di Belgrado amici di suo padre. Vili che da un giorno all’altro è entrato nella sua vita cancellando definitivamente l’Austriaungheria. Adesso è proprio dalle mani di Vili, che è stato “un fratello, un amico, un antagonista”, che Alma deve ricevere l’eredità del padre. Ma Vili è l’ultima persona che vorrebbe rivedere. I tre giorni culminanti con la Pasqua ortodossa diventano così lo spartiacque tra ciò che è stato e non potrà più tornare – l’infanzia, la libertà, la Jugoslavia del padre, l’aria seducente respirata all’ombra del confine – e quello che sarà.
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Federica Manzon (Pordenone, 1981) ha pubblicato i romanzi Come si dice addio (2008) e Di fama e di sventura (premio Rapallo Carige 2011 e premio Selezione Campiello 2011). Nel 2015 ha curato il volume I mari di Trieste (Bompiani). Con Feltrinelli ha pubblicato La nostalgia degli altri (2017).
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