LIGABUE – IL RUGGITO
La nuova puntata della rubrica “Graphic Novel e Fumetti” di Letteratitudine è dedicata a “Ligabue – Il ruggito“, graphic novel incentrata sulla figura e sulla vita del pittore Antonio Ligabue (1899-1965), firmata da Nazareno Giusti e pubblicata da Hazard edizioni (tutte le puntate di “Graphic Novel e Fumetti” sono disponibili qui).
Ne approfittiamo per segnalare i due seguenti eventi che si terranno la prossima settimana:
– il 4 giugno, a Torino, presso la Galleria “Rizomi. Art Brut” (in via Andrea Massena 53/B) di Nicola Mazzeo e Caterina Nizzoli, si terrà l’inaugurazione della mostra delle tavole originali della graphic novel “Ligabue. Il ruggito”, oltre ad alcuni disegni editi
e inediti sempre dedicati all’artista naïf.
– il 5 giugno, a Costigliole Saluzzo (Cuneo), presso il Centro Michele Berra per l’Arte del ‘900, nel Palazzo Sarriod de La Tour che ospita la mostra “Antonio Ligabue e i candidi visionari”, sarà presentato il volume “Ligabue. Il ruggito”. Seguirà la proiezione del documentario “Antonio Ligabue, l’uomo” di Ezio Aldoni, prodotto dallo studio Digit e dalla Casa Museo Ligabue (Gualtieri RE) di Giuseppe Caleffi.
Qui di seguito, Nazareno Giusti racconta la sua graphic novel. Un’anticipazione delle tavole sono disponibili qui (approfondimenti ulteriori, su Avvenire).
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“A me faranno un film quando sarò morto,
a me faranno una grande mostra a Parigi,
a me faranno un monumento,
perché me sono un grande artista, avete capito?”
di Nazareno Giusti
Quando dico che io, Antonio Ligabue, l’ho conosciuto davvero, nessuno mi crede. Eppure è così. L’ho incontrato mentre passeggiavo sulle rive del Grande Fiume in compagnia di Giovannino Guareschi, il protagonista del mio precedente lavoro (“Non muoio neanche se mi ammazzano” Hazard, Milano, 2012).
Stava calando la sera e il cielo diventava una sciarada di colori. Gli stessi, brillanti, bellissimi, psichedelici dei quadri di quello che è divenuto poi, indubbiamente, il più famoso pittore del Novecento italiano.
Se Antonio Ligabue continua ad affascinare, anzi, a stregare oltre che con le sue opere, con la sua vita (fatta di stramberie), è perché è stato veramente un Artista, nel senso più autentico del termine. Lui lo sapeva, non aveva dubbi, non ne aveva mai avuti.
E così quando ho letto la frase che apre queste mie poche righe, solo dopo che, nel 2011, avevo finito di realizzare il fumetto che è poi uscito con il titolo “Ligabue. Il ruggito” (sempre per i tipi di Hazard), mi sono commosso.
In quella frase sgrammaticata, visionaria, presuntuosa sta tutto Antonio Ligabue.
E chissà forse lui non si sarebbe mai immaginato che oltre a “un film” e a una “grande mostra a Parigi”, alla sua parabola umana (bella e disperata) sarebbe stato dedicato anche un fumetto, che non ha la pretesa di essere esaustivo né tanto meno didascalico o didattico, ma onesto e rispettoso (questo sì) oltre che del dato storico anche della dignità della figura di quest’uomo.
Ho cercato di raccontare la storia del Toni seguendo l’indicazione del grande Giuseppe Verdi che sosteneva “bisogna reinventare il vero”.
In questo “reinventare” (che non è- attenzione!- uno stravolgere, un fantasticare ma un immaginare) sta il gesto artistico.
Questo, in fondo, ha fatto Ligabue nei suoi quadri, per tutta la vita.
Ha “reinterpretato” il mondo, il suo mondo, raffigurandolo per come lo vedeva lui, dentro. Ciò che colpisce nella sua pittura (e che lo ha reso famoso) sono le sue bestie, mitiche fiere, feroci e affascinanti, violente e dolcissime.
Scrive Vincenzo Pardini: “Amare gli animali può far soffrire. Persiste in loro quanto noi abbiamo perduto di sacro”.
Forse quel raffigurare animali, tigri e gazzelle, era una sua disperata ricerca di qualcosa di superiore e misterioso che non riusciva a capire ma a percepire, questo sì.
Renato Marino Mazzacurati, scultore e gentiluomo d’altri tempi, che, accortosi del suo genio, cercò di aiutarlo e sostenerlo, disse: “Provava per loro un amore fortissimo e su tutti esercitava uno straordinario potere… bastava che facesse degli strani gesti con le mani ed emettesse con la bocca un leggero sibilo, perché tutti gli animali, come impazziti gli corressero incontro. I cani scodinzolavano, i gatti miagolavano, i piccioni roteavano intorno alla sua testa: era uno spettacolo incredibile mistico e arcano allo stesso tempo”.
Cesare Zavattini, invece, spiega: “forse gli animali vedono le cose quali sono, per questo tentava di trasformarsi in loro”. Quando lo portarono a visitare la Cappella Sistina, il suo giudizio fu lapidario: “non è pittore chi non mette in un quadro le bestie”.
Ma la domanda rimane: perché questa ossessione per il mondo animale? In questo mio lavoro ho cercato di dare un’interpretazione, perché tante sono le zone d’ombra nella vita travagliata e strana del Toni.
Raffaele Andreassi, all’inizio degli anni Sessanta, riprese le sue giornate. La sua cinepresa, discreta e rispettosa, riuscì a immortalarlo anche nella sua intimità. Quando si vestiva da donna, lui che con una donna non era mai stato.
Ligabue, lo sguardo basso e un’espressione infantile ma fiera, confessa: “mi sento come se fossi insieme a una donna. Mi sento felice…sento qualcosa che mi fa bene.., essendo che non posso andare a donne, mi contento così, mi sento molto felice perché sono avvolto dentro i sottovesti…”. Andreassi lo riprese poi mentre dipingeva un autoritratto, uno dei tanti, tantissimi. Rifletteva Ugo Sassi: “Forse nessun artista si è dipinto così tanto e con tanto vigore, nessuno ha mai avuto il coraggio di esplorarsi, di raccontarsi così bene, nessuno ha scoperto e presentato le proprie passioni e debolezze in modo così sincero: nascono così decine e decine di Ligabue che lo seguono da vicino, lo scrutano e lo analizzano come psicologi molto rigorosi”.
Forse, in quel suo dipingersi, morboso, cercava se stesso. Certo è che, oggi, a cinquant’anni dalla sua morte, le sue opere e la sua vita ci giungono, forti e chiare, come un lungo, arcaico, ruggito disperato.
(Riproduzione riservata)
© Nazareno Giusti – Hazard Edizioni
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