Sul fatto che l’ispettore Maria Dolores Vergani fosse un personaggio seriale non avevamo alcun dubbio. Ci fornisce, tuttavia, ulteriore conferma l’uscita del nuovo romanzo di Elisabetta Bucciarelli con protagonista l’ispettrice di polizia più famosa d’Italia: dopo Happy hour e Dalla parte del torto il terzo capitolo della saga Vergani raggiunge le librerie sulle vele letterarie di PerdisaPop (e all’interno della collana Babele Suite diretta da Luigi Bernardi). Il titolo è: Femmina De Luxe (trovate approfondimenti qui). L’ambientazione ci fa riscoprire una Milano avvolta nel futile mito dell’opulenza e dell’apparire a tutti i costi. C’è un cadavere su cui indagare, e un pazzo che compie atti vandalici in serie imbrattando di sterco le cabine telefoniche. E ci sono personaggi femminili che escono dalla penna della Bucciarelli per offrirci un panorama inquietante, ma reale (o quantomeno realistico). Quello di una società che mira all’esteriore, all’edonismo, al perseguimento di modelli estetici esasperati, alla creazione di femmine de luxe (leggiamo nella nota: donne che vogliono essere perfette come oggetti da esibire, femmine di lusso per uomini tormentati dall’idolo della perfezione estetica).
Un romanzo breve, una storia guizzante narrata con scrittura sincopata e asciutta.
Avevo definito Elisabetta Bucciarelli come la regina del noir milanese. Credo che questo nuovo libro le potrà garantire la conservazione del titolo.
Vi invito a discutere di questo romanzo insieme all’autrice. Ci aiuterà a moderare il dibattito Mariano Sabatini, che ha intervistato la Bucciarelli per “Affari italiani” (potete leggere l’intervista di seguito).
Ne approfitto, inoltre, per porvi alcune delle mie solite domande…
Ritenete che, nell’ultimo decennio, ci sia stato un incremento o un decremento dell’ossessione alla ricerca della perfezione estetica?
Al di là dei luoghi comuni… ritenete che questa sorta di ossessione sia più forte nel Nord o nel Sud del paese?
È più a carico delle metropoli o delle periferie?
E perché?
Ne discutiamo insieme all’autrice di questo libro.
Massimo Maugeri
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L’intervista di Mariano Sabatini
Il ritorno di Maria Dolores Vergani, una vecchia conoscenza per gli estimatori dei romanzi della milanese Elisabetta Bucciarelli (nella foto). Questa figura di detective-psicologa, protagonista di “Femmina de luxe” (120 pp., 9 euro, Perdisa editore) nasce intorno a due pensieri. Il primo: le ragioni di un atto delittuoso sono molto più interessanti del colpevole da assicurare alla giustizia. Il secondo: l’indagine poliziesca altro non è che un modo per indagare su di sé. “Così Maria Dolores Vergani – spiega l’autrice – attraversa le scene del crimine come farebbe un’analista durante una seduta di psicoterapia. Considerando tutti i protagonisti, la vittima, i testimoni, l’assassino e se stessa personaggi dello stesso psicodramma”. Non è un detective fisso e immutabile, ma cambia e si modifica anche grazie alle consapevolezze che acquisisce durante il suo lavoro, rafforzandosi e prendendo coscienza, sbloccando emozioni sepolte e affrontando le sue paure peggiori.
Anche lei, che è una psicologa, come il medico Duca Lamberti di Scerbanenco, è stata sospesa dall’albo professionale. Caso o coincidenza studiata?
Sono un’estimatrice di Giorgio Scerbanenco e sicuramente l’omaggio è a lui. Ma devo confessare che non è stato affatto studiato. Sono molto distratta e ho una memoria selettiva, che ricorda solo quando è obbligata. Credo però abbia lavorato molto il mio inconscio. Anche se, a partire dal secondo libro, Maria Dolores Vergani viene del tutto riammessa all’albo degli psicologi. Ora è lei a scegliere di fare l’ispettore di polizia ma non sono sicura che abbia voglia di farlo per sempre.
“Femmina de luxe” è affollatissimo di figure strambe, che inquietano e che contribuiscono coralmente a dare un ritratto di una Milano che va mutando faccia. La preoccupano le trasformazioni della sua città?
No, ho solo cercato di raccontare alcune persone che mi è capitato di incontrare, enfatizzandone qualche tratto. Sono le persone “diverse” che mi interessano di più, colpiscono la mia fantasia e stimolano la curiosità. E mi fanno pensare. Se mai a preoccuparmi davvero è l’omologazione verso il basso. Stereotipi e macchiette di una presunta borghesia o di un proletariato antico. C’è molto meglio e molto peggio. Milano non è una città banale, ritrarla così sarebbe offensivo.
Stavolta l’ispettrice Vergani ha poco da indagare, deve solo constatare la solitudine di una donna che viene lasciata morire nel disinteresse generale.
Indagare sull’indifferenza credo sia la più difficile sfida che un poliziotto può lanciare a se stesso. Perché l’indifferenza è una malattia assai diffusa, molto contagiosa e si innesta sul terreno della stupidità. Tutti sembrano innocenti ma in realtà i danni provocati spesso vanno ben oltre un semplice omicidio. In “Femmina De Luxe” l’ispettore Vergani indaga sul corpo di due donne. Cerca di capire perché si sforzino in continuazione di aderire a un modello, perché non si sentano mai all’altezza. Le guarda muoversi tra gli eccessi del cibo e la ricerca di amore. Non può aiutarle a salvarsi, ma prova a indicare i colpevoli a noi che seguiamo la storia.
La rincorsa delle donne alla perfezione dell’immagine e del fisico, pensa sia da imputare agli uomini?
Non necessariamente una donna si trasforma per piacere a un uomo. Spesso è un’immagine di sé presunta e irraggiungibile che la ossessiona. Sia essa legata all’aspetto fisico che, sempre più spesso, al ruolo sociale. Ciò su cui siamo meno esercitate è vivere il momento per quello che è. Senza rincorrere nulla. Senza proiezioni future di successo, miglioramento, riuscita, potere. Semplicemente quell’istante. Olga, che non risponde a nessun canone di bellezza stereotipata, ci prova, ma si scontra con chi ormai non riconosce più il candore e non è in grado di dare valore a nulla se non al denaro e al potere.
Per chi scrive gialli oggi è più facile arrivare al grande pubblico dei lettori?
Dipende dalle storie. Ci sono storie gialle che vengono definite così solo perché hanno un morto e un poliziotto. Ma sono molto lontane dal “genere”. Altre che sono camuffate da giallo ma sono rosa, una forma di Liala, con il ritmo del giallo. Quindi forse si può dire che è possibile avere una chance in più di essere pubblicati, ma poi al grande pubblico si arriva per strade complicatissime e non sempre così chiare da comprendere.
Rincontreremo presto la Vergani?
Spero di sì. E’ quasi pronta la quarta indagine. Non so ancora quale sarà la casa editrice. Mi auguro solo di incontrare un altro editor come Luigi Bernardi, editor di PerdisaPop e responsabile dell’uscita di “Femmina de luxe”. Ne ho in mente una in particolare, proprio una donna, con cui mi piacerebbe moltissimo lavorare.
http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/intervista-elisabetta-bucciarelli281008.html
Intanto i miei personali complimenti a Elisabetta per questo nuovo libro che credo le abbia già dato tante soddisfazioni.
Invito coloro che lo avessero già letto a dire la loro…
Gli altri potranno comunque porre domande e interagire con Elisabetta (che parteciperà alla discussione).
Mariano Sabatini, con i suoi interventi, mi darà una mano ad animarla (almeno spero! Mariano… fatti vivo, eh):-)
Pongo a tutti (anche ad Elisabetta) le “domande del post”…
Ritenete che, nell’ultimo decennio, ci sia stato un incremento o un decremento dell’ossessione alla ricerca della perfezione estetica?
Al di là dei luoghi comuni… ritenete che questa sorta di ossessione sia più forte nel Nord o nel Sud del paese?
È più a carico delle metropoli o delle periferie?
(E perchè?)
@ Elisabetta Bucciarella
Chi è Maria Dolores Vergani?
Ti dispiacerebbe descrivere questo personaggio in dettaglio (soprattutto a beneficio di chi non lo conosce ancora)?
Auguro a tutti buonanotte. Elisabetta Bucciarelli interverrà a partire da domani.
Risposte ai post di Massimo
1) Nell’ultimo decennio l’ossessione (tralascio volutamente il termine “sorta”) alla ricerca della perfezione estetica è cresciuta vertiginosamente, provocata dai modelli imposti dai mass-media. Tant’è che la “stravaganza” o l’originalità estetica personale a volte è addirittura vista con “sospetto” perfino dai componenti di determinati gruppi sociali, specie formati da giovani, che ostentano una loro propria comune ostilità – anche studiata – nei confronti della perfezione o dell’omologazione estetica. Appunto.
2) Forse nel Sud, che sta evolvendo – riguardo alla moda (dato che l’ossessione è oggi un fenomeno che attinge essenzialmente dalla moda) – più rapidamente di quanto si è soliti pensare.
3) Non c’è distinzione, anche se in periferia il fenomeno sembra leggermente più accentuato, perché il cosiddetto controllo sociale è più vigile e “vissuto”.
Ciao, Ausilio Bertoli
2) L’ossessione – trova proseliti indifferentemente nel Nord che nel Sud.
Risposte ai post di Massimo
Chiedo venia: non ho eliminato la risposta 2) che si legge alla fine delle tre risposte date alle 2:38 am. Grazie, A. Bertoli
Il libro mi sembra interessante, così come l’ambientazione. Mi piacerebbe saperne di più dalle parole dell’autrice
Grazie Massimo per questo post su Femmina e grazie a chi vorrà intervenire. In attesa di preparare una scheda sulla Vergani, aggiungo qualcosa a proposito della “perfezione”. Quello che ho voluto raccontare in questo libro riguarda sicuramente una ricerca ossessiva e illusoria di una presunta perfezione estetica, che non esclude ceti sociali o zone geografiche, ma ciò che mi preme di più è guardare le aspettive e le attese di chiunque. L’angoscia di essere sempre i migliori, sia nella professione che nell’apparire. L’ansia di traguardi sempre maggiori. La maniacalità che mettiamo persino nella ricerca di una relazione affettiva. Uomini che non si sposano mai perchè “non è la donna giusta”, quella perfetta, che si adatta mirabilmente alle loro esigenze, profonde magari, o solo di immagine. Stessa cosa vale per le donne, che inseguono ancora, dopo anni di parole e di lotte, il mito dell’uomo azzurrino, quel principe impossibile che troppo spesso appare ranocchio quando non addirittura “inferiore”. Sì, le attese esasperate generano mostri e quelle emotive guai seri. Anche nell’amicizia, ci si aspetta sempre qualcosa in più. Per questo, il nero, mi è parso il genere migliore per raccontare quello che vedo e sento. A questo aggiungo che le bocche rifatte, le menti provate, le felicità ostentate a base di psicologia e xanax, le macchine lussuose con i mutui per una vita, le marche note, ma anche i libri comprati e mai letti, il fare finta di essere quello che non si è pur di sembrare “di più” e “migliori”, accade nell’indifferenza generale. A volte anche con il plauso e il successo. Se una donna entra in sala operatoria per liposucchiarsi dell’adipe dai fianchi, firma un consenso per un’anestesia che potrebbe risultarle letale. Su questo tema, che a prima vista potrebbe risultare vanesio e banale, occorre forse indagare ancora un po’. Per ora mi fermo, ma ritorno ;o)
buona giornata
Elisabetta
provo a rispondere alle domande
(Ritenete che, nell’ultimo decennio, ci sia stato un incremento o un decremento dell’ossessione alla ricerca della perfezione estetica?)
secondo me questo processo procede con immutata virulenza dagli anni ’80. Non vedo un peggioramento negli ultimi dieci anni.
(Al di là dei luoghi comuni… ritenete che questa sorta di ossessione sia più forte nel Nord o nel Sud del paese?)
Più forte al Nord.
(È più a carico delle metropoli o delle periferie?)
Delle metropoli
(E perché?)
la metropoli amplifica ossessioni come questa. La ricerca della “bellezza” e della perfezione è uno dei mali della modernità che ha origini metropolitane
Sono contento che Maugeri abbia voluto dedicare a Bucciarelli questo post. Di Femmina De Luxe abbiamo parlato diffusamente il 31 gennaio scorso alla presentazione romana a Bibli; affollta di gente interessata, colta, partecipe. Bucciarelli sostiene la mia idea di un genere giallo, poliziesco, thriller, che sempre più si segnala come rivelatore sociale. La narrativa che una volta veniva definita di serie B che pone all’attenzione di una nutrita messe di lettori problemi seri come la ricerca dell’ossessione estetica. In questo breve romanzo l’ispettrice Vergani cerca di smuovere le acque stagnanti dell’indifferenza nei confronti una donna abbandonata al suo destino, come “una balena spiaggiata”, immagine suggestiva e dolente della stessa autrice. Io ho una teoria, semplice e tuttavia dirompente. Questa rincorsa a lucidare i corpi, certo più ossessiva nel nod del paese e nelle zone della moda, sia da imputare all’opera di inculturazione perpetrata come un delitto dalla televisione, del tutto inconsapevole ormai della sua distruttiva potenza. MS
Rispondo a Valeria. Non a caso lei indica gli anni Ottanta come l’origine di questa ricerca dell’eldorado estetico, ma anche patrimoniale, di vita. In quel periodo si affermava la tevisione commerciale del signor Berlusconi. Uno che, dovendo guidare una nazione come l’Italia, si presenta tinto, tirato come un tamburo, abbigliato come un promoter finanziario, un immobiliarista… L’apparire prima dell’essere che ci restituisce inevitabilmente un’immagine distorta di noi. La protagonista del romanzo di Bucciarelli infatti va verso la distruzione perché per l’appunto ha un’idea distorta di sè. Non è obesa o deforme, semplicemente non tollera un suo lieve arrotondamento dei fianchi… A dopo. MS
Dalle poche cose lette, mi sembra di capire che Elisabetta Bucciarelli sia una persona molto interessante e una scrittrice da leggere. Ho lasciato Milano prima di laurearmi, erano gli anni ottanta e ora non saprei più ritrovare le strade. Forse allora l’edonismo non era così massificato come adesso. Ora lo si trova ovunque, non passa giorno che in qualche tiggì ostentino un servizio sull’ultima pratica per perfezionare corpi maschili e femminili… Dunque, per rispondere alle domande di Massimo: secondo me negli ultimi anni l’ossessione estetica è aumentata di molto. Quello che mi fa più paura è che è aumentata l’ossessione per l’involucro e non per il reale benessere fisico. Non è mens sana… ma carrozzeria luccicante. Quindi botul, bisturi, silicone e acido ialuronico. Iscrizioni alle palestre ma non frequenza.
Tra nord e sud d’Italia, secondo me non c’è una differenza riguardo all’ossessione estetica, l’Italia si unisce grazie agli abiti firmati, alle donne supertruccate e agli uomini depilati (orrore).
Le periferie mantengono il tocco naif che le ha sempre caratterizzate.
Credo che la cosa migliore sia che il corpo riesca a funzionare bene per più tempo possibile, quindi che attività fisica, modello di vita e alimentazione sana siano importantissimi. Senza che diventino mai un’ossessione.
Ciao a tutti i Letteratitudinari!
E ci sarebbe di che parlare, in proposito… Ma, in sintesi:
– Ritenete che, nell’ultimo decennio, ci sia stato un incremento o un decremento dell’ossessione alla ricerca della perfezione estetica?
Senza dubbio.. Certo, gli anni ’80 hanno segnato l’esordio della tv commerciale con i suoi i modelli ma direi che nell’ultimo decennio c’è stata l’estremizzazione dello stereotipo di bello. Del resto, caro Mariano, non credo sia imputabile a un allora imprenditore emergente la genesi del problema… Non politicizziamo tutto, per favore. La tv è di di certo la principale responsabile, seguito dalle riviste patinate: dalle modelle anoressiche alle supermaggiorate siliconate; il bello è diventato una storpiatura di se stesso, il senso estetico ha perso i suoi canoni.
– Al di là dei luoghi comuni… ritenete che questa sorta di ossessione sia più forte nel Nord o nel Sud del paese?
Più forte al Nord. Noi del Sud abbiamo un pizzico di naturalità in più.
– È più a carico delle metropoli o delle periferie?
Delle metropoli!
– E perché?
Perché è lì che girano i soldi, l’apparire è più importante dell’essere e l’avere più dell’essere, e per avere devi poter apparire, devi risaltare… I Soldi stanno al Successo come le Tette Grosse alla Televisione.
Che perversa equazione… (ma è poi un’equazione? Non so, mi perdonino i matematici, i numeri non sono mai stati il mio forte…)
😉
Tutto è politica, gentile Simonetta, e quel signore è il pù grande – ahimé, ahinoi – condizionatore di consumi culturali del nostro paese. Nulla, o quasi, prescinde da lui. Libri, giornali, tv, cinema, come imprenditore; scelte di politica culturale, come premier… faccia un po’ lei! Milano, e il nord Italia, è Mediaset, è MOndadori, è Milano 2… La protagonista di Femmina de Luxe me la immagino vagara per via Montenapoleone, con le sue vetrine scintillanti zeppe di manichini anoressici, e disperarsi nei vialoni di Milano 2-3, o vicino ai lagheti coi cigni di Cologno; nei cui studi sciamano silfidi sottili e (agli occhi di fanciulle senza risorse culturali solide) irrimediabilemente vincenti e irraggiunginili
per sabatini e bucciarelli
negli anni ottanta si parlava di edonismo reaganiano.
cosa ne pensate?
Grazie a Mariano Sabatini di essere qua con noi. E’ vero, la televisione ha le sue responsabilità. Ma vorrei ancora sottolineare come mi sembra esistere anche una banalità del profondo. Ci sono i canoni della bellezza estetica, e quelli sono standard da raggiungere acclamati dai più. E poi ci sono quelli della profondità culturale, i libri che si devono leggere, i luoghi che si devono o (per carità!!!) non si devono frequentare. Le cose che non si devono fare (non si guarda la televisione così si è più “di spessore”). Luoghi comuni dell’anima: meglio la radio, abbasso facebook, internet il malvagio… e via così. Io sono terrorizzata da questo: dalla superficialità del profondo. Quella che spinge Olga, protagonista di Femmina de luxe, a sperare in un amore elevato e puro, che la rende incapace di riconoscere il male, ingenuità colposa per certi versi ma anche colpevole, in parte. Oppure l’altra, che riguarda Marta, (bella, brava e laureata con ottimi voti), a ritoccarsi un pochino, non per fare la velina ma per aderire a una totalità armonica costruita dagli altri e perfettamente introiettata da lei. E poi uomini alla ricerca sempre di qualcosa di più: soldi, plauso, illusioni. Che fanno la conta di quello che hanno e appena possono ostentano: la cultura come le macchine, le donne come gli oggetti d’arte. La semplicità non sembra affatto un valore, piuttosto una caduta di stile.
Elisabetta
penso che l’onda lunghissima di quell’edonismo è arrivata fino ai giorni attuali. Speriamo che questa crisi possa mitigarlo, se non estinguerlo… Un libro come quello di Bucciarelli fotografa comunque un’umanità ai margini, spinta in zone eccentriche della vita, proprio dallo stile “da bere”…. Penso in particolare al medico, amico (si fa per dire) di Marta, che colleziona donne come cravatte. E le vuole, giustamente (secondo lui), luccicanti. Un essere da cancellare con lanciafiamme!
Ecco Riccardo, l’edonismo dei nostri anni è quello finto e fasullo del profondo. Si somma all’ostentazione della superficie, ma è ancora più pericoloso. Perchè crea un’altra forma di razzismo, quello culturale. E poi ne esite un altro di edonismo: quello dei sentimenti. Esibiti o negati. Poche volte davvero condivisi. Ti accorgi di questo ogni volta che percepisci un utilizzo utilitaristico della parola amicizia o amore. E così passi il tuo tempo ad abbassare le aspettative e ad alzare il tuo livello di felicità andando da un terapeuta o in farmacia. Una forma di edonismo direi.
Elisabetta
Marta è una fisioterapista di buona famiglia, ma non ricca. Olga fa la guardarobiera e vive cucendo abiti di tenori e baritoni. Non è la città dei ricchi e degli eccentrici che racconto, ma una ricca città eccentrica che contiene tutti. Anche Laio, un malato di mente e Olmo, un ragazzone cresciuto che vive con la mamma. fatta di ragazze che passano il tempo a parlare di coordinati intimi, di ragazzi che hanno passioni come la musica ma guadagnano troppo poco per permettersi gli sfizi che desiderano e allora arrotondano come possono. Poi c’è l’uomo di lusso, collezionista di donne. Certo questa è un’esagerazione. Ma cosa vogliamo dire del medico sposato che, se può, insidia la giovane fanciulla per avere sempre qualcosa in più dal suo grigio torpore quotidiano?
Da cancellare con il lanciafiamme anche lui? Ci troveremmo con una generezione (o forse più) decimata ;o)
E.
Poichè non ho letto il libro della Bucciarelli, non interverrò al riguardo.
Rispondo invece ai quesiti che ha posto Massimo:
1) Nel periodo in questione c’è stata un’esasperazione della ricerca della perfezione estetica, fenomeno assai comprensibile ove si tenga conto che in una società priva di valori assume un risalto quasi indispensabile l’apparenza; ovvio che l’aspetto, il bell’aspetto sia componente basilare di questa menzogna nei confronti di chi insegue il mito della bellezza solo esteriore.
2) Non dispongo di statistiche al riguardo, ma penso che non ci siano sostanziali differenze fra Nord e Sud, perchè accomunati dalla perdita dei valori.
3) Anche in questo caso non sono in possesso di dati numerici, ma per esperienza personale (vivo in un paese) non mi sembra che ci siano differenze fra città e piccoli borghi.
4) Perchè? La televisione ha indotto tutti a riversare in questa paranoia della bellezza estetica il vuoto che c’è in una vita sostanzialmente grigia e monotona.
Spettacoli come Il grande fratello sono seguiti sia nelle metropoli che nelle campagne, e quello è il tempio della nullità assoluta, dell’esasperazione dell’apparenza sulla realtà. In tutta franchezza non riesco ancora a spiegarmi come tanta gente riesca a seguire una trasmissione così infima e deleteria.
Ma questo malessere da edonismo non interessa un po’ tutto l’occidente, da New York a Praga da Toronto a Parigi?
E il nuovo capitalismo russo? E quello cinese?
E’ più immorale voler apparire belle a tutti costi, senza porsi minimamente il problema di guardagnare soldi con la propria bellezza (penso a tanti ospiti del GF o similia), o dichiarare di “fare cultura” (scrivere, parlare, dipingere, scolpire, incidere dischi, etc… etc…)sperando di procacciarsi fama e lauti guadagni? Il capitalismo è un gran male, ma cosa è arrivato a toccare? Anche l’anima di chi continua dichiararsi lontano chilometri da esso.
a Renzo) ho seguito il GF e credo che il motivo principale sia in quello che io definisco, l’estetica dei sentimenti. La gente guarda se stessa in cattività e riesce a vivere per interposta persona quella emotività di cui è sprovvista, o che non è più capace di esercitare. La Televisione sta cambiando la sua funzione di mezzo inteso alla McLuhan e si sta trasformando in altro. In protesi forse. Così come i marchi, le borse, gli accessori stanno allungando i nostri arti e amplificando una certa comunicazione.
a più tradi
E.
Il personaggio Maria Dolores Vergani è stato ispirato da qualcuno? per es. persone reali o altri personaggi letterari o televisivi?
non ho letto il libro,ma mi pare molto interessante la questione.Sicuramente si è acutizzata la ricerca della perfezione estetica ad ogni costo negli ultimi anni,spinta dalla cattiva cultura dell’immagine che ha mortificato l’idea originale dell’estetica appiattendo le differenze che esaltavano bellezza anche di razze e tipi diversi. Penso alle giapponesi che si fanno bionde e correggono la forma a mandorla dell’occhio per uniformarsi a canoni di bellocce hollywoodiane,o alle nostre ragazzine che per i diciotto anni chiedono il seno nuovo in regalo,ma anche a tant’altre brutture del nostro tempo in cui l’immagine te la sbattono in faccia perchè bello è anche sfacciato!Tutto ciò è stato ed è possibile perchè ha preso il posto di vuoti di valori soprattutto nelle nuove generazioni ispirate da veline e dive milionarie come Paris Hilton che sanno solo tenere cagnolini in braccio,è la vittoria della cultura dell’apparire e se non sei personaggio difficilmente hai il tuo posto al sole.Differenze fra nord e sud non vedo,nè fra periferia e metropoli,è vero che tutti farebbero salti mortali per pagarsi un intervento di chirurgia estetica o una paio di Hogan,un tempo i genitori facevano sacrifici per lo studio dei figli oggi, molti,per un seno nuovo,(una giornalaia si è fatta una blefaroplastica e quando compri il quotidiano ti fulmina con lo sguardo aperto come se avesse visto l’esorcista).Il brutto e il vecchio non si vede più in giro,li avranno sequestrati?anche quelle bellezze dotate dalla natura tipo La Kidman inseguono ideali di perfezione da bambola che negli anni la fanno assomigliare sempre più a Michael Jackson,fa tutto un pò tristezza,una ricerca all’esterno di ciò che dentro non si trova,curare se stessi è un atto d’amore,ma illudersi di vincere le battaglie contro l’invecchiamento fisiologico è non voler ammettere che la guerra si è persa in anticipo…a meno che non si muoia prima, perciò dico sempre alle amiche:meglio invecchiare.
cari saluti
vogliamo parlare di una Ramona Badescu, chiamata solo in virtù del suo bel faccino a rappresentare i romeni a Roma? La signora dichiara che in politica servono le donne belle, che hanno meno rancori. Ipse dixit. A parte che una strafiga potrebbe tranquillamente avere il rancore sordo e totalizzante nei confronti del chirurgo estetico che, magari, le ha provocato una imbarazzante asimmetria tra le poppe… Signore come Tina Anselmi, Nilde Iotti, Livia Turco, e via elencando – ossia, donne non degne di Miss Italia ma certo “pesanti” nell’attività politica – dove le mettiamo? Badescu le avrà mai sentite nominare? Sono le menti illuminate come la sua a creare attese, emarginazioni, disperazioni, pregiudizi…
Non posso parlare del libro che comunque sembra interessante e rinviare a tante cose.
Vado contromano, consideratela una scelta di vocazione e non nencessariamente una contraddizione agli altri interessanti pareri, e solo per aggiungere delle riflessioni.
Se parliamo di ossessione estetica collettiva ivi inclusi gli uomini si concordo è decisamente aumentata – perchè le donne, essendo per secoli essenzialmente valorizzate nel corpo per loro ce l’hanno sempre avuta. E’ stata anzi un principio di vita, un grimaldello di senso, forse più forte nei ceti alti, dove il grimaldello di senso non era ricattato dalla pagnotta, ma essenzialmente l’unico motivo esistenziale di gioia era essere attraente il che garantiva un marito e lo statuto b. il materno.
Ora il mercato offre una serie di prodotti e possibilità e certamente modelli per soddisfare questo imperio dell’estetica corporea. Qualcuno sopra chiedeva – ma non è così dappertutto?
Non è così dappertutto no. In una prospettiva femminile per esempio l’ossessione estetica ha una correlazione forte con il maschilismo. In Brasile si operano di chirurgia estetica come forsennate (e su questo ci sono i dati statistici) In nord america, e in nord europa, l’ossesione è decisamente più blanda ….il risultato è che se vestono come cani.:)
Quello che voglio dire è che si crea questo complicato cortocircuito tra grandissimo sviluppo dell’economia e del mercato il quale però non sempre va in parallelo con un’evoluzione culturale. E quando l’evoluzione culturale non c’è l’economia sofisticatamente propone prodotti per l’arretratezza.
Ahò speremo che se capisce.
Un saluto a tutti.
Arrivando buona ultima rispondo, con ordine, alle tre domande di Massimo.
1. Ritenete che, nell’ultimo decennio, ci sia stato un incremento o un decremento dell’ossessione alla ricerca della perfezione estetica?
No, ritengo che siano state sviluppate nuove e diverse forme di apprezzamento estetico, che prendono forme diverse ma hanno radici comuni e costanti. La magrezza della donna, per esempio, alla quale non si sfugge nonostante i tentativi (peraltro maldestri) di valorizzare le forme morbide. La finta sobrietà costruita millimetricamente, il costoso per forza e la sua imitazione in sostituzione del vero: parlo sia di abbigliamento che di cure estetiche o stile di vita. I punti di riferimento su cui si lavora sono sempre gli stessi, i risultati si rinnovano fintamente, l’ossessione rimane costante.
2. Al di là dei luoghi comuni… ritenete che questa sorta di ossessione sia più forte nel Nord o nel Sud del paese?
Ritengo che la differenza sia culturale e non geografica, e che la maggiore o minore dipendenza dall’esteriorità, e da un apprezzamento da parte degli altri che passa attraverso questi canoni, si strettamente legato alla nostra capacità di collocarci nel mondo. La differenza culturale permette anche di ricercare, desiderare o scansare una certa estetica esibita, che va al di là dell’amore verso se stessi (giusto e legittimo) e cerca invece conferme in quanto gli altri leggono sulla nostra superficie. Quanto di più il luogo in cui viviamo ci spinge verso questo genere di autonomia, e tanto più cambia la geografia delle ossessioni estetiche.
3. È più a carico delle metropoli o delle periferie? E perché?
Vale lo stesso: non c’è differenza tra metropoli o periferie, ma solo possibilità di accedere a opportunità maggiori o minori. Le comunicazioni mirate a questi temi – televisione, giornali, internet – hanno annientato le differenze di consapevolezza e omologato gusti e priorità. Le differenze vengono determinate dalle condizioni di sempre: livello economico, desiderio di appartenenza al un gusto del contesto a cui si vive (il total black delle milanesi, per esempio, simbolo per eccellenza di una sobrietà snob e fintamente rinunciataria o silenziosa), rincorsa di canoni estetici già apprezzati in altre donne, e quindi già collaudati: forme di labbra, di zigomi, di natiche prefabbricate. E’ solo una questione di libretto degli assegni, non di indirizzo anagrafico. Il risultato può essere più o meno discutibile a seconda del nostro punto di vista in relazione al buon o cattivo gusto del singolo individuo, ma il fine è identico per tutti.
Paola
L’occasione di una presentazione a Roma mi ha dato modo di conoscere questo libro e la sua autrice. Elisabetta e l’editore hanno conordato (credo) le dimensioni del romanzo. Un romanzo riuscito e scorreole, perché è scorrevole la scrittura di Elisabetta che sa colpire senza enfasi. Qualcuno ha accennato alla presenza di tanti personaggi strambi e interessanti. E’ vero. Proprio per questo ritengo che il romanzo avrebbe meritato un respiro più ampio. “Femmina de luxe”, insomma, funziona bene nella sua forza d’impatto, lascia forse un po’ di curiosità proprio sulla struttura dei personaggi che sembrano secondari ma che invece sono prorpio inseriti nel tessuto connesttivo della storia e della metropoli.
Quanto al resto, non saprei dire sull’incremento o decremento dell’ossessione alla ricerca della perfezione estetica. Credo che, se questa riscerca c’è, ha comunque origine da un modello televisivo/cinematografico che, pur passando il tempo, continua a proporre la piacevolezza estetica (soprattutto femminile) come canone irrinunciabile.
Ma questa ricerca disperata del bello, del piacere a tutti i costi, siamo sicuri che interessa solo le donne?
Un’altra cosa.E le donne sono alla ricerca della perfezione estetica per piacere più a se stesse o per piacere più agli uomini?
Mi piacerebbe che mi rispondesse la brava Elisabetta Bucciarelli a cui auguro tanta fortuna per questo e per i prossimi libri.
Bella domanda, Lorena! Augurando ogni bene al libro di Elisabetta, che leggerò volentieri, è chiaro che niente è fatto fine a se stesso. Se le donne sono alla disperata ricerca di buttarsi alle spalle i segni del tempo, lo fanno anche perché l’uomo ha a sua volta modificato i propri canoni estetici. Piacere per piacersi, sennò depressione, anoressia, bulimia o, peggio, suicidio. E continuo a pensare che sia più deleterio, almeno a livello estetico ed è questo di cui stiamo parlando, una porcheria di programma tipo G F piuttosto che il nostro premier…
Questi programmi mostrano tutto quello che dovrebbe essere bandito: ingoranza, grettezza, pochezza interiore e abbondanza esteriore, e tutto in nome di soldi facili, altro miraggio moderno da distruggere. e invece continua imperterrito. La tv è un mezzo potentissimo che riesce a plasmare menti giovani e con poco background, figuriamoci i canoni estetici. E se il tuo compagno sospira e sbava ogni volta che passano pubblicità in cui culi e tette sono più visibili del prodotto, è chiaro che, se popo poco il tuo ego vacilla, l’idea di ritoccarti il ritoccabile pur di rimediare un fischio per strada ti viene pure, prima o poi… 😉
cara Lorena, secondo me le donne, ma in generale le persone, desiderano una cosa più di tutto: essere amate. Il resto è declinato da questo apparente “minimo sindacale”, che sempre di più pare non esserlo affatto. Si deve guadagnare l’amore, l’amicizia e la stima. Si scambiano favori per favori. Ogni passo è ponderato, ogni scelta troppo pensata. Cosa rimane di spontaneo? Apparentemente ciò che non parla e non pensa: l’immagine, il corpo e la faccia. Ecco allora che l’ultimo velo tra noi e il prossimo, quello che dovrebbe essere letto con le coordinate di sorrisi, intelligenza, vivacità e altre parole antiche, viene valutato in macro categorie. Bello. Brutto. Accordato con la contemporaneità e i suoi canoni, oppure dissonante e perciò fastidioso. Credo che le donne facciano ancora molto, troppo, per essere considerate all’altezza dei desideri maschili, anche se fanno finta di niente o negano la superficialità apparente di questo atteggiamento, è così. Come in parte, fanno di tutto per adattarsi ai modelli di potere correnti. Donne virago, o donne di lusso, sono sempre un gingillo. Donne di potere, che comandano il più delle volte vessando altre donne. Donne che si vergognano di essere chiamate femmine, perchè intravedono un insulto in un termine che altro non dice se non il sesso di appartenenza. Che per me ha delle caratteristiche precise. Il problema alla fine, è che le donne hanno troppa fantasia e non riescono a colmare il delta tremendo che esiste tra la realtà e il sogno. Sia esso il principe azzurro che la faccia da principessa Cenerentola, che solo in poche possono vantarsi di possedere…
E.
La ricerca esasperata della bellezza riguarda anche gli uomini. Se questa è la società delle veline, è pure quella dei tronisti… o no? direbbe caprarica
Adesso mi farete a pezzetti, ma io penso che da questo punto di vista ( edonismo, l’apparire, ecc, ) il sud e la provincia siano ancora più sani rispetto al nord e alla metropoli. secondo me laddove esiste più ricchezza i valori tradizionali si sfaldano e il futile diventa bene primario.
@Simonetta
Cara Simonetta, se il tuo compagno( intendevi in generale , sicuramente)sbava per le donne belle che vede alla televisione, il rimedio non è “ritoccarti il ritoccabile”, secondo me.
E’ la personalità che fa la differenza. Non si può competere con donne molto belle e questo è un dato di fatto; però, se vogliamo proprio metterla sulla competizione( cosa che non è del tutto intelligente), ognuno si “tenga il suo”, ognuno ami se stesso per quello che è, per quello che ama: è l’unica arma che possa annientare la bellezza “tout court”.
@Mario: io sono d’accordo con te: conosco molte donne dell’entroterra sardo…con occhi grandi e neri, un incarnato naturalissimo e sono piene di fascino..
Antonio, mi hai chiesto a chi mi sono ispirata per Maria Dolores Vergani. A persone conosciute e sconosciute. Soprattutto a una donna normale. Single, che vive del suo lavoro, ed è in attesa perenne di qualcosa che non sempre riesce a mettere bene a fuoco. Crede nella verità più che nella giustizia e ha una serie di debolezze umane che non sono le droghe, l’alcool o il sesso facile. Sono le aspettative nei confronti del prossimo. Da questo spero guarisca presto ;o)
Elisabetta
@ Simonetta
Gentile Simonetta, è così attuale il tema da lei trattato nel suo romanzo.
Credo che abbia fatto bene a scrivere questa storia.
Ho letto gli altri interventi e questa frase di Zauberei mi è particolarmente piaciuta:
“In una prospettiva femminile per esempio l’ossessione estetica ha una correlazione forte con il maschilismo”.
E’ il maschilismo che si è rafforzato negli ultimi tempi e, come scrive Lei, il bisogno delle donne di essere amate le induce a fare di tutto pur di ottenere l’affetto. Ed è così naturale, del resto.
Si possono “invidiare” queste donne, per un pò. Ma poi alla fine anche l'”aggressività” di questi corpi prorompenti e visibilmente alterati si trasforma in volgarità e la bellezza non si vede più.
E’ un viaggio “senza ritorno”, però, quello che abbiamo ormai intrapreso( su tutto il pianeta, voglio dire) e nulla può combattere il fenomeno dell’ossessione legata all’indifferenza.
Cari saluti e auguri per il suo libro.
MI CORREGGO: volevo scrivere alla scrittrice, qui sopra: ho scritto Simonetta invece di ELISABETTA. Chiedo scusa.
@ Simonetta Santamaria:
mi scuso anche con lei per il “tu” qui sopra:)
Intanto, Elisabetta, complimenti anche per la prossima uscita con Kowalski, che rende giustizia a una giallista di qualità e una scrittura sempre più raffinata.
Per quanto riguarda i temi posti da Massimo, direi che l’edonismo è effetto, non causa. Una volta che i media elettronici hanno reso disponibile la proiezione a distanza della propria immagine e la tele-visibilità pressocchè continua, è chiaro che poi il culto estetico dell’immagine si sviluppi in modo abnorme. Chi si accontenta di apparire brutto? Il problema è nel manico: credo che l’esposizione continua, e non il culto della bellezza in sè (che è antico come il mondo), creino nell’uomo e nella donna degli ultimi decenni uno stress che sviluppa patologie. La mia soluzione personale è, come ho detto più volte in pubblico, negarsi il più possibile alla spettacolarizzazione del sè. Capisco anche che questo comportamento, per chi è giovane o si sente tale e soprattutto per chi esercita una professione artistica, esige oggi un ascetismo quasi eroico. E’ un calice amaro. Come quasi tutti i farmaci che possono salvare da una malattia altrimenti incurabile.
@Valter Binaghi:
mi pare che la sua proposta sia impeccabile in tutti i sensi:
“negarsi il più possibile alla spettacolarizzazione del sè”. Non riuscivo a trovare le parole per dirlo e l’ha scritto lei per me: grazie.
Come al solito-chiedo scusa, ma è insito nel mio carattere- io vorrei fare un “distinguo”.
Se per “perfezione estetica” parliamo di ricerca di una (presunta) perfezione fisica, non c’è dubbio che si tratti di una forma maniacale incrementata dalle suggestioni televisive e mediatiche, dai cattivi esempi di certi uomini politici del nostro tempo e dal mondo del cinema. Anche le commesse dei negozi frequentano le SPA, i ragazzi che vanno in discoteca, gli “Amici” della De Filippi e i seguaci del Grande Fratello.
Come tale, il fenomeno dilaga a nord e a sud, beninteso a diversi livelli, che sono quelli economici, imposti dal budget di cui ciascuno può disporre. Non c’è, a mio parere, una differenza nella provenienza sociale: c’è piuttosto un vuoto culturale, che si estende di giorno in giorno.
Se invece per “perfezione estetica” si intende( ma non mi pare che sia stata proposta in tal senso l’espressione) il perseguire un modello ideale di vita ispirata al bello in tutte le sue manifestazioni(artistiche, sociali, della produzione industriale etc..) quale per esempio poteva essere immaginata e ricercata nell’Europa del Liberty e della Belle Epoque, allora credo che siamo ben lontani dal tentare di apprezzare qualsiasi sorta di canoni estetici.
Che poi, se si volesse affrontare nuovamente l’aspetto esteriore della maggior parte degli italiani dai 14 ai 50 anni, la presunta cura del corpo viene vanificata da ciò che i corpi ricopre: un vestiario costoso ma di pessimo gusto, da cui appare , con evidenti richiami di carattere sessuale, qualche zona ancora meno esplorata del corpo, che occhieggia nel tentativo di attirare l’attenzione anche da parte di chi, ignorando i propri limiti, crede di avere raggiunto, solo per aver frequentato una palestra, gli atouts necessari per essere ritenuto se non bello, almeno interessante.
Ancora non posso dedicarmi a nessuna lettura, mi hanno invece favorevolmente colpito le esaurienti e franche risposte della scrittrice Elisabetta.
Esse denotano una profonda conoscenza dell’animo umano e una rettitudine morale condivisibile, che traspare dal suo dire.
Sull’argomento estetico ci sarebbe da scrivere un ponderoso trattato, non voglio entrare nel personale, ma ho una arcaica esperienza di Direzione di Istituti di Bellezza, che mi ha illuminato sul variegato universo femminile. Spesso l’ossessione della propria immagine oltre ad essere una forma di insicurezza interiore, è il non voler accettare il corpo e le proprie sembianze. In tal caso non saranno le operazioni estetiche a sanare tale permanente disagio.
Ma, come sostiene Elisabetta, incontrare il vero amore e il sentirsi amata, fa sentire ogni donna la più bella e fortunata del mondo.
Vi sono molti uomini che ostentano le proprie compagne come
ammalianti trofei da mostrare agli amici.
Altri fidanzati o mariti, invece, nemmeno si accorgono se la propria donna è andata dal parrucchiere o quel giorno indossa un nuovo vestito.
Forse questa insanabile frenesia verso la superficiale esteriorità dell’immagine, è un altro scotto che la categoria femminile deve pagare
per esser apprezzata e per il raggiungimento sul piano lavorativo degli
stessi diritti dell’uomo. Il quale,bontà sua, in molte carriere le sbarra la strada come ad un temibile avversario.
Tuttavia la persona che è dotata di una soda sostanza intelletiva, meno labile della fugace beltà, durante l’improba corsa, troverà sempre un viottolo preferenziale per giungere al meritato riconoscimento professionale. Senza dover imboccare l’alienante, avvilente scorciatoia di saltare da un letto all’altro per giungere al traguardo con più rapidità.
@Ringrazio e saluto la brava scrittrice Elisabetta sperando di incontrarla sulla mia strada o sulle pagine del suo introspettivo libro di successo.
@Un affettuoso buffetto al super Massimo che sempre ci lega con la sua fitta raffica di domande.
@ Un quasi deferente, ma non troppo salutissimo al super Mariano, che anche lui non scherza mica, nelle quotidiane interviste agli autori
@ abbraccio tutte le amiche e gli amici del nostro immaginifico Blog.
Tessy la bisbetica indomata!…
CIAO tessy
A mio parere, l’incremento va di pari passo con l’abbandono dei valori etici e morali della vita.
In un ambiente dove l’apparenza vale di più dei valori impressi nell’anima e spirito, l’ossessione agisce incrementandosi freneticamente.
Lo stesso si dovrebbe anche affermare quando una spiritualità eccessiva ci frena nel nostro essere anche di corpo.
Oggigiorno con l’uso vasto e abituale della televisione, non credo che ci sia una gran differenza tra i posti del Nord o del Sud del paese. Mi sembra però, che nei paesi piccoli domini ancora il senso della semplicità verso l’apparire, essendo la condotta di vita più ristretta, limitata all’indispensabile che nelle grandi città, dove le possibilità del confronto con gli altri e la maggiore dominanza della pubblicità inducono l’individuo a concorrere, se non altro, per non sentirsi escluso.
Saluti
Lorenzo
Solo una precisazione, così, en passant…. Elisabetta esce con Colorado Noir, che recentemente è passata da Mondadori a Kowalski e con questo romanzo inaugura la nuova collana, il 7 maggio. Lo hanno già messo sul loro sito, c’è l’annuncio in anteprima. Lo dico perché secondo me è un’ulteriore affermazione della qualità del nuovo libro, e di un percorso importante che questa scrittrice, a cui sono molto legata, penso che si meriti.
Astenersi dall’apparire non mi pare una strategia vincente, perchè alimenta altre frustrazioni e pare piuttosto una fuga, per incapacità o paura del confronto. Occorre cercare di fare tutti la nostra parte, se abbiamo da dire o ci sentiamo di farlo. Con le nostre immagini, belle o brutte che siano, utilizzando in modo intelligente gli spazi che ci vengono dati, quando riusciamo. Olga in fondo, non è bella, nemmeno potrebbe diventarlo, ma ha un candore magnetico. Nella sua ricerca di un amore perfetto non segue regole prefissate, non codici ipocriti, nemmeno immagini ideali. Certo verrà anche umiliata, ma altre volte grazie a lei la vita di alcuni prende senso. Quella di Laio per esempio. Ecco, se le cose si fanno con una purezza di fondo, senza secondi fini (la fama, la gloria, il successo), ma con obiettivi minimi, credo assumano significati nuovi. Non so, forse sono un’idealista, ma credo davvero che le intenzioni (e il fine) valgano più delle strategie per mettersi al riparo.
Grazie per tutto quello che ho letto.
Grazie Paola per la precisazione, allora aggiungo che ColoradoNoir/Kowalski sono gruppo Feltrinelli editore, così abbiamo detto tutto. (Tessy, anche a te, particolarmente grazie)
E.
@ Tessy
Tutto vero quello che scrivi; aggiungo che l’uomo e la donna devono e possono emanciparsi solo insieme, affinché l’attuale immagine distorta diventi una comune e utile ad entrambi, possibile solo quando sorga dai loro cuori ispirati da uno spirito comune.
Spero di rileggerti ancora su questo bel Blog.
Lorenzo
@ Binaghi e Bucciarelli
La vera sfida sarebbe apparire per come si è, valorizzando i propri atout fisici ma pure i difetti lievi o gravi. sarebbe bello, in questo paese straziato dalla vicenda eluana englaro, tornare (al diavolo il pudore sulla retorica!) a preoccuparci di quello che diciamo, non della confezione regalo. Ho provato molta simpatia e tenerezza per il personaggio di Olga che, tra sè e il mondo, mette strati di carne e di tessuti… Le persone grasse non sono guardate bene perchè non stanno al giogo delle regole non scritte, che ci vorrebbero tutti succubi di una visione cosmetica dell’esistenza. Quando, in un programma popolare come Amici, la signora Celetano persegue le ragazze un po’ rotonde come nemiche giurate dell’arte di Tersicore non sa quali movimenti sismici provochi nell’autostima di tante telespettatrici dalle forme morbide…. criminale
grazie a tutti, grazie a m.teresa!
In questo Mariano, hai tutto il mio appoggio: come già sai all’inizio Olga mi era nemica, poi con il passare del tempo ho capito quanto mi fosse vicina indipendentemente dalla ciccia, questo anche grazie alla scrittura. E la cosa sorprendente sono le mail che mi arrivano in cui chi ha letto il libro mi dice di essersi identificata con lei, a prescindere dalla taglia che indossa.
un abbraccio
Elisabetta
Cari amici, grazie per i vostri numerosi commenti.
Come al solito mi piace citarvi e ringraziarvi uno per uno: Ausilio Bertoli, Valeria, Barbara Becheroni, Simonetta Santamaria, Riccardo, Renzo Montagnoli, Vale, Antonio, Francesca Giulia Marone, Zauberei, Paola Pioppi, Enrico Gregori, Lorena, Mario, Roberta Murgia, Valter Binaghi, Kate Catà, M. Teresa Santalucia Scibona, Lorenzerrimo.
E dò un caldo benvenuto a chi scrive qui per la prima volta.
Ovviamente un ringraziamento particolare va alla nostra Elisabetta e a Mariano Sabatini.
Una prima considerazione che mi viene da fare è la seguente: non c’è piena uniformità nelle vostre risposte (ovviamente tutti stigmatizziamo l’esasperazione della ricerca del bello). Dunque l’argomento è controverso. Fa discutere.
E vi invito a continuare a scrivere i vostri punti di vista.
Ma ne approfitto anche per aprire due ulteriori parentesi nella nostra discussione…
1. La ricerca ossessiva della perfezione estetica è di certo negativa: su questo siamo tutti d’accordo.
Ma vi domando (e mi domando): la bellezza, in sé, è un dono?
Di più… è un valore?
Può essere considerata tale?
Se sì… fino a che punto è lecito tendere alla ricerca del bello, anche in se stessi, senza sconfinare nell’ossessione?
E questi confini sono mutabili nel tempo?
–
Già Kate Catà, in un certo senso, aveva fornito indicazioni…
@Elisabetta
“non mi pare una strategia vincente, perchè alimenta altre frustrazioni e pare piuttosto una fuga, per incapacità o paura del confronto”
Eccolo qui il non-detto che ogni tanto scappa fuori.
Tutti in gara contro tutti?
E la posta qual è? Esistere solo sul podio?
Questa si che è la ricetta per rendersi infelici e spargere tossine.
Bonne nuit.
2. Quali rimedi bisognerebbe adottare per non incorrere in una forma “malata” di edonismo?
–
Già Valter Binaghi aveva fornito una sua risposta: “La mia soluzione personale è, come ho detto più volte in pubblico, negarsi il più possibile alla spettacolarizzazione del sé.”
(Ciao Valter)
–
@ Elisabetta
Parlaci un po’ di più di Maria Dolores Vergani.
Quali sono le sue abitudini? Cos’è che ama fare? Cos’è che non sopporta?
Com’è il suo rapporto con gli uomini?
Sempre per Elisabetta… (stavolta sulla scrittura)
Anche in questa storia il tuo stile e riconoscibilissimo. A me piacciono molto, per esempio, quelle piacevoli didascalie “teatrali” che usi nei dialoghi. Mi piacciono. Lì sei tu. Cìè il tuo tocco.
A differenza del precedente romanzo, però, qui ho notato che hai agito un po’ più “per sottrazione” (come diciamo in gergo). Credi che si tratti di una evoluzione della tua scrittura,o è una scelta finalizzata (e limitata) alla elaborazione di questo romanzo breve?
Grazie per questo dibattito. Alle 4 domande rispondo con 4 non so. troppo difficili per me. vedo solo due cose: da una parte lo tsunami new age che invita a ritornare alla naturalità del nostro corpo. non si sa bene attraverso quali percorsi – confusionari come sempre lo sono i percorsi che tirano dentro tutto e il contrario di tutto – e dall’altra il lifting, che ci fa vivere il nostro corpo come un oggetto da perfezionare correggere e mantenere. Fin qui, niente di che. Ma il virus estetico non colpisce solo il partito del lifting. Colpisce anche la new age e i suoi affini. Niente di più vago nei contenuti, infatti, e niente di più definito nella forma quanto questa sorta di corrente (sotto)culturale. Il libro di Liz La Buccia sta a dei fatti concreti. Lascia liberi di leggerli in una direzione o in tutte le altre. Come la vita. un caro saluto. giovannicovini.
Ciao Massimo:)
Allora posso fornire una lettura tecnica?
Ci si ammala quando si cominciano a mettere addosso agli oggetti abiti che non gli appartengono. Nel linguaggio tecnico si chiama proiezione. Credo che ci possa essere un edonismo sano, di mio lo considererei persino auspicabile. Non c’è niente di male nell’apprezzare il cibo ben cucinato, il quadro bello e diciamolo – delle scarpette con la punta tonda e il cinturino – di cui conservo un numero imbarazzante di esemplari:) E men che meno c’è niente di male nella cura estetica del se e uh del corpo.
Il problema è quando queste diverse oggettualità diventano contenitori di altro, compensatori impropri di timori – come è in effetti la natura dell’ossessione e come in effetti ha già spiegato anche tanta buona letteratura. Allora si crede che la cura del corpo sia cura del corpo ma è di volta in volta altro, è fuga, è paura, è gesto apotropaico è sublimazione del dolore. è una vela fragile che fa andare avanti mentre le frecce continuano a inseguire.
Anvedi come so poetica.
Mejo che vado a dormì:)
Grazie mille, cara Zaub:)
E grazie anche a Giovanni Covini.
Auguro a tutti voi una notte… de luxe:-)
A mia volta non ho, purtroppo, letto il libro di Elisabetta Bucciarelli, che saluto caramente; dunque parlero’, con la consueta mia liberta’ ed indipendenza di approccio, delle questioni ruotanti intorno all’apparire e all’essere, con malattie mentali frammiste. Limitandomi all’Italia.
Saro’ breve – ahi ahi: iniziate a temere l’Eneide, amici, ho detto ”saro’ breve”!
–
Ecco, dunque. Secondo me l’Italia e’ una Nazione composta di grandi e vistosi, talvolta anche scandalosi, disordini, mancanze ed asimmetrie d’ordine morale ed emozionale, per salvarsi dai quali sempre poco si e’ fatto lavorando – come sarebbe stato ovvio – sulla morale e sull’emotivita’ stesse. La via di fuga da questo mancato assolvimento collettivo, da questa mancata cura dell’anima e mancata condivisione dei sentimenti, la via di fuga, dicevo, da cio’, e’ stata dunque la cura estetica, almeno dal Rinascimento ad oggi ed in ogni campo artistico – moda, architettura, letteratura, pittura, scultura, gastronomia, galateo…
Ora. Ora che si sfalda tutto sul serio, che crolla tutto (a causa della democrazia che ci da’ la GIUSTA responsabilita’ di ESSERE – ce la da’ per la prima volta dopo secoli di reami, dittature e oligarchie che decidevano al posto dei cittadini) e ci accorgiamo di non essere in grado di ESSERE delle persone belle dentro e belle fuori, ci buttiamo ancor di piu’ sulla scialuppa di salvataggio dell’estetica: un’estetica che – con le teste limitate degli ”artisti” in giro – e’ quella che e’. Cioe’ e’ brutta e superficiale, e’ refugium peccatorum di un popolo allo sbando che non sa avere valori seri, ne’ agire seriamente, ne’ capire i valori veri della Nazione, della fratellanza, dell’etica, dell’arte, dell’amore per i concittadini, eccetera.
Cosa puo’ fare un italiano, oggi, se non almeno mangiare da re e vestirsi da re? Il resto non ce l’ha. E chi si accontenta – se non gode – almeno finge di essere fatto solo di occhi, sesso e pancia. Panza. Quattrini. E decadenza. Vita brutale. Brutalmente ingioiellata e chirurgicamente ”perfetta”.
Salutoni
Sergio
P.S.
Sarei solito far seguire alla ”pars destruens” una ”pars construens”. Se qualcuno desiderasse sapere qual e’ me lo chieda. Io ce l’ho in mente e nel cuore bella e pronta, come sempre.
Buonanotte
Sergio Sozi
Correctio:
ho detto ”dal Rinascimento ad oggi…”; c0orreggo: dal tardo Rinascimento ad oggi – intendendo l’epoca barocca in certi suoi preponderanti ma non unici aspetti di prima scissione fra ”sostanza” e ”apparenza”. Pardon.
Ed e’ tutto, mi scusino tutti.
S.S.
Caro Massimo,
come rispondere alle tue successive – e coerenti – domande che, lasciamelo dire, attirano l’ interesse dei ricercatori e degli psicologi sociali? Perché il post è di indubbio interesse psico-sociologico.
Che ne pensi se, rinunciando a dare giudizi personali, stavolta riporto alcune idee – utili per ulteriori approfondimenti – di Kant e dei sociologi in genere? Rinuncia che implica una mia personale difficoltà a trovare risposte soddisfacenti.
Per Kant, a dirla breve, la bellezza non esiste al di fuori di noi stessi, ma risiede nell’accordo che si realizza sul piano del sentimento tra il meccanismo deterministico naturale e la nostra libera soggettività. Se non riporto male.
Per i sociologi in genere – invece – non bisogna considerare i canoni della bellezza del tutto estranei ai luoghi e ai tempi, ovvero ai contesti sociali in cui vengono elaborati e alle motivazioni che li sottendono. Motivazioni da ricercare essenzialmente nei propositi di coloro che detengono il potere economico e/o dell’informazione.
Buona giornata a tutti, Ausilio Bertoli
E’ tempo che “leggo” Letteratitudine” senza intervenire ma sollazzandomi alla bellezza delle discussioni, poi quando uno ha poco da dire è meglio che stia zitto.
…
Sono contento che, sempre di più, la letteratura noir salendo lentamente tutti i gradini sia arrivata al tempio.
La classificazione in “B” è sempre stata una forma di razzismo dell’ambiente letterario di snobisti e sofisti (nascondendo la verità storica che Shakespeare e Manzoni sono stati grandi giallisti).
Credo, tra l’altro che un buon poliziesco potrebbe anche fare a meno del morto (è accaduto in molte opere, e in questo chiedo soccorso a @Gregori, che ha memoria storico/professionale più di me), ma col cadavere o meno, un romanzo giallo è talmente pieno di storie corali, da soddisfare molteplici gusti.
Il contorno, in questo caso, bellezza ed edonismo, è il centro della narrazione, non viceversa.
Come la Los Angeles di Ellroy è “la storia”; i suoi gas di scarico, gli hot dog’s, le sue bariste innamorate di criminali e non l’assassino, sono la narrazione.
Leggerò il libro.
Ma lancio una provocazione, non è una questione di crisi economica “tout court”, un lavoratore a 1500 euro al mese non piò comprare più di un libro: e se si vendessero i file, oltre il cartaceo, on-line? Lo so che è bruttissimo leggere su di un monitor, ma io personalmente riuscirei ad averne di più nella libreria virtuale.
…
Sempre più donne gialliste, questo è uno dei nuovi valori cara @Elisabetta, sono contento (lo conferma la mia amicizia con @Simonetta Santamaria, scrittrice horror ma che nel suo ultimo libro ha slittato dolcemente e con sapienza nel noir).
@Roberta: innanzitutto non ti scusare, il tu va sempre benissimo, per me! Secondo: hai ragione, esiste la consapevolezza di non poter competere con le donne bellissime, e l’importante è ciò che si è, ma stiamo parlando di dati di fatto acquisiti (forse) con l’età, un ego “abbastanza” formato e un solido background culturale, cose che (tutte o in parte) pare manchino in una larga fascia di donne (e uomini) ossessionate/i dall’apparire.
Quando i miei ragazzi andavano al liceo (e parlo di 3, 4 anni fa) ricordo i loro racconti su alcune compagne di classe… Da vomito. A loro mi sono ispirata e ho scritto il racconto CREMA DI BELLEZZA ALLE ALGHE MARINE pubblicato all’interno del mio Donne in Noir. Quando la competizione sfocia nella cattiveria, cosa che può succedere…
P.S. Il riferimenti al compagno era generico anche se qualche commento fiocca pure qua… Solo che io so bene di non poter competere con Charlize Theron e, quindi, pace.
@ Didò: grazie come al solito per avermi pensato, chéri, sono contenta anch’io di aver conosciuto Elisabetta e leggerò senz’altro il suo libro!
cara simonetta il problema è proprio questo che poni tu:i ragazzi che non hanno ancora una personalità strutturata tale da affrontare gli insulti esterni dove vince la bellezza volgare, sbattuta in faccia come un trofeo abbondante di orpelli luccicanti.E’ lì che bisogna lavorare sulle coscienze e le sensibilità da formare e far capire che i modelli sono tanti e non tutti positivi, e che la diversità è una ricchezza anche nell’estetica.uniformarsi a tutti i costi a qualcosa che non ti appartiene dentro è sbagliato e dannoso. E’ questa dicotomia fra fuori e dentro che crea infelicità.
per tentare di rispondere alle nuove domandine di massimo:la bellezza è certamente un dono perciò andrebbe rispettata come tale,ma non è un merito nè un valore.Un valore è ciò che da noi sappiamo aggiungere alla bellezza con la sensibilità,la gioia di vivere.la condivisione e l’amore,il valore è quel dato inesplicabile che sa rendere bello anche ciò che per sua natura non parte bello.Questo insieme magico che nell’estetica è quell’alchimia chiamata fascino è qualcosa che stiamo perdendo proprio perchè nasce da un’armonia con ciò che siamo e non da un desiderio malato di essere ciò che non siamo,lo sguardo di chi osserva si accorge sempre dell’inganno e dove c’è inganno non può esserci bellezza,dove c’è mistero e armonia sì.
Autenticità non significa non amare il proprio corpo,la propria immagine,ma far sì che esprima ciò che sentiamo,che non sia una nota stonata messa lì solo per colpire l’ascoltatore.Insomma se non ho fatto confusione nell’esprimermi,credo di aver più o meno risposto alle domande.
cari saluti
p.s. simo a chi è che non piace charlize??quando la vedo in tv fare la pubblicità di dior chiamo i miei uomini di casa,padre e figlio a godere dello spettacolo, ma questo è un gioco! :-)))
Certo che la bellezza è un valore! Ed è anche un dono. Quando guardiamo un’opera d’arte e ne riconosciamo la bellezza non pensiamo che quella bellezza abbia un valore? Credo che sia la stessa cosa per la bellezza di un corpo o di un viso. quando poi la tutela e la ricerca della bellezza diventa spasmodica e ossessiva, ecco che quella stessa bellezza rischia di tramutarsi in disvalore.
il problema è almeno per il femminile, come dimostra in buona fede voglio dire senza intenzionalità e cattiveria, il commento di Leonardo – questa cosa che la bellezza oggettualizza. La bellezza facilmente rinvia a un essere cosa e non oggetto. Un bel viso non è come un bel quadro?
Dice Leonardo? Che non ha torto, magari, ma che mi fa pensare perchè quando c’è il bel quadro si fanno i complimenti all’autore. Quando c’è un bel viso esso è cosa a se, e la soggettività spesso è scotomizzata. Il che devo dire capita soprattutto con controparti altrettanto poco evolute psicologicamente.
Ecco il probema è quando l’estetica reifica la persona e le fa perdere soggettività. Tu donna carina vai a un colloquio di lavoro o a una prima cena romantica e ti accorgi che il tuo interlocutore interloquisce con la tua eburnea zinna sinistra. La cosa prende il posto della parola e dell’identità. l’identità magari un tantinello non sviluppata in entrambi gli interlocutori se ne sta in una retrovia generica e tutti si accontentano di curare l’orto medio e tutto sommato indolore dell’apparenza.
Lei, onde assicurarsi il secondo appuntamento si ungerà di cremette, lui la premierà con un sorriso, e della reciproca idiozia potranno provvisoriamente dimenticarsi.
ho solo il tempo per dirvi che questo dibattito è bellissimo e per complimentarmi con tutti i partecipanti… spero di portare il mio contributo nel fine settimana…
Zauberei, nel caso di un bel viso e un bel corpo si fanno i complimenti alla mamma 🙂
Quindi il tema non è più la bella realtà di un’affascinante fanciulla che scrive (stando a chi la conosce) dei bei libri gialli, ma tout court la bellezza e la sua rincorsa.
La bellezza ha una sua universalità, si diceva in altri post Maugeriani, chi può parlar male della Nike di Samotracia o di Sofia Loren (dico io), ma poi, a parte il piacere per gli occhi, quanto conta?
La signora Marcegaglia non è un sinonimo di bellezza eppure è una donna vincente; De Niro/Hoffman/Pacino sono stati tra i più brutti attori americani, ma di quel cinema ne hanno fatto la storia.
La bellezza credo che sia considerata un dono da chi non ce l’ha, o crede di non averla.
Chi è bello/a spesso è ossessionato alla protezione di quel dono e non pensa ad altro (sarà per questo che i belli sono sciocchi? parola di brutto).
Poi c’è il commercio di essa. La bellessa è un lusso, nell’arte, nella moda, nei corpi. Si vende bene, è un business quasi più remunerativo dell’intelligenza.
Poi…mio Dio devo scolare gli spaghetti…uhmm…scotti! Oltre ad essere brutti saranno pure indigesti…
La bellezza non è un valore, a meno di non mettere Charlize Theron in un museo e farla visitare…a pagamento.
Ma questa è una porcheria.
La bellezza è un valore in un quadro, in un libro, in un opera artistica… in una persona (Wilde docet) la bellezza per la bellezza si accompagna spesso al decadimento dei valori. Rilettiamo inoltre sulla foto di Eluana Englaro circolata sui media in questi anni. Se il padre avesse fatto pubblicare la foto attuale, di una ragazza deformata dallaccanimento tetrapeutico e dallo stato vegetativo pensate che ci sarebbe stata tutta questa resistenza a lasciarla andare? A farla morire in modo dignitoso? Siamo molto meglio isposti nei confronti di un bel viso o di un bel corpo ma è proprio questo pregiudizio che dobbiamo vversare. MS
Sì Mariano, è così.
Però io ritengo che la bellezza sia un valore. Ben inteso, non la bellezza a tutti i costi, superficiale e arrogante. Non quella di chi si espone per fare di sè la statua sul podio, neanche quella che offende. La bellezza armonica, di un uomo e una donne che sono accordati con il mondo, di un quadro o una scultura che gratificano gli occhi e l’anima. Di una musica che fa stare bene. Di una città costruita per farsi amare, con tutto a misura. L’estetica, insomma, e per estetica intendo ultimamente ciò che dona pace, conforto, quando non addirittura felicità. Emozione profonda. Senso di appartenenza. Mi sento così quando leggo un libro, quando guardo un’opera d’arte, quando ascolto un brano o una canzone. Mi sento così anche di fronte alle parole pronunciate dalle persone che stimo. A volte, ma capita molto di rado, anche e persino davanti a qualche passo scritto da me. E poi, la bellezza è anche poter fare delle cose che rigurdano le propie passioni, parlare di libri, dare voce a chi ne avrebbe poca o nessuna. La bellezza è la coerenza della propria vita, vissuta con leggerezza e levità (che è un valore per me, da riscoprire), è l’antidepressione, è l’apertura al mondo, con le proprie forze, le parole, i sorrisi, le carezze.
erto, per me la bellezza è un valore, per questo voglio raccontarle sempre e come posso, contrapponendola all’orrore, all’orrido del male, alle brutture del mondo che sono solo il risultato delle profonde soffereze degli uomini.
Abbraccio e grazie a Sergio, Zauberei, Simonetta (ti leggerò anch’io), Didò, Paola, Valter, Giovanni, Akio e tutti gli altri.
Elisabetta
@ Elisabetta carissima,
“questa” bellezza è un valore, hai messo i puntini sulle i (la bellezza che decanta anche il dolce Benigni oggi e altri che hanno fatto prima).
…
p.s. se vai sul catalogo Cento Autori Editore, che pubblica il bellissimo “Dove il silenzio muore” di Simonetta, ci trovi anche il guitto sottoscritto, con un libraccio di categoria “C” (umorismo), da’ un occhio alla cover e se dovessi avere un tavolino che zoppica…
Ieri ho avuto un’esperienza che mi ha fatto ripensare al dibattito sulla bellezza. Da brava veterinaria di campagna arrivo alla villetta in cui devo visitare una pony per un problema dentario. Sono le quattro di pomeriggio. La villetta sembra deserta, nonostante io sia puntuale all’appuntamento. Parcheggio la mia macchinina e attendo. I cani abbaiano. Dopo cinque minuti escono due streghe dalla porta di casa. Uno scanto terribbilissimo mi prese. Dovevano essere suocera e nuora. Di età indefinibile, entrambe dotate di vestaglia rosa shocking d’ordinanza, ciabattoni ai piedi, capelli… beh, descrivere le capigliature è al di là delle mie capacità. Ovviamente tutte e due con la sigaretta accesa. Dovevo averle distratte da qualche reality. Mi si sono avvicinate ringhiando e con un’espressione da bulldog in viso raccapricciante. Mi sono salvata grazie alle mie arti affabulatorie e all’arrivo provvidenziale del marito (comprensibilmente) ritardatario. La prima cosa che ho pensato è: ma come fate a essere così orribili, non sapete che su Letteratitudine è in corso un dibattito sulla esasperazione dei modelli di bellezza femminile e maschile? Beh, scherzo, insomma, alle due megere i messaggi televisivi evidentemente non erano arrivati… Quello che vorrei dire è solo che da tutte e due le parti (le superperfettissime e le supersciattone) basterebbe attenersi alle più elementari regole del buon gusto… Forse sbaglio, ma se non bisogna rincorrere la bellezza in maniera indecente, anche l’opposto non è il massimo…
Sì Barbara, basta così poco. Rispetto si chiama, mi pare ;o)
Didò, corro a vedere. Ma è bruttissimo mettere un libro sotto il piede del tavolo… non credo che ci riuscirò :o(
E.
@ Barbara: oddio, la tua storia pare un ritaglio di un film horror (lasciatelo dire da una che se ne intende…) Poi ho immaginato le due signore come la reincarnazione delle sorelle di Marge Simpson. Ecco, quella è l’altra faccia del problema. In quei casi disperati gli uomini sono autorizzati a desiderare la donna d’altri, contravvenendo a goni legge (divina e coniugale)
Scherzavo. Di fatto credo che sì, la bellezza sia un valore e, in parte, un dono consorziato di mammà e madre natura; il resto ce lo dobbiamo mettere noi. La saggezza dovrebbe essere il metro di ogni desiderio.
La bellezza che si rincorre di questi tempi é già malata e senza possibilità di cura. E’ la chirurgia estetica per apparire belli, gli steroidi per gonfiarci di muscoli inutili, i capelli finti e tinti per apparire meno vecchi, il prozac per apparire felici, la cocaina per apparire brillanti, apparire per apparire, tutto finto, tutto artificiale; dalla mattina alla sera recitiamo la parte di qualcuno che non siamo noi. Chiusi in bagno, soli, seduti sul wc o davanti allo specchio, torniamo ad essere veri. Ma spesso non ci riconosciamo.
Concordo con quello che dice Massimo Burioni, qui sopra, ma ritengo che questo ritratto sia vero per alcuni gruppi, riconoscibili, a volte imperanti ma non universali. A mio parere la bellezza – per rispondere a Massimo Maugeri – è in assoluto un valore, e come tale è stato vissuto a partire dalle civiltà più antiche, è andato incontro a evoluzioni e adattamenti al gusto, ma è sempre rimasto un valore in sé, non solo applicato all’individuo ma a tutto ciò che lo circonda. Questo non è in discussione, io credo. Il problema è vivere la bellezza non in senso assoluto, ma come parte di un insieme di cui fanno parte altri valori altrettanto importanti, che meritano la stessa considerazione: l’onestà, il rispetto, l’intelligenza, la sensibilità.. l’elenco è lungo, non occorre che stia a farlo io. In questo equilibrio sta anche la risposta alla seconda domanda di Massimo, e quindi “Quali rimedi bisognerebbe adottare per non incorrere in una forma “malata” di edonismo?”: il buon senso, la presa di distanza dagli eccessi e dalla strumentalizzazione di ogni qualità, lo svuotamento dei significati, una valorizzazione del sé che non si aggrappa solo all’effimero (ma magari lo usa ad hoc per sdrammatizzare e divertire, dandogli l’importanza che si merita) . Tutto qui.
Sono (quasi) completamente d’accordo con la sig.ra Paola Pioppi. Solo un particolare: la parola ”valore”, usata al singolare, a mio avviso e’ sproporzionata, quando usata in riferimento ad una peculiarita’ estetica come la bellezza. Meglio sarebbe dire che la bellezza e’ (anzi POTREBBE ESSERE) ”la summa di una serie di valori, essa stessa inclusa”. La centralita’ fra i valori, comunque, a mio avviso resta la moralita’ – onesta’, sensibilita’, eccetera… ma questo lo ha detto ottimamente Lei.
Cordialita’
Sozi
Barbara Becheroni,
Lei scrive in maniera incantevole mi permetta di dirlo: mi ha provocato un sorriso interminabile pur esprimendo cose di indubbio buonsenso. E questo da uno sciattone, colla barba alla Ulisse maniera (quando appare nell’Isola dei Feaci), i capelli spettinati quanto gramigna esposta a Borea e altre nefandezze che non staro’, per carita’ cristiana e amor proprio, a descriverLe.
Salutoni
Sergio Sozi
Solo una cosa poi vi saluto:
in ogni caso per me la bellezza piu’ alta e inarrivabile resta quella di un tempio greco, della statuaria graca e dei vasi greci. E anche Pompei non e’ mica male, no?
Buonanotte
Sergio
Sergio, non sono pienamente d’accordo con te circa l’analisi che fai, perchè dalle tue parole sembra quasi un quadro circoscritto all’Italia, alla sua storia, alla sua cultura. Non mi pare così: il fenomeno è globale, ovunque sia arrivata la televisione, il cinema, la “cultura” di massa che tutto omogenizza, tutto appiattisce, secondo modelli standardizzati, pensati per un mercato, che provengono da chi ha (o perlomeno ha avuto) fino ad oggi di quel mercato le chiavi. L’America quindi e i paesi occidentali o quelli anche orientali che sui modelli del mercato americano si sono via via uniformati (Giappone fin dal dopoguerra e poi Corea, e oggi anche Cina).
Le regole del mercato seguono spinte che nella storia si sono manifestate in vario modo, talvolta diverso da cultura a cultura, ma riconducibili a qualcosa di comune,che viene prima, per sfruttarle al loro fine. Penso ad istinti più o meno primari, penso a compensazioni di frustrazioni di vario tipo, a seconda dell’epoca e del tipo di società imperante, ma riconducibili ad un origine comune in ogni epoca e luogo.
Apparire per esempio è importante ai fini riproduttivi (un istinto primario in tutte le specie viventi) ed è strategia adottata da molti animali (il pavone per dire il primo che possa venire in mente a tutti, ma poi tantissime specie di uccelli, ed anche il gorilla, per parlare di animali più simili a noi) ora per il maschio, ora per la femmina.
L’uomo in fondo bestia rimane. La sua intelligenza e cultura può un pochino elevarlo rispetto ad animali dai comportamenti più istintivi e meno strutturati, ma quando sorgono forti interessi economici a farlo tornar bestia, con semplici strategie bestia facilmente ritorna.
Il GF è a detta di tutti (e sottoscrivo) lo schifo dello schifo, ma poi il Corsera dedica 2 pagine alle tette (1 per pagina?) di una concorrente . Come se fosse una notizia, come se nessuno avesse mai visto prima due tette grandi. E’ l’uomo che le vuole vedere? E’ la donna che vuole cercare un modello? Bah, non so. Ma non credo che un tabloid inglese si comporti diversamente riguardo alle tette delle concorrenti del proprio GF. L’unica cosa da sottolineare è che una volta c’era una bella differenza tra il corsera e un tabloid inglese.
Nel nome del ritorno agli istinti primari le necessità di mercato del corsera si adeguano. Fa tristezza, lo so, ma il modello della competizione spinge inesorabilmente verso il basso.
Detto e premesso tutto questo, Dio benedica comunque Charlize Theron, ma anche una Francesca Giulia che chiama marito e figlio maschio a godersi il suo spettacolo quando compare nelle pubblicità.
@Simonetta
Cara Simonetta, hai ragione anche tu, perché è vero che tra i giovanissimi tutto questo fa soffrire di più a causa della mancanza di una solida “strutturazione” dell’io. Quindi, consigliare semplicemente di “amare se stessi” come soluzione del problema, da parte mia è certo troppo semplicistico e banale (ci ho pensato dopo aver scritto).
Purtroppo è un problema mondiale, molto grosso e irrisolvibile, mi pare, al punto in cui siamo arrivati, che è un “punto di non ritorno”. Non lo dico per pessimismo( sì, anche quello) ma perché ormai la diffusione dei modelli è come un virus che colpisce tutti e i virus, si sa, non sono facili da debellare.
Ciao:)
Grazie per i nuovi interventi e per aver risposto alle mie ulteriori domande (siete splendidi).
Ma la bellezza è un dono o un valore? O entrambe le cose?
Le vostre risposte sono discordanti… un sottotema altrettanto controverso:-)
@ Barbara
Quelle due megere sembrano due personaggi. Magari ci puoi costruire una storia:-)
Un caro saluto a Mariano Sabatini…
Il dibattito è interessantissimo. Un presunto ideale di bellezza a tutti i costi, lontano dall’ideale greco del bello unito al buono e al vero. Ideale di armonia esteriore e interiore. Non bellezza artificiale e televisiva a nascondere il vuoto pneumatico delle menti e degli animi.
@ Elisabetta Bucciarelli
Mi ha telefonato Maria Dolores Vergani.
Mi ha detto che se non parliamo di lei son dolores.
Non è che mi arresta, vero?
Insomma, Buccia… la inserisci o no una scheda sulla Vergani?:-)
E mentre ci sei (se ti va e se puoi) inseriresti tra i commenti un brano estrapolato dal libro?
Mari,
“il vuoto pneumatico delle menti e degli animi” mi pare una bellissima frase a effetto (anche se mi ricorda l’omino della Michelin) 🙂
Per stasera vi saluto e auguro una serena notte a tutti voi.
@carlo s. ringrazio per la benedizione che lei gentilmente mi manda,se dovessi affiancare charlize nell’atto di genuflettermi per ricevere una benedizione le parlerò tanto bene di lei.
saluti
Caro Carlo S.,
mi sembra che questa storia della ”globalizzazione” sia in Italia solo lo slogan di chi non ha mai vissuto per piu’ di due settimane all’estero (molta gente), perche’ se gia’ ci stai un paio di mesi ti accorgi che la ”globalizzazione” e’ cosa del tutto diversa in ogni Nazione, pur con alcuni, direi pochi, aspetti in comune. A fare una panoramica generale, noto che certuni aspetti della globalizzazione vengono presi da, mettiamo, la Germania, ma non dall’Italia, e invece certi altri li trovi in Italia ma non in Germania, ma magari in parte in Austria, e via dicendo. Questo pero’ lo si puo’ sapere solo se si vive all’estero per almeno un paio di mesi (e con la gente del luogo). I popoli esistono e hanno tutt’ora delle peculiarita’ molto accentuate, credo personalmente.
Sul resto che dire senza esser superficiali? Infatti sull’essere e l’apparire io parlavo di cose del tutto diverse dalle tue – come per esempio il barocco – mentre tu hai affrontato il discorso da un versante diametralmente opposto, pertanto termino qui – anche non avendo troppe cognizioni in fatto di biologia, antropologia ed affini.
Buonanotte, caro
Sergio
P.S. per Carlo,
sul fatto che la competizione (io dico il liberismo) spinga verso il basso inesorabilmente i quotidiani hai ragione parzialmente: credo infatti che piuttosto a spingere verso il basso non sia la competizione in se’, quanto piuttosto l’eccessiva volonta’ di affermazione dei quotidiani presso il ”cittadino medio”, ovvero presso la maggioranza dei cittadini di ogni Nazione. Se le aziende restassero ”di nicchia” questo non accadrebbe ma resterebbe la competizione, una sana competizione in questo caso. E’ invece la voglia delle aziende di espandersi a dismisura, tumoralmente, a portare le tette sul Corsera. E’ il gigantismo, la libidine di espansione senza confini a diventare disumana e dunque volgare, amorale e spesso anche immorale. Voglia umana, si’, tutto cio’ che diciamo noi e’ umano quanto la nostra bocca… ma a mio avviso questa ”grandeur” resta malata e perniciosa.
Eh, caro Sergio, globalizzazione è una parola che detesto anche io, perchè è figlia di quella omologazione che qualcuno vuole imporci per ragioni di mercato. Una parola che vuole dire tante cose, perchè in fondo non vuole dire nulla: ma tra quelle tante (e finte) cose ci sono i tanti modi, peculiari per ogni angolo del mondo, mediante i quali ognuno rinuncia a un pò della propria storia, dei propri usi, per sostituirlo con qualcosa di artefatto, di sintetico, standardizzato, come vuole il mercato. Così in italia le donne si iniettano le labbra di silicone per farne canotti, o le tette per farne buffi palloni, così le giapponesi si correggono gli occhi troppo a mandorla (e le tette se le rifanno pure loro). Rinunciano a una parte di sè, magari molto più armonica con il loro reale aspetto ed essere, per apparire come i modelli (ahimè, “globali”, perchè validi in tutto il mondo dove la “cultura di massa” – in realtà una finta cultura- riesce ad imporsi) suggeriti (in realtà imposti) da un certo cinema, una certa TV, una certa pubblicità. E che non si cura se le labbra grosse stanno bene a un’ afroamericana ma non a una svedese, se i seni sproporzionati ben si adattino a un corpo esile, o se gli occhi tondi stiano male a dei lineamenti orientali. Tutte vogliono apparire uguali a un certo modello, illudersi di essere quel modello, e con il risultato di scomparire nella massa. Una massa sconfinata poi, perchè il modello che si impone è lo stesso ovunque.
Quelle peculiarità che tu dici (e che anche io vorrei salvaguardate, ma che è solo la cultura a poter salvaguardare, mentre quella di massa tende a distruggere in nome del mercato) così se pure esistono vanno riducendosi, e sono destinate, con questo andazzo a scomparire.
In epoca barocca le cose erano un pò diverse. Uomini e donne dovevano apparire in un certo modo (affettato, elegante e dispendioso) per dimostrare di appartenere a un ceto dominante, per distanziarsi da quello che era dominato e giustificare così questo diritto al dominio sull’altro ceto, maggioritario ma miserrimo e ignorante, ridotto a servitù priva di elementari diritti. Un’apparenza necessaria a creare una netta distinzione, già a prima vista, ma in fondo una distinzione dell’essere.
Ci vorrà l’illuminismo per abbattere tutto ciò, e qualcuno (la borghesia nascente) il cui nuovo potere economico si stava affermando tra i due precedenti. Le classi diventavano dinamiche e non era più così essenziale “apparire”. Essenza e apparenza non coincidevano più e il lusso ostentato diventava spreco. Via i belletti, i parrucchini e gli orpelli, fino all’epoca della TV commerciale e della tetta sintetica.
Credo, Sergio, che partiamo da presupposti diversi io e te, forse anche opposti o forse senza capirsi l’un l’altro, ma che in fondo arriviamo a conclusioni non tanto distanti.
Buona notte anche a te.
Hai ragione, Carlo. ‘Notte.
Sergio
Ma vorrei chiudere questa parentesi aperta con Sergio, e che potrebbe risultare noiosa a lungo andare e sconfinare nell’OT, e vorrei tornare alle domande di Massimo. Ma in fondo non è che sappia rispondere:
La bellezza è un dono, un valore? Io non lo so. Credo dipenda dal contesto ed all’uso che se ne fa.
Quanto all’ossessione per il bello la risposta per me è già insita nella domanda: il termine ossessione implica qualcosa di malato, di distorto. Se non vi si sconfina perchè la ricerca del bello in noi o fuori di noi dovrebbe essere non lecita?
E i confini sono mutabili nel tempo? Beh, credo di si, il tempo muta sempre tutto, ma in fondo che senso ha chiederselo adesso?
@Becheroni. Ma l’altro giorno non sei venuta a visitare il mio pony? A chi cavolo ti riferivi, a mia suocera e mia cognata? Fortuna che poi sono uscito io e ti sei lustrata gli occhi. Ti sei mai vista tu allo specchio alle 6 di mattina? La bruttezza è terapeutica, ha i suoi aspetti positivi. Uno di questi giorni ti mando la foto di Sergio Sozi, come minimo ti farà passare il singhiozzo.
@Un bacione a Tessy, che non sentivo da tempo.
Maria Dolores… caro Massimo, lei è contenta se riesce a passare inosservata…
Comunque eccola, la metto in due blocchi separati.
Buona giornata! (e grazie ancora per il bel dibattito).
Capelli scuri, sottili, lisci e lunghi fino alle spalle. Carnagione chiara. Lineamenti delicati. E’ bella, sì, ma non appariscente. Non ti accorgi subito. Una magrezza sensuale, ossatura esile, che confonde anche l’altezza, un metro e settanta. Si muove composta, rigorosa, quasi sempre vestita di scuro, con abiti di taglio maschile ma di una certa raffinatezza. L’ispettore di Polizia Maria Dolores Vergani ha un senso estetico spiccato. Ama l’arte, la lettura e la musica e tutto ciò che esiste di bello. I suoi amici migliori sono un pittore, un fotografo di moda, un direttore d’orchestra e una serie di artisti concettuali bizzarri. La sua migliore amica è Inga, una copy writer dai lunghi capelli rossi in apparenza il suo esatto opposto. Il bello di cui si circonda è in totale contrasto con l’orrore che deve affrontare ogni giorno per le strade di Milano, la sua città. Che lei ama e conosce molto bene. Abita in Via Gustavo Modena, a due passi da San Babila. Il suo tempo libero lo passa a camminare per il centro storico, nelle sale del castello Sforzesco, tra le opere d’arte a Brera. Lì si ferma a pensare, quando non riesce ad uscire dai vicoli delle sue indagini. E’ stata una psicologa, ma sospesa temporaneamente dall’Albo professionale perché una sua paziente ha ucciso il proprio fidanzato. Lei, ancora legata all’obbligo di avere un supervisore, non l’ha informato come avrebbe dovuto, sottovalutando la situazione e sopravvalutando se stessa. Di questo non si perdona ancora e forse anche per questo, per cercare un riscatto, ha provato il concorso in Polizia e l’ha vinto. E’ preparata, scrupolosa e intelligente. Ma la sua intelligenza è intellettuale, colta, non emotiva. Questa è la nota dolente della Vergani. L’incapacità di vivere in modo armonico e rilassato le emozioni. Il controllo della sua rabbia e del suo dolore. Ha una nota dolente nel carattere. Certi atteggiamenti, brusche chiusure, solitudini. Si dimentica di mangiare. O si rifiuta di farlo. Quando succede si intuisce qualcosa del suo passato, qualcosa che l’ha segnata particolarmente e che l’ha portata alla rigidità e alla chiusura verso il mondo, soprattutto nei confronti dei sentimenti. Non sa lasciarsi andare, non si abbandona mai. E quando lo fa rischia, perché è un terreno che non conosce. E’ come un vulcano pronto ad esplodere. Una mina innescata. Ne è consapevole, e più passano i libri più la sua rabbia monta.
Nel prossimo arriva a un considerevole livello di guardia e, (grazie anche alle indagini “specchio” e a qualche rivelazione sulla sua infanzia che preme per essere considerata), riuscirà a capire un po’ più di se stessa e di certi suoi comportamenti (l’amicizia, il sesso, la morte). Non beve, non si droga, ha smesso di fumare per un solo motivo: la paura delle rughe sul viso. La genetica e la sua vita regolare le hanno conferito un’immagine lontana dai 40 anni anagrafici, che lei “coltiva” senza nevrosi ma con precisione e forse una certa maniacalità. Creme, terme, cura del corpo. Si guarda in tutte le superfici riflettenti, ma solo di sfuggita. Ha paura di invecchiare, forse perché non ha ancora raggiunto alcuni traguardi: un uomo, una famiglia. Ragiona spesso sulla maternità che non c’è e che forse non vuole neanche. Scansa, rinuncia, non si accorge di chi la ama e non le interessa chi si avvicina a lei solo per avere una storia o fare del sesso. E’ in perenne attesa di una perfezione irraggiungibile, una sorta di principe azzurro idealizzato e assolutamente inesistente. Come spesso capita nella vita vera finisce inevitabilmente dritta nelle le braccia di un uomo sbagliato, che quasi non conosce, un poliziotto dei Nocs, più grande di lei, molto fisico e distante per cultura e obiettivi, che sembra darle però una sorta di stabilità emotiva, del tutto rimessa in gioco nel prossimo romanzo, dove la Vergani dovrà fare i conti con il suo modo “platonico” e non agito di affrontare le relazioni. Quel suo darsi e negarsi che la porta da sempre a coinvolgere gli uomini in modo involontariamente “perverso” e, alla resa dei conti, a soffrire. Si troverà a vivere due storie in parallelo muovendosi come una funambola, sul filo di menzogna e sincerità. Come Ispettore è umana e capace. Non le interessa tanto l’amministrazione della giustizia (il colpevole va assicurato alla legge), quanto invece la verità e le sue motivazioni (perché l’ha fatto). Non porta mai la pistola, solo un coltello a serramanico nella tasca dei pantaloni ma solo se necessario. Non ha paura di quasi niente. Si comporta in modo determinato e deciso e affronta superiori e parigrado con un atteggiamento freddo e consapevole. E’ poco indulgente con le donne che non stanno in piedi da sole e con gli uomini “minus”, incapaci di assumersi responsabilità. Battute taglienti e sarcastiche. Ironia per sopravvivere. Non concede confidenze. Dà a tutti del lei, anche al poliziotto Achille Funi che la segue sempre nelle indagini, in apparenza vicino allo stereotipo dell’ottuso collaborativo, in realtà più acuto di ciò che sembra e “strano” a suo modo, molto informato su tutto ciò che succede nel mondo e imprevedibile. Più Watson del previsto e molto sensibile. E’ forse un po’ puritana, per questo i casi che le vengono affidati sono tutto il contrario di lei. Sesso estremo, serial killer particolarmente efferati, video porno e prostitute d’ogni sorta. Lei non fa una piega e affronta ogni cosa come fosse un’occasione esistenziale. Attraverso gli altri rivede anche se stessa, e quanto più un caso le risuona tanto più sarà efficace la sua risoluzione.
Io ritengo che l’ossessione estetica sia in aumento vertiginoso ed esponenziale dappertutto perché è indotta dalla televisione e la televisione si trova dappertutto, può darsi che nelle città ricche del Nord comunque la gente si senta più pressata ad essere, a presentarsi più bella perché lì abitano fisicamente i miliardari del paese e le modelle e le star della tv, credo che l’ossessione massima si raggiunga in zona Milano e non credo che sia un luogo comune, ma anche le altre città ricche (Brescia, Verona…) hanno la sindrome di via Montenapoleone; detto questo il risultato effettivo di tutte queste cure non sempre corrisponde alle aspettative ed alle spese, specialmente il bisturi, Carla Bruni in foto dimostra venticinque anni, ma in televisione, da Fazio, sembrava avesse una paresi facciale perché tutta la zona zigomi e occhi era mostruosamente immobile (le zampe di gallina sono meno brutte).
Insomma, se a quarant’anni se ne vogliono dimostrare trentacinque ci si cura, ci si mantiene ed effettivamente si è più belle, ma se a quarant’anni se ne vogliono dimostrare venticinque irrimediabilmente ci si sfascia.
Ciao da
Paola
Mi sto prendendo una cotta per Maria Dolores Vergani
cara Paola, vivo a Milano, dove tutto sembra sempre meglio e peggio, ma le punte d’eccellenza negativa le ho viste in provincia. Il razzismo “vestiario”, le tirature lungo le vasche, le cattiverie peggiori, il trucco e parrucco d’ordinanza. (Ho vissuto anche in provincia per sette lunghi anni e questo mi ha fatto ricredere su molte cose.) Comunque non credo sia importante guardare travi e pagliuzze, necessario mi sembra piuttosto farci i conti. Credo che nessuno di noi ne sia esente, magari ci prova o finisce sciatto per eccesso opposto, ma il confronto e la competizione tocca tutti. Ognuno con la sua perfezione e i suoi traguardi, le ambizioni malsane insomma.
Antonio) voglio molto bene alla Vergani…
Cara Elisabetta,
ho 44 anni, figlia di quei prototipi che nei primi anni 70 hanno comprato lucidatrice e frigorifero il folletto marca worket per pulire la casa, la domenica imbarcavano sulla lancia fulvia grigio topo per andare a trovare i nonni, compravano vestiti firmati, iscrizione dei pargoli in scuole private e, mentre guardai la borghesia che da un lato disdegnava impaurita i figli dei fiori e la rivoluzione dei costumi e dall’altro metteva (in segreto nella cabina elettorale) la firma a favore di aborto e divorzio, mi sorpresero gli anni 80 carichi di palestre e robba punk, qualche fidanzato molto bello, tutti comunque in groppa all’onda del benessere.
Del liceo ho molti ricordi, mi piaceva la filosofia e di Platone non è vano ricordare il concetto di Kosmo da cui deriva anche la parola kosmetica.
Il barbuto e riccioluto pensatore collegò il kosmo alla bellezza come ideale di ordine e verità, decisamente differente dal kaos e da ciò che lo rappresenta.
Ma ci fu un altro grande critico d’arte e filosofo qualche secolo più tardi che, rivolgendosi a due suoi amici uno pittore e l’altro scultore, affermò quanto sia importante andare al di là dei sensi per comprendere il valore della verità, avvalorando l’estetica come finestra di passaggio al bello o al brutto. Intendo in senso morale.
Ora, a parte il viagra e le depilazioni maschili (mi unisco al coro che dice “orrore”), le poppe finte e le labbra gommose e il pezzo di chiappa adoperato per tirare gli zigomi, la non più recente cibernetica, il minimalismo, la body art, l’intercambiabilità dei sessi, la ricerca di identità nei vestiti e negli oggetti, vogliamo finalmente dare una definizione alla parola libertà?
Baci
Rossella
Grazie per i nuovi commenti pervenuti anche qui.
@ Elisabetta
Davvero bella la scheda della Vergani. Personaggio interessante.
Antonio non ha tutti i torti a invaghirsi:-)
Bell’intervento, Rossella, bello proprio.
Liberta’: la capacita’ degli intellettuali di tenersi la propria umana schiavitu’ e scriverci pure sopra le poesie. D’altronde un proverbio cinese recita: se non puoi opporti alla violenza stenditi e cerca di godere. Cosi’ e’ la vita: mancanza di assoluti in terra e grandi speranze – per chi ha una fede metafisica – in cielo.
Ciao, bella
Sergio
P.S.
Classe 1965. Classe di ferro (e non d’oro, ohibo’, l’Eta’ Aurea l’ultimo a vederla fu forse Virgilio).
un saluto a tutti
ciao Sergio, grazie
classe 1964 per l’sattezza: la nostra è davvero una generazione “sui generis”… di ferro non direi…
ciao presto
Mi ero dimenticato di ringraziare Mariano Sabatini e Elisabetta Bucciarelli per i loro interventi.
E tutti voi, naturalmente…
Grazie!
Rossella,
gia’: la classe ’65 e’ la mia. Non edificante ma almeno di ferro (vedi le eta’ dell’uomo nell’epoca Classica: quella di ferro valeva pochino, non come si dice oggi. Pero’ meglio il ferro del nulla futuro).
Ciao, cara
Sergio
Domani intervisterò una donna speciale, grande autrice di Polar francese, classe ’42, una donna convinta che il noir sia il modo più appropriato per raccontare il nostro tempo. Un vero punto di riferimento, se non la conoscete leggetela. l’ultimo libro è Vite briciate, pubblicato da Tropea, lei è Dominique Manotti. Sarebbe interessante, caro Massimo, fare una panoramica su cosa stanno raccontando le autrici di noir italiano (ma anche le gialliste classiche o quelle giallo/rosa), e confrontare i temi e i modi con ciò che succede in Francia, nei paesi del nord o in Spagna… degli scrittori maschi si sa quasi tutto…
un abbraccio e grazie a tutti
Elisabetta
Cara Elisabetta,
tu mi scrivi: “sarebbe interessante, caro Massimo, fare una panoramica su cosa stanno raccontando le autrici di noir italiano (ma anche le gialliste classiche o quelle giallo/rosa), e confrontare i temi e i modi con ciò che succede in Francia, nei paesi del nord o in Spagna”
–
Io ti rispondo: “mia cara, organizza pure. Ti metto a disposizione lo spazio e ti lascio le chiavi di casa”:-)
Elisabetta, non me l’hanno mandato! Lo sai che a settembre uscirà anche un mio romanzo nero cubano in questa collana?
Gordiano