Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” è dedicato al saggio di Rossana Dedola intitolato “Grazia Deledda. I luoghi, gli amori, le opere” (Avagliano). Di seguito, l’intervista all’autrice a cura di Simona Lo Iacono
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Una Grazia Deledda inedita: donna, letterata, moglie. Uno squarcio sull’origine della sua potente vocazione letteraria, sui suoi rapporti difficili con Luigi Pirandello, sul giovanile innamoramento per Stanis Manca e l’incontro con Palmiro Madesani, che diventerà suo marito e, in un certo senso, il suo agente letterario.
L’ultimo saggio di Rossana Dedola, ricercatrice alla scuola Normale di Pisa, docente presso l’International School of Analythical Psychology di Zurigo, trasporta in lettore nel cuore della vita della scrittrice e nell’incanto dei paesaggi della sua terra d’origine, la Sardegna, mai dimenticata.
Chiedo quindi all’autrice di tratteggiare la Grazia Deledda donna, madre, moglie, che il suo saggio “GRAZIA DELEDDA, I luoghi gli amori le opere” (Avagliano editore), rivela in tutta la sua potenza.
Chi è Grazia Deledda?
Una prima testimonianza della sua precoce vocazione letteraria e della sua personalità complessa e fuori del comune ci viene offerta dalle letterine che scrisse quando aveva appena tredici anni a un’amichetta di Olzai, figlia di suo padrino, le dispiaceva che l’intervallo che accompagnava le risposte fosse così lungo e aveva sospettato che nel paesino fosse “serpeggiato” il colera. È la prima di una lunghissima serie di lettere che la accompagnarono per tutta la vita. Soprattutto durante la giovinezza le lettere le permisero di confrontarsi con interlocutori diversi e le permisero di compiere un vero esercizio letterario, ma furono anche un luogo in cui potè esprime i propri sogni e la propria vocazione artistica.
Sin da giovanissima aveva scoperto la lettura e la scrittura come esperienze fondamentali della propria vita e non le abbandonò mai, anche se non era una scelta facile, soprattutto a Nuoro, dove la quasi totalità delle donne era analfabeta e questa attività non solo non era apprezzata, ma veniva condannata apertamente. Riuscì a superare anche altre difficoltà: aveva frequentato solo la quarta elementare e doveva utilizzare una lingua che non era la sua lingua madre, e vari drammi si susseguirono in famiglia durante l’infanzia e la giovinezza. Il dolore attraversò la sua vita, ma non si arrese mai. Alla fine della vita quando il musicista Gavino Gabriel che era anche il direttore della Discoteca di stato le chiese di registrare una breve testimonianza sulla sua vita dichiarò che come donna aveva avuto tutto dalla vita. Eppure sapeva già di essere gravemente malata.
Hanno giudicato la sua forza come “virile”, io preferisco parlare di “resilienza”, la capacità di opporsi ai colpi del destino senza spezzarsi. In questo fu aiutata anche da un senso dell’umorismo che si rafforzò grazie alla vicinanza del marito Palmiro che era solito organizzare scampagnate nei dintorni di Roma con ospiti e amici mai senza far mancare buone bottiglie di vino.
Nel saggio trovano voce 86 lettere e cartoline postali inedite della Deledda, ritrovate presso alcune biblioteche europee. Cosa ci raccontano questi carteggi?
La scoperta delle lettere inedite di Grazia Deledda a Zurigo, Vienna e Weimar mi ha dato una grande gioia e una grande soddisfazione, le lettere a questi interlocutori stranieri dimostravano ulteriormente il grande apprezzamento da parte di studiosi stranieri della sua arte, la stima con cui la seguivano e l’interesse che i suoi romanzi avevano suscitato al di fuori dei confini italiani. Credo che per Grazia sia stato molto importante questo sostegno che spesso non ebbe in patria. Soprattutto le lettere a Justine Rodenberg mi hanno permesso di seguire il suo lavoro letterario dall’interno, comunicava infatti all’amica, che era la moglie di Julius Rodenberg, direttore della Deutsche Rundschau, la più importante rivista letteraria dell’epoca in Germania, a che punto era con la scrittura, oppure che romanzo aveva in mente di scrivere in quel momento. È stato straordinario poter seguire così da vicino il processo della scrittura.
Il profondo legame di Grazia Deledda con la propria terra e con la famiglia d’origine sembra essere alla base di tutta la sua vocazione letteraria, ma i suoi libri hanno al contempo la solennità e la grandezza dei grandi romanzi europei, di cui peraltro la Deledda era profonda conoscitrice. La biblioteca delle sorelle Deledda, infatti, rimasta pressocchè intatta sino ai giorni nostri nella casa delle nipoti, rivela quanto vasta fosse la conoscenza della letteratura da parte di Grazia. Qual è dunque il rapporto tra questi due grandi poli della sua vocazione: il mondo sardo da un lato, il grande esempio dei classici della letteratura dall’altro?
La Sardegna è stata una continua fonte di ispirazione anche grazie allo strettissimo legame che sentiva con la natura e il paesaggio che la circondavano, alle usanze e ai costumi millenari con cui era stata in contatto sin da piccolissima. Come le fu riconosciuto durante l’assegnazione del premio Nobel, riuscì a portare alla ribalta del mondo un’isola del Mediterraneo che era pressoché sconosciuta e attraverso i suoi romanzi la Sardegna cominciò a raccontarsi al mondo.
Nella biblioteca della famiglia Deledda abbiamo ritrovato romanzi di Thomas Hardy, Selma Lagerlöf, persino l’indiano Tagore, mondi lontani ma anche molto vicini, con le loro credenze, le loro creature mostruose o magiche, le loro divinità. Ma Grazia leggeva anche Thomas Mann, Kipling, Konrad, Palazzeschi, Renan.
Ma non c’è solo la Sardegna: ogni esperienza della sua vita trova spazio nella sua ispirazione letteraria, il paesaggio sulle rive del Po accanto a Cicognara che visitava quasi tutti gli anni con il marito e figli, Cervia, la Romagna e il mare Adriatico dove trascorse bellissime giornate insieme con la nipotina Mirella, divenuta quasi sua figlia d’adozione. Ne parlò in suoi romanzi poco conosciuti e molto belli, Il segreto dell’uomo solitario, Annalena Bilsini, Fuga in Egitto e in tanti racconti.
Infine, la Roma dei primi del ‘900, la prima guerra, l’avvento di Mussolini. Qual è l’impatto degli eventi storici sulla narrativa della scrittrice?
Ho ritrovato da poco l’atto di nascita del primo figlio Sardus Angelo che nacque a Roma proprio il primo anno in cui si trasferì nella capitale con il nome della levatrice che l’aiutò nel parto. L’arrivo a Roma fu segnato da grandi cambiamenti, la nuova vita familiare, la nascita dei figli, e anche nuove esperienze in campo narrativo. Con Nostalgie, il primo romanzo ambientato a Roma, decise di allontanarsi dalla Sardegna per descrivere la vita nella grande città e nella Bassa Padana. È un romanzo molto interessante che fu apprezzato all’estero, ma che fu stroncato in Italia da Ugo Ojetti che scese violentemente sul piano personale criticando aspramente la scrittrice perché era moglie di un impiegato statale. Seguì poi l’attacco micidiale di Pirandello che prese come modello Palmiro Madesani per il suo romanzo Suo marito. Probabilmente anche grazie al crescente successo ottenuto soprattutto all’estero, Grazia riuscì con grande forza a parare i colpi.
Rispetto al regime fascista bisogna riconoscere fu in grado di non farsi coinvolgere nelle sue spire, come invece fecero tanti altri intellettuali dell’epoca, tra cui proprio Ojetti e Pirandello. Non fece apertamente nessuna lode a Mussolini, nemmeno in occasione del premio Nobel e questo le causò un calo immediato nelle vendite. Il Libro della Terza classe che le fu commissionato direttamente dal regime fascista è sicuramente la sua opera più brutta e noiosa, ma si sa che aveva difficoltà a scrivere su commissione. Quando fu ricevuta ufficialmente dal Duce dopo il Nobel e lui le chiese se poteva fare qualcosa per lei, gli domandò di far tornare dal confino il nuovo proprietario della sua casa di Nuoro, che appena libero la andò subito a trovare sbalordito per quanto gli era successo. Ma Grazia non gli rivelò che era stato merito suo.
Grazie delle cortesi risposte e complimenti per la bellezza di questo saggio, che fa rivivere e dà corpo e profumo a Grazia Deledda.
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La scheda del libro
Attraverso una narrazione avvincente, questo libro racconta la vita di una grande scrittrice e la fortissima vocazione artistica che la portò a vincere meritatamente il premio Nobel. Il ritrovamento presso biblioteche europee di 86 lettere e cartoline postali inedite di Grazia Deledda, una addirittura in inglese – delle quali il libro propone per la prima volta una selezione – apre una nuova prospettiva sulla sua biografia mostrando l’intenso rapporto intellettuale con interlocutori stranieri entusiasti di scoprire un’isola del Mediterraneo ancora sconosciuta, la Sardegna. I vari momenti della sua esistenza, dal difficile rapporto con Luigi Pirandello, all’amore di Emilio Cecchi, all’amicizia per Marino Moretti e il giovanile innamoramento per Stanis Manca, che le lasciò in ricordo una profonda ferita, fino all’incontro con Palmiro Madesani che diventerà suo marito e, in un certo senso, il suo agente letterario, vengono collocati in un contesto storico, artistico e culturale che si anima di molti altri personaggi: il traduttore francese Hèrelle, Giovanni Cena e Sibilla Aleramo, Angelo Celli e sua moglie, De Pisis, Balla, Boccioni e Biasi e molti altri ancora. Nel carteggio ritroviamo le letterine di Sardus bambino e con esse ci immergiamo nella vita famigliare. Attraversiamo paesaggi sardi con alberi millenari e Tombe dei Giganti, partecipiamo a rituali di antichissima tradizione, ci inoltriamo sulle sponde del Po e tra le dune dell’Adriatico. Riviviamo la Roma del primo Novecento, i luoghi e le case in cui ha abitato. La ritrovata vicinanza con la famiglia di origine, ricca di intrecci che riportano costantemente la memoria alla casa paterna e alla lingua materna mai dimenticate, è messa in luce da un’altra scoperta: quella della biblioteca delle sorelle Deledda, rimasta pressoché intatta sino ai nostri giorni nella casa dei nipoti, che ci rivela quanto Grazia Deledda fosse profonda lettrice dei grandi romanzi europei.
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Rossana Dedola è ricercatrice alla Scuola Normale Superiore di Pisa, è analista didatta, supervisore e docente presso l’International School of Analythical Psychology di Zurigo. e l’Istituto C.G. Jung. Ha pubblicato, tra gli altri, Pinocchio e Collodi (Bruno Mondadori 2002), La valigia delle Indie e altri bagagli (Bruno Mondadori 2006), Introduzione a Vivian Lamarque – Poesie (Mondadori 2002), Giuseppe Pontiggia. La letteratura e le cose essenziali che ci riguardano, II ed. con Introduzione di Gianfranco Ravasi (Avagliano 2014), Roberto Innocenti. La mia vita in una fiaba (Della Porta 2014), uscito in traduzione francese da Gallimard e di prossima pubblicazione in traduzione spagnola, portoghese e catalana da Kalandraka, Grazia Deledda. I luoghi gli amori le opere (Avagliano 2016).
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