In questo nuovo post della rubrica “Giovanissima Letteratura” ci occupiamo di “Il cortile delle sette fate” di Nadia Terranova (Guanda)
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IL CORTILE DELLE SETTE FATE di Nadia Terranova (Guanda Editore) – recensione
“Ora che il libro è finito, posso dire che questa non è stata un’allucinazione, una sorta di malattia professionale. È stata piuttosto una conferma di qualcosa che già sapevo in partenza, quel qualcosa cui prima accennavo, quell’unica convinzione mia che mi spingeva al viaggio tra le fiabe; ed è che io credo questo: le fiabe sono vere.”
Scrive così Italo Calvino nell’introduzione alla raccolta “Fiabe italiane”, opera monumentale e meravigliosa che affonda le radici nella tradizione popolare dell’intero stivale.
Che le fiabe siano vere ce lo ricorda, oggi, Nadia Terranova con il suo ultimo libro illustrato “Il cortile delle sette fate”. Non può essere diversamente per una fiaba ambientata a Palermo, precisamente a Ballarò in quella piazzetta che dà il nome al libro, a fine Cinquecento, nel 1586 per l’esattezza, al tempo dell’Inquisizione. Non può che essere vera una fiaba che parte da una narrazione del Pitrè, che la stessa autrice ci ricorda nella sua premessa al libro, ma soprattutto non può che essere magica una fiaba che vede per protagoniste “creature fantastiche di Sicilia” – per dirla come il titolo di un lavoro delizioso curato da Rosario Battiato e Chiara Nott per “Il Palindromo”. Ed ecco che leggendo le pagine di Terranova, la storia della piccola Carmen e della gatta nera Arte(mide), ci si imbatte in danze e cori mistici eseguiti da donne de fora, ciarmavermi e màgare. Basterebbe dire solo questo per invitare a leggere l’ultima opera dell’autrice; è di per sé encomiabile, infatti, che un libro (anche) per bambinə racconti con tanta cura e dovizia di particolari passaggi storici cruciali per l’Isola e, soprattutto, personaggi – o meglio personagge – leggende, tradizioni e miti – che rischierebbero altrimenti di essere dimenticati, relegati nelle pagine di manuali etnoantropologici per pochi appassionati.
Consentitemi però una divagazione, un salto indietro nel tempo per tornare al me stesso vorace lettore-bambino, ritorno nostalgico all’infanzia che mi è stato concesso proprio dalla lettura del libro in questione.
Ci dev’essere un giorno, nella vita del lettore bambino, in cui la curiosità lo spinge a frugare nella libreria del genitore, a selezionare un libro tra quelli accatastati sui comodini ai lati del matrimoniale, ad indirizzare lo sguardo nella sezione per adulti della biblioteca. È naturale che sia così. Ci deve essere una prima volta. Spesso – peccato che accada – è capitato anche a me, quella prima volta segue un’ultima volta, il bambino che chiude il suo ultimo libro illustrato e dopo quello non ne seguiranno più. Eccolo il bambino che si sente grande, pronto a rinunciare alla bellezza dei colori, alla meraviglia delle illustrazioni, alla magia di quelle storie, per leggerne altre di storie, quelle che leggono i grandi.
L’ultimo libro “per” l’infanzia – sull’argomento ci torneremo presto, a questa definizione non credo più – l’ho letto nell’inverno del 2013, ricordo come fosse ieri l’emozione di sfogliare l’ultima favola di Sepulveda, “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”. Dopo quella lettura, nessun’altra di albi illustrati, favole e fiabe. Mi sentivo un ometto, avrei letto gli stessi libri che leggeva mio padre.
Dopo quasi dieci anni torno a leggere un libro che anche e soprattutto bambinə possono leggere: “Il cortile delle sette fate”. Un libro pubblicato da Guanda editore – la stessa casa editrice che in Italia pubblica Sepulveda – e illustrato meravigliosamente da Simona Mulazzani – la stessa illustratrice delle favole dell’autore cileno. Forse una casualità, certamente un cerchio che si chiude e dopo anni mi ricongiunge a questo tipo di letteratura.
Solo adesso, dopo aver ripreso in mano una fiaba, dopo averla letteralmente divorata come solo con le cose belle davvero si può fare, capisco che ha ragione Nadia Terranova e decido di riprendere una sua pubblicazione necessaria sull’argomento, “Un’idea di infanzia”:
“Non esiste la letteratura ‘per ragazzi’, esiste la letteratura con i ragazzi e bambini dentro” e ancora “La letteratura per ragazzi significa soprattutto libertà, e gli adulti che non hanno smesso di leggerla sono più liberi degli altri: hanno meno barriere, non hanno paura di essere etichettati né di etichettarsi.”
Speriamo non sia tardi aver appreso l’insegnamento solo adesso e torniamo al libro.
“Il cortile delle sette fate” è il regalo più bello che si possa fare a una figlia; alla piccola Luna, infatti, la madre Nadia dedica una fiaba potentissima, un manifesto sulla Libertà, sul diverso, una sfida contro il pregiudizio e le storture del Mondo, contro la prepotenza dei più forti, pagine sull’importanza di una Natura salvifica e dell’amicizia che sana, che cuce e ripara, protegge.
“Non era tempo di gatte randagie o bambine vagabonde, non era tempo di creature femminili per le strade di Palermo”
Una storia ambientata a Palermo, una città pazza per definizione della stessa autrice, durante la notte di San Giovanni, in uno dei periodi più bui e dolorosi per la Sicilia. Un’ isola martoriata pochi anni prima dalla peste che adesso fa i conti con l’Inquisizione spagnola in Sicilia. Nadia Terranova non risparmia il dolore, la verità storica dell’epidemia, della morte, il motivo in lei ricorrente dell’orfananza, l’ingiustizia della persecuzione. Sembra dirci che la fiaba non debba proteggere il bambino dal dolore, anzi, dal momento che questa è verità, è bene che la fiaba prepari anche all’orrore. Non è tempo di nascondigli e ripari, questo.
Invece è il tempo di scardinare opinioni diffuse, pregiudizi, superstizioni, di cantare l’inclusione, la bellezza del diverso e la rivendicazione della libertà della donna in tempi che di libertà ne concedono poche. Soprattutto in altre parti del mondo.
Questa storia ambientata nel ‘500 a Palermo, la immagino svolgersi oggi in Iran, forse ci sarà meno magia e altre creature femminili fantastiche, diverse da queste, ma sono certo che anche lì una gatta, magari la stessa Arte(mide) giunta non so a quale vita si concederà un miagolio artistico per comunicare tutto il suo sdegno nell’essere considerata una creatura impura, me la immagino randagia e raminga e poi sul finale alzare la zampa vittoriosa sul corpo tramortito –non di un inquisitore ma- di un ufficiale del regime per quella legge sciocca che vieta gli animali domestici e per quelle repressioni violente e barbare a donne e intellettuali. E ancora immagino una bambina, e sono sicuro che proprio come Carmen, anche lei avrebbe un paio d’ali bianche ad abitare le sue pupille, si taglierebbe la treccia e Carmen approverebbe, farebbe lo stesso se solo fosse lì, e così come un giorno apprese da Pia, Carmen direbbe a quella bambina “Le tue ali saranno tue per sempre, ma sarai veramente libera solo quando sarai tu a riconoscerle dentro i tuoi occhi”. Ma forse questa storia di donne e libertà è un’altra storia. O forse no, forse è da sempre la stessa, forse è una storia senza tempo, chissà.
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La scheda del libro: “Il cortile delle sette fate” di Nadia Terranova (Guanda editore)
Arte è una gatta nera alla sua terza vita; si è scelta il nome in onore di Artemide, l’agile e bellissima dea greca con cui ha vissuto la sua prima vita sul Monte Olimpo. Carmen è una bambina selvaggia, nata in una notte d’estate, cresciuta in un bosco, scaldata e accudita da lupi, donnole, martore, ricci e ghiri, dai quali ha appreso linguaggi e percorsi che gli umani non possono comprendere. Tutte e due corrono, sulle pietre del selciato di Palermo nella notte di San Giovanni del 1586, per sfuggire al pericolo più grande nei tempi cupi dell’Inquisizione: essere avvistate, catturate e condannate per stregoneria, espressione e strumento del demonio. In un’epoca oscura e folle, gli uomini, i maschi, vedono nel comportamento libero di esseri femminili solo un segno del Male, e operano per sopprimere, per distruggere. Ma Palermo è anche città calda e magica che nel suo cuore racchiude un esaltante segreto; in una piazza, al riparo della torretta dell’acqua, sei donne, sei fate, danzano e coltivano piante odorose, in un vortice di profumi e canzoni ammalianti, pronte ad aiutare le gatte randagie e le bambine vagabonde che corrono verso la libertà.
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Nadia Terranova è nata a Messina e vive a Roma. Con Einaudi ha pubblicato i romanzi Gli anni al contrario (2015, vincitore di numerosi premi tra cui il Bagutta Opera Prima, il Brancati e l’americano The Bridge Book Award), Addio fantasmi (2018, finalista al Premio Strega) e Trema la notte (2022, Premio Elio Vittorini). Tra i suoi libri per ragazzi ricordiamo Bruno, il bambino che imparò a volare (Orecchio Acerbo 2012, Premio Napoli e Premio Laura Orvieto), Casca il mondo (Mondadori 2016, finalista al Premio Cento), Omero è stato qui (Bompiani 2019). Con Il segreto (Mondadori 2021) ha vinto il Premio Andersen 2022. Collabora con le pagine culturali della Repubblica e della Stampa. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo.
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