IL COMANDANTE E LA CICOGNA di Silvio Soldini
con Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Luca Zingaretti, Claudia Gerini, Maria Paiato, Luca Dirodi e Serena Pinto
Recensione di Ornella Sgroi
Cosa penserebbero oggi di noi i condottieri, navigatori, poeti e filosofi che hanno reso grande l’Italia?
Giuseppe Garibaldi o Leonardo Da Vinci, per esempio. O il sempre romantico Giacomo Leopardi.
Niente di buono, probabilmente. Come capita alle loro statue di bronzo o marmo che decorano piazze e giardini pubblici e che dall’alto della loro visuale osservano come siamo diventati.
Se queste statue potessero parlare, magari con la voce di Pierfrancesco Favino o di Neri Marcorè, ne avrebbero di considerazioni da fare. Considerazioni dalle quali prende spunto il nuovo film di Silvio Soldini, Il comandante e la cicogna, per raccontare l’Italia di oggi da due diverse prospettive: quella di chi vive il presente, tra mille difficoltà, e quella di chi dal passato lo osserva, con mille perplessità.
Sotto gli occhi di Garibaldi, Leonardo, Leopardi e di un cavaliere Cazzaniga che ricorda tanto Berlusconi, si scontrano e incontrano le vite di Leo (Valerio Mastandrea), idraulico vedovo alle prese con i problemi dei due figli adolescenti Elia e Maddalena, e di Diana (Alba Rohrwacher), artista squattrinata e sognatrice alle prese con un padrone di casa eccentrico, Amanzio (Giuseppe Battiston), e un datore di lavoro truffaldino (Luca Zingaretti). Insieme a loro c’è pure Agostina, una cicogna che sorvola tetti e strade di un’Italia alla deriva, tanto da spingerla ad andare a cercare in Svizzera una maggiore civiltà.
Scritto con grande creatività da Soldini e la sua storica sceneggiatrice, Doriana Leondeff, e affidato ad un carosello variopinto di strani personaggi, in un’atmosfera che ricorda tanto Pane e tulipani (2002) e Agata e la tempesta (2004) ma con uno sguardo più attento al (mal)costume sociale, Il comandante e la cicogna è un film pieno di idee e magia. Una favola poetica che parla dell’oggi con leggerezza e acume, mettendo insieme i toni della commedia surreale e romantica, la vivacità dei vecchi cartoni animati e la sorpresa dei libri pop up. Ma senza mai perdere il contatto con la realtà, grazie soprattutto al modo in cui il regista riesce a raccontare i suoi personaggi, e cioè mostrando allo spettatore il loro modo di guardare il mondo assumendo direttamente il loro punto di osservazione.
È così che nessuno, né l’idraulico Mastandrea con il sopracciglio imbiancato da un forte shock, né l’artista Rohrwacher che decora l’ingessatura del proprio naso rotto, né il bonificatore urbano Battiston che parla per citazioni svolgendo opera di sensibilizzazione alla bellezza, né l’avvocato Zingaretti che tutela gli imbroglioni e inguaia gli onesti, degenerano mai nella macchietta fine a se stessa. Ricomponendo un quadro armonico in cui persino un gruppo di statue parlanti ed un ragazzino che dialoga con una cicogna risultano a loro modo credibili. E inguaribilmente adorabili.
Merito di un cast indovinato, che trasforma la stravaganza in normalità, e di un regista che sa dirigere magistralmente i suoi attori, che abbiano due gambe, due ali o una testa di bronzo. Un regista, Soldini, che con la macchina da presa riesce persino a fare recitare le sue statue come fosse la cosa più naturale del loro essere immobili, senza fare ricorso agli effetti speciali (tranne in un’ultima scena) e giocando solo con le inquadrature e il montaggio. Che danzano sulle note orchestrate dalla Banda Osiris, seguendo in un unico grande valzer il battito del film.
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Leggi l’introduzione di Massimo Maugeri
Il trailer del film
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